ECONOMIA E SOCIETA'- Pagina 359

Meritocrazia Italia: “Più competitivi in Europa”

“La composizione del nuovo governo è foriera di grandi aspettative anche per il Piemonte, soprattutto in questo momento critico in cui la pandemia non è ancora stata debellata e la situazione economica, già debilitata prima del virus, degenera, da ultimo anche a causa della mancata riapertura degli impianti da sci”. Sul nuovo governo si è espressa Meritocrazia Italia, in un interessante webinar.

Il governo Draghi è un apprezzabile operazione di equilibrio tra politica e competenze tecniche. E’ necessario ricostruire il tessuto sociale-economico. Vanno offerte maggiori possibilità agli imprenditori al fine di agganciare la ripresa pur tra le difficoltà delle diverse forze politiche a trovare un accordo su determinati temi. E’ necessario un ripensamento sull’utilità sociale del reddito di cittadinanza. Ora c’è la possibilità per l’Italia di poter tornare ad essere competitiva in Europa.

Il nuovo governo di unità nazionale condotto dal Premier Draghi al centro della tavola rotonda online organizzata ieri, 14 Febbraio 2021, dall’associazione culturale Meritocrazia Italia.
Molto ricco il parterre degli ospiti, sia tecnici che politici. Dall’On. Raffaele Trano, già Presidente della Commissione Finanze, a Paolo Del Vecchio, Avvocato dello Stato, a Marcello Salerno, Prof. Associato di Diritto Pubblico, al Sen. Francesco Urraro (Lega), commissione Giustizia Senato e Commissione Antimafia, ad Aldo Berlinguer, Avvocato e Prof. Università di Napoli. Tra i relatori anche Mauro Finiguerra, Responsabile Nazionale macroarea Economia e Giustizia di Meritocrazia Italia, e il Presidente Nazionale dell’associazione, Walter Mauriello.
Nel vivace ed interessante confronto, moderato dai giornalisti Attilio Romita (Capo Ufficio Stampa di MI) e Giuliano Giubilei, sotto la regia di Roberto Castaldo, Direttore Scientifico di Crea, sono stati affrontati punti di forza e criticità della squadra governativa.
Pur nella diversità delle opinioni espresse dai relatori, la sintesi degli interventi è racchiusa nelle parole chiave equilibrio e responsabilità, per una visione prospettica del presente che possa garantire una ricostruzione solida per le generazioni future. Convergente è stata l’idea che in un governo di unità nazionale, come quello che sta per presentarsi alle camere in vista del voto di fiducia, la variabile fondamentale deve essere rappresentata dalla capacità di sintesi del Presidente del Consiglio e dall’apertura dei partiti, che dovranno superare i tradizionali individualismi per il bene comune. Nel prossimo futuro, poi, l’acquisizione o riacquisizione da parte della politica di capacità tecniche e governative sarà il punto di svolta verso nuovi orizzonti.
Ha concluso il confronto il Presidente di Meritocrazia, Walter Mauriello, che ha espresso soddisfazione per la composizione del nuovo governo. “Il Presidente Draghi ha creato un puzzle perfetto, sia dal punto di vista tecnico che politico. Sicuramente è una personalità di elevato profilo, che garantirà la giusta collocazione dell’Italia nell’attuale scenario europeo. Non bisogna dimenticare che tra poco tempo la Cancelliera Merkel lascerà il suo ruolo e Draghi potrà sicuramente essere un ottimo leader anche per l’U.E. Quella del Premier sarà sicuramente un’azione a termine, ma di importante transizione. Per questo Meritocrazia si aspetta dal nuovo governo il perseguimento degli obiettivi di equità e giustizia sociale, tema molto caro a MI, e l’adozione di logiche che sostituiscano il mero assistenzialismo vengano con la tensione la tensione all’ “occupazione piena”. Il Presidente Mauriello ha, infine, rivolto al Presidente Draghi i migliori auguri ed auspici, affinché l’Italia torni ad essere forte e coesa al suo interno e realmente competitiva in Europa.
Il dibattito è stato costruttivo, con rilevanti spunti di approfondimento che l’associazione auspica possano trovare concretezza nell’attività sinergica del Governo.
Il Webinar potrà essere rivisto sulla pagina Facebook: L’Italia che Merita (www.meritocrazia.eu).

Meritocrazia Italia

La nuova lampada Covid testata da UniTo

COVID-19, LA NUOVA LAMPADA UV TESTATA DALL’UNIVERSITÀ DI TORINO

Vertmonde Srl è un’azienda italiana che, dal 2004 progetta, produce e distribuisce soluzioni illuminotecniche innovative.

Dal 2007 ha avviato una nuova branca sviluppando corpi illuminanti con tecnologia LED.
A far data dal 2018 l’azienda ha avviato un’altra divisione di “prodotti speciali”, dedicata allo sviluppo e all’ingegnerizzazione di elaborati con tecnologie di ultima generazione per offrire alla clientela una nuova gamma di articoli.

La differenza fra l’uomo e la macchina è che negli umani c’è la fantasia che, almeno per ora, un robot ed una intelligenza artificiale non possono avere.

Con l’arrivo imprevisto di Covid-19, a parte le Case Farmaceutiche che devono produrre vaccini, molte aziende si sono ingegnate per ricercare altre soluzioni atte a debellare il virus.

Per combatterlo, tutti si stanno ingegnando, non solo producendo vaccini.

Arriva da Torino una nuova soluzione per sconfiggerlo sanificando i luoghi di svago e lavoro.

La tecnica innovativa, progettata dall’azienda italiana Vertmonde Srl, è stata testata dall’Università degli Studi di Torino ed è in grado di sanificare al 100% gli ambienti senza l’utilizzo di sostanze chimiche.

Il nuovo dispositivo germicida si chiama V-Guard4, è sicuro per le persone ed efficace nel combattere il virus responsabile del Covid-19 e qualsiasi altro agente patogeno.

L’emissione di luce UV-C diffusa da questa speciale “lampada” riesce a scomporre DNA e RNA di batteri e virus inattivandoli e impendendone la riproduzione.

I test, realizzati in collaborazione con il Dipartimento di Scienze Cliniche e Biologiche dell’Università degli Studi di Torino, hanno dimostrato una capacità virucida del 99,999% con un irradiamento dell’ambiente di soli 3 minuti. Si arriva anche al 100% in caso di propagazione maggiore.

La tecnologia sviluppata da Vertmonde, a partire dalle comprovate proprietà germicide dell’emissione luminosa UV-C (UVGI), si adatta al contesto e alle specifiche necessità di sanificazione dei diversi ambienti: negozi, uffici, aree comuni, locali ATM, mezzi pubblici sono solo alcuni dei possibili campi di applicazione della linea di prodotti V-Guard.

Le percentuali di sanificazione indicate sono state raggiunte con la versione meno potente del dispositivo che è disponibile con potenze di 50w, 100w, 150w e 200w in base all’ampiezza della superficie da trattare. I test sono stati eseguiti utilizzando una quantità molto elevata (107 – 10.000.000 cellule virali) di beta-coronavirus umano appartenente alla stessa famiglia virale e genere del coronavirus SARS-CoV-2, responsabile del Covid-19.

Tutti i dispositivi di sanificazione V-Guard sono progettati per funzionare in autonomia, garantendo la massima sicurezza: i sistemi di controllo integrati rilevano l’eventuale presenza di persone e arrestano automaticamente l’apparecchio.

Il rapporto integrale, prodotto dal Laboratorio di Virologia del Dipartimento di Scienze Cliniche e Biologiche dell’Università degli Studi di Torino, è a disposizione dei richiedenti. Materiali di approfondimento sono presenti sul sito dei dispositivi V-Guard https://vguard-uv.com/it e sul sito dell’azienda https://www.vertmonde.it/

Tommaso Lo Russo

Tumore del pancreas: una speranza dalle Molinette

Scoperta dai ricercatori del CeRMS delle Molinette e dell’Università di Torino la chiave di ingresso per l’invasione dei linfociti killer per eliminarlo

In uno studio appena pubblicato sulla prestigiosa rivista internazionale Proceedings of the National Academy of Sciences of the USA (1) i ricercatori del Centro di Ricerche in Medicina Sperimentale (CeRMS) della Città della Salute di Torino e del Dipartimento di Biotecnologie Molecolari e Scienze per la Salute dell’Università di Torino hanno scoperto il modo per permettere ai linfociti killer antitumore di infiltrarsi all’interno del tessuto tumorale per eliminarlo.

 

Il tumore del pancreas viene a ragione definito il “killer silenzioso”. Il motivo di questo nome deriva dal fatto che non presenta sintomi specifici quando si manifesta, o meglio, quando questi compaiono spesso sono associati ad uno stadio molto avanzato della malattia. La causa potrebbe derivare dal fatto che, fin dalla sua origine il tumore del pancreas è caratterizzato da un intricato insieme di cellule di diversa natura che lo circonda e forma il cosiddetto “microambiente tumorale”. Nel microambiente vengono accesi numerosi programmi genetici e metabolici che forniscono un enorme vantaggio alla crescita del tumore e nello stesso tempo impediscono ai linfociti T killer antitumore di “infiltrarsi” nel tessuto tumorale, confinandoli all’esterno ed impedendo loro di riconoscerlo ed eliminarlo.

Coordinati dai professori Paola Cappello e Francesco Novelli, i ricercatori impegnati in questo studio hanno dimostrato che bloccando l’interleuchina 17A, un importante messaggero della comunicazione tra le cellule del sistema immunitario e tra queste e le cellule circostanti, si modifica “il microambiente” tumorale ed in particolare il comportamento di un tipo di cellule, i fibroblasti. Queste cellule sono particolarmente abbondanti nel tumore del pancreas e sono responsabili della deposizione di un complesso e compatto reticolato di fibre, la cosiddetta “matrice”, che rappresenta il più grosso ostacolo all’ingresso dei linfociti killer antitumore così come la diffusione dei farmaci utilizzati per il trattamento.

 

 

Il dottorando Gianluca Mucciolo, impegnato nel Dottorato di Ricerca in Medicina Molecolare dell’Università di Torino e primo autore di questo studio, utilizzando un modello animale predestinato a sviluppare il tumore del pancreas e privo della capacità di produrre l’interleuchina 17A, ha osservato che, nonostante la presenza di molti fibroblasti, il microambiente tumorale era molto più “invaso” da linfociti killer antitumore. Grazie ad una collaborazione con un gruppo di ricerca della Czech Academy of Sciences di Praga, diretto dal professor Luca Vannucci, il gruppo torinese ha dimostrato che in assenza dell’interleuchina 17A, la matrice depositata dai fibroblasti era, diversamente dal solito, molto più soffice e lassa, e presentava un’architettura che aveva poco in comune con le vere e proprie “autostrade” che favoriscono l’invasione delle cellule tumorali dei tessuti circostanti.

Per analizzare a fondo il comportamento dei fibroblasti nel tumore del pancreas, la professoressa Cappello è ritornata presso il Campbell Family Institute for Breast Cancer Research a Toronto nel Laboratorio diretto Professor Tak Mak, dove aveva già trascorso alcuni periodi di lavoro, e mediante l’utilizzo di sofisticate tecnologie per lo studio dell’espressione genica a livello di una singola cellula, ha dimostrato come in assenza dell’interleuchina 17A i fibroblasti del tumore del pancreas modificano il loro programma genico per promuovere sia l’accumulo di linfociti T antitumore che l’aumento della loro attività killer.

Seppure siano necessari ulteriori studi per approfondire il ruolo di questa interleuchina nella risposta anti-tumorale nell’ambito del tumore pancreatico, la grande notizia è che anticorpi anti-interleuchina 17A vengono già utilizzati nella pratica clinica per limitare i danni di alcune malattie autoimmunitarie e quindi potrebbero essere combinati con altre strategie per colpire il tumore del pancreas da più parti e rendere più efficienti i diversi trattamenti” commenta la Prof.ssa Cappello.

Questi dati aggiungono un nuovo mattone per costruire una strategia efficace per la cura del tumore del pancreas. Aggiunge il Prof. Novelli: “Il nostro stesso gruppo ha recentemente sviluppato una terapia basata su vaccinazione a DNA e chemioterapia che nel modello animale ha dimostrato una notevole efficacia nel bloccare la progressione del tumore (2). Questa efficacia potrebbe essere ulteriormente aumentata dalla somministrazione combinata di anticorpi anti-interleuchina 17A, scatenando l’attività antitumore dei linfociti killer”

Dallo studio contestuale del microambiente tumorale e dei meccanismi con cui il sistema immunitario può reagire contro il tumore del pancreas nascono le nuove terapie combinate che ci permettono di “accerchiare” sempre di più questo tumore e di aprire prospettive concrete per la sua cura.

 

 

“La busvia non basta dove servono metro e tram”

 I VOLONTARI DI GREENPEACE e LEGAMBIENTE GREENTO SIMULANO UN CANTIERE IN PIAZZA

 A circa un mese dalla riapertura di molte scuole, a Torino e in altre città d’Italia volontarie e volontari di Greenpeace insieme alle associazioni locali si stanno attivando per denunciare i problemi della mobilità locale e indicare soluzioni per contribuire a rendere le città sostenibili e rispettose del clima e della salute delle persone.

A Torino le volontarie e volontari delle organizzazioni ambientaliste sono intervenuti in Piazza Carlo Emanuele II, allestendo un simbolico cantiere per simulare la riattivazione della linea tramviaria 18, servizio che doveva essere momentaneamente gestito con autobus per i lavori metro di via Nizza, ma che per i ritardi dei cantieri è ormai bus da più di 10 anni. Il Comune intende sostituire questa linea tranviaria con dei bus elettrici, nonostante le criticità già messe in evidenza dalle associazioni ambientaliste.

«Questa è una proposta che, sotto la patina green dei bus elettrici, rischia di non migliorare per nulla la situazione, anzi: si spenderebbero decine di milioni di euro per abbandonare dei binari del tram che aspettano solo di essere riattivati. Il 18 è una delle linee più frequentate di Torino e i mezzi sono sempre sovraffollati. Un tram moderno può portare il doppio dei passeggeri di un bus; questo è un fattore fondamentale e l’abbiamo visto anche con la crisi sanitaria covid-19. Insomma: i bus non bastano per tutti gli utenti e non è stato ancora fornito nessun dato pubblico che giustifichi in termini di flussi l’abbandono della soluzione tranviaria, più efficiente e capiente; altre città, per interventi del genere, presentano l’intero progetto ai cittadini, comprese le relazioni tecniche; a Torino abbiamo una decina di slide», dichiara Enrico Fedeli di Legambiente greenTO.

“Gli svantaggi di questa proposta sono evidenti anche per l’ambiente: un bus a batteria è meno efficiente di un tram e lascia pressocché invariate le emissioni di particolato fine rispetto ad un autobus diesel. Chiediamo il ripensamento del progetto di busvie e il potenziamento della rete tram, per una rete di trasporto pubblico davvero efficiente. Proponiamo di attuare da subito interventi semplici e a basso costo che migliorerebbero davvero la situazione degli assi di trasporto considerati dal progetto di busvie: ripristino del tram dove i binari sono utilizzabili e corsie riservate e protette, da subito, anche per gli altri bus e tram della città”.

«Gli amministratori locali devono essere lungimiranti e costruire ora la mobilità del futuro, fatta di trasporto pubblico efficiente, infrastrutture per la mobilità ciclistica e pedonale, sistemi di sharing elettrico, trasporto intermodale e spazi progettati per la vita e il benessere delle persone», dichiara Federico Spadini, campagna trasporti di Greenpeace Italia. Per questo Greenpeace ha lanciato la campagna #RESTART, per chiedere che i fondi pubblici per la ripartenza, a partire da quelli del cosiddetto “Recovery Fund”, siano investiti per riprogettare in modo intelligente le nostre città, investendo in trasporto pubblico, riqualificazione delle periferie e mobilità alternativa.

Case lavoro, un “carcere” senza processo

E’ necessario “rivedere e riconsiderare l’istituto delle misure di sicurezza, che per come oggi sono svolte all’interno delle cosiddette Case lavoro, rappresentano un rudere, un fossile vivente”, come ha spiegato l’organizzatore del seminario Bruno Mellano, Garante delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà del Consiglio regionale del Piemonte. Secondo Franco Corleone Garante della Regione Toscana, si tratta addirittura di “una vera e propria truffa.

Perché non è accettabile che in Italia ci siano 330 persone rinchiuse in posti che fanno a pugni con la definizione di ‘Casa lavoro’. Una denominazione che rimanda a un concetto buono, lontano dal luogo carcerario. Però abbiamo praticamente solo ex prigioni o ex ospedali psichiatrici giudiziari, quindi non sono case e non c’è il lavoro”.

L’occasione per una sensibilizzazione sul tema è stato un incontro in videoconferenza, intitolato “Senza CASA, senza LAVORO: gli internati in misura di sicurezza e il caso Piemonte”, organizzato dal garante piemonteseLa nostra regione, del resto, “con 53 internati nella sede di Biella, è sul podio per numero di soggetti interessati. 78 sono in Abruzzo, 54 in Emilia Romagna, 35 in Sicilia, 23 in Sardegna eccetera”, ha ricordato Mellano, chiarendo che “la situazione subalpina è ancora più difficile, perché al momento si definisce Casa-Lavoro una sezione del carcere di Biella (nella foto, ndr), con la prospettiva incerta di spostare gli internati suddividendoli fra Alba ed Alessandria. Sempre rigorosamente in ambito penitenziario”.

Nelle Case lavoro vanno le persone considerate socialmente pericolose, non condannate, né processate e molti interventi hanno messo in luce l’aleatorietà della definizione che talvolta può avere questa decisione. Per Alessandro Prandi, Garante della Città di Alba, “gli internati non sono colpevoli, non sono innocenti, sono considerati pericolosi. Vengono privati della libertà sino a che questa condizione non cambia. Si tratta di persone che spesso non hanno nemmeno avuto un processo. Oggi le case lavoro hanno celle, sbarre e agenti. Sono popolate da disperati, malati di mente, tossicodipendenti, infermi, stranieri senza documenti, persone fragili”.

Mauro Palma, Garante nazionale delle persone private della Libertà, ha portato un saluto iniziale, ricordando che “l’attuale casa lavoro ha poco di dissimile rispetto alla detenzione e nel caso di rilascio le persone si ritrovano a tornare nel loro contesto, ma senza casa e senza lavoro”. D’accordo anche Sonia Caronni esperta di esecuzione penale, Garante della Città di Biella, ha ricordato che “si tratta di percorsi di reclusione lunghissimi, che alienano totalmente dalla vita esterna le persone che passano anni e anni all’interno di queste strutture. È risultato quasi impossibile il reinserimento nella società, quando abbiamo provato”.

Per Francesco Maisto Garante detenuti Milano, “il concetto di pericolosità sociale ha un’inconsistenza scientifica. La domanda a questo punto è: assimilando di fatto la pena e la misura detentiva a queste misure restrittive, non è fondato porre una questione di costituzionalità su questo punto?”

Katia Poneti, esperta giuridica presso il Garante della Toscana, ha sottolineato che “i reclusi non sono persone con una carriera criminale, ma molto spesso soggetti con gravi problemi personali”. Per Marco Pellissero, Docente di Diritto Penale dell’Università di Torino, “le misure di sicurezza per i soggetti imputabili sono anche una palese truffa delle etichette, specie quando l’esecuzione della misura si identifica sostanzialmente con l’esecuzione della pena”.

Stefano Anastasia, Portavoce nazionale dei Garanti regionali e territoriali, ha concluso i lavori sostenendo “che le necessità di contenere la marginalità è frutto di una cultura penalistica e giuridica del secolo scorso, che io considero incompatibile con i principi costituzionali. Oggi è decontestualizzata rispetto a quella casa di lavoro che si pensava di realizzare e quindi dovremmo semplicemente e radicalmente cancellarla”.

Sono intervenuti anche Valeria Quaregna responsabile degli educatori del carcere di Biella, che ha confermato le gravi problematiche gestionali degli internati e il Provveditore della Amministrazione Penitenziaria del Piemonte Liguria e Valled’Aosta, Pierpaolo D’Andria, che ha assicurato l’attenzione del Ministero di Giustizia alla delicata questione, annunciando che si è in una fase di riflessione sulle decisioni da assumere.

La Monorotaia di Italia ’61 come la High Line di New York? 


La Giunta è possibilista sul progetto dell’Ingegner Luca Valzano per restituire ai torinesi questo storico collegamento, che diventerebbe una passeggiata sopraelevata: con la mia interpellanza sul tema, appena discussa in Consiglio Comunale, ho chiesto che questo bene possa tornare a nuova vita dopo anni di abbandono.

Una nuova vita per la Monorotaia di Italia ’61, prendendo spunto dalla High Line di New York? Sognare si può. La Giunta, rispondendo poco fa alla mia interpellanza sul tema, si è detta d’accordo sul fatto che un simile progetto sarebbe interessante e darebbe valore a questa storica area da troppo tempo abbandonata a se stessa. Il piano dell’ingegner Luca Valzano consiste nel recupero e nella rifunzionalizzazione della Stazione Sud e del tracciato della Monorotaia, con la trasformazione del binario sopraelevato in una passeggiata aerea, con connessione diretta al Palazzo del Lavoro. Un progetto simile, dunque, al newyorkese High Line, parco lineare realizzato su una sezione in disuso della ferrovia sopraelevata West Side Line. Che l’Amministrazione stia prendendo in considerazione l’ipotesi è già di per sé un fatto positivo: auspico, a questo punto,  un incontro tra l’ingegner Valzano e la Giunta. Abbandonare Italia ’61 nelle sue attuali condizioni significa calpestare la storia stessa della nostra città porgendo un pessimo biglietto da visita, proprio all’ingresso della città, a chi giunge da sud. L’auspicio è che il prossimo Governo possa prendere in considerazione questa progettualità per il Recovery Fund. È fondamentale costruire fin da ora le premesse affinché la prossima Amministrazione possa realizzare un intervento importante. La riqualificazione della Stazione Sud potrebbe ospitare nuove funzioni di pubblica utilità (per esempio una caffetteria al piano terra e uno spazio polivalente per attività socio-culturale al piano sopraelevato) e rappresenterebbe un esempio di innovazione e sostenibilità.

Silvio Magliano – Capogruppo Moderati, Consiglio Comunale Torino.

La caccia è attività necessaria?

“Illegittimità e deroghe hanno fatto da filo conduttore a una stagione sconcertante”

Caro Direttore, il Tavolo Animali & Ambiente, costituito dalle associazioni ENPA, LAC, LAV, LEGAMBIENTE, LIDA, LIPU, OIPA, Pro Natura e SOS Gaia, denuncia le illegittimità dell’ultima stagione di caccia e la sottomissione della Regione Piemonte alle richieste del mondo venatorio.

Si è finalmente conclusa una delle più sconcertanti stagioni venatorie degli ultimi anni. Iniziata male, con l’approvazione di un calendario venatorio a forte sospetto di illegittimità, è poi proseguita ancora peggio. Emblematica in questo senso la concessione della possibilità di cacciare esemplari della tipica fauna alpina (galli forcelli, pernici bianche e coturnici) anche in assenza dei censimenti primaverili pre-riproduttivi, esplicitamente previsti per legge, ma quest’anno in molti casi non effettuati a causa dell’emergenza sanitaria da Covid-19.
E che dire dei ripopolamenti (stiamo parlando di almeno 20.000 fagiani più numerose lepri e starne) eseguito durante la stagione venatoria quando, per legge, dovrebbero invece essere svolti ben prima, per dare modo agli animali di ambientarsi?

La ciliegina sulla torta è stata poi l’autorizzazione data ai cacciatori – ma solo a loro – di poter esercitare la loro perversa attività anche in deroga alle norme di limitazione agli spostamenti, arrivando addirittura a considerare la caccia come “attività necessaria” per il ripristino degli equilibri ambientali. È invece evidente come la caccia sia la causa e non la soluzione ai problemi provocati, in certi casi, da una eccessiva proliferazione di alcune specie animali.

Da registrare infine la periodica offensiva contro il lupo: specie di enorme valore ambientale che sta faticosamente riconquistando i territorio da cui l’uomo l’aveva eliminata secoli orsono. Il lupo si nutre prevalentemente di ungulati selvatici (in particolare cinghiali, caprioli e cervi), contribuendo in questo modo al loro controllo numerico. Quando avvengono predazioni su animali domestici, la causa va ricercata in un’assenza di precauzioni da parte degli allevatori (sorveglianza delle greggi, ricovero degli animali durante le ore notturne, uso di cani da guardia, ecc.). La realtà è che, come detto, il lupo preda soprattutto animali selvatici, riducendo così il carniere a disposizione dei cacciatori. Da qui nasce il loro odio e la richiesta di interventi di contenimento del carnivoro, spesso motivata anche con farneticanti riferimenti ad una inesistente pericolosità diretta dell’animale nei confronti dell’uomo.

Infine, ricordiamo ancora la consueta strage che ha accompagnato la stagione venatoria appena conclusa: secondo i dati forniti dall’Associazione “Vittime della Caccia”, nel nostro Paese si sono infatti registrati ben 61 incidenti di caccia, di cui 14 mortali. Quattro vittime e 14 feriti riguardano, tra l’altro, individui non cacciatori, che hanno semplicemente avuto la sfortuna di trovarsi coinvolti in battute da parte di chi prima spara e poi controlla su cosa ha scaricato i propri colpi…

Le Associazioni costituenti il Tavolo Animali e Ambiente hanno cercato in tutti i modi di opporsi a tali pratiche, aberranti non solo sul piano morale ma spesso anche su quello legale. Purtroppo, il potere politico ha dimostrato ancora una volta la sua totale sottomissione agli interessi del mondo venatorio, accogliendo di fatto tutte le richieste provenienti da tale parte ed ignorando invece le giuste rivendicazioni di chi rappresenta la maggior parte della popolazione. Le Associazioni hanno già inviato alla Regione Piemonte un documento ufficiale in cui si preannunciano iniziative legali nel caso anche la prossima stagione venatoria venga gestita all’insegna di una liberalizzazione quasi totale.

 

Per il Tavolo Animali & Ambiente:
Piero Belletti (Pro Natura)

C’era una volta Barriera di Milano

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COSA SUCCEDE(VA) IN CITTA’ / Per noi “ragazzacci ” di Barriera il limite dell’orizzonte era la Stura. Oltre il fiume c’era un’altra dimensione. Al fondo di via Botticelli una cava di ghiaia estratta dalla Stura. Si formavano montagne, paesaggio lunare, dove era doveroso fantasticare. Ogni tanto qualche baruffa con i ragazzini rom. Niente di che, tutto nella norma. In estate, finalmente,  smettevo i pantaloni lunghi per i più pratici pantaloncini. Superga basse rigorosamente blu. Un paio a stagione. I Jeans no. Erano per la Montagna. Luglio e Agosto nelle valli di Viù.

In Barriera una banda,  ed in Montagna un’altra. Le avventure sono iniziate in Piazza  Respighi. Si giocava ininterrottamente a Ligia e biglie. Ero il solito fortunato. Mio padre era il mio fornitore di bioni. Sfere di ferro smontate. Secondo la grandezza potevano valere da 10 fino a cento biglie di vetro. Generalmente una biglia di vetro grande valeva 10 di piccole. Sempre di vetro. Le mettevi in fila e colpite diventavano tue. Nel gioco me la cavavo. Altro orizzonte il cinema Zenit,  oltre la ferrovia. Univa lo scalo di Vanchiglia con la linea centrale morendo al Parco Sempione dove c’era e c’è ancora la piscina. Due  grandi vasche dove c’era anche un trampolino olimpionico inizi anni 70, poi  venne costruito lo spazio per i più piccoli.  Prima nello sterrato corsa campestre.  Le prime volte allo Zenit mi ci portò mio padre .14 30 della domenica. Allora si poteva entrare anche a proiezione iniziata. La facevano da padrone i film di Cow- boy con il mitico Giuliano Gemma. Il duro per antonomasia. Al ritorno mille domande. Era diventato un gioco. Forse ero asfissiante,  mi sembra di ricordare di un padre divertito e tutto sommato contento di un figlio curioso e  irriverente. Poi venne il fatidico giorno: al cinema ci puoi andare da solo. Libertà allo stato puro. Età, direi, 7 – 8 anni. Che poi solo non ero. Nel branco ci sentivamo sicuri. Non penso d’ aver visto tutti i film di Franco Franchi e Ciccio Ingrassia. Sono tantissimi. Una considerevole parte sì. E l’ uomo dei pop corn.  Patatine , bibiteeee, poooppp- corrrnnnn. Passava tra un tempo e l’altro. E giù risate. Allora c’ erano le visioni fino al 5° passaggio. Tranne quelli della coppia siciliana. Qualche settimana in prima visione e poi direttamente alla quarta visione. La quinta visione  nei cinema parrocchiali
Al Michele Rua ho visto tutti i classici polpettoni. 10 comandamenti.  Ben – hur e il classico ed intramontabile Via col Vento. Tutto. Ovviamente,  innaffiato da coca- cola e liquirizia. Tutto dosato. Dovevano bastare i pochi soldi. Non c’era l ansia dell’appuntamento. Sapevi che qualche amico lo  trovavi. Difficilmente amiche. Allora non si usava. A me piaceva “vagare” da un punto all’ altro. Dai giardini di via Mercadante all’oratorio, passando per piazza Respighi.  A metà anni 60 la piazza si completò. Vennero costruite le case del Toro. L’ assicurazione. Le prime case costruite in prefabbricato. Un intero isolato. Prima c’ era un campo di calcio.  Ogni tanto arrivava un circo decisamente “sgarrupato ” dando un tocco di felliniana memoria ad una Barriera che cresceva. Tante costruzioni,  tanti alloggi in vendita e la classe operaia diventava ceto medio. Poche le donne che lavoravano. Per lo più nei negozi alimentari. Reggeva ancora l’ idea della mamma angelo del focolare. Donne con una straordinaria capacità di risparmio ed oculatezza nello spendere. O donne,  come mia madre,  che lavoravano,  in nero, da pantalonaie. Donne con una straordinaria capacità di lavoro. Eravamo ancora nel pieno boom economico,  anche se il vento dello sviluppo si stava chetando. Noi “ragazzacci” non capivamo e ci sentivamo appagati dalle biglie e ai cinema di periferia. Si spostava il limite del proprio orizzonte. Questo sì. E spostando il limite,  oltre qualcos’altro,  crescevamo. Sempre meno ragazzacci e sempre più uomini. La Barriera è rimasta.  Da dove arrivi,  le tue radici e la strada che ti ha formato. Ora rimane ( solo ) il ricordo. E già qualcosa per dire ai nostri figli da dove arriviamo. Per alcuni di noi , già nonni,  per i nipoti. Si chiama identità. Identità collettiva. Di quelle bande in cui ci si sentiva coperti. Eravamo ragazzacci ma non delinquentelli. Perché vedevamo nelle nostre madri e nei nostri padri dei modelli. Ora vorremmo essere dei modelli per i nostri figli e  i nostri nipoti.

Patrizio Tosetto

Imprenditori si diventa a scuola con il progetto Diderot

A  CURA DI  FONDAZIONE CRT. PIÙ DI 2000 RAGAZZI ALLA SCOPERTA DELL’INDUSTRIA DEI VIDEOGIOCHI

Al via il primo febbraio nelle scuole superiori di Torino, del Piemonte e della Valle d’Aosta la linea didattica “Rendere possibile un’impresa impossibile”

Come nasce un videogioco? A partire dall’1 febbraio, oltre 2.000 studenti piemontesi e valdostani andranno a “scuola” di videogame industry con il progetto Diderot di Fondazione CRT. Processo creativo, marketing, implicazioni etiche, “game addiction” saranno gli argomenti che verranno affrontati dalle classi iscritte alla linea didattica “Rendere possibile un’impresa … impossibile” del progetto di Fondazione CRT rivolto a tutte le scuole del Piemonte e della Valle d’Aosta.

Il percorso formativo – che prevede la possibilità di attivare gli incontri in modalità didattica a distanza – è realizzato in collaborazione con la Cooperativa Pandora per stimolare lo spirito imprenditoriale dei più giovani, ed è ideato da Mario Acampa, attore, regista e autore. I ragazzi verranno coinvolti in vere e proprie lezioni-spettacolo curate da tre divulgatori: Matteo Macchio, Viviana Laura Pinto e Jessica Redeghieri.

Gli studenti si confronteranno con casi studio, analizzeranno la catena del valore, scopriranno le principali aziende produttrici di videogiochi e potranno trasformarsi in veri e propri influencer in grado di valutare e promuovere i prodotti dell’intrattenimento. Rifletteranno sul mondo del gaming in ottica economica e di marketing, ripercorrendo esempi che hanno rivoluzionato l’industria dell’intrattenimento, sempre più in crescita. Non mancherà anche un focus su temi “caldi” legati ai videogiochi: dai possibili messaggi discriminatori alla sostenibilità.

Il Progetto Diderot della Fondazione CRT, rivolto alle scuole di ogni ordine e grado del Piemonte e della Valle d’Aosta, porta in classe discipline non curricolari e, nello stesso tempo, approfondisce materie tradizionali con metodologie innovative: dalla matematica alla tutela della salute e dell’ambiente, dalla prevenzione alle dipendenze all’astronomia. La partecipazione è gratuita per tutte le scuole. Giunto alla quindicesima edizione, quest’anno il progetto ha superato le 80.000 iscrizioni.

 

 

Il calendario dei primi appuntamenti di “Rendere possibile un’impresa…impossibile” per provincia:

1 febbraio, IIS Bona di Biella

2 febbraio, IIS Alfieri di Asti

3 febbraio, IS Barletti di Ovada, Alessandria

8 febbraio, ITC Da Vinci di Borgomanero, Novara

9 febbraio, IIS Guala di Bra, Cuneo

10 febbraio, ITC Galilei di Avigliana, Torino

10 febbraio, IIS Galileo Ferraris di Crescentino, Vercelli

19 febbraio, ISILTEP di Verrès, Aosta

Carmagnola, nuovi buoni spesa per le famiglie

Nuova iniziativa del Comune di Carmagnola per l’erogazione di ulteriori 60.000 euro in buoni spesa a sostegno degli acquisti delle famiglie, con Love Box a tema per la festa di San Valentino

 

Dal 12 febbraio al 14 marzo 2021

presso gli esercizi commerciali della città che aderiscono all’iniziativa
www.comune.carmagnola.to.it

www.facebook.com/cuorinvetrinacarmagnola

Dopo “Natale con i tuoi”, dal 12 febbraio al 14 marzo 2021 e in collaborazione con Ascom Confcommercio Carmagnola, il Comune di Carmagnola propone una nuova iniziativa che prevede l’erogazione di buoni spesa a sostegno degli acquisti delle famiglie carmagnolesi.

Questa volta la campagna prende il nome di “Cuori in Vetrina” perché inizia in concomitanza con la festa di San Valentino e perché vuole esprimere l’amore, il cuore, con il quale la Città di Carmagnola vuole sostenere i propri commercianti e i propri cittadini.

Nei primi giorni, per celebrare la festa degli innamorati, diversi esercenti aderenti all’iniziativa proporranno delle particolari Love Box con menù speciali, confezioni, pacchetti e idee regalo a tema.

I negozi aderenti alla campagna saranno identificabili grazie all’esposizione della locandina e di palloncini a forma di cuore. Come già accaduto nel periodo natalizio, i buoni del valore di 10 euro caduno saranno erogati direttamente dai commercianti, sotto forma di compartecipazione alla spesa dei clienti.

Sono inoltre in cantiere ulteriori iniziative legate alla Festa della Donna e per il finanziamento della campagna verranno utilizzati i fondi messi a disposizione dallo stato per il sostegno alla spesa delle famiglie nel contesto della pandemia.

COME VERRANNO EROGATI I BUONI AI CITTADINI

I buoni saranno erogati dai commercianti con le medesime modalità dell’iniziativa natalizia: n. 1 buono da 10 Euro su una spesa di 20 Euro; 2 buoni su una spesa di 40 Euro e 3 buoni su una spesa di minimo 60 Euro. I buoni spesa saranno applicabili ai clienti, per un massimo di 3 buoni a persona, entro il 14 marzo. I negozianti saranno rimborsati dal Comune, previa presentazione della distinta dei buoni erogati entro il 30 aprile 2021.

DOVE TROVARE MAGGIORI INFORMAZIONI

L’elenco degli esercizi aderenti e le promozioni applicate dai singoli esercizi saranno disponibili sulla pagina facebook www.facebook.com/cuorinvetrinacarmagnola, sui canali social e sul sito del Comune.

Presso gli esercizi aderenti sarà esposta inoltre la locandina dell’iniziativa.

LE DICHIARAZIONI DELL’AMMINISTRAZIONE COMUNALE

Dichiarano il sindaco Ivana Gaveglio e l’assessore al commercio, Gian Luigi Surra: “Ci auguriamo che la ricaduta di questi buoni sui cittadini e sugli esercizi commerciali abbia efficacia e possa costituire un aiuto concreto. Notoriamente, il periodo successivo alle festività natalizie e ai saldi è un periodo difficile per il commercio e quest’anno le difficoltà sono ancora accentuate dalle gravi conseguenze della pandemia”.