ECONOMIA E SOCIETA'- Pagina 505

Ok ai fondi per le piccole stazioni di sci

Sbloccati i fondi per le piccole stazioni sciistiche. Parere favorevole, nella seduta  della Conferenza dei capigruppo del Consiglio regionale, presieduta dal presidente Stefano Allasia, al provvedimento urgente a favore degli impianti delle microstazioni montane.

Una decisione unanime. su proposta dell’assessore regionale al Bilancio e alle attività produttive Andrea Tronzano, che ha presentato il provvedimento identico all’analogo licenziato a maggio dalla terza Commissione e decaduto con la vecchia legislatura.

Una procedura abbreviata, in attesa della costituzione delle Commissioni permanenti, possibile per l’unanime volontà dei gruppi e giustificata dalla necessità di rendere possibile alle piccole stazioni alpine la preparazione della prossima stagione invernale. Proprio per questo motivo è stato mantenuto l’identico testo del provvedimento che era stato predisposto dalla precedente Giunta regionale.

Sicurezza sul lavoro: a Torino il programma Rspp

Fa tappa venerdì 5 a Torino il programma “RSPP Lab Science of Safety 2019” di 3M

 

E’un percorso itinerante che prevede 8 tappe in tutta Italia, grazie al quale i professionisti Responsabili della Sicurezza avranno la possibilità di confrontarsi sul tema della prevenzione e della gestione del rischio negli ambienti confinati con tecnici ed esperti giuridici.

 

Il preoccupante quadro tracciato dall’INAIL evidenzia che in Piemonte le denunce di infortunio sono salite dello 0,50%tra il 2017 e il 2018 (da 47.457 a 47.693) e sono aumentate di oltre il 18% quelle che hanno avuto un esito mortale (da 83 a 98).

Partendo dai dati INAIL, l’Osservatorio Sicurezza sul Lavoro di Vega Engineering, ha invece elaborato le statistiche relative agli infortuni mortali sul lavoro a livello provinciale occorsi nel 2018, considerando solo i decessi accaduti in occasione di lavoro, con esclusione quindi di quelli in itinere. Con riferimento alla regione Piemonte, i decessi sul lavoro dello scorso anno sono stati 64: 33 a Torino, 10 a Cuneo, 8 ad Alessandria, 7 ad Asti, 4 a Novara, 2 a Verbano-Cusio-Ossola. Non sono invece stati registrati infortuni mortali sul lavoro nella provincia di Biella.

La quarta tappa del tour “RSPP Lab Science of Safety 2019” di 3M si tiene a Torino presso l’Hotel NH.

I giovani d’Europa si incontrano al Colle del Lys

Tre giorni per riflettere su libertà, democrazia e pace nel 75°
anniversario dell’eccidio nazifascista

Si svolgerà dal 5 al 7 luglio la 24° edizione di EuroLys, il meeting internazionale
dei ragazzi europei che ogni anno accompagna le celebrazioni per ricordare
l’eccidio del 2 luglio 1944 quando, al Col del Lys, persero la vita 32 partigiani della
17° Brigata Garibaldi “Felice Cima” trucidati dalle truppe nazifasciste.
Il Colle del Lys è un valico alpino delle Alpi Graie a quota 1.311 metri che collega la
bassa Valle di Susa con la Valle di Viù. Qui 75 anni fa si consumò una delle più
feroci rappresaglie della Seconda Guerra Mondiale contro i partigiani a opera di un
contingente di soldati tedeschi e fascisti. Durante un rastrellamento alle prime luci
dell’alba del 2 luglio nove garibaldini furono uccisi in combattimento e ventitré
furono prima catturati e poi seviziati e giustiziati.
La tre giorni di Eurolys è nata proprio per favorire la conoscenza dei fatti del 1944 e
della lotta partigiana e stimolare tra i partecipanti la riflessione su libertà, pace,
democrazia e uguaglianza. Durante il soggiorno al Col del Lys i ragazzi avranno la
possibilità di conoscere i partigiani che combatterono su quelle montagne e di
percorrere i loro stessi sentieri, oltre ad assistere a performance artistiche e
musicali.
Tutto intorno alla torre circolare del Colle, monumento che onora la memoria dei
2024 caduti delle brigate partigiane dislocate nelle valli Susa, Lanzo, Sangone e
Chisone durante la guerra di Liberazione.
A organizzare e coordinare le manifestazioni, in collaborazione con alcuni Comuni
del Torinese, è il Comitato Resistenza Colle del Lys, associazione democratica e
apartitica di promozione sociale, che riafferma e persegue gli ideali di Libertà,
Giustizia e Pace. EuroLys ha il patrocinio della Città Metropolitana di Torino e
della Regione Piemonte.
Comitato Resistenza Colle del Lys – via Capra 27 – 10098 Rivoli (To) – info@colledellys.it
Quest’anno, in occasione del 75° anniversario, nella sede dell’Ecomuseo della
Resistenza “Carlo Mastri” verrà inaugurato il nuovo centro visite del Parco
provinciale del Colle del Lys. Qui, a seguito di un ampliamento e di una
ristrutturazione del vecchio fabbricato, troveranno spazio nuovi allestimenti
espositivi che permetteranno di valorizzare e rendere fruibile le testimonianze
storiche e l’archivio video-fotografico che racconta la Resistenza nelle valli
torinesi e illustrare gli aspetti paesaggistici, geologici e naturalistici del parco. Il
taglio del nastro è in programma alle ore 12 di domenica 7 luglio.
Sempre domenica, a partire dalle ore 9,30, si terrà l’assemblea pubblica dei
rappresentanti delle istituzioni, con la presentazione, discussione e approvazione
del documento d’intenti per il 2019. Alle ore 11 prenderà il via la tradizionale
cerimonia commemorativa, con gli onori militari, l’arrivo della fiaccola della libertà
dal sacrario del Martinetto di Torino, la deposizione degli omaggi floreali. L’oratore
ufficiale sarà lo storico Gianni Oliva.
Alle 14,30 sarà posata la targa commemorativa in memoria del comandante
Amedeo “Deo” Tonani e dei partigiani cremonesi. La passeggiata rievocativa
inizierà alle 15, con letture sui sentieri della memoria, organizzate da UISP Valle
Susa. Durante la giornata si terrà anche un mercatino dei prodotti tipici locali.
Durante i tre giorni di EuroLys i ragazzi indosseranno la maglietta celebrativa
della manifestazione, realizzata sulla base del disegno vincitore del concorso di
idee proposto nei mesi scorsi agli studenti delle classi terze e quarte dell’Istituto di
istruzione superiore Giulio Natta di Rivoli.
Tutte le informazioni, gli aggiornamenti e la gallery fotografica sono disponibili sul
sito www.colledellys.it

Il turismo montano? Più lento, dolce, profondo…

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Di Marco Travaglini

Scriveva tempo fa, Enrico Camanni: “Le Alpi sono il luogo della biodiversità: con circa cinquemila specie spontanee di piante vascolari ospitano da sole i tre settimi della flora europea; nell’Europa centrale sono la sola regione che abbia conservato dei biotopi originali”

Importanti studi botanici hanno dimostrato che buona parte di queste 5 mila specie, alcune delle quali uniche, si trovano nella valle dell’Alleigne, il “vallone della legna”. Quest’ampio vallone si trova sulla destra orografica del torrente Ayasse, nell’aostana valle di Champorcher. Una zona molto interessante anche dal punto di vista etnografico e storico, non dissimile da altre comunità di montagna, la cui sopravvivenza era legata a un territorio aspro, difficile, all’agricoltura di sussistenza, alla monticazione del bestiame.Una storia vissuta in salita. Millenni di lotta per coltivare, per muoversi, per strappare faticosamente alla montagna le risorse: pietra, legno, terra da coltivare, pascoli. L’elemento importante era la stessa verticalità: l’intera economia era basata sugli spostamenti altitudinali stagionali, in base ai ritmi della natura. Le tracce si vedono nei terrazzamenti, nella ragnatela di stradine e sentieri che segnavano i versanti vallivi collegando il fondovalle ai maggenghi e agli alpeggi. Una storia come molte altre, non dissimile da quella valgrandina. Dal 1992 parco nazionale, la Val Grande è l’area selvaggia più ampia del nostro paese e dell’arco alpino. Anche per quelle comunità le risorse erano misere e le difficoltà molto alte. Si legge sul sito web del parco come “raggiungere gli alpeggi poteva significare accompagnare un bovino alla volta lungo stretti e scoscesi sentieri, oppure raccogliere la poca acqua piovana in cisterne di pietra, strappando la sopravvivenza alla montagna, in una quotidiana vita in salita”. Immagini da un “mondo dei vinti” che ha lasciato un’eredità fatta di resti di teleferiche, piazzole delle carbonaie, polloni di faggio ricresciuti dopo il taglio del tronco principale, a testimonianza dei grandi disboscamenti. Con il tempo la natura si è ripresa i boschi e i pascoli abbandonati, cambiando fisionomia al paesaggio. Quasi un messaggio per gli uomini che, con la scelta del parco, hanno compreso la necessità di difendere e preservare questa preziosa riserva di biodiversità. Avere cura del vallone dell’Alleigne o dell’area valgrandina del parco, preservandoli anche per le generazioni future, equivale a porre attenzione alle scelte che si compiono oggi, affinché non ne venga compromessa l’eccezionale qualità ambientale. Regola aurea soprattutto quando si parla del turismo. Negli ultimi tempi, la montagna come destinazione di vacanza non impegnativa – weekend, long-weekend, settimane bianche – ha riconquistato fascino e interesse presso un pubblico vasto dopo aver patito molto la concorrenza delle mete esotiche, più o meno vicine e a buon prezzo.

 

La rassicurante e tradizionale vacanza in montagna è tornata in auge nelle preferenze dei turisti italiani, grazie ad alcune stagioni di buon innevamento, al desiderio di viaggi verso mete tranquille e poco distanti da casa, al bisogno di concedersi un’evasione “ecologica”, a contatto con un ambiente e un territorio tutelati e rispettati. Il turismo montano si è preso una rivincita? In parte è così ma i problemi sono tanti e persistenti. E’ vero che la montagna offre un’immagine rassicurante e la qualità delle nostre stazioni sciistiche è migliorata un po’ ovunque. Ma pensando al futuro le prospettive si fanno più complicate perché il turismo, più di altri, è un settore dove l’offerta deve saper incontrare una domanda molto esigente. L’impresa turistica montana, più sensibilmente delle altre, richiede un insieme di condizioni territoriali e ambientali particolari. Gli accessi, la valorizzazione della qualità del paesaggio e delle stazioni montane attraverso interventi di riqualificazione urbanistica e di manutenzione del paesaggio, la cura dei sentieri e dei boschi, nuovi sforzi in termini di comunicazione e promozione rivolti al pubblico, sono solo alcuni degli aspetti.

Non è sufficiente affidarsi alle dinamiche del mercato, ai flussi potenziali. Occorre un rinnovamento d’immagine e di sostanza. Nuove infrastrutture di svago e sportive, sentieri censiti e resi praticabili, ben segnalati con indicazioni precise sui tempi per raggiungere le varie mete; rifugi, posti tappa, percorsi-vita nei quali s’illustrino le caratteristiche della vegetazione, della fauna, della cultura e della storia del luogo; una ricettività che consenta di trovare idonee sistemazioni e consumare pasti con prodotti genuini a prezzi ragionevoli; invogliare all’escursionismo, al trekking e ad ogni forma di turismo attivo. La concentrazione del turismo in pochi periodi dell’anno, ha causato fenomeni di saturazione del territorio. I segni di un certo raggiungimento del “punto di rottura”, si vedono da tempo. La crisi delle piccole e medie stazioni sciistiche non investe soltanto le Alpi italiane ma anche quelle svizzere, austriache e bavaresi,con fallimenti e chiusure, a testimonianza di un modello di sfruttamento turistico modellato “a fotocopia” che ha portato ad una omogeneizzazione del territorio alpino. L’industria turistica montana rischia così di perdere la sua specifica identità, il fattore principale di reddito, diventando economicamente più debole. Da qui la scelta di operare per destagionalizzare il turismo, evitando di puntare tutto su troppo marcate concentrazioni nel tempo e nello spazio.Troppe volte l’offerta turistica montana si è standardizzata. Sono state proposte stazioni che sembrano linee di produzione, dove tutto è a pagamento, senza scampo. La dimensione ludica della socialità, dell’incontro,è lasciata all’intraprendenza del singolo, poiché il sistema “lavora” e non si diverte più. Il professor Luigi Gaido, già docente universitario a Grenoble e Aosta, grande esperto del settore, sosteneva che, se è vero che “ il turismo è la “messa in forma” di un sogno coltivato per mesi, a volte per anni, e che prima o poi si realizzerà, questo sogno è sempre una sorta di fuga dal quotidiano, di rottura dal solito, di ricerca di sé attraverso il viaggio e ciò che porta. Come sfuggire al quotidiano se tutto ricorda il luogo da cui si è partiti e dove il divertimento non è sempre adeguato alle esigenze, salvo per chi scia?”. In molti sostengono che non è più eludibile, parlando di sostenibilità, la stipula di un “patto” tra l’attività turistica e l’ambiente. Allargando e modificando l’offerta dei territori. Andrebbero, ad esempio, valorizzate le realtà collocate tra i 700 e i 1300 metri, la cosiddetta “mezza montagna” che può offrire soluzioni al processo di destagionalizzazione, sperimentando le “stagioni di mezzo” dove l’ambiente montano può offrire molto.

 

La stessa cara, vecchia “settimana bianca” si dovrà rifare il look, diventando una proposta di vacanza più dinamica e flessibile. In montagna non ci si va più solo per sciare: ci sono infinite attività, giochi e sport facili e divertenti per godersi la neve e la natura invernale, senza essere necessariamente degli esperti d’attacchi, tavole e scarponi. Anche perché i problemi legati all’innalzamento della temperatura d’inverno cambieranno le prospettive. Le previsioni del Centre d’Etudes de la Neige, stimavano per il 2030 un incremento medio della temperatura di 1,8°C e una diminuzione del 25% delle giornate con neve al suolo per le località situate a 1500 metri d’altitudine.

 

E non si trattava delle stime più pessimistiche. Le condizioni climatiche determineranno anche un maggior ricorso all’innevamento artificiale con tutti i costi, economici e ambientali, che ne derivano.Nelle Alpi il turismo sostenibile è l’unica alternativa a lungo termine al turismo di massa convenzionale che sia in grado di garantire uno spazio vitale per la natura e l’uomo. Ma non basta la buona volontà. Si impongono scelte per la programmazione, la promozione e l’attuazione di un turismo sostenibile, determinando chi è coinvolto, chi promuove, chi decide. Lo sviluppo sostenibile non è una scelta ideologica ma una ragione di competitività tra sistemi economici e sociali, un nuovo modo di pensare a forme di benessere, di crescita economica durevole e d’equità, redistribuendo nel tempo e nello spazio le persone che oggi frequentano le “terre alte”.Il turismo c’è già. I turisti pure. Quella che è in gran parte ancora da costruire è una moderna cultura dell’accoglienza, una formazione professionale adeguata ai tempi, politiche pubbliche in grado di sostenere progetti innovativi. In fondo gran parte dei turisti desiderano trovare la valle dell’Alleigne, la Val Grande o le altre valli alpine in condizioni ambientali più che accettabili. Per questo dovremo far sì che il turismo del domani sia davvero “più lento, più profondo, più dolce”, evitando quei fenomeni di consumo rapace ai quali ci si è abituati per troppo tempo. Nell’interesse di tutti, a partire dalla montagna e da chi ci vive e lavora.

Nelle immagini il Parco nazionale della Val Grande e il Parco regionale dell’alpe Veglia delle Aree protette Ossola

Tensioni in Eritrea: come ai tempi del Negus rosso

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“Sembra di essere tornati ai tempi di Menghistu Hailè Mariam, il Negus rosso che negli anni Ottanta governava l’Etiopia con il pugno di ferro e confiscava con l’uso della violenza i beni della Chiesa cattolica come conventi, scuole e centri medici”

 

FOCUS INTERNAZIONALE  di Filippo Re

 

Etiopi ed eritrei non dimenticano quanto accadde tra il 1977 e il 1991 sotto la sua dittatura comunista e oggi, in Eritrea, indipendente da Addis Abeba dal 1993, sembra di essere tornati a quei tempi. Funzionari governativi dell’Asmara hanno fatto irruzione nei conventi di suore dove si trovano molti centri sanitari, hanno messo i sigilli, hanno cacciato il personale e i pazienti, terrorizzando religiosi e suore che da decenni svolgono servizio in questi presidi sanitari. Il leader del regime di Asmara, il dittatore Isaias Afewerki, usa la forza contro dissidenti e cattolici e non si allontana molto dai metodi violenti del Negus governando con strapotere autoritario. In carcere sopravvivono oltre 10 mila prigionieri politici in condizioni pietose e non per nulla il regime è stato condannato dall’Onu per crimini contro l’umanità. Al potere dal 1993, anno dell’indipendenza, Afewerki guida una dittatura utilizzando sistemi oppressivi per limitare la libertà politica, di stampa e di associazione. Nessuna critica è ammessa verso il regime e dal 1993 non si sono più svolte elezioni presidenziali. La pace tra l’Etiopia e l’Eritrea raggiunta con l’Accordo di Algeri nel 2000 che ha posto fine al conflitto tra i due Paesi non ha cambiato i metodi della tirannia e ha lasciato irrisolte alcune questioni come la definizione dei confini tra le due nazioni. Le stesse religioni sono perseguitate e decine di eritrei appartenenti alle Chiese pentecostali, poste fuorilegge nel 2002, sono stati arrestati a maggio perchè pregavano in casa. Ora nel mirino del regime sono finiti tutti gli ospedali cattolici del Paese, chiusi d’autorità. Nel 2002 lo Stato eritreo (51% musulmani e 46% cristiani su una popolazione di poco più di 5 milioni di abitanti) ha ammesso quattro confessioni religiose: la Chiesa ortodossa, la Chiesa cattolica, la Chiesa evangelica luterana e l’islam sunnita ma i fedeli hanno una libertà di culto assai limitata. I cristiani incarcerati per la loro religione sono alcune migliaia e si può essere arrestati anche solo per il possesso di una Bibbia nella propria abitazione.

I movimenti religiosi cosiddetti “non ufficiali” secondo il governo eritreo sono considerati strumenti di sovversione, e quindi non sono tollerati ma lo stesso discorso vale per tutte le organizzazioni della società civile che non sono allineate alle direttive del regime di Asmara. Secondo le organizzazioni dei diritti umani le forze di sicurezza continuano a fare irruzioni nelle case private dove fedeli di religioni non riconosciute si riuniscono a pregare e l’unico modo per essere rilasciati è quello di ripudiare la religione. Le prospettive per la libertà religiosa sono tutt’altro che rosee. “Il fatto che il governo abbia portato avanti la stessa politica di stretto controllo sulle istituzioni religiose, continuando a limitare le loro attività, dimostra, scrive l’Acs, l’associazione “Aiuto alla Chiesa che soffre” nel Rapporto 2018 sulla libertà religiosa nel mondo, che negli ultimi anni ben poco è cambiato. A causa di divieti e restrizioni è particolarmente difficile trovare informazioni riguardanti l’attuale situazione della libertà religiosa in Eritrea e nulla suggerisce che in Eritrea possano registrarsi cambiamenti positivi nel prossimo futuro”. Rincara la dose il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti che lo scorso anno ha incluso l’Eritrea tra i Paesi che destano particolare preoccupazione a causa delle gravi violazioni della libertà religiosa. Ma cosa è accaduto? La Chiesa sarebbe stata colpita come vendetta per le critiche mosse al governo eritreo il quale ha subito reagito con violenza ordinando alla Chiesa cattolica di consegnare allo Stato tutte le strutture sanitarie gestite dalla Chiesa. Agenti del governo si sono presentati nelle strutture cattoliche e hanno chiesto agli amministratori di firmare un documento che sancisce il passaggio di proprietà delle strutture. La tensione è salita alle stelle, gli amministratori si sono rifiutati di firmare e hanno chiesto agli uomini di Afewerki di confrontarsi con le autorità cattoliche. A quel punto i funzionari pubblici hanno chiuso i centri sanitari, evacuando il personale e lasciando molti malati senza assistenza medica. Il provvedimento ha suscitato molta preoccupazione nelle comunità cattoliche e nella popolazione. Una legge del 1995, in realtà mai entrata in vigore, prevedeva che tutte le strutture sociali come scuole e centri medici fossero amministrati dall’autorità pubblica.

 

Questa disposizione ha però iniziato a essere applicata solo negli ultimi anni. Tra il 2017 e il 2018 sono state chiuse otto cliniche cattoliche. I Vescovi cattolici, nell’aprile scorso, avevano chiesto “un processo di riconciliazione nazionale che garantisse giustizia sociale” per tutti e che il governo eritreo realizzasse profonde riforme per aiutare la popolazione più povera ma queste parole non sono state ben accolte dai vertici del regime. Ecco dunque ciò che sarebbe successo. “Quella lettera, aggiungono i prelati, apriva alla riconciliazione e al dialogo nazionale per superare insieme le difficoltà del Paese. Nelle nostre parole non c’era quindi un intento critico ma piuttosto costruttivo. Probabilmente il regime ha interpretato la lettera come un attacco e ha reagito di conseguenza”. La Chiesa cattolica gestisce in Eritrea 40 tra ospedali, centri sanitari e ambulatori, tutti a servizio della popolazione, senza alcuna distinzione di etnia o religione, che forniscono cure quasi sempre gratuite. In una lettera inviata al Ministro della Sanità Amna Nurhsein i vescovi eritrei hanno espresso perplessità e rincrescimento nei confronti della decisione del governo: “dichiariamo che non consegneremo di nostra volontà le nostre istituzioni e quanto fa parte della loro dotazione. Privare la Chiesa di queste e simili istituzioni vuol dire intaccare la sua stessa esistenza, ed esporre alla persecuzione i suoi servitori, i religiosi, le religiose, i laici”.

Dal settimanale “La Voce e il Tempo”

Capitale malata, Paese allo sbando

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Una veduta di Roma di notte, zona Monte Vecchio.  Diciamo non molto edificante. Il mattino dopo continui il tuo giro a piedi e lo spettacolo non muta.  Da Porta Portese a Trastevere, una costante
 La situazione migliora a Testaccio ma ritorna ad essere preoccupante verso le periferie. Ad occhio e croce emergenza sanitaria.  Fermate centralissima come Barberini e Spagna chiuse I turisti e i romani ringraziano.  Poi sali su un taxi e fai mille domande al tassista.  Sintesi delle risposte: sono 10 anni che faccio questo lavoro e da quando c’ è la Raggi la situazione è notevolmente  peggiorata.  Poi come nelle migliori tradizioni buche in strada e buche nei marciapiedi, una slogatura alle caviglie non si nega a nessuno, con un certo egualitarismo di fondo.  Sia i ricchi che i poveri trattati male allo stesso modo. Roma caput mundi è oramai un lontano ricordo. Sempre nella Capitale si aggira un manipolo di eroi.  Sono i pedoni che attraversano sulle strisce pedonali.  Rischiano la vita tutte le volte. Ma Roma è anche questo. Sarebbe un peccato buttare via sia l’ acqua sporca che il bambino.  Mi allieta un altro tassista.  50 anni di lavoro sulle strade romane. Accidenti, lei di esperienza ne ha.  Attuale problema? La gente si è incattivita.  E giù di aneddoti.  Come quando Gianni Agnelli gli chiese d essere portato da un certo Giulio Andreotti e sornione disse: vado a chiedere soldi al Divino.
Poi continuando : non ci sono più artigiani e i nostri figli non trovano lavoro stabile.  Ma questa è un altra storia, quella di un Paese che aveva voglia di fare e di essere.  Ora mancano i soldi di ieri.  Mancano anche le intelligenze di ieri. Tra l’Appendino e la Raggi la solita gara a chi fa peggio. Nella Capitale, per antonomasia c’ è il Governo.  Nella Capitale c’ è lo Stato centrale, c’è il Governo supremo della Magistratura. Ci sono gli Alti Comandi Militari.  Che fanno? Si girano dall’altra parte, tanto con i vetri oscurati delle auto di servizio non sono visti e fanno finta di non vedere. Povero, veramente povero, questo Bel Paese.
Patrizio Tosetto

Ma le radiazioni fanno davvero paura?

UOMO VIRTUALE  Corpo, Mente, Cyborg  Mastio della Cittadella – Via Cernaia, Torino. Giovedì 4 luglio 2019 – ore 18:00

Michele Stasi, Presidente dell’Associazione Italiana di Fisica Medica (AIFM)
Direttore S.C. Fisica sanitaria A.O. Ordine Mauriziano di Torino

Viviamo sempre «sotto» le radiazioni. Siamo esposti ogni giorno a un fondo naturale di radiazioni, provenienti dallo spazio (raggi cosmici) e dalla Terra, perché nel suolo terrestre sono presenti numerosi elementi radioattivi. Altre fonti di esposizione sono poi le radiazioni prodotte dall’uomo per scopi medici, come le radiografie, oppure da forni a microonde e cellulari. Ma queste radiazioni hanno tutte le stesso effetto sull’uomo e sull’ambiente? Partendo da Marie Curie e Roentgen, dalla scoperta della radioattività e dei raggi X fino ai 5G, Michele Stasi, presidente dell’Associazione Italiana di Fisica Medica (AIFM) ci accompagna in un viaggio alla scoperta delle varie fonti di radiazioni e dei loro diversi effetti, con molte curiosità legate ai fumetti e al cinema.

Appuntamento con la conferenza “Ma le radiazioni fanno davvero paura?” giovedì 4 luglio alle 18:00, nell’ambito degli eventi organizzati dalla mostra Uomo Virtuale. Corpo, Mente, Cyborg al Mastio della Cittadella di Torino (via Cernaia). Ingresso gratuito alla mostra dalle 17:30.

E a partire dal 3 luglio – sempre al Mastio – arriva la mostra “Supereroi e Radiazioni – Il ruolo della Fisica Medica nei fumetti Marvel”, organizzata da AIFM in collaborazione con WOW Spazio Fumetto – il Museo del Fumetto di Milano.

 

www.torinoscienza.it

Per informazioni e/o prenotazioni visite:

Tel +39 011 6698904 – attivo da martedì a domenica h 10:00 – 18:30 | uomo.virtuale@to.infn.it

Tricarico verso la presidenza dei cimiteri di Torino

Rumors sempre più insistenti accreditano Roberto Tricarico, il “Tric”, come nuovo presidente della società comunale che gestisce i 6 cimiteri di Torino: Afc Torino SpA

Si chiude così l’esperienza della piddina Michela Favaro, l’avvocato che ha denunciato il recente scandalo dei furti a danno delle salme custodite al cimitero “Parco”. Roberto Tricarico sarà indicato direttamente dalla sindaca Chiara Appendino, per nulla imbarazzata dal fatto che il Tric non sia del suo partito. Per Tricarico, dopo una lunga esperienza in Sala Rossa, prima come consigliere, poi come assessore si tratta di un ritorno nella “cosa pubblica”, ruolo che per qualche anno ha abbandonato dopo aver rilevato un bar con un socio in via Garibaldi a Torino. Dal suo cv presentato in Comune si legge che è laureato in Giurisprudenza e che ha lavorato nella capitale a fianco del sindaco Ignazio Marino. Antonio Colaianni invece dovrebbe mantenere la funzione di Ad della società.

Alleanza tra medici per ridurre l’aneurisma all’aorta

INTEGRAZIONE SPECIALISTI OSPEDALIERI E MEDICI DI MEDICINA GENERALE 
Arrivare a ridurre i rischi di mortalità all’1% delle malattie vascolari, ridurre le liste di attesa con l’appropriatezza degli esami e ridurre la spesa sanitaria. Tutto questo può diventare realtà grazie all’iniziativa dei chirurghi vascolari dell’ospedale Mauriziano di Torino ed all’integrazione con i Medici di Medicina generale per formare una Rete salva-vita.
Le malattie vascolari rappresentano la causa più frequente di mortalità ed invalidità nella popolazione adulta.
Possono interessare le arterie (con formazione di placche aterosclerotiche al’interno dei vasi con conseguente restringimento / occlusioni o dalla dilatazione della parete arteriosa con formazione di aneurismi) o le vene (insufficienza valvolare come per le varici).
La corretta e tempestiva diagnosi permette spesso di evitare le gravi complicanze connesse, quali perdita d’arto (amputazione), ictus cerebrale e morte (in caso ad esempio di rottura di aneurisma dell’aorta).
Bisogna infatti considerare alcuni fattori che incidono in modo significativo sulla salute della popolazione, sulle liste di attesa per esami diagnostici con ultrasuoni e sulla spesa sanitaria.
La mancata diagnosi di un aneurisma dell’aorta addominale può comportare la rottura improvvisa di questa arteria con morte del paziente prima dell’arrivo in ospedale nel 70% dei casi e solo il 50% dei pazienti che giungono in ospedale e vengono operati sopravvive. Invece il trattamento in elezione di tale patologia ha un rischio di morte attorno all’1%.
Anche la misconoscenza di un restringimento dell’arteria carotide può comportare un alto rischio di ictus con esiti invalidanti a vita a fronte di un rischio operatorio che in Piemonte è al di sotto dell’1%.
La presenza di ostruzione delle arterie degli arti inferiori può, soprattutto nei pazienti diabetici, se non trattata tempestivamente portare all’amputazione dell’arto. Negli ultimi due casi la spesa sanitaria per la gestione a vita di pazienti con emiparesi o amputazione d’arto assume un’importanza estremamaente significativa.
D’altra parte una migliore conoscenza della patologia vascolare, dei sintomi e la corretta valutazione dei pazienti a rischio consentirebbe una più corretta prescrizione di esami diagnostici, in particolare dell’ecocolordoppler, evitando un affollamento delle liste di attesa. Possiamo ben valutare che almeno il 30% degli esami ecocolordoppler prescritti potrebbe essere evitato con una corretta valutazione clinica.
L’integrazione tra i chirurghi vascolari (specialisti deputati alla gestione delle malattie vascolari) ed i Medici di Medicina Generale risulta di fondamentale importanza per indirizzare il paziente verso un corretto approccio diagnostico ed una conseguente più appropriata gestione terapeutica. Il tutto con evidenti ricadute anche per la spesa sanitaria in termini di appropriatezza prescrittiva di esami diagnostici.
Partendo da queste considerazioni la Chirurgia Vascolare dell’ospedale Mauriziano di Torino ha organizzato un corso di aggiornamento gratuito in patologia vascolare destinato ai Medici di Medicina Generale.
Il corso si articolerà in quattro incontri formativi monotematici (arteriopatia cronica degli arti inferiori, malattia ostruttiva della carotide, patologia aneurismatica aortica, patologia venosa arti inferiori) con inizio martedì 2 luglio e successivi incontri in data 16 luglio, 24 settembre, 8 ottobre.
Durante i singoli incontri si inquadrerà la patologia oggetto dell’incontro, con l’analisi della sintomatologia correlata, la corretta prescrizione degli esami diagnostici, l’adeguata terapia medica e chirurgica o endovascolare alla luce delle Linee guida nazionali ed internazionali. Dopo i quattro incontri frontali seguirà a fine corso un meeting finale in cui i discenti assisteranno a casi chirurgici in live-surgery relativi alle patologie trattate.
La direzione scientifica del corso è del dottor Franco Nessi (ex Direttore Chirurgia Vascolare Mauriziano di Torino) e del dottor Andrea Gaggiano (Direttore Chirurgia Vascolare Mauriziano di Torino). I docenti sono il dottor Michelangelo Ferri, il dottor Salvatore Piazza ed il dottor Simone Quaglino (tutti medici della Chirurgia Vascolare Mauriziano di Torino).

Caso Embraco in Regione: i lavoratori attendono risposte

Preoccupazione a metà del percorso di cassa integrazione

L’assessore regionale al Lavoro, Elena Chiorino, al termine dell’incontro per fare il punto sul piano di rilancio dell’Embraco di Riva di Chieri, firmato lo scorso anno ma mai attuato, avuto il 1° luglio con i rappresentanti di Cgil, Cisl, Uil e Ugl, ha annunciato che scriverà al Ministero per lo Sviluppo economico “per sollecitare la convocazione del tavolo, auspicando che da quella riunione si esca non con annunci, ma con risposte concrete”.

“I lavoratori – ha aggiunto Chiorino – sono a metà del percorso di cassa integrazione e sono giustamente preoccupati per le loro sorti. Hanno diritto a risposte certe. Non è più tempo di annunci”.

Per questo motivo l’assessore chiederà anche “di avere, prima del tavolo e nel più breve tempo possibile, i risultati del monitoraggio che il Mise a marzo si è impegnato ad effettuare sull’attuazione del piano di reindustrializzazione, in modo da avere ulteriori elementi di valutazione”.