Dall Italia e dal Mondo- Pagina 40

Ingoia telefono cellulare e lo tiene per un mese nella pancia

DALLA CAMPANIA    Incredibile ma vero: per sfuggire ai controlli del carcere, un detenuto 40 enne di Poggioreale, a Napoli, in prigione per reati comuni, ha ingoiato un telefono cellulare di 8 centimetri per due, che ha tenuto nello stomaco per circa un mese. La notizia è stata data dal quotidiano partenopeo  Il Mattino. La scoperta del telefono è avvenuta durante i controlli effettuati in ospedale dove l’uomo era stato trasportato dopo un malore. Grazie a una laparoscopia il telefonino è stato asportato.

La ribellione di Rosa Parks

PARKSNella sua biografia, prima di morire nel 2005, scrisse: “Molti dissero che quel giorno non mi alzai perché ero stanca. Ma non è vero. Ero invece stanca di cedere”. La sua storia ispirò, tra gli altri, il film La lunga strada verso casa (1990) con Whoopi Goldberg

 

A Montgomery, capitale dell’Alabama, erano le sei del pomeriggio del 1° dicembre del 1955, quando Rosa Parks –  una sarta afroamericana di 42 anni-  prese posto nell’autobus giallo e verde della Cleveland Avenue, per rincasare dopo una giornata di lavoro. Un gesto normale, quotidiano, quasi banale se non fosse che per le assurde leggi segregazioniste dell’America degli anni Cinquanta, la donna ebbe la grave colpa di sedere nella parte sbagliata del mezzo, quella riservata ai “bianchi”. A quelli dalla carnagione scura, come lei, spettavano pochi posti in coda. Ma quei posti, quel giorno d’inizio dicembre di più di sessant’anni fa, erano tutti occupati e alla sarta non andava di affrontare un viaggio in piedi. Oltretutto, come segretaria della locale sezione del NAACP (l’associazione nazionale per la promozione delle persone di colore), non lo trovava più ammissibile. Così, sfidando le convenzioni sociali dell’epoca e gli sguardi di sbieco dei bianchi, prese posto nella fila di mezzo. Dopo alcune fermate, l’autobus era tutto occupato e alcuni bianchi rimasero in piedi. Fu a quel punto che Rosa Parks si vide intimare dall’autista James F. Blake l’ordine di alzarsi e cedere il posto ai primi. La donna si rifiutò e tenne una posizione ferma fino all’arrivo della polizia, che la trasse in arresto per condotta impropria e per aver violato le leggi di segregazione razzialePARKS2 della città. Il gesto della donna innescò un moto di sdegno e indignazione nelle comunità afroamericane che portò ad un boicottaggio dei mezzi pubblici, durato ben 381 giorni. A guidare la protesta c’era il pastore protestante Martin Luther King, che individuò nell’atto di ribellione della Parks la molla che diede vita al movimento dei diritti civili americani. L’anno seguente arrivò la prima importante vittoria: la Corte Suprema stabilì l’incostituzionalità delle discriminazioni razziali sugli autobus. Altre ne seguirono, come l’approvazione del Civil Rights Act del 1964.  Il gesto coraggioso di Rosa Parks, diventata la figura-simbolo del movimento dei diritti civili, venne premiato, nel 1999,  con la Medaglia d’oro del Congresso. Nella sua biografia, prima di morire nel 2005, scrisse: “Molti dissero che quel giorno non mi alzai perché ero stanca. Ma non è vero. Ero invece stanca di cedere”.La sua storia ispirò, tra gli altri, il film La lunga strada verso casa (1990) con Whoopi Goldberg.

 

Marco Travaglini

LA STORIA DELLA CAGNETTA LUCE E DEI SUOI CUCCIOLI

GLI AMICI PELOSI DI ALFONSO SIGNORINI ED ELEONORA GIORGI, I CANI DELLA CROCE ROSSA E UNA TACCHINELLA FORTUNATA

Ricordate la commovente storia di Luce, la cagnetta seviziata e sepolta viva in Calabria che, mentre era in coma, ha partorito 11 cuccioli? “Dalla parte degli animali”, la trasmissione ideata e condotta dall’on. Michela Vittoria Brambilla, in onda domenica 20, alle 10,50, su Retequattro, ci racconterà dove e come vivono oggi i suoi piccoli, salvati dalla Lega Italiana Difesa Animali e Ambiente e oggi adottati da famiglie che li adorano. I cani-eroi di questa puntata sono quelli del Croce Rossa Italiana, autori di tantissimi salvataggi anche in condizioni difficilissime.

Lo spazio “L’amico famoso” presenterà il cagnetto dell’attrice Eleonora Giorgi e il gatto del giornalista Alfonso Signorini. Il re del gossip racconterà con dovizia di particolari il suo feeling con l’imponente micione Teo, un felino di carattere, che non può certo passare inosservato. Ascolteremo i preziosi consigli del veterinario Marino e la storia di Rita, una tacchinella molto fortunata, che ha evitato di finire imbandita in tavola ed ora si gode le coccole della proprietaria.

Tanti, tantissimi gli animali “in cerca di una nuova casa”, veri protagonisti della trasmissione: un format che rappresenta una novità nel panorama italiano ed ha dimostrato di riuscire a coinvolgere il pubblico. “I telespettatori – afferma l’on. Brambilla non soltanto ci premiano con gli ascolti, ma chiamano numerosissimi i numeri per le adozioni o scrivono alla mailportamiacasa@dallapartedeglianimali.it per offrire una nuovo rifugio agli animali che ne hanno bisogno”.

L’idea di base di “Dalla parte degli animali”, infatti, è semplice ma efficace: avvalersi della televisione per dare impulso alle adozioni, contribuire a ridurre gli effetti del randagismo e a diffondere la cultura del possesso responsabile. Dal verde della Brianza, dove si trova la cascina-studio, l’on. Brambilla presenta video di trovatelli girati in tutto il Paese, introduce servizi sui rifugi che li ospitano e sui volontari che se ne occupano, li propone in adozione e consegna direttamente alle famiglie adottanti il nuovo amico: un esempio positivo per chi voglia di regalare una nuova possibilità a un quattrozampe sfortunato. Il video di presentazione della settima puntata è pubblicato su YouTube al link https://www.youtube.com/watch?v=TuFEFMCDHZg.

“Dalla parte degli animali” è un programma Videonews, a cura di Carlo Gorla con la regia di Lorenzo Annunziata.

IRAQ. UNA FERITA APERTA

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La mostra fotografica di Giles Duley per EMERGENCY per la prima volta a Torino

sabato 19 gennaio, alle ore 15, all’Emergency Infopoint di Torino – Corso Valdocco 3 – inaugurerà la mostra fotografica di Giles Duley “Iraq. Una ferita aperta” esposta per la prima volta a Torino.La mostra racconta la guerra vista da vicino, con gli occhi di chi la vive, attraverso quelli di chi la documenta.A febbraio 2017 Giles Duley ha visitato i progetti di EMERGENCY in Iraq con l’obiettivo di mostrare al mondo cosa è successo a Mosul. “In passato ho parlato di come, anche in queste situazioni, io abbia sempre cercato di trovare un barlume di speranza da fotografare, come una risata o l’amore di una famiglia. Ma quello che ho visto a Mosul mi ha spiazzato. Ho capito che a volte un’immagine simile è impossibile da trovare” racconta Giles Duley. L’operazione umanitaria di Mosul è stata una delle più grandi e complesse emergenze del 2017. Per dare assistenza ai feriti in fuga dalla città, EMERGENCY decise di riaprire un ospedale che aveva costruito nel 1998 e aveva poi affidato alle autorità locali nel 2005. Lì, in 7 mesi di attività, EMERGENCY ha assistito oltre 1.400 vittime di guerra. L’impegno per la pace è un impegno di civiltà al quale siamo chiamati tutti, nessuno escluso, la mostra di Giles Duley costringe a guardare negli occhi l’orrore, fermato in una foto e spogliato di ogni speranza, in modo che nessuno di noi, poi, riesca a voltarli da un’altra, qualsiasi, parte. Dall’intensità di queste immagini, sospese tra arte e storia, prende forma un racconto che invita a riflettere sulla fotografia come impegno civile. Dopo aver passato anni a immortale rock star, famoso il suo scatto a Marylin Manson, dal 2000 Giles Duley lavora con diverse organizzazioni non governative documentando storie di vittime di guerra da tutto il mondo. Nel 2011, mentre era in Afghanistan, Duley perse entrambe le gambe e il braccio sinistro a seguito dell’esplosione di una mina. I medici gli dissero che non avrebbe mai potuto tornare a lavorare. Dopo 18 mesi era di nuovo in Afghanistan, con una troupe per girare il documentario Walking Wounded: Return to the Frontline in cui visita il Centro chirurgico EMERGENCY di Kabul e incontra i pazienti ricoverati. In Iraq EMERGENCY continua ad offrire assistenza sanitaria ai profughi iracheni e siriani nel campo di Ashti. Inoltre, gestisce un Centro di riabilitazione e reintegrazione sociale a Sulaimaniya, avviato nel 1998. Morti, feriti, profughi: sono loro l’unica verità della guerra che EMERGENCY conosce e Giles ci mostra senza reticenze. Far conoscere gli effetti delle guerre a tutti è uno dei principali obiettivi di EMERGENCY che da 25 anni offre cure gratuite e assistenza a tutte le vittime di guerra, ma porre rimedio alle conseguenze devastanti dei conflitti non è abbastanza. L’Infopoint è lo spazio culturale dell’associazione Emergency in cui, attraverso le attività e gli eventi che ospita, viene promossa la cultura di pace di cui l’associazione è espressione nel mondo attraverso il suo operato umanitario.

Il Pera Palas: qui Agatha Christie scrisse “Assassinio sull'Orient Express”

pera2All’esterno, la facciata in stile neoclassico e, all’interno, l’influenza ottomana a dar tono agli ambienti, fino a far sentire nell’aria stessa la sensazione lieve di essere quasi sospesi sul crinale tra oriente e occidente, tra due continenti. Basta un’occhiata al contrasto di bianchi e di neri della sala la ballo per farsene un’idea. Il gusto eclettico per l’art nouveau s’impone nel vecchio ascensore che porta alle stanze illuminate da lampadari in vetro di Murano, con pavimenti in legno massello e vetrate a tutta altezza mentre i bagni, rivestiti in marmo di Carrara, lasciano a bocca aperta. Il Pera Palas, il “ più antico hotel europeo della Turchia“, venne costruito a Istanbul nel distretto di Beyoğlu (Pera) nel 1892 dalla Compagnie Internationale des Wagons-Lits con il preciso scopo di ospitare i passeggeri dell’Orient Express. Un gioiello, ricco di fascino e di mistero che affaccia le proprie camere sul Corno d’Oro e sulla penisola di Istanbul. Chi pera christiesall’epoca viaggiava sulla tratta ferroviaria più famosa del mondo, nell’ultima tappa, doveva trovare in quest’albergo di gran classe un alloggio paragonabile in eleganza e confort a quanto offerto nelle prestigiose dimore delle capitali del vecchio continente. delle Europa. I lavori  di costruzione durarono tre anni e l’architetto Vallaury, un noto professionista franco-turco, diede all’edificio quel taglio ibrido tipico dell’architettura dell’Istanbul del XIX secolo. Ma il Pera Palas doveva meravigliare tutti anche sotto il profilo tecnologico; così divenne il primo edificio con alimentazione elettrica, dotato di acqua calda e del primo ascensore della città che un tempo fu Bisanzio e Costantinopoli. Acquisato dagli investitori greci nel 1918, Il Pera Palas diventò – cinque anni più tardi – proprietà della Turchia e il presidente Mustafa Kemal Atatürk amava soggiornarvi tant’è che la stanza numero 101, la preferita dal padre della Turchia moderna, nel 1981 è stata trasformata in un vero e proprio museo. La “perla di Istanbul”, nel corsodella sua più che centenaria storia, ha ospitato personaggi misteriosi come Mata Hari, pseudonimo di Margaretha Geertruida Zelle, danzatrice e agente segreto pera4olandese, che negli anni della Belle Epoque provocò scompiglio in tutta Europa e di personalità del mondo del cinema come la “divina” Greta Garbo , Alfred Hitchcock, il maestro del brivido, o la grande attrice di teatro Sarah Bernhardt. Le “teste coronate” e gli uomini di stato che sono passati dal Pera non si contano, così come gli scrittori come Pierre Loti ed Ernest Hemingway. Un discorso a parte va fatto per la regina del giallo, Agatha Christie, dalla cui penna hanno preso corpo le investigazioni  di Hercule Poirot e le indagini di Miss Marple. Nella camera 411 dell’albergo la prolifica scrittrice britannica ( con all’attivo 66 romanzi gialli e un infinità di racconti e altri testi) scrisse buona parte di uno dei suoi capolavori, quell’ “Assassinio sull’Orient Express” che, a ben riflettere, non poteva trovare atmosfera più adatta del Pera Palas per catturare l’espirazione giusta. Ora la stanza è un piccolo museo in onore della scrittrice e anche questo contribuisce al fascino dell’ albergo, mentre nel ristorante “Agatha”, chiamato così in onore della famosa scrittrice , vengono servite le specialità della cucina turca pera5contemporanea. Oltre all’Orient Bar & Terrace e alla sala da tè, dove un sottofondo di musica di pianoforte dal vivo contribuisce a rendere magica  l’atmosfera, vale la pena frequentare – anche solo per una colazione –  la classica “Patisserie de Pera” dove una gentile signora con tanto di veletta serve deliziosi dolci artigianali d’ispirazione turca e francese, amaretti, torte farcite e cioccolatini fatti in casa. E, q questo punto, non credo si debba aggiungere altro se non il caldo suggerimento a chi si reca in questa meravigliosa città di fare una puntata al Pera Palas per rivivere le atmosfere del sogno, del mistero e della storia.

Marco Travaglini

Il Pera Palas: qui Agatha Christie scrisse “Assassinio sull’Orient Express”

pera2All’esterno, la facciata in stile neoclassico e, all’interno, l’influenza ottomana a dar tono agli ambienti, fino a far sentire nell’aria stessa la sensazione lieve di essere quasi sospesi sul crinale tra oriente e occidente, tra due continenti. Basta un’occhiata al contrasto di bianchi e di neri della sala la ballo per farsene un’idea. Il gusto eclettico per l’art nouveau s’impone nel vecchio ascensore che porta alle stanze illuminate da lampadari in vetro di Murano, con pavimenti in legno massello e vetrate a tutta altezza mentre i bagni, rivestiti in marmo di Carrara, lasciano a bocca aperta. Il Pera Palas, il “ più antico hotel europeo della Turchia“, venne costruito a Istanbul nel distretto di Beyoğlu (Pera) nel 1892 dalla Compagnie Internationale des Wagons-Lits con il preciso scopo di ospitare i passeggeri dell’Orient Express. Un gioiello, ricco di fascino e di mistero che affaccia le proprie camere sul Corno d’Oro e sulla penisola di Istanbul. Chi pera christiesall’epoca viaggiava sulla tratta ferroviaria più famosa del mondo, nell’ultima tappa, doveva trovare in quest’albergo di gran classe un alloggio paragonabile in eleganza e confort a quanto offerto nelle prestigiose dimore delle capitali del vecchio continente. delle Europa. I lavori  di costruzione durarono tre anni e l’architetto Vallaury, un noto professionista franco-turco, diede all’edificio quel taglio ibrido tipico dell’architettura dell’Istanbul del XIX secolo. Ma il Pera Palas doveva meravigliare tutti anche sotto il profilo tecnologico; così divenne il primo edificio con alimentazione elettrica, dotato di acqua calda e del primo ascensore della città che un tempo fu Bisanzio e Costantinopoli. Acquisato dagli investitori greci nel 1918, Il Pera Palas diventò – cinque anni più tardi – proprietà della Turchia e il presidente Mustafa Kemal Atatürk amava soggiornarvi tant’è che la stanza numero 101, la preferita dal padre della Turchia moderna, nel 1981 è stata trasformata in un vero e proprio museo. La “perla di Istanbul”, nel corsodella sua più che centenaria storia, ha ospitato personaggi misteriosi come Mata Hari, pseudonimo di Margaretha Geertruida Zelle, danzatrice e agente segreto pera4olandese, che negli anni della Belle Epoque provocò scompiglio in tutta Europa e di personalità del mondo del cinema come la “divina” Greta Garbo , Alfred Hitchcock, il maestro del brivido, o la grande attrice di teatro Sarah Bernhardt. Le “teste coronate” e gli uomini di stato che sono passati dal Pera non si contano, così come gli scrittori come Pierre Loti ed Ernest Hemingway. Un discorso a parte va fatto per la regina del giallo, Agatha Christie, dalla cui penna hanno preso corpo le investigazioni  di Hercule Poirot e le indagini di Miss Marple. Nella camera 411 dell’albergo la prolifica scrittrice britannica ( con all’attivo 66 romanzi gialli e un infinità di racconti e altri testi) scrisse buona parte di uno dei suoi capolavori, quell’ “Assassinio sull’Orient Express” che, a ben riflettere, non poteva trovare atmosfera più adatta del Pera Palas per catturare l’espirazione giusta. Ora la stanza è un piccolo museo in onore della scrittrice e anche questo contribuisce al fascino dell’ albergo, mentre nel ristorante “Agatha”, chiamato così in onore della famosa scrittrice , vengono servite le specialità della cucina turca pera5contemporanea. Oltre all’Orient Bar & Terrace e alla sala da tè, dove un sottofondo di musica di pianoforte dal vivo contribuisce a rendere magica  l’atmosfera, vale la pena frequentare – anche solo per una colazione –  la classica “Patisserie de Pera” dove una gentile signora con tanto di veletta serve deliziosi dolci artigianali d’ispirazione turca e francese, amaretti, torte farcite e cioccolatini fatti in casa. E, q questo punto, non credo si debba aggiungere altro se non il caldo suggerimento a chi si reca in questa meravigliosa città di fare una puntata al Pera Palas per rivivere le atmosfere del sogno, del mistero e della storia.

Marco Travaglini

Muore ragazzo di 20 anni: stroncato dalla meningite

DALLA SARDEGNA    Un ragazzo di 20 anni è morto a causa di una meningite da meningococco Y nell’ospedale di Sassari, dove era ricoverato in Rianimazione   La diagnosi di meningite infettiva  è arrivata dalla struttura complessa di Microbiologia e Virologia, e confermata dalla struttura complessa di Igiene e controllo delle infezioni ospedaliere, che ha identificato il sierogruppo Y. È stata immediatamente avviata la profilassi antibiotica sugli operatori entrati a contatto con il paziente.

Venduti ai Minori: la complicità dei venditori nelle cattive abitudini dei nostri figli

 

Pub, discoteche e bar (64%), sono il principale accesso all’alcol dei nostri figli,  mentre il 65% dei rivenditori non ha controllato la loro età. Gravissimo il dato che segnala che quasi la  metà (48%) dei venditori di alcolici continua a somministrare alcol, nonostante lo stato di ubriacatura del minorenne

Il 40% del tabacco ai minori viene venduto nelle tabaccherie, mentre il 15% dichiara di avere accesso ai distributori automatici che vendono senza chiedere tessera. Mentre nei negozi che vendono la sigaretta elettronica, il 78% ha venduto ricarica di nicotina al  minore, senza verifica età.  In 7 cannabis shop su 10 erano assenti indicazioni relativamente all’uso del prodotto da collezione non adatto alla combustione e in ben il 68% dei rivenditori (quasi 7 su 10) dei cannabis shop hanno venduto il prodotto nonostante fossero minorenni.Rispetto al gioco d’azzardo, al 62% dei minori non è stato mai chiesto il documento per verificare l’età ed in un caso su due il rivenditore non si è rifiutato di farlo  giocare d’azzardo. Oltre 3 minori su 4 non hanno alcun filtro parental control sui propri device per impedire l’accesso ai siti porno. Solo il 15% dei rivenditori di connessione hanno avvertito del rischio pornografia utilizzando i device con le loro connessioni. Ben il 56% dei rivenditori dei videogiochi vende ai minori dei videogiochi 18+ cioè  con contenuti violenti o volgari. Obiettivo della ricerca è stato quello di conoscere il fenomeno della vendita, da parte degli adulti, ai minori dei prodotti vietati dalla legge come Alcol, Tabacco, Cannabis, Giochi d’azzardo, Pornografia ed autoregolamentati come i Videogioch 18+. “L’indagine del Moige apre uno squarcio molto ampio e decisamente preoccupante ed evidenzia la necessità di agire con urgenza per la tutela dei minori, rilanciando anche il tema dei controlli. Occorrono interventi normativi più stringenti verso chi compie atti così miserabili verso un minore.

Come Presidente di Commissione intendo, quindi, garantire un concreto e vigile supporto alle iniziative parlamentari nella individuazione di regole efficaci e inderogabili, per ricordarci che la tutela dei minori non è un optional per un Paese come l’Italia che deve ripartire puntando sui più piccoli: il senso stesso della vita futura”, ha affermato la Sen. Licia Ronzulli, Presidente della Commissione parlamentare per l’infanzia e l’adolescenza. ‘’Sono dati molto gravi e preoccupanti che fanno emergere un grande pericolo per la tutela dei nostri figli. Occorre ripensare e ridefinire il sistema di sanzioni, controlli e formazione. L’impegno a proteggere  i minori non può essere confinato solo in famiglia, ma riguarda tutti coloro che producono tali prodotti nocivi ai minori, che devono attivarsi fattivamente per garantire che non vadano a finire nelle mani dei nostri figli’’,  ha dichiarato Antonio Affinita, direttore generale del Moige – Movimento Italiano Genitori

 

 

I RISULTATI:

L’indagine, curata prof. Tonino Cantelmi dell’Università Europea di Roma, insieme al suo team, riguarda un campione di ricerca di 1.388 minori tra gli 11 e i 17 anni delle scuole secondarie di primo e secondo grado, con un’età media di 14 anni.  Rispetto alla collocazione geografica: 30% dal Centro Italia, 21% dal Nord Italia, 49% dal Sud Italia.

 

ACCESSO ALL’ALCOL. I minorenni acquistano alcolici, principalmente, in pub o discoteche (41,5%) o nei bar (23%), al supermercato (18,5%), al ristorante (7%) o all’alimentari (2,4%).

Da parte dei rivenditori non emerge una particolare attenzione al rispetto della normativa di tutela dei minori considerando che solo il 14% del campione ha visto il cartello di divieto di vendita nei locali; mentre il 33% non lo ha visto in nessun locale e il 15% solo in alcuni. Ma appare molto più preoccupante che circa 2 volte su 3 (65% dei casi) nessuno ha controllato l’età al momento dell’acquisto della bevanda alcolica e nel 38% dei casi, nonostante sia stata verificata la minore età dell’acquirente, gli esercenti non si sono rifiutati di vendere le bevande alcoliche. Inoltre, ancora più grave, nel 48% dei casi i venditori hanno continuato a vendere alcolici nonostante il visibile stato di ubriachezza degli under 18.

 

L’ACCESSO AL FUMO. L’accesso dei minori al fumo avviene attraverso le tabaccherie (51%) oppure sostengono di non acquistarle direttamente, ma di prenderle dagli amici (40%); Il 5% acquistano dai distributori automatici, mentre il 4% nei bar.  Considerando invece l’acquisto presso i distributori automatici, il nostro campione sostiene di aver aggirato il problema della verifica dell’età tramite tessera sanitaria chiedendo ad un amico più grande (66%) o utilizzando la tessera di un genitore o un fratello (19%). Un preoccupante dato il 15% dichiara, infine, che la verifica non era attiva, configurando quindi il macchinario come illegale. Anche nell’accesso al fumo di sigaretta vediamo che nel 63% dei casi non è stato controllato il documento di identità oppure che è stato controllato sporadicamente (34%);  Stesso copione anche per quanta riguarda la sigaretta elettronica, i giovani dichiarano che nel 78% dei casi non è stato chiesto loro un documento prima dell’acquisto e che 3 volte su 4 il rivenditore non si è rifiutato di vendere il prodotto nonostante fossero minorenni.

 

L’ACCESSO DEI MINORI ALLA CANNABIS LIGHT. Il campione intervistato riconosce come serie e permanenti le conseguenze del consumo di cannabis (68,1%) tuttavia non è da sottostimare il dato che il 7,5% dei minori ritiene che la cannabis non abbia nessun tipo di effetto sulla salute e sullo sviluppo. Per quanto riguarda la cannabis ‘’light’’ i ragazzi, tuttavia, non conoscono la norma che ne regolarizza la vendita e l’utilizzo, tant’è che solo il 27% di loro sa che è un prodotto tecnico e da collezione, non adatto alla combustione (quindi ad essere fumata) e vietato ai minori di 18 anni. Gli altri rispondono che è legale e si può fumare (27%) o che è sempre illegale (26%). Come per la cannabis, moltissimi (20%) rispondono che è legale su prescrizione medica; ancora una volta, probabilmente, le informazioni veicolate dai media tendono a confondere i giovani. Dai dati risulta che all’interno dei negozi che vendono canapa “legalizzata/light”: nel 30% dei casi  non erano presenti cartelli di divieto di vendita ai minorenni e il 35% dichiara di non averci fatto caso (quindi non esposti in luogo visibile). Solo il 21% degli intervistati li ha visti in alcuni negozi e il 14% dichiara di averli visti sempre. Inoltre: il 69,6% degli intervistati dichiara l’assenza di cartelli per spiegare il corretto utilizzo della sostanza; solo il 3,1% di loro dice di averli visti sempre. Nel 72,2% delle risposte i ragazzi dicono che non è stato chiesto loro un documento prima dell’acquisto della sostanza; il 19,5% di loro dichiara che gli è stato chiesto almeno una volta e solo l’8,3% che è stato fatto sempre. Infine, il campione afferma che nel 68% dei casi il rivenditore non si è rifiutato di vendere il prodotto nonostante fossero minorenni.

 

 L’ACCESSO DEI MINORI AL GIOCO CON VINCITA IN DENARO. L’83% dei ragazzi intervistati conosce correttamente la norma che vieta il gioco con vincita in denaro  ai minori di 18 anni, nonostante tra i minorenni che praticano il gioco d’azzardo solo il 38% ha visto il cartello relativo al divieto mentre il 62% non lo ha visto sempre o non ci ha fatto caso; anche in questo ambito, appare evidente la complicità degli adulti considerando che il 62% degli intervistati ha risposto che non è stato chiesto un documento per verificare l’età e, nel 54%, dei casi, anche qualora sia stata verificata la loro minore età, i rivenditori non si sono rifiutati di farli giocare; Sono le scommesse la principale azione di gioco d’azzardo che praticano i minori, che sono privilegiate nel 58% delle scelte dei minori. Anche rispetto al gioco d’azzardo on line, pare che i controlli non siano efficaci a fermare i ragazzi: il 50% dei giocatori dice di essere riuscita ad aggirare il controllo dell’età. Un dato interessante emerge dalla domanda su come hanno conosciuto il gioco d’azzardo: il 45% del campione dice infatti di aver visto una pubblicità in tv.

 

L’ACCESSO DEI MINORI AI CONTENUTI PORNOGRAFICI. Per l’accesso ai contenuti pornografici i ragazzi utilizzano principalmente smartphone (59,3%), tablet (14,1%), e pc collegato ad Internet (8,4%). È dunque, secondo il campione, attraverso Internet che hanno la possibilità di trovare materiale pornografico. Il 76% dei minorenni partecipanti all’indagine dice di non avere alcun filtro parental control sui propri device, o di essere riuscito ad eliminarlo (6,3%). Rispetto a come si procurano il materiale pornografico il 95% di loro dice di non comprarlo ma di cercarlo gratuitamente navigando on line dai propri device. I pochissimi che lo acquistano, il 38,2% lo fa su internet; gli altri lo comprano presso attività commerciali (26,5%), sulle bancarelle (16,2%) o sulla pay tv (10,3%). Sia per quanto riguarda la vendita fisica (59,2%) che la visione on line (78,8%) di materiale pornografico i ragazzi del campione affermano che non c’è stata verifica dell’età; addirittura presso i rivenditori fisici per il 56,3% di loro, non è stato un problema acquistare materiale pornografico, nonostante avessero accertato la minore età. Ancora una volta Internet si conferma come un mezzo per trasgredire facilmente.

 

L’ACCESSO DEI MINORI AI VIDEOGIOCHI 18+. Per quanto riguarda la dimensione della percezione del rischio e delle conseguenze, a breve e lungo termine, dell’utilizzo di videogiochi con contenuti violenti o volgari, il campione intervistato sottostima i rischi e, infatti, il 33,6% ritiene che non vi sia alcun rischio mentre il 42,3% che ce ne siano pochi; tra i minori che giocano è abbastanza diffuso il fenomeno del gioco on line e, infatti, spesso i ragazzi utilizzano la connessione on line per giocare con amici (26,8%) o con sconosciuti (4,8%). Quando abbiamo chiesto ai ragazzi se avessero mai giocato a giochi con contenuti volgari o violenti il 49,6% dice di averlo fatto; interessante leggere che il 16% di loro “non sa rispondere, perché non ci ha fatto caso”. Sembrerebbe che i giovani non prestino attenzione ai livelli di violenza o volgarità presenti nei loro videogiochi e, allo stesso tempo, che non siano guidati a comprendere i rischi che corrono. Solitamente i ragazzi acquistano videogiochi non adatti ai minori in negozio (56,2%), o li fanno comprare ai genitori (9,9%). Secondo il campione in questi negozi non è presente alcun avviso informativo sul prestare attenzione all’età minima consigliata (26%) o non hanno fatto caso alla presenza di quest’ultimo (19%), né il rivenditore glielo ha fatto notare (65%). Anche rispetto alle piattaforme on line, i ragazzi riferiscono di non aver visto avvisi (34%) o di averli visti solo poche volte (34%).

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Documento integrale dell’indagine e la relativa sintesi si possono scaricare su: www.moige.it/progetto/venduti-ai-minori

Ragazzino di 15 anni muore in ospedale per meningite

DAL LAZIO    Un ragazzino di 15 anni è morto ieri in serata nel reparto di terapia intensiva pediatrica del Policlinico Umberto I di Roma, dove era stato ricoverato nella mattinata . Il decesso è dovuto ad una sepsi meningococcica. Sono immediatamente scattate le procedure di profilassi presso i familiari del ragazzo e gli amici che erano stati in contatto con lui e la profilassi è stata estesa anche alla scuola frequentata dal ragazzino nel territorio della Asl Roma 2.

Piazza di San Venceslao, Jan Palach e la “primavera di Praga”

Piazza di San Venceslao o meglio la Vaclavské , come la chiamano i praghesi,  è un luogo alquanto anomalo. Più che una piazza vera e propria è un largo viale lungo 750 metri nel cuore di Nové Město, la città nuova. Per ammirarne la maestosità si può raggiungere il Museo Nazionale, alla sua sommità, e da lì  – dove è stata collocata la statua equestre di San Venceslao –  guardare il lungo viale. In questo punto, un tempo, c’era la Porta dei Cavalli, che alla fine dell’Ottocento venne abbattuta per far spazio al monumentale museo. Insieme al santo a cavallo ci sono i quattro patroni della Repubblica Ceca (Ludmilla e Procopio davanti, Adalberto e Agnese dietro). Sullo zoccolo si possono leggere delle parole che i cechi hanno sempre invocato nei momenti di difficoltà: “Non lasciarci perire, noi e i nostri discendenti”.

Simbolo dell’identità praghese

Questa piazza, i piccoli Champs-Élysées, rappresenta il simbolo dell’identità praghese e ceca da quando, nel 1848, durante i moti rivoluzionari, venne chiamata così. Nel 1918 fu da qui che partirono le rivolte antiasburgichea favore dell’indipendenza nazionale, dichiarata il 28 ottobre di quell’anno. E fu lì che, nell’agosto del 1968 i praghesi  protestarono contro l’invasione dei carri armati sovietici venuti a stroncare la Primavera di Praga, l’esperimento di “socialismo dal volto umano” (in pratica una vera e propria liberalizzazione e democratizzazione della vita politica) portata avanti dai dirigenti comunisti di quel paese guidati da Alexander Dubček. Alla mente ritorna una delle più belle canzoni di Francesco Guccini: “Di antichi fasti la piazza vestita, grigia guardava la nuova sua vita: come ogni giorno la notte arrivava, frasi consuete sui muri di Praga. Ma poi la piazza fermò la sua vita e breve ebbe un grido la folla smarrita, quando la fiamma violenta ed atroce, spezzò gridando ogni suono di voce”. La fiamma è quella che, la sera del 16 gennaio 1969, trasformò in una torcia umana il corpo di un giovane studente di filosofia praghese, il ventenne Jan Palach. Il suo sacrificio fu un gesto di libertà, un grido contro tutte le tirannie.

 

Il “testamento” di Jan Palach

Sul suo quaderno scrisse quello che può essere definito, a tutti gli effetti, il suo testamento politico. Leggiamolo:”Poiché i nostri popoli sono sull’orlo della disperazione e della rassegnazione, abbiamo deciso di esprimere la nostra protesta e di scuotere la coscienza del popolo. Il nostro gruppo è costituito da volontari, pronti a bruciarsi per la nostra causa. Poiché ho avuto l’onore di estrarre il numero 1, è mio diritto scrivere la prima lettera ed essere la prima torcia umana. Noi esigiamo l’abolizione della censura e la proibizione di Zparvy (il giornale delle forze d’occupazione sovietiche). Se le nostre richieste non saranno esaudite entro cinque giorni, il 21 gennaio 1969, e se il nostro popolo non darà un sostegno sufficiente a quelle richieste, con uno sciopero generale e illimitato, una nuova torcia s’infiammerà“.Il gesto di Jan Palach non rimase isolato: almeno altri sette studenti, tra cui il suo amico Jan Zajíc ( la “torcia numero due”),seguirono il suo esempio.

“…la città intera che muta lanciava una speranza nel cielo di Praga”

Il funerale di Jan Palach (che venne poi sepolto nel cimitero di Olšany) fu programmato per domenica 25 gennaio 1969. L’organizzazione fu curata dall’Unione degli studenti di Boemia e Moravia. Vi parteciparono circa seicentomila persone, arrivate da tutto il paese. In silenzio, proprio  come racconta la già citata canzone di Guccini (“dimmi chi era che il corpo portava,la città intera che lo accompagnava:la città intera che muta lanciava una speranza nel cielo di Praga”). Quel giorno, in una Praga plumbea,  scrisse  Enzo Bettiza sul Corriere della Sera .. “il suono delle sirene a mezzogiorno e il rintocco delle campane trasformano l’intera città in un «paesaggio pietrificato,dove tutti rimangono fermi e silenziosi per cinque minuti”.

A terra, una croce in orizzontale

Il monumento in sua memoria ( e di Jan Zajíc ) è poco visibile. Si trova a pochi metri dalla fontana davanti all’edificio del Museo Nazionale, dove Jan si cosparse di benzina e si dette fuoco. Nei giorni seguenti, in quello stesso luogo, si tenne lo sciopero della fame a sostegno delle rivendicazioni espresse da Palach e fu esposta la sua maschera funebre.  Il monumento, realizzato dall’artista Barbora Veselá e dagli architetti Čestmír Houska e Jiří Veselý, è stato realizzato in forma orizzontale. Dal lastricato del marciapiede emergono due bassi tumuli circolari collegati da una croce di bronzo (che simboleggia allo stesso tempo un corpo come una torcia umana). La posizione della croce indica la direzione in cui Jan Palach cadde a terra. Sul braccio sinistro della croce si leggono i nomi di Jan Palach e Jan Zajíc con le rispettive date di nascita e morte. Entrambi , e prima di loro, gli insorti di Budapest nel 1956, furono i primi caduti per la nuova Europa. Ci vollero vent’anni per riconquistare pienamente indipendenza e libertà, fino al novembre del 1989, quando s’avvio la “rivoluzione di velluto” che in breve rovesciò il regime cecoslovacco e filosovietico di  Gustáv Husák ed elesse presidente della Repubblica lo scrittore e drammaturgo Václav Havel, mentre  Dubček fu acclamato, riabilitato ed eletto presidente del Parlamento.

Marco Travaglini