POLITICA- Pagina 357

La Piazza inizia l’attività dopo le elezioni

La Lista civica  La Piazza, in occasione dell’inizio  del nuovo mandato amministrativo organizza un incontro giovedì 28 al salone delle feste in Cascina Roccafranca,  per festeggiare il  consigliere Luca Galeasso e   progettare le  azioni in Circoscrizione 2.

Giovedì 28 ottobre 2021
dalle ore 20 apericena condiviso
dalle 21 alle 22.30 assemblea partecipata
Via Rubino 45 (Cascina Roccafranca)

Intel, Grimaldi (LUV-SE): Giorgetti dove sei?

Ministero e Regione non hanno progetti di rilancio del sistema produttivo piemontese. Sappiamo che il Sindaco Lo Russo si prenderà cura di questi temi

“Intel volge infine il suo sguardo altrove: verso il Veneto e la Puglia. Come mesi fa la gigafactory Stellantis, anche la multinazionale statunitense dei microchip non sceglie il Piemonte come sua sede. Tutto ciò mentre Stellantis sigla un accordo sul nuovo hub elettrico di Mirafiori che sancisce la chiusura dello stabilimento Maserati di Grugliasco. La crisi produttiva del Piemonte prosegue inesorabile” – dichiara il Capogruppo di Liberi Uguali Verdi ed esponente di Sinistra Ecologista, Marco Grimaldi.

“È evidente che il Ministro Giorgetti, che ha sprecato parole su un presunto ‘futuro di investimenti’ provenienti dall’Europa per la nostra regione, non ha in mente alcun progetto di rilancio di questo territorio” – prosegue Grimaldi. – “Viene da chiedersi se certe dichiarazioni fossero unicamente funzionali alla campagna di Damilano, o se tutta la cura mostrata verso Torino e verso l’accordo con Intel sia svanita nel momento stesso in cui alla guida della città è stato scelto qualcun altro. Ma è evidente anche l’assenza della Giunta regionale sulla vicenda. Sono certo che il Sindaco Lo Russo saprà mostrare un atteggiamento e un’attenzione diversa a queste tematiche, immaginare e perseguire una ripresa del settore produttivo per il Capoluogo e non solo”.

 

Costanzo (AC), interrogazione sulla crisi dei micro-chip

“I dati che ci arrivano sulla cosiddetta crisi dei micro-chip sono molto allarmanti e hanno già costretto molte aziende d’auto a fermare la produzione o a continuarla a singhiozzo.

Questo significa innanzitutto meno tutele per i lavoratori, che saranno i primi a subire gli effetti della crisi. La crisi dell’approvvigionamento dei semiconduttori che sta determinando forti criticità negli stabilimenti. Stellantis ad esempio ha dovuto rinviare la riapertura di Melfi, dove si lavorerà solo cinque o sei giorni al mese e dove si produrranno solo 8mila vetture a fronte delle 22mila prodotte abitualmente. Chiediamo quindi una nuova convocazione del tavolo sull’automotive per fronteggiare la crisi e tutelare i lavoratori”.
Così in una nota la deputata torinese Jessica Costanzo (L’Alternativa C’è).

Grimaldi (SE): “Torino capitale della qualità della vita e dei diritti”

“Giunta comunale, ridurre le disuguaglianze e cambiare aria in città”.

“Inutile fare giri di parole: sono davvero orgoglioso della delega alla ‘giustizia sociale’ del nostro Jacopo Rosatelli. Per una forza come Sinistra Ecologista è una delle due sfide più appassionanti possibili, oltre che un riconoscimento importante e – mi permetto di dire – meritato. Ora ci metteremo al lavoro per trasformare Torino in una vera ‘città della cura’, capace di offrire a tutte e tutti un’alta qualità della vita, di dare piena cittadinanza ai più fragili, di garantire a ogni persona il diritto all’abitare, di essere un modello di accoglienza e solidarietà.” – dichiara il Capogruppo di Liberi Uguali Verdi ed esponente di Sinistra Ecologista Marco Grimaldi, a margine della conferenza stampa in cui il Sindaco Stefano Lo Russo ha annunciato la composizione della nuova Giunta comunale.
“C’è poi un elemento di grande novità, su cui abbiamo fortemente insistito” – prosegue Grimaldi: “associare alle tradizionali deleghe delle politiche abitative e sociali, quelle alle case del quartiere e ai bagni pubblici, ai diritti civili e alle pari opportunità, superando una visione solo assistenziale del welfare in favore di un’idea di promozione di pratiche di solidarietà, di mutualismo, partecipazione e restituzione alla cittadinanza dello spazio pubblico, e tenendo uniti diritti sociali e civili. Sappiamo che l’impegno richiesto sarà enorme, ma siamo entusiasti di metterci alla prova per la nostra città”.
“Il nostro in bocca al lupo va a tutta la nuova Giunta e al Sindaco Lo Russo” – conclude Grimaldi. – “Sinistra Ecologista, soprattutto grazie alle due donne che siederanno in Sala Rossa, Alice Ravinale e Sara Diena, farà di tutto per coinvolgere le tante energie sane di questa città, per costruire reti e relazioni per realizzare la Torino che sogniamo. Un’attivista dei diritti sociali e civili e la più giovane consigliera comunale, attivista per il clima: sono l’immagine stessa di un nuovo ciclo che si sta aprendo”.

Il Popolo della Famiglia chiede al sindaco investimenti per le famiglie

Lucianella Presta, Coordinatore regionale del PdF Piemonte: «Torino ha bisogno non di un nuovo museo per tutelare una minoranza già più che garantita, ma investimenti a sostegno delle famiglie»

Il Popolo della Famiglia, preso atto della iniziativa promossa dalla fondazione FUORI, mirante ad ottenere l’istituzione di un museo della storia dell’omosessualità, consapevole di rappresentare una minoranza che si è espressa tuttavia con un importante consenso a Torino e nelle altre città in cui si è votato, invia una lettera aperta al Sindaco neo eletto e al governatore della Regione. Ecco il testo

 

All’Attenzione del presidente della Regione Piemonte

Alberto Cirio

e del sindaco di Torino

Stefano Lo Russo

Il Popolo della Famiglia, partito non ancora presente in Parlamento ma attivo dal 2016 anche nella nostra città e Regione, in nome dei consensi ottenuti in questi ultimi 5 anni, da parte di migliaia di cittadini torinesi e italiani, tali da accreditarlo come il partito extraparlamentare attualmente più forte, consapevole di essere l’unico partito che dà voce alla “minoranza” delle centinaia di migliaia di famiglie torinesi e piemontesi, oscurata in termini di influenza mediatica, ma non in determinazione e convinzione, si rivolge alla Vostra attenzione avanzando le seguenti proposte con un preciso obiettivo: rendere Torino la capitale della famiglia per l’anno 2022.

  • Torino è la capitale dei diritti, a partire da quello naturale: deve quindi valorizzare l’istituto della famiglia che costituisce la prima società feconda e solidale, fondamento della collettività cittadina e regionale.
  • Il Popolo della Famiglia intende rappresentare le istanze di migliaia di famiglie nella necessità e nell’abbandono, sfiduciate e deluse, mortificate e sacrificate. Questa realtà non è custodita negli archivi, rappresenta piuttosto il “museo a cielo aperto” cui la nuova Amministrazione comunale insieme a quella regionale non può né deve volgere le spalle, dirottando capitali da investire a sostegno di questa emergenza verso iniziative già ampiamente tutelate e destinate ad essere appannaggio di pochi.
  • Il Popolo della Famiglia chiede che vengano promosse e finanziate iniziative organizzate a favore della famiglie: dai centri di ascolto nelle circoscrizioni, all’incremento delle associazioni di volontariato ma anche all’istituzione di nuove occupazioni a servizio delle famiglie con disabili e anziani, stanziamenti di fondi, serie politiche famigliari a favore della natalità, come quelle attuate in altre nazione europee. Tali misure riscuoterebbero grande successo nel benessere incrementato e nella speranza restituita a migliaia di cittadini.
  • Il mondo della cultura torinese dovrebbe coltivare e aumentare la consapevolezza nei propri cittadini, e non solo, di come la storia italiana del secondo ‘900 sia radicata in un processo di affermazione dei valori democratici radicati a loro volta nel fertile terreno di una città che ha conosciuto la presenza nel secolo precedente dei santi sociali. Il loro esempio potrebbe bastare per indurre i nostri Amministratori a promuovere misure che favoriscano l’occupazione giovanile e la formazione di coscienze deste e operative.
  • Tra un anno a Torino si terrà una manifestazione della famiglia strutturata in modo tale da indicare percorsi attuabili per uscire dalla crisi in cui la visione mortifera di chi ci governa ci vuole rinchiudere.
  • Da secoli il Piemonte è una regione produttiva, solidamente ancorata alle proprie tradizioni che l’hanno resa leader dell’economia nazionale, europea, mondiale. Deve solo proseguire su questa strada puntando sulla piccola e media impresa famigliare, favorendo il made in Italy.

Chiediamo pertanto a codesta Amministrazione di non trascurare quanto una minoranza convinta può con tenacia perseguire. Ci attendiamo ascolto e collaborazione affinché le famiglie torinesi siano considerate come effettivi destinatari degli impegni assunti in campagna elettorale, tenendo presente le reali emergenze e non improvvisate manovre propagandistiche pensate per drenare il denaro dei contribuenti a vantaggio di chi già si avvale di enormi contributi, anche a livello internazionale.

Vi invitiamo infine con convinta determinazione a farvi carico, in particolare, di tutte quelle centinaia di migliaia di torinesi che non sono andati a votare. Credo che a questi nostri concittadini e connazionali si debba rendere giustizia di un bene lasciato loro con il sacrificio dei nostri padri e ora gettato alle ortiche.

 

Per il Popolo della Famiglia Piemonte

Lucianella Presta

Coordinatore regionale

Un nuovo inizio per la sinistra italiana?

Elezioni amministrative 2021

DI GIAN GIACOMO MIGONE

Proviamo a chiederci le ragioni dei pochi che hanno votato, determinando la vittoria dei candidati del PD, con relativi alleati, nelle principali città italiane. Potrebbe essere un modo per comprendere quelle dei non votanti il cui numero crescente viene giustamente indicato come sintomo di cattiva salute della nostra democrazia. Potrebbe anche scaturirne qualche indicazione affinché i pur comprensibili festeggiamenti a sinistra non risultino effimeri.

In primo luogo vi sono i fedelissimi, coloro che partecipano direttamente alla vita del partito di centro – sinistra e che ne votano le candidature. Tanti ex comunisti che votano per candidati per lo più ex democristiani, sempre nel nome della Ditta. Sono un numero decrescente, pur sufficiente a contribuire ad altrettante vittorie amministrative. A costoro vanno aggiunti i fedelissimi dei partitini di sinistra, le Ditte minori, che in questa occasione, nel secondo o anche al primo turno, scelgono, talvolta negoziano, quello che ritengono il male minore. Nei casi in cui sono stati concordati candidati comuni, si sono allineati una frazione di votanti M5S.

Vi sono poi i voti di cittadini, indipendenti di sinistra e non, per una moltitudine di ragioni più o meno insoddisfatti della qualità delle forze politiche organizzate, dei candidati – non occorre usare l’*, tutti maschi! – e dei loro programmi, che hanno deciso di ingurgitare la minestra che veniva loro propinata.
In questa occasione – favorita, non dimentichiamolo, dalla legge elettorale che in sede di ballottaggio costringe ad una scelta netta – queste due categorie di elettori di centro – sinistra nel segreto dell’urna hanno deciso di convergere. Sarebbe importante comprendere il perché. Sottopongo a chi legge alcune ragioni convergenti. E’ da studiare l’importante e virtuosa eccezione di Savona laddove la convergenza è stata esplicita e preventiva.

Chiunque abbia modo di confrontarsi con l’umanità circostante, non importa se di città o di paese, avverte immediatamente un rifiuto adirato e/o rassegnato non soltanto dei partiti, ma della politica in quanto tale. Chi ha fatto l’esperienza di porgere un volantino, non importa per quale causa virtuosa, se lo è visto per lo più rifiutare come si trattasse di materiale osceno. Le spiegazioni sono tante – non ultima la modalità con cui i media trattano la politica, illuminandone gli aspetti deteriori – ma il risultato è quello di una crescente fragilità delle istituzioni di cui un numero, che ci auguriamo crescente, di cittadini democratici sentono il dovere di farsi carico.

E’ innegabile che il moltiplicarsi di presenze violente, culminanti nella devastazione della sede nazionale della CGIL alla vigilia del voto, ha acuito questo senso di urgenza e anche di identità democratica, costituzionale, antifascista. Il sindacato, pur con le sue pecche, ha saputo cogliere e rappresentare questo momento che potrebbe costituire una svolta in un modo di sentire collettivo. I cinquecentomila di Piazza San Giovanni, i milioni che anche da lontano hanno ascoltato, in primo luogo, le parole di Landini, si sono sentiti rappresentati da esse. Non capitava da molto tempo. Va anche riconosciuto che la presenza di esponenti politici, da Letta a Conte, ha contribuito allo spirito unitario del momento.
Resta la consapevolezza che quanto conquistato in questi giorni deve resistere alla prova dei fatti. La cronaca politica locale e nazionale può facilmente logorare e sbriciolare quanto conseguito in queste giornate di un autunno non proprio caldo. Soprattutto, come disse Mao, viviamo tempi interessanti, in cui rivolgimenti ma anche contraddizioni colossali sembrano irrimediabilmente fuori dalla nostra portata, anche se permeano la nostra quotidianità.

Questa tappa elettorale, e quanto l’ha preceduta, forse presenta l’occasione per un nuovo inizio per la sinistra italiana. Per cogliere l’occasione, i vincenti di oggi dovranno interpretare i bisogni anche di coloro che non vi hanno partecipato. Non basteranno le schermaglie all’interno di una maggioranza parlamentare ridondante che di fatto delega i propri poteri anche costituzionali ad un esecutivo paternalista, soprattutto ligio ai poteri forti che governano il pianeta. Occorreranno analisi puntuali con obiettivi precisi, coerenti con i bisogni di una maggioranza sociale di fatto esautorata, oltre che con una visione largamente prefigurata nella nostra Costituzione. Stimoli utili, anche di linguaggio, provengono dalla sinistra del partito democratico degli Stati Uniti, guidata da Bernie Sanders. In una situazione non dissimile da quella italiana – siamo in una fase trasformativa che accomuna larga parte dell’Occidente – nemmeno per un istante essa rinuncia a denunciare le contraddizioni profonde che dividono il paese e a negoziare, nella situazione data, quanto è possibile ottenere di obiettivi esplicitamente dichiarati.

Disabili, Costanzo (L’Alternativa C’è): “Da INPS atto ingiusto, Orlando intervenga”

 “Il ministro Orlando intervenga subito per correggere l’equivoco interpretativo che il messaggio del 14 ottobre scorso n. 3495/2021 dell’INPS ha generato sull’assegno di invalidità civile.

Togliere l’assegno di invalidità alle persone più fragili è un atto ingiusto”. Lo afferma la deputata de L’Alternativa C’è Jessica Costanzo, che ha presentato in Commissione Lavoro un’interrogazione al ministro del Lavoro e delle politiche sociali sulla questione.
“Con il suo messaggio – prosegue –  l’Istituto modifica inaspettatamente una linea interpretativa risalente al 2008, ritenendo di escludere dal beneficio dell’assegno mensile gli invalidi civili parziali (74%-99%) che svolgono attività lavorativa precaria o parziale ma comunque produttiva di reddito, anche se il reddito è inferiore a quello che è previsto (euro 4.931,29 l’anno) per ottenere la prestazione assistenziale”.
“Si tratta di un assurdo logico e giuridico – conclude Costanzo – che preclude a chi è disoccupato o inoccupato, ma svolge una piccola attività lavorativa  percependo un reddito bassissimo, la possibilità di percepire una prestazione economica istituita proprio per sostenere la  persona disabile che è in cerca di un lavoro stabile e risulta completamente privo di reddito. Per questa ragione abbiamo presentato un’interrogazione in Commissione Lavoro e ci aspettiamo non solo una risposta rapida da parte del ministro, ma anche il ripristino della compatibilità tra occupazione e diritto alla prestazione assistenziale dell’assegno di invalidità civile”.

Indagine Covid, Rossi-Valle (Pd): un punto di partenza per migliorare la sanità

Indagine sull’emergenza Covid-19: mercoledì le relazioni all’esame dell’aula 

Rossi-Valle (Pd): “Il documento racconta le lacune nella gestione della pandemia ma può essere il punto di partenza per riconoscere le criticità e migliorare il sistema sanitario regionale”

“L’indagine sull’emergenza Covid presentata oggi in Commissione Sanità, che sarà sottoposta all’attenzione del Consiglio Regionale mercoledì prossimo, deve essere uno strumento utile per migliorare il sistema sanitario piemontese nel suo complesso e non farci trovare impreparati a future emergenze”. E’ questa la premessa del vicepresidente della Commissione Sanità, Domenico Rossi , e del coordinatore del Gruppo di Lavoro sull’emergenza Covid, Daniele Valle , alla sintesi del lavoro svolto da partire dal luglio 2020. 
“Un anno di indagine ci ha consentito di evidenziare lacune e ritardi nell’affrontare una situazione certamente del tutto nuova ma che avrebbe richiesto risposte più tempestive e strutturate” aggiungono i rappresentanti Dem riportando alcune delle criticità “pensiamo alle evidenti carenze relative alla catena di comando, alle politiche di tracciamento, ma anche al ritardo negli interventi sulle RSA, o all’incertezza nella scelta e nella gestione delle strutture covid, senza dimenticare il problema delle assunzioni tardive”. 
“Tutti elementi, confermati dal confronto con operatori sanitari, sindacati e utenti, che derivano da una catena di comando ridondante e farraginosa che ha tenuto con fatica il controllo della situazione” commentano Rossi e Valle.
“In particolare, lo ribadiamo, il tema del personale è centrale: la scelta di non sostituire le cessazioni di personale assunto a tempo indeterminato, se non parzialmente e con assunzioni a tempo determinato, getta un’ombra inquietante sulla capacità del nostro sistema di recuperare i ritardi sulle liste d’attesa” concludono i consiglieri. 
La commissione odierna è stata anche l’occasione per rilanciare la richiesta di un’informativa urgente sulla missione 6, dedicata alla sanità, del PNRR in Piemonte, considerata la scadenza imminente del 31 dicembre. “Il consiglio regionale – dichiara Rossi – è la sede deputata alla programmazione sanitaria, tanto più di fronte alla disponibilità di risorse importanti e ad azioni innovative che cambieranno la sanità regionale. Nessuno pensi di portare in aula decisioni assunte altrove solo per una ratifica formale”.

 

 

Avetta (Pd): “Osservatorio Torino-Ceres, potenziare il servizio extraurbano.”

«Nei mesi scorsi avevamo richiamato l’attenzione della Regione Piemonte sui disagi e disservizi che colpiscono gli utenti della linea SFMA Torino-Ceres, in particolare i pendolari che da Caselle o Borgaro cercano di raggiungere il centro di Torino, sollecitando l’introduzione di correttivi per migliorare la situazione da qui all’inizio 2023, quando finalmente saranno completati i lavori per il passante ferroviario ed entrerà in funzione il collegamento tra le valli di Lanzo con il centro cittadino. Invece, tutti i problemi paiono essere irrisolti, a Borgaro il servizio navetta è spesso in ritardo o sovraffollato, con i pendolari costretti a “lottare” per accaparrarsi un posto su bus già pieni, con il rischio di non riuscire a salire e rimanere a piedi. Scene che si ripresentano identiche ogni singolo giorno, ormai da troppi mesi, come puntualmente segnalato dall’Osservatorio Torino-Ceres. Per questo ho presentato un’Interrogazione, perché gli abitanti di quei territori non possono soffrire un altro anno e mezzo in queste condizioni, e i viaggi per studio o lavoro non possono trasformarsi in un’odissea quotidiana»: lo afferma il consigliere regionale Alberto AVETTA. «La linea SFMA Torino-Ceres e la Strada provinciale 1 sono le sole grandi infrastrutture di collegamento tra le Valli di Lanzo e Torino. I disagi e i disservizi che continuano a verificarsi sono inaccettabili, una ripetuta mancanza di rispetto verso chi vive nelle vallate piemontesi. Chiederemo alla Regione Piemonte di ascoltare le richieste dei pendolari, potenziando urgentemente il servizio extraurbano, eventualmente inserendo più corse da e per Cirié per sgravare la tratta Caselle-Torino a favore dei cittadini di Caselle e Borgaro. Miglioramenti strutturali del trasporto pubblico locale sono l’unico modo per evitare il riprego da parte dei cittadini sul mezzo privato».

 

Mariotto Segni e la “fake news” del colpo di Stato

Sabato 24 ottobre i riflettori di Rai Storia, il bel canale tematico della televisione di Stato, dedicato all’approfondimento della storia, ha mandato in onda, alle ore 8.50 ed alle 20.20 una intervista di Mariotto Segni, incentrata sul libro da lui scritto ‘Il colpo di Stato del ‘64’.

A Giovanni Paolo Fontana, nell’ambito della trasmissione ‘Scritto, letto, detto’, l’onorevole Segni ha ribadito la tesi che ha illustrato nel testo, ovvero che il cosiddetto ‘Colpo di Stato’ su una gigantesca fake news (oggi verrebbe chiamata in questo modo) e che fu l’inizio di una campagna mistificatoria che ha colpito la Repubblica. Riproponiamo, di seguito l’intervista che Il Torinese.it aveva realizzato a maggio di quest’anno con l’autore, ricca di spunti interessanti che offrono una diversa chiave di lettura della storia recente.

 

Il “Piano Solo’, del quale le generazioni più giovani hanno quasi perso memoria, negli anni Sessanta fu un argomento di grande e delicata attualità. Si trattava di un piano di emergenza speciale a tutela dell’ordine pubblico, fatto predisporre nel 1964 da Giovanni de Lorenzo, durante il suo incarico di comandante generale dell’Arma dei Carabinieri. Nel 1967 L’Espresso uscì con un titolo ad effetto 1964 Segni e de Lorenzo tentarono il colpo di stato’. I giornalisti Lino Jannuzzi ed Eugenio Scalfari sostennero che Antonio Segni, all’epoca dei fatti presidente della Repubblica e de Lorenzo fecero pressione sul Partito Socialista che rinunciò alle riforme ed accettò di formare un secondo governo Moro perché preoccupato dall’attuazione di tale piano.  Poche settimane fa si è tornato a parlare nuovamente di quanto accadde 57 anni fa con un libro di Mariotto Segni, edito per i tipi della Rubbettino, che legge quanto accadde allora da tutt’altra angolazione ed il titolo è eloquente: “Il colpo di stato del 1964 – La madre di tutte le fake news”. L’autore è figlio di Antonio Segni, parlamentare nella Democrazia Cristiana, poi fondatore del Patto Segni dopo un breve transito in Alleanza Democratica, e propugnatore di diverse battaglie referendarie, tra cui quella che portò all’abolizione della preferenza multipla. Dal 2004 non ha più incarichi parlamentari (l’ultimo è stato a Strasburgo) e l’ultima campagna referendaria con Parisi e Di Pietro fu quella stoppata dalla Corte Costituzionale. E’ stato anche docente della cattedra di diritto civile all’Università di Sassari. Nel libro, che è molto documentato e si legge agevolmente, sottolinea che lo scoop dell’Espresso, che diede il via ad una vera e propria campagna di stampa che dipinse la Democrazia Cristiana come un partito golpista, fu in realtà una gigantesca fake news, la prima della storia repubblicana e forse la più imponente. Abbiamo chiesto a Mariotto Segni quale sia stata la genesi del libro e le motivazioni che l’hanno spinto a scriverlo a distanza di tanti anni

“Questo libro è nato in modo singolare e mi si potrebbe chiedere perché non l’ho scritto prima. Tre anni fa, nel 2018, ricorrevano i 40 anni del sequestro e dell’uccisione di Aldo Moro. Nel rileggere i giornali che ripercorrevano la sua vita e la sua vicenda mi capitò di leggere anche alcuni articoli che rievocavano in modo arbitrario le vicende del 1964. Ho effettuato una rilettura attenta degli stessi e mi sono accorto che la narrazione era rimasta sostanzialmente inalterata in 50 anni. Ho lavorato per quasi tre anni e avanzando nella ricerca del materiale mi sono reso conto che era stato raccontato un pezzo di storia italiana con una costruzione falsa. Come documenti mi sono basato sull’archivio Antonio Segni e, per una strana circostanza, a casa ho trovato una cassetta con molte lettere e documenti che poi ho richiamato nel libro e prodotto come allegati. Ma nel rileggere il tutto la scoperta più grande, più significativa e più singolare è stato il costatare come documenti conosciuti erano stati raccontati in modo diverso se non opposto.
All’epoca fece scalpore la proposta di Cesare Merzagora che si propose per guidare un governo di tecnici svincolato da partiti. Certo che i tempi sono davvero cambiati se pensiamo ai governi di Lamberto Dini, su incarico del presidente Scalfaro, o di Monti, nominato dal presidente Napolitano …..

“In realtà quella di Merzagora era una autocandidatura, in realtà è mia convinzione che mio padre non fosse d’accordo su un Governo Merzagora ma pensasse piuttosto ad un monocolore DC”.

Per l’ipotesi di colpo di stato che sarebbe maturato nel 1964 e che indica come una gigantesca fake news ante litteram quale sarebbe stata la ragione alla base ?

“Non saprei dirlo, credo che sia stato il desiderio di un grande scoop. Eugenio Scalfari su ciò ha costruito la sua carriera di giornalista. In ogni caso questo ha influenzato fortemente tutto il corso degli anni Sessanta. Da lì è iniziato il racconto della Democrazia Cristiana golpista. Il risultato di questa predicazione è stata una campagna che dipingeva l’Italia come ad un passo dal colpo di Stato e la Dc come partito pronto a fare il golpe pur di sbarrare la strada al Pci. La narrazione successiva ha poi rafforzato la tesi scalfariana che ha fatto partire tutto dal luglio 1964, con l’azione golpista nella quale sarebbero stati coinvolti il Presidente della Repubblica e l’Arma di Carabinieri.

Antonio Segni era contro il centrosinistra ?

Mio padre non aveva una preclusione politica di principio, riteneva che si dovesse fare più avanti nel tempo e che l’esperienza dei due anni del Governo Fanfani (che aveva l’appoggio esterno del Psi) costituisse un pericolo enorme per il Paese. E non dimentichiamo la preoccupazione angosciata di Guido Carli, l’allora Governatore della Banca d’Italia, cui si aggiungevano quelle della stampa e della Cee”.

Che rapporto ha sviluppato con Scalfari ?

Lui e Repubblica appoggiarono fortemente la prima parte della campagna referendaria, come Montanelli. Con Scalfari c’è stato un buon rapporto ma nella vicenda in questione le sue responsabilità sono evidenti. La campagna sul presunto golpe del 1964 ha fatto molto male all’Italia. Paolo Mieli negli anni Novanta, in polemica con Scalfari disse “Avete dato la spinta psicologica al terrorismo rosso, se dite ai giovani che c’è uno Stato violento si fornisce ai giovani il motivo per rispondere con la violenza”.

Che reazioni ha avuto l’uscita del libro ?

E’ da poche settimane in libreria. Ho sentito parecchi amici che mi hanno detto che riapre il discorso non solo sulla crisi del 1964, ma anche di ciò che è seguito. Mi auguro che sia l’inizio di una revisione storica, di un cammino più lungo”.

Il suo libro si chiude con una interessante appendice di documenti. E tutto o c’è ancora qualcosa da aggiungere ?

In questa pubblicazione ho utilizzato tutto quanto era possibile utilizzare. C’è un punto, però, che ancora non è accertabile ed è quello dell’ipotesi del coinvolgimento del Kgb in questa vicenda. Non è chiaro perché gran parte del materiale che proviene dall’archivio del Kgb e dal Cremlino è ancora ampiamente secretato in quanto è stato consegnato così dal Governo Inglese. Ho chiesto all’archivio storico del Senato ma il Governo italiano è tenuto a seguire le indicazioni di quello britannico”.

Qual è il suo ricordo di Antonio Segni ?

“Con un padre che per tutta la mia giovinezza è stato al centro politico italiano si può essere o contestatori o tifosi e io sono stato un suo tifoso. Era un uomo dal carattere difficile, certamente, ma di grande sentimento e di grande spessore.”

Massimo Iaretti