ECONOMIA E SOCIETA'- Pagina 647

Lo studio è social

Gli utenti che utilizzano internet sono cresciuti del 10%, così come gli utenti dei social media. La penetrazione media dei social media nel mondo è del 31%, per un totale di 2,3 miliardi di utenti

 

Di Paolo Pietro Biancone*

MATURITA STUDENTESSA

 

Su una popolazione mondiale di 7,4 miliardi di persone, gli utenti di internet (senza la distinzione desktop-mobile) sono 3,4 miliardi, per una penetrazione sul totale del 46%. A livello globale, inoltre, ben 2,3 miliardi di persone utilizzano i social media (31% di penetrazione) e 3,8 miliardi di persone utilizzano dispositivi mobile (penetrazione del 51%). Secondo lo studio di We Are Social, dove vengono raccolti dati sull’ utilizzo dei canali digitali e social, dei dispositivi utilizzati dagli utenti e più in generale sullo scenario digitale, il trend è in crescita. Gli utenti che utilizzano internet sono cresciuti del 10%, così come gli utenti dei social media. La penetrazione media dei social media nel mondo è del 31%, per un totale di 2,3 miliardi di utenti. I tassi di penetrazione più alti sono in Nord America, Europa, Sud America e Asia, anche se i singoli Paesi dove sono più utilizzati i social sono Corea del Sud, Emirati Arabi Uniti e Hong Kong.

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In tutto il mondo ben 2.3 miliardi di utenti utilizzano i social media. Le piattaforme social più utilizzate a livello globale sono Facebook, che ha toccato soglia 1,5 miliardi di utenti, e Qzone, il più popolare social network cinese con più di 800 milioni di utenti attivi. Non solo, a crescita più forte web internetproviene dalle app di messaggistica istantanea. Se nel 2015 Whatsapp contava 600 milioni di utenti, nel 2016 ne conta ben 900 milioni; mentre Facebook Messenger è passata dai 500 milioni di utenti agli 800. Per quanto riguarda Facebook, emerge che l’83% degli utenti accede al social da mobile (ben 1,3 miliardi di utenti), mentre solo la metà vi accede anche da desktop. la penetrazione di Internet in Italia è del 63%, pari a circa 38 milioni di persone connesse. La penetrazione dei social, invece, è del 47%, con 20 milioni di utenti attivi. Il dato maggiormente in crescita riguarda però l’utilizzo dei canali social dai dispositivi mobile: da 22 milioni di account che accedevano ai social da smartphone nel 2015, si è passati a 24 milioni. Internet in Italia ha anche un grande utilizzo. Nel 2016 la percentuale di utenti che accedono a internet da mobile è aumentata del 5%, mentre gli accessi complessivi – comprensivi di desktop e mobile – sono aumentati del 3%. È interessante notare che il 79% delle persone che utilizzano internet accedono ogni giorno, mentre solo l’1% degli utenti accede a internet solo poche volte al mese. Sono 28 milioni gli utenti attivi sui Social Media in Italia, cioè il 47% della popolazione totale. È davvero forte il dato degli accessi da mobile: ben 24 milioni di persone.

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Le piattaforme social più utilizzate sono: Facebook, Whatsapp e Facebook Messenger. A seguire vi sono Google Plus e Twitter, per tornare a un altro social di Facebook: Instagram. Facebook in Italia ha circa 28 milioni di utenti attivi. Si registra, inoltreo, quasi la metà degli utenti (49%) appartiene alla fascia d’età 20-39 anni, con il 26% della sotto-fascia d’età 20-29 anni. Da qui emerge il dilemma: WEB AGRIsocial come opportunità o distrazione? Ogni fenomeno può essere un’opportunità innovativa, se ben indirizzata. Ad esempio, lo studio attraverso i social può essere incentivante, costruttivo, creativo. Deve essere ben canalizzato e ben coordinato, ma può portare risultati interessanti in termini di diffusione della cultura. I Social non sono solo distrazione, svago, superficialità, se incanalati sono ottimi strumenti di divulgazione culturale. L’intervento dei docenti e degli esperti in materia è fondamentale: ignorare il fenomeno è miope. Rileggere il fenomeno come strumento in più di crescita è l’atteggiamento positivo e innovativo nell’ambito della formazione. Gruppi di studio virtuali possono favorire approfondimenti, diffusione di contenuti di qualità, passaggi di informazione e condivisioni di testimonianze.

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 In tal senso, positiva sarebbe la diffusione in massa dei Mooc (Massive Open Online Courses, in italiano: Corsi aperti online su larga scala), ossia momenti di studio, aperti e disponibili in rete,

Laptop work
Laptop work

pensati per una formazione a distanza che coinvolga un numero elevato di utenti. I partecipanti ai corsi provengono da diverse aree geografiche e accedono ai contenuti unicamente via rete. I corsi sono aperti, ossia l’accesso non richiede il pagamento di una tassa di iscrizione e permette di usufruire dei materiali degli stessi. L’acronimo MOOC è stato utilizzato per la prima volta nel 2008 nel corso “Connectivism and Connective Knowledge” del professor George Siemens della Athabasca University. I corsi MOOC si sono diffusi su scala mondiale a partire dall’autunno 2011. In particolare, nell’autunno 2011 la Stanford University ha erogato gratuitamente un corso post laurea di intelligenza artificiale al quale si sono iscritti circa 160.000 studenti provenienti da 190 Paesi. In Italia, la diffusione dei Mooc è stata a lungo bloccata in Italia da due fattori: Il primo di natura culturale, in quanto gli strumenti tecnologici di apprendimento sono stati spesso sottovalutati e considerati inefficaci; Il secondo fattore è legato alla storia specifica dell’innovazione digitale nel sistema universitario e formativo italiano. Ma il gap si può recuperare: sono gli utenti social a richiederlo.

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*Professore Ordinario di Economia Aziendale e coordinatore del Corso di Dottorato in Business & Management

MinD Mad in Design, ecco il workshop

mindMinD Mad in Design è un workshop, rivolto agli studenti universitari, sul progetto dell’abitare per il disagio mentale. Un tema di stringente attualità che necessità oggi di un approccio olistico e apre all’individuazione di nuovi sbocchi professionali per architetti, designer, educatori, psicologi, antropologi, tecnici della riabilitazione psichiatrica e discipline affini.

 

Il workshop si svolge a Torino dal 9 al 13 marzo 2017, all’interno del Collegio Universitario di Merito Camplus Lingotto e prevede la costituzione di più team di lavoro formati da studenti (Architettura, Design, Psicologia, Scienze della Formazione, Tecnici della Riabilitazione Psichiatrica) e pazienti psichiatrici, guidati da professionisti nel ruolo di project leader, affiancati da educatori professionali.

 

L’ambito di intervento con cui     MinD      si confronta sono i luoghi dell’abitare di persone portatrici di patologie psichiche e disagio, gruppi appartamento e comunità alloggio, ma anche spazi di vita temporanei, spazi legati ai luoghi del lavoro, alla scuola, alle strutture che quotidianamente o per delle circostanze temporanee dobbiamo utilizzare e condividere con altri. Luoghi arredati con oggetti spesso insicuri e inadatti a soddisfare i requisiti minimi di benessere delle persone. Il rapporto tra il benessere della persona e lo spazio progettato è il tema al centro dell’azione di progetto. A partire da uno scenario dato, in un contesto di inclusione sociale, obiettivo dei team di lavoro sarà studiare nuove soluzioni per un abitare socialmente inclusivo nel rispetto della normativa vigente, attraverso l’individuazione delle dinamiche relazionali e delle esigenze e i bisogni di una società allargata.

 

Partecipare a     MinD      significa calarsi in un’esperienza di formazione fortemente inclusiva e interdisciplinare, e impegnarsi in prima linea, mettendo in gioco le proprie competenze e abilità, nel superamento delle barriere del pregiudizio e dell’indifferenza nei confronti delle persone fragili. Partecipare a      MinD     significa relazionarsi direttamente con una parte della società emarginata, in una dimensione di scambio e ascolto reciproco, e offrire la propria professionalità per studiare nuove soluzioni per la costruzione di una società più aperta e paritaria.

 

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Per partecipare inviare una lettera di motivazione, un breve cv e portfolio lavori di max 5MB (per gli studenti di Architettura e Design) a madindesign@camplus.it (oggetto: partecipazione call MinD) entro il 5 febbraio 2017, ore 12.00. Per informazioni visitare il sito

www.madindesign.com e scrivere a madindesign@camplus.it

 

 

 

L’Iran di Rafsanjani

iran Ayatollah-Hashemi-Rafsanjani-Da conservatore a moderato Rafsanjani è stato uno dei pilastri della Repubblica islamica dell’Iran. Possibili contraccolpi sugli equilibri politici della nazione persiana
Con lui non è cambiato nulla e nulla probabilmente sarebbe cambiato se fosse diventato il nuovo leader supremo della nazione iraniana. Ali Akbar Hashemi Rafsanjani era uno dei pilastri della teocrazia islamica iraniana, uno degli uomini più potenti dell’establishment religioso dell’Iran e anche uno dei più ricchi del Paese. Un uomo del sistema che non avrebbe mai invertito la direzione di marcia della rivoluzione con il rischio di farla implodere. Vinceva e perdeva e quando sembrava ormai escluso dalla lotta politica riemergeva per puntare nuovamente in alto, come nel 2013, l’anno in cui trionfò il riformista Rouhani, quando tentò di correre per la terza volta per le presidenziali ma fu escluso all’ultimo momento dal “Consiglio dei Guardiani” perchè considerato “troppo vecchio”. Di recente era tornato sulla scena politica, alla veneranda età di 82 anni, quando salì sull’ennesimo carro dei vincitori, quello del presidente Rouhani il cui schieramento vinse le elezioni legislative del 26 febbraio 2016, giorno in cui si rinnovò anche la cruciale Assemblea degli Esperti che nomina la Guida Suprema della Repubblica.

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Da conservatore a politico moderato, vicino da alcuni anni ai riformisti di Rouhani, ha accompagnato passo dopo passo tutto il cammino della rivoluzione islamica dell’Iran di cui è stato uno dei padri fondatori insieme all’ayatollah Khomeini. Fin dal 1979, l’anno della vittoria dei rivoluzionari che rovesciarono il regime dello scià, è sempre stato protagonista della vita politica della sua Persia. Presidente della Repubblica per due mandati, presidente del Parlamento, dell’Assemblea degli Esperti e del Consiglio per il discernimento, leader popolare e controverso, abile manovratore nei palazzi del potere tanto da essere definito “lo squalo”, figura di spicco dell’apparato religioso, Rafsanjani è sempre stato una figura di primo piano nei giochi di potere ai vertici del clero conservatore. Alla morte di Khomeini nel 1989 fu eletto presidente per essere confermato nel 1993. Nel 2005 perse le elezioni contro il laico Ahmadinejad che diede il via a una lunga, triste e austera presidenza ma Rafsanjani non si diede per vinto e si avvicinò all’opposizione riformista. Dopo la vittoria dei moderati di Rouhani alle recenti elezioni per il rinnovo del Majlis (il Parlamento), il pragmatico Rafsanjani, neo alleato del presidente, si era assicurato l’ingresso nella potente Assemblea degli Esperti, insieme allo stesso Rouhani, avendo ottenuto il maggior numero di voti.

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Da molti era già stato considerato come l’arbitro del dopo voto, l’unica persona capace di indicare la strategia adatta per continuare ad aprire l’Iran al mondo, sulla scia dello storico accordo con gli Stati Uniti e l’Occidente sui piani nucleari di Teheran siglato a Vienna il 14 luglio 2015, fortemente voluto da Rafsanjani che fu anche uno dei negoziatori. “Inizia ora una nuova fase, aveva detto l’ex presidente subito dopo le elezioni di un anno fa, una fase di unità e collaborazione. È arrivato il momento di lavorare duramente per costruire il Paese”. Forse l’intesa riformista moderata del tandem Rouhani-Rafsanjani avrebbe potuto ridurre l’abnorme peso politico degli ultraconservatori in Parlamento e nella potente Assemblea degli Esperti ma la stessa cosa l’abbiamo auspicata più volte in passato, senza risultati apprezzabili, soprattutto durante la presidenza di Khatami (dal 1997 al 2005), il primo leader di Teheran che avviò le riforme che avevano suscitato molte aspettative sia in Iran che all’estero ma che furono presto soffocate dallo strapotere delle frange oltranziste dei conservatori. Da allora ben poco è cambiato.

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L’evoluzione del regime di Teheran verso un maggior rispetto dei diritti umani non c’è stato, come dimostra il fatto che i leader che guidarono il movimento di protesta dell’Onda Verde del 2009, stroncato nel sangue, Moussavi e Kharroubi, sono ancora agli arresti domiciliari nonostante le promesse del presidente Rouhani di liberarli, e allo stesso Khatami è stato ritirato il passaporto e la sua libertà di movimento è strettamente vigilata. Il cammino verso un vero cambiamento del Paese si annuncia ancora tortuoso e la scomparsa di Rafsanjani accenderà prevedibilmente una nuova lotta per il potere. La prima sfida saranno le elezioni presidenziali a maggio con Rouhani che cerca una riconferma ma, privo dell’alleato Rafsanjani, dovrà vedersela con una pattuglia agguerrita di conservatori radicali che tenteranno di risalire alla presidenza della Repubblica. Ora le speranze degli iraniani e della comunità internazionale sono riposte nel successore di Alì Khamenei, ovvero la Guida suprema dell’Iran che controlla tutti i centri vitali del potere, dai Guardiani della Rivoluzione ai servizi segreti, dalle varie milizie che intervengono con bastoni e armi a spegnere sul nascere proteste iran deserte focolai di ribellione al controllo totale sui media. A questa istituzione religiosa, per quanto enigmatica e arcaica, spetta sempre l’ultima parola, da quasi 40 anni. Per molti osservatori l’uscita di scena di Rafsanjani indebolisce il campo riformista e potrebbe avere conseguenze sul fragile equilibrio politico del Paese. Alle presidenziali primaverili la riconferma di Rouhani non è per nulla scontata. Mentre decine di migliaia di iraniani (almeno un milione secondo la stampa locale) danno l’ultimo saluto all’ex presidente si spera nella comparsa di una nuova generazione di moderati che possa guidare la nazione persiana verso un futuro meno cupo, più democratico e più aperto al mondo.

Filippo Re

(Pubblicato da “La voce e il tempo”)

A Caselle record storico di passeggeri

L’Aeroporto di Torino registra il record storico di passeggeri trasportati in un anno – superando il precedente record annuale del 2011 – trasportando 3.950.908 passeggeri nel corso del 2016, con una crescita del 7,8% rispetto all’anno precedente, a fronte di una media nazionale del 4,6%.
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In particolare, il traffico di linea internazionale è cresciuto del 11,1%, mentre quello di linea nazionale del 7,3%. In aumento anche i movimenti di aviazione commerciale, che nel 2016 sono stati 36.782, con una crescita del 6,3%. Continua così a consolidarsi il percorso di sviluppo iniziato a gennaio 2014  con 36 mesi consecutivi di crescita.  Roma rimane la prima destinazione servita con oltre 635mila passeggeri trasportati, seguita da Londra (collegata con i voli per gli aeroporti di Gatwick, Luton e Stansted) con 303.441 passeggeri ed in crescita del 22,8% e da Catania, con 300.360 passeggeri ed una crescita del 24,4% rispetto al 2015. La classifica delle prime dieci destinazioni servite prosegue con Napoli, Francoforte, Barcellona, Parigi, Bari, Palermo e Monaco.

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Nel 2016 è stato registrato un boom di traffico verso la Spagna: complessivamente +34% di traffico sui voli di linea per Barcellona, Madrid, Valencia, Ibiza, Minorca e Palma di Maiorca – rispetto all’anno precedente, per un totale di oltre 373mila passeggeri trasportati. Inoltre, nel periodo 2013-2016 il traffico di linea internazionale è passato dal 40% al 48% del totale e  la percentuale di traffico di linea low cost è aumentata dal 25% al 52%. I positivi risultati raggiunti sono stati possibili grazie allo sviluppo del network: sono state infatti avviate le nuove rotte per Madrid, Berlino, Londra Luton, Palma di Maiorca, Alghero, Napoli e Pescara  con Blue Air; per Valencia e Ibiza con Ryaniar; i voli per Lampedusa, Skiathos e Corfu di Volotea. E ancora, negli ultimi mesi, Lussemburgo con Luxair, Tirana con Blu-Express ed il volo per Mosca della compagnia Siberian Airlines. La stagione invernale dei voli neve si è arricchita con i nuovi collegamenti di linea per Bristol, Londra Luton e Manchester con easyJet,  Edimburgo con Jet2.com, Londra Gatwick e Manchester con Monarch Airlines.

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Il network dell’Aeroporto di Torino vanta oggi un ampio ventaglio di destinazioni dirette in tutta Europa ed ottimi collegamenti con gli aeroporti del Sud Italia e delle Isole e che verrà arricchito ulteriormente nel 2017 dalle nuove destinazioni recentemente annunciate: Copenaghen, Lisbona, Malaga, Siviglia e Oradea con Blue Air e Pantelleria con Volotea. Il rafforzamento della base Blue Air, che nel 2016 è diventato il secondo vettore per numero di passeggeri trasportati, sta avendo un impatto positivo anche sull’occupazione locale, con la creazione di oltre 100 posti di lavoro (assistenti di volo, piloti ed altre posizioni a supporto dell’organico della base di Torino).  Il raggiungimento del record passeggeri rappresenta un importante riconoscimento per il lavoro svolto negli ultimi tre anni dall’Aeroporto di Torino, impegnato costantemente a migliorare l’offerta voli mantenendo l’equilibrato mix tra vettori tradizionali e low cost e a rendere più piacevole la permanenza dei passeggeri nello scalo con l’apertura di nuovi negozi e punti ristoro.

 

(foto: il Torinese)

“Italiani d’Albania” al Polski Kot di Torino

italiani albania 2Mercoledì 18 gennaio alle ore 21, al  Polski Kot di via Massena n.19 a Torino, si terrà la presentazione del libro “Italiani d’Albania” (Città del Sole Edizioni) di William Bonapace, alla presenza dell’autore, di Donatella Sasso (storica dell’Istituto Gaetano Salvemini di Torino) ed Eric Gobetti (ricercatore e storico specializzato nella storia dei Balcani). Alla fine della seconda guerra mondiale le frontiere dell’Albania, nel giro di poco tempo, si chiusero ermeticamente al proprio interno, trattenendo anche numerosi cittadini italiani, giunti nel Paese delle Aquile per motivi e in tempi diversi. Una storia in larga parte dimenticata o volutamente nascosta da parte italiana per celare il passato fascista e la rovinosa ritirata dopo l’8 settembre 1943, per non inficiare i rapporti internazionali del nuovo ordine geopolitico postbellico, ma anche per semplice quanto banale inerzia amministrativa e politica. Furono i barconi dei primi anni novanta, carichi di albania italianicittadini albanesi diretti verso il mito dell’Italia prospera e libera, in cerca della loro personale America, o Lamerica come il titolo del film di Gianni Amelio, a riportare nella patria perduta alcuni di quegli italiani. A partire da quel periodo iniziarono a trapelare storie di isolamento, anni di carcere politico duro, maltrattamenti, esclusione sociale e culturale. Una storia lunga e articolata, che si innesca a partire dalle velleità imperialiste del fascismo. Di queste vicende dimenticate e ancora grandemente sconosciute ne scrive per la prima volta William Bonapace, ricercatore, storico e docente, che ha condotto ricerche d’archivio, ha ascoltato testimoni dell’epoca, ha viaggiato nei luoghi di cui narra. Al di là della rigorosa ricostruzione storica, ha saputo far emergere con sapienza e delicatezza drammi personali e familiari, stupore e sofferenza per destini non scelti, ma subiti senza possibilità di scampo.

Aumenti Frecciarossa, il commento di Chiamparino

chiampa lausIl presidente della Regione Piemonte Sergio Chiamparino e l’assessore ai Trasporti Francesco Balocco commentano così la notizia degli aumenti degli abbonamenti Frecciarossa Torino-Milano

Sapevamo solo che avrebbero diversificato gli abbonamenti, differenziando fra i 5 e i 7 giorni. Ma non eravamo certo stati avvisati di questi aumenti spropositati. Evidentemente l’obiettivo è quello di disincentivare i pendolari. 

perchè un aumento del 35% del settimanale, e del 20% del lunedì-venerdì, non può che voler dire treno frecciarossa milletenere lontani i pendolari dal Frecciarossa.

L’assessore Balocco ha sentito questa mattina Barbara Morgante, ad di Trenitalia, preannunciandole che la Regione manderà una lettera a Renato Mazzoncini, ad di Ferrovie dello Stato e al Ministero dei Trasporti, in qualità di socio unico di FS: “Nella lettera chiederemo a Trenitalia di soprassedere a questi aumenti, che sono fuori da qualsiasi ragione economica e anche di buon senso, sottolineando che se treno frecciarossal’azienda dovesse persistere nella sua posizione, ciò non favorirà certo il clima e il sistema di relazioni fra Regione e Trenitalia.

Impossibile per la Regione prevedere un sostegno economico diretto per gli abbonamenti Frecciarossa, ma l’assessorato ai Trasporti ricorda l’impegno nel rafforzare l’offerta dei regionali veloci, che attualmente offrono abbonamenti mensili che superano di poco i 100 euro. “Il nuovo servizio partirà entro marzo, e sarà competitivo sia per qualità che per velocità. A conti fatti, nella tratta Porta Nuova-Porta Garibaldi, il tempo di percorrenza di un regionale “fast”sarà inferiore a quello dei Frecciabianca.” conclude Balocco.  

 

(foto:  il Torinese)

Specialisti dell’automazione e dell’Industry 4.0

Riparte il Master di II livello in Industrial Automation del Politecnico di Torino, organizzato insieme a Comau e Prima Industrie, con il finanziamento della Regione Piemonte; nell’edizione 2017-2018 il percorso didattico si concentra sulle tecnologie della “quarta rivoluzione industriale”, che stanno modificando sempre più il panorama dell’industria manifatturiera internazionale.

 comau master gennaio

                                                                       

Si è tenuta oggi, alle ore 9.30, presso la Sala Consiglio di Facoltà del Politecnico di Torino, la cerimonia d’apertura della VI edizione del Master in Industrial Automation del Politecnico di Torino, organizzato insieme a Comau e Prima Industrie e finanziato dalla Regione Piemonte. Oltre a consolidare l’offerta formativa e professionale proposta con successo ormai dal 2012 – che ha portato finora oltre 90 studenti ad essere assunti in Comau a tempo indeterminato, e che vede nella nuova edizione in partenza, 22 neo-assunti per Comau e 3 per Prima Industrie – la nuova edizione del Master presenta anche alcune importanti novità, per poter fornire ai partecipanti gli strumenti idonei a comprendere e poi guidare il cambiamento in atto nei processi produttivi industriali.

politecnicoQuello dell’automazione industriale è un mercato sfidante e in continua espansione, che necessita di figure professionali altamente specializzate, dalle elevate competenze tecniche e gestionali. L’obiettivo del Master è quindi quello di investire sui giovani neolaureati di talento, dando loro la possibilità di sviluppare tali skills direttamente sul campo.

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In particolare, nel biennio in partenza, il fulcro del percorso formativo è costituito dall’Industry 4.0, ovvero la cosiddetta “quarta rivoluzione industriale”, e dalle tecnologie abilitanti ad essa connesse che sempre più stanno interessando – e trasformando – il panorama dell’industria manifatturiera internazionale.

La principale novità dell’edizione 2017-2018 consiste nell’introduzione di tre differenti indirizzi di specializzazione, tutti connotati da attività in aula e on the job: uno dedicato all’innovation, uno al product development e uno di carattere più gestionale, incentrato sul project management.

Il Master si struttura in un percorso di formazione e lavoro che prevede l’assunzione diretta degli studenti – tra i migliori laureati in Ingegneria provenienti da Università italiane ed estere – in Comau e Prima Industrie, attraverso un contratto di alto apprendistato. Il corso, totalmente in lingua inglese, consta di 540 ore di lezione il primo anno e 660 ore dedicate al project work, nel secondo anno. Le lezioni sono tenute dai migliori manager di Comau, di Prima Industrie e da docenti del Politecnico di Torino.

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Come rileva Mauro Fenzi, CEO di Comau: “La nostra azienda crede da sempre nel valore dei giovani talenti e nel loro prezioso contributo nella realizzazione di nuove soluzioni per il mondo industriale, che vive un periodo di grande trasformazione. Penso soprattutto alle sfide imposte dal nuovo paradigma dell’Industry 4.0, su cui l’edizione di quest’anno del Master è incentrata. In un mondo influenzato dalle nuove tecnologie digitali, sono sempre più necessarie le competenze di una nuova generazione di professionisti capaci di padroneggiarle e che siano permeati di questa cultura dell’innovazione. Comau è pronta ad accettare la sfida e a rendersi protagonista insieme a loro di questo cambiamento. Per questo motivo continuiamo a organizzare, per il sesto anno consecutivo, questo Master così come tutti gli altri learning programs della Comau Academy. Tra questi, sempre in tema di Industry 4.0, a fine marzo partirà il nuovo Master in Manufacturing Automation & Digital Transformation, rivolto ad aziende e manager che vogliano acquisire le competenze necessarie a far fronte alla trasformazione digitale in atto nel settore dell’automazione industriale”.

POLITECNICO“Grazie ai Master in Industrial Automation e Additive Manufacturing organizzati nel 2016 con il Politecnico di Torino e Comau, 6 giovani talenti sono entrati a far parte del nostro Gruppo.” – aggiunge Gianfranco Carbonato, Executive Chairman di Prima Industrie. “La nostra partecipazione alle nuove edizioni conferma la nostra convinzione che le nuove generazioni siano portatrici di approcci innovativi e nuove energie, di cui le aziende hanno sempre bisogno, e che i Master siano un eccellente strumento per incontrarle, selezionarle e formarle. E’ importante che quest’anno il  Master sia focalizzato sull’Industry 4.0: sistemi autonomi, integrazione e interconnessione di macchine e aziende, Additive Manufacturing, Big Data, Cloud, IoT e realtà aumentata si stanno sempre più diffondendo nelle aziende manifatturiere e saranno indubbiamente i pilastri della produzione del futuro.”

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Commenta il Direttore della Scuola di Master e Formazione Permanente del Politecnico di Torino, Carlo Rafele: “Negli ultimi anni il modello formativo si è profondamente trasformato. Il Politecnico di Torino è sempre più impegnata a offrire modalità formative innovative, sia per quanto riguarda la composizione didattica, miscelando le componenti d’aula con quelle on the job, sia per quanto concerne le tecniche erogative, che comprendono l’e-learning, lo streaming video, i team works avanzati. Ma non basta. Così come la ricerca viene condotta sempre di più in partenariato con le imprese, anche la didattica deve essere progettata in collaborazione con le esigenze aziendali per ridurre i tempi di inserimento nel mercato del lavoro grazie a contenuti formativi rapidamente utilizzabili, avviando la formazione aziendale in parallelo a quella accademica. I corsi in apprendistato, finanziati dalla Regione Piemonte, permettono proprio di configurare questa modalità formativa che sta portando i suoi frutti anche grazie a partenariati solidi e costanti nel tempo come quello con Comau e Prima Industrie. Tutto ciò ci permette di proporre per la sesta edizione questo percorso formativo che si è consolidato negli anni e ha permesso a molto giovani di accedere al mondo del lavoro attraverso un percorso diretto ed efficace”.

penteneroGiovanna Pentenero, Assessora al Lavoro e Formazione professionale della Regione Piemonte sottolinea: “Sull’alto apprendistato, che rappresenta per i giovani un’importante opportunità di imparare associando la formazione universitaria all’apprendimento in impresa, la Regione Piemonte ha deciso di scommettere stanziando, fino al 2018, 5 milioni di euro, per finanziare percorsi formativi  rivolti a circa 500 ragazzi. Inoltre, la giunta regionale ha deciso di creare una sinergia tra lo strumento contrattuale dell’alto apprendistato, applicabile a  tutti i percorsi accademici, e i programmi di ricerca finanziati dal fondo europeo di sviluppo regionale. Questo consente ai giovani di essere inseriti, ad esempio, nei percorsi dell’Industria 4.0, come nel caso di Comau, o nei progetti  di industrializzazione della ricerca, chimica verde, salute. Ad oggi sono circa 1000 i ragazzi assunti in alto apprendistato in Piemonte, che hanno partecipato a percorsi di Istruzione tecnica superiore, Laurea,  Dottorato, Master di I e II livello. Gli esiti formativi e occupazionali sono molto positivi: il 94% dei giovani che ha terminato il percorso formativo ha ottenuto il titolo di studio e il 100% degli apprendisti è stato confermato dalle imprese in cui ha svolto l’apprendistato”.

 

Ad aprire la cerimonia di inaugurazione del Master è stato Ezio Fregnan (Comau Training Manager). È stato quindi trasmesso un video capace di condensare al meglio i capisaldi della “Quarta rivoluzione industriale”, leitmotiv dell’intero programma. A seguire, sono stati proposti gli “Essay Experience” dei partecipanti della quinta edizione del Master e i project work condotti dagli studenti della quarta edizione, coordinati da Massimo Ippolito (Comau Innovation Manager). Luca Iuliano (Politecnico di Torino – coordinatore scientifico del Master) ha presentato quindi la nuova struttura del Master. L’introduzione della sesta edizione e la presentazione dei nuovi partecipanti per il biennio 2017-2018 è stata affidata a Luca Civitico (Comau HR Business Partner EMEA & BU Automation Systems) e a Fabrizio Cau (Prima Industrie Divisional HR Manager – Vice President). Hanno chiuso l’incontro, infine, gli interventi di Marco Gilli (Rettore del Politecnico di Torino), Carlo Rafele (Direttore della Scuola di Master e Formazione Permanente del Politecnico di Torino), Donatella Pinto (Comau Head of Human Resources), Ezio Basso (Prima Industrie Managing Director), Giovanna Pentenero (Assessore all’Istruzione, al Lavoro e alla Formazione professionale della Regione Piemonte), e la cerimonia di consegna dei diplomi della quinta edizione.

 

Vita da albero: abbattimenti e messa in sicurezza per 8500 piante

Po donnaSono in corso gli interventi sul patrimonio arboreo comunale torinese  risultati necessari a seguito della consegna dei referti relativi alla prima tranche (oltre 8.500 alberi controllati) dell’appalto del controllo di stabilità degli alberi.  Le piante su cui risulta necessario intervenire sono 284:  176 abbattimenti e 108 interventi di potatura, un numero che può sembrare elevato ma che deve essere rapportato agli 8.652 alberi che sono stati visionati in questa tranche di controlli; la percentuale di piante “sensibili” è dunque del 3,28 %, un dato accettabile per un patrimonio arboreo “adulto” e che, come nel caso torinese, ha una età media superiore ai 50 anni.  I controlli effettuati nei mesi scorsi sono stati dedicati a diversi corsi, vie e parchi cittadini, nonché a numerosi giardini scolastici (2841 sono le piante controllate in 116 scuole, riscontrando complessivamente 61 piante da abbattere). Diversi abbattimenti si dovranno effettuare nei corsi Re Umberto (11), Siracusa (12), Sebastopoli (16), Racconigi (5), Monte Grappa (4 su 197 controlli), Belgio (6), Tortona (2), Vigevano (6), nelle vie Sempione (4), San Donato (3).VALENTINO3
Fanno parte di questa tranche anche gli oltre 1400 controlli nel Parco del Valentino/corso Massimo d’Azeglio, con relativi interventi già effettuati lo scorso mese di settembre.
Nello storico Parco della Tesoriera, purtroppo, le piante sensibili, su 370 alberi controllati, sono risultate 16 (7 da abbattere e 9 su cui si cercherà di mantenerle con interventi di potatura). Come da prassi, prima di arrivare alla classificazione definitiva, le piante sono state indagate approfonditamente in modo da togliere ogni dubbio e valutare la possibilità di mantenere in piedi gli alberi: si consideri, infatti, che sono state fatte 27 tomografie, 4 analisi in quota ed 8 prove di trazione, con cui si simula l’effetto del vento, in modo da stimare la tenuta alla rottura ed al ribaltamento. Si tratta di analisi non routinarie, complesse e onerose, che si fanno quando ci sono dubbi e/o ci si trova di fronte ad alberi di pregio; si cerca, doverosamente, di salvaguardare tale patrimonio, non trascurando allo stesso tempo il rischio per l’incolumità pubblica.
Nel caso specifico, tra l’altro, le attenzioni non si fermeranno alla gestione degli interventi di potatura ed abbattimento, che saranno effettuati a breve, ma proseguiranno con uno studio sulle condizioni del patrimonio arboreo del Parco, perché oramai da una decina di anni si assiste ad un deperimento generale, che ha portato all’abbattimento, non evitabile, di esemplari di grandi dimensioni; pertanto, nei prossimi mesi i tecnici della Città faranno delle valutazioni approfondite, in collaborazione e con il valentinosupporto dell’Università di Torino, con cui è operativa una collaborazione sul tema delle fitopatologie in ambiente urbano, allo scopo di individuare le cause e possibili strategie di contenimento. Come noto, la Città di Torino, il cui patrimonio arboreo pubblico è di entità molto rilevante, dalla metà degli anni ‘90 sottopone le piante del territorio cittadino a periodici controlli della stabilità, affidati con specifica gara d’appalto a professionisti esterni specializzati (dottori agronomi e forestali, periti agrari) e le attività sono sottoposte al coordinamento ed alla supervisione dei tecnici comunali; ogni 3 mesi gli appaltatori consegnano alla città le risultanze delle indagini del patrimonio arboreo analizzato in tale periodo. I controlli sono effettuati prevalentemente secondo quanto previsto dal metodo VTA “Visual tree assessment” e consentono di ridurre il pericolo derivante dalla potenziale caduta di alberi, rimuovendo le piante gravemente instabili o, in tutti i casi in cui ciò sia possibile, effettuando degli speciali interventi di potatura o consolidamento, che riducano la propensione al valentinocedimento, ristabilendo l’equilibrio della pianta.  Quella effettuata lo scorso mese di dicembre è la prima consegna dei risultati dei controlli da quando è stato aggiudicato il nuovo appalto, che prevede numerose novità dal punto di vista tecnico gestionale. Si tratta infatti della prima gara della Città di Torino per tale servizio che viene aggiudicata con il meccanismo dell’offerta economicamente più vantaggiosa, dunque non al massimo ribasso, ma valutando il progetto tecnico e le caratteristiche qualitative dell’offerta. Inoltre, in tale appalto si prevede una maggiore attenzione verso gli approfondimenti strumentali (tomografie obbligatorie per le piante con diametro tronco superiore ai 70 cm.) e il caricamento diretto da parte dei professionisti dei dati rilevati sul nuovo software per la gestione integrata del patrimonio arboreo della Città di Torino, ALBERA.TO. Laddove possibile ed opportuno dal punto di vista tecnico, sarà programmata la sostituzione delle piante rimosse; i casi più impattanti dal punto di vista numerico e/o funzionale (in cui la rimozione degli alberi pregiudichi la fruizione dell’area) saranno oggetto di specifiche valutazioni (inserimento nella lista ambiti del progetto “Regala un Albero alla tua città”, riqualificazione di banchine ed ambiti, etc.). Le operazioni, salvo condizioni meteo avverse, avranno inizio non appena saranno espletate tutte le formalità burocratiche e logistiche. Nei casi più gravi, la rimozione è già avvenuta. Gli interventi vengono realizzati da parte di imprese appaltatrici diverse e senza nessuna relazione con chi ha eseguito i controlli; durante tutte le operazioni i tecnici comunali seguono sul posto le attività. Le analisi di stabilità sono documenti disponibili presso il Servizio Verde Gestione e consultabili dai cittadini con richiesta di accesso agli atti.

(p.v.) – www.comune.torino.it

(foto: il Torinese)

Anno nuovo idee nuove. La Visione spinge all’azione

Ogni nuovo inizio ci spinge verso il rinnovamento, sia serva per mantenere elevato il grado di performance acquisita, sia per ricercare opportunità di miglioramento della situazione attuale

 

di Antonio De Carolis

 

L’inizio di ogni anno rappresenta per molti di noi il momento delle decisioni importanti. carolis 2017 3

Anche per le aziende sembra essere così: infatti alcune strategie aziendali prendono il via proprio in occasione dell’inizio dell’anno o in prossimità di esso. Una delle principali motivazioni di questa scelta è ovviamente dettata dal fatto che qualsiasi tipo di cambiamento, sia esso strategico, organizzativo o di politica commerciale, è accompagnato da un budget di spesa che va verificato, ricercato e reso disponibile prima dell’avvio.

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Per svolgere quest’attività non sempre simpatica, quindi, è necessario “contare il denaro nel cassetto” e per farlo, si sa, è indispensabile attendere il momento di “chiusura della cassa”.

Per questo motivo, le nuove politiche commerciali, i nuovi inserimenti di risorse specifiche o le ristrutturazioni di tipo organizzativo tendono spesso a essere “concentrate” in questo periodo.

Ogni nuovo inizio ci spinge verso il rinnovamento, sia serva per mantenere elevato il grado di performance acquisita, sia per ricercare opportunità di miglioramento della situazione attuale.

In psicologia applicata alla negoziazione si è soliti definire un obiettivo come la differenza tra lo stato attuale e lo stato desiderato e, forse, è anche per questo che gennaio è spesso il momento nel quale tagliamo il nastro di partenza della corsa verso i traguardi che ci siamo prefissati.

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carolis 2017Per molti manager, l’anno nuovo è una sorta di New deal di Roosveltiana memoria che ha lo scopo di “porre rimedio agli errori commessi” in precedenza e di “rafforzare i punti” di forza messi in evidenza da un’attenta valutazione della performance. Non va nemmeno trascurato, a nostro avviso, il vecchio detto popolare: “Anno Nuovo Vita Nuova”, perché questo fa capolino nelle menti di molti di noi, predisponendoci ad accettare in modo migliore il cambiamento.

 

 

In questi primi giorni di gennaio, è già capitato di carolis 2017 2sentire persone trasferite in altre sedi lavorative, altre che hanno cambiato azienda, altre ancora che hanno lanciato un nuovo prodotto o una nuova iniziativa. Come dire: Situazioni oggettive che confermano questa nostra teoria.

 

A questo punto non resta che assecondare il cambiamento cavalcandolo verso la novità.

Personalmente amo molto questo periodo perché, qualunque sia la situazione verso la quale ci condurrà, rappresenta sempre e comunque un momento d’innovazione, azione e speranza, quindi di visione fortemente positiva. Lasciamoci guidare dall’istinto e dall’esperienza e agiamo consapevolmente, perché la lettura dell’oroscopo non può essere l’unica attività che movimenta “il nostro star fermo”.

Buon Anno a tutti.

 

 

decarolisAntonio DE CAROLIS

Presidente CDVM – Club Dirigenti Vendite e Marketing

presso Unione Industriale di Torino

www.cdvm.it

 

 

Il volontariato tra valore economico e sociale

Il tasso di volontariato è pari al 12,6 per cento della popolazione: un italiano su 8. Sono 126 milioni le ore dedicate dagli italiani al volontariato in quattro settimane

 

di  Paolo Pietro Biancone *

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Sono 6,63 milioni gli italiani che hanno almeno 14 anni e hanno svolto nel 2013 un lavoro volontario, definito come “attività prestata gratuitamente e senza alcun obbligo”, per almeno una volta al mese. La maggior parte di loro – oltre 4 milioni – lo ha fatto all’interno di organizzazioni (associazioni, comitati, movimenti, gruppi informali), i restanti direttamente a favore di altre persone, della comunità o dell’ambiente. Il tasso di volontariato è pari al 12,6 per cento della popolazione: un italiano su 8. Sono 126 milioni le ore dedicate dagli italiani al volontariato in quattro settimane. Considerando una settimana lavorativa di 40 ore, l’ammontare del lavoro volontario si può considerare equivalente a circa 787mila persone occupate a tempo pieno. L’Istat scatta una fotografia di alto livello su un fenomeno che ha un valore sociale ed economico di rilievo.

Campione d’indagine. In totale, sono stati raccolti i dati riguardanti 44.182 associazioni: non solo quelle iscritte ai registri pubblici, ma anche quelle registrate unicamente nelle banche dati dei Centri di Servizio. Il risultato è fotografia più dettagliata del mondo del volontariato mai realizzata in Italia. La maggior parte opera nel campo dell’assistenza sociale (11.812) e della sanità (9.098): da sole queste due classi racchiudono il 55 per cento del totale delle associazioni. Seguono quelle che si occupano di cultura, sport e ricreazione. Anziani e minori sono le categorie primarie di utenti con il 25,4 per cento, mentre si dedicano a malati e disabili il 18 per cento delle organizzazioni.

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Si occupano di nomadi, immigrati o profughi il 5,7 per cento. Al nord e nel centro si trovano oltre la metà delle associazioni: Lombardia, Toscana, Lazio, Piemonte, Emilia Romagna sono le regioni in cui le realtà del volontariato sono più radicate. Se però si confronta il numero di abitanti con quello delle organizzazioni, sono Friuli Venezia Giulia e la Valle d’Aosta ad avere più onlus. Al sud e nelle isole si registrano, invece, le percentuali più basse: rispettivamente il 17 e il 6 per cento del totale.

Sono i volontari, che danno vita alle associazioni, che rispondono a bisogni collettivi che non possono essere soddisfatti da aziende pubbliche e private e lo fanno senza un interesse retributivo. Cosa spinge un individuo a dedicare il proprio tempo agli altri, senza apparente tornaconto.

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Nelle ricerche psicologiche che si sono occupate dell’argomento il modello più conosciuto che individua sei classi di motivazioni al volontariato è quello “funzionalista” di Snyder e collaboratori (Omoto, Snyder, 1995; Clary et al., 1998; Snyder, Omoto, Crain, 1999; Stukas, Snyder, Clary,1999; Snyder, Clary, Stukas, 2000; Snyder, Omoto, 2001):

  • valori personali (values): esprime la presenza di interesse umanitario per gli altri.
  • comprensione (understanding): permette di mettere in pratica abilità, capacità e conoscenze che altrimenti rimarrebbero inespresse.
  • valori sociali (social): permette relazioni significative con gli altri.
  • carriera (career): permette di avere vantaggi per la propria carriera.
  • protezione (protection): protegge l’Io dai sensi di colpa per essere più fortunato di altri o per sviare l’attenzione dai problemi personali.
  • miglioramento (enhancement): vengono utilizzate le risorse positive dell’Io per accrescere la fiducia in sè stessi e l’autostima.

Oltre all’interesse per il prossimo e alla volontà di aiuto molti autori hanno sottolineato gli aspetti egoistici delle motivazioni. Batson (1987; 1998) distingue tra interesse empatico, come motivazione puramente altruistica, e il disagio personale dove si aiuta il prossimo per ridurre il personale stato di disagio di fronte alla sofferenza altrui; si tratta in questo caso di motivazione egoistica.

Il volontariato rappresenta, in taluni casi, un mezzo per accrescere la propria autostima perché ci si sente utili, indispensabili o con una parte di rilievo nel miglioramento della condizione di vita di un’altra persona. In altri casi, invece, rappresenta un’occasione per occupare il tempo libero, o un’occasione di socializzazione, soprattutto per persone come anziani e casalinghe che hanno ampia disponibilità di tempo e cercano occasioni per mettersi alla prova, per impegnarsi socialmente. Infine, soprattutto per i giovani e per coloro che non sono ancora entrati nel mondo del lavoro, il volontariato rappresenta un’occasione di fare esperienze ed acquisire abilità facilmente spendibili in diversi contesti lavorativi. Studi recenti sul volontariato giovanile hanno confermato che l’impegno volontario è caratterizzato, oltre che da un andare verso l’altro, anche da un attingere dall’altro.

Rappresentano un asset sociale e anche aziendale, che merita valutazione e valorizzazione numerica per le aziende non profit stesse. Senza il volontariato le aziende non profit non esisterebbero.

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Citando A. Pangrazzi “quando si parla di volontari c’è la tendenza a sottolineare l’aspetto gratuito del loro servizio, il loro altruismo, la loro dedizione, il loro disinteresse. In realtà la loro gratuità e il loro altruismo vanno ridimensionati. È vero, i volontari non sono pagati ma non lavorano per niente. Il volontariato non è solo un modo per aiutare gli altri, ma uno strumento per appagare esigenze ed interessi personali. Scavando un po’ sotto le intenzioni più genuine e altruistiche, si trovano molti risvolti personali. Per alcuni il volontariato è molto gratificante perché dà significato nuovo alla vita, per altri serve ad alleviare un certo senso di isolamento; per altri ancora può contribuire alla pace interiore o alla soddisfazione di avere un certo protagonismo. Forse non è del tutto azzardato suggerire che spesso i volontari hanno più bisogno degli assistiti che non gli assistiti dei volontari”.

Un altro aspetto che può rientrare tra le motivazioni egoistiche è il riconoscimento sociale di cui gode il volontario. È plausibile pensare che, visto che l’attività di volontariato risulta agli occhi della società positiva e benefica, queste qualità vengano trasferite su chi effettua l’attività e quindi venga giudicato più positivamente e favorevolmente rispetto al resto della società. Sarebbe per questo plausibile pensare che il volontariato accresca quella parte della persona narcisista che si alimenta e trae benessere dai giudizi positivi e dagli elogi che vengono dalla società.

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Secondo una ricerca di Berti il solo fatto di prestare attività volontaria costituisce un aspetto importante nella formazione di impressioni di personalità, si viene investiti da un alone di positività rispetto a chi non fa questa attività. I volontari vengono considerati “persone migliori di tante altre” e “da ammirare”. Secondo questo studio si potrebbe affermare che si mettono a disposizione tempo e risorse per guadagnarne in riconoscimento sociale, inoltre per fare volontariato non occorrono qualifiche specifiche e quindi è una forma di gratificazione “facile e alla portata di tutti”.

È per questo che alcuni autori mettono in guardia dal sentimento di onnipotenza che può investire il volontari: sentendosi gratificato e riconosciuto potrebbe toccare quei sentimenti di infallibilità che portano la persona a non vedere più l’altro ma a sostituirsi a lui convinto di procedere per il meglio.

Un altro aspetto interessante che emerge dalla ricerca di Berti è che il riconoscimento sociale è diverso a seconda del tipo di volontariato. Mettendo a confronto un campione di volontari che svolgono attività presso un’associazione che si occupa di assistenza a persone anziane e un’altra che si occupa di cani abbandonati è emerso che chi svolgeva la prima attività ha un riconoscimento sociale maggiore di chi svolgeva la seconda. Ulteriore aspetto psicologico che contribuisce alla scelta di fare volontariato è, secondo Caprara (2003), l’autoefficacia percepita dai volontari.

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*Professore Ordinario di Economia Aziendale e presidente del corso di studi in Professioni Contabili