I pentastellati piemontesi intendono tagliare i vitalizi di Palazzo Lascaris, sull’esempio di quanto avvenuto alla Camera. In realtà in Consiglio regionale il vitalizio non esiste più da tempo, ma risparmiare ulteriormente è pur sempre possibile. Dopo l’esultanza della sindaca di Torino Chiara Appendino, che ieri ha postato una mini-clip su Facebook nella quale, salutando con la mano, diceva “vitalizi bye bye”, ora è la volta dei consiglieri regionali grillini Bono e Bertola che chiedono di discutere la loro proposta di legge regionale del 2017 “Rideterminazione contribuitiva degli assegni vitalizi” entro settembre, prima della campagna elettorale per il rinnovo dell’Assemblea piemontese.
Il commento dei deputati di Forza Italia Osvaldo Napoli e Daniela Ruffino
“La delibera presentata dai Consiglieri della maggioranza M5s ai capigruppo è un palese tentativo di suicidio per la candidatura olimpica di Torino. La delibera grillina non solo si limita a prendere atto dei punti vincolanti del protocollo del Coni, ma addirittura pretende di dettare al Coni le regole del Comune rivendicando, in nome della sovranità popolare di cui sarebbe espressione, il diritto a imporre le sue regole perfino agli altri Comuni candidati. È ovvio che siamo di fronte a un delirio di onnipotenza politica che sarà pagato molto caro dai torinesi, dal territorio, dai Comuni valligiani e da tutti quegli attori sociali ed economici che puntano sulle Olimpiadi per ridare slancio al tessuto produttivo della Regione. La delibera del M5s è invotabile e la responsabilità politica della sua eventuale approvazione in Consiglio ricadrà tutta intera sulle spalle del sindaco Appendino, che continua a subire il ricatto politico-amministrativo dei dissidenti del suo partito rispetto ai quali non ha la forza di prendere il largo. A questo punto ci appelliamo come Forza Italia agli 11 sindaci delle valli coinvolte nel progetto olimpico per sollecitarli, insieme alle forze economiche e sociali, a mobilitarsi e prendere in mano la proposta di candidatura.”
Nomine sanità, LeU chiede chiarezza
Liberi e Uguali Piemonte chiede chiarezza e trasparenza all’Assessore Saitta sulle nomine, a cominciare da quella del Direttore Generale dell’Istituto Zooprofilattico
Il 31 dicembre 2018 scadrà l’incarico di Direttore Generale dell’Istituto Zooprofilattico del Piemonte Liguria e Valle d’Aosta attualmente ricoperto dalla dr.ssa Maria Caramelli.
LEU Piemonte con un’interrogazione urgente discussa martedì in Consiglio Regionale ha posto all’assessore Saitta tutti i propri dubbi sul merito dell’avvio delle procedure per un possibile rinnovo dell’attuale Direttore Generale in deroga a quanto previsto dalla legge.
Infatti nell’interrogazione si evidenzia come la d.rssa in carica dal 1° gennaio 2016 ad oggi, in passato è già stato dirigente dell’istituto in particolare di direttore Sanitario e Direttore Generale facente funzione dal 1/6/2012 al 31/12/2015 e secondo le modalità di funzionamento dell’Istituto il contratto può essere rinnovato una sola volta.
Nella sua risposta Saitta conferma di aver proposto alla Liguria e alla Valle D’Aosta di rinnovare l’incarico all’attuale Direttore considerando il periodo “facente funzione” non rientrante tra quelli che rientrano nella norma.
Cosa che non convince Silvana Accossato che chiede con forza “di uscire dall’opacità di certe situazioni. Per figure come queste rivendichiamo una selezione meritocratica che non si esaurisce nel solo giudizio positivo dell’assessore di turno. Cosa vuol dire, che tutti gli altri direttori delle Asl che si sono dovuti sottoporre a selezione partivano da un giudizio negativo dell’Assessore?” – si chiede ancora la consigliera di LeU.
“L’assessore alla Sanità Antonio Saitta ha messo in scena un bello show elettorale nell’ultimo Consiglio regionale durante l’informativa per l’abbattimento delle liste d’attesa. Nonostante le tante belle parole la situazione resta drammatica ad esempio nel Chivassese. Abbiamo presentato un question time per domandare provvedimenie immediati per dimezzare gli attuali tempi d’attesa”. A dichiararlo il capogruppo di Forza Italia in Regione Piemonte Andrea Fluttero e il capogruppo del partito in Commissione Sanità Andrea Tronzano. Concludono i due esponenti azzurri: “La situazione a Chivasso é folle. Per una visita pneumologica sono necessari 269 giorni d’attesa che diventano 280 per una visita allergologica e addirittura 467 per una oculistica. Nell’interrogazione chiediamo quali interventi intenda assumere l’assessore per ovviare a queste criticità visto che queste tempistiche sono del tutto al di fuori dei parametri previsti da qualsiasi parametro internazionale e nazionale. Si tratta di liste d’attesa da terzo mondo, sinceramente non coerenti con il livello di tassazione che impone anche la Regione Piemonte ai suoi cittadini”.
Il Pd da partito a ologramma
“Abbiamo presentato una interrogazione all’assessore alla Sanità per conoscere le ragioni per le quali nel reparto di Ginecologia dell’Agnelli di Pinerolo sono state inoculate a donne in gravidanza dosi scadute dell’Immuno RHO”. Ad annunciarlo Andrea Fluttero e Andrea Tronzano rispettivamente capogruppo di Forza Italia in Regione Piemonte e capogruppo del partito in Commissione Sanità.
Spiegano gli azzurri: “Riteniamo che sia necessario comprendere come sia possibile che avvengano fatti del genere dopo che da anni si parla di digitalizzazione della sanità anche per la gestione dei magazzini delle nostre Aziende Ospedaliere. Il richiamo delle donne che si sono viste inoculare un farmaco scaduto, per verificare l’assenza di incompatibilità, é un atto doveroso ma tardivo. Fatti di questo tipo non debbono più avvenire”.
Concludono Fluttero e Tronzano: “Saitta deve spiegarci quali azioni intenda mettere in campo la Giunta regionale nelle prossime settimane affinché fatti del genere non si ripetano più. Intanto monitoreremo la situazione, confidando che i controlli sulle assistite non facciano emergere complicanze”.
Il Pd o 2 Pd?
Tutto secondo copione. Sotto il tetto dell’attuale Partito democratico ci sono ormai due partiti con due linguaggi diversi, due prospettive politiche diverse, due approcci diversi e forse anche con due radici culturali diverse. Certo, come sempre capita in politica, le “genuflessioni” a cui eravamo abituati ormai da 4 anni verso Renzi e il Renzismo di larga parte del Pd sono ormai alle nostre spalle. Ne è un esempio emblematico, tra i tanti, l’ex sindaco di Torino Fassino, ultimo segretario della filiera Pci/Pds/ Ds, poi accanito e focoso fan di Renzi e del renzismo al punto da individuarlo come l’ultima speranza della sinistra italiana e poi, puntualmente dopo il 4 marzo, ritenuto un elemento che non può più essere riproposto alla guida di quel partito. Ma, al di là di questi atteggiamenti largamente noti e collaudati della politica italiana, resta il fatto inconfutabile che dopo il disastro elettorale del 4 marzo – l’ennesimo di una lunga serie – il Pd, di fatto, non esiste più. O meglio, e’ un luogo politico che contiene al suo interno due soggetti politici diversi. L’uno interpretato, al di là dell’atteggiamento con cui lo declina, dall’ex segretario Renzi e l’altro legato sostanzialmente alla riproposizione della vecchia “ditta”, seppur in forma aggiornata, rivista e modernizzata. Sono, appunto, due progetti politici diversi in quanto alternativi. Due soggetti diversi frutto di una semplice considerazione. Dopo 4 anni di “partito personale” il Pd scopre all’improvviso che il cosiddetto “partito plurale”, frutto della originaria intuizione dei fondatori e che coincise con la gestione di Veltroni, e’ terminato da un pezzo ed è ormai consegnato alla storia. Fuorché si pensi fanciullescamente che uno dei due contendenti abbassi la testa e alzi bandiera bianca in segno di resa ma anche di insignificanza politica e culturale. Non mi pare, però, che questo possa essere l’epilogo finale della disputa politica e di potere. E la naturale conseguenza di questo risultato non può che essere il ritorno delle tradizionali identità politico e culturali – anche riviste, corrette e modernizzate – che sono e restano disponibili per dar vita ad una coalizione o alleanza alternativa alla destra ma senza confondersi all’interno dello stesso contenitore. Non c’è da stupirsi, quindi che la recente Assemblea Nazionale del Pd abbia riproposto in tutta la sua ruvidezza la presenza di due partiti diversi che formalmente continuano a definirsi entrambi “democratici” ma che sostanzialmente sono già conflittuali e competitivi. Perché se la sinistra coltiva, legittimamente, la necessità di ricostruire dopo la debacle storica del 4 marzo un campo politico e culturale omogeneo e compatto, e’ altrettanto legittimo che chi ha di fatto “distrutto” la sinistra tradizionale, cioè Renzi, persegua un altro disegno politico e culturale. E credo che un disegno del genere aiuti addirittura il centro sinistra ad irrobustirsi e a rendersi maggiormente competitivo nei confronti della destra e del movimento antipolitico e anti sistema dei 5 stelle. Ecco perché in un quadro del genere e’ sempre più necessaria, se non indispensabile, una autentica presenza politica cattolici democratica e cattolico popolare. Ovviamente aperta a tutti in virtù della laicità che da sempre caratterizza quest’area culturale ma consapevoli che con il ritorno delle identità – a cominciare, appunto, da quella della. sinistra – il cattolicesimo politico non può più stare alla finestra a contemplare e a commentare ciò che capita nella politica italiana.
Le consigliere Pd sulla preferenza di genere
Enrica Baricco, Valentina Caputo, Nadia Conticelli, Celestina Olivetti intervengono sulla proposta di legge che introduce la doppia preferenza di genere nella legge elettorale
“Abbiamo sottoscritto, con convinzione la proposta di legge, presentata dalla collega Accossato, che modifica la legge elettorale, inserendo nel testo la doppia preferenza di genere, perché siamo convinte che le donne rappresentino un valore aggiunto e sia importante che questa modalità di voto, già presente in molti meccanismi elettorali, venga introdotta anche in Piemonte” hanno dichiarato le Consigliere regionali del Partito Democratico Enrica Baricco, Valentina Caputo, Nadia Conticelli e Celestina Olivetti.
“Riteniamo fondamentale recepire la normativa nazionale in materia – hanno proseguito le Consigliere regionali – e, purtroppo, dobbiamo rilevare che, oggi, il Piemonte si colloca come fanalino di coda tra le Regioni che hanno attuato questo percorso. Lo Statuto della Regione Piemonte, all’articolo 13 “assicura uguali condizioni di accesso tra donne e uomini alle cariche elettive” e la stessa Consulta delle Elette è stata istituita con legge regionale proprio per garantire una corretta rappresentanza delle donne nelle istituzioni”.
“L’assemblea regionale del Partito – hanno concluso le Consigliere Pd – ha approvato all’unanimità ben due documenti che chiedono di allineare la legge elettorale del Piemonte a quella delle altre Regioni e agli altri livelli istituzionali. Non si tratta di introdurre quote rosa, ma di dare uno strumento agli elettori che potranno, se lo ritengono, attribuire due preferenze. Oltretutto, la preferenza plurima è prevista per il livello comunale e europeo, quindi il prossimo anno in Piemonte si rischia di andare a votare con sistemi elettorali disomogenei. Auspichiamo che questa proposta venga condivisa da molti Consiglieri e possa essere approvata in tempi brevi”.
“Con delega a ministro Fontana torniamo indietro di 30 anni”
Lo scorso 27 giugno il premier Conte ha deciso di celebrare nel modo peggiore la “giornata mondiale antidroga”, appena trascorsa, affidando la delega alle politiche sulle dipendenze al ministro della Famiglia Lorenzo Fontana. I cittadini italiani lo hanno appreso leggendo la Gazzetta Ufficiale del 5 luglio, ma lo stesso Dipartimento Antidroga deve essere ancora allo scuro, visto che sul suo sito nulla è scritto
al riguardo. Con Fontana al vertice, le politiche sulle dipendenze rischiano di fare un salto indietro di 30 anni, ai tempi della mai rimpianta Rosa Russo Iervolino, responsabile con Bettino Craxi e Giuliano Vassalli di quell’inasprimento della legge proibizionista che solo il referendum radicale del 1993 riuscì in parte a mitigare. Paghiamo e pagheremo cara l’ignavia in materia di ben quattro governi: Monti, Letta, Renzi e Gentiloni non hanno voluto affrontare seriamente il tema “droghe” per paura di perdere voti moderati, in
sette anni non è stato fatto nulla ed ora tutto è stato affidato a un ministro politicamente più a destra di Giovanardi e tecnicamente “ignorante” sull’argomento. E questo accade proprio nel momento in cui riesplode l’emergenza eroina; i dati presenti nella Relazione annuale della Direzione centrale per i servizi antidroga della Polizia sono inequivocabili: +27,95% di sequestri di eroina; + 9,7% di overdose mortali (da 10 anni a questa parte erano in diminuzione). Rilevo, infine, che la Costituzione materiale introdotta nel contratto Lega-M5S è stata ancora un volta rispettata rigorosamente: a ciascun ministro grillino (in questo caso i ministri Grillo e Di Maio) deve essere affiancato, con funzione di controllo, un esponente leghista (e viceversa). Tutto questo a scapito della Costituzione formale, delle competenze tecnico/professionali e della consapevolezza che, in questa materia, è in ballo la vita e la qualità della vita di milioni di cittadini italiani.
Giulio Manfredi (Associazione radicale Adelaide Aglietta)