ECONOMIA E SOCIETA'- Pagina 664

Laboratori di cucina in carcere, così il cibo aiuta a rieducare

valletteIl cibo come mezzo di rieducazione e inclusione sociale in carcere. È questa l’idea di fondo alla base dei laboratori di cucina per le detenute, promossi e finanziati dalla Consulta delle Elette del Piemonte e organizzati dalla cooperativa Orso.

Dopo Vercelli, l’iniziativa ha previsto un ciclo di incontri all’Icam di Torino. Il sesto e ultimo incontro che si è svolto venerdì 4 novembre. L’Icam è una struttura, ospitata in una palazzina ristrutturata nell’aprile 2015, situata presso la casa circondariale Lorusso e Cutugno e destinata ad accogliere le detenute con figli al di sotto dei 6 anni. Attualmente sono presenti 7 detenute con 9 bambini, di cui uno di appena un mese.

Le consigliere regionali intervenute sono state ricevute dal direttore del carcere, Domenico Minervini, che ha espresso grande soddisfazione per l’iniziativa e ha auspicato la continuazione della collaborazione con la Consulta delle Elette. La visita è poi proseguita all’Icam, dove le elette hanno incontrato le detenute con i loro figli e hanno fatto loro dono di una dotazione di prodotti d’igiene per l’infanzia e di dolcetti, con il contributo anche di un gruppo di consiglieri regionali. Per l’occasione, le detenute hanno preparato e offerto un buffet di stuzzichini e gustosi “finger food”, tema culinario al centro dell’ultimo incontro.

Il laboratorio di cucina si propone come elemento costitutivo di un percorso rieducativo che comprende istruzione, formazione, relazione con il proprio corpo e la propria storia, confronto sociale, anche nella realtà vissuta quotidianamente con le altre detenute, in un ambiente fortemente multietnico. Il percorso di educazione alimentare all’Icam di Torino ha previsto sei laboratori tematici che si sono conclusi con la preparazione di alcune ricette. Gli incontri precedenti sono stati incentrati sulla stagionalità dei cibi e l’importanza della frutta e verdura nella dieta quotidiana, la cucina dell’infanzia fra sapori e ricordi del passato, gli impasti di base per i dolci, la cucina multietnica e gli ingredienti che vengono da lontano e la cucina per bambini per nutrire i piccoli in modo sano e invitante.

ec – www.cr.piemonte.it

Fondazioni liriche, i rappresentanti del Regio protestano a Venezia

Nella giornata del 4 novembre, i lavoratori delle Fondazioni Lirico Sinfoniche provenienti da tutta Italia si sono radunati di fronte al Teatro La Fenice di Venezia per protestare contro l’articolo 24 della legge 160/2016 che prevede una decurtazione fino al 50% della retribuzione, l’assenza di progettualità in ambito culturale e musicale e il declassamento generale dei teatri lirici italiani, realtà famose in tutto il mondo, da parte del Governo.

lirica-protesta

Numerosissimi i lavoratori dell’Arena di Verona, il cui corpo di ballo sta subendo il licenziamento collettivo mentre gli altri comparti sono forzatamente a casa per due mesi senza stipendio. Oltre a loro, presenti i lavoratori del coro, dell’orchestra, del corpo di ballo, i tecnici e gli amministrativi del Teatro La Fenice di Venezia e quelli provenienti dal Comunale di Bologna, dal Verdi di Trieste, dal Teatro dell’Opera di Roma, dalla Scala di Milano, dal Massimo di Palermo e dal Regio di Torino. Il maestro del coro della Fenice di Venezia Claudio Marino Moretti ha guidato il coro del Teatro nell’esecuzione estemporanea del Va pensiero di Giuseppe Verdi e il maestro del coro del Massimo di Palermo Piero Monti si è unito per esprimere la sua solidarietà a tutti i lavoratori. Anche il sovrintendente della Fenice di Venezia Cristiano Chiarot ha dato il suo sostegno ai lavoratori, ospitando sul palcoscenico l’intera delegazione di tutte le 14 Fondazioni Lirico Sinfoniche italiane per la lettura di un comunicato di denuncia da parte delle segreterie nazionali sindacali prima dell’inizio dello spettacolo. Caloroso l’applauso del pubblico presente per la prima mondiale dell’opera Aquagranda di Filippo Perocco al termine della lettura del comunicato.

5 novembre 2016

Il Comitato del lavoratori delle Fondazioni Lirico Sinfoniche

A Torino il centro per la tecnologia sostenibile

POLITECNICOScienza e tecnologia combattono i cambiamenti climatici dopo Parigi 2015 nel rinnovato centro IIT di Torino, con la collaborazione scientifica del Politecnico di Torino

Affrontare la sfida posta dal riscaldamento globale del nostro Pianeta richiede un cambiamento di paradigma, una vera e propria rivoluzione ormai non più procrastinabile. La Conferenza delle Parti COP21 di Parigi (dicembre 2015) ha vincolato 195 Paesi a mettere in campo azioni concrete per far sì che l’incremento di temperatura della superficie terrestre conseguente all’effetto serra sia contenuto ben al di sotto dei 2°C: ora si tratta di capire come raggiungere questo obiettivo.

Lo sviluppo di tecnologie innovative per contrastare il riscaldamento globale è proprio la missione del nuovo Centre for Sustainable Futures dell’Istituto Italiano di Tecnologia (CSF@PoliTo) che svolgerà la sua attività di ricerca anche con la collaborazione scientifica del Politecnico.

La mission del nuovo Centro verrà presentata giovedì 10 novembre 2016 alle ore 10.00 nell’Aula Magna del Politecnico.Nel corso della mattinata, il Direttore del Centro, Guido Saracco, illustrerà le linee guida della ricerca e sviluppo in risposta ai principali problemi di sostenibilità indotti dal riscaldamento globale.

Seguirà quindi una tavola rotonda, nel corso della quale la questione della lotta ai cambiamenti climatici sarà dibattuta con esponenti di alto profilo del mondo della ricerca (Marco Gilli, Roberto Cingolani, Gunter Pauli) dell’industria (Roberto Casula, Agostino Re Rebaudengo, Dario Giordano) e dell’economia (Cristina Balbo, Alessandro Marangoni, Gabriele Galateri di Genola), per formulare infine un messaggio chiaro che possa ispirare i policy makers a farsi parte attiva per la soluzione di queste problematiche.

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Presentazione

Giovedì 10 novembre 2016 – ore 10.30

Aula Magna Politecnico di Torino, C.so Duca degli Abruzzi, 24 – Torino

 

Il programma della giornata su:

http://www.politocomunica.polito.it/events/appuntamenti/(idnews)/8264

Un esempio per tutti noi… (Parte 2)

Due sorelle tra le più povere di Chake

Che la nostra “fiaba reale” abbia inizio….

È più facile meditare che fare effettivamente qualcosa per gli altri. Limitarsi a meditare sulla compassione equivale a optare per l’opzione passiva. La nostra meditazione dovrebbe creare la base per l’azione, per cogliere l’opportunità di fare qualcosa.
(Dalai Lama)

Esempi di ordinaria crudeltà

Un brutto incidente che può capitare a qualunque bambino: cadere di bicicletta e procurarsi una frattura. Nei Paesi ricchi non sarebbe un grosso problema. Ma non è così per chi vive nei villaggi isolati e dove l’ospedale è troppo lontano e troppo caro.

Il Nepal è una terra di estrema povertà e profonde disuguaglianze. Soprattutto per chi vive nelle aree rurali del Paese. Tante ragazze, nate in un piccolo e remoto villaggio, hanno un sogno, quello di studiare e diventare maestre di scuola, ma in un luogo del genere, è impossibile da realizzare.

Storie quotidiane di bambini che vivono nel Terzo mondo, che parlano di diritti negati fin dalla nascita: istruzione, salute, cibo, acqua, uguaglianza sociale. Per loro, queste parole non significano niente.

Ritorno a Kathmandu e al villaggio di Chake.

Com’era la scuola prima dei lavori di ricostruzione….

Guido, Emanuele e Dino si fermano a Kathmandu qualche giorno per organizzarsi e sulla strada che li conduce al villaggio, comprano le turche per i bagni, viti e materiale di ferramenta oltre all’olio per la miscela della motosega (che è stato difficile da trovare). Di nuovo tanti chilometri pieni di disagio ma anche di tanta speranza e buona volontà. Giunti a Chake, vengono accolti dai numerosi bambini che già conoscevano Guido ed Emanuele e, si svolge una cerimonia di accoglienza, al fine di ringraziare per i soldi ed il materiale portati per il progetto di ricostruzione.

La ricostruzione.

La prima difficoltà da affrontare è il progetto stesso di ricostruzione. I tre ragazzi vengono derisi quando illustrano come vogliono procedere, in quanto devono confrontarsi con quella gente semplice e priva d’istruzione. Le persone del villaggio non ritenevano necessario rinforzare il tetto con delle travi di sostegno per non farlo crollare, tanto che avrebbero iniziato a togliere i detriti delle mura diroccate, facendo sicuramente crollare il tetto soprastante e, a quel punto, si rischiava di non poter proseguire nel lavoro di ricostruzione. Guido, Emanuele e Dino dopo diverse discussioni convincono i nepalesi a procedere come da loro indicato, ovverosia rinforzando dapprima il muro a secco con del cemento, tagliare gli alberi di cedro dai boschi intorno, per poi salire al soffitto con il legno tagliato e riparare il tetto.

Per reperire il cemento dal paese vicino di Garjan, era indispensabile ricorrere all’aiuto degli sherpa, uomini dalla corporatura minuta, ma dotati di una naturale resistenza alla fatica grazie alla capacità di crescere robusti ad altitudini dove pochi esseri umani sono disposti a spingersi, anche solo occasionalmente.

Resistentissimi ai disagi e alle fatiche, questi ometti magri, con due gambette che assomigliano a degli stecchi, sono in grado di spalleggiare pesi di 40 o 50 chilogrammi per giorni e giorni, per sentieri che farebbero impensierire una persona senza alcun carico. Gli sherpa contattati, erano disponibili a portare il carico su e giù da Garjan a Chake, tre volte al giorno, per la somma di sei euro.

Durante i lavori di ricostruzione, le donne hanno eseguito i lavori più duri tipo spaccare le pietre per il fondo, con il martello per soli quattro euro al giorno e sette ore lavorative. Le donne mentre lavoravano avevano sempre “dipinto” un sorriso sulle labbra, mentre gli uomini, che svolgevano lavori più leggeri tipo carpenteria per sei euro al giorno, erano sempre taciturni e un po’ scontrosi.

Un altro grande problema è stato quello della lingua.

Come farsi capire dalle persone che collaboravano alla ricostruzione?

La risposta è semplice e piuttosto intuitiva…utilizzando le risorse del nostro corpo, il sorriso, la gentilezza, gli ammiccamenti ed il linguaggio dei gesti…tipo passare l’acqua…alzare il pugno in senso affermativo o negativo… Le posizioni del corpo, i gesti, la mimica forniscono informazioni complementari, di rinforzo comunicativo. La comunicazione non verbale può sostituire quella verbale altrettanto efficacemente, se davvero si vuole raggiungere lo scopo prefissato!

Il codice della comunicazione corporea e gestuale è un codice universale, una sorta di patrimonio ancestrale, riconoscibile da tutti gli esseri umani e pertanto come tale, utilizzabile tra le diverse culture ed etnie.

In sole tre settimane di lavoro la scuola è stata ricostruita! Venti donne e trenta uomini vi hanno partecipato, la cosa un po’ triste e, dovuta all’estrema ignoranza delle persone che abitano quelle lande desolate, è che lo hanno fatto per i soldi e non perché era una cosa da fare. Nei dodici mesi dopo il terremoto non avevano fatto niente, solamente atteso senza assumersi alcuna iniziativa.

 

Il periodo di permanenza in Nepal.

Ogni giorno Guido, Emanuele e Dino si svegliavano presto perché dovevano affrontare un’ora di marcia a piedi ed in salita, prima di raggiungere il villaggio ed iniziare il lavoro alla scuola mentre la sera, al termine di una pesante giornata lavorativa, bisognava rifare la stessa strada in discesa, per arrivare a Garjan al lodge che li ospitava, sudati e martoriati dagli insetti, dove li attendeva una doccia… “particolare”, un secchio di 50 litri di acqua fredda da dividersi in tre, con un pezzo di sapone di marsiglia ed un mestolo.

Per duecento rupie, l’equivalente di circa due dollari, i tre ragazzi occupavano una stanzetta, tipo baita, a Garjan. Nella cittadina, capoluogo della regione, non vi erano canalizzazioni e la corrente era scarsa ed erogata saltuariamente. Anche la comunicazione con le famiglie in Italia era difficile, niente telefono, solo una scheda acquistata a Kathmandu e non abilitata che però permetteva, di tanto in tanto, di fare qualche chiamata (di rimbalzo).

Durante i vari spostamenti ed i lavori di ricostruzione Guido, Emanuele e Dino si fermavano nelle case che circondavano il villaggio ed in quelle lungo il sentiero che la mattina e la sera percorrevano. Spesso venivano accolti ed invitati a rifocillarsi o semplicemente veniva loro offerta una specie di cagliata di latte di bufala appena munta, calda e condita con mosche.

Gil….due occhi vispi ed un sorriso in mezzo al niente…..

Nella maggioranza di queste famiglie i bambini non andavano a scuola non avendo la possibilità di pagare la somma di venti euro, per sostenere le spese annuali. In ogni famiglia il dal bhat costituiva il piatto tipico, riso con poche verdure, mentre i più fortunati potevano permettersi anche l’aggiunta di lenticchie. Il dal bhat viene mangiato tre volte al giorno (colazione, pranzo e cena) mentre le varianti sono scarse e sporadiche (patate, un po’ di frutta, a volte del miele raccolto nei boschi).

Le case di queste famiglie, semplici e spartane, si assomigliavano tutte…un muro a secco, tetti in legno e lamiera, qualche telo di nylon a rattoppare qualche buco fastidioso e tutte, indistintamente, prive di ogni confort, senza cucina né bagno.

Nonostante l’estrema povertà delle abitazioni, le persone di questi nuclei abitativi potevano considerarsi fortunate perché, le famiglie le cui case erano state distrutte dal terremoto, vivevano in baracche costituite da pali, bambù e tele di nylon.

I nostri ragazzi hanno suddiviso le vesti portate dall’Italia tra queste famiglie ed hanno regolarmente comprato riso in Garjan, e lo hanno trasportato quotidianamente nei loro zaini, per poterlo donare di casa in casa.

L’opera umana più bella è di essere utile al prossimo…….   (Sofocle)

Continua domani…

Guido, Dino ed Emanuele torneranno presto al villaggio di Chake in Nepal, la loro “missione” consisterà nel costruire delle semplici canne fumarie e salvare decine e decine di vite, distribuire vestiti, regalare una speranza per il futuro ai bambini di quella zona donando a quanti più possibile i venti euro necessari per le spese scolastiche annuali e tante altre…piccole ma grandi cose… Chi volesse contattarli direttamente per aiutarli nella loro impresa o semplicemente per condividere il loro pensiero può tranquillamente farlo: dinocavedon@libero.it &guido_climb@hotmail.com

dinocavedon@libero.itPer chi volesse vedere tutte le foto ed i video degli articoli degli articoli su Chake ed il Nepal può farlo al seguente link: http://www.astrologiadiplatone.com/blog/2016/10/29/un-esempio-tutti/

https://www.facebook.com/astrologiadiplatone/

www.astrologiadiplatone.com

Fca stima una crescita contenuta del mercato auto in Italia

500x fiatPer Fca si stima una crescita del mercato italiano nel 2017 contenuta, tra il 3 ed il 5 per cento, a causa del rallentamento delle vendite ai privati. Il gruppo industriale ha annunciato  per tutto il mese di novembre una nuova politica commerciale per le Fiat 500 e Tipo, con l’acquisto dell’auto attraverso il noleggio. Fca ha registrato da quattro mesi che  la crescita ai privati è zero e che ” il trend non è esaltante sia per la fine dell’anno sia per l’anno prossimo”.

(Foto: il Torinese)

“Migrazioni: ecco le seconde generazioni”

Scuola di Studi Superiori Ferdinando Rossi dell’Università di Torino  Giovedì 3 novembre 2016 – ore 9:00 Aula Magna del Campus Luigi Einaudi dell’Università di Torino I edizione del Forum Interdisciplinare Ferdinando Rossi

“Il futuro delle migrazioni: uno sguardo alle seconde generazioni” è il tema scelto per inaugurare l’ottavo Anno Accademico della Scuola di Studi Superiori dell’Università di Torino e il primo Forum campus universita 1Interdisciplinare Ferdinando Rossi, ideato e organizzato dagli studenti SSST per proseguire idealmente la vocazione multidisciplinare della Scuola, e allo stesso tempo fornire stimoli nuovi per affrontare una tematica attuale, complessa e stimolante. Aprono il Forum, in programma giovedì 3 novembre a partire dalle 9:00, presso l’Aula Magna del Campus Luigi Einaudi (Lungo Dora Siena 100, Torino), i saluti di benvenuto del Rettore Gianmaria Ajani, Presidente della SSST Ferdinando Rossi, di Enzo Lavolta, Vice Presidente vicario del Consiglio Comunale della Città di Torino, e del prof. Vincenzo Ferrone, Consigliere della Compagnia di San Paolo. A seguire, il Vicepresidente della SSST prof. Alessandro Zennaro, delineerà le prospettive di crescita e svolta della Scuola che a oggi conta 110 studenti e 72 laureati. La Scuola – che è pronta per avviare la richiesta di accreditamento iniziale presso il MIUR – affianca e integra il percorso degli studenti di tutti i Corsi di Laurea dell’Ateneo torinese, offrendo 19 corsi di eccellenza dedicati a temi di forte impatto socio-politico, affrontati integrando scienze umane e della natura, con particolare attenzione allo sviluppo sostenibile e al riconoscimento del merito. Grazie infatti al contributo di MIUR e Compagnia di San Paolo, gli studenti che rispettano i criteri di frequenza e profitto richiesti sono ospitati gratuitamente nelle residenze universitarie, oltre a fruire del rimborso delle tasse universitarie e di un contributo annuale per lo studio (calcolato in base alle fasce di reddito). Il Forum entra nel vivo con la Prolusione accademica per la classe di Governo e Scienze Umane, affidata alla prof.ssa Catherine Wihtol de Wenden dell’Università Sciences Po di Parigi, specialista nella migrazione internazionale, per venti anni ha condotto studi sul campo ed è stata consulente per l’OCSE, il Consiglio d’Europa, la Commissione europea e l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati. Wihtol de Wenden parlerà delle nuove forme di Cittadinanza del 21° secolo, con un approfondimento sul caso francese. Il prof. Bruno Mazzara dell’Università La Sapienza di Roma, per la Prolusione accademica dedicata Scienze Naturali parlerà invece di “Famiglie migranti e nuove generazioni di italiani come laboratori di intercultura”, spiegando come nella società prevalgano oggi logiche di rifiuto, integrazione assimilativa o sofferta convivenza multiculturale, piuttosto che logiche di arricchimento interculturale. Conclude la mattinata l’intervento del prof. Pier Luigi Branca dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano con alcune riflessioni – frutto dell’esperienza di vari decenni – sulle “identità plurali dei giovani arabi in Italia”. Branca porrà l’accento sulle profonde trasformazioni vissute dalle seconde generazioni – bambini e giovani nati in Italia o arrivatici in tenera età – nelle loro relazioni con l’ambiente d’origine e la società d’accoglienza; e su quanto siacampus universita 2 importante fornire strumenti culturali adeguati alle agenzie educative tradizionali come la scuola e l’oratorio. I lavori del Forum riprendono dopo la pausa pranzo, alle 14:30, con l’intervento della dr.ssa Viviana Premazzi, ricercatrice presso l’Università di Torino e FIERI (Forum Internazionale ed Europeo di Ricerche sull’Immigrazione), un focus sui “Talenti mobili”, ovvero le seconde generazioni di migranti e gli studenti stranieri che – grazie al programma Erasmus – arrivano in Italia: è fondamentale il ruolo che potrebbero giocare nel processo di internazionalizzazione dell’Università, una vera e propria risorsa da spendere per creare un ponte per lo sviluppo di relazioni istituzionali, progetti e business transnazionali. Il prof. Marco Aime dell’Università di Genova parlerà in chiusura del “razzismo culturale”: da quando la moderna genetica ha decostruito il concetto di razza, come veniva declinato nel Novecento, le nuove frontiere della discriminazione e dell’esclusione si sono spostate infatti sul versante della cultura. Termini come ”radici”, ”popolo”, ”tradizione” che abbondano nelle retoriche dei movimenti e partiti xenofobi, richiamano al legame ”terra e sangue” di triste memoria, riducendo l’individuo a una sorta di vegetale dominato dalla natura e privo di scelte. Di fatto siamo di fronte a un razzismo senza razza, a una forma di fondamentalismo culturale. Ingresso libero.

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L’evento, realizzato anche grazie al contributo di Rotary Club Torino, sarà trasmesso in diretta streaming su www.unito.it/media Per informazioni: forumferdinandorossi.altervista.org e www.ssst.unito.it La SSST Ferdinando Rossi si avvale del sostegno di MIUR e Compagnia di San Paolo.

Psoriasi, “open day” a Torino

LA DIAGNOSI PRECOCE È FONDAMENTALE PER INIZIARE UNA TERAPIA CHE PUÒ CAMBIARE LA QUALITÀ DELLA VITA. SABATO 5 NOVEMBRE, BASTA PRENOTARSI AL NUMERO 800.625.043CI SARANNO ANCHE ESPERTI DEDICATI ALLA PSORIASI NEI BAMBINI

 

torino_ospedale_san_lazzaro«La Psoriasi è una patologia estremamente diffusa e nota da sempre ma il nostro atteggiamento è molto mutato in questi ultimi anni, sia per quanto riguarda la valutazione della eziopatogenesi, sia per quanto riguarda la prognosi: se prima era considerata la “malattia dei sani”, adesso ha acquisito la giusta considerazione di patologia sistemica, con coinvolgimento corporeo multidistrettuale. E’ fondamentale pertanto  eseguire  una diagnosi precoce perché questo consente di iniziare tempestivamente le terapie disponibili, che possono sensibilmente migliorare la qualità della vita ed evitare le complicanze. Anni fa esistevano solo le medicazioni topiche e questo significava lunghi periodi di ricovero mentre adesso abbiamo a disposizione nuovi farmaci sistemici, molto efficaci nella gestione della malattia psoriasica. Adesso è possibile condurre una vita normale di relazione e lavorativa». L’appello a non sottovalutare i campanelli d’allarme al fine di una diagnosi precoce è della professoressa Maria Teresa Fierro, Direttore della Struttura Complessa di Dermatologia Azienda Ospedaliero – Universitaria Città della Salute e della Scienza di Torino. Per venire incontro alle esigenze dei pazienti sabato 5 novembre dalle 9,30 alle 13 e dalle 14 alle 16,30 si potranno incontrare i dermatologi con visite gratuite per un Open Day dedicato interamente alla psoriasi. E’ necessario prenotarsi chiamando il numero gratuito 800.625.043 (dal lunedì al venerdì dalle 9 alle 17). Le visite si tengono al Presidio San Lazzaro in via Cherasco, 23 – Padiglione rosa, piano terra, ambulatori visite. Se si ha già avuto una diagnosi di psoriasi ma non si è seguiti dal servizio dedicato all’interno del San Lazzaro o si sospetta di soffrire di psoriasi è possibile chiedere un consiglio. L’Open Day è una buona occasione ed è rivolto in particolare ai pazienti affetti da psoriasi, che non hanno mai intrapreso nessuna terapia sistemica. Alcuni esperti si dedicheranno in particolar modo alla psoriasi nei bambini.

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L’appuntamento con l’Open Day Psoriasi e le visite specialistiche gratuite (su prenotazione) a Torino è per sabato 5 novembre dalle 9,30 alle 13,00 e dalle 14,00 alle 16,30 al Presidio San Lazzaro, Azienda Ospedaliero-Universitaria, Città della Salute e della Scienza di Torino (via Cherasco, 23) Padiglione rosa, piano terra, ambulatori visite. Per prenotarsi e per ulteriori informazioni, chiamare il numero verde 800.625.043 a disposizione dalle 9.00 alle 17.00. Per saperne di più andare sul sito: www.openday2016.com. ‘Open Day’ è una iniziativa realizzata da Caregiving Italia con il contributo incondizionato di Pfizer.

Paideia a Paratissima: “weekend stellare”

Dopo l’esperimento riuscito della scorsa edizione, nel 2016 Paratissima e Fondazione Paideia sono tornate a collaborare per realizzare un progetto in cui i bambini della Fondazione Paideia e gli artisti di Paratissima potessero lavorare insieme per creare delle opere d’arte da esporre nella XII edizione della manifestazione.

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Così è nato il “weekend stellare”: quattro artisti e sei famiglie hanno trascorso un fine settimana ad Avigliana, nella splendida cornice della Certosa 1515,  giocando con stoffe, pennelli, colori e plastilina e realizzando insieme sculture, quadri e installazioni artistiche che rispecchiassero la fantasia e la sensibilità dei più piccoli. Genitori e bambini si sono immersi nell’atmosfera di Paratissima trasformandosi in artisti a tutto tondo, vivendo un’esperienza ricca di sorrisi ed emozioni, in cui l’arte ha svelato tutto il proprio potenziale ludico ed educativo.

Insieme a Saro Puma i bambini hanno dipinto su grandi fogli con pennelli, stencil e timbri, realizzando tanti tasselli che hanno dato vita a una storia collettiva. Francesca Lupo invece, ha condotto i piccoli artisti alla scoperta di come le scatole vuote possono trasformarsi in stanze da arredare, dipingere e riempire di oggetti e figure. Con Daniele Accossato grandi e piccini hanno viaggiato nello spazio, realizzando fantasiose costellazioni con la plastilina, e con Nazareno Biondo sono entrati nello studio di uno scultore per modellare fantasiose maschere in terracotta.

Le opere realizzate saranno esposte in anteprima a Paratissima12 a Torino Esposizioni (corso Massimo D’Azeglio 15, Torino) dal 2 al 6 novembre, all’interno di una sezione speciale dedicata. La presentazione della mostra è prevista per sabato 5 novembre alle 16 presso l’area incontri.

Un esempio per tutti noi… (Parte 1)

platone-1Vi voglio raccontare una storia reale che coinvolge tre giovani italiani, artefici di una bella fiaba, in stile moderno. La speranza è che leggendo le righe che seguiranno, ognuno di noi, possa trovare dentro il proprio animo, una forte motivazione a cambiare una brutta tendenza della civiltà odierna, quella di ignorare i problemi del mondo reale che ci circonda e, magari, a ritrovare quello spirito di solidarietà ed umanità che è la base di ogni società che si possa definire…civile! L’esempio di questi ragazzi, dovrebbe essere uno sprono alla rinascita del buon sentimento e far sì che l’essere umano trovi la forza per aiutare il proprio simile e vivere in questo pianeta nel rispetto della propria dignità umana e nell’amore reciproco. Vi sembrano parole gettate al vento? O magari discorsi di un idealista senza speranza e forse anche un po’ retorico? Sinceramente non lo credo, non erano i nostri avi forse più solidali e fraterni e condividevano ciò che avevano senza altro fine che la mera e genuina solidarietà? E per loro il menefreghismo, grande piaga della società di oggi, era una parola dal significato oscuro e priva di ogni logica….

La prima volta che incontro Dino e mi racconta la sua avventura, subito mi viene in mente il libro “Tre Tazze di Tè” di Greg Mortenson, americano appassionato di alpinismo che si smarrisce su un ghiacciaio del Pakistan e che viene accolto in uno sperduto villaggio, affidandosi alle cure degli abitanti. Quando Mortenson riparte, promette di tornare e, per sdebitarsi, costruirà una scuola nel villaggio. Al fine di realizzare quella promessa metterà in gioco la sua intera vita, il lavoro, gli amici e persino la casa. Osteggiato in patria per la sua ostinazione a voler istruire “futuri terroristi”, come pensano molti americani, facendo di ogni erba un fascio, Mortenson è riuscito a realizzare il suo progetto ed a costruire altre 49 scuole dopo la prima. Tratto da Tre Tazze di Tè

I nostri tre ragazzi italiani, senza neppur conoscere l’eco dell’impresa di questi americano, hanno intrapreso e realizzato qualcosa di speciale ed unico, un’impresa da….. “libro cuore”.

Ciò che abbiamo fatto solo per noi stessi muore con noi. Ciò che abbiamo fatto per gli altri e per il mondo resta ed è immortale. Harvey B. Mackay

Lasciate che la musica e le parole della canzone di Sade – Pearls (Live 2011) entrino nei vostri cuori. Ci racconta una storia fatta di poesia e di dolore, triste ma intrisa di genuino sentimento…basata sullo stesso sentimento con il quale Guido, Emanuele e Dino, hanno piantato un germoglio nel cuore del lontano Nepal…questo germoglio per crescere ha bisogno dell’amore di tutti noi….senza amore il germoglio potrebbe appassire….Hallelujah…..

There is a woman in somalia……..C’è una donna in Somalia che raschia le perle sul ciglio della strada….c’è una forza più forte della natura che mantiene la sua volontà in vita…ecco come sta morendo, sta morendo per sopravvivere. Non so che cosa ha fatto per meritarsi questo, mi piacerebbe essere quella coraggiosa…Piange il cielo sopra… Vi è una pietra nel mio cuore. C’è una donna in Somalia, il sole non le dà nessuna pietà …le ustioni alle ossa…finché l’ombra del tardo pomeriggio la farà tornare a casa….ogni grano accuratamente avvolto…perle per la sua bambina…Hallelujah Hallelujah ….Piange il cielo sopra….. Vi è una pietra nel mio cuore….Vive una vita che non ha scelto…..e fa male……

Che la nostra “fiaba reale” abbia inizio….

Dobbiamo immaginare di fare un viaggio in Nepal, una delle dieci nazioni più povere del mondo, un paese fatto di tante, troppe storie di povertà, e di comunità misere ed emarginate. Qui la spesa sanitaria è a livelli estremamente bassi e la disparità di classe nella ripartizione della ricchezza, è tra le più alte del continente asiatico. Lo spaventoso terremoto dell’aprile del 2015, ha lasciato ferite profonde e difficili da rimarginare, la maggior parte della popolazione è costretta ad emigrare nella speranza di trovare un lavoro ed i grandi proprietari terrieri, sfruttano i loro concittadini, dando salari da fame. I “dalit” (o paria), la casta più povera del sistema sociale e religioso induista, sono costretti a vivere in condizioni miserevoli, a loro spettano i terreni meno fertili e il raccolto non è mai sufficiente per sfamare tutti.

Guido Capozzo di Schio, amante della montagna e del massiccio himalayano, va ben sei volte in Nepal negli ultimi dieci anni e, proprio durante l’ultimo viaggio a Kathmandu, compiuto in compagnia dell’amico Emanuele Sbado incontra Chattra, titolare di un’agenzia di trekking, che gli parla del villaggio dove prima viveva, in una valle sperduta e quasi inaccessibile a circa trecento chilometri dalla capitale Kathmandu. Chattra racconta le condizioni di vita della gente che popola il villaggio e delle difficoltà in cui sono caduti dopo il terremoto che ha devastato la regione nel 2015. Immediatamente nasce in Guido ed Emanuele il desiderio di andare a vedere di persona tanto che nel dicembre del 2015, coinvolgono il ragazzo nepalese e partono insieme alla volta del villaggio. Il terremoto ha aggravato una situazione già precaria e la stessa Kathmandu soffre ancora degli effetti del sisma. Fuori dalla capitale lo scenario è terribile: villaggi ancora isolati tra loro e dal resto del mondo ma sovrappopolati e in situazione di grave povertà. Non c’è elettricità, acqua corrente, strade e il medico più vicino si trova, nella maggior parte dei casi, ad alcuni giorni di cammino anche a causa della mancanza dei mezzi di trasporto. 

Un viaggio fatto da strade fatiscenti e prive di ogni confort, di cui l’ultimo tratto viene percorso a piedi, essendoci un unico sentiero, che dalla sottostante cittadina di Garjan s’inerpica nella montagna, sino ad arrivare ai 2200mt di altezza di Chake. Il villaggio, situato in una valle adiacente a quella dell’Everest, è di piccole dimensioni, popolato da qualche centinaio di anime e, durante i due mesi monsonici, rimane isolato dal resto del mondo. (La scuola di Chake si trova ad un’ora di cammino da Jiri bazar nei pressi di Garjan).

Guido Capozzo con due bambine di Chake

Emanuele Sbado e l’allegria della semplicità!!!

Il villaggio di Chake.

Guido ed Emanuele sentono l’odore del villaggio già prima di arrivarci, in quanto il fumo del ginepro e il puzzo di un’umanità poco avvezza all’igiene personale, stridono con la purezza dell’aria di montagna e sono, a tratti, soffocanti. Allorché raggiungono la soglia del villaggio, lo scenario che si presenta ai loro occhi è costituito da un piccolo e semplice gruppo di case con tetti in lamiera e muri costruiti a secco e da un gruppetto di persone anziane che siedono tranquille al sole fumando una di quelle loro pipe pittoresche. I meno vecchi lavoricchiavano ad un telaio o filavano la lana con gesti misurati e competenti di chi ha eseguito un’operazione sin da bambino, mentre due ragazzi seduti da una parte, si spidocchiavano con meticolosa tenerezza. In quei villaggi di montagna molte persone hanno il gozzo o la cataratta, mentre i bambini soffrono di malnutrizione.

I due italiani si rendono subito conto di persona della povertà dirompente e delle misere condizioni di vita degli abitanti e chiedono ansiosi di poter vedere i resti della scuola, distrutta dal terremoto del 2015. Una processione di bambini, donne e uomini minuti e mal vestiti li conduce sul luogo. La scuola è praticamente distrutta, a parte un muro a secco che ne rappresenta il perimetro e che deve essere aggiustato e rafforzato mentre il tetto, miracolosamente ancora in piedi, è in una discreta condizione e forse potrebbe essere riutilizzato. Gli abitanti in seguito al disastro, avevano creato una struttura provvisoria e fatiscente adiacente alla scuola distrutta, in legno e lamiera dell’altezza di circa un metro e mezzo, dove una trentina di bambini seguivano le lezioni dei tre insegnanti locali, due donne ed un uomo.

Guido ed Emanuele s’impegnano immediatamente cercando di rendersi utili impartendo un piccolo corso di inglese ai bambini che frequentano la scuola provvisoria (anche poche parole possono essere utili per dare una speranza di lavoro nel futuro,) prima di tornare a Kathmandu dove li attende l’aereo del ritorno. Durante il volo, partorisce l’idea della ricostruzione della scuola di Chake, ed i due amici si confrontano e ne discutono per tutta la durata del viaggio, appassionandosi sempre di più a quell’idea.

Al rientro in Italia

A Vicenza incontrano l’amico Dino Cavedon e gli raccontano la loro esperienza. Dino, che aveva già fatto volontariato in Ecuador ed in Cile, si entusiasma immediatamente al progetto ed i tre amici decidono di raccogliere i soldi ed il materiale necessari per ricostruire la scuola e dare un piccolo contributo a migliorare la situazione nepalese, ormai dimenticata dai media, passato il periodo dello scoop emergenziale. Le scuole in Nepal sono poche, lontane dai villaggi ed i bambini devono camminare spesso per chilometri prima di raggiungerle. L’ottanta per cento delle donne è analfabeta, gli orfani a causa del terremoto sono migliaia e centinaia di famiglie non hanno più una casa.

Dino Cavedon gioca con una bambinetta del villaggio

Guido fa stampare un libro, una sorta di album fotografico, per raccogliere dei soldi, con la speranza di poter vendere tutte le copie per ricavare quei pochi soldi necessari alla realizzazione del progetto che andrebbero ad aggiungersi all’impegno lavorativo personale dei nostri ragazzi. I tre amici sono animati da uno straordinario spirito di altruismo e sono convinti di poter ricostruire la scuola semi distrutta dal terremoto nel remoto villaggio di Chake. Credono di poter riparare il muro a secco che ne costituisce il perimetro e di recuperarne il tetto di legno e lamiera, ancora abbastanza sano, per non perdere troppo tempo inutilmente ma, il problema che subito si pone, è come portare il materiale e come fare i lavori in quel luogo disagiato e senza elettricità. L’attrezzatura indispensabile alla ricostruzione si riduce ad una motosega a scoppio per tagliare gli alberi oltre al materiale di ferramenta ed edile, da reperire in loco ma, quando la compagnia aerea viene interpellata, si trovano difronte al primo grande problema. La risposta alla richiesta di mettere in stiva la motosega, indispensabile per i lavori al villaggio, è scoraggiante: “ci spiace ma non è possibile, è contrario alle norme di sicurezza”! I tre ragazzi non si perdono d’animo, decidono di smontare in toto la motosega e di rimontarla in loco. Ne impacchettano accuratamente i vari pezzi e la mettono in stiva dentro il bagaglio. A disposizione hanno trenta chilogrammi di bagaglio a testa di cui circa settanta chilogrammi costituiscono il peso dei vestiti comprati al fine di donarli a quelle povere persone. Nessuno si accorge che hanno imbarcato “clandestinamente” la motosega e così la prima (assurda) difficoltà burocratica/legislativa è stata superata con un pizzico d’ingegno e di audacia, ma come fare ad organizzarsi?

Continua domani…

Guido, Dino ed Emanuele torneranno presto al villaggio di Chake in Nepal, la loro “missione” consisterà nel costruire delle semplici canne fumarie e salvare decine e decine di vite, distribuire vestiti, regalare una speranza per il futuro ai bambini di quella zona donando a quanti più possibile i venti euro necessari per le spese scolastiche annuali e tante altre…piccole ma grandi cose…

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Chi volesse contattarli direttamente per aiutarli nella loro impresa o semplicemente per condividere il loro pensiero può tranquillamente farlo: dinocavedon@libero.it & guido_climb@hotmail.com dinocavedon@libero.itPer chi volesse vedere tutte le foto ed i video degli articoli  su Chake ed il Nepal può farlo al seguente link: http://www.astrologiadiplatone.com/blog/2016/10/29/un-esempio-tutti/

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“Cambiare se stessi” per “modificare gli altri”

decarolis2La comunicazione è una cosa semplice che si trasforma in complessa non appena diventa a due vie, cioè quando ci relazioniamo con qualcuno il cui feedback determina il raggiungimento o meno del nostro obiettivo.

di Antonio DE CAROLIS

 

Talvolta ci capita di sentire: “Quella persona è davvero antipatica, non capisco come possa fare quel tipo di lavoro con quel brutto carattere … ” oppure “Non immaginavo fosse così scortese, tutti ne parlano bene…”Pareri discordi o persone con doppia personalità? Niente di tutto ciò, probabilmente si tratta solo di “incontri ravvicinati tra persone che, in quel preciso momento, hanno avuto un comportamento poco compatibile con quello dell’interlocutore”.

A tutti è capitato di essere qualche volta “meno disponibili” o semplicemente “meno interessati agli altri”, non perché lo fossero realmente, ma solo perché in quel preciso momento o in quella specifica situazione, l’uomo di Neanderthal che ci accompagna tutta la vita ci ha portato a muoverci in quel determinato modo.

L’uomo di Neanderthal è la raffigurazione delle nostre consuetudini, dei nostri usi e delle nostre abitudini.Egli vive con noi dalla nascita e si nutre delle nostre esperienze, dei nostri sentimenti, della nostra “cultura”, e ci porta a comunicare con il mondo con atteggiamenti e comportamenti spesso “programmati”, poiché derivanti da esperienze già vissute (chi si è scottato con l’acqua calda, ha paura anche di quella fredda).

La comunicazione è una cosa semplice che si trasforma in complessa non appena diventa a due vie, cioè quando ci relazioniamo con qualcuno il cui feedback determina il raggiungimento o meno del nostro obiettivo.Se ad esempio raccontiamo a nostra moglie di avere visto le foto di un bellissimo albergo in montagna dove prima o poi ci piacerebbe soggiornare, stiamo comunicando a una via, cioè qualsiasi cosa dica nostra moglie (il feedback) non modifica il fatto che noi lo troviamo bello.

Se invece raccontiamo la stessa cosa con l’intento di organizzare il prossimo week end, allora la comunicazione diventa a due vie, poiché il feedback diventa fondamentale per raggiungere il nostro obiettivo, che è quello di andare in montagna e soggiornare proprio in quel posto.Qualcuno potrebbe giustamente affermare che cambiare il punto di vista delle persone è difficilissimo, ma noi crediamo che, analizzando meglio le cose, potremmo talvolta renderlo possibile.

È più facile deviare il corso di un fiume o spianare una montagna che cambiare l’animo di un uomo. Proverbio cinese

 

La prima cosa da fare è accettare che noi possiamo al massimo modificare un comportamento e non il carattere, perché alla sua formazione concorrono tanti fattori tra i quali l’ambente, la formazione, le esperienze e così via …

La seconda cosa è sapere che ogni comunicazione genera una visione e quindi è fondamentale capire quale visione, in quel preciso istante, ha generato il nostro messaggio nell’interlocutore.

Se ad esempio, il nostro: “Sai tesoro, ho trovato sul web un bellissimo albergo in montagna con piscina, sauna e sci in dotazione, un po’ caro ma davvero bello!” (messaggio), generasse in lei (ricevente) la visione di una spesa inutile in un momento di scarsa disponibilità economica come quello attuale (contesto), la possibilità di trascorrere il prossimo week fuori casa, sarebbe piuttosto remota, perché la sua visione è completamente diversa dalla nostra. La visione condivisa è fondamentale per il raggiungimento del nostro obiettivo di comunicazione.

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La visione condivisa: Donna o Sassofonista?

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Le regole base parlano chiaro: per avviare una comunicazione sono necessari un messaggio, un emittente, un ricevente, ma occorre fare attenzione anche alle altre componenti nel processo comunicativo, quali Referente – Codice e Canale .

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Gli elementi della comunicazione – Roman Jacobson

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Ma come possiamo agire per modificare una visione non coincidente con la nostra?Di certo non la possiamo modificare con reazioni scomposte, innalzamenti di tono e altre cose di questo genere, ma potremmo aumentare le possibilità di riuscita lavorando su noi stessi incominciando con il porsi delle domande. Nel caso specifico, ad esempio, potremmo chiederci:Siamo sicuri di aver scelto la situazione migliore per intavolare il discorso? Il momento era quello adatto? Avevamo chiaro il suo stato d’animo di quel momento, e perché era così? Abbiamo utilizzato le parole giuste o ci siamo alterati per quella sua prima reazione di disinteresse?Queste sono solo alcune possibili domande che ci servono per comprendere che, se vogliamo modificare gli altri, dobbiamo per primi cambiare noi.

Sii il cambiamento che vuoi vedere avvenire nel mondo. (Gandhi)

Volendo semplificare al massimo il processo comunicativo, possiamo affermare che, se il ricevente risponde alle sollecitazioni dell’emittente, è questo che deve cambiare per primo.Attenti però perché, nella stessa comunicazione, i due ruoli variano costantemente, passando da uno all’altro. Ecco perché è fondamentale controllare le nostre azioni.Gli eccessi di orgoglio o i pregiudizi mal si sposano con la comunicazione efficace perché generano contrasti costanti e crescenti .

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Ma allora, restando nel caso specifico, come si poteva ottenere il risultato sperato?La certezza non l’avremo mai “a tavolino” perché, come detto, si tratta di capire i bisogni dell’interlocutore in quel preciso momento; solo dopo, sarà possibile proporre qualcosa, non esiste quindi una regola precisa.Se, però, simulassimo di aver capito che nostra moglie, in questo momento, si sente particolarmente “demoralizzata “per la situazione economica e “affaticata” per la tensione da essa derivante, il nostro albergo, da spesa “inutile”, potrebbe trasformarsi in possibile “medicina” per la comune ricerca di “relax e ristoro” , aumentando in modo esponenziale la possibilità di essere scelta da entrambi.Non vogliamo assolutamente dire che l’obiettivo sarebbe stato raggiunto, ma non dimentichiamo mai che, spesso, siamo noi a generare le risposte che ci sono date, quindi, prima di criticare gli altri , diventiamo protagonisti del cambiamento.Agendo su di noi, favoriremo il cambiamento degli altri e gli effetti saranno strabilianti. Buona comunicazione a tutti ….

Antonio DE CAROLIS

Presidente CDVM Club Dirigenti Vendite e Marketing

presso Unione Industriale di Torino

www.cdvm.it