ECONOMIA E SOCIETA'- Pagina 404

A Grugliasco inaugurato il nuovo Carrefour

Inaugurato il nuovo Ipermercato Carrefour di Grugliasco completamente rinnovato per assicurare ai clienti una migliore esperienza di acquisto, caratterizzata dalla qualità, dalla  presenza in assortimento di prodotti locali e da un’ampia gamma di servizi.

Per andare incontro alle esigenze dei consumatori e rendere la spesa ancora più intuitiva e veloce, è stata rivista la pianta dell’Ipermercato, portando l’intera superficie di vendita su un singolo piano, più facilmente accessibile. Sono, inoltre, introdotti alcuni servizi, come nuove casse automatiche e l’installazione di un sanificatore automatico per carrelli a ozono, a dimostrazione della grande attenzione che Carrefour presta a temi quali sicurezza e prevenzione. Un’ulteriore novità riguarda, infine, la possibilità di accesso degli animali domestici

Il punto vendita, sito in Via Crea 10 nel centro commerciale Le Gru, punta su un assortimento caratterizzato da grande attenzione ai prodotti locali, sia freschi sia confezionati, come ad esempio i tagli di carne piemontese nel banco macelleria, e al Bio, con un nuovo reparto che include numerose referenze, soprattutto frutta e verdura sfusa di qualità in tutte le stagioni. Inoltre, l’Ipermercato vede la presenza di un nuovo Bistrot,  che  offre un’ampia scelta di prodotti di caffetteria e cucina calda, oltre a pizza, snack salati e dolci, e una hamburgheria con carne 100% piemontese.

All’inaugurazione con taglio del nastro, avvenuta nella mattinata di oggi, ha partecipato l’Assessore al Commercio del Comune di Grugliasco Gabriella Borio. Previsti nel corso della giornata, garantendo la massima sicurezza e il distanziamento sociale, momenti di intrattenimento per i clienti, con trampolieri, spettacoli musicali che faranno da guida all’interno dei nuovi spazi dell’Ipermercato.

Per noi di Carrefour Italia, l’innovazione passa anche da nuove concezioni degli spazi di vendita che garantiscano ai nostri consumatori una migliore esperienza, sempre al passo con le loro preferenze. Grazie alla nuova organizzazione dell’Ipermercato di Grugliasco, i nuovi servizi e il focus sui prodotti locali che rappresentano un fiore all’occhiello del nostro assortimento, siamo certi che riusciremo a rispondere con efficacia alla necessità dei nostri clienti di una spesa facile e veloce, che allo stesso tempo sappia coniugare qualità e convenienza” sottolinea Michele De Luca, Direttore Ipermercato Grugliasco.

 

Torino, quando il bilancio è pop

Viene pubblicato sui canali ufficiali della Città il Popular Financial Reporting, o meglio ancora, il Bilancio POP, un documento che racconta con un linguaggio accessibile anche ai non addetti ai lavori il valore del gruppo consolidato della Città di Torino.

Il Bilancio POP descrive con semplicità: responsabilità, risultati e modo in cui i servizi pubblici sono stati realizzati nel corso del 2019 e identifica gli obiettivi che l’amministrazione intende raggiungere nel corso dell’anno.

Dall’Assessorato comunale al Bilancio evidenziano che il bilancio POP serve a spiegare in modo trasparente e accessibile come vengono reperite e utilizzate le risorse, che sono di tutti i cittadini e le cittadine, e quali sono gli obiettivi dell’amministrazione, rendendo più facile la partecipazione. Vuole essere, infatti, uno strumento godibile volto a interessare alla cosa pubblica tramite l’accessibilità delle informazioni.

Per la prima volta è disponibile, oltre alla versione online, anche un video che permette di ascoltare direttamente dagli assessori il risultato del loro operato.

Conclude il prof. Biancone, professore ordinario di Economia Aziendale del Dipartimento di Management dell’Università di Torino: “Quest’anno, l’adozione di indicatori di confronto de Il Sole 24 Ore rispetto agli altri capoluoghi di provincia italiani, insieme alle priorità individuate sui social media attraverso strumenti di Sensitive Analysis in collaborazione con il Nucleo Investigativo della Polizia Municipale, ci hanno permesso di rendere il documento attuale e i risultati confrontabili con le altre amministrazioni italiane”.

Tutta la popolazione è invitata a consultare il documento al link: http://www.comune.torino.it/bilancio/pop/2019/ suggerendo sulla pagina social dedicata al progetto https://www.facebook.com/Bilanciopop: priorità sui contenuti e preferenza di struttura utili a garantire, nella futura edizione, un maggior dialogo e una maggiore trasparenza tra l’amministrazione e il lettore.

Morti i genitori ma i figli mandano avanti l’azienda

Silco, l’azienda gestita dai figli dopo la tragica scomparsa dei genitori


Alberto, architetto, e Davide, psicoanalista: “Non abbiamo voluto farci da parte”

Il primo novembre 2018 Miriam e Beppe Rosso, titolari dell’azienda Silco a Rivalta di Torino, morivano a Lillianes, in Valle d’Aosta, nella loro auto investita da un albero caduto all’improvviso sulla strada per Gressoney.

È stato un evento drammatico che ha cambiato radicalmente le vite dei due figli, Alberto (46 anni, architetto) e Davide (48 anni, psicoanalista) che hanno dovuto decidere, ancora scossi dal dolore per la perdita dei genitori, come proseguire l’attività della Silco, un’azienda solida (2,5 milioni di euro di fatturato e 8 collaboratori), operante nel campo del trattamento superficiale dei metalli, con un’ottima clientela e una reputazione positiva conquistata negli anni grazie al lavoro quotidiano dei coniugi Rosso. «Siamo stati catapultati – dicono Alberto e Davide – nel complesso processo del passaggio generazionale di un’impresa, tra commercialisti, notai e tutta l’ordinaria amministrazione, senza che questo delicato percorso fosse stato minimamente pianificato».

La decisione di Alberto e Davide è stata quella di impegnarsi in prima persona nella gestione dell’azienda, comprimendo gli impegni delle rispettive professioni. «Non abbiamo voluto farci da parte – spiegano – non solo per rispetto ai nostri genitori ma soprattutto per salvaguardare il lavoro dei nostri collaboratori; esistono valori etici sui quali i nostri genitori hanno fondato il loro impegno». I fratelli, anche in virtù delle rispettive competenze, si sono ripartiti i compiti: Alberto maggiormente impegnato verso l’esterno a mantenere i rapporti commerciali, Davide più concentrato sull’organizzazione interna. In questo modo è stata salvaguardata l’operatività dell’azienda, senza alcuna interruzione, continuando a servire con puntualità la clientela.

«I momenti difficili – continuano Alberto e Davide – non sono mancati, viste anche le drammatiche conseguenze del COVID, e non mancheranno; abbiamo dovuto imparare in fretta, ma siamo stati aiutati dalla capacità dei nostri collaboratori, dall’ottima intesa con le case mandanti che rappresentiamo e soprattutto dall’ingresso in consiglio di amministrazione di nostro zio Giancarlo Cortassa, che forte della sua esperienza e capacità commerciale ci è di grande supporto nella nostra attività quotidiana».

Oggi, a quasi due anni dal tragico incidente di Lillianes, Silco continua a essere un punto di riferimento per il settore del trattamento metalli, dalla sabbiatura al lavaggio, con un catalogo di centinaia di prodotti, in vendita anche online sulla piattaforma di e-commerce. Un’azienda fondata da Miriam e Beppe Rosso negli anni Settanta e oggi condotta con la stessa passione e dedizione dai figli Alberto e Davide, con l’obiettivo di assicurarle un prospero futuro.

Scuola: problematiche e proposte per la ripresa

Riceviamo e pubblichiamo / Il Coordinamento Nazionale dei Docenti della Disciplina dei Diritti Umani intende segnalare l’interessante contributo dell’ing. Fabrizio Piemontese, fra i tanti pervenutoci, relativo alle problematiche connesse all’inizio dell’anno scolastico 2020/2021.

“Cortese Professore,
ho avuto modo di leggere un recente comunicato stampa di CNDDU
Le scrivo per esprimere il mio completo accordo con le sue considerazioni e per riportare le mie riflessioni.
Spero in tal modo di fornire il mio contributo civico sulla questione, con l’auspicio che possa essere raccolto da qualcuno.
IL CONTESTO PERSONALE
Non sono un insegnante, ma la mia compagna è professoressa di ruolo in un liceo di Roma. Io ho compiuto 50 anni durante il lock down, senza isterismi per il mancato festeggiamento, fin dall’inizio abbiamo rispettato scrupolosamente le precauzioni indicate soprattutto il distanziamento fisico, anche durante l’estate.
IL CONTESTO SANITARIO ATTUALE
Fin dalla prima settimana di agosto era chiaro che i contagi «di Importazione», tra migranti, lavoratori stranieri e cittadini italiani di ritorno da viaggi all’estero, erano circa la metà (oltre 250 su 552 il 07/08/2020).
A fine agosto, con contagi raddoppiati, quasi tutti i giornali attribuiscono la metà dei casi ai contagi durante le vacanze tra i giovani.
Sempre a inizio agosto Massimo Galli, Ospedale Sacco di Milano, affermava su La Nazione «L’età media dei portatori del virus si abbassa. Sono persone che hanno avuto frequentazioni per motivi ricreativi in luoghi affollati, o che provengono da ambienti di lavoro dove sono presenti focolai aziendali». Nello stesso articolo di Alessandro Malpelo, il prof. Galli concludeva: «La mia impressione è che siamo messi meglio, fintanto che identifichiamo i focolai e li fermiamo con misure di contenimento e cautele. Ma non siamo ancora al momento in cui potersi permettere treni e mezzi di trasporto stipati, occorrerà trovare sistemi alternativi per spostare gente al lavoro, a scuola».
Gli esperti sembrano convinti del fatto che sarà inevitabile registrare qualche caso nelle scuole.
I dati di questi giorni dicono che in Germania hanno già chiuso 100 scuole (fonte: Rainews 24) e che a Berlino hanno chiuso 41 scuole su circa 220 (Fonte: Rai RadioTre).
LE STATISTICHE ISS
In questo contesto le statistiche ISS riportano che l’età media del contagio si è abbassata a circa 30 anni, ma non mi sembra che i dati statistici siano facilmente accessibili e disponibili a chiunque. Si tratta di una media pesata o di una media numerica? Inoltre il dato medio complessivo, come insegna la famosa “media del pollo”) potrebbe non essere rappresentativo. Molti degli esperti sembrerebbero concordi sul fatto che il dato numerico dei contagiati “estivi” è sostanzialmente diverso da quello della “fase 1”, pertanto anche se i numeri ora sono paragonabili a quelli di aprile, il confronto non si può porre solo sul piano numerico. Ma allora perchè i dati dei contagi per fasce di età da luglio a oggi non vengono riportati SEPARATAMENTE rispetto a quelli della fase 1? Si noti invece come il grafico allegato, aggiornato al 18/08/2020 sia complessivo per tutto il fenomeno pandemico dal suo inizio, ma non distingue la “fase 1” dalla fase “estate”. Conoscere le fasce di età attualmente più critiche permetterebbe forse di sapere quali potrebbero essere le classi scolastiche più a rischio (anche se poi il ruolo di fratelli/ sorelle potrebbe alterare le probabilità)?
In realtà i dati potrebbero essere analizzati anche dal punto di vista sociologico: pur nel rispetto della privacy, i dati potrebbero essere aggregati per sapere chi si è ammalato in che tipo di situazione lavorativa/ familiare si trova. Non credo infatti che chi abita nelle estreme periferie della capitale o che ha perso il lavoro con il lock down, si sia potuto permettere di fare le vacanze… Quindi il dato che potrebbe emergere da un’analisi di questo tipo potrebbe essere anche imbarazzante per alcuni ceti sociali.
I PROTOCOLLI ITALIANI
Sono uscite le direttive ministeriali, ma mi sembra che queste non affrontino le questioni cruciali. Si parla di ingressi, uscite, distanze, contatti tra alunni di diverse classi, di misurazione della temperatura ecc. Sinceramente a me, dall’esterno, sembrano questioni di “lana caprina”
Innanzitutto, se è vero che la maggior parte dei giovani sono asintomatici e trasmettono lo stesso il virus, non si capisce bene che tipo di sicurezza fornisca la misurazione della temperatura, al netto sulle decisioni su chi e dove la deve misurare.
Ma l’aspetto sostanziale secondo me è la mancanza di assicurazioni sulla qualità dell’aria e del relativo ricambio all’interno delle classi.
A questo si aggiunge la non chiarezza sulle conseguenze della presenza di un caso positivo (che al momento sembra inevitabile): si dice che “potrebbe” comportare la quarantena per la classe. A parte il fatto che in Germania chiudono le scuole e non le classi (infatti ogni professore in genere tiene lezione in più classi nello stesso istituto o, a volte, addirittura in istituti diversi), ma cosa si intende esattamente per classe? Non fanno parte delle classi anche i professori che sono in aula?
E non saranno coinvolti nei provvedimenti sanitari anche coloro che hanno contatti quotidiani con chi è in classe, ovvero i familiari degli studenti e i familiari dei professori??
Stiamo parlano di una categoria professionale, a parole ritenuta indispensabile per il Paese, ma che in pratica non dispone nemmeno di una polizza sanitaria assicurativa fornita dal datore di lavoro (lo Stato) per i rischi a cui è sottoposta.
COSA SIGNIFICA QUARANTENA
Da quanto mi risulta, l’INPS ha chiarito ulteriormente con il Messaggio n. 2584 del 24706/2020 che la quarantena (sia quella con sorveglianza attiva, sia quella precauzionale) è da intendersi come una” circostanza di incapacità temporanea di lavoro, e perciò equiparata alla malattia”.
Ricordo che una indicazione analoga mi era stata inviata dalla azienda di cui sono dipendente, fin dai mesi del lockdown.
Se questa interpretazione è corretta, a prescindere da questioni relative alla perdita di retribuzione nella prima settimana di malattia, a prescindere da questioni inerenti il possibile sovraccarico del sistema INPS (tutte le quarantene dei professori e dei familiari degli studenti), il dato che mi interessa evidenziare è che se quarantena = malattia, allora malattia = interruzione dell’attività didattica. Cioè non si può chiedere a un professore in quarantena di “proseguire in modalità DaD”.
Che tipo di anno scolastico ne verrebbe fuori?
ASPETTI PSICOLOGICI
Se i ragazzi, vista la leggerezza con cui molti di loro hanno affrontato l’estate, sembrano poco preoccupati per una malattia che non sembra colpirli gravemente, lo stesso certo non si può dire per gli insegnanti.
I dati del Ministero della Salute attestano che finchè è stato attivo il numero verde di supporto psicologico si sono registrate oltre 50.000 telefonate (http://www.salute.gov.it/portale/news/p3_2_4_1_1.jsp?lingua=italiano&menu=salastampa&p=comunicatistampa&id=5570). Sono molte le statistiche online che riportano come siamo stati tutti esposti a un forte stress psicologico.
In questa situazione, come si può immaginare che i professori possano affrontare quotidianamente il viaggio verso il “fronte” e preparare le lezioni con la dovuta serenità?
Forse che i professori servono a scuola perchè si ha bisogno di baby sitter perchè le famiglie non sanno dove lasciare i propri figli?
Non saprei, spero di no, anche perchè a me sembra che le istituzioni scolastiche siano state create per altri scopi.
IL SILENZIO SINDACALE
Non ho notato serie prese di posizione del settore sindacale scolastico. Forse perchè molti sindacati si erano “compromessi” all’inizio con posizioni nettamente contrarie alla DaD? Anche qui non so rispondere, nè sono io a doverlo fare. Mi viene però in mente quel proverbio “solo lo stolto non cambia mai idea”.
LA MIA PROPOSTA
Non sono abituato a fare proteste fini a sé stesse, cerco sempre di portare un contributo, Ma come ho detto non sono un professore, il mio è solo il tentativo di dare un contributo a una questione che sta tormentando tante persone, inclusa quella che mi sta accanto.
Per le classi elementari non ho un’idea precisa, anche perchè non so cosa hanno fatto durante la DaD, probabilmente in quel caso è vero che l’insegnamento in presenza è insostituibile. Ma forse la statistica potrebbe dirci se queste classi di età apportano un contributo davvero determinante al numero di contagi.
Lo stesso potrebbe valere anche per prima media e primo superiore (in questo caso con qualche riserva, previa attenta analisi statistica), che devono affrontare un nuovo ciclo di studi.
Per le altre classi secondo me la didattica dovrebbe essere a distanza fino a che la situazione sanitaria non sia sotto controllo (e questo da intendersi come circolazione del virus, non semplicemente come riduzione dei ricoveri o terapie intensive).
Gli studenti dovrebbero andare a scuola (a turno e con programmazione, con accessi controllati e in idonei spazi, magari divisi in 2 classi) solo per sostenere i compiti in classe e le interrogazioni (programmate come per gli esami dell’Università). Questo consentirebbe di disporre di voti e giudizi validi che potrebbero consentire anche di fermare chi non ha mezzi per proseguire.
La concreta prospettiva di andare incontro a una bocciatura “regolare” potrebbe forse responsabilizzare maggiormente quegli studenti che durante la DaD si sono lasciati andare (che poi magari erano gli stessi che non seguivano le lezioni in classe o avevano un rendimento scarso con la scuola in presenza?).
Inoltre l’età dell’obbligo scolastico dovrebbe essere innalzata, per consentire a chi dovesse rimanere indietro a causa di tutta questa situazione di poter recuperare.
La dislocazione dei professori nelle classi dovrebbe essere temporaneamente riformulata per evitare che possano essere sia nelle prime che nelle altre classi.
Le riunioni di lavoro dei docenti dovrebbero essere a distanza.
Insomma, per molte settimane l’Italia è stata additata come esempio a livello mondiale, ma a me sembra che ora si stia perdendo questa prerogativa, prevalendo la tendenza a emulare le decisioni di altri Paesi, prendendo decisioni sulla scia di considerazioni meramente economiche, invece di continuare a fare da apripista per uscire dal “pantano”, guidati da priorità di ordine sanitario, come la tutela della salute pubblica.”
IL CNDDU auspica che si possano trovare concrete soluzioni alle problematiche inerenti all’inizio dell’anno scolastico e accoglie con favore la disposizione del governatore della Campania, Vincenzo De Luca, in merito alla misurazione della temperatura a scuola, perché fra le tante perplessità che avevamo enucleato, una per la quale si può trovare una facile soluzione è proprio la misurazione della temperatura da non demandare alle famiglie, come tanti esperti sostengono.

Prof. Romano Pesavento
Presidente CNDDU

Stipendi: tra donna e uomo il divario continua

Si continua a registrare la differenza retributiva tra uomo e donna in Italia. Non solo in base alla stessa professione, ma anche a seconda delle città dove si esercita.

Le commesse guadagnano in media il 18,55% in meno rispetto ai colleghi uomini. Sono pagate meglio a Bologna e Firenze (+8%) e peggio a Napoli e Cagliari (-27%). In controtendenza le segretarie: +2,41%.

Si continua a registrare la differenza retributiva tra uomo e donna in Italia. Non solo in base alla stessa professione, ma anche a seconda delle città dove si esercita. È il risultato dei dati analizzati da AppLavoro.it , la piattaforma che mette in contatto domanda e offerta di lavoro puntando sulle recensioni di ex datori ed ex colleghi e sulle videopresentazioni.

 

Per i commessi / addetti alle vendite, si registra che le donne guadagnano in media il 18,55% in meno rispetto ai colleghi uomini. Per gli agenti di commercio si registra una differenza di – 29,12% a sfavore delle donne. Per gli impiegati amministrativi la differenza registrata è di 19,33% sempre a sfavore del gentil sesso. Gli agenti immobiliari donne guadagnano in meno il 21,17% rispetto agli uomini. Anche per quanto riguarda i cuochi / chef, alle donne viene riconosciuta una paga che in media è del 33,45% più bassa rispetto ai colleghi uomini.

Le infermiere vedono riconosciuta una paga che in media è del 20,21% più bassa rispetto a quelle degli uomini. L’unico dato in controtendenza, dove le donne ricevono in media una paga più alta rispetto agli uomini, si registra per i lavoro di segreteria: + 2,41%. Le ingegnere  guadagnano il – 3,86% rispetto ai colleghi, le operaie generiche il -8,73% rispetto agli uomini.

«Analizzando i dati inseriti dai nostri iscritti – spiega Marco Contemi, fondatore di Applavoro.it  – ci siamo accorti che in Italia è ancora troppo evidente il gender gap. Nonostante i contratti nazionali, esiste una sostanziale discriminazione tra lavoratori e lavoratrici. E addirittura tra chi esercita la stessa professione al Nord e al Sud. Politica e sindacati dovrebbero intervenire per colmare questi divari».

Sempre secondo i dati dichiarati dagli iscritti su AppLavoro.it, per quanto riguarda  le donne che lavorano come commessa / addetta alle vendite, si registra che nelle città di Bologna e Firenze le donne ricevono una retribuzione superiore rispetto ai colleghi uomini (+ 8%). La situazione invece si capovolge se analizziamo le commesse di Napoli e Palermo, dove  percepiscono un salario del 27% inferiore rispetto agli uomini.

 

Per le donne che lavorano nei call center, la situazione più favorevole al gentil sesso si registra a Roma e Cagliari, dove viene riconosciuto un + 4% rispetto ai maschi.  Mentre nelle città di Napoli e Bari la donna percepisce un compenso in media più basso del 42% rispetto ai colleghi maschi.

 

Per le donne che ricoprono ruoli di segreteria, la città migliore è Milano, dove si registra un + 21% rispetto alla paga riconosciuta agli uomini. Le città peggiori sono Palermo, Napoli e Bari, dove si riscontra un – 36% rispetto agli uomini.

 A Torino le  operaie generiche ricevono una paga media del 9% superiore rispetto agli uomini. Mentre a Roma la situazione si capovolge: – 20% rispetto agli uomini.
 Per le  cuoche / chef  le città più favorevoli sono Bologna e Torino (-7% rispetto agli uomini). Invece a Milano e Roma le donne percepiscono un salario del 25% inferiore rispetto agli uomini.

Per le donne che lavorano come cameriere nei bar e ristoranti, a Bologna si registra un salario medio del 9% maggiore rispetto agli uomini. Mentre a Bari e Palermo le donne percepiscono un salario del 30% inferiore rispetto agli uomini.

«Non si tratta solo di rispettare i contratti nazionali e di ridurre i costi del lavoro – conclude Contemi –. Per uscire da questa situazione gli imprenditori dovrebbero puntare prima di tutto alla meritocrazia. Soltanto in questo modo si premiano le lavoratrici e i lavoratori meritevoli. E si possono creare le basi per una migliore occupabilità sia dei giovani che delle donne.  Tutti insieme possiamo uscire da questa crisi provocata anche dalla pandemia, ma dobbiamo cambiare la cultura del lavoro».

UniTo abbassa le tasse agli studenti

Estensione della No Tax area fino a 20 mila euro di Isee, rimodulazione vantaggiosa delle fasce di contribuzione. L’Università di Torino organizza l’A.A. 2020-2021 con lezioni quanto più possibili in presenza e quando necessarie a distanza. Per guardare avanti e non lasciare indietro nessuno. “Assicurare il massimo di inclusività possibile è un obiettivo prioritario per il nostro Ateneo”, dichiara il Rettore Geuna

 

L’Università di Torino ha messo in campo, per la contribuzione relativa al nuovo anno accademico 2020/2021, diverse forme di sostegno del diritto allo studio. Ha esteso la No tax area fino ad ISEE inferiore a 20.000 euro e ha rimodulato in modo più vantaggioso le fasce di contribuzione. Inoltre, l’impegno part-time costerà meno e la contribuzione sarà più sostenibile perché rateizzata su quattro rate. Gli studenti care leavers sono esonerati dalla contribuzione. Sono, poi, previste facilitazioni del calcolo delle tasse per gli studenti internazionali. Inoltre, l’Ateneo ha realizzato e messo a disposizione degli studenti un Simulatore Tasse e Contributidisponibile su unito.it, che consente di calcolare l’importo totale della contribuzione per l’A.A 2020/2021.

 

DIDATTICA IN PRESENZA E A DISTANZA. UniTo offrirà alle studentesse e agli studenti una parte di lezioni in presenza e garantirà l’intera l’offerta didattica a distanza. Chi si iscrive troverà condizioni di studio sicure, nel pieno rispetto delle misure anti-Covid. La qualità delle lezioni sarà assicurata, grazie a soluzioni didattiche integrate: in presenza, in diretta streaming con registrazioni sempre disponibili e attività per piccoli gruppi. Le attività pratiche (laboratori e tirocini) sono organizzate in modalità full immersion, anche per facilitare la partecipazione di chi è fuori sede.

Lo studio a distanza è sostenuto da una squadra di tutor specializzatiDa settembre, gli esami si potranno sostenere in presenza. Le studentesse e gli studenti residenti fuori regione, o all’estero, potranno comunque sostenere le prove a distanza.

 

RISORSE ONLINE PER LO STUDIO. UniTo mette a disposizione svariate risorse elettroniche per lo studio. È disponibile un ampio catalogo di manuali e testi in formato e-book per preparare gli esami. Oltre al grande patrimonio già disponibile, ha acquisito ulteriori 700 titoli per soddisfare le esigenze delle iscritte e degli iscritti a tutti i Corsi di Studio. MyTest si rivolge, invece, agli studenti e ai futuri studenti per fare il punto sui loro interessi, sulle motivazioni e strategie di studio e sulle competenze rispetto alla lingua italiana e alla matematica. La piattaforma Start@unito rende fruibili i corsi on line, gratuiti e aperti, in tutte le discipline, che si possono seguire anche se non si è ancora iscritti.

 

AULE STUDIO ALL’APERTO E MOBILITÀ. Un impegno costante dell’Università di Torino è quello di garantire luoghi di studio e di socialità nel rispetto delle norme di sicurezza. La sperimentazione del Campus Universitario Diffuso – in collaborazione con Città di Torino ed EDISU – mette a disposizione fino al 30 settembre 900 posti all’aperto e in sicurezza presso sette Punti Verdi da nord a sud della città dove condividere l’esperienza dello studio.

Anche sulla mobilità chi studia a UniTo potrà contare su riduzioni sul trasporto in città a seconda delle fasce ISEE. Infine, l’Ateneo ha attivato una convenzione per i propri studenti con Trenitalia che offre il 10% di sconto sui tutti biglietti di viaggio. Altre convenzioni con i principali gestori di trasporto ferroviario potrebbero essere firmate a breve.

I comuni montani covid-free

Prosegue il lavoro che Fondazione Montagne Italia – espressione di Uncem – sta compiendo con il Dipartimento di Management dell’Università di Torino, con lo spin off Halalto guidato dal professor Paolo Biancone, per consentire ai Comuni di beneficiare di servizi avanzati di supporto e renderli “covid free”.

Covidless Approach&Trust” è lo strumento di analisi e sviluppo pensato per i Comuni montani (ma anche per Unioni montane e Comunità montane) con l’obiettivo di ripensarsi, nonostante  l’emergenza, e superare la crisi. “Covidless A&T si concentra sui bisogni delle comunità, dei fruitori e dei turisti che si aspettano di trovare servizi adeguati sui territori in cui si trovano. L’obiettivo è supportare gli Enti locali nel mantenimento e potenziamento degli standard di accoglienza ricettivo-turistica e culturale, anche in questa fase così complessa”, spiega Biancone.

Il modello di intervento – proposto a ogni Ente, Comune singolo o associato – fornisce un rating di attrattività territoriale, in grado di identificare e potenziare gli aspetti di fruibilità turistico ricettiva e culturale al pari del periodo pre covid-19. Il primo livello è una valutazione che assegna punteggi a ospitalità, intrattenimento, accessibilità e molti altri punti. Il secondo step è collegato, in base al punteggio infatti emergono punti di forza e aree di miglioramento dalle quali costruire un percorso, affiancati dal team di esperti, per potenziare gli aspetti necessari. Al termine del percorso i Comuni saranno certificati e riceveranno l’attestazione e il marchio “Covidless Approach&Trust”. Sono già numerosi i Comuni – e pure le Province – che hanno aderito al percorso e che sono stati seguiti dal prof. Biancone. Fondazione Montagne Italia e Uncem hanno scritto a tutti i Comuni per dare risposte agli Enti in questa complessa fase per il Paese.

Lupi in aumento, Uncem: “Urgono soluzioni”

“Il numero di lupi è in crescita. Come lo sono le aggressioni alle greggi sui versanti alpini e appenninici. L’ho scritto  ai Ministri Costa e Bellanova.

Perché i Sindaci sono preoccupati. I lupi avvicinano sempre di più ai borghi e alle case, ci vanno dentro. Le aziende agricole, margari e allevatori, sono molto allarmati. Molti neanche più salgono in alpeggio. Tengono gli animali ben chiusi nelle stalle e nei ricoveri. Le preoccupazioni sono troppe. Mandrie e greggi decimante, un rischio che non si può correre. Per questo ai Ministri ho detto che servono soluzioni concrete, urgenti. C’è chi pensa solo al monitoraggio. Uncem chiede soluzioni. E un coinvolgimento con le Associazioni di categoria agricole a un tavolo congiunto di Ministero dell’Ambiente e Ministero delle Politiche agricole. Non c’è più tempo per dati e grafici. Occorrono soluzioni a vantaggio delle comunità che vivono Alpi e Appennini”.

Lo afferma Marco Bussone, Presidente nazionale Uncem

Anno zero. Foreste e deserti

“Prima della civiltà c’è la foresta. Dopo la civiltà c’è il deserto”.

Lo ha detto, più o meno con queste parole visto che vado a memoria, Renè de Chateaubriand. Lui, l’autore di “Memorie del sottosuolo” e de “L’ultimo degli Abenceraghi” conosceva bene la foresta. Vi aveva vissuto nelle lontane Americhe, quando aveva dovuto abbandonare la Francia perché avverso, aristocratico cadetto di Navarra, alla Rivoluzione e ai giacobini. Vi tornerà, poi, per combattere nell’Armata degli emigrati. E resterà ferito… Ma questa è altra storia…
In America visse nella foreste. Con i Natchez. Una vasta confederazione tribale appartenente alla stirpe dei Creek. E imparentata con i più famosi Cherokee. Sperimentò così la vita dei nostri antenati, cacciatori e raccoglitori. Prima dell’inizio di quella che chiamiamo Civiltà. E la cantò, quella vita, in uno dei suoi poemi.

Fu lì, probabilmente, che l’aristocratico controrivoluzionario, uno dei primi romantici francesi, ebbe l’intuizione che la civiltà viene dalla Foresta. Che la precede e ne rappresenta la matrice culturale. Una cultura, però, anzi una Kultur magmatica, selvaggia, feroce. E proprio per questo vitale…

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Anno Zero. Foreste e deserti

Virus e apertura delle scuole, le criticità

Il Coordinamento Nazionale dei Docenti della Disciplina dei Diritti Umani esprime seria preoccupazione in relazione all’allarmante incremento giornaliero dei contagi COVID 19 nell’ultima settimana in corso.

I dati e il comportamento assunto da giovani e meno giovani non lasciano molto margine di dubbio rispetto a quanto si verificherà in futuro: una curva di crescita difficilmente controllabile. Circa tali rischi avevamo espresso la nostra posizione più volte, rilevando quanto fossero inadeguate le misure adottate: un metro di distanza tra gli studenti nelle aule non solo è difficilmente praticabile, anche a causa delle diverse problematiche in cui versano molti fatiscenti istituti scolastici, ma, secondo alcuni virologi, risulta inefficace in spazi chiusi. In merito alla mascherina da consigliare (imporre? Ancora non è ben chiaro) alla popolazione scolastica viene da sorridere, se la questione non fosse drammaticamente preoccupante, constatando quanto i giovani nelle nostre belle strade e piazze italiane siano ligi all’obbligo di indossarla dalle 18 pomeriggio alle 06 del mattino. La misurazione della febbre che in tutti gli uffici pubblici dove esista la possibilità di creare assembramento viene rilevata del personale di riferimento, a scuola sarebbe affidata alle famiglie, incorrendo nel rischio di discriminazione tra personale pubblico. Per non parlare degli istituti a rischio, dove è veramente complicato mantenere un barlume di regolarità nelle attività quotidiane; è difficilmente ipotizzabile che ragazzi con propensione alla trasgressione delle norme possano essere gestiti tranquillamente. La scuola è un grande mosaico con tasselli variopinti e diversificati; non si può generalizzare, pensando di poter applicare agevolmente le stesse soluzioni a tutte le particolarità. Proprio per questo già in passato avevamo avanzato delle riflessioni e dei suggerimenti. In un anno così “imperscrutabile” sarebbe stato una prova di buon senso consentire agli “esodati” dalla legge 107/2015 di riavvicinarsi a casa o rimanere nelle proprie sedi di residenza, in considerazione che la mobilità diventa veicolo di trasmissione virale, addirittura qualche Governatore sta ventilando l’ipotesi di “chiudere” la propria regione di pertinenza. Diventa altamente umiliante e frustrante constatare la sproporzione tra il costo della vita e la retribuzione di un docente, soprattutto quando è costretto fuori sede con le condizioni attuali che il COVID 19 comporta (biglietti dei trasporti introvabili e costosissimi; aumenti spese di permanenza; spese di fitto; spese di consumo). Sarebbe auspicabile, soprattutto in considerazione dei nuovi rischi acquisiti per gli educatori (isolamento; malattia; sicurezza sul luogo di lavoro) concedere un bonus decoroso tale da poter coprire le considerevoli spese assunte oppure emanare un provvedimento legislativo atto a consentire il ritorno presso la propria sede di residenza o eventualmente rivalutare la possibilità di far svolgere le attività didattiche in modalità DaD per il personale in questione. Ricordiamo che gli insegnanti fuori sede nel raggiungere le sedi di lavoro sono maggiormente a rischio salute e pertanto nel caso in cui si ammalassero potrebbero ipoteticamente istruire una causa di servizio nei confronti del proprio datore di lavoro. Ci auguriamo che vengano finalmente presi in considerazione i disagi e le difficoltà di una categoria che più volte è stata elogiata dal Ministero per la dedizione e i sacrifici profusi al di là dei propri obblighi, aspetto che non costituisce un dettaglio, ma “sostanza”, nel momento più cruciale per il nostro Paese dal secondo dopoguerra.

Prof. Romano Pesavento
Presidente CNDDU