POLITICA- Pagina 556

Alternativa, parola magica?

In politica l’alternativa non va predicata ma, di norma, va praticata e coltivata
La bella manifestazione organizzata dal Pd a Piazza del Popolo a Roma, al di là dei numeri annunciati un po’ a caso e come sempre capita, e’ stato comunque un momento importante che può invertire la tendenza politica disastrosa che ha guidato quel partito per oltre 4 anni. Con un accordo politico quasi unanime, come tutti sanno e come è bene sempre ricordare. Malgrado oggi molti fingano di non ricordare quello che è capitato concretamente per molto tempo. Ma, memori del vecchio detto “chi ha avuto ha avuto e chi ha dato ha dato e scordiamoci il passato”, adesso si tratta di capire se un’alternativa dichiarata ripetutamente dal segretario protempore di quel partito e ripetuta con forza di fronte agli iscritti accorsi a Roma, diventa la piattaforma concreta per dar vita realmente ad una alternativa politica, culturale e programmatica. Ci sono, al riguardo, 2 condizioni decisive per evitare gli errori del passato e, al contempo, per inaugurare una nuova fase della politica italiana.
Innanzitutto e’ tramontata definitamente la cosiddetta “vocazione maggioritaria” del Partito
democratico. Un partito che, al di là della convocazione pubblica degli iscritti, non è più in grado di porsi come un soggetto egemone e maggioritario nella politica italiana. Dovranno prendere atto, al di là dei sondaggi terrificanti che li raggiungono, che il Pd non è più quel soggetto politico capace di rappresentare la stragrande maggioranza dei cittadini italiani sotto le sue bandiere. E tutti sanno anche, al riguardo, che da quelle parti si confrontano, legittimamente, due strategie politiche alternative e difficilmente componibili, salvo silenziarne una delle due. E cioè, quella renziana e quella che va sotto il nome della rinascita della sinistra post comunista. Vedremo. La seconda considerazione, altrettanto importante e decisiva, riguarda la capacità delle culture
politiche riformiste e costituzionali di dar vita a soggetti politici capaci di contribuire a creare un‘alleanza politica riformista e di governo autenticamente alternativa a chi punta a radicalizzare lo scontro politico e a dividere il paese. A cominciare dalla tradizione cattolico democratico e cattolico popolare. Sarà solo il dibattito politico concreto a dirci se questa doppia sfida politica sarà perseguita sino in fondo o se, invece, prevarranno ancora una volta i vecchi difetti e le ormai
collaudate degenerazioni. Come sempre, sarà solo la politica a sciogliere i nodi.
Giorgio Merlo

SCONTRI TORINO, MONTARULI-MARRONE (FDI): “PERCHÉ NON VENGONO SGOMBERATE OCCUPAZIONI ABUSIVE?”

INTERROGAZIONE PARLAMENTARE AL MINISTRO SALVINI
“Il ritrovamento di droga nell’occupazione abusiva di corso Novara dove vive la maestra antagonista, celebre per aver minacciato di morte la polizia ad un corteo violento, segue di un giorno il sequestro di cocaina e hashish all’interno di un’altra occupazione, sempre antagonista e sempre nel quartiere Barriera, l’ex Dazio. Operazione in cui una donna ha aggredito con un coltello la polizia di fronte al figlio minorenne. Perché non vengono sgomberate le occupazioni abusive antagoniste dove le Forze dell’Ordine trovano droga e violenza?” Si domandano Augusta Montaruli, parlamentare torinese di Fratelli d’Italia, e Maurizio Marrone, dirigente nazionale FDI, che annunciano “Presenteremo alla Camera un’interrogazione al Ministro Salvini per capire come viene applicata a Torino la sua circolare sugli sgomberi. I centri sociali che nascondono spaccio di stupefacenti e violenza contro le divise dentro le occupazioni abitative dovrebbero essere in cima alla lista: non vorremmo mai che venissero risparmiati solo per le esplicite simpatie nei loro confronti da parte dei grillini torinesi, che in passato avevano solidarizzato anche con la maestra antagonista nota per minacce, violenza e oggi pure per droga”.

OLIMPIADI 2026 – VIGNALE (MNS): MOZIONE PER GARANTIRE ALLE VALLI ALPINE LA CANDIDATURA 

“Si impegna il Presidente Chiamparino a perseguire tutte le soluzioni utili per affermare la candidatura dei Comuni olimpici, disponibili a condividere l’organizzazione, per ospitare in Piemonte le Olimpiadi delle Alpi”, questa la richiesta dell’ordine del giorno presentato dal presidente del Movimento Nazionale per la Sovranità, Gian Luca Vignale e che oggi ha ottenuto il parere favorevole della giunta e dell’intera maggioranza consiliare. “Dopo che il Sindaco Appendino ha preferito rinunciare alle Olimpiadi del 2016 piuttosto che perdere la propria maggioranza – sbotta Vignale – diventa indispensabile il ruolo della Regione e dei sindaci dell’arco alpino olimpico piemontese”. “Nulla è ancora perduto – dichiara il presidente del gruppo consiliare MNS – e ora non bisogna perdere tempo prezioso in polemiche o giudizi. Le responsabilità sono evidenti, ma ora bisogna agire uniti per provare a dare al Piemonte un’occasione unica come i giochi olimpici. Per questo serve che Chiamparino, anziché stare alla finestra, tiri fuori la voce e assuma il ruolo di governatore che gli è stato affidato. Esattamente come Zaia è riuscito ad inserire Cortina, così il presidente della regione Piemonte oggi può ancora lavorare per sostenere la candidatura delle Valli Olimpiche”. “Nonostante in molte occasioni non ho mancato di attaccare lui e la sua Giunta –continua Vignale – se sarà necessario sarò al fianco suo e dei sindaci dei comuni olimpici”. “Il Coni può ancora modificare il documento – conclude -. Né Milano né Cortina hanno gli impianti oggi perfettamente operativi delle vallate olimpici. Perdere questo patrimonio e doverne costruire di nuovo sarebbe una scelta scellerata e dispendiosa. Ma serve una voce ferma e determinata che riesca a far capire al Coni per quale motivo il Piemonte può essere l’elemento più importante della candidatura italiana”.

L’ordine del giorno, infine, invita la città di Torino – senza alcun onere per le casse comunali – a mettere a disposizione gli impianti ex-olimpici per poter ospitare le discipline del ghiaccio.

Il testo sarà approvato nella prossima seduta consiliare.

 

 

 

Delrio, la riforma delle Province e il caso di Biella

Graziano Delrio è uno dei dirigenti di punta del Pd. É Presidente del gruppo dei deputati dem, un ruolo tra i più importanti. È stato Sindaco di Reggio Emilia, un incarico che credo abbia svolto con impegno, competenza, passione. Credo sia stato lui a chiedere e ad ottenere la fermata dell’Alta Velocità a Reggio Emilia. É stato uno dei principali collaboratori di Renzi e credo che  la sua serietà  e il suo stile, molto diversi da quello del Capo, abbiano  contribuito a dare credibilità alla prima fase del Renzismo. Se giudichiamo i fatti però, non penso proprio  che lo stesso giudizio possa essere espresso sulla sua esperienza di Ministro e di Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio. Ne’ come Ministro dei Trasporti anche se fatto certamente meglio di  Maurizio Lupi ( ma ci voleva poco), né come artefice della riforma delle Province che è stata un fallimento. Era stata presentata come la prima di una serie di riforme che avrebbero dovuto segnare la stagione del renzismo e cambiare il volto delle istituzioni, ma si è rivelata un flop. Lo dimostrano i fatti.  Nelle intenzioni la riforma delle Province avrebbe dovuto liberarci da un Ente inutile, ridurre i costi della politica, liberare risorse da destinare non più ” alla casta” ( detto da un Partito che governava la maggioranza delle Province Italiane è il segno di quanto diffusa sia l’antipolitica ) ma ai servizi. I risultati concreti sono sotto gli occhi di tutti come dimostra l’esperienza Piemontese. Una parte del personale é passato alle dipendenze della Regione a seguito della ri-centralizzazione delle competenze. Un’altra a quelle della Agenzia Piemonte Lavoro. Alle Province, che non sono state abolite come tutti hanno potuto constatare e come invece si era cercato di far credere, sono state negate le risorse per gli investimenti necessarie per gestire le competenze residue che gli sono rimaste. La qualita’ dei servizi è peggiorata. Esagero? Mi si dimostri il contrario. Per effetto delle norme contenute nella Delrio, la Provincia di Biella rischia il Commissariamento. Il fatto é che tutto ciò era prevedibile, soprattutto da parte di chi come Delrio aveva cognizione della realtà rappresentata da Comuni e Province; oppure da parte di quegli amministratori Regionali e Locali che invece hanno preferito assecondare la narrazione renziana. Oggi ne paghiamo le conseguenze senza che nessuno tra coloro che ci spiegavano che ” non capivamo” abbia ancora avuto l’umiltà di dichiarare che si la riforma è stata un errore; presupposto per risalire la china.

 

Wilmer Ronzani

Pd in cerca d’autore

Matteo Renzi vuole ( desidera ) che l’onorevole Silvia Fregolent diventi segretaria regionale del Pd. Direi per il partito una  ottima scelta. Renziana della primissima ora, arriva da sinistra.  Partita dalla base dei vari partiti di sinistra è stata folgorata sulla via di Damasco dal Toscanaccio.  Capo segreteria dell’assessore all’ambiente Ruggero della giunta Bresso. Molti dei Ds sussurravano che era lei il vero assessore. Malelingue? Forse. Sicuramente è sempre stata attivissima.  Poi il grande balzo a Roma. Vinte le primarie è al secondo giro come parlamentare. Ha bone chances  per farcela. E’ anche amica di Gariglio, che non guasta mai. Matteuccio è tornato quello di una volta.  Incontenibile. Vola a Parigi per un accordo con Macron.  È di casa a Londra per conferenze e consulenze finanziarie. Documentarista e tuttologo su Firenze. Scatenato.  Anni fa chi lo conosce bene mi diceva: il suo più grande pregio e anche il suo più  grosso limite: il carattere. Anche il Pd tutto (o quasi) ha imparato a conoscerlo ed apprezzarlo.  Sul Piemonte solo una domanda suppletiva: ma è arrabbiato con Piero Fassino? In qualche molto gli rompe sempre le uova nel paniere. Gli contesta qualcosa ? Forse a Matteo non è andata giù la candidatura di Raffaele Gallo a segretario regionale, figlio d’arte di Salvatore Gallo. Grande patron di tessere già nel Psi di Bettino Craxi. Ora nel pd passando per la Margherita. Funzionario in pensione del gruppo Sitaf. Per capirci Gruppo Gavio. Incontrastati signori delle autostrade. O forse Matteo ha avuto delle sollecitazioni piemontesi contro questa candidatura. Non tutti sono contenti dell’opa lanciata dai lucani  indiscusso capo Mauro Laus e la comunità calabrese, storicamente intorno a Salvatore Gallo. Al provinciale c’ è Mimmo Caretta, nato in Puglia ma storicamente e saldamente Lucano. Lucani che hanno vissuto la diaspora della sinistra.  Roberto Placido è emigrato in Sel rimanendo poi profondamente contrariato dall’ invadenza di Grimaldi e Fratoianni . Punto di mediazione tra i due opposti schieramenti la famiglia di Prospero Cerabona. Che non si limita nel curarsi il suo gioiellino, la Fondazione Amendola. Prospero che non si dimentica mai di essere stato contadino, pastore ed operaio. “Sono un ” cafone” che ha studiato”. Fondazione diventata un avamposto di civiltà e cultura nella martoriata barriera. Gioacchino Cuntrò continua nelle sue consultazioni e i fassiniani  nel loro proselitismo. Fassiniani? Non si sa precisamente. Qualcosa sta cambiando. Come al solito l’ ” usato sicuro ” di Sergio Chiamparino insiste : compagni del Pd buttiamola in politica. In direzione Pd regionale sostiene che  un partito si sinistra per lottare contro la povertà si deve porre l’obbiettivo della ridistribuzione delle ricchezze. Ma cosa sta succedendo? Compagni? Redistribuzione della ricchezza ?Da Roma gli fa eco Martina. Orgogliosamente, davanti al suo popolo : dobbiamo rifondare la sinistra. Essere un’alternativa. Ammetto che ciò che sento mi stupisce. Ritorno alle origini? Per il passato recente qualcosa per il Pd non ha funzionato. Orgoglio indispensabile ma non sufficiente.  Intanto il nemico politico è individuato, principalmente in Matteo Salvini. Ed il fronte è almeno europeo. Così la sinistra difende l’ Europa come istituzione e la destra resta sovranista e populista. Con il gruppo dei Popolari, Merkel  e Berlusca che non stanno a guardare. Il capolavoro di Salvini è fatto: alle amministrative con Forza Italia e alle europee con la Lepen. In Piemonte Sergio Chiamparino non può più tirarsi indietro, incoronato dalla direzione regionale del Pd.. Fin qui la strategia mi sembra chiara: se si perde si perde con onore. Poi molte altre cose si vedranno. Chi verrà eletto al Parlamento europeo. Chi verrà eletto in consiglio regionale. Chi avrà la maggioranza nei comuni votanti. Chi verrà scelto come segretario regionale. Ed anche ( non di poco conto ) come verrà scelto.
Patrizio Tosetto
(FOTO: IL TORINESE)

158 milioni di euro per gli Enti locali

Domenico Ravetti (Pd): “Importanti investimenti per il Piemonte”

 “La Commissione Bilancio del Consiglio regionale ha dato parere favorevole alla delibera che prevede la realizzazione di nuovi investimenti destinati agli enti locali, a valere sugli spazi finanziari concessi dallo Stato per gli anni 2018-2020. Le linee di intervento individuate sono così ripartite: 3.000.000 di euro per interventi di ripristino ambientale, 64.030.000 per interventi di messa in

sicurezza del territorio, 4.000.000 di euro per interventi di edilizia scolastica, 12.000.000 di euro per interventi in ambito culturale turistico, per un totale di 83.030.000 di euro” ha spiegato il Presidente del Gruppo Pd in Consiglio regionale Domenico Ravetti.  “Si tratta di investimenti importanti – ha proseguito il Presidente Ravetti – che denotano l’impegno della Giunta Chiamparino a favore del territorio piemontese. In un momento in cui il Governo gialloverde sta tagliando le risorse agli Enti locali (i fondi per le periferie rappresentano un chiaro esempio) noi investiamo sui Comuni del Piemonte. A questo stanziamento si aggiungono i fondi CIPE di 40 milioni per opere inerenti il dissesto idrogeologico e di 35 milioni per opere inerenti la viabilità”.

SMOG, FLUTTERO E TRONZANO (FI): DOMANI CHIEDEREMO INFORMATIVA SU CAOS BLOCCO DEL TRAFFICO

“Domani come Gruppo di Forza Italia chiederemo in Aula una informativa per cercare di chiarire il caos creato da Regione e Comune di Torino a causa delle differenti delibere in merito al blocco del traffico che stanno creando confusione tra gli automobilisti di Torino e Provincia”. Ad annunciarlo Andrea Fluttero e Andrea Tronzano, rispettivamente il capogruppo e il vice capogruppo di Forza Italia in Regione Piemonte. Concludono i due esponenti regionali di Forza Italia: “E’ evidente che i due Enti non dialogano tra loro. Comprendiamo che ci vi siano divergenze politiche tra Pd e Movimento Cinque Stelle, con l’approssimarsi del rinnovo del Consiglio regionale. Queste tensioni però non possono essere scaricate sui cittadini, in particolare quando in gioco ci sono politiche che interessano in modo diretto la loro salute”.

Alleanze, ora si deve voltare pagina

di Giorgio Merlo
Di fronte alla progressiva scomposizione/disgregazione del Partito democratico, e’ persin ovvio e  scontato pensare ad una radicale riorganizzazione del campo dell’ex centro sinistra. Un campo  alternativo al sovranismo e al populismo anti sistema e demagogico. Ben sapendo che sarà un
lavoro lungo, complesso e articolato. Ma prima di pensare a come ristrutturare questo campo  politico e culturale, forse è bene chiarire subito che ciò può essere possibile solo se vengono  valorizzati ed esaltati 3 elementi decisivi. Innanzitutto va recuperata sino in fondo la “cultura delle alleanze”. Perché in Italia, come insegna la miglior tradizione cattolico democratica, “la politica e’ sempre stata sinonimo di politica delle alleanze”. Va archiviata definitivamente la cosiddetta “vocazione maggioritaria”, peraltro naufragata con il tramonto politico irreversibile del Partito democratico e, al contempo, va archiviata finalmente anche la strategia renziana – fallita ripetutamente in questi tutti ultimi anni in tutte elezioni locali e nazionali  – che ha negato alla radice la cultura delle alleanze a vantaggio della supremazia esclusiva di un solo partito che, guarda caso, coincideva e si riconosceva con il capo indiscusso di quel partito. Cioè lo stesso Matteo Renzi. In secondo luogo la cultura delle alleanze non può prescindere dalla presenza attiva e responsabile delle singole identità politiche e culturali. Non cartelli nostalgici o ideologici del passato ma quelle culture politiche, ovviamente rilette e riattualizzate, che hanno contribuito a fondare e a consolidare la democrazia italiana. A cominciare dalla cultura cattolico democratica, cattolico popolare e cattolico sociale che in questi anni si è pericolosamente eclissata a vantaggio di un dubbio ed effimero nuovismo che ha manifestato tutti i suoi limiti politici e progettuali. Il che si impone anche per il tramonto, questo sì definitivo, dei cosiddetti “partiti plurali”, ovvero del Partito democratico e di Forza Italia. Ma la riscoperta delle identità –  riformiste, democratiche, di governo e politiche – ha un senso se riescono a riconoscersi in un progetto complessivo. Un progetto di società e di governo, ben sapendo che l’onda lunga populista, demagogica e anti sistema non si esaurirà in breve tempo. In ultimo, ma non per ordine di importanza, la cultura delle alleanze e la riscoperta delle identità prevede anche il ritorno, almeno in linea teorica, dei “leader” politici salutando definitivamente la stagione dei “capi”. Almeno per un campo politico che contrasta la deriva autoritaria, oligarchica e di destra della nostra democrazia e delle nostre istituzioni democratiche. Perché quando un partito si identifica nel suo capo e il suo capo con una coalizione – che poi quella coalizione non esiste, come abbiamo visto e sperimentato con l’ultima gestione del Partito democratico – e’ persin ovvio che cresce e si consolida anche la mala pianta della fedeltà politica, del gregariato e della cortigianeria. Cioè l’assenza di una vera e propria classe dirigente. Vizi e degenerazioni che hanno costellato e accompagnato anche la politica democratica e di molti partiti che pur si rifanno alla prassi e ai valori costituzionali.  Ecco perché, adesso, si deve voltare pagina. Definitivamente. Senza la ripresa di una vera ed autentica “cultura delle alleanze”, il rischio di una deriva autoritaria nel nostro paese e’ semplicemente dietro l’angolo. Tocca alla coscienza democratica e costituzionale di questo paese – trasversale senza che nessuno possa rivendicarne l’esclusiva – arginare questa deriva e creare, al contempo, una alternativa politica, culturale e programmatica seria e credibile.

Come la Cina

Penso che in questi anni il Vice  Presidente del Consiglio dei Ministri e Ministro dello Sviluppo Economico abbia avuto come riferimento, per un motivo di provenienza geografica ,da eguagliare e superare , San Gennaro ed il suo miracolo che si ripete ogni anno, della liquefazione del sangue. Il passo successivo non poteva che essere eguagliare San Francesco, santo patrono della nostra Italia . San Francesco , nella speranza  che in questi giorni difficili vegli su di noi, ha fatto dell’attenzione verso i poveri il centro della sua opera. . Questi pensieri li ho avuti chiari  giovedì sera , 27 settembre, quando ho visto le immagini televisive dei ministri e del “nostro ” Vice Primo Ministro che si sbracciavano ,dal balcone di Palazzo Chigi, con scarso senso del ruolo istituzionale ,  più che per i pochi parlamentari e militanti cinque stelle presenti in piazza  , per i giornali, le televisioni e soprattutto per i social media. Con una gioia tanto sguaiata quanto esagerata . Il motivo, avere approvato in Consiglio dei ministri il DEF ( documento economico finanziario ). Il provvedimento, che dovrà essere votato dal Parlamento , porta per i prossimi tre anni un aumento  del 2,4% del deficit italiano. Provvedimento scellerato che porterà l’Europa a bocciare la manovra, con tutte l conseguenze, ed ha già determinato un primo aumento dello “spread ” ed un netto calo della borsa italiana. Si sono bruciati in un giorno solo ventiquattro miliardi di euro , cioè più della metà della manovra finanziaria di 40 miliardi di euro. Così un paese già indebitato decide di indebitarsi ulteriormente . Ho ascoltato incredulo il Vice Primo ministro annunciare esaltato, non tanto e non solo il reddito di cittadinanza e  la “flat tax” , ma che è stata abolita la povertà. L’esaltazione penso fosse dovuta al fatto di avere raggiunto e superato i due grandi santi italiani . Così mentre tutti i commentatori parlavano e parlano di sfida all’Europa , di un azzardo che può portare al disastro e che rende evidente l’intenzione , paventata all’inizio e poi messa da parte dalla Lega e dal M5S , di forzare per uscire dall’Europa., il famoso ” Piano B”, a me ha fatto ricordare due fatti distanti e diversi tra di loro ma allo stesso tempo molto simili. Il primo nazionale ed il secondo internazionale. Quello nostrano , successo diversi anni fa , quando per decreto si innalzarono i parametri dell’atrazina  e così miracolosamente l’acqua continuò  ed essere potabile. Il fatto internazionale  riguarda invece quel grande paese che è la Cina dove, per legge, se la temperatura supera i 42 gradi centigradi i lavoratori ricevono un aumento della paga oraria. Il controllo della temperatura , però, è rigidamente in mano governative e quindi , tranne casi rarissimi,  la temperatura rimane sempre sotto i quarantadue gradi centigradi. Così per volere del governo in Cina stanno ” freschi” ed  in Italia non ci saranno più poveri. Il prossimo che mi chiede l’elemosina chiamo la polizia e chiedo che venga denunciato per azione antigovernativa

Quante Dc?

di Giorgio Merlo

Dunque, per lunghi 50 anni abbiamo conosciuto la Democrazia Cristiana. Quella che è nata dopo la guerra di liberazione ed è finita nel 1994 con la nascita del Partito Popolare Italiano di Mino Martinazzoli

Ormai ne conosciamo vita, morte e miracoli anche se da qualche tempo aleggia uno
strano sentimento in chi ha trascorso una intera una vita a ridicolizzare se non a disprezzare quel partito, la sua classe dirigente, le sue scelte politiche e lo stesso ruolo che ha svolto nel nostro paese per un cinquantennio. Ovvero, serpeggia una sorta di rimpianto, e non solo nostalgico, di
quel partito e del suo modo di declinare la politica nella società, nelle istituzioni e nella concreta
azione di governo. Oltre a rimpiangere molta di quella classe dirigente, per la sua levatura culturale e per la sua autorevolezza politica. Di qui la tentazione di paragonare la Dc con qualsiasi partito che si affaccia sulla scena politica italiana quando riscuote un grande consenso popolare. Così è capitato con Forza Italia a cominciare dal 1994 e sino a quando questo partito ha dominato la scena politica italiana. Quintali di articoli per spiegarci che l’elettorato democristiano – e forse qui un pizzico di verità c’era – era traslocato quasi integralmente nel partito del Cavaliere perché la politica che declinava nel nuovo contesto dopo la fine della prima repubblica era pressoché simile. Archiviato il paragone con Forza Italia, adesso qualche buontempone, ritenuto intelligente e anche acuto nonche’ addirittura considerato autorevole, paragona la Dc al partito di Grillo e Casaleggio. E questo sia per il consenso elettorale che riscuote e sia, soprattutto, per la sua capacità di contenere al suo interno tanto le componenti di destra quanto quelle di sinistra o semplicemente di centro. Ora, come sempre capita, ogniqualvolta un partito di un certo peso politico ed elettorale svolge un’azione di governo il paragone con la Democrazia Cristiana e’ sempre dietro l’angolo. E debbo dire che è un paragone del tutto fuori luogo nonché volgare perché le diversità tra la storia, l’esperienza, il progetto politico, il ruolo e la funzione della Dc sono sideralmente lontani rispetto ai partiti succitati. È appena sufficiente ricordare alcuni aspetti essenziali del profilo politico della Dc per rendersi conto della diversità profonda sia rispetto all’esperienza di Forza Italia ieri e dei 5 stelle oggi. O addirittura della Lega, come sostiene disinvoltamente qualche osservatore interessato. La Dc era un partito di “centro che guarda a sinistra”, per dirla con De Gasperi; la Dc era un partito profondamente democratico al suo interno, articolato per correnti che ha sempre respinto la sua identificazione con un “capo”; la Dc aveva una chiara collocazione europea ed internazionale in materia di politica estera senza sbandamenti riconducibili all’approssimazione e alla superficialità politica; la Dc contava una classe dirigente con una statura politica, culturale e di governo neanche lontanamente paragonabili alle esperienze successive; la Dc ha sempre avuto nella sua lunga storia, una “visione” della società frutto della sua cultura di riferimento cattolico democratica, cattolico popolare e cattolico sociale; la Dc, infine, era un partito di ispirazione cristiana che non poteva tollerare alleanze disinvolte ed approssimative, anche quando per ragioni di Stato o per emergenza democratica ha dovuto privilegiare accordi con partiti che esulavano dalla sua prospettiva politica e di governo. Insomma, come dicevo poc’anzi, e’ appena sufficiente anche solo una fugace rilettura della storia e della azione concreta della Democrazia Cristiana per arrivare alla conclusione che gli attuali attori politici non hanno nulla in comune con il profilo di quel partito, salvo per il consenso significativo che raccolgono tra gli elettori italiani. Nulla di più. E questa è anche la ragione politica decisiva per cercare, oggi, di ridare cittadinanza ad una formazione politica che, pur senza ripetere quella nobile e gloriosa esperienza – com’è ovvio e risaputo si tratta di una stagione storica irripetibile perché ormai storicizzata – cerchi tuttavia di recuperare quella cultura e quella ispirazione per declinarle nella società contemporanea. E questo dopo il definitivo tramonto dei cosiddetti “partiti plurali’, cioè del Pd e di Forza Italia dopo il voto spartiacque del 4 marzo scorso, e con l’esaurimento definitivo e poco glorioso dell’Udc. Una riproposizione e un rilancio di una cultura politica e di un progetto politico che confermino, appunto, la lontananza, se non l’alternativa, tra la Dc e altri soggetti politici. Che siano Forza Italia di ieri o i 5 stelle oggi poco importa. Si tratta  sempre di esperimenti e di soggetti politici estranei, esterni e alternativi rispetto alla concreta esperienza politica, culturale, sociale e di governo della Democrazia Cristiana.