POLITICA- Pagina 648

“GIORDANA, BENTORNATO NELLA REALTÀ DEI TORINESI”

Osvaldo Napoli, capogruppo al Comune, e Daniela Ruffino, deputati di Forza Italia intervengono sulle esternazioni dell’ex braccio destro della sindaca di Torino, critiche su M5S e sul governo della città

     Le parole di Paolo Giordana, ex capo di gabinetto del sindaco Appendino, sul M5s e sui suoi leader, nazionali e torinesi, lasciano un retrogusto amaro. Il primo pensiero che viene è per lo sfogo di un dirigente pubblico che si è sentito tradito nella sua missione, lasciato solo e abbandonato, dal movimento e dal sindaco. Lo sfogo di Giordana va oltre il risentimento pur comprensibile, perché si trasforma in un atto d’accusa lucido e analitico, impietoso fino all’acrimonia nei giudizi che da sul vice premier Di Maio e sul sindaco Appendino.

     I giudizi di Giordana non possono essere liquidati con un’alzata di spalle. La sua descrizione del deserto politico e morale in cui annaspa il governo nazionale, e trasferibile, secondo Giordana, all’amministrazione di Torino ci regala uno spaccato inquietante ma non inedito del mondo grillino, intriso di ipocrisie e piccole convenienze personali, con la predicazione retorica della meritocrazia che non vale per la selezione dei dirigenti Cinquestelle ma viene pretesa agli altri.

    A Giordana possiamo dire: bentornato nella realtà dei torinesi! Uscito dal mondo virtuale della piattaforma Rousseau e del blog, Giordana ha scelto di atterrare nella realtà. Un atterraggio non proprio soft, ma proprio per questo più significativo. La sua testimonianza sul grillismo si aggiunge a quella di altri grillini “pentiti”, pensiamo al sindaco di Parma, Pizzarotti. Gli italiani e i torinesi confidano di vedere altri esponenti dei Cinquestelle che scelgano la fuga dal virtuale per tornare nel mondo reale.

On. Osvaldo Napoli

On. Daniela Ruffino

 

(foto in alto: CittAgora Comune di Torino)

Boeti: “Il blocco della nave è incostituzionale”

“L’articolo 10 della Costituzione recita: “Lo straniero, al quale sia impedito nel suo Paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche, garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d’asilo nel territorio della Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla legge.” E’ incredibile il fatto che degli stranieri  cui la Costituzione riconosce il diritto di essere accolti nel nostro Paese non possano esercitare tale diritto malgrado si trovino su una nave italiana. Credo che il Governo italiano debba usare buon senso in una situazione come questa e “liberare” gli stranieri che oggi si trovano sulla nave Diciotti”, così il presidente del Consiglio regionale e presidente del Comitato Diritti Umani, Nino Boeti, sulla vicenda della nave ferma al porto di Catania.

RADICALI ITALIANI, NAVE DICIOTTI: SCIOPERO DELLA FAME

Riceviamo e pubblichiamo
Dalla mezzanotte di oggi, Igor Boni, della Direzione nazionale di Radicali Italiani (candidato in +EUROPA alle ultime elezioni), è in sciopero totale della fame ad oltranza, fino al ripristino della legalità, del diritto internazionale e dei diritti umani per i migranti e i militari “sequestrati” dal Governo italiano.L’azione nonviolenta ha anche l’obiettivo di chiedere al Presidente Mattarella, Capo delle Forze Armate, di intervenire immediatamente per porre fine alle violazioni in atto.Dichiara Igor Boni:”Siamo ormai un Paese che non ha vergogna di macchiarsi di crimini contro chi fugge dalle guerre e dalla fame. Anzi: lo rivendichiamo come fosse una medaglia da mostrare con orgoglio. In questo caso il nostro Governo e il Ministro Salvini in testa, hanno deciso di utilizzare come carne da macello i 117 migranti e l’equipaggio della nave Diciotti. Migranti e militari sono – nei fatti – sequestrati dal Governo che, in più, minaccia di riportare questi disperati nei lager libici dai quali sono fuggiti. Non si tratta di trovare il comma o l’articolo di questa o quella normativa nazionale o internazionale che abbiamo violato come Italia; siamo in una continua e patente violazione dei diritti, che ormai calpestiamo ogni giorno con maggiore veemenza e arroganza. Per questo, da oggi, comincio uno sciopero della fame totale, ad oltranza, fino al ripristino della legalità per i migranti e i militari italiani prigionieri della Nave Diciotti. Chiedo al Presidente Mattarella, come Capo delle Forze Armate, di intervenire in prima persona subito, immediatamente, per porre fine a questa miserabile vicenda”.

Chiampa chiama ma Forza Italia risponde picche

SCHERMAGLIE ESTIVE

Il presidente Sergio Chiamparino popone per le prossime regionali  una alleanza trasversale, “che vada al di là dei simboli di partiti per la rinascita del Piemonte”. Il governatore chiama a raccolta imprenditori, rappresentanti del mondo sociale e accademico per ” mettersi attorno a un tavolo e decidere i temi strategici per il Piemonte come la  Tav, la ricerca, la casa,  gli asili nido. Io ci sono, pronto a fare il mio dovere”. Un appello a Forza Italia?  Forse, ma gli azzurri lo respingono al mittente: “Un appello totalmente anacronistico. Non sono bastati i danni e i fallimenti accumulati in questi ultimi quattro anni e mezzo? I piemontesi non sono autolesionisti. Ormai il presidente Chiamparino appare sempre di più un pugile suonato che si aggrappa disperatamente all’avversario per non finire K.O.. Un giorno dice di non volersi candidare, l’altro dichiara l’esatto opposto. E’ palese come voglia coprire i fallimenti suoi e del Partito Democratico”. Ad affermarlo il senatore di Forza Italia Gilberto Pichetto, coordinatore regionale del partito. Prosegue l’esponente piemontese di Forza Italia: “E’ chiaro che la nostra collocazione resta fermamente nel centrodestra e auspichiamo che tutte le espressioni civiche di centrodestra che governano unitamente a Lega e Fratelli d’Italia molte realtà piemontesi si aggreghino il prossimo anno in una grande coalizione per spazzare via questi anni bui del Piemonte”.  Chiamparino sostiene che non ha intenzione di fare  “un ‘En marche’ macroniano in bagna cauda. Quello che ho in mente, soprattutto quello che serve oggi al Piemonte, è sparigliare lo schieramento tripolare della attuale fase politica”.

Le europee e i cattolici democratici

Di Giorgio Merlo
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Da tempo diciamo, a fondamento, che il voto del 4 marzo ha mutato radicalmente il panorama politico nel nostro paese. Un panorama politico che riflette, del resto, ciò che già capita nel vecchio continente da molto tempo. Un cambiamento che ha cancellato i vecchi equilibri politici e di potere da un lato e che, dall’altro, ha certificato il fallimento dei partiti plurali – come Pd e Forza Italia – facendo tornare al centro del dibattito politico le antiche identità politiche e culturali. O meglio, il futuro politico non si basa più su anonimi ed indistinti contenitori plurali ma, al contrario, nella riscoperta delle identità capaci, però, di trasformarsi in soggetto politico autonomo e organizzato.
E la prossima consultazione europea del 2019 rappresenta un appuntamento troppo ghiotto ed
importante per essere bypassato o sottovalutato. E ciò per almeno 3 ordini di ragioni.
Innanzitutto, come abbiamo detto, se è vero che le identità politiche devono tornare a mettersi in
gioco, e’ giocoforza che anche il cattolicesimo politico italiano – e ciò che storicamente ha
rappresentato e rappresenta nel nostro paese – non possa più essere colpevolmente assente. Di
fronte all’irrompere della destra, seppur moderna e sovranista; al ritorno prima o poi della
tradizionale sinistra e al prepotente protagonismo del populismo in salsa demagogica, la miglior
cultura cattolica di matrice costituzionale deve entrare in gioco. Non per rivendicare uno spazio di
potere o per alzare una semplice bandiera identitaria ma, al contrario, per dispiegare sino in fondo la sua potenzialità cultuale ed ideale. Che era e resta decisamente attuale e moderna.
In secondo luogo l’Europa. Se c’è una dimensione sociale e culturale e un livello istituzionale che
richiedono la presenza e l’apporto di una cultura politica cattolico popolare e democratica questa è certamente l’Europa. E questo non solo per la battaglia decisiva che vede contrapposto un fronte
sovranista e populista, dichiaratamente di destra, contro un agglomerato europeista e solidarista.
Ma anche perché l’Europa politica e’ stata pensata, progettata e costruita anche dal pensiero
cattolico democratico, popolare e sociale. Sarebbe curioso se la sfida del 2019 dovesse certificare
la radicale assenza dalla competizione elettorale di una lista/patito/movimento/contenitore con un esplicito richiamo a questa tradizione ideale. In terzo luogo, d’ora in poi, dove ci sono competizioni elettorali rette da sistemi proporzionali, la presenza di questo futuro soggetto politico deve essere in campo. Senza se e senza ma, come si suol dire. E questo non solo perché questa gloriosa e nobile esperienza politica e’ nata con il proporzionale e si è, occorre pur riconoscerlo, pericolosamente eclissata con la fine del sistema proporzionale. Ma perché la necessità di avere in campo una forza politica popolare, riformista, democratica e di ispirazione cristiana la si deve declinare proprio in coincidenza di una elezione – il rinnovo del Parlamento europeo, appunto – che vede quella cultura storicamente protagonista. Verrebbe quasi da dire, citando un vecchio ma efficace slogan, ” se non ora quando?”.

Piemonte, 2 nodi per il centro sinistra

Di Giorgio Merlo

Nel maggio del 2019 si rinnova il parlamentino della Regione Piemonte. Un appuntamento politico, come per tutte le regioni italiane, che assume da sempre una particolare importanza. Ma per il Piemonte questa scadenza e’ doppiamente importante. Per una ragione molto semplice. Il Piemonte e’ l’ultima regione del Nord che e’ ancora nelle mani del centro sinistra a trazione Pd. Guidata, sino ad oggi, da un esponente pragmatico e determinato come Sergio Chiamparino. Ma le elezioni del 2019, come ci dicono ormai tutti i sondaggi, possono ribaltare tranquillamente l’attuale situazione. Ora, per evitare di rincorrere gli avvenimenti, sono almeno 2 gli ingredienti fondamentali che sono indispensabili a ciò che resta della coalizione di centro sinistra per poter competere con gli altri raggruppamenti. Qualunque essi siano. Innanzitutto serve una coalizione. Ovvero una vera e solida alleanza di governo. Politico ed elettorale. E quindi fare l’esatto contrario di ciò che hanno teorizzato e perseguito il Pd renziano e tutti i suoi tifosi – oggi solo in minima parte pentiti – per lunghi 4 anni alla guida del partito. Ossia, la “vocazione maggioritaria” del partito, la negazione in sostanza di qualunque alleanza se non inventata a tavolino – come è puntualmente avvenuto con il voto politico del 4 marzo scorso – , l’isolamento in cui si è trovato il Pd rispetto al resto del quadro politico italiano e, infine, la rottura con buona parte di quei “mondi vitali” che hanno rappresentato per molti anni il serbatoio elettorale e storico di quel partito o schieramento politico. E cioè, senza ricostruire una vera alleanza politica, civica e aperta alla società civile, ciò che resta del centro sinistra può tranquillamente salutare ogni potessi di vittoria alle prossime elezioni regionali. In secondo luogo la figura del candidato a Presidente. E questo non per individuare o esaltare il “capo”. Prassi ormai comune in tutti i partiti italiani, tanto di governo quanto di opposizione. Ma perché la figura del Presidente, soprattutto nella prossima competizione elettorale, assume una importanza decisiva ai fini della guida di Palazzo Lascaris. Ora, sotto questo versante, e’ avvenuto un fenomeno curioso, per non definire goliardico. Appena il Presidente uscente Sergio Chiamparino ha annunciato tempo fa, a sorpresa, la sua non ricandidatura – forse perché si candida alle prossime elezioni europee – e’ partita, come da copione avviene nell’attuale Pd, una sfilza di autocandidature da restare basiti. Autocandidature, com’è evidente credo quasi a tutti, dettate da logiche di equilibri di potere all’interno dello scacchiere delle mille coprenti del Pd subalpino da un lato e da legittime ambizioni di potere personale dall’altro. Autocandidature che, va pur aggiunto, appartengono prevalentemente, se non esclusivamente, al campo dei professionisti della politica. Ma, comunque sia, tutte autocandidature che non rappresentano alcun “valore aggiunto” ai fini della competizione elettorale con altri schieramenti. Ecco perché, almeno ai fini della individuazione del profilo e del nome del candidato a presidente e’ ancora indispensabile il ruolo e l’apporto che può dare Sergio Chiamparino. E questo sia per l’autorevolezza dell’attuale Presidente e sia per l’esperienza accumulata in questi ultimi anni di governo della Regione. Comunque sia, alleanza politica da ricostruire dalle fondamenta, senza arroganza e senza presunzione di chicchessia e un candidato a Presidente, autorevole e rappresentativo e possibilmente al di fuori dei soliti professionisti della politica, sono i due veri e grandi obiettivi da perseguire per il futuro centro sinistra. Il resto lo si vedrà cammin facendo.

L’arrampicata di Chiamparino

Sergio Chiamparino è un politico di lungo corso e navigato, tra meno di un mese compirà 70 anni. Ottimo alpinista,  passo deciso e stargli dietro in montagna sembra non semplice. Non si arrende facilmente. Anche sulla corsa podistica dice la sua. Da cinquant’ anni fa politica e ha attraversato il deserto. Da giovane, operaista, leggendo collettivamente il Capitale di Karl Marx. Ora è un convinto riformista.  Penso di conoscerlo. Non improvvisa e pondera ogni suo atto politico.Si può non concordare ma è doveroso ammettere che le sue iniziative hanno sempre uno scopo ultimo. Visto che non improvvisa ha da sempre la mia attenzione. Incontrarsi sul cantiere Tav con Tajani è stato un bel gesto, che va oltre la simbolica difesa della Torino – Lione. Effettivamente le opere non sono (ad oggi) interrotte. L’ unico effetto pratico dell’atteggiamento pentastellato è la recrudescenza della violenza no Tav. Tutto sotto controllo? Tutt’altro. Anzi. Personalmente nutro dei dubbi che si possa far saltare tutto. Rallentare sicuramente. L’ Italia non può ed ovviamente non deve.
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Ma il nostro Chiampa con una sola fava riesce a prendere diversi piccioni. Primo: dimostra che non vuole assolutamente ritirarsi dalla politica. Non è da lui.Secondo: guadagna ancora in prestigio ed autorevolezza conquistandosi una candidatura alle Europee. Terzo: allarga il suo bacino di preferenze alla Lombardia, indispensabili per una possibile elezione. Per ultimo e sicuramente più importante, cerca di spaccare il fronte del centrodestra per rompere l’isolamento del Pd. Difficile ma non impossibile.Roberto Rosso ha già dichiarato che ci sta. Enzo Ghigo è sostenitore del fronte repubblicano. Dunque lista civica regionale pro Tav e contemporaneamente anti pentastellati? Sicuramente la Lega non sta a guardare. In camera caritatis confermando la totale ed assoluta fiducia nei confronti di Matteo Salvini i leghisti sono indispettiti dai comportamenti dei grillini. Durerà questo governo dove non sono d’accordo su nulla? Sicuramente fino alle Europee, poi si vedrà.  E le amministrative con il loro risultato incideranno sul prosieguo. Per ora unica costante è un Pd ripiegato su se stesso. Direi quasi asserragliato in attesa del tramonto pentastellato, schiacciato dalla più assoluta incapacità. Candidatura olimpica di Torino come eclatante esempio. Anche per questo Sergio Chiamparino ci tenta. Magari il suo inguaribile riformismo verrà appagato.
Patrizio Tosetto

“Fine di un idillio. È scontro frontale in Valsusa tra Movimento No Tav e Cinque stelle”

di Ezio Locatelli* 

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In Valsusa è rottura tra movimento No Tav e Cinquestelle. Una rottura che avrà ricadute non di poco conto non solo in Valsusa ma più in generale nel rapporto con le istanze di lotta e di movimento sparse a livello nazionale. Alberto Perino, figura di riferimento del movimento No Tav, dopo avere per anni sponsorizzato i Cinquestelle, se ne è uscito con una nota molto dura nei loro confronti e del governo di cui fanno parte.  L’elemento scatenante è la pubblicazione della delibera del Cipe (Comitato interministeriale per la programmazione economica) in Gazzetta Ufficiale con la quale si dà via libera all’ultima versione del progetto dell’Alta Velocità Torino-Lione. Gongola, del via libera, Telt (Tunnel Euralpin Lyon Turin), la società italo francese preposta alla realizzazione e alla gestione della sezione transfrontaliera della linea di Alta Velocità. Via libera che il Ministro dei Trasporti Danilo Toninelli cerca di sminuire nella sua portata dicendo che “non è nulla che possa influire in modo decisivo sull’analisi costi benefici che finalmente stiamo conducendo”. Balle. L’opera per i governi di ieri e di oggi va avanti. L’unica differenza è che i cinque stelle continuano a sparare ma lo fanno a salve. Questa volta le critiche non provengono solo da Rifondazione Comunista o dalle variegate anime antagoniste del movimento No Tav. Il dato di novità è il frontale mosso da chi fino a ieri era un accanito sostenitore di Grillo. 

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Nonostante le molte irregolarità che sussistono nei lavori attualmente in corso e la possibilità di bloccare da subito gli ingranaggi della grande opera, dice Perino, “i cinque stelle continuano a fare sterili proclami invece di fare atti amministrativi”. Ed ancora: “ma è proprio il non volere disturbate il manovratore (Telt & Lega di Salvini) che fa sì che queste cose non vengono fatte da chi è stato mandato a Roma per bloccare il Tav. In che mani ci siamo messi! Ancora una volta dobbiamo constatare che non ci sono governi amici”. Parole che mettono fine ad un idillio. Del resto il Ministro dei Trasporti in una recente intervista radiofonica sull’AV Torino-Lione era stato esplicito: ”… nostro obiettivo sarà quello di migliorarla così come scritto nel contratto di governo”. Dunque nessun blocco dei lavori. Solo proclami, gioco dello scaricabarile, promesse buone solo ad alzare polveroni, a coprire le reali intenzioni. Un teatrino politico belle e buono che comincia a suscitare, in larga parte del Movimento NO – Tav, insofferenza, ripensamenti.  Si preannuncia un autunno caldo in Valsusa. Sempre più si moltiplicano le voci che invitano a scendere di nuovo in piazza in una grande manifestazione contro il Tav e, questa volta, senza se e senza ma, a scendere in piazza conto un governo che al pari dei governi precedenti non sta facendo nulla di nulla contro una delle più grandi opere affaristiche e uno dei più grandi sprechi di denaro pubblico mai visti nel nostro Paese.

*segretario provinciale di Torino – segreteria nazionale Prc-Se 

ELEZIONI REGIONALI. FLUTTERO E TRONZANO (FI) REPLICANO A CHIAMPARINO

“CHI È CAUSA DEL SUO MAL PIANGA SE STESSO. UNICA STRADA CREDIBILE È CENTRODESTRA

“Chi è causa del suo mal pianga se stesso”. È questa la replica del capogruppo di Forza Italia in Regione Piemonte Andrea Fluttero alla proposta di alleanza civica per le prossime regionali lanciata dal Governatore Chiamparino.

Spiega l’esponente di Forza Italia: “Il problema è che a piangere sono i piemontesi che sono costretti ancora per qualche mese a pagare sulla loro pelle i danni fatti dalla incapacità di governo della sinistra e di Chiamparino. Una alleanza tra noi e chi ha fallito al governo del Piemonte è inconcepibile. Ho pubblicato proprio in queste settimane sulla mia pagina Facebook un video con una raccolta dei disastri della sinistra di Chiamparino, una serie infinita di criticità che lascerà in eredità alla nuova Giunta che ci auguriamo potrà essere di centrodestra”.

Conclude Andrea Tronzano, vicecapogruppo di Forza Italia in Regione Piemonte: “Chi vuole allearsi con il Pd si accomodi. Noi siamo alternativi. I fallimenti strategici del governo regionale sono evidenti a tutti. Noi siamo nel centrodestra e crediamo nell’alleanza con la lega e Fdi, ognuno con le proprie sensibilità possiamo rappresentare al meglio i piemontesi.”

VIGNALE (MNS) – CACCIA: IMPUGNATA DAL GOVERNO LA LEGGE REGIONALE “PIEMONTE NO CACCIA” VOLUTA DAL CENTROSINISTRA

Il Consiglio dei Ministri nella seduta dell’8 Agosto, ha impugnato davanti la Corte costituzionale la legge regionale sul Piemonte recentemente approvata dal centrosinistra per incostituzionalità di alcune sue parti. “Come avevo avuto modo di dire in decine di occasioni – dichiara Gian Luca Vignale – la legge oltreché essere stata costruita con un evidente pregiudizio anticaccia aveva alcuni aspetti evidentemente anticostituzionali”. “Non era necessario essere giuristi per comprendere che chiudere la domenica, trasformare 15 specie cacciabili in non cacciabili e molto altro faceva della legge piemontese una norma chiaramente “NO CACCIA”.  “Il Consiglio regionale alla riapertura di settembre modifichi immediatamente la legge per consentire che in Piemonte la prossima stagione venatoria sia come quella delle altre regioni italiane”.