POLITICA- Pagina 531

Lega in festa a Domodossola

Da venerdì sino a domenica si è tenuta a Domodossola la festa nazionale della Lega Piemont. Nelle tre serate sono ‘sfilati’ tutti i numeri uno del partito in Piemonte, a partire dal segretario Riccardo Molinari, capogruppo a Montecitorio, per proseguire con il senatore Enrico Montani, l’europarlamentare Alessandro Pana ed il capogruppo in Consiglio regionale Alberto Preioni. Ma il momento culminante è stato sabato sera quando il segretario federale Matteo Salvini ha tenuto il suo intervento confermando l’opposizione totale e l’auspicio di tornare presto al Governo. Come sempre la festa della lega, oltre alla politica ha offerto anche un programma vario ed articolato di musica, sport, ed un ottimo servizio di cucina locale.

Massimo Iaretti

FDI, il 14 settembre in città arriva “Al lavoro per Torino”

 Sfida alle stelle aspettando Atreju. La festa di Fratelli d’Italia

“Al Lavoro per Torino, sfida alle stelle aspettando Atreju”. Fratelli d’Italia lancia per il 14 settembre la sua festa torinese preludio della festa nazionale “Atreju” prevista per fine mese. Si terrà in via Spalato 49/f . “Abbiamo scelto come location una ex fabbrica – spiega la parlamentare di Fratelli d’Italia Augusta Montaruli (nella foto) – per ricordare che Torino deve riconvertirsi all’insegna del lavoro. Il centro destra può dare un’alternativa alla città. Noi scendiamo in campo a partire da questo momento di confronto con altre forze politiche, mondo produttivo, culturale, associativo senza bandiere di partito ma con tutte le nostre idee e i nostri contenuti”. “La festa – ha proseguito il capogruppo di Fdi in Regione Piemonte Maurizio Marrone – e’ una sfida per dare un futuro alla città, veicolare la nostra visione, convinti che i torinesi spaesati dai recenti inciuci giallorossi possano ritrovarsi nelle proposte che emergeranno il 14 settembre.Alla conferenza stampa di presentazione hanno preso parte anche il coordinatore regionale Fabrizio Comba, il coordinatore provinciale Fabrizio Bertot,  che apriranno l’evento alle 14.30 il membro di coordinamento regionale Patrizia Alessi.

Salizzoni scrive a Speranza: “Parco della Salute, basta ritardi”

Riceviamo e pubblichiamo la lettera del vicepresidente del Consiglio regionale, prof. Salizzoni, al ministro della Salute

 

Caro Ministro Roberto Speranza,

                                                                       lavoro all’Ospedale Molinette di Torino da 46 anni. Ho imparato ad operare il fegato e a trapiantarlo attraverso varie esperienze e tirocini all’estero ma sono sempre rientrato a Torino, alle “mie” Molinette, dove nel 1990 ho fondato uno tra i primi centri in Italia per il trapianto di fegato. Lo sto lasciando primo in Europa e quinto al mondo per trapianti eseguiti.

Mi occupo del progetto “Molinette 2” sin da quando ha avuto inizio la discussione, ormai vent’anni fa. Nel corso degli anni sono succedute le ipotesi le più diverse, si sono pensate location fuori Torino o ricostruzioni in aree adiacenti alle attuali, si sono siglati protocolli d’intesa davanti a fotografi e telecamere. Si è perso tanto, troppo tempo. Perché in questa vicenda c’è un indiscutibile dato di fatto: le Molinette – ora denominate AOU Città della Salute – sono irrecuperabili. Un edificio di quasi cent’anni, nato quando non esistevano gli antibiotici e l’anestesia era primordiale. Si sono dovute ricavare le rianimazioni negli scantinati e nei sottotetto. I tubi sono vecchi, non reggono l’acqua a 70 gradi e quindi non si può bere a causa della legionella. Non è un problema di muri scrostati e di locali fatiscenti. Gli impianti non si possono modificare, i pazienti da rianimare dopo l’operazione vengono fatti uscire dalle sale e spinti anche per 800 metri nei corridoi su una barella, intubati, fra gli avventori. Anche il centro trapianti da me fondato ha difficoltà ad innovarsi per mancanza di spazi, e quindi è estremamente difficile stare al passo delle innovazioni tecnologiche come le nuove macchine per la rigenerazione degli organi.

Ora il progetto di un nuovo e moderno ospedale è maturo ed ambizioso: il Parco della Salute, una vera città ospedaliera ed universitaria, con 1.040 posti letto, che nascerà al Lingotto, vicino alla nuova sede della Regione. Lo studio di fattibilità è completato e finanziato con 160 milioni, tre gruppi privati hanno presentato regolare manifestazione di interesse e sono stati giudicati idonei a partecipare al dialogo competitivo. È stata scelta la formula del PPP (partenariato pubblico privato).

I privati, sì. Lo dice uno che ha sempre difeso la sanità pubblica, dando un suo contributo alla nascita del SSN. Perché oggi non è realistico pensare di costruire un’infrastruttura sanitaria con sole risorse pubbliche. O si coinvolgono i privati o non si fa. L’importante è che il pubblico abbia il controllo e la gestione della parte sanitaria.

Ma non bisogna più perdere neanche un minuto. Mi appello a Lei, Ministro, affinché venga scongiurato il rischio di qualsiasi ritardo, di manovre dilatorie, di alibi. Le Molinette sono al collasso, e l’invecchiamento strutturale comporta il depauperamento delle straordinarie competenze che quei muri contengono, pregiudicando la qualità del lavoro dei professionisti e la qualità della vita dei pazienti.

Il Parco della Salute può essere una delle leve per far uscire Torino dalla fase di immobilismo e rassegnazione di questi ultimi anni. Ho una visione, un sogno: vedere Torino trasformarsi nella Pittsburgh italiana, una città post-industriale capace di reinventare una propria vocazione anche grazie ad un polo di ricerca medico-scientifica di eccellenza, insieme all’Università, al Politecnico e all’indotto delle aziende dell’innovazione.

Torino e il Piemonte non meritano le vecchie Molinette. Costruiamo il futuro della nostra sanità, ma che sia ora.

Mauro Salizzoni

Grattacielo Regione, Manfredi (radicali): “bonifiche OK? e il Comune”?

Riceviamo e pubblichiamo
Grattacielo Regione/Manfredi (radicali): bonifiche OK? Ma allora
perché il Comune di Torino non ha approvato il progetto di bonifica
della falda? E viste tutte le magagne dell’opera, il presidente Cirio
dovrà garantire di essere lui il primo ad entrare nel grattacielo e a
lavorare lì tutti i giorni con assessori e dipendendenti regionali.
Le dichiarazioni di Giulio Manfredi (Giunta Radicali Italiani e Associazione radicale
Adelaide Aglietta):
Finalmente l’Asessore Tronzano ha risposto alla richiesta, posta per
primi da noi radicali, di conoscere lo stato delle bonifiche dei suoli
e delle falde circostanti il grattacielo in costruzione della  Regione
Piemonte. Noi comuni mortali dobbiamo accontentarci delle seguenti tre
righe e mezzo pubblicate nella pagina dedicata alla Sede Unica del
sito regionale: “… L’assessore ha poi sostenuto che il piano delle
bonifiche, partito da uno “scenario catastrofico”, si sta attuando con
ottimi risultati: i limiti degli inquinanti sono già sotto la soglia
fissata dalla legge, tanto da aver richiesto un aggiornamento dello
stesso piano. Finora per le bonifiche sono stati spesi 16 milioni di
euro, 4 in più di quanto messo a bilancio…”.
Preciso che l’aggiornamento del “piano delle bonifiche” è stato
richiesto dal Comune di Torino, che, con Determinazione Dirigenziale
n. 43 del 12/02/2019, non ha approvato il “Progetto di bonifica della
falda – fase II” ed ha richiesto di ricevere un nuovo progetto entro
il 30 settembre 2019. Nel parere della Città Metropolitana di Torino,
allegato alla determinazione comunale, sono elencate ben dieci
criticità, esposte nella Conferenza dei Servizi del 6/02/2019, a cui
erano presenti anche i rappresentanti della Regione Piemonte, che si
sono limitati a “prendere atto” dei rilievi. I radicali hanno promosso
un accesso civico generalizzato, ottenendo dal Comune di Torino il
testo integrale sia della determinazione sia degli allegati, che è
disponibile sul sito dell’Associazione Aglietta.
Ritengo, infine, che la ventilata possibilità che il Presidente Cirio
se ne rimanga solo soletto in Piazza Castello – mentre tutti gli altri
(assessori, direttori, dirigenti e altri dipendenti) vanno nel
grattacielo – è una possibilità fuori dal mondo. Sono così tante le
magagne del grattacielo (vetrate, piastrelle, impianto di
riscaldamento, bonifiche, 100 milioni di euro richiesti dai
costruttori (secondo articoli di stampa, ufficialmente sono sempre 65
milioni) che un Presidente della Regione che si rispetti deve fugare
qualsiasi dubbio, mettendoci la faccia e dichiarando da subito: “Sarò
il primo cittadino piemontese a entrare nel grattacielo e a lavorare
lì ogni giorno con assessori, direttori, dirigenti e dipendenti
semplici”.

Autonomia, le nuove richieste del Piemonte

DA PALAZZO LASCARIS

Alla richiesta di autonomia differenziata della Regione Piemonte sono state aggiunte nuove materie: commercio estero, ricerca scientifica, tecnologica e sostegno all’innovazione, organizzazione dei giudici di pace, protezione della fauna e caccia, sport, comunicazione, casse di risparmio rurali e credito regionale, energia, sicurezza alimentare, sviluppo e promozione delle aree montane.

L’elenco delle nuove materie richieste è stato illustrato dal presidente della Giunta regionale, Alberto Cirio, nel corso della riunione della prima Commissione presieduta da Carlo Riva Vercellotti, che nel suo intervento ha richiamato il concetto di autonomia e responsabilità come linea guida del dibattito.

Il gruppo Pd, intervenuto con Domenico Ravetti e Maurizio Marello, ha offerto la disponibilità a dare delega al presidente della Giunta per la discussione ai tavoli governativi sulle otto materie già deliberate nella precedente legislatura ma con un atteggiamento di apertura per valutare gli ampliamenti proposti dall’Esecutivo. Si auspica un esame in tempi rapidi, mentre viene negata la disponibilità alla proposta di istituire una commissione permanente ad hoc sui problemi dell’autonomia che comporterebbe modifiche regolamentari. È stata evidenziata anche la necessità di un rilancio del dibattito federalista sui vari livello di governo.

Il gruppo M5s, intervenuto con Francesca Frediani, ha dichiarato di voler offrire la stessa disponibilità data nella scorsa legislatura sul tema dell’autonomia: un atteggiamento attivo, propositivo e critico allo scopo di migliorare la vita dei piemontesi, delle aziende, dei giovani con particolare riguardo per i temi della scuola e dell’istruzione.

La maggioranza ha appoggiato con decisione il lavoro della Giunta regionale con gli interventi di Alberto PreioniRiccardo Lanzo (Lega) e Maurizio Marrone (Fdi). Pur ammettendo l’utilità del lavoro predisposto nella precedente legislatura, è stato rivendicato un ampliamento delle funzioni richieste di grande utilità per il territorio Sottolineata l’esigenza di portare il Piemonte al tavolo della trattativa a fianco di Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna. Anche il tema del residuo fiscale del Piemonte di circa 10 miliardi è stato richiamato come un dato significativo della situazione piemontese.

Le materie già richieste dalla giunta Chiamparino e confermate nel documento Cirio, sono: governo del territorio e beni paesaggistici e culturali; protezione civile e infrastrutture; tutela del lavoro, istruzione tecnica e professionale, istruzione e formazione professionale e istruzione universitaria; politiche sanitarie; coordinamento della finanza pubblica; ambiente; previdenza complementare e integrativa finalizzata alla non autosufficienza; rapporti internazionali e con l’Unione europea.

 

ab – www.cr.piemonte.it

Incoerenti ma capaci di cogliere l’attimo fuggente

Carissimo Matteo Salvini Capitano di lungo corso, ti piaccia o non ti piaccia stavolta hai fatto tutto da solo. Magari avrai ragione, gli ispiratori di questo innaturale governo sono poteri forti sovranazionali. Ma se non c’ eri tu il tutto sarebbe stato impossibile. Ti ringrazia soprattutto Matteo Renzi. Girava il mondo tra un documentario e l’ altro, ammaccato dalla vicenda di Lotti e decisamente preoccupato per padre e madre, spesso assente in Senato. 14 mesi fa se il Pd faceva l’ accordo con 5Stelle usciva dal partito. Ora sarebbe uscito dal Pd se Zingaretti non avesse siglato l’ accordo con Giggino. Incoerente? Assolutamente
sì, ma anche un maestro nel sapere cogliere l’ attimo fuggente. Del resto non è l unico.  A destra come a sinistra. Tutti sono bravissimi nel praticare la legge dell’ inverso. Tu puoi fare quello che l’ altro non può fare. Coerenza zero. Del resto siamo nella società dell’ immagine e quello detto ieri non vale per l’ oggi. Poi la buffonata di Rousseau. Fin tanto che  riguarda i pentastellati affari loro. Ma purtroppo riguarda tutti noi e la cosa è molto fastidiosa. Il presidente Sergio Mattarella mastica amaro. Anzi nel suo modo compito è letteralmente furibondo. Che la Costituzione Italiana debba essere messa in forse dal tarocco di Casaleggio è decisamente preoccupante. Ma tant’è,  il convento passa questa minestra con lapiattaforma privatissima e casalinga di democrazia. I numeri (appunto se non taroccati sono indicativi).  8 su 10 hanno approvato. L’80 % non sopportava più in Capitano. Cambia qualcosa nel mondo pentastellato. Dopo il dimezzamento dei voti la sinistra interna prende il sopravvento… Calenda proprio non ci sta e prende un’ altra strada. Per intanto disdice in tutta Italia la sua presenza ai dibattiti delle Feste dell’ Unità. Ed il popolo Pd? Scetticamente speranzoso. Non tutto. Ma quelli arrabbiati sono tanti e proprio arrabbiati. Scenari possibili? Il tutto è l incontrario di tutto. Se durerà quattro anni e faranno delle cose Salvini sarà
morto (politicamente parlando, s’ intende) e poi per lui fare 4 anni di comizi in giro per l’ Italia sarà dura. In particolare ora che i soldi per le trasferte li deve tirare fuori lui. All’ opposto durerà poco perché non faranno nulla. Ed ecco il Capitano risorgere ed uscire dall’ angolo in cui si è cacciato. Al fine dopo una certa e travagliata gestazione eccola la compagine di governo. Pensavo peggio. Partiamo dai fatti positivi. Aumentano le donne. Non arrivano al 50% ma un 30 % e già qualcosa. Aumentano i laureati. Il grado d’ istruzione è sempre un buon viatico. Fattori esterni positivi : lo spread diminuisce. L’Europa è contenta per avere messo da parte i sovranisti nostrani con i pentastellati folgorati sulla via di Damasco. Politicamente parlando , da quello che capisco, il baratto politico tra Pd è 5stelle è stato:  salviamo il salvabile del passato con il PD che su 21 ministeri ne porta a casa ben 9. Pentastellati 10, ma con presidenza del Consiglio e sottosegretario. La patata bollente del ministero degli Interni ad un alto prefetto politicamente neutro. Speranza che sostituisce l’ evanescente Grillo, famosa per la perentoria affermazione sui vaccini: obbligatorietà flessibile. Sulla torinese pentastellata Paola Pisano molti dell opposizione locale ridono amaramente di gusto. Sarà sia Ministro che assessore. Da quando fa l’ assessore la macchina comunale dell’ anagrafe si è inchiodata. Non considerata capace. Si vedrà. Arriviamo al punto: Giggino agli Esteri. Non ci credevo pensando ad uno scherzo di quei mattacchioni di Scherzi a parte. Come al solito mi sbagliavo. Domani giurerà. Unica speranza che girando il mondo si porterà dietro qualcuno che ne sappia più di lui e soprattutto lo ascolti. Solo tre mesi fa ha incontrato i fascisti francesi ammettendo dopo che il pacco dell incontro glielo aveva fatto Di Battista. Ha collocato Pinochet come dittatore del Venezuela. Qui ammetto: un brivido scorre dietro la schiena. Poi penso al nuovo apprendista stregone, l’ inglese Boris Johnson che è un po’ consolante. Mal comune mezzo gaudio. Indubbiamente Zingaretti ha fatto passi in avanti. Magari in modo contorto ma sempre avanti. Ha preso un Pd dilaniato all’ interno e l’ ha portato al governo. Scusate se é poco. Il tempo deciderà se è un fuoco di paglia o ha un futuro. Ma anche in Forza Italia cercano di giocarsela tutta. Tutte le regioni del Nord produttivo sono di centrodestra. Addirittura puntano all’ Emilia Romagna. Sullo sfondo la partita del federalismo. Su questo potrà e vorrà giocarsi la sua parte Cirio presidente regionale, per lui una doppia parte. Come Governatore e come esponente di Forza Italia. Gli azzurri sono ringalluzziti consapevoli che il Matteo Salvini se l’ è giocata proprio male. Per il nuovo governo, quasi sicuramente, arriverà la bomba di nuovi sbarchi. Che farà il Ministro Prefetto? Applicherà alla lettera la legge o la interpreterà? Anche se  mi pare difficilmente interpretabile tra multe e divieti. Su questo aspetto il PD ha dovuto fare un passo indietro. Prima voleva abrogare il decreto sicurezza Bis. Ora si accontenta di emendarlo. Intanto arriva la benedizione di Massimo D’ Alema: unica soluzione possibile , sottolineando come del resto lui ‘ aveva sempre detto. L’ incredibile avviene. Renzi, D’Alema, Grillo e sinistra sbrindellata insieme al governo C’ eravamo tanto odiati ora cerchiamo di amarci. Duretta amarsi per forza ma
non impossibile. Ed ammettiamolo, vedere il PD con il 18% dei voti avere la metà dei ministeri fa un certo effetto. Vedremo con i sottosegretari il peso tra i partiti e nei partiti. Sia ben chiaro, siamo totalmente dentro i dettami costituzionali. Siamo e spero vivamente che rimarremo in un sistema parlamentare. Nulla da eccepire. Qualche dubbio sulla tenuta politica del governo però l’abbiamo, felicissimi di essere smentiti dai fatti. Avanti con il governo della svolta?  Per ora è il Governo della svoltina. Concretamente pesa (per ora negativamente ) il titolo: Conte Bis. Forse è la prima volta di un Presidente del Consiglio di due maggioranze diverse. Anche ciò capita nella nostra Repubblica. Poi Zingaretti si gioca tutto. O la va o la spacca. Registriamo un Presidente della Repubblica alleggerito e gaudente. Elezioni anticipate scampate. Non ci vorrà molto tempo per capire con chi il
tempo sarà galantuomo.
Patrizio Tosetto

Piazza Rivoli-Pellerina sola andata 

DA PALAZZO CIVICO
Riceviamo e pubblichiamo
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Sopralluogo della II Commissione presso la pista ciclabile di corso Lecce: emersi tutti i difetti del “progetto”. Operazione tutta ideologica portata avanti in fretta e in furia, senza considerare le esigenze degli utenti. Si proceda al più presto con i correttivi. 

Spiego prima di tutto le virgolette utilizzate nel sottotitolo: non ci troviamo di fronte a un progetto degno di questo nome, ma a un piano portato avanti in fretta e navigando a vista e con il principale obiettivo di poter dire “questo l’abbiamo fatto”.
E i risultati si vedono.
In un chilometro circa di tracciato (a senso unico, almeno in teoria), errori e orrori si susseguono ogni pochi metri. Ne elenco qualcuno: le “chicane” di fronte ai civici 4 e 76; gli stalli numerati senza scivolo (ma in compenso con palo incorporato alla fine delle strisce pedonali) ai civici 22, 50 e 112; il posto auto fantasma al civico 20; gli spazi riservati ai bidoni dell’Amiat non rispettati (vedi incrocio con via Medici); le sbavature e le imprecisioni delle linee gialle e blu in diversi punti del percorso.
Ma potrei menzionare tanti altri esempi.
È evidente che questa pista ciclabile è stata portata a termine in fretta e in furia senza non dico un’interlocuzione con cittadini, commercianti e Associazioni, ma nemmeno provando a pensare alle esigenze degli automobilisti con disabilità, degli anziani, dei genitori e degli stessi ciclisti. Questi sono i risultati delle azioni portate avanti per cieca ideologia. La superficialità, peraltro, non fa risparmiare tempo e tanto meno denaro: lavorando fin da subito con criterio si sarebbe impiegato lo stesso tempo e ci saremmo risparmiata la necessità di intervenire nuovamente per tamponare le falle peggiori.
Vigilerò perché le molte necessarie migliorie si facciano in tempi brevi.
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Silvio Magliano
Capogruppo Moderati, Consiglio Comunale Torino

5 stelle e Pd, addio al centro sinistra

Dopo la più grande operazione trasformistica del secondo dopoguerra, la politica italiana è
destinata a cambiare in profondità. Nulla sarà più come prima. Certo, e’ perfettamente inutile
ricordare ciò che ormai tutti – o quasi tutti – sanno. Ovvero, il sostanziale “terrore” dei due partiti
che si accingono a governare, delle elezioni anticipate perché sarebbero state sconfitte dalle urne.
Almeno così hanno sostenuto ripetutamente i leader dei due partiti. La conferma del seggio, e
quindi dello stipendio, per un arco di tempo non breve per gli eletti. Il tutto condito e giustificato dal
fatto che, come da copione, siamo di fronte al rischio della “minaccia fascista”, del pericolo di una
“dittatura” strisciante, del restringimento delle “libertà democratiche”, della “concentrazione dei
poteri” e via discorrendo con queste amenità. Oltre a queste considerazioni, peraltro note e ormai
straconosciute da tutti, il governo Pd/5 stelle introduce anche un altro tema, sino ad oggi non così
platealmente confermato e anche teorizzato. E cioè, d’ora in poi la cosiddetta “coerenza” in politica
diventa sostanzialmente un optional, un accessorio, un elemento del tutto estraneo ed avulso dalla
dialettica politica italiana. Ci si può insultare per 10 anni esaltando, scrivendo, sostenendo,
votando, evidenziando le diversità insormontabili e invalicabili tra due partiti e dopo, nell’arco di
pochi giorni, siglare addirittura un “accordo politico”, di “lunga durata” , “strategico” e quasi
“storico”. Tutto cancellato, tutto rimosso, tutto azzerato. Appunto, e’ scomparsa ogni sorta di
coerenza politica, culturale, programmatica e anche di natura comportamentale. Ma, ripeto, si
tratta di considerazioni e di riflessioni talmente note e conosciute che non meritano neanche di
essere ulteriormente commentate.
Quello che, invece, merita un supplemento di riflessione dopo il varo del governo degli ex nemici
irriducibili 5 stelle/Pd, e’ il destino di quello che comunemente e per molti decenni si è chiamato
“l’alleanza di centro sinistra”. È un dato altrettanto scontato che l’alleanza con un partito
antisistema, populista, assistenziale, giustizialista e con l’obiettivo di favorire una “decrescita felice”
segna la fine – momentanea o definitiva lo verificheremo nei prossimi anni – di quella esperienza
che ha segnato in profondità la storia politica italiana. Una alleanza che, seppur nelle diverse fasi
storiche, ha saputo elaborare politiche e ricette di governo frutto dell’incrocio e della sintesi fra le
migliori culture riformiste e costituzionali del nostro paese. È persin ovvio ricordare che l’accordo
storico e di lunga durata con il partito di Grillo e Casaleggio, come lo definisce Zingaretti, chiude
quella pagina e ne apre un’altra del tutto diversa che, ad oggi, non si capisce ancora quale ne sarà
il profilo, la natura e soprattutto il progetto politico e di governo. Ma, al di là di ogni considerazione,
e’ del tutto evidente che si chiude una lunga fase storica e si apre una nuova pagina. Ancora tutta
da decifrare e da scrivere. Del resto, che si chiuda una pagina lo dicono le tonnellate di insulti, di
contumelie, di diffamazioni, di attacchi personali e politici che hanno accompagnato i rapporti tra gli
esponenti principali di quei 2 partiti da oltre 10 anni e che sono stati misteriosamente ed
inspiegabilmente sospesi da circa 15 giorni. E cioè, per elevarla su un terreno politico – si fa per
dire – una contrapposizione politica frontale che per alcuni lustri ha caratterizzato i comportamenti
a livello nazionale e a livello locale tra i due partiti e che poi si sono sciolti come neve al sole in
pochissimi giorni.
Ora, per chi crede ancora che una prospettiva politica, culturale e programmatica di centro sinistra
possa ancora dare un contributo importante per la vita di questo paese, non può rinunciare a
riproporre un patrimonio che e’ stato decisivo per la stessa qualità della nostra democrazia e per la
credibilita’ della cultura riformista italiana. A cominciare da quelle culture e da quei filoni ideali che
in questi decenni non hanno rinunciato a dispiegare, seppur tra mille difficoltà e contraddizioni, la
loro potenzialità nelle diverse fasi storiche. Penso, nello specifico, alla tradizione e alla storia del
cattolicesimo democratico e popolare che non può essere sacrificata sull’altare di uno
spregiudicato disegno trasformista e di potere.
Certo, i conti si fanno sempre con i dati che la realtà di volta in volta ti propone. Anche quando si
tratta della più grande operazione trasformistica del secondo dopoguerra. Però, alla fine, forse la
coerenza alle proprie radici e alla propria cultura potrà ancora giocare un ruolo decisivo per
rafforzare la nostra democrazia e irrobustire il miglior riformismo democratico, costituzionale e
sociale del nostro paese.

Giorgio Merlo

La politica industriale dell’auto una questione nazionale 

La politica piemontese riporti la questione economica al primo posto. 
Se non ci muoviamo ne subirà effetti pesanti anche l’indotto che invece negli ultimi anni grazie a iniziative meritorie della imprenditoria locale aveva retto
 
Lettera aperta  di Mino GIACHINO ai segretari regionali dei partiti 
 
Carissimi,
Con la pubblicazione dello studio della FIOM sul fortissimo calo della produzione di Auto a Torino la politica non può più stare ferma. Da anni parlo invano del declino economico di Torino e del Piemonte. Ora la situazione è diventata  pesantissima. Dallo studio della FIOM e’ chiaro che  la situazione era visibile già dieci anni fa quando qualcuno diceva che a Torino la trasformazione era un caso di successo. Augurandomi che vi siano ancora margini di recupero Vi scrivo pregandovi di mettere subito al centro della politica piemontese e nazionale  la situazione economica in generale e la situazione dell’auto in particolare.
Torino e il Piemonte hanno dato ma hanno ricevuto anche molto dal settore Auto. Posti di lavoro, crescita del benessere, ricerca scientifica , sviluppo urbano . Torino e il Piemonte con gli stabilimenti automobilistici, con i Centri di ricerche Fiat e Gm, con il Salone dell’Auto hanno rappresentato per decenni nel mondo Torino e la sua gente operosa.
Negli anni 50,60,70,80 la politica era attentissima alle scelte della Fiat da quelle felici a quelle meno felici.
Negli ultimi anni invece la attenzione delle Amministrazioni alla economia produttiva e alla Fiat si è molto attenuata e Torino  ha perso.
Dal 2001 al 2018 mentre il PIL nazionale cresceva di 1,8 punti, il Piemonte perdeva 1,6.
Nel calo economico della nostra Regione ,di Torino d del Paese il calo della produzione delle auto negli stabilimenti torinesi ha sicuramente influito .
Meno male che l’indotto si è trasformato e ha tenuto.
Molti però negarono il declino di Torino come dice oggi anche  il segretario della FIOM.
I dati dello studio della FIOM sono pesantissimi.
Nel 2009 con gli incentivi il Governo di cui ho avuto l’onore di far parte diede un contributo alla ripresa delle produzioni. Io stesso al Governo destinai quasi 100 milioni per la sostituzione dei vecchi camion con i nuovi Euro 5.
Le Amministrazioni torinesi però stettero troppo passive.
Occorre intervenire urgentemente.
Con il Movimento SITAV abbiamo salvato la TAV ma se perdiamo l’auto il danno sarebbe gravissimo per tutto il Paese.
Il Piemonte deve portare la questione AUTO a livello nazionale prima che sia troppo tardi.
Mino GIACHINO 
Associazione SILAVORO SITAV 

Berlinguer, trentacinque anni dopo

Sono passati trentacinque anni dall’11 giugno del 1984, il giorno in cui è morto Enrico Berlinguer. Gli fu fatale l’ultimo comizio tenuto qualche giorno prima a Padova in vista dell’appuntamento elettorale per il rinnovo del parlamento europeo. Le immagini, per lo più in bianco e nero, ci rimandano il suo viso scavato, il corpo minuto. Una velata malinconia nello sguardo , il timbro di una voce antica. Quella stessa voce che proponeva – con lucidità –  una visione del mondo nuova; la necessità di portarsi dietro tutti in scelte più avanzate, di cambiamento, dove impegnare i destini di un popolo che si diceva comunista, ma di un tipo del tutto originale, italiano e democratico, innervato nella Costituzione repubblicana. Quell’uomo che sembrava così  fragile, si chiamava Enrico Berlinguer. Gentile, riluttante, pacato, colto. Uomo di unità, affezionato alle speranze dei giovani, schivo e apparentemente inadatto alla leadership al punto che -come qualcuno disse –  stava male prima di ogni incontro televisivo. Un uomo, secondo  Alfredo Reichlin ( scomparso un paio d’anni orsono, con il quale ebbi l’onore di lavorare quand’era direttore de L’Unità, giornale glorioso che ora non c’è più) che per conformazione fisica e psicologica “poteva fare il bibliotecario”, ma che si dimostrò un eccezionale e insostituibile “capo di un popolo”.

La folla che lo salutò in occasione dei funerali per le strade del centro di Roma fu la testimonianza più evidente dell’amore che il popolo italiano provava per questo uomo gracile e forte allo stesso tempo, partito dalla Sardegna non per fare la “carriera politica” ma per “impegnarsi” nella politica. Tra quei drammatici fotogrammi che accompagnano i suoi ultimi istanti in piazza della Frutta , ce n’è uno, quasi impercettibile a un osservatore poco attento: quello del suo ultimo sorriso alla folla, dopo aver pronunciato le sue ultime parole “..lavorate tutti, casa per casa, azienda per azienda, strada per strada, dialogando con i cittadini”. Sta tutto in quel sorriso la bellezza di Berlinguer. La bellezza di chi ha scelto di occuparsi in maniera disinteressata degli altri; di avere uno scopo nella vita che va oltre se stessi. In quel sorriso è racchiuso un manifesto politico, troppo in fretta archiviato dopo la sua morte e troppo strumentalmente ritirato fuori per esigenze di propaganda. Il sorriso di un uomo che  è ancora tra noi perché le sue intuizioni politiche e culturali avevano scavato nel profondo della crisi italiana, ne avevano tirato fuori i nervi scoperti attraverso i quali si poteva vedere il futuro della nostra società e dell’Europa.

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 Un uomo, fatto passare per un conservatore e che, all’opposto, sapeva leggere con visionaria lucidità il cambiamento in corso, cercando di proporre una via d’uscita democratica, non populista.  Berlinguer riuscì ad affrontare un tema ostico e da molti  mal digerito  come l’austerità che non aveva nulla a che vedere con le ricette neoliberiste e monetarie ma con l’idea di affrontare il tema dei consumi  e della produzione all’interno di una società più giusta, sobria, solidale, democratica, attraverso una migliore distribuzione dei redditi e una condivisa responsabilità tra le classi che esistevano (e esistono..) ancora. Un discorso che affascinò il cattolicesimo progressista e che confermò quella diversità dei comunisti italiani che si fondava non certo sulla purezza ideologica, ma sull’appartenenza a una comunità e a un’idea  della politica basata su una visione morale ( e non moralista), intesa  come servizio, studio, avanzamento e lotta democratica. Si dirà che il mondo è cambiato, è più veloce, ha altre esigenze, e che sono stati commessi tanti errori lungo il cammino. Nulla può essere più vero. Gli stessi che sostengono questo, tante volte, argomentano di come il nostro paese sia cambiato in peggio, per la crisi e per lo spazio esiguo che hanno le giovani generazioni, per l’assenza di futuro. Forse è cambiato in peggio anche perché, invece di contrastare alcune derive,  le abbiamo assecondate; perché si è stati troppo indulgenti nello sposare parole d’ordine, modi di essere, ideologie che non appartengono a una parte che si propone di essere la parte dei più deboli; perché così tanto impegnati a ricercare il futuro si è pensato, più volte in questi anni, di trovarlo gettando via le lezioni del passato.

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Ecco perché, senza nostalgie ma con il senso dell’attualità, riemerge potente l’insegnamento di Berlinguer. Perché non basta un tweet per “riempire la propria vita”, ma occorre riscoprire il pensiero lungo, quello che invita a guardare al mondo con realismo e creatività, innovazione e obiettivi proiettati nel futuro. Quel “pensiero lungo”, che non è ideologia arrugginita né fuga dalla realtà, manca molto alla politica di oggi. E Berlinguer questo “pensiero lungo” lo cercava nelle suggestioni che arrivavano dall’ambientalismo, dal pacifismo, dai movimenti delle donne. Con il sorriso di chi diceva “.. Noi siamo convinti che il mondo, anche questo terribile, intricato mondo di oggi può essere conosciuto, interpretato, trasformato, e messo al servizio dell’uomo, del suo benessere, della sua felicità. La lotta per questo obiettivo è una prova che può riempire degnamente una vita”. Parole dette con un sorriso, dolce e determinato. Parole di Enrico Berlinguer.

Marco Travaglini