“Barriera di Milano vuole assolutamente rinascere”
Radunato da Mino GIACHINO un gruppo di amici ha discusso di proposte concrete per Rilanciare economia, lavoro e sicurezza a Torino partendo da Barriera di Milano .
Alla commozione per i gravi episodi di violenza dei giorni scorsi e alle preghiere occorre ora aggiungere proposte importanti e concrete e iniziative, tipo la marcia che i SITAV SILAVORO organizzarono tre anni fa , per rilanciare Lavoro e Sicurezza in Barriera e Aurora, le zone più povere e problematiche della Città.
Ma gli abitanti di Barriera e Aurora non sono figli di un Dio minore e non possono rimanere emarginati dal tentativo di rilanciare economia e lavoro a Torino.
Occorre quindi portare in Barriera non solo lavori edilizi o verniciare pareti ma nuove attività come ad esempio il Centro per la Intelligenza Artificiale assegnata dal Governo Meloni a Torino. Sarebbe un bel segnale di speranza per chi ci abita e soprattutto per i giovani portare il Centro che studia la applicazione della IA al futuro economico proprio in Barriera . Certo sarebbe strano che in Barriera si continuasse a appoggiare la sinistra che l’ha emarginata e grazie alla quale la linea 2 della Metropolitana arriverà solo tra otto anni.
Il referendum? Solo politico
LO SCENARIO POLITICO di Giorgio Merlo
Se c’è un referendum che ha un carattere radicalmente, esclusivamente e quasi scientificamente
politico/partitico è quello che si celebra il prossimo 8/9 giugno. Del resto, chi quotidianamente
indica questo obiettivo sono proprio i promotori. A cominciare dal leader indiscusso di questo
schieramento, cioè il segretario generale del sindacato rosso, ovvero la Cgil di Landini. Obiettivo
a cui si sono prontamente ed immediatamente accodati i 3 partiti della sinistra. Quella radical/
massimalista della Schlein, quella populista e demagogica dei 5 stelle di Conte e quella estremista
ed ideologica del trio Fratoianni/Bonelli/Salis. E l’obiettivo è solo e soltanto uno: ovvero ottenere
un voto in più dei consensi avuti dal centro destra alle ultime elezioni politiche.
Ora, che cosa centra questo obiettivo con i quesiti referendari è, di fatto, un mistero. Anzi,
l’obiettivo l’hanno colto tutti molto bene ed è radicalmente estraneo ed esterno rispetto ai
contenuti e alle ragioni dei quesiti referendari. Perchè le finalità dell’operazione sono
esclusivamente due e prescindono, come ovvio, dal raggiungimento del quorum.
Da un lato la voglia indomita del capo della Cgil Landini di porsi in modo irreversibile come il
leader più autorevole, se non addirittura esclusivo, del “campo largo” della sinistra italiana in vista
delle prossime elezioni politiche. Dall’altro l’esca del referendum serve per ridisegnare i rapporti di
forza all’interno dei vari partiti della sinistra italiana. A cominciare, soprattutto, dal Pd dove
l’attuale segretaria nazionale deve sancire che le politiche del lavoro d’ora in poi saranno quelle
decise dalla sua gestione. E non più quelle derivanti dalle precedenti leadership di quel partito.
Due obiettivi, due finalità e due scopi che prescindono, appunto, radicalmente dai singoli quesiti
referendari che sono solo funzionali per perseguire un risultato politico che è ormai evidente a
tutti. Almeno a coloro che non vivono con i paraocchi dell’ideologia e delle pregiudiziali politiche e
personali. Non è un caso se, del resto, proprio sui quesiti che attengono al mondo del lavoro e
alla regolamentazione normativa di questo settore, si registra l’ennesima rottura del sindacato e
tra le relative confederazioni. Ovvero tra il sindacato che ha un’anima riformista e attento al
compito e alla ‘mission’ di un’organizzazione sindacale come ad esempio la Cisl e quelle sigle,
peraltro importanti e storiche, che invece perseguono un obiettivo scientificamente politico e di
schieramento politico. Per non parlare delle dichiarazioni vergate a raffica ogni giorno dai capi dei
partiti di sinistra che fanno a gara ad attaccare a testa bassa – tutto secondo copione, del resto –
il Governo, la sua maggioranza e le singole scelte dell’esecutivo Meloni.
Ecco perchè, al di là della specificità che ha caratterizzato ogni singolo referendum dall’inizio degli
anni ‘70 in poi – diversi l’uno dall’altro perchè rispondevano a logiche politiche e culturali molto
diversi tra di loro – è indubbio che quelli che si votano il prossimo 8/9 giugno hanno un percorso
del tutto originale. E cioè, attaccare frontalmente il Governo Meloni per rafforzare l’alternativa
politica alla maggioranza. Obiettivo del tutto legittimo come ovvio ma del tutto estraneo ai
contenuti del referendum. Ed è bene dirlo con forza e determinazione per evitare ridicole prese in
giro e plateali, se non addirittura grottesche, interpretazioni e letture che vengono veicolati
quotidianamente dagli esponenti del cosiddetto campo largo o ex campo largo che sia.
” In illo uno unum …. questo il motto che ispira il pontificato del Papa di Maria” dichiara Nicola Di Matteo, Segretario Nazionale e Presidente pro tempore del Popolo della Famiglia – Noi, militanti dell’unico partito che si ispira esplicitamente alla Dottrina sociale della Chiesa, non possiamo che essere colmi di gratitudine allo Spirito Santo e alla Chiesa che ci donano un papa che già nel nome sceglie di collocarsi nella scia di Leone I e Leone XIII, i più significativi pontefici che, con questo nome, sono stati baluardi della spiritualità ma anche molto attenti alle esigenze della materialità”.
Non poteva esserci inizio migliore per un pontificato che si apre richiamando al nostro inquieto presente la promessa di pace che Gesù Risorto spalanca ai Suoi discepoli, intimoriti e confusi. Promessa che siamo pronti ad onorare proseguendo la Santa Battaglia per la quale invochiamo anche la protezione di San Michele Arcangelo, della cui prima apparizione ieri ricorreva l’anniversario.
Il PdF è pronto a seguire papa Leone XIV che nel suo stemma ha voluto richiamare la devozione a Maria ma anche al Sacro Cuore di Gesù. Questi fortissimi riferimenti devozionali, uniti all’appello ad una unità portatrice di pace, poggiano saldamente sulla difesa della Vita che papa Leone, già da cardinale, ha ripetutamente ribadito.
Alla Vergine e al Santo Padre affidiamo nuovamente il nostro operato pronti ad essere missionari in politica e nella vita”
L’Assessore regionale al Patrimonio e ai Fondi Sviluppo e Coesione (FSC) Gian Luca Vignale e il Consigliere Regionale nonché Presidente della V Commissione Ambiente Sergio Bartoli nella giornata di oggi hanno effettuato una serie di sopralluoghi presso alcune stazioni ferroviarie della tratta Canavesana. Stazioni che sono state recentemente acquisite al Patrimonio Regionale. Lo scopo delle visite, accompagnati dagli Amministratori comunali e dai Sindaci Pasquale Mazza di Castellamonte, Giovanna Cresto di Cuorgnè, Paolo Coppo e Raffaele Costa di Pont Canavese e Federico Pozzo di Ozegna, e’ quello di valutare lo stato e la consistenza dei beni per una loro futura valorizzazione e riutilizzo.
Si tratta di immobili già in parte utilizzati e una parte, invece, libera, che si predispongono a progetti di riutilizzo associativo, ricettivo, commerciale, oppure ad ospitare una delle sedi del Museo Ferroviario Piemontese diffuso. Quest’ultimo progetto, presentato dall’Assessore Vignale lo scorso aprile, prevede la realizzazione di diversi poli museali sparsi sul territorio regionale. Sfruttando in primis le realtà esistenti, quali il Museo di Savigliano e quello di Porta Milano a Torino, in seconda battuta, utilizzando l’enorme patrimonio rotabile a disposizione della Regione per aprire punti museali lungo le tratte della Canavesana e della Torino-Ceres.
Nel corso della visita ai Comuni canavesani, l’Assessore e il Consigliere hanno avuto anche l’occasione per visitare i luoghi dove, grazie a Fondi di Sviluppo e Coesione, verranno realizzati progetti utili alle comunità locali: a Pont Canavese si tratta di interventi di riqualificazione urbana in Piazza Craveri e Via della Lea, a Cuorgné la riqualificazione dell’ex istituto salesiano, a Castellamonte sono interventi sugli spazi della Rotonda Antonelliana, infine ad Ozegna un parco giochi inclusivo, moderno e accessibile a tutti. La visita ha toccato anche la Rsa e la Portineria di Comunità di Pont Canavese.
<La giornata odierna ci ha permesso di valutare insieme ai Sindaci e alle amministrazioni locali la quantità e la qualità delle strutture e delle stazioni ferroviarie recentemente acquisite al patrimonio della Regione – dichiara l’Assessore Vignale – insieme abbiamo discusso di futuri progetti di valorizzazione tra i quali quello di ospitare sedi del Museo Ferroviario Piemontese diffuso sul quale la Regione sta investendo importanti risorse. Si tratta di beni con grandi potenzialità oltre che di strutture di pregio storico, si prestano ad essere luoghi di aggregazione sociale, ma anche per ospitare attività ricettive e commerciali utili a sviluppare l’economia delle comunità locali. Infine, l’occasione si è rivelata propizia per fare il punto sulla messa a terra dei progetti che i Comuni realizzeranno grazie a Fondi di Sviluppo e Coesione, tutte opere attese da anni per offrire nuovi servizi e spazi per i cittadini>.
«Queste stazioni raccontano una parte importante della storia del nostro territorio. Oggi, insieme agli amministratori locali e all’Assessore Vignale, abbiamo compiuto un passo fondamentale per trasformare questi luoghi da simboli di abbandono a risorse vive per le nostre comunità. La ferrovia Canavesana può e deve diventare parte attiva di un progetto culturale, turistico ed economico: inserirla nel percorso del Museo Diffuso Ferroviario del Piemonte significa restituirle un’anima, valorizzarne l’identità e renderla protagonista del rilancio delle valli e dei centri che attraversa. Lavorerò con impegno perché queste opportunità si traducano in progetti concreti, condivisi e utili ai cittadini.» così il consigliere regionale Sergio Bartoli.
“Maidan: la strada verso la guerra”
IL DOCUFILM PIÙ CENSURATO IN ITALIA ARRIVA A TORINO
La tragica situazione ucraina, nonostante qualche passata stanchezza comunicativa (unitamente alla sempre più imponente tragedia umanitaria di Gaza) ha finalmente ripreso ad essere seguita dai media occidentali e soprattutto europei. Ma quanto siamo in grado di ricostruire i fatti e gli antefatti di questa ‘operazione speciale’ russa?
Chi erano gli ‘omini verdi’ senza distintivi nazionali che facevano esercitazioni militari fra il 2021 e il 2022 alle frontiere ucraine, quanto pesano politicamente le formazioni para-naziste del Reggimento Azov nel Paese affacciato a nord di Sebastopoli, chi si nasconde dietro i Presidenti delle due nazioni in conflitto e con quali interessi, quanto contano gli Stati Uniti e la stessa Europa su questo scacchiere?
Tanti sono gli interrogativi a riguardo di una realtà difficilmente ricostruibile senza approfondimenti che cerchino l’obiettività. Non sappiamo se la proiezione prevista il prossimo sabato sarà in grado di chiarire i nostri interrogativi e se sarà neutrale e veramente oggettiva.
Il documentario “MAIDAN: LA STRADA VERSO LA GUERRA” cercherà comunque di fornire ulteriori informazioni su questa tragedia, una tragedia che continua – con pochi spazi di trattativa da entrambi le parti – e che resta perciò innervata da prospettive affatto rassicuranti per il nostro comune, immediato futuro.
Chiaramente l’informazione per una nazione democratica come la nostra deve essere plurale. Il dichiararci apertamente di appoggiare una bandiera o l’altra, non aiuta la ricostruzione dei fatti.
La dichiarata obiettività del documento offrirà quindi solo uno strumento aggiuntivo per considerazioni che dovranno poi rimanere personali.
Dato però oggettivo è che la crisi fra le due nazioni non è del 2022 ma è iniziata nel lontano 2014, diventando scontro aperto solo otto anni dopo.
In tanto tempo, gli Organismi Internazionali tanto avrebbero forse potuto fare. Poco è stato però fatto e probabilmente è stato costellato da numerosi errori, speculazioni, inconfessate politiche ciniche da entrambe le parti.
A detta degli organizzatori, questa iniziativa sarebbe stata vittima di numerosi tentativi di censura, anche se nella maggior parte dei casi le proiezioni si sono comunque svolte. Per quanto riguarda la nostra città, il primo appuntamento era calendarizzato per il 18 gennaio ma con permesso poi sospeso. Per dovere di informazione, l’ente organizzatore riferisce una totale censura da parte degli organi preposti avvenuta a Udine il 5 aprile 2025. Il fatto è segnalato perché si tratterebbe della violazione dell’art. 21 della Costituzione.
La proiezione del documentario sulle origini della guerra in Ucraina vedrà un dialogo tra Vincenzo Lorusso, da remoto, giornalista Donbass Italia, Fiammetta Cucurnia, giornalista e moglie di Giulietto Chiesa, Paolo Borgognone, storico e saggista, Ugo Mattei, giurista dell’Università di Torino e Presidente di Generazioni future, Ugo Rossi, consigliere comunale di Trieste Insieme liberi. La proiezione avverrà sabato 10 maggio alle ore 17.30 nella sede dello Sporting Dora, in corso Umbria 83.
PRENOTAZIONI: 3937914755 o 3475754129 o lavariantetorineseac@proton.me
Ferruccio Capra Quarelli