Dall Italia e dal Mondo- Pagina 8

La tragedia della gru: “Quando non è un caso”

Caro direttore,

quando una tragedia come quella di sabato 18 dicembre accade nella provincia dove vivi e lavori, quando a quel “bar dell’angolo” ci hai fatto più volte colazione, quando conosci bene il manovratore ferito che vive nel tuo stesso comune ecco che, nella tua mente – con ancora più forza – nascono molte riflessioni. 
Queste disgrazie non sono solo figlie del destino cinico e neppure dell’ esasperata concorrenza del “libero mercato”: il libero mercato, infatti, si sarebbe autoregolamentato meglio, facendo crescere le professionalità necessarie, anche per prevenire situazioni di pericolo.
Purtroppo invece la nostra generazione ha gestito e governato per emergenze con ideologie dirigiste: non è un caso che i due più recenti disastri a Torino (l’incendio del palazzo in Piazza Carlo Felice di inizio settembre e il crollo della gru di sabato) siano accaduti in cantieri di ristrutturazione, spinti da agevolazioni fiscali che hanno dato alle imprese lo stesso effetto da “sostanza stupefacente” che il reddito di cittadinanza ha dato al mondo del lavoro dipendente (in un caso di iper eccitazione, nell’altro di sedazione).
Premesso che, al momento, non sono state accertate responsabilità, è impressionante constatare che entrambi i cantieri fossero della medesima Impresa torinese, dato statisticamente rilevante.
In questi mesi, i giornali ci hanno raccontato della mancanza di materie prime, di scarsità di tubolari per i ponteggi, di polistirolo per le coibentazioni e vogliamo credere – in generale – che non si debba far ricorso a maestranze necessariamente formate in fretta?
Occorre deregolamentare il mercato del lavoro ma – contemporaneamente – intensificare i controlli su poche fondamentali regole, potenziando gli ispettorati che vigilano sulla sicurezza. Non possiamo pensare che ci siano funzionari per recuperare da Palermo a Vicenza 0,01 euro pagati in meno su una multa stradale e non vi siano sufficienti professionisti, “consulenti pubblici”, che vigilino e coordinino la sicurezza sul lavoro!
Lo Stato non riesce a realizzare il grattacielo della Regione Piemonte in oltre 10 anni e propone (esagerati) vantaggi fiscali ai quali si deve accedere con una corsa ad ostacoli.
Ecco, le tre vittime sono cadute perché “correvano” in un percorso ad ostacoli, e non per un caso.
Carlo Nicosia
Chivasso

Barbara Vigorito: “Riscoprire motivazione al successo per uscire da pandemia”

La professionista torinese illustra una serie di strumenti utili alla prevenzione, gestione e superamento del disagio personale e professionale al tempo del Covid.

Covid, tempo di confusione, incertezza, ansie e timori. Alla luce di un biennio difficile e imprevisto, impensabile e impensato, aumenta l’esigenza di ricercare nuovi strumenti con i quali fronteggiare al meglio il presente storico in corso.

Assistiamo a un depauperamento progressivo della fiducia verso sé stessi e il prossimo. La pandemia in corso, anziché avvicinare le persone, ha prodotto un fenomeno di monadizzazione crescente della società attuale, in cui pare affermarsi sempre più sottilmente quell’homo homini lupus di hobbesiana memoria”.

Lo afferma Barbara Vigorito, professionista specializzata stimata professionista torinese con pluriennale esperienza maturata nella gestione del lutto, del dolore cronico e nel supporto alle vittime di abuso, pronta a inaugurare anche a inizio 2022 un nuovo calendario di seminari dedicati alla formazione di professionisti delle Costellazioni Familiari – strumento efficace e utile nella risoluzione sistematica e definitiva di potenziali irretimenti tesi a compromettere la qualità della vita – le cui iscrizioni sono già in corso dallo scorso 22 Novembre.

Ed è così che, in uno scenario complesso quale quello contingente, “Diventa opportuno parlare di successo. Ovvero di ciò che tale termine significa e sottintende a livello soggettivo per ciascuno. Rapportando contesti, ambizioni, desideri, capacità, risorse, spazi, luoghi e possibilità anche con quel fattore spesso poco o per nulla considerato che si chiama inconscio, il quale esercita comunque un ruolo determinante nella riuscita efficace e duratura di progetti di vita e d’impresa”, spiega Barbara Vigorito, esperta anche nella formazione e sostegno ai managementaziendali.

La mia metodica si basa essenzialmente su tre elementi ricorrenti: ascolto, elaborazione e gestione dei conflitti, counseling e costellazioni rivolte a soggetti provati e professionisti. Il bilanciamento e l’equilibrio nel ricorso agli stessi avviene in forma tailor made a seconda della persona che partecipa alle sedute”, approfondisce la professionista con studio in Via Davide Bertolotti 7 a Torino, e in curriculum anche importanti esperienze formative in materia teatrale e di doppiaggio: che offre nell’esercizio della propria professione di Counselor titolato quale valore aggiunto nella ricerca di un nuovo asset individuale con cui fornire stabilità e prospettiva ai soggetti che necessitano un riposizionamento funzionale in termini di rapporto sogni e bisogni. Avvicinando così, di fatto, la comunicazione interiore alle persone in un’ottica di maggiore identificazione e condivisione.

L’obiettivo è superare le barriere del visibile e dell’invisibile che si cela in ciascuno di noi. E che, spesso, può costituire una prigione apparentemente trasparente in grado di annullare il processo di autodeterminazione e autocoscienza progressivo che conduce alla piena realizzazione di sé. Ricercare le potenzialità inespresse che albergano in ciascuno, portarle in emersione filtrandole e depurandole dalle maglie delle sovrastrutture e dalle reti del condizionamento operante è il punto di partenza e di arrivo dei percorsi che propongo in termini di miglioramento e ritrovamento di un solido benessere acquisito e mantenuto”.

Per poi concludere: “Ritengo la formazione l’ossigeno del professionista. Motivo per cui offro strumenti e spunti sempre nuovo in grado di arricchire la filiera comunicazionale tra professionista e protagonista di ogni incontro. Riallineando la persona a sé stessa. Riposizionando al contempo modi, pensieri, attitudini, comportamenti, stili e azioni rispetto a figure e schemi familiari, professionali, amicali e relazionali distopici e disfunzionali. Ricercando le cause del disagio in totale assenza di giudizio e trasformando ogni crisi in altrettante opportunità. Siamo tutti chiamati a diventare persone nuove. E l’uomo nuovo post-Covid nasce e parte anche da qui”, conclude Barbara Vigorito diplomatasi alla ‘Hellingher Schule’, il primo e più autorevole ente formativo in Costellazioni Familiari basato sul metodo originale del suo fondatore, il noto e stimato psicoterapeuta tedesco Bert Hellingher, altresì specializzata in ipnosi regressiva legata alle problematiche connesse a stirpi e albero genealogico.

Tutte le informazioni su corsi, appuntamenti, sedute e incontri sul sito www.barbaravigorito.com.

 

Prevenzione del disagio, al via i seminari in Costellazioni Familiari

Barbara Vigorito: “Dal 22 novembre aperte le iscrizioni per il 2022 per futuri costellatori professionisti con il metodo ufficiale Bert Hellinger”

Al tempo del Covid dilaga l’incertezza anche nelle dinamiche relazionali, rendendo necessari nuove prospettive e altrettanti approcci per superare l’impasse continente in termini di impatto col disagio diffuso crescente.
“Tra le forme di trattamento alternative utili a fronteggiare al meglio il presente rientrano anche le Costellazioni Familiari”, afferma Barbara Vigorito, stimata professionista torinese con pluriennale esperienza maturata nella gestione del lutto, del dolore cronico e nel supporto alle vittime di abuso, pronta a inaugurare a inizio 2022 un nuovo calendario di seminari dedicati alla formazione di Costellatori professionisti.
“Si tratta di una valida metodologia di presa di coscienza e risoluzione di una vasta gamma di problematiche che derivano dalla famiglia e dalla stirpe di origine e possono manifestarsi nella vita di ogni giorno sul piano del benessere individuale, delle relazioni interpersonali, del processo di autorealizzazione”.
Il fondatore delle costellazioni familiari sistemiche, lo psicoterapeuta tedesco Bert Hellinger, iniziò a esporre le sue teorie tra gli anni ’70 e ’80, partendo dall’idea “che i componenti di una famiglia – approfondisce in dettaglio l’esperta – siano in una relazione sistemica tra di loro, proprio come le stelle all’interno delle costellazioni. Aveva compreso che all’interno di tutte le famiglie esistono ruoli ben definiti in ognuno dei quali si posiziona un membro di essa, proprio come le stelle all’interno di una costellazione, in cui il movimento di una condiziona anche le altre come in un vero e proprio sistema. I nostri genitori, nonni e antenati in generale continuano a vivere dentro di noi e inconsciamente influenzano la nostra vita. Spesso siamo noi a vivere alcune delle loro emozioni irrisolte o a condividerne parte del destino e possiamo chiamare queste situazioni ‘irretimenti” che il professionista titolato può contribuire a risolvere in un’ottica di miglioramento della vita del cliente”, spiega Barbara Vigorito, Counselor di lunga data con una laurea in Scienze Infermieristiche prossima alla seconda in Psicologia, cresciuta alla ‘Hellingher Schule’ nonché docente accreditata da ‘Fac Certifica’, ente di ‘Accredia’.
“Il requisito di base per poter intraprendere questa professione è, prima di tutto, di aver lavorato con sé stessi, affrontando al meglio percorsi efficaci di crescita personale: tutti argomenti, questi, che costituiscono la base della metodica esposta durante i seminari tenuti durante un weekend intensivo al mese con al centro del discorso temi-cardine quali sistemica della famiglia, della gerarchia nella famiglia e di tutto quello che è l’inconscio collettivo della stirpe della persona che si sottopone a costellazione” racconta Barbara Vigorito, i cui corsi prevedono una parte comune, con possibilità di ulteriori approfondimenti mirati al rilascio della certificazione professionale utile all’immissione nel mondo del lavoro da parte proprio di ‘Fac Certifica’ con piena validità giuridica.
“Obiettivo e risultanza della nostra metodica è risoluzione del problema del costellante, ovvero di chi sceglie di sottoporsi a tale approccio. Portare dunque alla luce le dinamiche disfunzionali che impediscono di vivere una vita quotidiana serena e felice e in armonia. Il Costellatore opera in molteplici campi: innanzitutto sulla persona stessa, vista sia singolarmente che all’interno di un contesto familiare, lavorativo, ambientale, di coppia, genitoriale, affrontando anche temi delicati come il rapporto con la malattia e la stirpe. Può lavorare in tutti gli ambiti. Esistono anche le Costellazioni Aziendali. In Brasile addirittura le impiegano in campo giuridico, sanitario, come altresì racconto anche nella mia tesi di laurea in Psicologia”, aggiunge la Dottoressa: i cui seminari e corsi sono rivolti anche a chi volesse approfondire anche soltanto uno o più degli argomenti di studio. Ottenendo sempre il riconoscimento e validazione del monte ore effettivamente svolto, recuperabile totalmente qualora si scegliesse liberamente di intraprendere il percorso da Costellatore mediante il rilascio di un attestato di frequenza specifico indicante la materia trattata e la formazione effettivamente svolta.
Perché, osserva in ultima istanza Barbara Vigorito, “Il Costellatore è un libero professionista che lavora ovunque, e può scegliere la modalità di svolgimento della propria professione. Una figura sempre più richiesta, utile e necessaria in una società frammentata e in continua evoluzione, in cui occorre recuperare il valore dell’ascolto attivo per una migliore gestione e risoluzione del disagio personale e interrelazionale su più fronti”.
Con l’obiettivo di promuovere l’efficacia di un metodo che merita di esser ancora più conosciuto ed espanso a quanti potrebbero avvertirne l’esigenza senza ancora conoscerne l’esistenza. “E orientare così al lavoro nel sociale nuovi professionisti dell’ascolto con tutte le opportune specializzazioni nel completamento di un percorso umano e professionale che li renda capaci di inserirsi in un quadro sociale in continua evoluzione”, chiosa la professionista torinese con studio in via Davide Bertolotti 7.
L’inizio dei corsi per diventare Costellatori Familiari è fissato per Gennaio 2022. Mentre a Milano il 4 e 5 dicembre prossimi avrà luogo un seminario aperto a tutti: con in più la possibilità, per chi vi parteciperà, di vedersi riconosciute le ore svolte nel computo complessivo di quelle necessarie qualora si scegliesse di aderire al corso completo di formazione in Costellazioni Familiari conseguendo l’apposito titolo di studio.
Dal prossimo 22 novembre sono invece aperte le iscrizioni, scrivendo alla Segreteria Organizzativa all’indirizzo e-mail info@barbaravigorito.com, e richiedendo altresì, per chi fosse ulteriormente interessato, l’inserimento espresso in anagrafica per la corretta ricezione delle comunicazioni riguardanti l’intero programma di attività della Scuola accreditata di Costellazioni Familiari fondata sul metodo originale Bert Hellinger.
Tutte le informazioni sul sito www.barbaravigorito.com.

Barbara Vigorito: “Dinamiche disfunzionali Post Covid, ci sono le costellazioni familiari”

Riceviamo e pubblichiamo

La nota professionista torinese illustra i molteplici vantaggi del recupero del valore dell’ascolto quale forma di prevenzione delle criticità relazionali, specie in tempo di pandemia.

“La pandemia in atto ha incrementato e prodotto nuove forme di disagio personale e sociale insieme. Criticità complesse che richiedono un approccio attento e costante alla persona, seguendo una strada capace di condurre a un ascolto attento di natura ‘tailor made’: tagliato, cioè, sartorialmente sul singolo soggetto”.
Lo afferma Barbara Vigorito, stimata professionista titolata torinese con pluriennale esperienza maturata nella gestione del lutto, del dolore cronico e nel supporto alle vittime di abuso.
“Mai come in questo preciso momento storico l’umanità è chiamata a un percorso di crescita personale più che consapevole, al fine di elaborare risposte immediate ed efficaci a problematiche complesse e contingenti originatesi dai fatti mondiali in atto”, prosegue la Dottoressa specializzata altresì in ipnologia della regressione e costellazioni familiari.
“L’obiettivo è rendere le persone coscienti della propria libertà d’azione, dei propri spazi e soprattutto del proprio potenziale psicoemotivo, in totale assenza di giudizio mediante il ricorso a una comunicazione efficace con i clienti. Fondata essenzialmente su una reciproca empatia, in grado di far emergere in superficie in maniera spontanea anche e soprattutto quei nodi, e gli altrettanti vissuti depotenzianti profondi, alla base di quei blocchi remoti che possono condizionare in misura limitante l’esistenza e il buon vivere quotidiano”, approfondisce Barbara Vigorito, una Laurea in Scienze Infermieristiche, prossima al conseguimento anche del secondo titolo accademico in Psicologia.
Per poi riprendere: “Fondo il mio metodo sulla convinzione direttamente desunta nel tempo che oggi il ‘counseling’, attuato in piena osservanza della Legge 3/2014 relativa all’esercizio delle cosiddette libere professioni non organizzate in ordini, stia assumendo una valenza e un indirizzo sempre più iperpsicologici. Personalmente preferisco pormi in relazione con le difficoltà e le problematiche contingenti dell’uomo moderno mediante il ricorso a un approccio invece più di tipo olistico, alla ricerca sempre della migliore sintonia possibile con l’anima della persona”.
E questo in concreto “Recuperando – spiega più nel dettaglio la professionista – in primis il valore dell’ascolto quale forma di prevenzione del disagio e delle criticità relazionali. Accantonando l’aspetto cerebrale propriamente inteso di ciascuno, appannaggio proprio della psichiatria”.
Perché Barbara Vigorito è “Profondamente convinta che il malessere diffuso contemporaneo non derivi tanto dalla mente, quanto piuttosto vada considerato una questione di anima: ‘psiche’ in greco significa innanzitutto ‘respiro’, inteso come la prima e più importante delle funzioni vitali, a cui gli antichi facevano corrispondere il concetto di ciò che noi, modernamente, definiamo per l’appunto ‘anima’. Intesa come ‘cuore’, parte emotiva, al di là delle implicazioni legate alle mere connessioni sinaptiche che comunque sono e restano importanti. E infatti quando le persone si sentono accolte, amate, riconoscendo di essere in un luogo sicuro, si schiude così reciprocamente in una perfetta corrispondenza biunivoca tutto il potenziale della relazione della comunione tra soggetti che camminano insieme innanzi a un percorso condiviso e voluto”.
Per la Dottoressa, inoltre, “Il Covid ha risvegliato, specie durante i due lockdown del 2020, l’esigenza profonda e urgente di guardarsi dentro. Di farlo realmente, tesaurizzando tutto il tempo nuovo straordinariamente a disposizione rispetto a un mondo abituato a correre veloce. Di andare alla ricerca di sé, portando in emersione emozioni, aspetti introspettivi e dinamiche complesse che nel silenzio dell’arresto forzato della quotidianità hanno trovato ampio spazio e altrettanta consistenza. Riscoprendo così una dimensione intimistica dell’essere umano che richiede un’elaborazione più attenta e complessa: perché anche l’anima, a volte, fa rumore”.
“E saperla ascoltare nella sua oggettività, in quella che è la sua voce reale”, specifica Barbara Vigorito, “significa innanzitutto imparare a dialogare pacificamente con essa senza timore di osservarsi emotivamente per ciò che si è realmente. Trasformando le crisi in opportunità, gli errori e i problemi in nuovi punti di forza e di partenza per una vita più sana, producente e soddisfacente insieme”.
“Tra le persone che prevalentemente si rivolgono al mio studio – specifica Barbara Vigorito – vi sono in special modo donne in età compresa fra i 35 e i 65 anni, per lo più di grado culturale e sociale elevati quali imprenditrici, avvocati, medici, libere professioniste, ricercatrici e scienziate dotate di una mentalità più aperta e ricettiva rispetto al solo scibile tradizionale: perché chi si ammanta esclusivamente della scienza quale nuova religione dominante vede solo quella, dimenticando tutto il resto. Mentre, come insegna lo scrittore Ermanno Eandi, ‘la scienza studia Dio, ma è Dio che ha creato la scienza’”.
Perché per Barbara Vigorito, formatasi alla scuola del noto psicoterapeuta, studioso di teologia e pedagogista tedesco Bert Hellinger con un consolidato know-how experience altresì nell’anamnesi e problem-solving efficace sia delle dinamiche familiari che della sistemica relazionale della stirpe di appartenenza, “Per affrontare al meglio in chiave risolutiva problematiche di coppia e di relazione sia con se stessi che con il prossimo o il proprio partner le cui cause sono spesso ignote anche ai clienti stessi, sono solita amplificare gli effetti benefici della mia attività di counseling specifico con tutto il positivo apporto delle ‘costellazioni familiari’: uno strumento preciso e altrettanto immediato per rappresentare in maniera chiara, oggettiva, puntuale, esaustiva e inequivocabile il quadro emotivo di chi ho innanzi. Perché ogni individuo è parte di un diagramma di contesto che va necessariamente considerato. E sciogliere così, in modo definitivo, i nodi energetici alla base della creazione e reiterazione delle dinamiche disfunzionali per la vita della persona”, precisa la professionista torinese, altresì in possesso anche di Attestato di Certificazione in qualità di ‘Costellatore Livello A Metodo Hellinger’, in perfetto allineamento con la dottrina del padre nobile delle costellazioni familiari, materia per la quale è spesso chiamata come studiosa e docente nel corso dei numerosi e seguiti seminari sul tema frequentemente tenuti in tutta Italia.
Sicuramente l’emergenza sanitaria ha prodotto contesti inediti, cui seguono nuove esigenze anche in termini emotivi “come l’aumento dei fenomeni di compressione domestica fra le mura di casa – chiosa la specialista – che si fanno abitazione e ufficio insieme, andando a impattare sugli abituali schemi di relazione modale e spazio-temporale fra i membri di un medesimo nucleo familiare. Anche l’incremento naturale dello stress implica forme dialogiche nuove, in un’ottica di preservazione e salvaguardia degli equilibri essenziali che, oggi più di ieri, comportano la compresenza di vita privata e professionale insieme in uno stesso luogo e in un medesimo momento”.
Scenari ormai sempre più diffusi, per gestire al meglio i quali, secondo Barbara Vigorito, “E’ opportuno puntare sempre a mettere la persona a proprio agio, conducendola in modo autonomo all’assenza di giudizio e all’abbandono progressivo del senso di colpa che è quanto di più inutile e dannoso esista per l’essere umano che intenda autodeterminarsi scientemente con successo. Riuscire da sé a farne a meno è già un passo avanti che invita l’individuo a un’azione proattiva, dando origine anche a un dialogo e a un percorso di scambio in grado di responsabilizzare massimamente il soggetto nel conquistare e mantenere piena coscienza del proprio valore. Superando ansie e paure in nome di un’esistenza che valga la pena di essere vissuta”.

Garage rock USA 1966. Discografia minore / 9

“Io ora credo, guardandomi indietro, che non abbiamo combattuto contro il nemico… Abbiamo combattuto contro noi stessi. E il nemico era dentro di noi”.

Il finale del film “Platoon” (1986) di Oliver Stone riassume il dramma universale della tragedia della Guerra del Vietnam, in quell’inferno dove “il vero nemico è quello che si annida nel più profondo della coscienza”.
In relazione al tema della nostra rubrica posso solo dire che l’impatto della chiamata alle armi fu devastante per moltissime bands di garage rock americano nel biennio 1966-1967; videro interrompersi in modo traumatico la parabola musicale che avevano avviato, senza poter (in molti casi) raccogliere nemmeno i frutti di medio termine di tanto impegno ed entusiasmo impiegati nel costruire un’idea di futuro per le loro compagini musicali.
Nella seguente lista di questa sezione discografica sono presenti alcune bands che subirono proprio questo trauma dello “scioglimento forzato” a causa dell’arruolamento nell’esercito.

 

– Long John and The Silvermen “Heart Filled With Love / Wind In The Sky” (Wanted 001);
– Syndicate Of Sound “Little Girl / You” (Hush G-228);
– Limey and The Yanks “Love Can’t Be A One Way Deal / Guaranteed Love” (Star-burst Records SB-127);
– The Scoundrels “Easy / The Scoundrel” (ABC-Paramount 45-10892);
– Paul Bearer & The Hearsemen “I’ve Been Thinking / Route 66” (Riverton 105);
– Phil and The Frantics “I Must Run / What’s Happening” (Ramco ARA 1970);
– The Outspoken Blues “Not Right Now / Mister You’re A Better Man Than I” (Orlyn ORL 66821 / 8140-6821);
– Theze Few “I Want Your Love / Dynamite” (Blacknight BK-901);
– The Tempo’s “All That I Really Want / Termite” (Twin-Spin Records 105);
– The Ariel “I Love You / It Feels Like I’m Crying” (Brent 7060);
– Joe Frank & The Knights “Can’t Find A Way / Won’t You Come On Home” (Block 510);
– The Staccatos “Gypsy Girl / Girl” (Syncro Records 661);
– Zorba and The Greeks “One And Only Girls / You’ve Had Your Chance” (Golden State Records GSR-597-A);
– The Wizard’s “I Want To Live / I’m A Blind” (Era Records 3161);
– The Chants “Hypnotized / Elaina” (B. Ware 869);
– The Yo Yo’s “The Raven / Crack In My Wall” (Coral 62501);
– The Uniques “Run And Hide / Good Bye, So Long” (Paula Records 245);
– S.J. and The Crossroads “The Darkest Hour (I / II)” (Salmar Productions SJ 100);
– The Laymen “Time Or The Place / Searchin’ Round The World” (Minaret MI-123);
– Robin and The Three Hoods “I Wanna Do It / That’s Tuff” (FAN Jr. Records 884S-5680);
– The Mor-loks “What My Baby Wants / Lookin’ For A New Day” (Decca 31950);
– The Regents “Words / Worryin’ Kind” (Penthouse 502);
– The Darelycks “Wait For Me / Bad Trip” (Fine Records FI-111);
– The Bats “How Could You Have Known / Evelyn” (Merben Records MR 501).

(… to be continued…)

Gian Marchisio

Trasporto pubblico e green pass, le criticità

LOBBLIGO DI GREEN PASS PER GLI AUTISTI MODIFICA SENSIBILMENTE IL SERVIZIO

La mappatura dei possibili disservizi legati alla mancanza del personale che da domani dovrà essere munito di green pass pone criticità a macchia di leopardo in Piemonte

È confermata la possibilità di disagi sui mezzi pubblici legati allobbligo di green pass per gli autisti in vigore da domani 15 ottobre, ma sarà circoscritta e definita con maggior precisione solo dopo i primi giorni di servizio. Lo rileva la ricognizione condotta dallAssessorato ai Trasporti della Regione Piemonte sulle aziende che prestano servizio di trasporto pubblico locale nella regione.

Alla richiesta dellAssessore regionale ai Trasporti rispetto alle corse che domani potrebbero essere soppresse per mancanza di autisti muniti di green pass le aziende hanno infatti risposto segnalando, laddove possibile, quali siano le loro previsioni di disservizio. Ne emerge un quadro a macchia di leopardo, con criticità certamente presenti, ma non diffuse in maniera omogenea sul territorio regionale; si invitano perciò gli utenti a verificare orari e linee con il proprio operatore di servizio tpl prima di raggiungere fermate e stazioni.

Le difficoltà maggiori si riscontrano soprattutto nei grandi operatori, GTT e Trenitalia: in particolare, GTT, che, oltre alla metro gestisce circa 200 linee, con più di 1.200 mezzi tra autobus, tram e treni conoltre 1800 conducenti a Torino e area metropolitana, segnala che, dai dati in suo possesso, in questo momento è stimabile una percentuale di assenze complessive tra il 10 e il 15%. Le criticità del servizio saranno gestite dando priorità alle corse più frequentate, a partire da quelle in orario scolastico e di ingresso/uscita dal lavoro. Il servizio verrà riprogrammato con aumenti degli intervalli sulle linee meno utilizzate con lobiettivo di non togliere linee né saltare corse all’ultimo momento.

Trenitalia conferma che è stato predisposto un piano di intervento da attivare in caso di necessità, ricorrendo, ad esempio, a servizi sostitutivi pronti ad intervenire a supporto del servizio ferroviario; sono 27 in tutto i treni che subiranno una sospensione.

Grandabus, il consorzio con 14 operatori nel Cuneese, può contare su un livello di criticità moderato, dal momento che prevede 15 autisti sprovvisti di green pass in tutto il gruppo: se tale numero venisse confermato dai controlli, il servizio potrebbe non subire cancellazionidi corse, o comunque presentare modifiche molto circoscritte, ma se dovesse essere, al contrario, superiore alle previsioni la totale copertura non potrà essere garantita. Tra le aziende del consorzio, Bus Company rileva 8 autisti senza green pass e la copertura totale del servizio, sempre che i numeri vengano confermati.

Sempre nel Cuneese STP Società Trasporti Pubblici ha individuato 7 corse che potrebbero essere sospese.

Giachino, altro gruppo di rilievo, con base nellAstigiano, segnala un livello di criticità medio: il 15% degli autisti è sprovvisto di certificato verde, a cui si somma l8% di personale di guida attualmente assente per malattia. Le corse che potrebbero essere prioritariamente soppresse nel caso di massicce assenze di personale sono 44, di cui 6 potenziamenti e 15 scolastiche. Sempre nell’Astigiano, Gelosobusipotizza problemi su 17 corse ordinarie e una corsa di rinforzo. ASPgarantisce il servizio extraurbano, mentre per lurbano di Asti potrebbe esserci qualche disagio.

Nel Torinese sembrerebbero invece non aver problemi le linee operate da Chiesa, che prevede un regolare svolgimento del servizio, mentre Gherri indica possibili criticità sulla linea 208 Bruzolo-San Didero-Bussoleno.

Nel Biellese l‘azienda di trasporto ATAP evidenzia la conoscenza di 25 dichiarazioni di indisponibilità corrispondenti al 13% del personale idoneo alla guida e al 15% del personale impiegato sui turni TPL. Se tali dipendenti domani esibiranno il green pass non ci saranno problemi, ma se dovessero esserci difficoltà legate alla programmazione dei tamponi da parte dei singoli, che potranno comportare assenze comunicate con preavvisi minimi, sarà complessoindividuare a priori i servizi che potrebbero essere a rischio.

Nel Novarese e Verbano-Cusio-Ossola lazienda SAF è ottimista rispetto alla copertura completa del servizio in considerazione di un tasso del 2,27% del personale non dotato di green pass. È invece garantito il servizio da parte dellazienda Comazzi, mentre non vi sono ancora previsioni da parte di VCO Trasporti.

Anche se non ha un quadro preciso delle assenze, R.T.I. Novara/STNconferma la copertura dei servizi scolastici e nel caso di ulteriori assenze non pianificate saranno apportate modifiche alle linee a minore frequentazione, come Mortara-Novara, Cilavegna-Novara, Sillavengo-Novara.

NellAlessandrino, AMAG non può ancora dare indicazioni operative in merito al servizio dei prossimi giorni.

Travalica i confini della regione il servizio di Arriva, che opera tra Piemonte, Valle dAosta e Lombardia: lazienda comunica che nonsarà possibile garantire lassenza di impatti sul regolare svolgimento dei servizi per carenza di personale viaggiante e che potrebbero esserci disservizi sulle linee 1 Torino-Milano, 256 Torino-Ivrea-Pont, 267 Torino-Piobesi-Carignano, 268 Torino-Aeroporto, 274 Bussoleno-Susa-Avigliana, 285 Oulx-Cesana-Claviere-Sestriere, 905 Susa-Bussoleno-Oulx, 275/282 Torino-Pinerolo- Argentina, linea 44 urbano TO. Le linee indicate sono a carattere prevalentemente non scolastico.

Treni Trenitalia sospesi per mancanza di personale:

 

Andiamo a votare

IL  COMMENTO di Pier Franco Quaglieni

Alla chiusura delle urne ieri alle 23 la partecipazione al voto si è rivelata deludente 

Noi già domenica mattina avevamo evidenziato come la campagna elettorale fosse stata deludente e spesso di basso profilo. I cittadini escono da oltre cinque anni di malgoverno grillino che ha fiaccato le capacità di resistenza democratica della gente. Eppure basterebbe, come motivo per andare a votare, il solo fatto di far sloggiare in modo definitivo i grillini dal governo della Città. Anche solo un voto di protesta avrebbe un suo significato civile, mentre la protesta del non voto è sterilmente velleitaria. Non dimentichiamo mai che votare è un diritto e un dovere civico su cui si fonda la democrazia. E’ un’americanata stupida quella secondo cui la scarsa affluenza al voto è il segno di una democrazia matura. La scarsa affluenza è invece il segno di una democrazia malata e di schieramenti che non sono riusciti a convincere e a coinvolgere. Avremo tempo per analizzare il problema dei partiti verticistici che ormai sono avvitati su stessi e vivono di polemiche spesso strumentali ,magari speculando persino sul COVID.
Per dirla con un linguaggio antico, c’è un distacco crescente tra paese reale e paese legale. Sabato, durante un periodo in cui sono vietate tutte le manifestazioni, è stata organizzata e consentita una manifestazione di protesta al grido “ libertà “ che era con tutta evidenza un corteo politico. E’ un segno allarmante di decadimento democratico perché non era mai successo in precedenza una manifestazione nel lasso di tempo successivo alla mezzanotte del venerdì che chiude la campagna elettorale. Ma stamattina non si tratta di fare analisi che andranno sicuramente fatte, stamattina si tratta di andare a votare. Forse il meglio è difficile da trovare, ma almeno il meno peggio c’è sicuramente. E abbiamo il dovere di andare al seggio e di votare, usando il voto di preferenza. Un uomo e una donna candidati che diano per il loro curriculum professionale un po’ di fiducia ci sono in tutte le liste.  Facciamo lo sforzo di fare una scelta, mandando a casa i faccendieri politici e quelli che vivono di politica . Questi vanno sanzionati e va loro impedito di fare altri danni. Sono loro le sanguisughe che hanno tolto il sangue vitale alla democrazia. Non andare a votare significa invece favorire le cordate clientelari, le minoranze che hanno bisogno del non voto di tanti per sopravvivere e continuare a stare nel Palazzo.
Decidiamo noi chi deve andare a Palazzo civico, diversamente facciamo il gioco di chi disprezziamo e che sono la causa prima della sfiducia degli elettori.
L’ anno scorso un’ assessora uscente raccolse a Moncalieri circa mille preferenze come riconoscimento del lavoro svolto e del fatto di essere una persona per bene.
Non lasciamo che altri decidano per noi e riappropriamoci dei nostri diritti.
Andiamo a votare ! Sono in gioco cinque anni della nostra vita. Dobbiamo impedire il ripetersi di situazioni che hanno generato il declassamento di Torino a grigia città di provincia. Con il voto possiamo tentare di cambiare. Altrimenti la lamentela successiva sarà un atto insignificante come una inutile chiacchiera da bar.

“Barolo e tartufo”? Eccellenze, non simboli snob

LETTERE AL GIORNALE

Caro direttore, in seguito al dibattito dei tre candidati sindaco di martedì 7 settembre si leggono spesso critiche alla frase del candidato sindaco per il centrodestra Paolo Damilano, il quale auspica a diventare amico dei sindaci delle grandi città europee offrendo loro “Barolo e tartufo”.

Molti leggono in queste parole un simbolo di élite, di snobismo, che lascia il tempo che trova. Damilano imprenditore del food & beverage che propone il tartufo, ogni anno con prezzi più proibitivi ai più, per diventare amico di potenti uomini di politica.
Ma a mio modesto parere in questa frase non si parla assolutamente di un mondo di ricchi e/o privilegiati, bensì si parla di territorio. Non serve andare a svendere la nostra città, fare si che questa sia un attrattiva per i turisti che vogliono fare la settimana al ribasso, o metà di questi sindaci per scopi meramente economici: Torino e una città preziosa, di una straordinaria bellezza, con architetture uniche nel loro genere, ma soprattutto con un passato che porta con sé tradizioni invidiabili dal mondo intero; Torino deve essere conosciuta dal mondo intero per le sue eccellenze!
Parlare quindi di Barolo e tartufo significa parlare di eccellenze: due tra gli infiniti prodotti che il mondo ha da invidiarci, ma soprattutto due prodotti che non seguono una vera e propria ricetta, ma semplicemente frutto di un ecosistema che favorisce la loro creazione, e che solo qui nel nostro territorio possiamo trovare, non nel resto del mondo.
Invece che criticare le parole del Candidato di Torino Bellissima, sarebbe più opportuno che ognuno di noi iniziasse a pensare a quante prelibatezze, e quanti tesori possano rendere il nostro territorio un lusso per il mondo intero, valorizzandoli e contribuendo a fare si che non debbano essere offerti pur di farlo conoscere.
Pietro Ruspa

Sarajevo, la fontana e la neve di primavera

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L’appuntamento è per le venti, davanti alla fontana Sebilj. Non ci si può sbagliare: è il simbolo di Sarajevo. Situata nel bel mezzo della Baščaršija, dispensa da oltre un secolo la sua acqua potabile, circondata da un infinità di piccioni che sembra d’essere in piazza San Marco a Venezia

 

 Progettata nel 1891, sotto il protettorato austro-ungarico, ha la forma orientale di un gazebo e porta la firma dell’architetto ceco Alexander Wittek che la intese come interpretazione in chiave moderna delle fontane ottomane, prendendo a modello una fontana in pietra di Istanbul. Con il calare delle luci della sera s’accende di una luce dorata che emana un fascino straordinario. Per questa fontana vale la stessa leggenda di quella della moschea Gazi Husrev-beg: bevuta anche una sola volta la sua acqua, sarà impossibile lasciare Sarajevo per troppo tempo o non tornare ogni volta che il cuore lo desidera.Ovviamente, come ogni volta, non manco di berne una sorsata. Samir arriva, affannato, dal vicino ponte che attraversa la Miljacka. Si era recato, per una commissione, alla Sarajevska Pivara, il birrificio rosso e crema, con le grondaie in rame, dove si produce l’ottima Sarajevsko pivo. Con un quarto d’ora di ritardo arrivano anche gli altri e tutti insieme si sale in taxi, alla modica cifra di tre marchi,cioè di un euro e cinquanta centesimi, per le vie che s’inerpicano sulla collina verso il cimitero ebraico dove abbiamo prenotato il nostro aperitivo in un locale che sembra un balcone sulla città vecchia. Il tempo di due chiacchiere sorseggiando uno Spritz Rosso (ma ci sono anche le versioni azzurro,verde e giallo, in base allo stato d’animo di chi lo beve) e si ridiscende. Il taxista è un matto. Conoscerà anche le vie come le sue tasche ma si butta giù a rotta di collo per le viuzze. A tempo di record ci scarica in Mule Mustafe Bašeskije, a due passi da Sebilj. Paghiamo la corsa e scendiamo in fretta dall’auto pubblica. Samir ha prenotato per quattro la cena in una Ašćínica, i locali specializzati in zuppe e verdure ripiene che rappresentano, in assoluto, la vera cucina casalinga bosniaca. Non ce ne sono molte in città e questa – Hadžibajrić , al numero 59 di Veliki Čurčiluk – è la migliore della Baščaršija. Il menù è semplice ma gustoso: pita ripiena di spinaci, uova e kajmak, il formaggio di panna acida (la Zeljanica);punjene paprika, cioè peperoni ripieni; il ( o la, non saprei) grah, gustosa zuppa di fagioli cucinata alla moda di Mostar e cipolle ripiene, le sogan dolma. Ovviamente,per favorire la digestione,dove si va? In uno dei caffè orientali dove, con cinque marchi, si può fumare la Šiša (quello che noi, genericamente, chiamiamo narghilè) e bere i tipici tè bosniaci, ascoltando le sevdalinke, lente e malinconiche canzoni d’amore della tradizione ottomana.Siamo fortunati. In quello che scegliamo, sedendoci sugli sgabelli tra coloratissimi tappeti, si sta esibendo un duo,piuttosto attempato, che suona dal vivo il violino e il saz ,tipico mandolino orientale. L’atmosfera è di quelle giuste, da meditazione. Io non fumo, limitandomi a sorseggiare un amarognolo tè verde.La parola giusta,in questi casi,è “polako”, che significa “con calma”. Ed è con calma che Samir tira fuori dalla tasca un libro e inizia a leggere. Lui, l’italiano lo parla bene. Anche Dina se la cava mentre Goran, nonostante la buona volontà che ci mette,incespica in molte parole che a sentir lui gli “ingarbugliano la lingua”. In quanto a me, confesso la mia ignoranza: il bosniaco che si differenzia solo leggermente dal serbo e dal croato, è e rimane “arabo”, come usiamo dire spesso e impropriamente. Il brano che legge rappresenta “l’essenza della città, lo spirito notturno di Sarajevo”. E’ tratto da “Lettera del 1920″, di Ivo Andric. “A Sarajevo, chi soffra d’insonnia può sentire strani suoni nella notte cittadina.Pesantemente e con sicurezza batte l’ora della cattedrale cattolica: le due dopo mezzanotte. Passa piú di un minuto (esattamente settantacinque secondi, li ho contati) ed ecco che si fa vivo, con suono piú flebile, ma piú penetrante, l’orologio della Chiesa ortodossa, e anch’esso batte le due. Poco dopo, con voce sorda, lontana, il minareto della moschea imperiale batte le undici: ore arcane, alla turca, secondo strani calcoli di terre lontane, di parti straniere del mondo. Gli ebrei non hanno un orologio proprio che batta le ore, e solo Dio sa qual è in questo momento la loro ora, secondo calcoli sefarditi o ashkenaziti. Cosí, anche di notte, mentre tutto dorme, nella conta di ore deserte d’un tempo silenzioso, è vigile la diversità di questa gente addormentata, che da sveglia gioisce e patisce, banchetta e digiuna secondo quattro calendari diversi, tra loro contrastanti, e invia al cielo desideri e preghiere in quattro lingue liturgiche diverse. E questa differenza, ora evidente e aperta, ora nascosta e subdola, è sempre simile all’odio, spesso del tutto identica ad esso”.Terminata la lettura chiude il libro e lo rimette in tasca. Non c’è nulla da commentare perché in quelle parole c’è tutto. La musica, intanto, ci avvolge. Gli amici mi dicono che ci sono diverse traduzioni e spiegazioni per la parola “sevdah”. Alcuni giurano che viene dalla parola turca “sevda”, l’amore. Altri insistono sul termine persiano “soda”, che equivale a malinconia, oppure la parola “sawda”, che in arabo significa qualcosa di nero. Comunque la si metta, quello delle sevdalinke è un genere di nostalgia cantata e suonata, melodiosa, struggente. Si sta bene ma d’improvviso “s’incunea crudo il freddo e la città trema”,come nella canzone dei Csi. Era previsto un brusco abbassamento delle temperature ma all’improvviso quest’ariaccia fredda è scesa nel giardinetto all’aperto, sollevando polvere da terra e tovaglie dai tavolini. Dai pesanti bracieri d’ottone scintille rosse e gialle volano in aria, disegnando arabeschi infuocati nel buio. In fretta e furia due ragazzi ritirano tutto, mentre cadono le primi, pesanti gocce di pioggia. In un attimo ripassiamo davanti alla fontana di Sebilj e, ancora con un taxi, andiamo verso l’albergo, nei pressi della stazione ferroviaria. Piove a dirotto. Al mattino dopo,in un silenzio profondo,ovattato, ecco la sorpresa: nevica, e viene giù anche bene, a larghe falde. Fa freddo e nevica, a Sarajevo.

 

Poco importa se siamo a metà aprile. Ieri c’erano diciotto gradi e poi, tutto di un colpo, dalle vette della Bjelašnica e dell’Igman è sceso il soffio gelido della retroguardia del generale Inverno, ultimo e disperato colpo di coda della stagione dei brividi. Quando raggiungo la Baščaršija un nevischio gelato che pare ghiaccio tritato ci fa rabbrividire tutti. Trema, “livida trema”, Sarajevo. Nonostante il maglione ,la giacca con il bavero alzato e la bella, calda sciarpa che ho comprato al bazar il freddo mi entra nelle ossa. Anche Goran e Samir soffrono il freddo. Dina ha le gote e le mani arrossate, sulle quali soffia un fiato che si condensa in nuvole dense al contatto con l’aria gelida che, a folate, mulina nel dedalo delle viuzze. Sembra pieno inverno, con i tetti delle case e le cupole delle moschee bianchi come i paesaggi infarinati dei presepi. Capita, non è una novità. E Sarajevo è, in tempo di pace, più bella e seducente che mai.

Marco Travaglini

“L’ultimo lenzuolo bianco”, viaggio interiore in Afghanistan

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Vi riproponiamo questa recensione che torna di stretta attualità per le drammatiche vicende afghane

LIBRI / L’AFGHANISTAN E IL VIAGGIO INTERIORE DI FARHAD BITANI

Dice di non essere uno scrittore Farhad Bitani, ma un militare che la vissuto la paura, un essere umano che porta i segni indelebili della guerra, visibili e invisibili, che hanno condizionato, facendolo tuttora,  il suo modo di guardare la vita. Figlio di un generale e mujaheddin, appartenente ad una delle famiglie più ricche e fortunate dell’Afghanistan, Bitani ha vissuto nella guerra, assuefatto dalla normalità del conflitto, proprio come, purtroppo, tutte le ultime generazioni della popolazione afghana.

Da vincitore prima, il padre contribuì alla sconfitta del potere sovietico,  e da perseguitato in un secondo momento, a causa della presa di potere da parte dei talebani, ha egli stesso partecipato alla guerra che ha significato assisterne agli orrori, vivendoinevitabilmente una vita che non ha mai conosciuto la pace.

Nel 2011, durante una vacanza che lo riporta dall’Italia, dove studiava presso l’Accademia Militare,  al suo paese d’origine  accade un terribile episodio, un attentato, che cambia la sua esistenza per sempre: “la strada era piena di dossi, ho rallentato, dai boschi arriva uno sparo, poi una grandinata di colpi, cinque o sei sparano coi kalasnikov, corriamo come pazzi in mezzo ai colpi”. Bitani si salva, ma rimane ferito. “Non sono morto, ci ripenso e non so spiegarmi perché”.

Il libro racconta la vita dell’autore, un afghano di Kabul, ci porta in un disperato scenario di guerra cronica, in una realtà scandita da un indottrinamento radicato contro l’occidente, da una cultura opprimente. Si narra di una quotidianità che cambia drammaticamente sotto il potere talebano, vessazioni giornaliere, interrogazioni sulla dottrina seguite da terribili punizioni, burqa per le donne e barba per gli uomini con obbligo inappellabile di osservanza.

Quella di Bitani è una testimonianza importante, una critica robusta ai fondamentalismi, una presa di consapevolezza sulle falsità raccontate a proposito della “guerra santa”,  complice il ruolo dell’ignoranza, che ha portato ad utilizzare “il nome dell’Islam per il potere”.

Il lavoro dello scrittore è un racconto consapevole, vissuto sulla propria pelle, del dramma di tutte quelle persone che fuggono dalla guerra con una speranza, carichi di una tragedia inimmaginabile, avvolti da quella disperazione a volte incompresa.

 

Maria La Barbera