“Jacopo Benassi. Autoritratto criminale” le opere dell’eclettico, imprevedibile artista spezzino

 

In mostra alla “Wunderkammer” della “GAM” (per l’occasione, solo “Wunder”)

Fino al 1° settembre

All’ingresso del sotterraneo della “GAM”, in via Magenta a Torino, della consueta dicitura “Wunderkammer”, è rimasto solo “Wunder”, cancellato “Kammer”. “Meraviglia” e basta! E di “meraviglia” (“mirabilia” su cui spronare occhi e mente) ben s’avvertono, infatti e da subito, i sentori e gli intrighi mettendo piede nelle sale d’accesso alla mostra “Autoritratto criminale” di Jacopo Benassi, curata da Elena Volpato e visibile fino a domenica 1 settembre.

Mostra strana, questa dell’artista spezzino. “Strana” in tutti i sensi più positivi del termine: insolita, inconsueta, singolare, curiosa, speciale, bizzarra, stramba, balorda … e chi più ne ha più ne metta! Capace perfino di sbrecciare muri e far fuori quel “Kammer” (di cui sopra) per far entrare in mezzo alle sue opere il “gesso” – che non poteva non esserci con i legni che ne tengono insieme la struttura, ormai fragile e frantumata! – di Leonardo Bistolfi, realizzato nel 1910 dal grande scultore casalese, per il monumento all’amico medico-antropologo Cesare Lombroso. La fotografia, in prima battuta (un’autentica venerazione per Ando Gilardi, “il primo a occuparsi di fotografia segnaletica e criminale”), ma anche la pittura, la scultura – calchi in gesso, l’installazione e la performance, Benassi arriva ad esporre alla torinese “GAM” dopo l’acquisizione per le Collezioni del Museo, da parte della “Fondazione per l’Arte Moderna e Contemporanea CRT”, della sua opera “Panorama di La Spezia” (2022): un autoritratto – sostiene – che “autoritratto” (nel senso letterale del termine) proprio non é. Lui, né altre persone, vi compaiono. Vi compaiono, invece, foto di piante scattate nel buio della notte accanto ad alcuni angoli della città ligure “dipinti con vago sapore ottocentesco” e, a terra, una scaletta a due gradini con appoggiate – presenza non rara nelle opere di Benassi – due ciabatte (reminiscenze di vita) imbrattate. E tutto questo è lui. La realtà per l’artista è nascondimento, la “parte non visibile delle cose”, quella che “resta custodita – sottolinea la curatrice – tra una cornice e l’altra, tra un’immagine e l’altra, quello che si può solo immaginare o desiderare”. Dunque, un’installazione “paravento”, dietro cui compare “Serie di ritratti appesi” (2024), opera che esaspera il concetto di “cancellazione”, presentando, montati – avviluppati in forti e pesanti cinghie “simboli insieme di forza e di fragilità” – come fossero un “pesante sandwich di cornici di cui si vedono solo due retri”, ritratti fotografici di personaggi famosi (da Valentino a Nan Goldin da John Wayne a Biancaneve) e alcuni autoritratti fra cui l’immagine-guida della mostra, in cui Benassi pare sfidarci osservandoci quasi minaccioso dietro una lunga acconciatura femminile e un voluto travestimento dai contorni inquietanti.

 

“Un mascheramento veritiero e una mascherata verità”: si tratta in qualche modo, ancora Elena Volpato “di un autoritratto criminale, non solo perché potrebbe idealmente appartenere alla triste tradizione che voleva i travestiti, fino a pochi decenni fa, effettivamente schedati e fotografati, ma anche perché presenta i codici tipici dei ritratti segnaletici che Benassi mette in gioco in quella immagine e in molte altre, sin dai suoi inizi, grazie all’insegnamento di Sergio Fregoso e alla lettura di ‘Wanted!’ di Ando Gilardi, sillabario di estetica della fotografia giudiziaria”. E, su questa linea, fra gli stilemi di Gilardi e le memorie di Lombroso, un altro ritratto “spicca” (in obnubilante oscurità) in rassegna, quello del più grande criminale della storia, richiamato in scena, tentandone un’improbabile cancellazione sotto uno spesso strato di vetri, insufficiente “velo” ai mostruosi crimini che il ritratto di Hitler, anche quello scattato da Benassi al suo fantoccio al “Museo delle cere” di Londra, porta con sé.

“Nonostante siano le fattezze di una maschera– conclude Volpato – nonostante sia la rappresentazione di una rappresentazione, nonostante il numero ingente di vetri frapposti, la nota effige continua a emergere. E così si riavvia il ciclo vitale dell’immagine che continuamente sparisce per riapparire, tra rumore visivo e profondo silenzio, fra sovraesposizione e buio. In Benassi, tutto ciò che affiora affonda, e tutto ciò che affonda riaffiora”.

Gianni Milani

“Jacopo Benassi. Autoritratto criminale”

GAM-Galleria cIvica d’Arte Moderna e Contemoranea, via Magenta31, Torino; tel. 011/4429518 o www.gamtorino.it

Fino al 1° settembre

Orari: da mart. a dom. 10/18; chiuso il lunedì

 

Nelle foto:

–       “Bistolfi” e “Serie di ritratti appesi”, ph. Perottino

–       “Panorama di La Spezia”, ph. Perottino

–       “Autoritratto truccato da femmina”, 2007

–       Adolf Hitler”, ph. Perottino

 

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