ECONOMIA E SOCIETA'- Pagina 665

Intervista a un cervello in fuga

Di    dalla redazione di OFFICINAMAGAZINE.COM

Secondo recenti statistiche solo riguardo ai proventi da brevetto l’Italia avrebbe perso 4 miliardi di euro negli ultimi 20 anni. Il 35 % dei 500 migliori ricercatori italiani nei principali settori di ricerca abbandona il paese. Fra i primi 100 uno su due sceglie di andarsene perchè in Italia non si riesce a lavorare

Daniela Taverna si laurea in Scienze Biologiche nel 1988 all’Università di Torino. Mossa da un particolare interesse per lo studio delle neoplasie, fa domanda per una borsa di studio all’Associazione Italiana Ricerca Cancro (AIRC), la vince e per 9 mesi lavora in un laboratorio di ricerca a Torino, dove inizia le sue ricerche sul cancro, in particolare sui tumori al seno. Per poter portare avanti il progetto AIRC ha necessità di recarsi all’estero e cosi nel 1989 va a lavorare a Basilea (Svizzera), al Friedrich Miescher Institute, dove lavora con Nancy Hynes. Visto l’enorme divario tra i laboratori svizzeri e quelli italiani, dopo 3 mesi decide di non tornare in Italia e di iniziare un dottorato di ricerca rimanendo altri 4 anni all’FMI. Successivamente si reca negli Stati Uniti, al MIT dove lavora con Richard O. Hynes, ricercatore di fama internazionale. Lavora nel team di ricerca del MIT quasi otto anni. Tornata in Italia, tiene corsi di biologia molecolare all’Università di Torino e fa ricerca all’IRCC di Candiolo. Dal 2008 inizia a lavorare all’Istituto per le Biotecnologie (MBC) di Torino. Dal 2010 è professore associato all’università di Torino.

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INTERVISTA                                                                                                                                        

Secondo recenti statistiche solo riguardo ai proventi da brevetto l’Italia avrebbe perso 4 miliardi di euro negli ultimi 20 anni. Il 35 % dei 500 migliori ricercatori italiani nei principali settori di ricerca abbandona il paese. Fra i primi 100 uno su due sceglie di andarsene perchè in Italia non si riesce a lavorare. Cosa pensa di queste statistiche?

Le statistiche sono verissime ed è inutile raccontarci delle sciocchezze. É vero: le possibilità sono davvero pochissime. I giovani eccellenti che hanno voglia di fare, possono fare comunque il loro percorso e a mio parere possono riuscire anche ad avere un posto da ricercatore in Italia. Purtroppo, però, la ricerca in Italia è concepita soprattutto come ricerca universitaria e non ci sono molte alternative di “companies” e di industrie che appoggiano la ricerca, come invece ci sono in Svizzera, Francia, Germania, Stati Uniti. Senz’altro ci sono meno possibilità. Il problema, più che arrivare ad avere un posto di lavoro, è riuscire a fare quello che si vuole una volta che lo si ha. Altrove ci sono più possibilità sia di spazi che di aiuti. Un ricercatore può fare della ricerca solo in un team con gente motivata che faccia parte del suo gruppo, altrimenti da solo non fa niente.

Quali crede siano a suo parere le principali cause della fuga dei cervelli?

Sicuramente il fatto che altrove si è molto più apprezzati e quindi si ha la possibilità di fare questo lavoro. Mentre qui già il fatto che le ricerche siano legate all’università fa si che il lavoro sia inteso come docenza. La ricerca è un di più, marginale. Considerando che i professori in università americane prestigiosissime insegnano pochissimo (30 ore l’anno) e per lo più fanno ricerca, l’Italia rappresenta un’eccezione. Noi arriviamo a insegnamenti di 120,150,180 ore l’anno. Il tempo per la ricerca è sottovalutato e solo negli ultimi 3 o 4 anni, forse, si è inziato a rivalutarne l’importanza.

Quali sono le ragioni che l’hanno spinta ad andare all’estero?

Quando sono andata non avevo un’ idea concreta, ero molto giovane. Non mi ero posta molte domande, ero soprattutto molto curiosa di vedere cosa succedeva fuori e sono andata. Una volta in Svizzera ho capito cosa avrei potuto fare laggiù in quel momento. Negli USA ci sono andata quando ero già adulta totalmente convinta di voler esplorare il mondo della ricerca Americano.

Quali sono le condizioni della ricerca in Italia e quali le prospettive future?

C’è qualche centro che ha delle prospettive notevoli. Fra questi l’IFOM a Milano e istituti equivalenti a Trieste, in Toscana, Napoli, Roma. Anche il nostro centro MBC e l’IRCC di Candiolo sono dei centri dove si fa dell’ottima ricerca. Questi sono, però, poche realtà. Rispetto a 30 anni fa le condizioni della ricerca sono senz’altro migliori, ma rispetto a 10 anni fa sono peggiorate. Il governo e le regioni, infatti, hanno tagliato i fondi per via della crisi economica, e non essendoci molte industrie o fondazioni private che possono finanziare la ricerca, non è facile. Non credo, infine, ci siano molte differenze tra un posto come l’MBC di Torino, l’IFOM a Milano e il MIT in termini di potenziale. La vera differenza riguarda “i fondi” che permettono di tenere delle persone di un certo livello, di acquistare apparecchiature avanzate, organizzare servizi per la ricerca.

Quali studi ha condotto negli ultimi anni e di cosa si sta occupando attualmente?

Abbiamo come sistema tumorale sempre quello del tumore al seno e negli ultimi anni ci siamo dedicati molto anche all’esplorazione del melanoma. Dopo aver lavorato a lungo sui recettori di membrana, abbiamo deciso di dedicarci a una nuova ricerca, ossia allo studio del ruolo di piccole molecole di RNA, chiamate microRNA, nella progressione tumorale. L’idea era quella di andare a cercare degli attori fondamentali della metastatizzazione che non fossero recettoriali ma all’interno della cellula. Negli anni 90, due ricercatori Americani, Fire and Mello, che hanno poi ricevuto il premio Nobel, hanno scoperto i microRNA e capito che, nonostante le loro dimensioni minime, questi piccoli RNA hanno un’influenza incredibile nella fisiologia e patologia delle nostre cellule. Noi, abbiamo provato a identificare dei microRNA particolarmente importanti nell’ “escaping”, ovvero nell’allontanamento delle cellule tumorali dalla massa primaria. Questo è stato fatto in maniera semplice confrontando delle cellule tumorali che erano in grado di muoversi con delle cellule che non lo erano. Ci siamo chiesti semplicemente quanto fosse diversa l’espressione quantitativa di 300-400 microRNA (oggi circa 2000 in totale) nei due tipi di cellule. In questo modo si è scoperta tutta una serie di micro RNA più meno espressi nelle cellule altamente maligne e mobili rispetto a quelle non in grado di disseminare. Abbiamo visto che a seconda di come modulavamo nelle cellule questi microRNA le cellule si comportavano in maniera completamente diversa. Diventavano più o meno migratorie e più o meno capaci di formare metastasi nel topo. Abbiamo analizzato l’espressione dei nostri microRNA nei tumori umani e abbiamo riscontrato i medesimi risultati. Attualmente stiamo cercando di fare qualche tentativo terapeutico. Proviamo a bloccare i microRNA pro-metastatici oppure a rimpiazzare quelli anti-metastatici che sono scomparsi con l’avanzamento della malignità tumorale. Ma, nonostante alcuni risultati soddisfacenti, siamo ancora in una fase di esplorazione, decisamente preclinica.

Qual’è l’aspetto che la affascina di più del lavoro del ricercatore?

Sicuramente la parte intellettuale: il fatto di poter riflettere su un risultato. Trovo estremamente interessante la parte di speculazione, il fatto di immaginarsi un esperimento che possa rispondere all’ipotesi scientifica avanzata in precedenza. Mi piace tantissimo interpretare i dati. Molto spesso, infatti, l’esperimento fornisce una risposta che è molto diversa da quella che ci saremmo aspettati. Mi interessa riflettere sul perché sia diversa per poi pormi nuove domande. La cosa che però più mi appassiona di questo mestiere è il fatto che lo si fa per l’entusiasmo; non perchè si è costretti a farlo o perchè si riceve l’imposizione da un capo. Dico sempre ai ragazzi di lavorare per se stessi e di divertirsi con il proprio lavoro.

Cosa consiglierebbe a un giovane che volesse dedicarsi alla ricerca?

La prima cosa che spiego ai miei studenti al primo anno di università è che non è un lavoro come tanti altri. Non è un lavoro che si fa dalle 9 alle 5 di sera, ma è un lavoro che fa parte della tua vita e richiede un “commitment” notevole. Questo bisogna metterselo in testa da subito. Qualunque tipo di ricerca si voglia fare a livello universitario, bisogna capire immediatamente cosa davvero significhi studiare all’università con l’intenzione poi di fare ricerca. Bisogna da subito procedere con uno studio non solo teorico ma soprattutto applicativo, di laboratorio. Il consiglio più utile che posso fornire è quello di lavorare già agli inizi in laboratori di eccellenza perchè soltanto lì, nonostrante le difficoltà, si può crescere. E sicuramente andare un po’ in giro, non vedere solo una realtà ma tante realtà. Andare a lavorare in più laboratori, in Italia e all’estero fa molto bene.

I 50 della maratona Climathon

Si è conclusa   la seconda edizione del Climathon, la più grande maratona mondiale sul clima, della durata di 24 ore, che quest’anno si è tenuta anche a Torino, presso l’Environment Park. Organizzata nell’ambito dell’iniziativa Climate Kic, il più grande partnenariato tra pubblico e privato, che promuove l’innovazione per un’economia zerocarbon e sviluppa conoscenze e innovazione per la lotta ai cambiamenti climatici, il Climathon è organizzato dal Comune di Torino e Environment Park.

climathon

A Torino i partecipanti sono stati più di 50 suddivisi in 9 team multidisciplinari che hanno coinvolto studenti, start-upper, rappresentanti dell’associazionismo, professionisti ambientali, designer.

Raggruppati su base volontaria in funzione di interessi e mix di skills, hanno prodotto e presentato soluzioni innovative in grado di abilitare processi di economia circolare su scala urbana. I team sono stati supportati per tutta la durata dell’evento dal gruppo di organizzatori ed esperti per spunti e confronti sulla fattibilità, sostenibilità ed innovatività delle proposte. Una giuria presieduta dall’Assessore all’ambiente della Città di Torino Stefania Giannuzzi e da rappresentanti dei diversi partner ha premiato i vincitori per le due categorie in gara.

A pari merito per la categoria di “Redesign di policy” i progetti: “Preferibilmente oggi” che prevede la sperimentazione di una piattaforma territoriale per l’incontro fra domanda e offerta di scarti di cibo e propone un nuovo concept di ristorante “degli scarti” da insediare in centri per la cittadinanza quali le “case di quartiere e “Youtopia” che propone un sistema capillare e ad elevato impatto sociale di centri per il riuso dislocati sul territorio della Città.

Per la categoria “redesign di business” vince il progetto “Oikos” che mira a promuovere la riduzione degli imballaggi monouso per i prodotti ortofrutticoli commercializzati nei mercati rionali tramite un sistema innovativo di condivisione e riutilizzo delle cassette.

Sono inoltre state assegnate due menzioni speciali: per l’innovazione sociale, “RELAND” un progetto formativo che punta a percorsi di sensibilizzazione sulle tematiche del riuso e della resilienza su scala urbana; per l’innovazione tecnica e l’impatto ambientale, “GREEN REBUILD” che punta a creare una piattaforma per la valorizzazione e rimessa in circolo dei rifiuti di materiali edilizi.

Per i progetti vincitori la Città di Torino ed i partner di progetto offriranno un percorso di accompagnamento alla progettazione esecutiva ad hoc. In generale, gli esiti del Climathon costituiranno la base per alimentare il confronto su una strategia urbana a supporto di processi di economia circolare.

 

Rigenera, un protocollo chirurgico innovativo

“Rigenera costituisce un protocollo chirurgico innovativo spiega il dottor Antonio Graziano di rigenerazione dei tessuti umani danneggiati, che si basa sull’utilizzo di un dispositivo medico basato su una tecnologia nata dalla sinergia tutta italiana tra aziende e ricercatori del campo biomedicale. La tecnologia innovativa su cui si basa Rigenera permette mediante i micro-innesti di riparare tessuti e funzioni perse ad esempio dalla pelle, dalla cartilagine o dalle ossa”.

logo_rigeneraIl dottor Antonio Graziano insieme al dottor Riccardo d’Aquino, come lui odontoiatra, sono gli ideatori del protocollo Rigenera. Il dottor Graziano è dottore di ricerca in tecnologie biomediche applicate all’odontostomatologia ed esperto in tecniche biomediche applicate alla rigenerazione tissutale stem cell based.

“Rigenera prosegue il dottor Graziano rappresenta un prodotto tutto italiano che consente l’utilizzo di un protocollo efficace ed efficiente ma al contempo semplice, ottenendo la rigenerazione dei tessuti attraverso il concetto dei micro-innesti. Questi ultimi rappresentano frammenti microscopici di tessuto che, all’interno dello stesso intervento chirurgico, vengono posizionati sulla zona danneggiata. Nell’innesto autologo donatore e accettore sono la stessa persona e la procedura viene effettuata nello stesso intervento chirurgico. L’innesto autologo tradizionalmente presenta due tipi di problemi, di cui il primo di natura chirurgica, rappresentato dal danno che si crea nella zona del prelievo, e il secondo di natura biologica, costituito dalla eventualità che l’innesto non attecchisca nel sito ricevente. Con il micro-innesto siamo riusciti, invece, a ridurre notevolmente la dimensione media dell’innesto fino a farlo coincidere quasi con quelle della cellula, riducendo l’incidenza di questi due problemi. Rigenera fornisce al chirurgo, all’interno del suo ambulatorio, nella sala operatoria piuttosto che in un ospedale da campo, uno strumento efficiente in grado di ottenere micro-innesti a partire da frammenti tissutali del paziente, originati durante l’intervento”.rigene

“L’impiego del protocollo Rigenera nella medicina estetica spiega il dottor Alberto Marino, Sales & Marketing Support di Rigenera è oggi ampiamente avvalorato nel campo della cura della alopecia. Oggi, infatti, si ricorre sempre più frequentemente all’ utilizzo di micro-innesti per risolvere un problema che, nell’uomo come nella donna, crea inestetismi e disagi psicologici. Il metodo più utilizzato prevede l’uso di detti micro-innesti prelevati dalla regione posteriore del cuoio capelluto in cui le unità pilifere sono meno soggetti a processi di involuzione”.

L’azienda che produce il protocollo Rigenera è la HBW, Human Brain Wave. Rigenera a Torino è utilizzato nei presidi ospedalieri delle Molinette e del Cto, in Europa in diversi Paesi tra cui la Spagna e, fuori Europa, anche in Giappone.

Mara Martellotta

 

Multimed srl Presidi Medico Chirurgici, società distributrice di Rigenera

www.multimed.to.it

www.rigeneraprotocol.it

 

Un pacco di pasta per “Un pasto al giorno”

pasto-giornoIl 29 e 30 ottobre 4mila volontari consegneranno un pacco di pasta: un ‘abbraccio’ da lontano a chi non ha da mangiare Torna anche in Piemonte l’iniziativa “Un pasto al giorno”, giunta alla sua ottava edizione. Il 29 e 30 ottobre, i volontari dell’Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII saranno in 1000 piazze Italiane ed estere, e anche nella Provincia di ASTI (a Villanova d’Asti), BIELLA (a Biella città, Gaglianico e Sandiglianico), CUNEO (ad Alba, Barge, Bene Vagienna, Borgo San Dalmazzo, Boves, Bra, Busca, Camerana, Caraglio, Carru, Centallo, Cervasca, Cherasco, Chiusa di Pesio, Clavesana, Cosigliole Saluzzo, Cuneo città, Dogliani, Entracque, Falicetto, Farigliano, Fossano, Limone Piemonte, Manta, Marene, Mondovì, Narzole, Paesana, Peveragno, Piasco, Piozzo, Pocapaglia, Revello, Roata Rossi, Robilante, Roccaciglie, Roccavione, Roddi, Saiceto, Saluzzo, Sampeyre, San Rocco di Bernezzo, Sanfront, Sant’Albano Stura, Santa Vittoria d’Alba, Savigliano, Scarnafigi, Trinita, Valdieri, Vernante, Verzuolo, Vicoforte, Vignolo), NOVARA (a Borgomanero), TORINO (a Castagnole Piemonte, Castiglione Torinese, Chieri, None, Orbasso, Piossasco, Rivarolo Canavese, Rivoli, Rosta, San Giorgio Canavese, S. Giusto Canavese, Settimo Torinese, Torino città), per un totale di più di 120 POSTAZIONI.

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In cosa consiste? Un’offerta libera in cambio di un pacco di pasta da poco più di 100 grammi – una vera e propria porzione, il pasto di un giorno, appunto. Una donazione grazie alla quale la Apg23 potrà continuare a garantire un aiuto agli oltre 41mila fratelli in difficoltà, gli ultimi, che ogni giorno mette a tavola nelle sue oltre 600 realtà di accoglienza (tra case famiglia, Capanne di Betlemme per i senza dimora, Centri nutrizionali) in 38 paesi del mondo. Verrà anche consegnato un piccolo “ricettario antispreco”, con piatti sfiziosi da realizzare utilizzando ingredienti che, solitamente, vengono scartati. Coldiretti ha recentemente calcolato che il valore monetario degli sprechi alimentari ammonta a 12,5 mil iardi, di cui il 54% proveniente proprio dal consumo, il 15% dalla ristorazione, l’8% dall’agricoltura e il 2% dalla trasformazione. Educare al consumo responsabile partendo dalle nostre abitudini in cucina, anche con un ‘tocco gourmet’, è la chiave per creare una nuova cultura. Solidarietà, responsabilità e dignità, dunque, sono le chiavi per riequilibrare questo sbilanciamento, creando da un lato una nuova cultura del riutilizzo e attribuendo dall’altro un’importanza nuova sia a chi ha bisogno di aiuto sia a chi lo sostiene attestando un protagonismo attivo di entrambi e stabilendo tra loro una forte connessione: la fraternità. “Anche attraverso il cibo si realizza la dignità dell’uomo”, afferma Giovanni Ramonda, responsabile generale della APG23 “perché significa affermare e rispettare il diritto al cibo: uno dei diritti umani fondamentali. E ritroviamo questo messaggio anche nel Pontificato di Papa Francesco, che più volte ha individuato nello spreco anche una chiave di lettura metaforica della nostra so cietà. L’eccedenza, la facilità di ‘buttar via’ infatti, è sinonimo di indifferenze ed insensibilità, gli stessi atteggiamenti che portano all’emarginazione di tanti nostri concittadini, lasciati soli ad affrontare i problemi e le difficoltà della vita. Il nostro ‘pacco di pasta’, dunque, vuol essere il simbolo di un nuovo patto sociale, che consente di accrescere se stessi aiutando gli altri, per affermare il concetto di diritto al cibo”. Per maggiori informazioni sull’iniziativa consultare il sito www.unpastoalgiorno.org.

Sandretto, partono 120 lettere di licenziamento

operai lavoro scioperoLe  lettere di licenziamento per i 120 lavoratori della Sandretto stanno partendo, dopo che l’azienda ha respinto la richiesta di sospendere la procedura di mobilità in attesa della decisione del giudice sulla richiesta di concordato preventivo. Commneta l’assessora al Lavoro della Regione Piemonte, Gianna Pentenero:  “è il triste e doloroso epilogo di una vicenda che conferma purtroppo l’atteggiamento di scarsa chiarezza e serietà manifestato negli ultimi mesi dall’azienda.
La Regione  ha fatto tutto il possibile per consentire la ripresa dell’attività produttiva”.  Aggiunge Federico Bellono, segretario provinciale della Fiom: “pare incredibile che l’azienda sia stata sorda anche al tentativo della Regione di prevedere una sospensione della procedura, in modo da valutare le decisioni del tribunale. Anche per questo le istituzioni non devono lasciare cadere ogni possibilità di restituire una prospettiva allo stabilimento e ai lavoratori”.

(foto: archivio il Torinese)

Est modus in rebus

Volutamente ho messo un titolo in latino (una nota sentenza di Orazio, che significa “c’è una giusta misura in tutte le cose”) per le ragioni che capirete più avanti. Quello che sto per esporre, in buona sostanza, è una risposta all’articolo di Luca Ricolfi (Docente Universitario all’Università di Torino) intitolato “Liceo Classico: no, i problema non è il latino”, apparso su “Il SOLE 24 ORE, lo scorso 18 ottobre. Va da sé che diventa anche una risposta ad una lettera appello (di alcuni mesi fa) di Luigi Berlinguer dell’ex Ministro alla Pubblica Istruzione contro l’abolizione della traduzione dal latino e dal greco (la più temuta prova scritta) alla maturità e della conseguente lettera-appello (che ha già raggiunto un certo numero di firme).

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La lettera-appello la scriverei invece all’attuale Ministro della Pubblica Istruzione Stefania Giannini, semplicemente inoltrando queste mie righe. Ho insegnato Matematica e Fisica per più di 20 anni al Liceo Classico di Verbania, ho discusso spesso, qualche volta anche in modo acceso, con qualche collega di materie letterarie. Il collega Ricolfi, che è docente universitario di Psicologia e Matematica a Torino, forse ignora che, sistematicamente, al primo incontro con gli alunni, rivolgevo una domanda che chiamerei “classica” (un gioco di parole….): “Come mai avete scelto il Liceo Classico ?” Ci credete che quasi metà classe, sistematicamente mi rispondeva (beata ingenuità….): “Perché c’è poca matematica, prof !” .Come dar loro torto (al fatto, non al loro criterio di scelta), basta dare un’occhiata al quadro orario (vedi sotto), ancora ufficiale, anche se, in alcuni Licei italiani qualche piccola aggiunta (un’ora di matematica in qualche classe) è stata fatta. Ma se guardate le ore di greco e di latino, in tutte le classi, provate a fare un confronto e datevi una risposta da soli. La mia risposta, di solito era: “E’ vero che ce n’è poca, ma quella poca, si deve fare bene”. Poi, la risposta, dolente e cocente, la scoprivano più avanti, prendendo voti bassi nei compiti di latino e di greco, fino alla “pesante” prova scritta della maturità. Di matematica e di fisica, per la maturità, ne dovevano (e ne devono, io sono ormai in pensione) preparare poca o niente. E così si va avanti, dalla riforma Gentile (1923), prepariamoci a festeggiare la ricorrenza: un secolo esatto. Sono d’accordo di non ascoltare alunni e genitori che vogliono “abbassare l’asticella” cioè rendere tutto più facile, ma non sono assolutamente del parere di continuare di questo passo. E’ tutta la scuola da rivedere e da riformare. Il greco e il latino, saranno pure formativi ma, in pochi anni, la matematica, l’informatica e la fisica hanno fatto passi da gigante: o lasciamo che i pargoli sfruttino solo le applicazioni (smartphone, messaggi e stupidaggini tutti i giorni, a partire dalla scuola elementare): non c’è materia formativa e necessaria più della matematica; lasciamo pure che imparino anche il greco e il latino, sono le radici della nostra civiltà ma …. La culla della matematica la si trova proprio in Grecia e presso gli Antichi Egizi. C’è una misura giusta in tutto, teniamoci aggiornati anche con gli altri modelli europei e piantiamola di fare sterili polemiche. Anche allo Scientifico ci sono programmi e orari da rivedere, cominciando proprio dalla prova scritta di Matematica: i docenti sono costretti a preparare gli inconsapevoli alunni a fare una sorta di gara (talvolta anche con regole sbagliate da chi prepara le prove stesse di maturità), mentre potrebbero dedicare le stesse ore a compiti ben più interessanti e istruttivi. Non tutti coloro che superano la maturità scientifica, si iscrivono ad ingegneria, anzi…. Quando necessario, certi argomenti di matematica possono affrontarli poi all’università. Tornando, in generale, alla preparazione degli studenti, non mi stupisce l’esperienza del Ricolfi, che dice così” Quel che vedo è terribile. Ci sono studenti, tantissimi studenti, che non hanno alcun particolare handicap fisico o sociale eppure sono irrimediabilmente non all’altezza dei compiti cognitivi che lo studio universitario ancora richiede in certe materie…”. Caro collega, non mi sorprende, sono d’accordo con lei; ma mi sembra inutile firmare o non firmare la petizione. Bisogna che, al Governo, al Ministero, comincino a rimboccarsi le maniche!

Elio Motella 

 

Liceo Classico – ORARIO SETTIMANALE

Nella prima riga, la nuova suddivisione; nella seconda la vecchia GINNASIO – LICEO. Alcune scuole usano ancora la vecchia.

 

1

2

3

4

5

 

IV

V

I

II

III

MATERIA       ↓

Lingua e lettere italiane 5 5 4 4 4
Lingua e lettere latine 5 5 4 4 4
Lingua e lettere greche 4 4 3 3 3
Lingua e letteratura straniera 4 4 . . .
Storia 2 2 3 3 3
Geografia 2 2 . . .
Filosofia . . 3 3 3
Scienze naturali, chimica e geografia . . 4 3 2
Matematica 2 2 3 2 2
Fisica . . . 2 3
Storia dell’arte . . 1 1 2
Religione 1 1 1 1 1
Educazione fisica 2 2 2 2 2
TOTALE ORE SETTIMANALI

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27

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Torino e finanza islamica, la storia continua

Pubblichiamo l’articolo scritto per il Torinese da Paolo Pietro Biancone, professore ordinario di finanza islamica, direttore del Centro Studi sulla Finanza Islamica (www.ercif.org) e coordinatore del corso di dottorato in Business e Management dell’Università di Torino

appendino-dubaiLa Città di Torino ospite d’onore al Global Islamic Economy Summit 2016 (Gies), uno dei principali eventi di discussione della finanza islamica, svoltosi a Dubai la settimana scorsa. Lo dimostra anche la programmazione dell’intervento di apertura del Convegno con il sindaco di Torino, Chiara Appendino, che ha parlato di opportunità e di interessi per uno sviluppo comune del territorio.

Con il motto “le buone idee non hanno confine”, Torino ha siglato un accordo con il segretario della Dubai Green Economy Partnership, Fahad Al Gergawi: la Città entra così a far parte dell’organizzazione nata quattro fa negli Emirati Arabi per favorire, nel Medio Oriente e in tutto il mondo, l’adozione e la diffusione di modelli economici che puntino alla riduzione dell’impatto ambientale, all’uso di energie rinnovabili, al riciclo dei rifiuti e, più in generale, all’impiego di tecnologie che spingano i Paesi nella direzione dello sviluppo sostenibile. Nel dettaglio, L’intesa prevede che la Dubai Green Economy Partnership fornisca alla Città di Torino sostegno come partner strategico, diffondendo, mediante newsletter indirizzate ai membri della DGEP, informazioni sulle iniziative dell’Amministrazione comunale finalizzate a favorire la crescita di un’economia a basso impatto ambientale, promuovendo a livello internazionale, soprattutto tra i soggetti fondatori del DGEP, le attività green di Palazzo di Città attraverso campagne di comunicazione, riservando spazi sulle proprie pagine internet e veicolando le notizie con i social network. Dal canto suo, la Città di Torino già partner del green digital chart delle città europee aderenti a Eurocities oltre a fornire analogo sostegno sul fronte delle iniziative di comunicazione sotto ogni forma (web, stampa, campagne di comunicazione), si impegna a presentare a potenziali investitori le opportunità offerte dal settore green economy a Dubai.

Non solo, la Missione è stata l’occasione per ribadire la volontà di collegamento con l’hub di Dubai anche in vista dell’Expo 2020, occasione per la conferma di Torino e del Piemonte come distretto di alto rilievo e qualità nel settore agroalimentare.

Una stretta collaborazione, insomma, tra Capoluogo piemontese e mondo arabo, che si conferma anche con il prossimo Turin islamic economic forum, in programma a Torino il 6 e 7 marzo 2017 e avrà poi un seguito a Dubai nei giorni successivi con incontri volti all’internazionalizzazione di aziende italiane, in particolare torinesi e piemontesi, verso i Paesi Arabi.

L’obiettivo è fare un passo in avanti, dopo aver consolidato i rapporti e la visibilità di Torino come pioniere nell’ambito della finanza islamica grazie anche all’osservatorio sulla finanza islamica che da anni si occupa di studiare il fenomeno. Si cerca di porre le basi per la diffusione della finanza islamica nel contesto nazionale: in tal senso, sarà messo a disposizione di investitori un file di progetti operativi di investimento sul territorio che spaziano da progetti infrastrutturali di ampio respiro quali la metropolitana di Torino, a progetti di real estate a progetti nell’ambito delle industrie dell’areospazio, del biomedicale e del food.Dubai-marina-

I progetti devono essere strutturati con le caratteristiche dell’investimento sharia compliance e con le strutture finanziarie tipiche della finanza islamica quali i Sukuk, e i contratto finanziari tipici che non prevedono interessi (divieto di Riba) speculazione (divieto di maysir) e eccessiva incertezza (Gahrar)

La definizione di questi progetti rappresenta un catalogo operativo di investimenti che si sposa perfettamente con l’approccio di investimento di medio lungo periodo (non speculativo) della finanza islamica. È importante costruire anche un ambiente “muslim friendly” con hotel che presentano alcune accortezze come il menù halal spazi per la preghiera e condizione che possono mettere a proprio agio investitori musulmani. A tal proposito, nascerà presto nel capoluogo piemontese, come spin off dell’Università degli Studi di Torino, il primo ente torinese, e uno dei primi italiani, che avrà il compito di certificare i cibi halal delle aziende italiane, con l’obiettivo finale di esportarli nei Paesi Islamici.

Tutto in sinergia per lo sviluppo e la crescita del territorio. All’asse Torino-Dubai possono partecipare tutti gli attori del territorio: se i progetti di investimento sono validi, questi possono intercettare investitori interessati dalle diverse parti del mondo e dall’Italia stessa. Per informazioni dettagliate, l’Osservatorio sulla Finanza Islamica è a disposizione www.ercif.org.

Per un contatto diretto: paolo.biancone@unito.it

La Mole Antonelliana si illumina contro la Poliomielite

Il Rotary, organizzazione di servizio umanitario con circa 34.000 club in oltre 200 Paesi e aree geografiche, ha fatto dell’eradicazione della Polio la sua priorità assoluta

end-polio-now_2Per il secondo anno consecutivo – in occasione della giornata mondiale per l’eradicazione della Poliomielite – il Rotary Club Torino Lagrange ha organizzato la proiezione sulla Mole Antonelliana del logo internazionale “End Polio Now”. Dalle 18 di ieri 23 ottobre 2016 fino alle ore 2 di questa mattina, è stato proiettato infatti, sulla cupola della Mole (dal lato che si affaccia su via Po), il significativo logo “End Polio Now” affiancato dal conosciuto e autorevole logo del Rotary Internetional. L’idea è nata dalla volontà di associare il simbolo che più rappresenta la città di Torino (la Mole Antonelliana) ad un progetto internazionale di grande spessore come quello della lotta contro il terribile virus della Polio, malattia altamente contagiosa che colpisce soprattutto i bambini in alcune parti dell’Africa e dell’Asia meridionale. L’iniziativa Global Polio Eradication è portata avanti da un partenariato pubblico-privato che comprende, oltre al già citato Rotary International, anche l’Organizzazione Mondiale della Sanità, i Centri statunitensi per la prevenzione e il controllo delle malattie, l’UNICEF e la Bill & Melinda Gates Foundation. foto-con-il-governatoreSubito dopo l’evento, il presidente del Rotary Club Torino Lagrange, Riccardo Ruscalla, ha dichiarato : ” Sono molto soddisfatto del riscontro avuto per questa iniziativa. Il nostro intento è quello di continuare con lo stesso impegno e la stessa tenacia di sempre a sensibilizzare la gente su un progetto così importante, in modo da poter sperare – in un futuro non troppo prossimo – l’eliminazione definitiva di questa malattia in tutto il mondo”. Purtroppo non esiste una cura definitiva per questa malattia, ma con soli 60 centesimi di dollaro un bambino può essere protetto per tutta la vita grazie al vaccino orale. Il Rotary, organizzazione di servizio umanitario con circa 34.000 club in oltre 200 Paesi e aree geografiche, ha fatto dell’eradicazione della Polio la sua priorità assoluta. Dal 1985 fino ad oggi i risultati sono stati sorprendenti e soddisfacenti tanto da poter affermare che nel 2016 si è finalmente vicinissimi all’eliminazione della Polio: le Americhe sono state dichiarate libere dalla polio nel 1994, la regione del Pacifico occidentale nel 2000 e l’Europa nel 2002. Solo in tre Paesi (Nigeria, Afghanistan e Pakistan) non è stata ancora interrotta la trasmissione del poliovirus. Quella di ieri è stata un’iniziativa importante ed ammirevole da parte del Rotary che, ad oggi, grazie alle innumerevoli ore di volontariato dedicate dai suoi membri e grazie anche a circa 1,2 miliardi di dollari donati, ha permesso di immunizzare oltre due miliardi di bambini in 122 Paesi.

                                                                                                          Simona Pili Stella

Europa dei diritti ed Europa dei muri

balcani33Proprio sul filo della frontiera

Il rischio, a furia di vedere immagini di barconi carichi di migranti che attraversano il Mediterraneo, è quello di assuefarsi, di viverlo come una cosa normale. Di perdere di vista il fatto che si tratta di persone in cerca d’accoglienza, di protezione e d’aiuto.

“La strada di un’accoglienza solidale è possibile e va costruita. Oggi più che mai è necessario chel’Agenda europea sulla Migrazione abbandoni l’impianto centralistico e torni a valorizzare il principio di sussidiarietà su cui è basata la politica dell’Ue, tenendo in debito conto i poteri locali e regionali. È quanto mai necessario che gli Enti locali vengano sostenuti economicamente e che siano coinvolti e consultati nell’attuazione delle misure proposte dai Governi e dall’Ue; che si attui una distinzione tra i richiedenti asilo e i migranti per motivi economici; che si potenzi la lotta contro il traffico illegale di esseri umani; che si garantisca l’accesso degli Enti locali e regionali ai fondi nazionali ed europei, come il fondo asilo immigrazione, il fondo sociale europeo e il fondo per le frontiere esterne”. Ne è convinto il presidente dell’Assemblea legislativa piemontese e del Comitato regionale per i diritti umani Mauro Laus che lunedì 24 ottobre ha aperto – al Centro internazionale di formazione dell’Ilo di Torino – il convegno “Proprio sul filo della frontiera. Europa dei diritti ed Europa dei muri”, organizzato dal Comitato in collaborazione con il Centro e l’Associazione italiana per il Consiglio dei Comuni e delle Regioni d’Europa (Aiccre).

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Dopo i saluti del direttore aggiunto del Cif-Ilo Giuseppe Casale si è svolta la prima sessione dei lavori, moderata da Jean Léonard Touadi dell’Università di Tor Vergata, cui sono intervenuti il delegato Unhcr per il Sud Europa Stephane Jaquemet, l’esperta di migrazione per il lavoro Cif-Ilo Miriam Boudraa e il segretario regionale Aiccre Piemonte Davide Rigallo.

I relatori hanno – tra l’altro – messo in evidenza che la Germania, con i suoi 750mila rifugiati, è solamente al diciottesimo posto nella classifica mondiale dei paesi che offrono asilo politico, ampiamente superata da nazioni dell’Africa, dell’Asia e del Medioriente; che è più che mai necessario vigilare sulle politiche del lavoro perché la mancanza di protezione sul lavoro dei migranti allenta anche quelle degli italiani; non solo per tutelare i diritti perché il 72,7% dei migranti che approdano in Europa e che è sempre più necessaria una mentalità d’inclusione dopo che Junker ha preso ufficialmente atto del fallimento dell’Agenda Ue sull’Immigrazione.

Nella seconda sessione sono intervenuti la segretaria generale Aiccre  Carla Rey, il vicepresidente del Comune di Achkout (Libano) George Fahd e il mediatore interculturale e cooperante a Casablanca (Marocco), Lahcen Aalla, che hanno sottolineato l’importanza degli Enti locali per promuovere una cittadinanza all’insegna dei diritti e dell’accoglienza.

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L’impegno del Comitato regionale diritti umani prosegue – fino al 28 novembre – con la rassegna cinematografica “Rights on the movie” con il seguente programma:

  • lunedì 24 alle 21 al Massimo, Samba di Eric Toledano e Olivier Nakache, che narra la storia di Samba, senegalese clandestino che lotta per la regolarizzazione;
  • lunedì 7 novembre alle 10.30 al cinema Monterosa di Torino e in sette sale delle altre province piemontesi (Alessandria, Asti, Candelo, Bra, Novara, Omegna e Vercelli), Fuocoammare diGianfranco Rosi, candidato all’Oscar come miglior film straniero;
  • lunedì 21 novembre alle 20.30, al cinema Romano (Galleria Subalpina), viene proiettato il docufilm Esuli: Tibet di Barbara Cupisti, ambientato in India;
  • ·       lunedì 28 novembre alle 10.30 al cinema Massaua e alle 21 al Massimo La mia classe di Daniele Gaglianone

Il 18 dicembre, inoltre, in occasione della Giornata internazionale del Migrante, al Teatro Vittoria di via Gramsci 4, a Torino, viene proposto lo spettacolo teatrale “La zucca vuota – Storia di un’illusione”, sugli sbarchi clandestini.

CT – www.cr.piemonte.it

foto: Paolo Siccardi

Il Progetto Angelica per Martina di Amatrice

Pangelicarogetto Angelica invita alla cena benefica del 27 ottobre prossimo, alle 20.15, alla Trattoria della Posta, in strada Mongreno 16, a Torino. Il ricavato sarà devoluto a Martina Ciancaglioni, una ragazza di Amatrice che, nel terribile terremoto del 24 agosto scorso, ha perduto famiglia, casa e tutto ciò che possedeva. La serata sarà allietata anche da una pesca di beneficenza con in palio interessanti premi. Tutto ciò è stato reso possibile grazie al contributo e alla generosità di diversi esercizi commerciali che aderiscono all’iniziativa.

Il progetto Angelica nasce per far sì che un team di donne preparate e determinate possano trovare idee per migliorare la situazione professionale femminile attuale e futura. Ancora nella società odierna esiste un evidente numero sottorappresentativo di donne nei centri decisionali e dirigenziali, nonostante si difenda il tema delle pari opportunità. Per esempio nell’ambito del settore legato alle professioni immobiliari le donne si trovano ad affrontare un ambiente spesso ostile, con forti discriminazioni sapientemente nascoste. Le lavoratrici autonome, spesso non iscritte ad alcun ordine professionale, non posso godere di alcun ammortizzatore sociale di fronte a condizioni come la maternità, la malattia o l’assistenza a un familiare.

Mara Martellotta

Per prenotazioni e la cena di beneficenza chiamare il numero 3932531353 o mandare un messaggio su Messanger alla pagina del Progetto Angelica.