POLITICA- Pagina 512

Le foto di Falcone e Borsellino nella Sala Morando

Riceviamo e pubblichiamo

MARRONE (FDI): “GRAZIE A NOI A PALAZZO LASCARIS. SIMBOLO DI IDENTITÀ E LEGALITÀ”

“Grazie a noi la celebre foto dei giudici Falcone e Borsellino entrerà in Consiglio Regionale”, ad annunciarlo è il Capogruppo di Fratelli d’Italia Maurizio Marrone, dopo il voto in aula che ha dato l’ok al posizionamento, nella Sala Morando di Palazzo Lascaris, della foto a ricordo dei giudici uccisi dalla mafia. “Giovanni Falcone e Paolo Borsellino sono per noi il simbolo più alto di amore per la Patria e lotta per la Legalità – ha spiegato Marrone -. Per questo motivo abbiamo deciso di raccogliere la proposta giunta dai banchi del M5S. Per loro era una provocazione da contrapporre al crocifisso. Per noi le effigi di Falcone e Borsellino sono invece un simbolo di “identità nazionale” che si sposerà benissimo con le nostre radici cristiane”.

A 50 anni dalla strage di Piazza Fontana

Passati 50 anni dalla strage di piazza Fontana. Sconvolgente, nessuno è stato condannato
nonostante sia  lampante la verità. Colpevoli i fascisti Freda e Ventura coperti da parte dei
servizi segreti di allora.

È passato mezzo secolo, una strage che segna un punto di svolta. Un
passaggio e non sicuramente l’ inizio. Ho ricordi sfocati. Quando fu ucciso Pinelli ed arrestato
Valpreda mio padre sostenne che non era nello stile degli anarchici. Stile ? Cosa c’ entrava lo stile
con il terrorismo? Avrei capito anni dopo. Lo stile differenziava le varie ideologie.

I nazifascisti volevano produrre panico per ristabilire l’ ordine. Colpivano chiunque con obbiettivi precisi. I
terroristi rossi volevano essere precisi uccidendo rappresentanti delle istituzioni e del capitale.
Ideologie all’ opposto, ma proprio perché all’ opposto unificavano i  metodi con l’ obbiettivo di
creare panico e terrore.

In quegli anni impariamo nuovi termini come servizi deviati, depistaggio ,
strategia della tensione. Il terrorismo, il terrore divenne una quotidianità. Attraverso l’ Italia dal
Nord al Sud.  Due episodi (ricordi). Nel 1973 Boia chi molla, Messere fascista dichiarato
inneggia e sollecita scontri di piazza per Reggio capoluogo.

I sindacati indicono una manifestazione nazionale. Da Torino parte un treno in cui c’ ero
anche io. Prima volta nella mia vita. Il treno arriva con 6 ore di ritardo causa allarme bomba: a
manifestazione conclusa un piccolo corteo per la città e poi si riprende il treno. Porte e finestre
chiuse. Canti e slogan. Poi una donna sventolando un drappo rosso , affacciandosi dal suo
balcone urla: sono con voi . Tornando a Torino eravamo convinti di aver fatto il nostro dovere.

Luglio 1980. Stazione di Grosseto.
Litigata tra me e mia moglie che voleva sedersi in sala d’aspetto. È troppo pericoloso. Mi
diede dell’allarmista. Un mese dopo la strage di Bologna. Si doveva convivere con il terrore. A  Torino
dal ’77 in avanti ogni settimana un morto o dei feriti. Qui ( tragicamente ) era tutto chiaro.

Nessun attentato di marca fascista Tutto di marca rossa. Obbiettivi umani. Persino Emanuele
Iurilli e Roberto Crescenzo ammazzati per caso. Non facevano politica. Erano al posto sbagliato al momento sbagliato.
Come le vittime di Milano. Come le vittime di Bologna. Tragico dirlo: casualità era entrata nel
gioco dell vita.

Domanda : i terroristi facevano politica?
Sì. Seconda domanda: erano simili?Assolutamente sì. Unificati da molte cose. Principalmelmente dal considerarsi superiori, poi il totale disprezzo per l’ altro. La democrazia resse. Non era scontato. Una quarantina d anni prima non avvenne. Non scontato perché ( ahimé ) la storia si può ripetere. La democrazia resse perché lo Stato seppe reagire trovando il Generale Dalla
Chiesa.

Resse perché la politica e i politici seppero reagire. A volte con difficoltà nel capire fino in fondo.
Capire che dovevano mettere da parte le divisioni e che il nemico comune erano sia terrorismo
nero che terrorismo rosso. Vinse lo Stato perché supportato da una società civile che aveva
capito la posta in gioco.

Anche qui non subito. I primi attentati a Torino furono indirizzati contro la Fiat ed i suoi
uomini. Terroristi rossi che credevano di nuotare nel mare della classe operaia. Furono isolati ,
individuati, arrestati e condannati. Intanto riforma e cambiamento dei servizi segreti.

Noi come individui e lo Stato attaccati da più parti dall’ estrema destra all’ estrema sinistra. Ci voleva una
risposta corale. Ci fu in parte. La giustizia non è riuscita ad essere giustizia. Ma almeno la
Democrazia resse. Dicevamo che la democrazia non deve diventare un rito. Dobbiamo difenderla.
Anche qui ci si è riusciti in parte. Qualcosa abbiamo fatto.

 

Patrizio Tosetto

Il Crocifisso nell’Aula del Consiglio regionale

Dall’ufficio stampa di Palazzo Lascaris

Con 27 sì della maggioranza e del gruppo Moderati e 8 no della minoranza l’Assemblea ha approvato l’ordine del giorno presentato dal primo firmatario Andrea Cane (Lega) che impegna il Consiglio e la Giunta regionale “a difendere e salvaguardare l’importanza storica, culturale e religiosa del Crocifisso” e “a procedere all’affissione di un Crocifisso nell’Aula del Consiglio regionale, dietro i banchi della presidenza. E, all’unanimità dei votanti, ha approvato, con emendamenti, l’ordine del giorno della prima firmataria Francesca Frediani (M5s) che impegna la Giunta “a difendere e ad esaltare i valori della legalità e del contrasto alla mafia” e a esporre “una riproduzione della fotografia di Tony Gentile di Falcone e Borsellino nella Sala Morando del Consiglio regionale” dove si riunirà la Commissione legalità.

La discussione dei due ordini del giorno – e di altri tre, respinti, presentati rispettivamente da Frediani (M5s), Giorgio Bertola (M5s) e Marco Grimaldi (Sel) – era cominciata nella seduta del 19 novembre con la presentazione dei documenti e lo svolgimento del dibattito generale, nel corso del quale sono intervenuti i consiglieri di tutte le forze politiche.

Al termine il presidente del Consiglio regionale Stefano Allasia si è dichiarato soddisfatto dell’esito della votazione. “Credo e sono convinto – ha dichiarato – che il Crocifisso non abbia solo un significato religioso ma rappresenti la cultura e la tradizione italiane. Ritengo giusto che il Crocifisso sia affisso in scuole, università, uffici pubblici, così come nei luoghi istituzionali. Penso che le ripetute polemiche relative alla sua presenza abbiano profondamente ferito il suo significato non solo religioso ma anche e soprattutto quale simbolo della civiltà e della cultura cristiana, perché penso che quella croce faccia parte della storia del mondo e che rappresenti tutti”.

Il giorno delle Sardine

Martedì 10 dicembre, a partire dalle 19, il flash mob in piazza Castello a Torino
Riceviamo e pubblichiamo il seguente comunicato delle sardine torinesi
LE SARDINE NON HANNO COLORE
Abbiamo appreso da La Stampa che martedì si uniranno alla nostra manifestazione delle Sardine tinte di arancione. Ben lieti di accoglierle tra i mille colori che caratterizzeranno la nostra piazza, una piazza attuale, potente, che si ripete da settimane in tante città d’Italia.
I nostri valori sono la libertà, l’uguaglianza e la solidarietà. Scendiamo in tutta la Penisola per chiedere una politica seria, che si occupi delle persone e che non si cibi esclusivamente di odio e propaganda. Ecco… questi sono i temi delle Sardine e sono temi universali, che ci uniscono contro le politiche della destra radicale e sovranista.
Ripetiamo questi concetti solo per ricordare in modo chiaro quali sono i motivi che ci hanno spinti a manifestare in tutta Italia, senza bandiere, senza partiti, senza nulla che non fosse la Costituzione italiana e la nostra voce.
Una macchia di arancione nel nostro mare di colore non ci distrarrà dal cantare tutti insieme. Forse sarebbe stato meglio partecipare come cittadini, senza proclami, senza distinguo, senza aggrapparsi a una boa a forma di sardina arancione per farsi notare; ma tant’è! In piazza Castello, in fondo, si canterà a favore delle minoranze, tutte le minoranze, indipendentemente dal loro colore.
***
Vi riproponiamo l’articolo pubblicato nei giorni scorsi dal Torinese
.
Ecco chi sono e cosa vogliono le Sardine torinesi
Le sardine sono piccoli pesci che si stringono e si spostano in gruppo e – hanno detto ai giornali i promotori del movimento che sta riempiendo le piazze, quattro giovani bolognesi che hanno avuto l’intuizione – :”sono state pensate in contrapposizione allo «squalo» dell’ex ministro dell’Interno. Siamo piccoli pesci, singolarmente indifesi e inermi, ma se compatti ci muoviamo come un’unica creatura facendo quindi «massa»”
Paolo Ranzani

 

La prima manifestazione bolognese ha così colpito  Paolo Ranzani, fotografo torinese, che   in treno verso Milano, ci spiega, ha ” sentito la necessità di aprire le porte di Torino a questa  voglia di dire “io non ci sto” …  così ho creato il gruppo. Poi tutto è successo in poche ore. 1000 iscritti in un giorno”. Continua a raccontarci Ranzani: “Ho chiesto chi fosse disposto ad unirsi al progetto e in una settimana siamo diventati 16 tra amministratori e moderatori.  Non ci conosciamo neanche tutti di persona. Abbiamo età, idee e competenze diverse ma lavoriamo benissimo insieme.  Tra le giovani leve ho conosciuto Giorgio Brizio che è attivista con i FFF.  Mi è piaciuto subito  al volo, entusiasta e propositivo”.

 

 

 

Giorgio Brizio
E “Il Torinese” ha intervistato proprio Giorgio che, tra gli altri aspetti, si occupa di aiuto nel coordinamento delle Sardine e segue la pagina Instagram. Ha 18 anni e frequenta la quinta della “Scuola internazionale europea statale Altiero Spinelli”

 

Chi sono, quante sono e dove si collocano politicamente le Sardine torinesi?

Le Sardine a Torino sono passate ad essere in pochi giorni da un gruppo Facebook tra amici a oltre 65.000 persone. Siamo un movimento politico ma apartitico uno dei nostri capisaldi è il rispetto della Costituzione. Essendo appena nate sarebbe sciocco etichettarci con precisione, però possiamo dire con certezza che ci collochiamo dalla parte opposta di coloro che fanno dell’odio e delle differenze i pilastri di una becera propaganda.

Vi si accusa di essere un movimento “contro” (contro Salvini, ad esempio) e non “per” qualcosa…

Siamo per una politica corretta, che sia in linea con i valori costituzionali e il cui unico scopo non sia ottenere consenso sempre e comunque. La grammatica italiana ci permette di girare in favore ciò che è contro, non credo sia così limitante, una cosa vale l’altra. Sono contro la guerra quindi sono per la pace. Il riconosciuto leader dell’alleanza di destra si è speso molto per essere al centro dell’attenzione e quindi per molti è il punto focale della presa di posizione. Il nostro gruppo preferisce essere meno diretto sulla persona ma focalizzarsi sulla costruzione di un modo di fare politica che parta dal rispetto.

Non rischiate di ripetere un fenomeno passeggero come il fuoco di paglia dei Girotondi, del popolo viola, dei forconi, ecc. e di farvi strumentalizzare da alcune forze politiche? Come pensate eventualmente di sfuggire a questo rischio?

Siamo nati e ci siamo incontrati per caso, tutti stanchi e annoiati dall’attuale panorama politico. Non so se assomigliamo a qualcuno non ce lo siamo chiesti e neanche lo abbiamo programmato. Abbiamo pochi giorni di vita ed è difficile fare previsioni. Viviamo il presente e ci concentriamo sul nostro primo evento, poi si vedrà. Lavoriamo per evitare ogni strumentalizzazione, convinti di poterci riuscire.

Pensate di presentarvi in occasione di prossime elezioni amministrative o politiche?

4La nostra apartiticità non è in discussione e la possibilità di presentarci alle elezioni sembra essere assolutamente fuori luogo, soprattuto dopo questo breve periodo da cui tutto è partito. Magari più avanti partirà un coordinamento nazionale, non posso prevedere il futuro, la cosa per noi importante è esserci in questo istante.

Alle Sardine torinesi hanno aderito nomi di spicco della politica, della società e della cultura? Quali?

Sono già diverse le personalità che hanno detto di essere “sardine”, mi piace citare un personaggio di rilievo come Gustavo Zagrebelsky e signora, poi nel panorama musicale sono tantissimi, tra quelli di cui sono al corrente posso citare i Subsonica e Bandakadabra e poi della Tv c’è Marco Berry. In privato riceviamo anche altri molti consensi di personaggi dello spettacolo, però non se la sentono di mostrarsi pubblicamente, questo fa anche molto pensare al momento assurdo in cui stiamo vivendo, c’è una considerevole paura nel prendere posizione.

 

Giorgio con Francesca, amministratrice social

 

Che cosa avete in programma per la vostra manifestazione del 10 dicembre?

 Martedì 10 dicembre, nello stesso giorno in cui il (ex) Ministro Innominabile sarà a Torino per il processo che lo vede indagato per vilipendio all’ordine giudiziario, daremo vita al nostro presidio. Il 10 è una data perfetta perchè è anche la giornata mondiale dei diritti umani. L’appuntamento è alle 19 in Piazza Castello. Sarà un momento per parlare, confrontarsi, cantare, stare insieme, accettarci e comprenderci nelle nostre diversità.

Che cosa direste, che invito rivolgereste ai torinesi per convincerli a partecipare? Ovvero quale novità vorreste rappresentare dopo l’ubriacatura di antipolitica, populismo e demagogia che ha caratterizzato questi ultimi anni?

Noi sardine siamo tante. Veniamo da ambiti diversi, ognuna con la sua storia e le sue idee. Vorremmo che quello di martedì 10 fosse un momento per mettere da parte le differenza, come accennavo prima e per chiedere una svolta nel modo di fare politica, in Italia e non solo. Sarà una festa dei cittadini che aborrono il fascismo e ogni discrepanza tra gli esseri umani.

 

Per ricevere info sull’evento del 10 dicembre: 

Sardine, Locatelli (Prc-Se): “Ricostruire democrazia, diritti sociali e dignità al lavoro”

“Noi presenti nella piazza delle “sardine” e alla fiaccolata sul lavoro”

Ezio Locatelli, segretario provinciale Prc di Torino, ha rilasciato questa dichiarazione:

“Democrazia e giustizia sociale. Con in testa questo binomio, per noi inscindibile, parteciperemo a Torino alla manifestazione delle “sardine” in programma martedì 10 dicembre e alla fiaccolata sul lavoro venerdì 13 dicembre nel rispetto dell’autonomia dei promotori delle due piazze. Ci parteciperemo come persone, come attivisti, dopo aver partecipato alla bella manifestazione No Tav in Valsusa. Bene che martedì, al pari di altre piazze, anche a Torino ci si mobiliti contro la strafottenza bieca di Salvini. Saremo presenti all’evento, al pari di tante altre persone preoccupate e inorridite da una cultura reazionaria e fascistoide che incita all’odio, alla guerra nei confronti delle persone più deboli. Detto ciò pensiamo anche che non c’è possibilità alcuna di battere il populismo di destra in assenza di una politica che sia di garanzia dei diritti sociali e del lavoro, di una politica imperniata sui valori di eguaglianza e di giustizia sociale, di rappresentanza democratica, che sia cioè di applicazione dei principi fondamentali della nostra Costituzione. Principi calpestati in anni di politiche di attacco ai diritti del lavoro, di riduzione delle tutele e dello stato sociale, di precarizzazione dell’esistenza delle persone. Politiche che unitamente a disuguaglianze e impoverimento hanno ingenerato un forte disagio e malcontento sociale. La nostra presenza alle due manifestazioni è motivata da questa volontà di tenere insieme l’impegno democratico, antifascista, antirazzista all’impegno contro le politiche neoliberiste di devastazione sociale e ambientale che hanno accomunato purtroppo forze e schieramenti che si dicono diversi ma che in realtà non lo sono riguardo a molte scelte di politica economica e sociale”.

Insulti e pentimento nella politica di oggi

Chi glielo ha fatto fare a Zingaretti l’ accordo con Giggino? Ho chiesto ad alcuni capataz del PD se
era stato difficile convincerlo. Unanimi le risposte: con tutte le telefonate dall’estero, no non è
stato difficile.

Ora il cerino in mano ce l’ha lui. L’accoppiata Giggino e Bonafede straparla. Conte Presidente del Consiglio è sempre più arrabbiato con Salvini che alza spallucce e va a cena con l’altro Matteo nazionale, il toscanaccio
Renzi.

Amici comuni come Verdini, mica cosucce. Si sono rincuorati a vicenda. Sanno di essere complementari. Entrambi vogliono comandare. Hanno nemici comuni come il Fatto Quotodiano. Addirittura Renzi dichiara: querelando Travaglio mi pago il mutuo della casa. Imbattibile nel corpo a corpo Matteo ( il toscanaccio ) sbaraglia i giornalisti.

Anche noi Piemontesi non vogliamo essere da meno. Finalmente la sonnacchiosa provincia di Biella ha il suo sindaco
indagato. Corradino, per peculato. Avrebbe usato l’auto dei comuni di cui era od è sindaco per
usi propri. Anche qui magari nulla di rilevante penalmente, ma molto inelegante. E per la città
della moda mondiale come Biella non è un buon biglietto da visita.

Anche i pentastellati non vogliono essere da meno. La vicesindaca Schellino ammette che il reddito di cittadinanza è una
boiata pazzesca, costata 9 milardi. E chiedere scusa? Per il resto storie di ordinari insulti.
Icardi insulta quelli del Pd, in particolare Chiamparino e Salizzoni, colpevoli di essere intervenuti sul
Governo per la Città della Salute. Poi si scusa. Insulti e pentimento. Nuova fase della politica
del confronto. Lacrime di coccodrillo… tanto domani sarà tutto dimenticato. Incombono i
problemi e come se non bastasse rieccoli, i no Tav.

Non fossero così dannosi sarebbero solo fastidiosi. Insieme a questo governo che non facendo
nulla è altresì dannoso. Passi per i pentastellati, ma anche il Pd ci si mette. Del resto chi va con lo
zoppo impara a zoppicare. Dopo la finanziaria che succederà? Oramai nessuno più si azzarda nel
fare pronostici.

Magari un governo tra i due Mattei, magari con l’appoggio esterno di Grillo? So
che strapparlo, ma datemi il beneficio dell’ illogicità almeno una volta.
Realisticamente una soluzione possibile sono le politiche anticipate. Almeno ci togliamo un
dente. Vincerà Salvini (e che sarà mai) e poi , se non ha scheletri nell’armadio governerà 5 anni.

 

Patrizio Tosetto

E’ tempo di “Turbopopulismo”

Il libro di Marco Revelli e Luca Telese presentato  a Torino lunedì 16 dicembre 2019 alle ore 18 al Circolo dei Lettori

Le voci dei populisti vanno ascoltate. Bisogna fare i conti con il loro messaggio: «Voi siete il passato, noi siamo il futuro».

Un populismo senza popolo: è il controsenso generato dalla nostra miopia politica. Dalle radici contadine alla lotta operaia, le istanze politiche forti si sono sempre basate su identità forti: sociali, culturali, anche geografiche. Ma oggi è il tempo della fragilità, della dispersione, dell’incertezza e coloro che furono popolo invecchiano senza maturità, si arrabbiano senza speranze. E riempiono le piazze di uno scontento scoordinato, la fibrillazione dei dimenticati, di coloro che vivono nel margine e sono stufi di pagare il benessere di chi invece occupa il centro della scena. In un dialogo profondo e necessario con Luca Telese, Marco Revelli racconta loro, gli esclusi. Dà voce e corpo al dolore e al disinganno di chi ha smesso di sentirsi parte della storia per tramutarsi nell’equazione geografica delle periferie. Privati di una cultura condivisa, bombardati dalle incitazioni all’odio di élite negative che perseguono il proprio progetto di potere e ricchezza, non sono più difesi da una sinistra che al «siamo con voi» ha sostituito il «si salvi chi può». Queste pagine delineano, con chiarezza e passione esemplari, le ragioni di un tracollo civile. E indicano un’unica, impervia ma possibile, via di fuga. Contro le «passioni tristi», la volgarità del linguaggio e la violenza delle piazze; contro la disumana pedagogia che nutre i mostri, sui social e fuori: tornare a credere nel popolo.

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MARCO REVELLI   sociologo, politologo, storico, insegna Scienza della politica all’Università del Piemonte orientale. Fra i suoi ultimi libri, pubblicati con Einaudi: Poveri, noi (2010), Finale di partito (2013), Populismo 2.0 (2017) e La politica senza politica (2019).

LUCA TELESE è giornalista, autore e conduttore televisivo e radiofonico. Ha pubblicato molti saggi sulla storia politica recente del nostro Paese tra cui il longseller Cuori neri (Sperling & Kupfer 2006). Il suo ultimo libro è Cuori contro (Sperling & Kupfer 2017).

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  • Prezzo di copertina 11,90 euro
  • Pagine 112
  • Anno 2019
  • Collana I Solferini
  • Formato brossura
  • Disponibile anche in edicola

“Meritocrazia Italia” punta su innovazione ed equità sociale

Riceviamo e pubblichiamo

Si è concluso nella suggestiva cornice della Biblioteca Nazionale di TORINO – Auditorium Vivaldi – l’incontro organizzato dall’Associazione Meritocrazia Italiana sul tema: P.A. e BENESSERE SOSTENIBILE – Equità sociale e innovazione.
Vi è stata una numerosissima partecipazione, tante le personalità del mondo delle Istituzioni che si sono ritrovate a Torino per discutere e confrontarsi con il Presidente dell’Associazione, i vertici ed i tanti iscritti, nella convinzione che:”… innovazione ed economia circolare sono obiettivi di civiltà in cui Meritocrazia Italia crede e che farà di tutto, nelle proprie possibilità, per tenere alta l’attenzione dei cittadini sull’utilità di un progresso eco compatibile….”

I numerosi e prestigiosi relatori, tutti sapientemente guidati dal giornalista Marco Sodano-Digital Editor de La Stampa, hanno evidenziato che il benessere sostenibile è il principale indicatore per valutare il progresso di una società e non solo dal punto di vista economico ma anche socio-ambientale. Sviluppare delle politiche mirate al miglioramento dell’ambiente, servizi, sanità e istruzione deve essere tra gli obiettivi.

Sabato 7 dicembre è stata la volta della Direzione Nazionale dell’Associazione, svoltasi nell’aula del Consiglio dell’Ordine egli Avvocati di Torino. Tanti ed importanti i punti all’ordine del giorno, sicuramente la tanto attesa relazione introduttiva del Presidente dell’Associazione, Avv. Walter Mauriello, il quale ha ribadito che Meritocrazia Italia non è “contro nessuno”, evidenziando la necessità di dialogo e confronto trasversale con tutte le forze politiche, associative e popolari, perché l’obiettivo è quello di avvicinare di nuovo le persone alla Politica e arginare lo strappo cretosi tra la politica e la società civile.

La giornata si è conclusa con la tanto attesa seconda lezione di CREA, la Scuola di Formazione Politica dell’Associazione, sul tema: “Ordinamento giuridico Italiano e dell’Unione Europea” relatore prof. Alessia Fachechi Responsabile Nazionale Dipartimenti.

Conclude la due giorni meritocratica a Torino il Presidente dell’Associazione l’Avv. Walter Mauriello il quale saluta gli associati, dando appuntamento al prossimo evento e alla prossima Direzione Nazione, prevista per il 24 e 25 gennaio 2020, nella meravigliosa cornice della Città, capitale della Cultura 2019, Matera.

Meritocrazia Italia

I cattolici democratici e il Pd

Il dibattito e’ quantomai aperto e sarebbe del tutto negativo ridurlo ad una sorta di richiesta di
spazi, o di mendicare ruoli o, peggio ancora, di intestardirsi a ritagliarsi una funzione che non trova
riscontro.

Ma, al di là delle legittime posizioni e del vasto, radicato e massiccio pluralismo che
ormai caratterizza da decenni le scelte concrete e politiche dei cattolici italiani, un dato e’ indubbio:
la cosiddetta “questione cattolica”, seppur in forma diversa e più articolata rispetto ad un passato
anche solo recente, ha nuovamente fatto irruzione nel dibattito pubblico del nostro paese.
Ora, senza entrare nei dettagli di una discussione che e’ appena agli inizi, credo sia utile
richiamare almeno tre aspetti che, almeno a mio giudizio, non possono essere semplicisticamente
aggirati.

Innanzitutto, e al di là delle buone intenzioni dei vari proponenti, il tempo per dar vita ad una sorta
di Democrazia Cristiana bonsai e’ alle nostre spalle. Scrivevo in una precedente riflessione che
dopo l’esperienza di Andreotti e D’Antoni nel lontano 2001 con “Democrazia Europea”, si sono
succeduti circa una sessantina di tentativi a livello nazionale e a livello locale finalizzati a dar vita a
nuovi partiti, nuovi soggetti politici e nuove sfide elettorali. Tutti, purtroppo o per fortuna,
puntualmente falliti. Almeno a livello elettorale. Perché quasi tutti accomunati dal fatidico 0,5/1%
dei consensi. Gli ultimi due potenziali partiti nati nelle ultime settimane avranno un epilogo diverso?
Può darsi, ma se il buongiorno si vede dal mattino non c’è da essere particolarmente ottimisti su
un esito politico ed elettorale diametralmente opposto rispetto alle decine di nobili e disinteressati
tentativi sperimentati negli ultimi anni.

In secondo luogo, piaccia o non piaccia, il consenso che il centro destra – e nello specifico il
progetto leghista incarnato da Salvini – registra tra i cattolici praticanti e non, e’ massiccio e
trasversale. Un consenso che potremmo definire antico perché, dalla fine della Democrazia
Cristiana in poi, proprio il contenitore del centro destra ha registrato una vasta e convinta
adesione politica ed elettorale di settori consistenti del cosiddetto mondo cattolico italiano.
Ricordato ancora recentemente in una importante intervista rilasciata dal cardinal Camillo Ruini al
Corriere della Sera. Un consenso che, molte volte, prescinde anche dalla concreta e quotidiana
predicazione della Chiesa italiana.

Ecco perché, in ultimo luogo, se si vuol dar voce, oggi e non ieri, spessore e consistenza alla
cultura cattolico democratica, cattolico sociale e cattolico popolare, non si può non prendere in
seria consolidazione quei partiti “plurali” – almeno così si definiscono – che vivono in virtù della
pluralita’ culturale che li contraddistingue. E il Pd rientra a pieno titolo in questa dimensione e in
questo impegno. Purché siano chiare due condizioni. La prima e’ che quest’area sia più visibile e
più unita, pur senza chiudersi in una ristretta ed esclusiva enclave. Paraconfessionale. E, in
secondo luogo, che il gruppo dirigente del Pd creda sino in fondo in questa prospettiva plurale e
che valorizzi, di conseguenza, la ricchezza e la fecondità politica, culturale, ideale, sociale e
programmatica di questa pluralita’. Come, ad esempio, sostiene un autorevole dirigente come
Goffredo Bettini.

Questo, forse, e’ un impegno concreto per i cattolici democratici e popolari nell’attuale contesto
politico italiano. Pur nel rispetto di tutte le altre esperienze e di tutti gli altri tentativi che puntano a
ridare dignità, presenza e autorevolezza alla cultura politica dei cattolici italiani. Perché oggi è
così’, domani chissà…. Essendo la politica, soprattutto quella italiana, per sua natura in continua
evoluzione e in perenne mutamento. A volte persin troppo rapido, smodato e confuso.

Giorgio Merlo

Molinette, Città della Salute, Parco della Salute…

PAROLE ROSSE   di Roberto Placido

Era il, ormai lontano, 2003 e gli allora Presidente della Regione Piemonte, Enzo Ghigo ed il Sindaco della Città di Torino, Sergio Chiamparino, concordarono di realizzare le “nuove” Molinette. Fu individuata l’area dell’ex Fiat Avio nel frattempo passata, non senza strascichi giudiziari e l’immancabile lievitazione dei costi, all’immobiliarista Luigi Zunino. Si era in piena euforia o come la definì qualcuno, anni dopo, “sbornia” olimpica e si dava la realizzazione come imminente o comunque a breve.

Nel 2005 le elezioni regionali le vinse il centrosinistra ed il nuovo Presidente della Regione lanciò il famoso ….”contrordine compagni”. Così basta area Fiat Avio, dove langue l’altra grande, sfortunata e pluri indagata, opera regionale e cioè il grattacielo progettato dal famoso architetto Massimiliano Fuksas che non si sa quando mai sarà pronto. Doveva inaugurarlo la Bresso, non ci riuscì Chiamparino e chissà quando Cirio. Quindi la nuova Presidente indica l’area del” Campo Volo” sull’asse opposto all’esistente ed a quanto proposto fin ad allora. Ricordo ancora una riunione serale con Presidente, assessori regionali, consiglieri di centrosinistra e Sindaco proprio a Collegno. Nell’anno del Signore 2010 le elezioni le vinse il centrodestra con Roberto Cota e quindi nuovo cambio di area. No al Campo Volo ma rivisitazione delle Molinette con la costruzione di un nuovo edificio, in Corso Spezia, dove allora c’era il campo di calcio della famosa squadra giovanile del Bacigalupo ed ora un Parcheggio. Si arriva al 2014, altre elezioni, con un anno di anticipo, per le note vicende di “rimborsopoli” e le famose “mutande verdi”.

Alla guida della Regione Piemonte arriva, in una perfetta regola dell’alternanza, il centrosinistra con Chiamparino Presidente e si ritorna in una sorta di fatica di Sisifo, lì da dove si era partiti e cioè all’ex Fiat Avio. Prima di affrontare, sommariamente, il progetto attuale ricordo una proposta suggestiva sostenuta da tre famosi architetti torinesi e cioè l’utilizzo dell’area ex MOI (mercato ortofrutticolo) e dogane. Veniamo così, finalmente, all’area ex Fiat Avio ritenuta da molti non adatta a realizzarvi una struttura ospedaliera perché pesantemente inquinata con necessità di scendere di due metri dal livello zero ed alcuni dicono che serva scendere addirittura di sette metri. Area considerata troppo piccola per tutto quello che dovrebbe contenere. I problemi della divisione Sant’Anna-Regina Margherita sono determinati proprio da questo. L’area infatti è poco più grande di quella dell’ospedale torinese Giovanni Bosco, meno della metà del nuovo Careggi di Firenze e dell’Ospedale di Bergamo. Per di più scollegato dall’attuale area degli ospedali. Si rischia non di semplificare ma di arrivare ad avere sei ospedali più il Sant’Anna- Regina Margherita ed Oftalmico che nonostante promesse ed impegni è sempre lì.

Le scelte della giunta Chiamparino hanno portato a questa situazione. Il suo rinchiudersi e rifiutare un vero confronto e gli eventuali contributi e proposte di modifiche, prima di giustamente decidere, con tutte le realtà professionali dei medici, infermieri e professionisti non ha aiutato. Il progetto è stato definito da uno dei più stimati dirigenti sanitari torinesi, storicamente di sinistra, “oscurantista, nato con uno sguardo rivolto al passato e non al futuro e che non ha eguali in nessun nuovo e grande ospedale italiano sia pubblico che privato. Il tutto con un costo finanziario dell’opera, con l’intervento dei privati, sull’ordine del 7,5% quando il costo del denaro con CDP (Cassa Depositi e Prestiti) costa 0-0,5% sollevando, naturalmente più di qualche perplessità se non altro. La sanità pubblica piemontese continua a resistere, con punte di eccellenza, sempre con maggiori difficoltà e non so ancora per quanto, soprattutto grazie all’impegno di quanti in essa ci lavorano. In queste condizioni rischiamo di assistere alla lievitazione dei costi, del numero degli ospedali e dell’ennesima occasione persa, di divisioni sbagliate e pericolose tra ostetricia, neonatologia e materno-infantile come vorrebbe fare la nuova giunta di centro destra e che ha generato la mobilitazione di molte donne culminata con il ”Flash Mob” in Piazza Castello di ieri, sabato 7 dicembre.

Intanto l’unica novità che esiste, dopo l’accorpamento tra le Molinette ed il CTO (ospedale ortopedico-traumatologico), avvenuto qualche anno fa, sono le lenzuola fatte con la stampigliatura “Città della Salute” e non più Ospedale Molinette o San Giovanni Battista e della Città di Torino. Come si dice….. chi si accontenta, gode.