Dall Italia e dal Mondo- Pagina 31

AMCLI: IL RECENTE CASO DI TUBERCOLOSI MANIFESTATOSI A TREVISO SIA OCCASIONE PER FARE CHIAREZZA

Le strutture Complesse di Microbiologia presenti sul territorio sono garanzia di rapido intervento per contrastare eventi ad alto rischio

 I recenti episodi di tubercolosi a Treviso confermano che occorre una strategia mirata a intercettare i casi latenti, dai quali può scaturire una grave e inconsapevole minaccia sanitaria. È quanto ribadisce AMCLI in merito al caso recentemente manifestatosi a Treviso che ha riportato alla ribalta la Tubercolosi. Un’insegnante avrebbe sottovalutato i sintomi (tosse persistente, dimagrimento e febbricola) e ha proseguito la propria attività infettando inconsapevolmente quasi l’intera classe. “Parlando di tubercolosi forse è il caso di fare un po’ di chiarezza. Esistono almeno due forme di tubercolosi quella attiva e quella latente. La tubercolosi polmonare attiva porta all’eliminazione con i colpi di tosse, nell’aria circostante, del bacillo responsabile, il micobatterio tubercolare. Quando degli individui (nel caso di Treviso gli alunni) sono infettati ma non hanno segni radiologici o sintomi specifici, hanno la tubercolosi latente. Statisticamente, dei soggetti con tubercolosi latente solo il 10% svilupperà la malattia attiva, tutti gli altri non manifesteranno mai la tubercolosi.” dichiara il dott. Enrico Tortoli, Coordinatore del Gruppo di Lavoro per i Micobatteri dell’AMCLI Come si diagnosticano le due forme di tubercolari? “La tubercolosi attiva si diagnostica ricercando, con varie tecniche, il micobatterio tubercolare nell’escreato, (dalle colture classiche alla biologia molecolare che in poco più di un’ora è in grado di individuare la presenza del Micobatterio nel campione biologico; la tubercolosi latente si diagnostica ricercando la traccia immunitaria lasciata dal bacillo nell’organismo (test Mantoux e IGRA)” afferma il dott. Roberto RigoliDirettore dell’U.O.C. Microbiologia dell’USSL 2 Marca Trevigiana e Vicepresidente AMCLI. “Appare evidente come il ruolo delle Strutture Complesse di Microbiologia presenti sul territorio nazionale e i professionisti che ne fanno parte, siano garanzia di interventi rapidi e specifici al fine di contrastare eventi ad alto rischio (come nel caso di Treviso) e di consentire quindi un immediato intervento terapeutico, ma sono inoltre garanzia di diagnosi in altre importanti situazioni di emergenza infettivologica ed epidemiologica come di recente per episodi di infezione da Mycobacterium chimaera in pazienti cardiochirurgici o i casi di Meningite, non dimenticando mai la costante attenzione all’individuazione dei microrganismi multiresistenti agli antibiotici che rappresentano il problema globale di Sanità del terzo millennio” conclude il dott. Pierangelo Clerici, Presidente AMCLI e Direttore dell’Unità Operativa di Microbiologia dell’Azienda Socio Sanitaria Territoriale Ovest milanese.

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AMCLI – Associazione Microbiologi Clinici Italiani – è stata costituita nel 1970 ed è articolata su delegazioni regionali. L’associazione scientifica ha sede a Milano ed è attualmente presieduta dal prof. Pierangelo Clerici, Direttore U.O. Microbiologia A.S.S.T Ovest Milanese, Legnano. Tra le finalità statutarie di AMCLI, lo sviluppo della Microbiologia clinica. Una delle peculiarità della società scientifica è operare attraverso gruppi di lavoro su specifiche materie d’interesse. Tra questi spiccano quello sulle Infezioni Sessualmente Trasmissibili, sulle infezioni nei Trapianti d’organo, sulle infezioni nell’anziano e nei neonati, sulla Neurovirologia, sulle Infezioni nel paziente critico, sulle infezioni materno-fetali, sull’immunologia e sulle malattie parassitarie.

"Io respiro", la campagna gira l'Italia

Grande successo per il progetto del Centro Studi di Economia Sanitaria in collaborazione con Senior Italia FederAnziani, con il contributo non condizionato di Menarini


Cento convegni in tutta Italia, 6.000 over 65 raggiunti, 3.000 spirometrie gratuite realizzate, questo il bilancio della prima parte della grande campagna Io respiro, che sta toccando i centri anziani di tutta Italia per sensibilizzare gli ultrasessantacinquenni sulle patologie respiratorie e sull’importanza della prevenzione. La campagna si accompagna a un vasto sondaggio che consentirà di analizzare il livello di consapevolezza attualmente esistente presso la popolazione anziana rispetto a tali tematiche.
La campagna “Io respiro”, promossa dal Centro Studi di Economia Sanitaria in collaborazione con Senior Italia FederAnziani, FIMMG, con la collaborazione scientifica di SIP/IRS ed Ethesia e grazie al contributo non condizionato di Menarini, è partita nel dicembre scorso e sta coinvolgendo la popolazione senior su tutto il territorio nazionale attraverso la realizzazione di convegni con gli pneumologi all’interno dei centri anziani. Nel corso dei convegni gli specialisti illustrano l’importanza dei corretti stili di vita (lotta al tabagismo) e insegnano a riconoscere i sintomi delle malattie respiratorie e a non sottovalutarli.
Indagine sulla percezione delle malattie respiratorie. La campagna rappresenta al tempo stesso il punto di partenza di un grande lavoro di indagine. Nel corso degli incontri, infatti, i partecipanti ricevono un questionario da compilare che consentirà, a conclusione della campagna, di comprendere il livello di consapevolezza attualmente esistente rispetto alle malattie respiratorie.
Screening di massa. La campagna Io respiro rappresenta anche un’importante occasione di monitoraggio della salute dei frequentatori dei centri anziani, grazie alle diecimila spirometrie che saranno effettuate con intervento di medici. Tremila circa sono quelle effettuate fino ad oggi con grande affluenza da parte dei partecipanti ai convegni.
I dati aggregati che emergeranno dalle spirometrie saranno validati dalle società scientifiche.
Campagna di sensibilizzazione. L’iniziativa è affiancata da una campagna di comunicazione condotta all’interno dei centri anziani con la distribuzione di materiale dedicato e di fumetti che spiegano perché è importante adottare stili di vita corretti e riconoscere i sintomi per diagnosticare tempestivamente malattie che, se prese in tempo possono essere gestite efficacemente con un significativo miglioramento della qualità della vita. Parallelamente la comunicazione della campagna viaggia sul web e attraverso i social network, diretta proprio al target dei senior e ai loro familiari e caregivers.
La BPCO (Bronco pneumopatia cronica ostruttiva) è una delle malattie respiratorie più diffuse, tanto che l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) stima che nel 2020 diventerà la terza causa di morte e quinta causa di invalidità a livello mondiale. In Italia, le malattie respiratorie rappresentano già la terza causa di morte dopo quelle cardiovascolari e oncologiche e sono destinate ad aumentare costantemente a causa dell’invecchiamento della popolazione.
La prevalenza della BPCO aumenta con l’età fino a raggiungere il 10,8% negli ultrasettantacinquenni, rispetto al 3,1% di prevalenza generale. Una volta diagnosticato, il paziente con BPCO si rivela poco aderente. L’aderenza supera appena il 26%. (Fonte: WHO e Osservatorio Nazionale sull’impiego dei medicinali. Rapporto Nazionale 2015)
<<La campagna sta riscuotendo un grande successo e rivelando il bisogno di informazione della popolazione anziana rispetto a queste importanti patologie e più in generale rispetto ai temi legati alla loro salute. – ha dichiarato Roberto Messina, Presidente di Senior Italia FederAnziani – Ma il grande afflusso per accedere agli screening gratuiti ci parla soprattutto di un diffuso bisogno di prevenzione. Troppo spesso gli anziani rinunciano ad accedere a un esame diagnostico semplice ed essenziale come la spirometria, per via delle liste d’attesa e/o dei costi dei ticket o di un eventuale esame da condurre in privato, e d’altro canto non si comprende appieno l’importanza di questo esame. Dai dati in nostro possesso (Indagine “Real Life” di Senior Italia FederAnziani condotta su un campione di 6.000 persone) risulta che il 60,6% degli over 65 non si è mai sottoposto a una spirometria. I sintomi delle malattie respiratorie sono largamente sottovalutati: in caso di respiro con affanno gli anziani tendono a non parlarne con il medico convinti che si tratti di un problema legato semplicemente all’avanzare dell’età. Bisogna cambiare questo approccio instillando la cultura della prevenzione e aiutando le persone a gestire meglio il dialogo con il proprio medico di famiglia>>.

Sesso in cambio di promozione agli esami? Professore a giudizio

DALLA PUGLIA
E’ stato chiesto dalla procura di Bari  il rinvio a giudizio per un docente universitario barese di 46 anni. I reati ipotizzati sono concussione, tentata concussione, violenza sessuale aggravata e tentata violenza nei confronti di due studentesse. La vicenda risale al periodo 2011-2015 quando il professore, che insegna Diritto, avrebbe chiesto, minacciando le presunte vittime, alcune prestazioni sessuali e, a una di loro anche denaro per superare gli esami. Secondo le risultanze delle indagini il professore   avrebbe costretto  in più occasioni una studentessa di 23 anni a subire atti sessuali nel suo studio privato.

Il violoncello di Vedran Smailović

Vedran Smailović è del ’56. Ha un anno più di me. Vive in Irlanda del Nord, a Warrenpoint, nella contea di Down, provincia dell’Ulster. E’ un musicista. Anzi, per l’esattezza, è un violoncellista bosniaco, nato a Sarajevo. Nella sua città ha studiato, si è diplomato e ha suonato all’Opera e  nell’ orchestra filarmonica, al teatro nazionale e in molti altri posti. Unico sopravvissuto del Quartetto d’archi di Sarajevo, durante l’assedio strinse i denti per sopravvivere come gli altri, sotto le bombe e il tiro degli snjper, patendo il freddo, la fame e la sete. Nei pressi della via che porta il nome del  Maresciallo Tito, sull’asse centrale di Sarajevo, dove passa  il tram della linea che collega la Bascarsija a Ilidža, a meno di centocinquanta metri dal Merkale, il mercato austro-ungarico, c’è la via Vaso Miskin. Lì, un gruppo di persone, approfittando di un breve periodo di tregua, si trovava in fila davanti ad un forno attendendo di poter acquistare del pane. Era il 27 maggio del 1992 e “gli uomini delle montagne“, a colpi di mortaio,  uccisero ventidue persone e ne ferirono altre centocinquanta. Dopo lo scoppio, sui feriti infierirono i cecchini serbi, in un tragico tiro a segno. A partire da quel 27 maggio, per ventidue giorni, Vedran Smailović, indossò lo smoking, prese il suo violoncello, si accomodò fra le macerie di Vaso Miskin e si mise a suonare l’Adagio di Albinoni. Ventidue volte, una per ogni vittima, incurante dei cecchini, sfidando la brutalità della guerra per riprendersi il valore della vita. Perché, scrisse “c’è un istante prima dell’impatto, l’ultimo in cui le cose sono come sono state. Poi il mondo visibile esplode“. Quella è stata la prima carneficina in un mercato della vecchia città di Sarajevo e passò tragicamente alla storia come la “strage del pane“. Smailović raccontò a “Repubblica” quelle giornate: “Non c’ era alcunché di programmato, era impossibile pianificare in una zona di guerra. Riuscivo solo a piangere e i miei vicini mi consigliarono di uscire a suonare per le strade di Sarajevo. Iniziai a suonare e solo dopo un po’ mi resi conto che stavo intonando l’ Adagio di Albinoni. Ho continuato a farlo per mesi, perché la gente mi diceva che se avessi smesso di suonare Sarajevo sarebbe caduta”. Sarà stata una risposta emotiva o un gesto scaramantico ma Vedran non si limitò a questo. Suonò gratuitamente alle esequie di persone che nemmeno conosceva, incurante dei rischi (i funerali in città erano presi di mira dai cecchini serbi). Il brano , scelto o no, con le sue note dolenti e malinconiche, pareva scritto apposta per queste occasioni. L’Adagio in sol minore (Mi 26), noto anche come Adagio di Albinoni, è una composizione scritta nel 1945 e pubblicata nel 1958 da Remo Giazotto, musicologo e compositore italiano. Grande esperto di Albinoni , “ricostruì” l’Adagio sulla base di una serie di frammenti di spartiti del grande violinista veneziano, ritrovati tra le macerie della biblioteca di Stato di Dresda (la Sächsische Landesbibliothek,l’unica dov’erano custodite partiture autografe di Albinoni), distrutta nel bombardamento che rase al suolo la città il 13 e 14 febbraio del 1945 ad opera degli aerei inglesi della RAF e dei B.17 americani, le famose “fortezze volanti”. I frammenti sarebbero stati parte di un movimento lento di sonata in sol minore per archi e organo, particolarmente evocativa. Da Dresda a Sarajevo. Dalle macerie della biblioteca nella capitale della Sassonia a quelle della sarajevese Vijećnica, tradita e offesa nei “tre giorni di fuoco” che la distrussero. Tragico parallelismo nel cuore d’Europa, sempre in epoca contemporanea, sotto gli occhi e nel silenzio del mondo. “Là, dove si bruciano i libri, si finisce col bruciare anche gli uomini“, scriveva nel 1823 il poeta tedesco Heinrich Heine.I nazisti, col loro delirio violento, realizzarono quella triste profezia un secolo dopo, ma poi accadde anche a Dresda, e poi ancora a Sarajevo. L’odio per i libri ha consapevolmente sintetizzato l’intreccio di memorie ferite, rivendicazioni identitarie, disprezzo per le culture degli altri ammantato da deliri ideologici e religiosi che forma quella terribile miscela che incendia i conflitti contemporanei .Vedran, solitario interprete di Albinoni, suonò anche tra le steli dei cimiteri della sua città e fra le macerie della Biblioteca di Stato. Un’immagine che fece il giro del mondo, quella di Smailović che, sfidando i nuovi barbari e le loro pallottole, seduto tenendo lo strumento tra le gambe, ben poggiato a terra  sul puntale, fa scorrere l’archetto sulle corde del suo violoncello tra le macerie  della biblioteca distrutta. I giornalisti lo fotografavano, facendo crepitare i flash delle reflex. Lui, si racconta, ad un certo punto smise di suonare per un attimo e si asciugò le lacrime. Finito il loro lavoro, i fotografi gli dissero: “Dai, adesso basta, abbiamo finito”. Lui li guardò incredulo, scuotendo la testa. Credevano che facesse finta di piangere, a beneficio dei loro servizi fotografici. Non avevano capito niente. Lui, Vedran Smailović, artista sarajevese, piangeva lacrime vere per la  disperazione.
 

Marco Travaglini

Vinitaly. Il nuovo successo del 53° salone dei vini e dei distillati

Il Salone dei vini e dei distillati di Verona compie il suo cinquantatreesimo compleanno e un nuovo successo si profila per il comparto vitivinicolo italiano, ma anche per tutti i marchi non solo vinicoli, anche dell’olio

Inaugurato il 7 aprile dal premier Giuseppe Conte dal 1967, Vinitaly è un appuntamento fisso per gli operatori del settore e negli anni ha raggiunto molti record. «Vinitaly è una fantastica celebrazione della qualità e della biodiversità del patrimonio culturale e vitivinicolo e l’Italia con più di 600 indicazioni geografiche fa registrare il numero più alto in Europa.
In un’Italia che arranca su tutto, sembra che l’unica eccezione sia il comparto vitivinicolo. Soddisfatti, tra gli altri, Carlo Ferro presidente di ICE,  Angelo Gaja,  Matilde Poggi dell’azienda agricola Le Fraghe e  Riccardo Cotarella, produttore di vino e presidente mondiale degli enologi, ma anche Valter Bera della piccola azienda vitivinicola omonima e produttore di un eccellente Spumante Alta Langa docg prodotto da molti altri produttori come Araldica, Avezza, Banfi, Fontanafredda, Contratto, Coppo, Gancia, Tosti ed altri ancora. «Anche quest’anno Vinitaly si apre al mondo del business, con una rassegna forte di oltre 100mila metri quadrati netti, 4.600 espositori, con buyer esteri rappresentati provenienti da 143 paesi come riporta il presidente di Veronafiere, Maurizio Danese che aggiunge <<Dalla trasformazione in Società per azioni di Veronafiere, abbiamo accelerato sempre di più per fare di Vinitaly il centro di una struttura aggregativa di promozione che parli ai buyer esteri come voce unitaria dell’eccellenza vitivinicola italiana>>. Sempre a Verona, in attesa che si sblocchi la Tav in Piemonte, il ministro Matteo Salvini ha parlato di quella, a sua volta, da sbloccare sull’asse Brescia-Verona-Vicenza-Padova. In merito, così si è espresso: «Il vino, come le persone, ha bisogno di spostarsi e se non si muove l’alta velocità, noi il vino lo teniamo in cantina». Questa è stata la risposta di Salvini alle problematiche sollevate dal presidente della Regione Veneto,  Luca Zaia che aveva appunto sollevato la questione. Il vino e gli italiani sono un matrimonio indissolubile che ha fatto registrare, nel 2018, un fatturato da 14,3 miliardi di euro. Addirittura è stato commissionato un sondaggio che stabilisce il tipo di vino che consumano gli italiani in base all’età e alla localizzazione geografica. Sui risultati emersi dal campione siamo molto perplessi perché stabilire che oltre l’88% dei connazionali ha bevuto vino ci spaventa perché vuol dire che siamo un Paese di vecchi e che il 12% restante (di giovanissimi) è molto esiguo. Sempre la ricerca ha dedotto che ci sono consumi oltre la media per il rosso nel napoletano, mentre a Roma prediligono i bianchi così come a Milano preferiscono le bollicine, lo sparkling. Si beve meno – il 26% di volumi ridotti rispetto a vent’anni fa. La media è di 2-4 bicchieri a settimana, consumati soprattutto in casa (67%) e tutte le fasce sono interessate al vino dai i millennials (18-38 anni) ai baby boomers (per non chiamarli vecchi) . Concludiamo con l’augurio al nuovo Istituto – consorzio (con recente disciplinare) del Vermut Torino che per il Piemonte e le sue tradizioni è una nuova tappa importante ed è presente al Vinitaly per una storia che parte dal 1876 e merita di andare avanti e raggruppa: Berto, Bordiga, Carlo Alberto, Del Professore, Carpano, Chazalettes, Cinzano, Cocchi, Drapò, Gancia, La Canellese, Martini & Rossi, Sperone, Vergnano e Tosti, non solo i grandi nomi, ma anche i piccoli. Senza dimenticare la partecipazione importante del Consorzio del Consorzio Barolo, Barbaresco, Alba Langhe e Dogliani.

Tommaso Lo Russo

 

La prima sconfitta di Erdogan

FOCUS INTERNAZIONALE  di Filippo Re
Anche il sultano della Mezzaluna può essere sconfitto. La crisi economica lo ha battuto nelle due principali città turche, Ankara e Istanbul. Nessun contraccolpo a livello nazionale ma nelle elezioni ammnistrative il super presidente è uscito ridimensionato e il suo strapotere incrinato
Potrà rifarsi prima o poi ma si tratta comunque di una pesante sconfitta dopo una lunga serie di vittorie e trionfi elettorali dal 2002 in avanti. Se la coalizione del presidente Erdogan, costituita dal suo partito, l’Akp (Partito islamico della giustizia e dello sviluppo, di ispirazione religiosa) e dagli ultra nazionalisti del Mhp, ha superato il 52% e l’Akp si è confermato primo partito della Turchia con il 45% dei consensi, la disfatta nella capitale e nella metropoli sul Bosforo è un segnale preoccupante per l’uomo forte di Ankara. Sul risultato della tornata elettorale (affluenza 84%) pesa come un macigno la crisi economica che ha visto calare vistosamente la crescita impetuosa del colosso anatolico e aumentare in modo drastico i prezzi dei generi alimentari. La vittoria dell’opposizione ad Ankara, dove l’Akp governativo non perdeva da 25 anni, e a Istanbul, cuore economico e commerciale della Turchia, dove Erdogan è nato, è stato sindaco e ha iniziato la sua inarrestabile ascesa politica, è una svolta storica. Una battuta d’arresto significativa originata dai timori della popolazione per i pessimi dati economici, un segnale preciso dei turchi al loro comandante in capo. Anche Izmir (Smirne), terza città e bastione laico, rimane saldamente nelle mani dell’opposizione del partito repubblicano Chp.
Festeggiano anche i curdi che hanno concentrato la campagna elettorale nelle regioni sud-orientali e si riprendono molte città, compresa Diyarbakir, il loro centro più importante. Buona l’affermazione del repubblicano Chp, secondo partito, sopra il 30% contro il 22% delle politiche dello scorso anno, che insieme agli alleati del partito Buono di centro-destra e gli islamici del Saader Partisi si avvicina al 40%. Perdere il controllo della sua amata Istanbul è stato un duro colpo per il capo dello Stato. Schierando come candidato il suo fedele ex premier Binali Yildirim, Erdogan pensava di avere la vittoria in pugno sull’uomo dell’opposizione Ekrem Imamoglu che ora, per 25.000 voti in più, è il nuovo sindaco della capitale economica. Il presidente annuncia ricorsi ma è una smacco che brucia, doloroso anche negli affetti personali. L’opposizione si è presa anche Adana, Antalya e Mersin togliendole al partito di governo Akp che mantiene il controllo politico nelle città anatoliche più conservatrici e religiose. Nessuno per ora sembra in grado di mandarlo a casa, ma l’esito della consultazione del 31 marzo costringerà Erdogan a fare più di due semplici conti e rivedere i cardini della sua politica economica che sta mettendo in crisi larghe fasce della popolazione. Dalle prime elezioni legislative del 2002 in poi Erdogan ha vinto tutte le consultazioni elettorali fino al successo nelle elezioni parlamentari e presidenziali dello scorso anno. Questa volta puntava tutto sulla sicurezza interna, sulla lotta al terrorismo curdo e jihadista, sul nazionalismo e sulla rinascita islamica per nascondere i guai economici. Non ce l’ha fatta, perdendo nelle grandi città. Dalle urne è uscita una forza politica indebolita e una leadership non più imbattibile. Gli indici economici parlano di crescita zero e l’inflazione ruota intorno al 20% con un’alta disoccupazione. È il rallentamento dell’economia a preoccupare i turchi e a non far dormire sonni tranquilli al presidente Erdogan. Il 2018 si è chiuso con un incremento del 2,6% contro il 7,5% del 2017. La Turchia è in recessione per la prima volta in dieci anni, con un deciso calo dei consumi e il crollo della lira turca che nel 2018 si è svalutata del 30% sul dollaro e dall’inizio dell’anno ha perso il 3%. Gli esperti prevedono che la recessione continui almeno fino alla metà dell’anno oltre alla possibilità di una nuova svalutazione della lira. La strada verso la ripresa dell’economia si presenta zeppa di ostacoli anche per la fuga di capitali esteri e la riduzione degli investimenti. Non si guarda con ottimismo al futuro. Molti turchi se ne vanno dalla Turchia non solo per la deriva autoritaria o per la crescente islamizzazione del Paese ma anche per la crisi economica e il caro vita. L’anno scorso almeno 110.000 persone hanno lasciato il Paese della Mezzaluna contro le 70.000 del 2017. Si tratta di oppositori nel mirino dei servizi segreti, attivisti dei diritti umani, seguaci del predicatore Gulen, in esilio volontario negli Stati Uniti, insegnanti ma anche tanta gente benestante che preferisce emigrare all’estero per trovare sicurezza e lavoro. A nulla è servita la promessa di Erdogan di trasformare Santa Sofia in moschea facendo leva sulla storia e sul sentimento religioso per recuperare i voti dei musulmani. I turchi non l’hanno seguito. Anche nel possesso di Santa Sofia (Aya Sofia in turco) e l’impazienza di riaprirla come moschea, c’è in Erdogan un richiamo alla storia ottomana che va oltre la provocazione, la propaganda ideologica e il tentativo di guadagnare più consensi alle elezioni. “Non diremo più Museo di Santa Sofia, ma Moschea di Santa Sofia” ha annunciato il presidente in diretta televisiva. Il sultano ama Santa Sofia esattamente quanto Maometto II era ossessionato dal desiderio di conquistare Costantinopoli ed entrare nella splendida Divina Sapienza poco più di 500 anni fa. Erdogan, che rispolvera le glorie del passato imperiale e vuole ispirarsi ai grandi sultani ottomani, promette già da anni di restituire Santa Sofia al culto islamico che attualmente è museo dal lontano 1935. Calato il sipario sulle amministrative, Erdogan deve affrontare le sfide interne che lo attendono se non vuole perdere il sostegno del suo elettorato. In primis, risollevare l’economia e mettere fine alla repressione degli oppositori dopo il fallito golpe del 15 luglio 2016 che colloca la Turchia al 157° posto su 180 Stati per la libertà di stampa. Le prossime elezioni si terranno nel 2023. Erdogan non potrà mancare all’anniversario del centenario della Repubblica turca.

 dal settimanale “La Voce e il Tempo”


 

Pensavano che la zia anziana fosse ricca. Le mandano a casa rapinatori che la prendono a pugni

DALLA SICILIA Credevano  che l’80enne zia tenesse in casa  a Catania somme di denaro e gioielli. Così  avrebbero fatto da basisti a tre rapinatori che fingendosi fattorini, si sono recati dalla donna, l’hanno  picchiata con calci e pugni e infine legata con del nastro adesivo e imbavagliata con uno straccio. Tre fratelli di 47, 55 e 57 anni sono ora agli  arresti domiciliari . Le indagini della squadra mobile della Questura hanno permesso di fare luce sulla violenta rapina consumata nell’agosto del 2017. Bottino un bracciale in oro da 350 euro.

Forum Nazionale dell’Economia Circolare

Si è tenuto a Napoli il 2° Forum Nazionale sull’Economia Circolare dal titolo I trend dell’Innovazione: due giornate intense nelle quali è stato fatto il punto sulle principali tendenze che stanno tratteggiando progressi e incertezze relativamente all’affermazione dei modelli di economia circolare nel nostro Paese. Il Forum, promosso da Edizioni Ambiente e dalla rivista Materia Rinnovabile, in collaborazione con l’Assessorato all’Ambiente del Comune di Napoli, ha riunito nelcapoluogo partenopeo alcuni tra i principali esperti del settore, rappresentanti di grandi aziende che hanno raccontato in che modo stanno orientando le loro attività verso una maggiore sostenibilità ambientale e giovani start up alle prese con importanti progetti di rigenerazione urbana.  “L’Italia può vantare tante esperienze di eccellenza di economia circolare, molto più importanti di quelle dei Paesi del Nord Europa – ha affermato il presidente di Legambiente Stefano Ciafani -. Per replicarle però su tutto il territorio nazionale e in tutti i settori del ciclo dei rifiuti è fondamentale rimuovere gli ostacoli non tecnologici ancora oggi presenti nel nostro Paese. Serve semplificare la normativa sul riciclo dei rifiuti, realizzare tanti impianti innovativi e creare un mercato per i prodotti riciclati. Solo così supereremo definitivamente la stagione dell’emergenze e delle discariche che ha caratterizzato negli ultimi decenni la storia del nostro Paese” L’evento ha vantato anche l’autorevole presenza di Walter R. Stahel, che ha presentato il suo ultimo libro L’Economia Circolare per Tutti. “L’economia circolare affonda le proprie radici in un passato dove era la necessità e le esigue possibilità economiche a costringere gli individui a ricorrere a sistemi di riuso e riciclo dei beni che venivano utilizzati quotidianamente – ha osservato Stahel -. La sfida che la ricerca tecnologica e industriale è chiamata ad affrontare oggi è quella di sviluppare materiali che vengono prodotti con la prospettiva del successivo riutilizzo, quindi elaborati, all’origine, ispirandosi ai principi del riciclaggio. In una prospettiva di mantenimento in vita dei prodotti attraverso l’aggiornamento e la manutenzione, le aziende sono chiamate a non disfarsi dei lavoratori che detengono le conoscenze, legate alle tecnologie più datate, capaci di intervenire sugli oggetti, competenze che difficilmente le aziende potranno trovare nei giovani appena usciti dai percorsi di formazione”. “Napoli è esemplare secondo noi, l’abbiamo scelta per questo – ha commentato il presidente di Edizioni Ambiente, Roberto Coizet– si tratta di una città che viene vissuta come un luogo che non riesce a risolvere la propria economia, la propria collettività la propria vita urbana. Cosa non vera, Napoli sta funzionando molto meglio di Roma, facendolo su un tessuto sociale più difficile, più articolato e più misto”. Nel capoluogo campano sono intervenuti anche la senatrice Paola Nugnez e l’ex Ministro per le Politiche Ambientali Alfonso Pecoraro Scanio, mentre il Ministro dell’Ambiente Sergio Costa ha salutato tutti i partecipanti attraverso un video-intervento.

Tir esce fuori strada e va a fuoco: muore il camionista

DALLA TOSCANA
Un camionista è morto la scorsa notte quando il suo tir è uscito fuori strada lungo l’A1  tra Calenzano e Firenze Nord e ha preso fuoco dopo essersi ribaltato.Secondo la ricostruzione della polstrada, il 50enne residente nel Napoletano, è rimasto incastrato ed è probabile che la morte sia avvenuta già dopo il forte impatto contro la barriera centrale ‘new jersey’ e il  rovesciamento del camion in un terrapieno, dopo aver sfondato il guardrail dalla parte opposta.
 
(foto archivio)

AGENDA MONTAGNA EUROPEA, IL PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE UE JUNCKER RISPONDE A TUTTI I COMUNI

Il Presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker sta rispondendo in questi giorni a tutti i Comuni montani d’Italia che, su proposta Uncem, hanno scritto – da gennaio a oggi – a lui, alla Commissaria Corinna Cretu (politiche regionali) e a tutti gli Eurodeputati in carica, per chiedere l’attuazione della Risoluzione per le aree montane approvata dal Parlamento europeo a ottobre 2018, traducendola in un’Agenda montagna concreta e attuabile. Tra i primi a ricevere la lettera è stato il Vicepresidente Uncem Alberto Mazzoleni, Sindaco di Val Taleggio e Presidente della Comunità montana della Valle Brembana. Juncker conferma, nelle note trasmesse ai Sindaci, di aver inviato le comunicazioni alla Commissaria competente e di studiare la materia. Siamo alla  vigilia delle elezioni europee ed è il momento giusto nel quale definire un serio e duraturo percorso, già presentato nella Risoluzione. I temi dell’Agenda montagna devono entrare nella campagna elettorale dei candidati in corsa per Bruxelles, muovere coscienze e opportunità, permettere interventi sui media e azioni concrete in apertura della prossima legislatura. La Risoluzione si muove da un progetto che guarda a territori europei montani che chiedono di non essere marginalizzati. Si tratta delle zone rurali, periferiche, di montagna, isolate che rappresentano gran parte del territorio italiano, ma anche europeo. Cittadini e Comuni, tutti gli Enti locali montani da troppo tempo chiedono a gran voce maggiore attenzione e servizi. A queste zone vanno dedicati non solo i necessari finanziamenti, ma insieme devono essere elaborate politiche settoriali di intervento che consentano il loro rilancio, economico ma non solo.  Il modello per l’intervento può essere quello della Strategia per le Aree interne, italiano, guardato con attenzione da Spagna e Francia: riorganizzazione dei servizi alla collettività da una parte, sviluppo e crescita delle imprese dall’altro. L’Agenda Montagna potrebbe dare un pieno senso di compiutezza ad Eusalp, la Strategia macroregionale alpina, finora rimasta inattuata e debole.  Uncem , grazie a questa mobilitazione dei Sindaci, punta anche a costruire organiche politiche di intervento nella nuova programmazione per l’uso dei fondi europei dal 2021 al 2027. L’impegno di Juncker ci dice che la strada è quella giusta.