ECONOMIA E SOCIETA'- Pagina 607

Linea di confine, spigolature di vita e storie torinesi

“Alla citazione latina è subentrata quella inglese, anche da parte di chi non sa l’inglese, oltre a non conoscere l’italiano. Soprattutto, l’imperativo categorico “Non bocciare” si è tradotto nel facilismo, nella desertificazione degli studi, nel non sapersi, appunto, neppure esprimere in italiano…”

Di Pier Franco Quaglieni *

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Don Benevelli e la Resistenza tricolore

E’ mancato  a Cuneo , a 93 anni,don Aldo Benevelli , prete partigiano di straordinario carisma religioso e storico.Solo il Tg3 Piemonte l’ha ricordato in modo adeguato. Lo conobbi quando rendemmo onore, insieme al sindaco di Boves, al cippo torinese in ricordo del capitano Ignazio Vian ,medaglia d’oro al V.M.,impiccato nel 1944 in corso Vinzaglio angolo via Cernaia, nello stesso luogo in cui nel 1945 venne giustiziato il federale fascista di Torino  Giuseppe Solaro, il cui cadavere venne gettato nel Po . Pensavamo che Vian meritasse un ricordo bel diverso da quello attuale,ormai reso quasi illeggibile dal tempo,ma non riuscimmo a fare qualcosa di concreto per cambiarlo.Marco Castagneri tentò generosamente di agire ,ma dovette fermarsi,malgrado il suo entusiasmo coriaceo e incorreggibile di vecchio alpino.  Don Benevelli parlò  con voce ferma e chiara, nel traffico caotico di una Torino che apparve indifferente a quel raduno in cui i fazzoletti azzurri di Mauri e quelli gialli degli amici di don Benevelli furono protagonisti. Il sacrario di Mauri a Bastia di Mondovì era un comune ritrovo:i suoi mille Caduti testimoniavano di un nuovo Risorgimento dell’Italia tra il 1943 e il 1945, di una Resistenza  che potremmo definire senz’altro tricolore,animata  cioè non da ideologie di parte ,ma da valori autenticamente patriottici. La morte di don Benevelli,come quella a Savona di Lelio Speranza un mese fa, ci ricorda che la Resistenza non fu solo comunista o azionista. Ci furono don Benevelli, Perotti,  Montezemolo, Pamparato,Martini Mauri ,comandante  delle Divisioni Alpine Autonome e liberatore di Torino e tanti altri,spesso colpevolmente quasi dimenticati.

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Don Lorenzo Milani , Garosci e la scuola sfasciata

Nel 2017 ricorrono i 50 anni dalla morte di don Lorenzo Milani,il prete della scuola di Barbiana sul Mugello,autore della famosa “Lettera ad una professoressa” che divenne nel 1968 uno dei manifesti della contestazione. Fu Aldo Garosci,mio professore di Storia del Risorgimento a Torino,antifascista della prima ora,esule e combattente in Spagna,eroe della Resistenza,ma fiero anticomunista,a parlarmi di quella “lettera” quando si stavano già cogliendo a palazzo Campana di Torino i germi della contestazione. Mi disse dello screditamento della scuola di Stato operata dal prete toscano e mi predisse che quella lettera era destinata a lasciare un’eredità negativa nella scuola successiva. Garosci fu uno dei primi a subire una contestazione violenta. Infatti ,rileggendo degli appunti presi allora, constato che la lettera di Don Milani pose il problema del classismo della scuola italiana,chiusa ai poveri,dei programmi vecchi e nozionistici,della mancanza di legame tra scuola e vita reale,dell’inutilità dell’insegnamento in termini pratici,della inopportunità  dell’assegnazione del voto e soprattutto della necessità di non bocciare.  La scuola media unica era nata da cinque anni.Oggi vediamo che l’attacco al nozionismo ha generato il rifiuto della nozione senza la quale la cultura diventa vaniloquio.Constatiamo che le lingue classiche sono state relegate in un angolo,mentre avevano un ruolo importante nella formazione dei giovani,ma a molti sembravano inutili sotto il profilo pratico. Non avevano letto neppure Concetto Marchesi, latinista e comunista. Alla citazione latina è subentrata quella inglese, anche da parte di chi non sa l’inglese,oltre a non conoscere l’italiano. Soprattutto, l’imperativo categorico “Non bocciare” si è tradotto nel facilismo, nella desertificazione degli studi, nel non sapersi,appunto,neppure esprimere in italiano,come hanno denunciato 600 accademici italiani di recente. Chissà se don Milani condividerebbe lo sfascio attuale ?Era un sacerdote un po’ settario,ma sicuramente alla sua missione di prete e di educatore  credeva profondamente. E seppe anche pagare di persona per le sue idee. L’antipedagogia del torinese  Francesco de Bartolomeis (che frequenta ancora le piscine a 90 anni) ha sicuramente delle responsabilità maggiori.Tra lui e Quazza negli studi storici è difficile stabilire una graduatoria.

 

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  I matti eliminati per legge ?

Il maggior psichiatra torinese, Pier Luigi Furlan,  figlio dello scrittore Pitigrilli, ha pubblicato il libro “Sbatti il matto in prima pagina”, edito da Donzelli ,nel quale documenta accuratamente attraverso lo studio dei giornali dell’epoca il lungo dibattito che portò alla eliminazione dei manicomi. Una pagina drammatica che Furlan,medico e scienziato di fama internazionale,ci fa rivivere in tutta la sua complessità. Così nacque la legge  180, detta anche legge Basaglia dal nome del suo ispiratore :la partorì  “Psichiatria democratica”,un movimento destinato ad essere egemone,come altre associazioni simili nel campo della magistratura e della scuola. Certo, i manicomi erano dei “lager”,anche magari delle fabbriche di follia,ma  ci sarebbe oggi  da domandarsi se alla legge Basaglia sono seguiti provvedimenti che vadano oltre il dogma,tutto ideologico, di  affrontare il problema delle patologie mentali come se fossero il prodotto dell’oppressione sociale capitalista.  Abolire i manicomi-lager è stato giusto, anche perché la legge istitutiva del 1904 era stata stravolta dal fascismo,ma negare un adeguato appoggio a chi abbia reali problemi è tutt’altra cosa . Lasciare famiglie in difficoltà  abbandonate a sé stesse è stato ed è un gravissimo errore. L’idea che non si tratti di malati, ma di disturbati è stata perdente. Quanti sono a Torino i barboni lasciati al loro destino o costretti ogni tanto al TSO, trattamento sanitario obbligatorio?

Un drammatico caso recente torinese  ha messo in evidenza che cosa sia il TSO anche per persone che vivono in famiglia. Avevano ragione i radicali di Pannella e i liberali di Malagodi ad opporsi alla legge 180.Pannella voleva il referendum per l’abolizione  della legge sui manicomi del 1904,ma si oppose alla legge Basaglia,vedendo lontano. Occorre riprendere i temi liberali per porre argine ad una situazione che, con la mancanza di risorse e con un ridimensionamento del Servizio Sanitario Nazionale,si fa esplosiva.Ieri ho rivisto in una piazza torinese una donna che chiede aiuto ai passanti da almeno quindici anni.Sempre lo stesso volto,invecchiato,ma sempre la stessa richiesta di un panino per mangiare. Non credo che le possa bastare un panino.  Occorrerebbe ben altro. E poi ci sono i drammi della violenza fuori e all’interno delle famiglie,degli uxoricidi e degli omicidi che dominano le cronache dei giornali. Sono tutti raptus improvvisi? Sono tutti frutto della gelosia che fa perdere la testa ?

 

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 Villafranca sabauda

Oggi, anzi dagli anni 50, è diventata Villafranca Piemonte, ma il suo nome storico è Villafranca Sabauda, paese vicino a Cavour. I repubblichini di Salò cancellarono  il “sabauda”, e ,non subito a ridosso dal referendum del 2 giugno 1946,ma negli anni Cinquanta, si inventarono Villafranca Piemonte,modificando un vecchio nome ,quello di Villa Piemonte. Anche Venaria reale divenne per un certo periodo solo Venaria,ma poi l’esistenza della reggia impose anche ai faziosi di ripensare ad una scelta che negava in modo palese la storia.Benedetto Croce, nel suo viaggio torinese dopo la guerra, aveva scritto a Filippo Burzio lamentando i cambiamenti della toponomastica cittadina volti a cancellare alcuni nomi dei Savoia. Il senso della storia non poteva consentirlo, scrisse il filosofo. Non si capisce perché Villafranca non senta la necessità di riprendere il suo storico nome. Conservo la lettere e le cartoline di Vittorio Prunas Tola, che passava l’estate  nell’antica casaforte di Marchierù e che datava sempre le sue missive ,scrivendo Villafranca Sabauda. Non era il  vezzo di un vecchio nobiluomo d’antico stampo,e ra la storia.

* Direttore del Centro “Pannunzio”

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 LETTERE

La rubrica è seguita da molti lettori che mi scrivono. Mi sembra giusto riservare loro uno spazio. Pubblico una lettera,scegliendola tra quelle che mi hanno espresso dissenso.

PFQ

“Lei scrivendo dei 150 anni de “La stampa”,ha messo in luce che Valerio Castronovo  ha scritto un’opera  in cui “ricostruisce con rigore la storia di un  secolo e mezzo in cui egli inserisce magistralmente (sic) quella del giornale “. Ma non ha letto le critiche persino di Jas Gawronski, amicissimo dell’avv. Agnelli e un tempo anche suo? Gawronski lamenta come non si sia parlato di fatto dei direttori de “La stampa” del ventennio. Cosa ne pensa ? E’ rigore storico ignorarli?”

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Castronovo, uno dei nostri migliori storici in assoluto, ha scritto ,come avevo rilevato,una storia di 150 anni di vita italiana in cui ha  inserito la storia del giornale. Quindi non si tratta di una storia del giornale vera e propria,come forse sarebbe stato auspicabile.Non ho difficoltà a dar ragione a Jas, di cui resto amico oggi come ieri :dopo decine d’anni anche i direttori di epoca fascista vanno storicizzati. Tra il resto , Curzio Malaparte ed Alfredo Signoretti non erano certo dei direttorini. Malaparte,tra il resto, finì al confino  fascista e, dopo la guerra, aderì al partito comunista. La storia è sempre più complessa di quello che si possa pensare.

Apic: ecco i pannelli contro le barriere uditive

Il Progetto APIC di sensibilizzazione sulle barriere uditive è ormai alle battute finali, in questi giorni l’associazione sta completando l’attività di installazione degli 11 pannelli portatili ad induzione magnetica donati ad un gruppo di ospedali piemontesi scelti tramite le segnalazioni dei propri soci. A suo tempo erano state contattate le principali direzioni sanitarie ospedaliere del Piemonte proponendo loro l’installazione del pannello sui banchi degli sportelli di accoglienza dei principali presidi. 

I pannelli portatili a induzione magnetica, scelti e messi in donazione sono utilizzabili senza particolari problemi sui banchi di accoglienza, informazioni o a discrezione del presidio in altri punti di contatto con il pubblico, ciò in modo da agevolare i portatori di protesi acustica e impianto Cocleare nella comprensione del parlato, soprattutto in locali dove il rumore di fondo può essere molto fastidioso, facendo in modo che le informazioni dell’addetto trasmesse dall’ausilio direttamente alla protesi dell’utente siano più facilmente comprensibili. L’iniziativa è stata attivata dall’APIC in seguito all’assegnazione del contributo derivante dalla scelta dei cittadini sul 5 per mille relativo all’anno 2013, con il quale l’associazione ha deliberato l’acquisto di apparecchiature atte al superamento delle barriere sensoriali che riguardano il deficit uditivo e /o sordità. Il progetto oltre ad agevolare le persone con problemi uditivi punta a promuovere l’uso delle tecnologie assistive, ormai utilizzate da un sempre crescente numero di persone e strutture, fino a diventare prassi ormai collaudate in moltissime nazioni non solo europee.

 
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APIC – Associazione Portatori Impianto Cocleare www.apic.torino.it – info@apic.torino.it

A.P.I.C. è un’associazione a carattere volontario senza fini di lucro sorta a Torino nel 1998 ad opera di pazienti sordi profondi sottoposti ad intervento per impianto cocleare presso il Servizio di Audiologia e Foniatria dell’Ospedale Molinette.  L’Associazione costituisce un punto di riferimento, di aiuto reciproco e supporto per i portatori di impianto cocleare e per i candidati all’intervento, inoltre, promuove e favorisce iniziative che rendano migliore la qualità di vita dei pazienti, coinvolgendo nei progetti il personale medico e tecnico e sensibilizzando le strutture pubbliche – sanitarie e non – per un miglioramento dell’assistenza e per la diffusione dell’informazione su questo innovativo trattamento della sordità profonda. L’iscrizione all’A.P.I.C. è aperta a tutti e costituisce il modo più semplice per sostenere chi si adopera per tutelare i diritti dei non udenti favorendo la corretta conoscenza dell’impiego dell’impianto cocleare

Il rilancio della montagna passa da turismo e agricoltura

Turismo ed agricoltura sono due grandi pilastri per la vita della montagna. Si tratta di un binomio la cui validità viene confermata dai bandi del Programma di sviluppo rurale della Regione Piemonte. L’argomento sarà al centro, sabato 25 febbraio a Pomaretto, di un convegno (dalle ore 9,30) organizzato dal Comune con Asproflor (Associazione dei Produttori florovivaisti) e Uncem nella Sala del Teatro valdese.  Dopo gli interventi di introduzione di Danilo Breusa, Sindaco di Pomaretto, Renzo Marconi, Presidente Asproflor, e Rossana Turina, FedAgri Confcooperative Piemonte, seguiranno le relazioni di Marco Bussone, Uncem Piemonte (Le associazioni fondiarie e PSR 2014/2020), Marello Cristina, Nutraceutica (Diversificazione colturale in aree montane e marginali), Matteo Zappino, Associazione Antichi Mais Piemontesi (Esperienze di coltivazione e filiera di antiche varietà di mais), Paolo Clapier, Dottore Forestale (Foraggicoltura di montagna in Val Chisone), Piercarlo Tivano, Scuola Agraria Salesiana Lombriasco (Le culture minori e attività connesse per l’integrazione del reddito nelle aree inter). Poi una serie di buone pratiche, introdotte dal vicepresidente di Asproflor Sergio Ferraro: Enrico Bernard, Titolare Elysir distilleria Bernard di Pomaretto, Paolo Cavallo, Titolare della distilleria LAR-ICE di Pragelato, Piero Ferrero, Presidente Cooperativa di Pancalieri (lavorazione, distillazione e commercializzazione di oli essenziali di erbe aromatiche), Samanta Badini e Simone Braguzzi, Titolari Ditta Erbe di Montagna di Pianfei. Conclusioni (prima della degustazione di prodotti) di Silvana Nicola dell’Università di Torino, Dipartimento di Scienze Agrarie, Forestali e Alimentari e di Moreno Soster della Regione Piemonte, Direzione Agricoltura Settore Produzioni Agrarie. “Vogliamo mettere un nuovo tassello nella costruzione dello sviluppo delle nostre valli – spiegano Danilo Breusa, sindaco, e Sergio Ferraro, vicepresidente Asproflor – Ci sono importanti esperienze di imprese che sono modello per altre nuove, dove l’innovazione incontra il territorio e ne escono prodotti unici, dal grandissimo valore aggiunto. Ci sono fondi europei del Psr, e non solo, da drenare sul territorio. C’è anche la legge sull’associazionismo fondiario che prova a mettere un argine ad abbandono e invasione del bosco. L’agricoltura torna a essere un settore trainante anche per la montagna, dopo decenni di abbandono. Ma non va presa come ‘ultima spiaggia’ o come ripiego. Dobbiamo aiutare le nuove imprese a crescere e a dare valore e mercato ai loro prodotti. Servono marketing e comunicazione. Sabato a Pomaretto parleremo anche di questo”.

Massimo Iaretti

 

MERCATI FINANZIARI IN BOLLA: POI, NON DITE CHE NON VE LO AVEVAMO (DA ANNI) DETTO

Riporto testualmente da questo “lancio” su Borsaitaliana: “…non sarà semplice spegnere la bolla sull’azionario, neanche utilizzando estremi rimedi. L’ascesa dei mercati finanziari è diventata difficilmente gestibile. L’indice Dow Jones è esattamente triplicato dal minimo del 2008 ad oggi. Dopo aver ignorato per anni l’evidenza di una bolla azionaria, la Fed ora è costretta ad agire.”  Poi, traetene voi le conseguenze ( potenzialmente, ma sarebbe equo, catastrofiche per i mercati finanziari).

http://www.borsaitaliana.it/borsa/notizie/market-insight/dettaglio/148189.html

 

 

 

 

“M’illumino di meno”: anche il Poli scende in campo

Anche quest’anno il Politecnico di Torino parteciperà a “M’illumino di meno”, l’iniziativa della trasmissione di Radio Rai “Caterpillar” per promuovere il risparmio energetico e i comportamenti virtuosi nell’ambito della sostenibilità ambientale, giunta ormai alla sua tredicesima edizione.

L’Ateneo da sempre promuove attività volte a promuovere la sostenibilità e mette in campo azioni concrete per il risparmio energetico delle proprie strutture. In particolare, sono diverse le novità in campo energetico promosse dal Politecnico nell’anno passato: la progressiva sostituzione dei vecchi infissi (quasi 2000 mq) per contenere i consumi termici e migliorare il comfort termico; il nuovo impianto fotovoltaico da 600 kW che sta per essere allacciato alla rete, affiancandosi a quello da 35 kW esistente; la nuova centrale frigorifera ad alta efficienza con condensazione ad acqua di pozzo da 1500 kW, per sostituire i vecchi ed inefficienti condizionatori individuali della zona Nord del Politecnico, per citare solo alcune delle azioni più significative.

Per quanto riguarda l’iniziativa “M’illumino di meno”, i due appuntamenti in programma quest’anno rientrano tra le azioni promosse dal Green Team del Politecnico di Torino, una struttura nata all’interno del Politecnico per promuovere attività di valorizzazione di comportamenti virtuosi dal punto di vista della sostenibilità e per condurre un percorso condiviso di accreditamento dell’Ateneo come campus sostenibile.

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Queste le due iniziative proposte dal Politecnico:

 

Switchmob – Un flashmob per il risparmio energetico

Giovedì 23 febbraio, ore 19.00

Il Politecnico si preparerà a “M’illumino di meno” con un evento realizzato in collaborazione con Ingegneria Senza Frontiere – Torino: studenti e personale dell’Ateneo invaderanno aule e corridoi a caccia delle luci rimaste accese a fine giornata negli spazi comuni. L’obiettivo è quello di aumentare la consapevolezza del personale e degli studenti verso le tematiche del risparmio e dell’uso consapevole dell’energia.

I risultati della campagna saranno monitorati in diretta attraverso la struttura del Living LAB, misurando le riduzioni del consumo energetico.

Al termine, un rinfresco a lume di candela per tutti i partecipanti.

 

IL PROGRAMMA

ore 19.00: Ritrovo presso il cortile del Rettorato; a seguire, formazione dei gruppi e campagna di spegnimento delle luci

 

ore 20.30: Aperitivo a lume di candela per tutti i partecipanti presso l’atrio della Sala Consiglio di Facoltà

 

M’illumino con Meno – Aumentiamo l’efficienza energetica nell’illuminazione

24 febbraio 2017, ore 10.00 – Sala Consiglio di Facoltà

L’evento sarà incentrato sul tema dell’efficienza energetica nell’illuminazione, argomento di attualità per la Pubblica Amministrazione in relazione alle possibilità offerte dagli attuali incentivi (Conto Termico).

Il Politecnico intende avviare una sperimentazione sull’utilizzo di apparecchi illuminanti a LED in sostituzione degli apparecchi esistenti, con l’eventuale aggiunta di sensori di presenza e luce, e per promuoverla presenterà nel corso dell’evento una richiesta di manifestazione di interesse per coinvolgere operatori disposti a fornire gratuitamente il materiale necessario alla sperimentazione. Saranno effettuate, presso il Living Lab dell’Ateneo, campagne di misura prima e dopo l’intervento di sostituzione, con l’obiettivo di testare in campo l’effettiva riduzione dei consumi di energia elettrica. La sperimentazione riguarderà alcuni locali campione della Sede Centrale (alcuni uffici, un corridoio, un passaggio tecnico).

I risultati della sperimentazione saranno pubblici e potranno fornire indicazioni per eventuali futuri appalti relativi a interventi di sostituzione su più vasta scala.

 

IL PROGRAMMA:

ore 9.30 Saluti istituzionali: Le politiche di sostenibilità del Politecnico di Torino | Stefano Paolo Corgnati, Politecnico di Torino, Vice Rettore alla Ricerca

 

ore 9.45 Introduzione | Gian Vincenzo Fracastoro, Politecnico di Torino, Energy Manager

 

ore 10:00 Presentazione della sperimentazione sull’illuminazione a LED | Giulio Cerino Abdin, Politecnico di Torino, Dipartimento Energia

 

ore 10.15 Tavola rotonda con

Gianfranco Presutti, Città di Torino, direttore Area Sviluppo, Fondi Europei, Smart City

Silvio De Nigris, Regione Piemonte, referente progetto europeo 2020Together

Marco Glisoni, Arpa Piemonte, referente Educazione e Promozione Ambientale

 

modera Alberto Poggio, Politecnico di Torino, Dipartimento Energia

 

ore 11.15 Dibattito con il pubblico

 

ore 11.45 Conclusioni

 

(foto: il Torinese)

Torino, il popolo di Facebook è contro il blocco del traffico

Il “Torinese” ha condiviso sulla propria pagina Facebook il video realizzato dalla sindaca Appendino, in cui spiega le ragioni del blocco del traffico.

“Nessuno pensa  che queste azioni possano essere la soluzione definitiva sul lungo periodo: quella passa dal cambio di mentalità di ognuno di noi.Una città con meno auto non è solo una città più pulita: è una città più vivibile. Per i pedoni, per chi sceglie i mezzi pubblici che potranno essere più veloci ed efficienti, e per chi si muove in bicicletta, che diversi studi dimostrano essere il mezzo più veloce e salutare sulla pressoché totalità degli spostamenti urbani”, spiega la prima cittadina sul social. Ma i  commenti del “popolo di Fb” postati sulla nostra pagina sono stati quasi esclusivamente negativi. I torinesi non hanno apprezzato lo stop alle auto, anche perché i risultati positivi sulla qualità dell’aria non si sono fatti vedere nella misura in cui si sperava. Riportiamo, di seguito,  alcune delle opinioni dei nostri lettori.

 

Danilo Migliarese
Danilo Migliarese Per carità. La credevo più furba quando l’hanno eletta. Invece anche lei è solo buona a intervenire sull’ultima ruota del carro (i cittadini) ai quale sta arrecando danni per andare a lavorare, portare bambini a scuola ecc.
Pietro Calò Di solito le vie periferiche erano più scorevoli ,adesso con il traffico deviato sono intasate , e secondo lei in quelle vie anziani e bambini non ne abitano ! Glielo dico di nuovo alla 5S vaffa… !

 

Giovanna Mare
Giovanna Mare La salute dei cittadini la sta avvelenando lei perché ogni mattina devono sperare in un buon samaritano che li accompagni al lavoro o fare la via crucis dei pullman spie ci sia una rivolta anche a Torino come quella di Roma e poi lei come sindaco nn è dalla parte dei cittadini ma dei soldi visto quello che sta combinando
Angelo Gilin Maggiora

 

Angelo Gilin Maggiora E per incentivare i mezzi pubblici hanno pensato bene di vessare gli abbonati facendoli “bippare” ogni volta che salgono su un mezzo pubblico. Complimenti per la coerenza

 

Adriano Peri
Adriano Peri E rimettere i controlli sui gas di scarico ,vecchio bollino blu ma con più controlli specie ai meccanici che se non fanno bene il loro lavoro vengano sanzionati non trovo giusto penalizzare quelli che regolarmente fanno controlli e che sono in regola

 

Sergio Massaglia
Sergio Massaglia un controllino alle centinaia di condomini che bruciano gasolio?
pianificare un traffico più scorrevole invece di fermarlo a 20km/H?
.. queste cose le insegnano alla bocconi?

 

Luigi Pelosato
Luigi Pelosato La situazione di oggi è grazie a tutte le precedenti amministrazioni che hanno fatto nulla e non all’ultima arrivata. Guardate la viabilità, i semafori non sincronizzati, rotonde perditempo, strettoie e restringimenti, tutto porta al rallentamento e quindi emissioni. Perché negli anni sono stati tolti i tram e i filobus elettrici ? Tutto questo non l’ha fatto l’ultimo sindaco gente !

 

Costanza De Maso
Costanza De Maso Forse, non vi ricordate negli anni passati, quante domeniche di stop e di giorni che non si circolava? E quindi??? Io ricordo bene, con Fassino e i suoi accoliti!!!
Michele Giorgio
Michele Giorgio Fermate tutti coloro che lavorano in ufficio o i signori e le signore che con l’ultimo modello di vettura vanno a fare shopping e lasciate lavorare chi utilizza l’auto per poterlo fare.
Fate azioni di responsabilità civica, non pensate solo alle casse comunali con multe ai disperati che girano per la città per lavoro.

 

Beppe Baio
Beppe Baio Certo la parlantina non le manca, tuttavia il blocco dei terribili motori Diesel non ha ridotto, di quanto si prevedeva il livello d’inquinamento, si deduce che non è la soluzione risolutiva al problema,

 

Sandro Piutti
Sandro Piutti Bisogna tenere sotto controllo le temperature dei locali pubblici , no 25 gradi in ambiente , e controllare camini e stufe a pallets

 

Candido Bottin
Candido Bottin Due esaltate incapaci che creano solo disagi ai cittadini.

 

Pino Lionetti
Pino Lionetti Forse è più democratico, e ci sarebbero meno auto in giro, con il targhe pari e dispari.
Marco Perucca
Marco Perucca ma usare un po di più i mezzi pubblici invece di spostarsi in macchina per fare 20 metri no eh? troppo belle le comodità. la verità è che siamo troppo pigri e ci meritiamo tutta sta merda che respiriamo.

 

Candido Bottin
Candido Bottin Che poi si basano su dati Arpa del 2010 quando non esistevano ancora le euro 5 e 6 e le auto più diffuse erano le euro 3 e 4.

 

Luigi Muttarrusso
Luigi Muttarrusso se questo e il probliema perche si mettono in vendita i diesel che inquinano cosi tanto?e poi non si agisce anche su tutti i riscaldamenti a gasolio o a legna e stufe a pallet la maggior parte sono del comune?

 

Gianni Montalenti
Gianni Montalenti Può darsi che i dati Arpa abbiano un valore ma i fatti evidenti indicano che le restrizioni di viabilità non migliorano la situazione e pertanto il blocco come già in passato non funziona e non è pertinente.

 

Silvano Genre
Silvano Genre Non tutti possono fisicamente utilizzare le biciclette ed i mezzi pubblici fanno pena, per non parlare poi dello stato delle strade!!!!

 

Demetrio Iaria
Demetrio Iaria la salute viene prima di tutto?ma se torino e CITTA PIU INQUINATA DI TUTTA L ITALIA

 

Giuseppe Bellucca

Giuseppe Bellucca Ecco i risultati !!!

Nessun testo alternativo automatico disponibile.

 

Giovanni Caffi
Giovanni Caffi Brava Sindaca! Continua così

 

Pietro Antonazzi
Pietro Antonazzi Guerra dei poveri🙊🙊 solo questo mi sembra👏👏👏

 

Paolin Mario
Paolin Mario Sai solo parlare ma risultati 0
Ippolito Giovanni
Ippolito Giovanni Sei stata bravissima complimenti

TURISMO, INAUGURATO IL NUOVO INFOPOINT DI PIAZZA CARLO FELICE

La tradizione del cioccolato, le stelle del cinema, dell’architetto Guarino Guarini, della Mole e dei palazzi barocchi sono gli elementi evocativi del nuovo spazio ecosostenibile, interamente finanziato da Fondazione CRT

Da oggi in piazza Carlo Felice davanti alla stazione di Torino Porta Nuova, inaugurato dalla sindaca Chiara Appendino,  Turismo Torino e Provincia ha un nuovo Punto Informativo Turistico ecosostenibile e funzionale per spazi e allestimenti, al servizio dei visitatori che arrivano in città.

 

L’innovativo spazio di accoglienza e informazione è interamente finanziato dalla Fondazione CRT con il sostegno della Città di Torino, della camera di Commercio di Torino e della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per la Città Metropolitana di Torino. Una città che supera i tre milioni e mezzo di presenze all’anno, che conquista primati come meta imperdibile da visitare rispetto a note realtà turistiche italiane, che coniuga perfettamente la storia con l’innovazione in ogni sua espressione, non poteva non stare al passo con i tempi per rispondere alle domande di un mercato turistico sempre più esigente! Porre estrema attenzione ai bisogni dei turisti e tradurle in prestazioni di qualità, suggerendo la soluzione giusta al momento opportuno, è oramai un must!

Ecco che l’accoglienza – una delle principali mission dell’ATL nonché biglietto da visita della città – avrà una nuova casa aperta 365 giorni all’anno, dalle 9 alle 18, a disposizione di turisti, visitatori e cittadini. Al personale, uno staff di informatori multilingue, il compito di accoglierli, di fornire informazioni utili sui luoghi di interesse locale, eventi, manifestazioni, ristoranti ecc… e di proporre prodotti e servizi turistici per agevolarne il soggiorno: dalla Torino+Piemonte Card alle visite guidate al City Sightseeing Torino. “La Fondazione CRT, in sinergia con la Città ed il suo network turistico e culturale, ha reso possibile la realizzazione del nuovo Punto Informativo Turistico di Porta Nuova, pensato come snodo strategico capace di valorizzare e promuovere le eccellenze del territorio – ha dichiarato il Segretario Generale della Fondazione CRT Massimo Lapucci -. Questo spazio ecosostenibile, ‘porta d’accesso’ a una città dalla vocazione sempre più internazionale e aperta all’accoglienza, costituisce anche un nuovo elemento di arredo urbano contemporaneo nel cuore di Torino”. “Per accogliere al meglio chi giunge in visita a Torino – sottolinea Maurizio Montagnese, Presidente di Turismo Torino e Provincia – si è reso necessario dotare la città di uno nuovo spazio, funzionale ed efficiente, in grado di erogare servizi di qualità per rispondere alle innumerevoli richieste considerando che, annualmente, si registrano oltre 86.000 passaggi; riteniamo quindi che l’informazione turistica abbia, sempre più, un’importanza strategica e che, il punto informativo con l’immagine carica di differenti significati, contribuirà ad accrescere nei turisti che lo utilizzano la curiosità a scoprire prospettive meno evidenti della città, sia che si tratti di enogastronomia, cultura o architettura”. La progettazione e realizzazione sono state affidate allo studio di architettura e design U-Layer, fondato sull’esperienza pluriventennale dei due architetti Gian Carlo Tranzatto e Luca Domenichelli: con Emanuele Guastaferro hanno contribuito al successo di “Objecto”, progetto di merchandising ufficiale della Città di Torino, con oggetti come la “Mole Magica” e il “Touret” e “Gianduiotto” usb.

Il progetto prende vita a partire da due elementi principali: l’attenzione per l’ambiente e la capacità evocativa dei loro elementi costitutivi. Il nucleo principale e strutturale è costituito da containers navali usati, modificati e riadattati, operazione in linea con le ultime tendenze internazionali che vedono un sempre maggiore utilizzo di materiali riciclati.
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I containers navali sono uno dei simboli di un mondo sempre più aperto agli scambi, evocano l’idea dello spostamento e del viaggio ma, al contempo, sono divenuti anche un “vuoto a perdere” del trasporto merci con importanti implicazioni ambientali. Un loro riuso acquista quindi un valore virtuoso e simbolico nella sensibilizzazione contro gli sprechi, ed evidenzia importanti opportunità e potenzialità di utilizzo. La “fodera” esterna invece è realizzata in pregiato ottone brunito, materiale totalmente riciclabile, che, con la sua cromia di riflessi dorati, si distingue dagli elementi circostanti e diventa elemento immediatamente riconoscibile. La particolare cromia dorata evoca il rivestimento dei gianduiotti a rappresentare la storica eccellenza della produzione di cioccolato in città. Il decoro esterno è costituito da una texture di particolari stelle a 8 punte che traforano la fodera in ottone svelando il nucleo centrale e trasformando la struttura in una “lanterna magica” tanto cara alla tradizione di Torino come luogo di nascita del cinema italiano. Le stelle sono una stilizzazione di quelle disegnate da Guarino Guarini per la corte interna di Palazzo Carignano, reinterpretate da Carlo Mollino per la facciata laterale del Teatro Regio e utilizzate anche nei recenti restauri del Teatro Carignano; tutti luoghi “magici”, un poco nascosti, da riscoprire in un tour della città più intimo e lento, ma che quando si mostrano al viaggiatore generano un grande senso di stupore e ammirazione. La stella come elemento unificatore delle architetture torinesi si ritrova anche nella Mole Antonelliana e nei disegni interni delle magnifiche cupole barocche della città.
A seguire, verso i primi di marzo, verrà installato con lo stesso concept, il punto informativo in via Verdi angolo via Montebello – nella recente inaugurata “Via delle Stelle” per ricordare il ruolo svolto da Torino nella storia della cultura cinematografica – e il capolinea del City Sightseeing Torino in piazza Castello.

Telemarketing, croce e delizia per molti ma non per tutti

E’ uno strumento che le aziende utilizzano per “comunicare direttamente” con un segmento di clienti che, potenzialmente, usano o “potrebbero” usare il loro prodotto/servizio

 

di Antonio De Carolis*

 

 

Probabilmente ognuno di noi ha ricevuto telefonate da parte di aziende che proponevano prodotti o servizi dal cui acquisto sarebbero derivati enormi vantaggi in termini di risparmio economico o di altri fattori, che variavano da azienda ad azienda.

Sino a qualche anno fa queste telefonate le ricevevamo prevalentemente sui telefoni fissi di casa mentre oggi, sempre più spesso, siamo contattati anche sul telefonino che, per “accordo non scritto”, avevamo qualificato all’origine come “personale”, quasi riservato.

 

A parte un fastidio per i casi di maggiore insistenza o per i contatti reiterati per lo stesso motivo,   non nessun esiste problema che possa giustificare ansia e nervosismo. Abbiamo solo scoperto che, su qualche modulo che non ricordiamo, abbiamo firmato il consenso al trattamento dei dati personali ai fini commerciali. (per tutti i dettagli vedere sito www.garanteprivacy.it).

 

Il telemarketing è uno strumento che le aziende utilizzano per “comunicare direttamente” con un segmento di clienti che, potenzialmente, usano o “potrebbero” usare il loro prodotto/servizio.

 

Un modo come un altro che le aziende utilizzano per “farsi conoscere e scegliere” dal numero più alto possibile di potenziali clienti.

Ma se è tutto così “normale” come stiamo dicendo, perché, quando siamo di fronte ad una di queste chiamate, l’ansia ci assale e assumiamo un “atteggiamento difensivo”, quasi fossimo potenziali “prede” di un nemico invisibile del quale udiamo solo la voce?

 

E’ un problema di scarsa confidenza con il ”mezzo telefonico” o il timore che qualcuno “entri inaspettatamente nel nostro privato”, magari in un momento inopportuno, per parlarci di risparmi su bollette, prodotti per la casa o quant’altro …?

 

Proviamo ad analizzare le due possibilità, partendo dalla “scarsa familiarità con il telefono”.

L’ultimo Rapporto Italia presentato da Eurispes presenta i seguenti dati:

Il 93,1 % della popolazione italiana over 18 ha un cellulare.

Il 75,6 % ha uno smartphone.

Il 99,3 % lo usa per fare e ricevere chiamate.

 

L’85,1 % lo usa per inviare e ricevere sms.

 

Se mai avessimo avuto qualche dubbio, questi numeri confermano ampiamente che il livello di confidenza che abbiamo con il ”telefono”, sia fisso sia mobile, non è un problema per noi italiani. Quindi non ci resta che archiviare il caso catalogandolo come “possibile problema di invadenza nella sfera del privato in momenti poco opportuni”.

 

Personalmente crediamo che ciò sia possibile ma siamo portati a credere sia ancor di più un problema di abitudini e comportamenti.

 

Abitudini perché molti di noi sono soliti fare acquisti avendo di fronte un interlocutore fisico che ascolta, informa e aiuta a scegliere. Una presenza amica che psicologicamente rappresenta un presidio a garanzia della bontà dell’acquisto e un supporto in caso di necessità.

 

Questo è, per tutti i venditori, l’apoteosi del rapporto di vendita, il massimo riconoscimento che un cliente possa offrire al proprio consulente commerciale.

 

Il cliente è sempre più esigente e, come ammoniva la pubblicità di un noto brand caseario che molti ricorderanno, “La fiducia è una cosa seria e si dà alle cose serie”. Per questo forse, non tutti riescono a fare questo lavoro con successo.

 

Qualcuno potrebbe definire ovvio il fatto che una persona “in carne e ossa” generi “più fiducia” di una voce al telefono o di una videata del computer e così dicono anche la statistica sull’e – commerce,   presentata da Eurostat, che vede l’Italia al 27mo posto in Europa.

 

Quota d’individui che hanno effettuato acquisti online negli ultimi 12 mesi

Ciò che non deve sfuggire però è che il trend è in costante sviluppo, il numero di persone che scelgono questo canale di vendita, infatti, cresce sia in numero sia in valore delle transazioni, nel 2016 le ricerche parlano del + 19% rispetto allo scorso anno. (fonte studio Casaleggio)

Fonte: elaborazione 2016 – studio Casaleggio

 

Una riflessione va fatta anche su chi è l’operatore di telemarketing e su come svolge la propria attività.

La maggior parte di essi opera all’interno di call center composti di un numero più o meno elevato di operatori preparati per fissare, in pochi minuti, un appuntamento o vendere il proprio prodotto. Nel primo caso parliamo di Telemarketing, nel secondo di Teleselling.

 

L’attività può essere di tipo inbound e outbound.

 

Gli operatori inbound hanno il compito di rispondere alle telefonate ricevute, ad esempio, per un servizio informativo, un servizio di assistenza o per un acquisto a mezzo telefono.

 

Gli operatori outbound, invece, hanno il compito di contattare telefonicamente i nominativi presenti su una lista autorizzata e in regola con quanto previsto dalla legge sulla privacy .

 

Due professionalità con abilità e preparazioni simili ma diverse, che utilizzano il telefono come strumento di contatto allo scopo di soddisfare i bisogni palesi o latenti dell’interlocutore.              

 

 Un obiettivo molto chiaro e positivo, se vogliamo in alcuni casi anche socialmente utile, che consente alle aziende di comunicare con il proprio mercato acquisendo, ove l’offerta risponda alle reali esigenze, clienti a costi più contenuti rispetto a quelli di una visita del venditore o di altre forme di pubblicità.

 

Ma allora verrebbe da chiedersi: se chi ci chiama è preparato, se gli scopi sono positivi, perché si è dovuti arrivare a istituire l’Autorità del Garante della protezione dei dati personali, il registro delle opposizioni e focalizzare sempre più la nostra attenzione sul rispetto della privacy di ogni cittadino?

 

Qualcuno direbbe: ”Perché i comportamenti umani e la cultura del rispetto degli altri variano da persona a persona, quindi è necessario fissare normative precise a riguardo di un modello operativo a cui tutti devono attenersi nello svolgimento del proprio lavoro. Una sorta di rielaborazione del vecchio concetto, valido ancora oggi, “ La libertà personale finisce dove comincia quella degli altri”.

Il telemarketing è uno “strumento”, è chi lo usa che lo rende “ positivo o negativo”.

Le vendite push (per intenderci quelle fatte con eccessiva insistenza…) o peggio ancora le vendite “forzate”, producono solo una visione negativa e un sentimento d’intolleranza nei confronti delle persone che svolgono un’attività commerciale e del marchio che rappresentano, creando danni molto gravi all’immagine del ruolo e dell’azienda.

 

Meglio una vendita in meno che un cliente scontento perché parlerà male di noi con amici e conoscenti generando, di fatto, una referenza negativa, assai più virale di quella positiva.

 

Le aziende sanno benissimo tutto ciò e destinano importanti risorse economiche alla formazione del personale, alla sempre migliore selezione dei nominativi, delle modalità e dei tempi più idonei al contatto del segmento di potenziali clienti identificato.

 

Siamo fermamente convinti che un’offerta veramente adeguata ai bisogni, un prezzo allineato al valore offerto, e una relazione professionale cordiale e trasparente siano le chiavi di successo di ogni trattativa, sia essa svolta di persona sia essa fatta al telefono.

 

Buoni acquisti a tutti.

 

Antonio DE CAROLIS

Presidente CDVM – Club Dirigenti Vendite e Marketing

presso Unione Industriale di Torino

www.cdvm.it

 

Torino promuove il laser verde che guarisce la prostata

Lo dimostra uno studio italiano pubblicato sulla prestigiosa rivista International Urology and Nephrology. La “luce verde” guarisce la prostata ingrossata, salva il sesso e tutela il cuore. Greenlight grazie all’evoluzione della tecnica è ora in grado di operare maxi prostate di grosso volume, finora trattabili solo con la chirurgia open invasiva e con inevitabili complicanze.

 

Torino in prima linea con Greenlight, il laser al triborato di litio, l’unico che per la prima volta guarisce in anestesia spinale e con dimissione in 24 ore l’ipertrofia prostatica benigna (IPB), l’ingrossamento della prostata che colpisce l’80% degli italiani ultra 50enni, proteggendone nello stesso tempo il cuore e la sessualità. Alle Molinette in 3 anni sono stati operati con successo oltre 500 pazienti.

 

“La tecnica laser”, dice il dottor Paolo Destefanis, endourologo presso l’Urologia universitaria dell’ospedale Molinette della Città della Salute di Torino “si effettua in endoscopia (senza alcuna incisione cutanea) e vaporizza con precisione millimetrica solo l’eccesso di tessuto prostatico, ristabilendo una normale minzione. L’istantanea coagulazione dei vasi che evita il sanguinamento, fa del laser verde lo strumento d’elezione per l’oltre un milione di pazienti con gravi malattie cardiovascolari in cura con anticoagulanti e/o antiaggreganti, che ora possono essere operati in tutta sicurezza senza mai sospendere la terapia salvavita (come invece avviene con la chirurgia tradizionale), un evento che li esporrebbe a seri rischi cardiocircolatori. La metodica (che è a totale carico del Servizio Sanitario Nazionale in 50 centri con un totale di tremila interventi) è stata promossa a pieni voti dagli stessi pazienti operati e guariti, come dimostrano i risultati di un recente studio effettuato dai massimi esperti italiani e pubblicato a gennaio sulla prestigiosa rivista internazionale International Urology and Nephrology.

Lo studio multicentrico è stato svolto su 367 pazienti provenienti da sei Centri ospedalieri italiani Torino, Cuneo, Modena, Pordenone, Vasto, Chieti.

 

BISTURI ADDIO

“Per l’ipertrofia prostatica benigna con Greenlight siamo a un punto di svolta fondamentale”, sottolinea il dottor Paolo Destefanis delle Molinette, uno degli esperti che ha partecipato allo studio. “Siamo prossimi alla totale abolizione dell’intervento a cielo aperto, quello con il bisturi. Ben 99 pazienti operati su 100 si sono dischiarati soddisfatti sia dell’intervento in sé sia della scomparsa dei sintomi causati dalla patologia (difficoltà ad urinare, insopprimibile urgenza e frequenza minzionale anche notturna, sensazione di incompleto svuotamento della vescica, ritenzione urinaria, bruciore alla minzione )”.

 

ANCHE MAXI-PROSTATE

“Lo studio”, precisa Destefanis, “evidenzia anche l’evoluzione della tecnica Greenlight, che ha ora reso possibile l’intervento laser su prostate di notevoli dimensioni, fino a 250 grammi (la prostata sana pesa 15-20 grammi) finora operabili solo con la chirurgia open invasiva e con complicazioni (fino al 20% di rischio emorragico). L’intervento mininvasivo si effettua per via endoscopica in anestesia spinale. La fibra laser, introdotta dal pene nell’uretra attraverso un sottile cistoscopio, vaporizza con estrema precisione solo l’adenoma senza toccare la capsula. L’azione selettiva dell’energia laser consente di irradiare solo tessuto adenomatoso, che viene prima “isolato” (scollato) dalla capsula prostatica e poi vaporizzato con precisione millimetrica. Questo impiego del laser verde, indicato con il nome di vaporizzazione anatomica, elimina in modo completo e radicale tutto il tessuto dell’adenoma evitando così il rischio di recidive e di sintomi irritativi (bruciore ed urgenza post operatori ) risolvendo definitivamente l’IPB”.

“Greenlight”, continua l’urologo torinese, “non causa danni ai nervi dell’erezione e della continenza urinaria in quanto agisce all’interno della ghiandola prostatica non toccando la superficie (è come svuotare un’arancia lasciando inalterata la buccia), là dove scorrono i nervi deputati alla funzione erettile ed a regolare la continenza. Il laser verde offre un’immediata risoluzione dei sintomi e della minzione, mentre il ricorso al catetere è inferiore alle 24 ore. La maggior parte dei pazienti torna a casa dopo una notte di ricovero e riprende le normali attività nel giro di pochi giorni”.

 

328 MILIONI PER I FARMACI

“L’ipertrofia prostatica benigna (IPB), che consiste nell’ingrossamento della prostata”, spiega il professor Paolo Gontero, Direttore di Urologia universitaria dell’ospedale Molinette della Città della Salute di Torino, “è la malattia urologica maschile più diffusa interessando l’80% degli ultra 50enni italiani. Si contano 400mila interventi all’anno, è quindi secondo solo all’intervento di cataratta (500mila), che però colpisce entrambi i sessi, mentre l’IPB interessa solo i maschi, con 14.854 ricoveri, una spesa per la terapia farmacologica di quasi 328 milioni di euro e 74.834 giornate di assenza dal lavoro. L’IPB incide pesantemente sulla qualità di vita con difficoltà ad urinare, insopprimibile urgenza ed aumentata frequenza minzionale anche notturna, e nei casi più gravi ritenzione urinaria che richiede il ricorso al catetere per svuotare la vescica”. Quando la prostata si ingrossa ed ostruisce il passaggio dell’urina ed i farmaci non sono più efficaci, bisogna asportare il tessuto in eccesso (adenoma ) con un intervento chirurgico, che oggi conosce la sua espressione più aggiornata nella tecnica mininvasiva del laser “a raggio verde” Greenlight, al triborato di litio.

 

 

 

 

 

Quale bioeconomia per il Piemonte?

“Il cambiamento climatico e lo squilibrio ecosistemico, l’instabilità dei mercati economici, l’acuirsi del divario fra ricchi e poveri a livello globale dichiarano la necessità di trovare nuove forme per produrre e consumare sfuggendo al paradosso che sia l’uomo a vivere perché il sistema economico possa produrre e non viceversa. In tal senso la bioeconomia può rappresentare un’occasione per il nostro paese di tornare a crescere e deve essere sostenuta dalla politica e dalla società civile tutta. Anche allo scopo di riconquistare competitività nel confronto mondiale dobbiamo reimpostare il nostro sistema produttivo, integrando la sostenibilità etica e ambientale a quella sociale che rimane il primo obiettivo”. Così Mauro Laus, presidente del Consiglio regionale, ha aperto i lavori del seminario Quale bioeconomia per il Piemonte? Analisi e prospettive che si è svolto oggi nell’Aula di Palazzo Lascaris, moderato dal giornalista ed esperto in storie d’impresa Adriano Moraglio.

“La bioeconomia si inserisce all’interno delle priorità indicate dall’Unione europea per l’uso dei fondi comunitari nella programmazione 2014-2020”, ha spiegato l’assessora regionale alle Attività produttive, energia, innovazione e ricerca Giuseppina De Santis. “Non significa solo riutilizzare lo scarto e i rifiuti ma, nell’ottica di una valorizzazione circolare delle risorse, impostare anche il design iniziale dei prodotti per renderli riutilizzabili al termine della loro vita produttiva. La Regione, oltre a stanziare fondi per la ricerca in tal senso, intende orientare la programmazione 2014-2020 per la realizzazione di 1 o 2 filiere locali, che creino concrete occasioni di sviluppo per il territorio”.

La bioeconomia definisce quel settore economico che utilizza le risorse biologiche, provenienti dalla terra e dal mare, e i rifiuti come materie prime per la produzione energetica, industriale, alimentare secondo un’ottica di sostenibilità ambientale e sociale.

“Nel 2012 l’Unione europea ha lanciato una strategia per la bioeconomia allo scopo di produrre cibo in migliori quantità e qualità, ridurre la dipendenza dalle fonti energetiche fossili e sfruttare le ricchezze provenienti dal mare, attraverso percorsi efficienti e a basso impatto per l’ambiente”, ha dichiarato Fabio Fava, rappresentante italiano per la Bioeconomia in Horizon 2020 e public private partnership biobased industry. “In particolare oggi è indispensabile agire per interconnettere meglio i diversi settori coinvolti, per aumentare i prodotti e ridurre gli scarti”.

A livello europeo la bioeconomia genera un giro d’affari di oltre 2 bilioni, per il 75% nell’ambito dell’agrifood e rappresenta il 9% dell’occupazione.

“In Italia la bioeconomia vale 251 miliardi e occupa 1,65 milioni di persone, incidendo per il 20% sulla produzione nazionale”, ha commentato Serena Fumagalli, economista della Direzione studi e ricerche di Intesa Sanpaolo. “Il paese si caratterizza per una elevata diversificazione produttiva, incidente non solo quindi nell’ambito dell’industria alimentare ma per esempio anche in quella della carta e della trasformazione del legno, benché il valore totale della produzione sia inferiore rispetto a quello di Spagna e Francia”.

L’Italia nel settembre 2016 ha elaborato una strategia nazionale in materia grazie al lavoro congiunto dei Ministeri dell’Agricoltura, della Ricerca, dello Sviluppo economico e dell’Ambiente con l’obiettivo di migliorare la sostenibilità e la qualità dei prodotti nei settori di trasformazione, potenziando i collegamenti fra industria alimentare, del legno, bioraffinerie e settore del biogas e per incrementare i numeri del comparto del 20% entro il 2030.

Della ricerca su tecnologie che permettano di recuperare all’interno dei processi produttivi anche gli scarti di carbonio ha parlato Guido Saracco, direttore Centro per le tecnologie future e sostenibili – Istituto italiano di tecnologia, che ha messo in evidenza da un lato la necessità, sollecitata da recenti accordi internazionali, di ridurre ulteriormente le emissioni dei gas serra e dall’altro l’evidenza di una forte produzione di carbonio proveniente sia da scarti alimentari sia da combustione: “la sfida ora è utilizzare il carbonio per ottenere nuovi prodotti combustibili rinnovabili”.

Un nuovo approccio sistemico nella gestione delle risorse, in grado di attivare un sistema produttivo ed etico più adeguato all’uomo e all’ambiente è stato descritto da Luigi Bistagnino, fondatore e presidente della Systemic approach foundation.

Il seminario ha inoltre ospitato le testimonianze di realtà industriali e agricole particolarmente attive nell’ambito della bioeconomia.

Giulia Gregori, responsabile Novamont pianificazione strategica, ha raccontato l’esperienza di Novamont dalla cui ricerca è nata Mater Bi, bioplastica da fonte rinnovabile, mentre Sandro Cobror, responsabile Relazioni istituzionali del Gruppo Mossi e Ghisolfi, ha spiegato come la sua azienda abbia sviluppato e applicato l’utilizzo di risorse energetiche rinnovabili come il bioetanolo ricavato da biomasse non alimentari nell’attività chimica.

Michele Bechis, presidente Capac – Consorzio agricolo piemontese per agro-forniture e cereali, ha invece illustrato i risultati positivi del progetto di raccolta dei tutoli (scarti) di mais finalizzato alla produzione di biogas.

“Con la bioeconomia si affaccia non solo un cambiamento significativo del fare, ma innanzitutto del modo di pensare, attraverso una visione sistemica che mette al centro le emergenze e le necessarie interconnessioni. Si tratta di un tentativo importante di trovare strade nuove, più vitali per rispondere all’emergenza economica attuale. Noi come decisori politici abbiamo il dovere di far diventare questo approccio sistematico e diffuso e mi auguro che dai lavori del seminario il Consiglio possa trarre spunto per stimolare e indirizzare l’attività regionale”, ha commentato il consigliere Domenico Rossi, uno degli organizzatori dell’incontro.

In conclusione dei lavori l’assessore all’Agricoltura, Giorgio Ferrero, ha evidenziato il costo del non fare: “Benché anche il produrre bioenergia possa avere dei limiti sarebbe peggio non agire del tutto e i danni delle catastrofi naturali e del cambiamento climatico lo testimoniano”.

ec- www.cr.piemonte.it