LIFESTYLE- Pagina 164

Quando la vacanza intelligente è stare a casa

Circa 3 mesi fa, su queste colonne, scrissi a proposito delle vacanze invitando i lettori a non seguire la moda che di anno in anno detta nuovi canoni ma a pensare a ciò che realmente dovrebbero essere: vacanze, dal latino “vacantia”, cioè cose (uffici, incarichi) prive di un titolare perché assente.

Ma guardiamo cosa fa la maggior parte di noi durante le vacanze: anziché approfittarne per imparare qualcosa di nuovo, conoscere nuove culture e nuovi idiomi (o migliorare quelli conosciuti) ci si accontenta di immergersi nella italianità di qualche villaggio situato qua e là nel mondo uscendo, quando va bene, per un safari che ricorda molto quello di Paolo Villaggio nel film “Dove vai in vacanza?”

Se escludiamo qualche uscita fuori dal villaggio, la vita nei villaggi vacanze è identica ovunque ci si trovi: Africa equatoriale, Caraibi, Sardegna, Calabria, Maghreb o Egitto e, cosa ancora peggiore, per non far soffrire la distanza da casa gli animatori sono spesso italiani.

Viene da domandarsi che senso abbia andare a migliaia di chilometri da casa per poi restare chiusi nel villaggio a imparare i balli latino-americani (nella palestra vicino casa l’insegnante era portoricano, qui nel villaggio è italiano), a giocare a pallavolo, subire tornei di burraco e bere alcolici come se non ci fosse un domani perché è tutto “all inclusive”.

Io ho cominciato a viaggiare all’età di 13 anni, ovviamente con viaggi organizzati specie nei Paesi dell’ex patto di Varsavia, ma dopo il pernottamento tutto il giorno si stava in giro a comprendere la vita reale del luogo, musei, negozi, ristoranti, incontrare un dissidente appena rimesso in libertà e, in generale, ogni cosa che permettesse di comprendere davvero la vita e la cultura del luogo.

Col passare degli anni, e l’aumento della curiosità, sono via via andato nei Paesi scandinavi, in Turchia, in Tunisia ed in Marocco, ma sempre limitando la permanenza in hotel al pernottamento e cercando di scoprire cosa vi fosse nelle medine, al Gran Bazar di Istanbul, nei sexy shop di Copenhagen o come si trasformi piazza Jamaa el Fna al tramonto.

Solo viaggiare in questo mondo ci permette di comprendere la diversità e accettarla come confronto, come paragone tra ciò che abbiamo e siamo e ciò che vediamo nel luogo in cui ci troviamo.

Quando nel 1998 arrivai a Dürres, diretto a Shkoder, durante la guerra civile mi meravigliai di come un popolo così vicino a noi fosse così diverso, da non avere corrente elettrica per circa 8 ore al giorno, dove pochissimi avevano la TV, dove il frigorifero era un optional perché la corrente mancava continuamente, dove di notte le strade erano totalmente al buio e dove, quando chiedevi di visitare una località al confine col Montenegro (che allora era parte della Serbia) venivi accompagnato da un autista fornito di Kalashnikov.

Ora non pretendo che tutti abbiano il coraggio o la voglia di visitare un Paese in quel modo, ma solo chi ha visto l’Albania di fine anni 90 può apprezzarne oggi l’ospitalità, la ricettività turistica e la bellezza dei luoghi.

Lo stesso potrei dire di Capo Verde o della Repubblica Domenicana, dove vedi bambini di meno di 10 anni tagliare col machete la canna da zucchero per darla ai turisti in cambio di 1-2 euro, turisti che ignorano che quei bambini sono tutti haitiani, sieropositivi, e che se si tagliano saranno medicati come potete immaginare.

Solitamente i turisti vedono solo quello che vogliono vedere o vanno dove fa loro comodo: dal turismo sessuale nei Paesi asiatici, ai safari per cacciare un animale che non potranno mai importare nel loro Paese o raccogliendo squaletti o sabbia che alla dogana ti verrà immancabilmente sequestrata e perciò dovrai pagare sanzioni “mica da ridere”.

Se non si ha la capacità (o la voglia o l’intelligenza, vedete voi) di visitare un luogo rispettandone non soltanto la cultura e le leggi, ma soprattutto l’ambiente e le consuetudini meglio stare a casa, andare a qualche chilometro da casa magari in bicicletta risparmiando, oltre a soldi e fatica, una figura “da italiano in gita” come canta Paolo Cante in “Bartali”.

Mentre sto scrivendo mi trovo in Catalunya per tenere una conferenza sulla differenza tra erotismo e sesso, tra seduzione edadescamento: ho notato con piacere che i catalani accolgono con piacere i turisti ma sono ancora più felici se i turisti rispettano le tradizioni catalane e si adattano a usi e consuetudini locali.

La cosa incredibile è che ormai tutti cerchino su internet ogni notizia, dalle più importanti a quelle più banali ma pochissimi, in previsione delle vacanze estive, si documentino sui luoghi che andranno a visitare, che ancora meno pensino a frequentare uno dei tanti corsi di lingua straniera almeno per salutare, chiedere una strada, ordinare al ristorante o spiegare un problema al medico dell’ospedale.

Mentre si cerca di sembrare superiori all’interlocutore, sproloquiando in un linguaggio fatto di storpiature (Totò, Peppino e la malafemmina insegna) ed aiutandoci con la nostra tipica gestualità italiana, si viene in realtà presi per i soliti ignoranti che vogliono viaggiare ma non sanno uscire dal condominio, che anche per una vacanza di pochi giorni non vivono se non mangiano pasta, pizza, pane e altre specialità italiane e, in aggiunta, pretendono che tutto il mondo si adegui a loro anziché al contrario com’è giusto che sia; mi reco spessissimo in Francia e, pur conoscendo solo approssimativamente la lingua, ordino in francese al ristorante, dal benzinaio, al supermercato: solitamente mi rispondono istintivamente in italiano. Capita sovente che qualche italiano entri al ristorante parlando esclusivamente italiano e, in aggiunta, con un modo di fare piuttosto buzzurro: chissà perché la stessa cameriera che mi ha trattato benissimo apostrofa i buzzurri con un “Desolé, nous ne parlons pas italien”.

Se proprio fate fatica ad adattarvi al posto in cui vi recate restate in casa perché spesso, anche nel nostro Paese, siete comunque fuori luogo.

Sergio Motta

Onore a Sua Maestà, Re Peperone!

Fervono i preparativi a Carmagnola per la 74^ edizione della “Fiera Nazionale del Peperone”

Dal 1° al 10 settembre

Carmagnola (Torino)

Ci saranno come sempre il “quadrato”, la “trottola” (a forma di cuore con punta leggermente estroflessa o troncata), il “lungo” o “corno di bue” (dal cono molto allungato), il “tumaticot” (tondeggiante e schiacciato ai poli, come un pomodoro) e il “quadrato allungato”. Sono le cinque tipologie che, anche quest’anno, faranno da abito sontuoso a Sua Maestàil Peperone di Carmagnola, cui la città si appresta a dedicare la 74^ edizione della “Fiera Nazionale del Peperone”, la più grande manifestazione fieristica italiana dedicata a un prodotto agricolo, organizzata dalla Città di Carmagnola e prodotta, per la prima volta, da “Puro Stile Italiano” e “Fondazione Reverse”. L’appuntamento è da venerdì 1 a domenica 10 settembre prossimi: dieci giorni in cui la città, capitale italiana del peperone, ricca di storia e antiche tradizioni popolari, si trasformerà in un’unica grande area espositiva di oltre 10mila metri quadrati, con 8 piazze  dedicate (di cui 6 enogastronomiche), 2.500 posti a sedere ed oltre 200 espositori. Fra palazzi storici e musei da scoprire, il programma si presenta come sempre ricco ed allettante. Non solo fiera – mercato della preziosa “pianta orticola” dalle origini sud-americane esportata in Spagna da Cristoforo Colombo nel ‘500, ma anche mostreconcerti e spettacoli con artisti di indubbio richiamo. Per tradizione  nella prima domenica di fiera (quest’anno il 3 settembre) – sarà di scena il “Concorso Mostra/Mercato del Peperone”, riservato ai produttori locali. In concomitanza, sono in programma il “Peperone Day” in tutti i ristoranti, osterie, bar e trattorie nazionali e internazionali che inseriscono, domenica 3 settembre, nel loro menù uno o più piatti preparati con il peperone di Carmagnola, oltre alle premiazioni del contest “Peperone Urbano”: una sfida lanciata dal “Consorzio del Peperone” e dal Comune di Carmagnola a chiunque voglia cimentarsi nella coltivazione biologica del famoso prodotto orticolo nella propria casa, sul proprio terrazzo o nel proprio giardino. Ad essere premiati saranno i primi tre classificati, oltre alle scuole primarie e dell’infanzia che hanno partecipato alla competizione orticola. Quali i luoghi della Città coinvolti? Nel suo complesso, tutto il “centro storico” che diventerà il cuore pulsante della Fiera. La grande piazza Mazzini si trasformerà nella “Piazza dei Sapori”, con il “Mercato dei Produttori del Consorzio del Peperone” e un enorme Ristorante all’aperto, frutto di un’idea geniale del compianto ristoratore Renato Dominici che la ideò, tra gli anni Novanta e i primi del Duemila, per portare alla manifestazione, accanto al peperone, i migliori prodotti tipici del territorio torinese. La storica via Valobra, sotto i suoi portici, ospiterà i produttori. Nei giardini Unità d’Italia, la novità della “cucina regionale pugliese e romana”. Nel Pala BTM, allestito all’interno del “Salone Fieristico”, in viale Garibaldi 29, torna il “Ristorante della Fiera”, dieci cene e due pranzi di qualità con piatti ricercati del Ristorante “La cucina piemontese” di Vigone. Sempre nella zona Salone Fieristico viene riproposto il “Villaggio del Territorio”, progetto di agricoltura da vivere a 360° con numerose aziende del territorio e street-food agricoli proposti in collaborazione con la “Società Orticola di Mutuo Soccorso – S.O.M.S. D. Ferrero”, con il “Distretto del Cibo Chierese – Carmagnolese” e con il “Consorzio del Peperone” di Carmagnola.

Ma alla “Fiera” si potrà anche ballareridere e cantare sotto l’imput di artisti “coi baffi”. Dove? Al “Salotto della Fiera” in piazza Sant’Agostino, da sempre fulcro della vita sociale carmagnolese o al “Foro Boario” di piazza Italia, dove si terrà il “Foro Festival”. Alcuni tra i protagonisti di quest’anno: il comico, attore e conduttore dai mille volti Enrico Brignano (sabato 2Il Foro Festival); Enrico Ruggeri, accompagnato dalla nuova band dei “Supersonics” (domenica 3Il Foro Festival); Marco Ligabue, fratello minore di Luciano, sul palco con le cover italiane rivisitate in chiave rock (martedì 5Il Foro Festival), fino – solo per citarne alcuni – agli indiscussi signori del liscio della “Mirko Casadei POPular Folk Orchestra”, terza generazione dell’Orchestra italiana da ballo più famosa al mondo (mercoledì 6Salotto della Fiera). Madrina della Fiera, l’attrice e conduttrice televisiva Manuela Arcuri. Conduttrice del “Salotto della Fiera”, l’attrice Elena Galliano. Sul palco anche Tinto, al secolo Nicola Prudente, conduttore radiofonico e televisivo, nonché presentatore delle ultime quattro edizioni della Fiera; Paolo Massobrio, giornalista ed esperto enogastronomico; Renata Cantamessa alias Fata Zucchina, giornalista e divulgatrice agroalimentare.

Per info: tel. 011/9724222/270 o www.fieradelpeperone.itOrari Fieradal lun. al ven. 18/24sab. e dom. 10/24

  1. m.

Nelle foto:

–       Fiera Peperone, ed. passata

–       Enrico Brignano, ph. Roberto Panucci

–       Tinto (Nicola Prudente)

–       Mirko Casadei “POPular Folk Orchestra”

La Torino Fashion Week inaugura le sue sfilate a Villa Sassi e al Mercato Centrale

Ritorno in grande stile per gli appassionati di moda della Torino Fashion Week, che si è inaugurata il 26 giugno scorso e si concluderà il 2 luglio prossimo.

La manifestazione, promossa da TModa, con la collaborazione di CNA Torino e il patrocinio della Camera di Commercio di Torino, vede protagonisti le nuove tendenze e i talenti emergenti del settore.

La kermesse è stata ideata da Claudio Azzolini e l’evento, per il secondo anno consecutivo, ha come cornice privilegiata Villa Sassi, la seicentesca villa sulla collina torinese che racchiude in sé oltre trecento anni di storia. Come seconda location è stato scelto il Mercato Centrale. Villa Sassi si è affermata come sfondo per le passerelle del 27 e 28 giugno e per la prima volta sono stati dedicati alla manifestazione un dessert e un cocktail tematici.

Il 28 giugno hanno sfilato nella cornice storica della Villa quattordici stiliste emergenti, tra cui due studentesse dell’istituto Passoni, che hanno presentato abiti realizzati con materiali e tecniche diverse, dalle lavorazioni ai ferri, all’uncinetto, dalla sartoria tradizionale ai materiali non convenzionali come il cristallo acrilico e il ferro lavorati a mano, agli abiti scultura, che quasi quasi confinano con il mondo dell’arte”

“Villa Sassi e la Torino Fashion Week hanno molto in comune – afferma l’ideatore dell’evento, Claudio Azzolini – condividono una storia di rinascita ( a Torino nacque nel 1935 l’Ente Nazionale della Moda e nel 1950 la città sabauda fu la prima a ospitare il Primo Salone della Moda Italiana) . Sono felice che anche quest’anno l’evento si tenga negli splendidi spazi della villa torinese ai piedi della basilica di Superga. In seguito a un passato di grandi fasti, tutte e due hanno attraversato dei momenti difficili. Il loro riposizionamento all’interno del panorama torinese ha richiesto molti sforzi, ma ha anche riservato molte soddisfazioni”.

“La kermesse sarà un viaggio nello stile e noi di villa Sassi abbiamo l’orgoglio e l’occasione di inaugurarla – afferma la proprietaria della dimora seicentesca Patrizia Reviglio – L’evento sarà l’occasione perfetta per celebrare la creatività, l’ingrediente che Alessandro e Roberto, rispettivamente l’Executive Chef e Head Bartender di Cloud9, l’American Bar della Villa, hanno pensato ad hoc per la Torino Fashion Week, ispirandosi sia alle tendenze contemporanee, nel primo caso, sia alla classicità, nel secondo.

Mara Martellotta

Passeggiata in musica con Bandakadabra a Fenestrelle

PASSEGGIATA IN MUSICA 

CON LA MARCHING BAND BANDAKADABRA

sulle

STRADE DEI FORTI

Domenica 2 luglio 16.30 Dal Forte San Carlo a Fenestrelle

PARTECIPAZIONE LIBERA

CARTELLA STAMPA >>

Dopo il grande successo dell’evento itinerante alla scoperta della Pinerolo francese, la proposta estiva dell’Accademia di Musica nell’ambito de Le Strade dei Forti continua con un appuntamento consigliassimo per le famiglie. Domenica 2 luglio alle 16.30 si parte dal Forte San Carlo, la più grande struttura fortificata d’Europa, e si cammina insieme fino al centro di Fenestrelle, accompagnati dagli arrangiamenti originali di Bandakadabra una street band che, grazie all’energia di fiati e percussioni e ad una travolgente verve comico-teatrale, sa coinvolgere il pubblico nel pieno stile street band.

Vantando collaborazioni con artisti come Vinicio Capossela, Arturo Brachetti, Malika Ayane, Willie Peyote e Samuel dei Subsonica, questa surreale pocket orchestra definita da Carlo Petrini di Slow Food fanfara urbana, spazia dalle Big Band anni Trenta alle fanfare balcaniche, con frequenti incursioni nel rocksteady, nello ska e addirittura del drum and bass, in un continuo dialogo con il pubblico che si ispira all’arte di strada, fatto di sketch comici, improvvisazioni teatrali e balli sfrenati.

Il progetto “STRADE DEI FORTI” vede la Città di Pinerolo come capofila di un partenariato che comprende i Comuni di Fenestrelle, Usseaux, Prali, l’Accademia di Musica di Pinerolo, la Fondazione La Tuno, la Fondazione Centro Culturale Valdese, Turismo Torino e Provincia, l’Ente di Gestione delle Aree Protette delle Alpi Cozie. “Paesaggio fortificato, nell’evoluzione del rapporto storico tra il Piemonte e la Francia – Fase 2 – Le Strade dei Forti” è realizzato con il sostegno della Fondazione Compagnia di San Paolo nell’ambito del bando «In luce. Valorizzare e raccontare le identità culturali dei territori – Fase 2» della Missione Creare attrattività dell’Obiettivo Cultura, che mira alla valorizzazione culturale e creativa dei territori di Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta rendendoli più fruibili e attrattivi per le persone che li abitano e per i turisti, in una prospettiva di sviluppo sostenibile sia sociale sia economico.

 

PARTECIPAZIONE LIBERA
In caso di pioggia il concerto sarà spostato in un luogo al chiuso

PUNTO INFORMATIVO UNICO LE STRADE DEI FORTI
Ecomuseo Miniere: tel 0121.806987 | info@ecomuseominiere.it

La creatività corre… di fiore in fiore

FLOWER COLLECTION, OSPITE D’ECCEZIONE

DELL’ECO ART HOTEL STATUTO DI TORINO

Ci vuole un po’ di magia nella vita. Lo sappiamo tutti, tanto che spesso ci affidiamo con innocenza a tradizioni e credenze popolari per circondare di positività il quotidiano. In questi giorni a Torino, da cui scriviamo, abbiamo festeggiato il Santo Patrono San Giovanni, con i rituali fuochi mirabolanti. Per alcuni è stato un dolce piacere preparare anche la purificatrice Acqua fiorita di San Giovanni, resa propiziatoria di buone cose dai fiori lasciati immersi. L’universo fiori: miracolo naturale che si rinnova di stagione in stagione, tripudio di colori e profumi, esplosione di forme e volumi, simbolo vitale di gioia e perenne trasformazione, messaggi simbolici, ispirazione da sempre di artisti e artigiani. Ed eccoci arrivati alla Flower Collection, una nutrita “capsule” artigianale/artistica composta da articoli unici fatti interamente a mano e tutti nel loro genere, attraversati dal leitmotiv tematico dei fiori diversamente interpretati.

Come nasce a Torino Flower Collection? Da una forte volontà unita a passione e talento artigianale. Le autrici e autori hanno aderito con entusiasmo ad una proposta lanciata da Arianna Bonafini, che firma anche una piccola linea di borsette “ARTicoloUNICO – minicapsule collection”, che insieme a Fatto-a-mano, si è fatta entusiasta promotrice di un coeso gruppo artigianale e artistico, che ha appunto assunto il nome di “ARTicolo UNICO – Community” che proprio con tanti pezzi unici, personali ed esclusivi intendono arricchire il panorama artigianale torinese.

Condivisione e aggregazione sincera hanno sin da subito reso questo esperimento sociale e social vincente. Gli artigiani ed artisti vivono la loro creatività in solitudine ma sono tanti i problemi che questi settori vivono ogni giorno. ”Poterli affrontare insieme, cercare soluzioni comuni e poi riunirsi intorno a progetti condivisi è di sicuro una esperienza che incoraggia e ricarica di nuovi stimoli “, ci dice Arianna Bonafini con cui noi di Fatto-a-mano volentieri facciamo questo percorso.

Il passaggio successivo è stato entrare nel vivo della creatività, nel cuore pulsante del talento lanciando il tema floreale che è stato raccolto al di là di ogni aspettativa. E in breve la magia si è fatta realtà. Uno dopo dopo l’altro tanti articoli unici, fiori colorati ed eleganti hanno “vestito” oggetti, accessori moda, opere d’arte componendo come tasselli di un variegato mosaico una “collettiva” di qualità.

Altra magia! Come poterla apprezzare dal vivo? Coincidenza virtuosa. Entra in gioco un nuovo tassello. Le coincidenze non esistono, spesso disegnano realtà impreviste in modo inedito con un destino profondo. Il titolare di un innovativo Hotel di Torino, zona Cit Turin, vicino alla metro e stazione Porta Susa, l’Eco Art Hotel Statuto, ecosostenibile e votato alla promozione artistica, si è offerto di esporre la Flower Collection che ha trovato casa calda, accogliente ed ospitale. Il cerchio magico si chiude al meglio. Abbiamo sempre sostenuto che Torino è anche, e sempre più, città turistica. La sua anima artistico/artigianale, se promossa al meglio, non può che essere un volano efficace, una componente attrattiva per i turisti. L’Eco Art Hotel da sempre si contamina volentieri di talento. Quest’ultima scelta ne è conferma. Da venerdì 30 giugno fino a fine settembre la Flower Collection darà bella mostra di sé negli spazi dell’Eco Art Hotel. Grazie a chi l’ha voluta ospitare.

E’ giunta l’ora di presentare i tasselli del mosaico floreale. Autori e Articoli Unici, fatti a mano con sapienza e convinzione.

Da Onirico Bijoux di Valentina Malcangi grappoli di fiori in orecchini che regalano un tocco cromatico di carattere e che si avvolgono in bracciali al polso con eleganza. Ornamenti che per foggia e leggerezza si addicono molto bene ad impreziosire le ballerine di tango, altra passione di Valentina.

Sono firmate da Tulipanstyle di Francesca Chimento i foulard gioiello a tema floreale: quando l’accessorio riscatta un look. E non solo! Un esempio della maestria ed originalità di Francesca che firma una linea di abbigliamento con un tratto ben riconoscibile e che coniuga comodità e femminilità.

In casa illumina e addolcisce con la grazia dei fiori: è la lampada realizzata da Paola Moltoni, che si accompagna ad altri complementi d’arredo e bijoux fioriti. Una storia che è una passione, quella per la raccolta ed essiccazione dei fiori, che parte da lontano. Declinazioni varie, dalla applicazione manuale alla stampa artistica e digitale. Passato e presente che si congiungono.

Le creative di Santa Pazienza, due sorelle che lavorano a quattro mani, firmano, le “Fiorite”, borsette tricot deliziose, curate con un dettaglio raro e dal sapore finemente retrò: il fiore è parte di un tutto originale. Ogni pezzo si declina e si scompone in più parti: sono borse nelle borse, accessori, spille. Pezzi davvero unici.

Giusi Saitta, in arte Jewelry Mood: collane delicate e versatili che trasformano il mood, l’umore. Abbinate a bracciali ed orecchini tutto in filo gioiello lavorato con sapienza e con attenzione raffinata agli abbinamenti cromatici.

Borsette e corpetti unici. Anche Eliene Dos Santos entra in campo con la sua tecnica. Maestria nell’intessere perle monocolore che, con aggiunta di pochi altri accessori, diventano pezzi unici dall’aspetto luminoso e dalla grande portabilità.

Claudia Rivetti, nei social Clar.o1008 : la nostra mascotte, la più giovane del gruppo. Artigiana molto talentuosa, sta intraprendendo una strada formativa importante e nel frattempo esercita il suo favoloso talento naturale realizzando capi interessanti: da lei shopper di successo!

Macraman, ovvero l’arte del nodo creativo che Jacopo fa suo per accessori anche da ambiente. Sapiente l’uso delle pietre. Trainante l’entusiasmo e la capacità di interpretare il mondo contemporaneo con stile, sia in contesti più raccolti sia nella vivacità dei mercati e mercatini.

Marina Tabacco è un’artista, di ambito pittorico, con una sensibilità al sociale che si ritrova sottesa in tutto il suo percorso artistico: anche il suo contributo, Arte 20×20, parla in questo caso il linguaggio dei fiori. Opere di piccole dimensioni che richiamano i suoi giganteschi carnosi fiori recentemente esposti in una personale.

Di ARTicolo UNICO – minicapsule collection, una shopper che trionfa in originalità. Merito dell’uso sapiente di scarti di tessuti di pregio, ricomposti con gusto, e degli accessori sempre presenti: borsette con spilla.

Valeria Votano, ovvero Vivi Unico con un trio: un acchiappasogni, creazione onirica nel significato e nella leggiadra realizzazione, si accompagna a due lanterne da appendere sempre in lavorazione macramè. Natura e naturalità nelle creazioni di Valeria. Un attaccamento alla terra e ai suoi colori.

L’Arte dei Sogni di Claudia espone pezzi che la rappresentano fortemente: uno specchio, oggetto che per lei ha costituito l’inizio della sua storia artigiana. Ed inoltre un originale quadretto fiorito. Alla base recupero ecologico di legno, in tutte le sue forme ed origini. Attenzione ai dettagli nascosti in ciascuna sua creazione.

Con New Leavings, Chiara ci porta nel suo magico orto, nel suo variegato vivaio: un’esplosione di fiori con uno zaino e un bellissimo grembiule da giardinaggio ci immergono in un mondo attento al recupero dei materiali, dai jeans al tessuto di ombrelli.

Elena Cacciabue, ovvero stampa botanica su tessuto, espone con altri due artigiani, Martina Consoli e Guglielmo Balzari, in un progetto comune; “l’arte di far fagotto” giapponese, portatrice di tutta la sua ancestrale simbologia, si declina nel tradizionale quadrato di stoffa in questo caso stampato naturalmente da Elena che si accompagna a meravigliose ciotole in ceramica e cucchiai in legno intagliato al coltello.

Criptodira (tartaruga), creazioni senza fretta di Maria Cristina: un fiorito completo estivo ci mostra come si può ridare vita ad alcuni capi nel senso della rielaborazione delle forme e del riciclo dei materiali. Completa l’esposizione una particolare borsa marsupio, adatta anche a momenti di danza, con elementi che arrivano dal passato artigianale di Cri che ci insegna anche ad andare con calma come le tartarughe!

Marina Coruzzi , un salto con lei nella natura ancestrale, in riti antichi, millenari ben espressi nel cuscino che presenta in collezione. Ma tante sono le creazioni di Marina, mosaici naturali su legno, stoffe, pelli che compongono il suo “Stagno del sè’”.

Fare pace con se stessi

Il monaco zen, poeta e costruttore di pace Thich Nhat Hanh ci insegna a guarire le ferite dell’infanzia e ad affrontare la vita adulta con serenità

Essere bambini è la fase più spensierata della nostra vita, quel momento in cui ogni parte di noi, almeno in teoria, dovrebbe essere dedicata alla gioia e alla serenità. Spesso è così, l’infanzia ci regala letizia e beatitudine, ma questo periodo dell’esistenza è, sfortunatamente, anche in grado di procurare ferite che ci seguono e ci accompagnano fino in età adulta creando in noi sofferenza e frustrazioni non sempre superabili con semplicità.

L’autore di questo libro, candidato nel 1967 al Premio Nobel per la Pace da Martin Luter King ed esponente del Buddismo Impegnato, che mette insieme le pratiche di non violenza con l’attenzione ai problemi ambientali, cercando di non sottovalutare una problematica tanto complessa e comprendendo a pieno le difficoltà di tale percorso, vuole insegnarci a riconoscere  i traumi dell’infanzia, accettarli e  affrontarli attraverso alcune pratiche accessibili a tutti.

Rabbia, tristezza e paura, che spesso ci impediscono di vivere in maniera soddisfacente la nostra vita da adulti,  devono essere ascoltati con gentilezza e consapevolezza; quel bambino o bambina che è dentro di noi ancora sofferente ci sta chiedendo aiuto e vuole essere soccorso da un passato che lo ha fatto patire.

Thich Nhat Hanh ci insegna a calmare le emozioni dolorose, a lasciare andare, prendendoci cura di noi stessi risvegliando la gioia e accettando a vita così come è. Ci spiega come la meditazione, la respirazione, la camminata consapevole ci possono essere di supporto per ritrovare la serenità e ci dice quanto sia necessario dirigere l’attenzione sul momento che stiamo trascorrendo.

Infine ci invita a comunicare e a confortare il bambino ferito che è in noi, ci spinge ad instaurare un dialogo con lui o lei; secondo il monaco, infatti, è molto importante lasciare andare il passato, è determinante non lasciarci invadere da quel dolore che ancora da adulti ci può condizionare.

La riconciliazione è possibile avendo cura di noi, non facendoci influenzare da cosa dicono gli altri, smettendo di pensare troppo e vivendo il presente.

Molto significative le storie di guarigione, utili le meditazioni e gli esercizi di respirazione per sciogliere la tensione, generare gioia e rendere la mente felice.

Questo Libro, dunque, edito da Terra Nuova, è uno stimolo a guardare dentro di noi con gentilezza e poesia, per vivere in pace nel qui e ora.

Maria La Barbera

La leggerezza del vento e l’attraente delizia dell’invenzione

LIBERAMENTE  di Monica Chiusano

La dolce leggerezza del vento dona vigore alla bonaccia di un tempo incapace di evolversi…. immobile dinnanzi all’inettitudine di inventarsi la creatività del progresso.
Attraente diviene quindi la delizia dell’invenzione, quando dimostra la genialità e la caparbietà di vincere anche laddove tutto sembra morire…

La bicicletta, che storia!

Mai come in questo nostro tempo la bicicletta è diventata modaiola, una moda che abbraccia tutte le tasche ed anzi anche i governi dei vari Paesi europei ne incentivano l’uso con i bonus mobilità. Con lei ci si sposta nei centri urbani, la si usa per fare sport ma tutto questo rientra in un discorso piacevole, accettevole e ben venga !

Altro il discorso di chi la usa in modo improprio, senza regole né attenzione verso coloro con cui condivide la strada. Oggi l’esercito dei ciclisti urbani è sotto gli occhi di tutti, con il beneficio di un tasso di inquinamento decisamente più contenuto ma anche con i disagi che un cattivo uso del mezzo può comportare, qualora non vengano seguite le regole cui ogni mezzo in circolazione deve sottostare ! Ci si riferisce ad andare contromano, sbucare all’improvviso, passare con il semaforo rosso, fare il raso ai pedoni, pedalare sotto i portici e sui marciapiedi cittadini, viaggiare senza fanali ! E succede purtroppo !

Senza voler qui ovviamente ripercorrere la storia della bici oggi più che mai popolare e senza scomodare quel genio assoluto del nostro Leonardo che già nel 1490 aveva pensato e lavorato alla bozza di un mezzo simile alla bicicletta, un dato oggi salta agli occhi : il 26 Giugno 1819 è una giornata storica perchè venne brevettata l’antenata della bicicletta ! L’anno prima il barone Karl Von Drais aveva ideato un prototipo che chiamò ” macchina da corsa” , soprannominata poi Drasina in suo onore. Pesava 22 kg, in legno e acciaio, ma soprattutto era senza freni e senza pedali, quindi la si portava avanti con una veloce camminata, 13 Km all’ora, ma era munita di un manubrio che poteva permettere di sterzare !

Ci vollero ancora 50 anni per vedere la comparsa dei pedali, fatto questo per noi quantomeno impensabile ed incredibile ! E poi il velocipede fino ad arrivare alla bici elettrica ed alla pedalata assistita ed anche la storia di questo mezzo ovviamente continuerà, facendo il suo corso ed adeguandosi ai tempi.

Patrizia Foresto

Kintsukuroi, dal Giappone l’arte di curare e aggiustare

L’usa e getta si è insinuato nelle nostre vite con grande prepotenza. Comodo in alcuni casi, seppur con conseguenze gravissime arrecate al nostro pianeta oramai visibili a tutti, in altri davvero incomprensibile o forse semplicemente insito e proprio delle moderne logiche di mercato che hanno condizionato le abitudini e  creato automatismi nella condotta quotidiana di gran parte delle persone. Non funziona più? Lo butto. Si rompe? Va nel cassonetto, senza appello, senza concedere una seconda possibilità. Il problema, la triste realtà è che l’ approccio al monouso si applica spesso anche alle relazioni, alle amicizie, ai rapporti con le persone e ricucire, in caso di conflitti o diversità,sta diventando sempre più difficile e inconsueto. Quel che si è rotto si è rotto passiamo al nuovo oggetto, cerchiamo nuove amicizie e relazioni all’insegna della perfezione e all’impeccabilità, cancelliamo e abbandoniamo.

Eppure il nostro percorso è fatto anche di delusioni, di ferite e di fratture, gli oggetti così come i rapporti sono per costituzionedelicati e frangibili, possono subire gli effetti del tempo e degli eventi provocando a se stessi crepe, a volte profonde. Il nostro viaggio su questa terra è fatto anche di ostacoli e di difficoltà, l’ideale è un’ ambizione spesso irrealizzabile e persino pericolosache ci espone a sentimenti di amarezza, siamo esseri imprecisi che producono cose difettose.

Dalla cultura giapponese, in netta controtendenza con le corrente vocazione alla sostituzione, ci perviene una vera e propria arte, il Kintsukuroi, che letteralmente vuol dire “riparare con l’oro”. Questo tecnica che mira alla rivalutazione degli oggetti, non soltanto ridandogli nuova vita ma elevandone persino il valore, è un metodo che può essere applicato anche  alle ferite dell’anima, utilizzato per curare le delusioni provocate dal comportamento umano, imperfetto, complesso, spesso contorto e incomprensibile.

Il Kintsuroi è una “metafora”, una filosofia per la vita quotidiana,  utile a farci accettare la fragilità e la vulnerabilità della nostra esistenza, l’unicità che ogni vita o cosa  possiede grazie ai suoi difetti, alle insicurezze, alle manchevolezze che, troppo spesso, ci provocano frustrazioni a causa del mito della perfezione che tanto celebriamo.

Lo psicologo Tomas Navarro, fondatore di un centro di consulenza per il benessere emotivo, ha dedicato un libro al Kintsukuroi dove ci spiega come guardare gli oggetti, così come a noi stessi, con occhi nuovi e dove fa incontrare questa saggia arte giapponese con la filosofia zen e la psicologia occidentale. Attraverso una scrittura gentile Navarro ci insegna come curare le ferite interiori con lo stesso metodo con cui si ripara con l’oro in Giappone, per fare di noi stessi “creature forti e preziose”.

“Ciò che si è rotto può essere ricomposto, la sua apparente fragilità si è trasformata in una forza manifesta”.

Maria La Barbera