In questi giorni i torinesi dovranno fare i conti con una forte ondata di caldo. Le previsioni meteo annunciano un rapido aumento delle temperature: sabato 28 giugno raggiungeranno picchi di 37 gradi. Un leggero calo termico potrebbe verificarsi tra domenica 29 e lunedì 30 giugno, dovuto a un breve peggioramento del tempo. Sarà però solo una breve pausa.
Il mese prossimo porterà un nuovo peggioramento della situazione. Infatti mercoledì 1° luglio le temperature potrebbero toccare i 39 gradi, mentre giovedì 2 luglio si sfioreranno i 40 gradi, segnando uno dei picchi più alti dell’estate.
Arpa Piemonte prevede che l’ondata di calore non si esaurirà in pochi giorni: proseguirà anche nelle settimane successive, con un’estate che si prospetta più calda della norma. La stagione sarà caratterizzata da temperature costantemente elevate e piogge scarse. Luglio sarà il mese più critico, con un caldo umido e persistente che aumenterà il rischio di disagio per le persone, in particolare per chi lavora all’aperto.
I sindacati hanno lanciato un appello per l’introduzione di fasce orarie lavorative più sicure (come avvenuto in Sicilia) e per la distribuzione gratuita di acqua ai lavoratori esposti alla calura estrema. Le condizioni attuali rendono difficile e pericoloso svolgere attività fisica prolungata all’esterno.










Sono abbastanza anziano per ricordare che l’industriale e deputato Renato Altissimo, re dei fari e vicepresidente di Confindustria, decise di chiudere con l’imprenditoria per passare alla finanza. E visse felice e contento tra serate in locali notturni e rendite finanziarie. Forse il primo a fare questa scelta fu lui, con esibita disinvoltura. Alla faccia del liberismo imprenditoriale e del rischio industriale. Non so che fine fecero i suoi fari. Altissimo aveva anche finanziato in precedenza Zanone per conquistare il partito liberale di Malagodi, riducendolo ad un mini partito filogovernativo in cui la sua parola fosse egemone e il posto da ministro perenne fino a tangentopoli. Si dimise dalla segreteria anche per non pagare i debiti accumulati dal partito. Una storia molto brutta. Ciò detto, ha ragione il Cardinale nel dire che i torinesi non investono e tengono i soldi in banca, malgrado gli interessi ridicoli. Le rendite finanziarie sono però un’altra cosa. La finanza ha sedotto anche la Fiat che non solo delocalizza tutto, ma non investe più a Torino e in Italia. Ha ragione anche Giuseppe Russo nel dire che “fare impresa non conviene“. Va detto che la burocrazia frena l’impresa e rende complicato investire. L’altruismo sollecitato dal Cardinale è soprattutto una virtù cristiana che cozza con il cinismo di Romiti che diceva che l’etica è il profitto. Al di là di Romiti un investimento deve dare un reddito, altrimenti l’azienda è destinata a chiudere come è capitato e capita non solo a Torino. Si è posto il problema il sindaco e il presidente della Regione, cercando di porre rimedio a una città e a una regione in decrescita “infelice”. Poi certo la situazione internazionale e i dazi non facilitano le imprese. Il clima di guerra blocca gli investimenti. Ma il Cardinale ha posto un problema etico importante che potrebbe avere un precedente anche in Luigi Einaudi che non volle mai separare economia ed etica.