Dal 2 all’11 ottobre al Cinema Massimo
Il prossimo 2 ottobre a Torino sarà l’attore Carlo Verdone a inaugurare la rassegna Più cinema per tutti, un ciclo di proiezioni aperte a tutti, con audio descrizione per non vedenti e sottotitoli per non udenti, che si terrà al Cinema Massimo dal 2 all’11 ottobre.
L’iniziativa Più cinema per tutti, sviluppata dall’Associazione Museo Nazionale del Cinema e coordinata da Rosa Canosa, permetterà la fruizione cinematografica in sala da parte di disabili sensoriali, non udenti e non vedenti, attraverso proiezioni accessibili che non intendono essere eventi speciali e “dedicati”, bensì parte integrante della normale programmazione delle sale e rivolte ad un pubblico misto.
Carlo Verdone incontrerà il pubblico di Più cinema per tutti nella serata inaugurale di lunedì 2 ottobre al Cinema Massimo e presenterà il suo film Borotalco, primo dei nove titoli del regista e attore romano in programma, di cui sette saranno accessibili anche a persone con disabilità sensoriali.
Sono molto fiero del fatto che l’Associazione Museo Nazionale del Cinema di Torino abbia scelto alcuni dei miei film – commenta Carlo Verdone – per un’iniziativa così lodevole e di grande sensibilità. Nella mia vita ho sempre lavorato per il pubblico, per la gente, e mi riempie di gioia e di orgoglio sapere che tutti, anche persone che hanno qualche piccola difficoltà, potranno vedere alcune delle mie opere. Ringrazio di cuore l’organizzazione di “Più cinema per tutti” per la generosità e l’impegno con cui hanno creato questo evento.
Terzo film di Verdone, Borotalco è una storia dove sogni e realtà si confondono e nella quale il personaggio interpretato da Verdone stesso cerca di emergere dal grigiore di una vita piatta e borghese. Un carosello di equivoci dove Sergio (Verdone), imbranato e grigio venditore porta a porta, assume l’identità di un affascinante viveur per far colpo sulla bella Nadia (Eleonora Giorgi). Ma a poco a poco, il vortice delle menzogne sulle quali ha costruito il suo rapporto con Nadia lo porta a non riuscire a liberarsi del personaggio che millanta di essere, con conseguenze tragicomiche. Un film molto divertente e originale, che Verdone sceneggia e dirige, con una splendida colonna sonora di Lucio Dalla.
Il progetto Più cinema per tutti è realizzato con il sostegno della Compagnia di San Paolo nell’ambito dell’edizione 2016 di OPEN, e in collaborazione con Museo Nazionale del Cinema, ANPVI Associazione Nazionale Privi della Vista e Ipovedenti, APIC Associazione Portatori di Impianto Cocleare, APRI Associazione Pro-Retinopatici e Ipovedenti, CPD Consulta per le Persone con Disabilità, ENS Ente Nazionale Sordi, FIADDA Famiglie italiane associate per la difesa dei diritti degli Audiolesi, Torino + Cultura Accessibile, TVO Tactile Vision Onlus, UICI Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti, Giovani per Torino.
Una stagione caratterizzata da grandi direttori e solisti di fama internazionale sarà quella della Stagione sinfonico-corale del teatro Regio di Torino 2017-18, che affiancherà e completerà quella lirica e di balletto. Per un totale di tredici appuntamenti, si tratta di un’offerta comprendente concerti, sinfonie, musica da film, poemi sinfonici, Lieder, un oratorio e una prima italiana, tra cui il Concerto doppio per due pianoforti e orchestra di Detlev Glanert e il nuovo spettacolo di Marco Paolini e Mario Brunello. L’apertura della stagione concertistica sarà affidata al maestro Gianandrea Noseda, sabato 21 ottobre prossimo, sul podio dell’Orchestra del teatro Regio, con in programma la Sinfonia n. 9 in re maggiore di Gustavo Mahler. Si tratta di una partitura imponente, quasi un denso romanzo che contiene un mondo spirituale in sé compiuto, di cui il primo movimento fu definito dall’amico del compositore, Alban Berg, “la cosa più bella che Mahler abbia scritto, l’espressione di un amore inaudito per questa terra”. La Sinfonia n. 9 è la più complessa e trascendentale tra quelle scritte dal compositore boemo. Il 13 novembre sarà la volta della musica del Novecento e il tema quello caro all’Orchestra del teatro Regio, quello dei compositori americani nella storia della musica. In programma ” Un americano a Parigi” di George Gershwin, composto durante il suo soggiorno europeo nel 1928. A dirigere la Filarmonica del teatro Regio il maestro Donato Renzetti. Sabato 25 novembre Marek Janowski, al suo debutto al Regio di Torino, dirigerà l’Orchestra in un programma dedicato all’anima più profonda del Romanticismo tedesco. Di Richard Wagner verranno presentati alcuni estratti sinfonici tratti da “I maestri cantori di Norimberga”, il Preludio all’opera e quello al terzo atto, capaci di esprimere lo spirito sacro dell’arte tedesca, elemento di coesione nazionale e Weltanshaung dell’opera wagneriana. Sempre di Wagner verrà proposto l’Idillio di Sigfrido, una pagina delicata e commovente che il compositore regalò alla moglie Cosima nell’anno del loro matrimonio. A Wagner verrà accostato Robert Schumann, anima romantica tormentata, di cui sarà eseguita la Sinfonia n. 4.
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Il 18 dicembre Timothy Brock dirigerà la Filarmonica nell’esecuzione delle musiche della “Febbre dell’oro” di Charlie Chaplin, uscito come film muto nel 1925, e dallo stesso Chaplin riadattato nel 1942, inserendo una traccia orchestrale e la propria voce come commento sonoro, in sostituzione delle didascalie. Bernstein e Dvorak costituiranno il programma del concerto prenatalizio del 22 dicembre, con Pinchas Steinberg sul podio dell’Orchestra e Coro del teatro Regio. Di Bernstein verrà presentata l’ Ouverture del Candide, operetta scritta nel 1956 con debutto a Broadway, seguita dai “Chichester Psalms”. Di Dvorak verrà eseguita la celeberrima Sinfonia n. 9 “Dal nuovo mondo”. Un programma a sorpresa sarà, invece, quello che il maestro Gianandrea Noseda riserverà al pubblico nel concerto del 22 gennaio 2018, realizzato con il contributo della Fondazione Crt. Strauss sarà il protagonista del concerto in programma il 23 febbraio, diretto sempre dal maestro Noseda, con l’esecuzione delle pagine “Aus italian” e “Don Quixote”, entrambe partiture di elevato virtuosismo da parte dell’orchestra. Gianluca Cascioli e Enrico Pace saranno i pianisti solisti del concerto in programma il 28 febbraio 2018, diretto dal maestro tedesco Karl-Heinz Steffens. Sarà l’occasione per la prima esecuzione italiana del Concerto doppio per due pianoforti e orchestra di Detlev Glanert compositore tedesco classe 1960. Venerdì 30 marzo sarà la volta di un nuovo appuntamento del progetto Mahler, con in programma i suoi Kindertotenlieder e la Sinfonia n.5.
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Il 5 aprile a dirigere l’orchestra sarà il maestro Sergey Galaktionov; verranno eseguite le Due invenzioni per archi di Bruno Bettinelli del 1939, il Concerto in re minore per violino e orchestra di Mendelssohn Bartholdy e, a conclusione, il Quartetto n. 14 intitolato ” La morte e la fanciulla” di Schubert, trascritto per orchestra da Mahler. Brahms e Schubert saranno i compositori le cui musiche risuoneranno nel concerto del 27 aprile, con l’atteso ritorno del maestro Michele Mariotti. A conclusione domenica 20 maggio verrà eseguito l’ Elias, composto da Mendelssohn Bartholdy, per la direzione di Pinchas Steinberg, e il 25 e 26 maggio andrà in scena un atteso appuntamento, con il ritorno al Teatro Regio di Marco Paolini e Mario Brunello in un nuovo spettacolo intitolato “#Antropocene”, con la partecipazione anche del rape Frankie hi-nrg-mc. Paolini sarà la voce narrante e Mario Brunello direttore d’orchestra e violoncello solista, in una serata di teatro di narrazione, che vuole essere un viaggio sull’evoluzione umana in ambito tecnologico, indagando il rapporto tra uomo e natura.
Mara Martellotta
Tino Aime il piemontese internazionale
di Pier Franco Quaglieni
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E’ mancato Tino Aime,nato a Cuneo nel 1931 e residente a Gravere,in valle di Susa, da molti anni. Il suo nome, così legato al Piemonte, ebbe anche un risalto internazionale.Fu meno noto in Italia,come spesso accade nel nostro Paese che è vittima del pregiudizio del provincialismo. Era un pittore, uno scultore,ma soprattutto fu noto come incisore dalla tecnica raffinata. Non raggiunse i livelli artistici e poetici di Francesco Tabusso che alla montagna ha dedicato tante tele, acquaforti e tempere (Tabusso amava la montagna di Rubiana dove soggiornava d’estate e soprattutto Bardonecchia, lui amante dello sci),ma certamente si tratta di una figura di artista destinata a lasciare il segno non soltanto nei confini regionali. Non era un pittore di scuola, non frequentò l’Accademia di Belle Arti e questo fatto suscitò una qualche perplessità in Mario Soldati che era stato amico di Felice Casorati e si era
laureato in storia dell’arte con Lionello Venturi. Fece molti omaggi di opere a Soldati che scrisse una sola volta di lui e che volle regalarmi le opere di Aime che, secondo lui, non potevano stare nella sua casa di Tellaro insieme alle tele di Carlo Levi,Enrico Paulucci ed altri maestri. Così nelle mie case ci sono tante opere di Aime che invece io, meno sofisticato di Soldati, apprezzavo molto. Trovò una profonda consonanza con Mario Rigoni Stern che aveva scritto tanto di montagna e di quella che oggi si chiama” la salvaguardia del territorio”. Paradossalmente Rigoni Stern aveva anticipato tanti temi che oggi sono di estrema attualità,anche se il suo nome è stato dimenticato. Un’altra forte amicizia solidale di Aime era il poeta dialettale Walter Curreli che pubblicò le sue poesie insieme alle sue incisioni. Un’accoppiata perfetta.Il piemontese era la loro koiné, ma i loro animi e le loro emozioni avevano un valore universale, senza rimanere imbrigliate nelle vallate alpine tanto amate. Un altro che ha dialogato a lungo con Aime è stato Edoardo Ballone,giornalista e sociologo, attento non solo alla gastronomia,ma alle minoranze etniche. Anche Ballone è stato presto dimenticato. L’accademico del Cai Massimo Mila apprezzava molto Aime che resta un personaggio vivo,non incasellabile criticamente,un artista sicuramente libero che sentì la vita sobria della montagna anche come anelito di libertà. A Torino, lui cuneese,non viveva bene, sentiva la necessità di tornare spesso a Cuneo,ai luoghi della sua infanzia.Si trovò a suo agio solo quando si trasferì a Gravere. Il suo è stato un lungo impegno artistico iniziato nel 1963 ed è merito della galleria torinese “Fogliato” aver contribuito a farlo conoscere ed apprezzare. Lui sarebbe stato una sorta di “lupo della steppa”, saldamente ancorato ai valori tradizionali della famiglia e della vita semplice dei montanari. La Valle di Susa piange un artista che le ha dato lustro,scegliendo di vivere in un paese sopra Susa ,un comune al riparo dalla notorietà turistica, dove la vita è rimasta cadenzata con i ritmi di un tempo che non c’è più e che Aime ha trasfigurato nella sua arte semplice,lineare,trasparente come la sua anima.
L’opera scolpita e il suo disegno
Museo di Arti Decorative Accorsi – Ometto,
Torino 14 luglio – 10 settembre 2017
A quindici anni dalla sua scomparsa e a sei dall’ultima importante personale, la Fondazione Accorsi – Ometto desidera omaggiare lo scultore marchigiano con la rassegna GIO’ POMODORO. L’opera scolpita e il suo disegno (Museo Accorsi – Ometto, 14 luglio – 10 settembre 2017)
In questo nuovo percorso espositivo, realizzato in collaborazione con lo Studio Berman di Giuliana Godio, le sculture dialogano con una ricca selezione di opere pittoriche su carta, per sottolineare l’assoluta importanza che l’artista attribuiva al progetto e all’ideazione, fasi imprescindibili da cui partire per la creazione delle sue opere.
Il Maestro dava assoluta importanza al progetto della scultura: l’opera disegnata (il progetto, appunto), sia concepita a mano libera, in totale libertà segnica, sia rigorosamente progettata a tecnigrafo, secondo le leggi della Sezione Aurea, è sempre stata, per lo scultore, un momento indissolubile della propria ricerca, tanto da divenire opera a sé stante, che vive di vita propria per l’alta qualità pittorica che contraddistingue il lavoro di Gio’ Pomodoro pittore.
I 57 capolavori in mostra, coprendo il periodo 1954 – 2001, offrono, pertanto, un esaustivo esempio di opere tri e bidimensionali dei cicli più importanti del Maestro (segni, tensioni, contatti, soli e opere architettoniche): accanto a 23 sculture in bronzo, marmo e pietra, sono esposti 30 disegni (alcuni dei quali inediti), fra i quali spicca il grande acquerello intitolato Nutritore, che rappresenta un maestoso Sole, di due metri per due.
Completano il percorso espositivo 4 preziose scatole-scultura, anch’esse inedite, in oro e pietre dure, a testimonianza del lavoro di Gio’ Pomodoro nel campo delle arti applicate e dell’oreficeria.
Rivoli, ecco la collezione Cerruti
Un importante accordo, siglato da Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea e Fondazione Francesco Federico Cerruti per l’Arte, conferisce al primo museo dell’Arte Contemporanea italiano la cura, lo studio, la valorizzazione e la gestione di una straordinaria collezione sconosciuta ai più restituendo in tal modo alla collettività un patrimonio inestimabile, frutto della vita discreta e riservata di Francesco Federico Cerruti (Genova, 1922 – Torino, 2015), imprenditore e collezionista scomparso nel 2015 all’età di 93 anni.
Un progetto ambizioso che prevede la ristrutturazione e la messa in sicurezza della villa che lo stesso Cerruti aveva fatto costruire a Rivoli, a pochi passi dal Castello, per custodire le sue opere e che diventerà nel gennaio 2019 la sede della Collezione Cerruti.
Quasi trecento opere scultoree e pittoriche che spaziano dal medioevo al contemporaneo, a cui si aggiungono quasi duecento libri rari e antichi, legatorie, fondi d’oro, e più di trecento mobili e arredi tra i quali tappeti e scrittoi di celebri ebanisti: un viaggio nella storia dell’arte, dai mobili alle arti antiche, dal Rinascimento all’Ottocento fino alla modernità, per una collezione privata di altissimo pregio, difficilmente paragonabile ad altre in Europa e nel mondo. Capolavori che vanno dalle opere di Segno di Bonaventura, Bernardo Daddi e Pontormo a quelle di Renoir, Modigliani, Kandinsky, Klee, Boccioni, Balla e Magritte, per arrivare a Bacon, Burri, Warhol, De Dominicis e Paolini. Una collezione iniziata a metà degli anni Cinquanta del secolo scorso che va vista nella sua interezza com’era nei desideri dello stesso Cerruti che, dopo una vita spesa a custodire gelosamente i suoi capolavori, affida ai posteri il compito di farla scoprire nella sua bellezza e complessità. Nello statuto della Fondazione, Cerruti ha scritto esplicitamente come avesse “deciso di volgere a beneficio della collettività nazionale e internazionale” la sua Collezione nell’auspicio “di poter perpetuare i valori che lo avevano animato, nonché il senso di mecenatismo, così da contribuire a rendere la Collezione Cerruti realtà sempre viva e motore di crescita culturale”.
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Andreina Cerruti, Presidente della Fondazione Francesco Federico Cerruti per l’Arte, afferma: “Siamo felici che il sogno di Francesco Federico, di poter vedere la sua casa collezione aperta al pubblico, possa oggi avverarsi grazie all’unione con il Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea. Questa iniziativa del Museo di Rivoli e della nostra Fondazione apre al mondo la straordinaria collezione d’arte di mio fratello – aprire al mondo così diceva e voleva lui –. La collezione è anche un racconto di vita, il dischiudersi della propria vita nel linguaggio esclusivo che è proprio dell’arte e della poesia”.
Antonella Parigi, Assessora alla Cultura e Turismo Regione Piemonte, dichiara: “Si tratta di un accordo inedito e di grandissimo rilievo, che dimostra l’impegno della Regione Piemonte nell’ambito dell’arte e quanto il Castello di Rivoli si stia affermando sempre di più come un centro culturale di assoluta importanza, capace di dialogare efficacemente con numerosi soggetti e istituzioni. In questo contesto, la collaborazione con la Fondazione Francesco Federico Cerruti per l’Arte rappresenta un risultato straordinario, che restituirà alla collettività un patrimonio di immenso valore, nonché la testimonianza del punto di vista di un grande amante dell’arte. Il nostro lavoro, al fianco delle istituzioni coinvolte, proseguirà quindi per garantire la valorizzazione della Collezione e, grazie anche alla riapertura della villa rivolese di Francesco Federico Cerruti, amplierà l’offerta culturale e artistica del nostro territorio”.
Il Castello di Rivoli, primo luogo di interscambio tra arte contemporanea e sperimentazione di nuovi linguaggi, vuole dimostrare proprio attraverso questa importante collaborazione che conferisce la gestione della Collezione e della casa al Museo, come sia possibile e fruttuoso il dialogo fra l’arte contemporanea e il suo passato. Questo importante lascito, come dice il direttore del Castello di Rivoli nonché della Fondazione stessa, Carolyn Christov-Bakargiev, sarà “un motore di creatività per il Museo, in un dialogo inedito tra antico e contemporaneo, attraverso programmi educativi, artistici e curatoriali. Dietro a questa straordinaria collezione c’è la figura ideale di un amante dell’arte come Francesco Federico Cerruti, un uomo discreto e riservato, poco incline alla rumorosità del mondo che ricercava nel silenzio del suo museo privato il trasalimento e lo stupore dinanzi all’enigma della creazione artistica. Pur frequentando la casa di Rivoli e curandone la disposizione delle opere e degli arredi in un equilibrio che facesse convivere la prossimità e la lontananza delle opere, Cerruti scelse di non abitarvi, continuando a vivere in un alloggio semplice nei pressi della sua fabbrica LIT (Legatoria Industriale Torinese) a Torino. La sensibilità e la generosità del collezionista Cerruti, la trama nascosta della sua passione sono ora parte integrante del nuovo polo museale, unico nello scenario italiano e internazionale, uno spazio straordinario che sarà aperto al pubblico con visite guidate e che vedrà la partecipazione di artisti, scrittori, filosofi, storici dell’arte, filmmaker, impegnati in un dialogo serrato per cogliere la voce nascosta, le sfumature, le vibrazioni che si celano nelle pieghe dell’arte capace di accogliere l’eredità del passato, il suo respiro, il suo ritmo e di collocarli nel cuore pulsante del tempo presente. Nella nostra era digitale, innovativa, tecnologica ma proiettata all’archiviazione acritica del passato, i musei enciclopedici come il Metropolitan a New York, l’Hermitage a San Pietroburgo e il Louvre a Parigi aprono sezioni dedicate all’arte contemporanea; il Castello di Rivoli sceglie un percorso diverso – nella consapevolezza del legame ineludibile tra le opere del passato e del presente, di un cammino come quello dell’arte che è oltrepassamento di ogni soglia spazio temporale – e vuole essere il primo museo d’arte contemporanea al mondo che, grazie a questo accordo, apre una sezione dedicata all’arte del passato”.
Francesco Federico Cerruti, la sua vita e la sua collezione, sono il tema dell’incontro tenutosi oggi al Castello di Rivoli per presentare questa straordinaria figura e il nuovo corso del Museo.
Inaugurato il 18 dicembre 1984, il Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea è ospitato all’interno di una Reggia Sabauda progettata dall’architetto Filippo Juvarra. Nel 1960 il Castello è inserito in un programma per il restauro dei monumenti più rappresentativi dell’area piemontese e nel 1967 si inizia il lavoro di recupero. Nel 1979, su incarico della Regione Piemonte, l’architetto Andrea Bruno inizia i lavori di restauro. Dal 1997 il Castello di Rivoli è iscritto nella lista del Patrimonio Mondiale dell’Umanità dall’UNESCO. Quando nel 2000 anche la Manica Lunga restaurata apre al pubblico, tutto l’edificio torna a rivivere. Il Castello di Rivoli raccoglie una prestigiosa collezione di opere dal secondo dopoguerra ad oggi e al suo interno è conservata una delle più importanti raccolte di Arte povera al mondo.
Oggi al cinema
LE TRAME DEI FILM NELLE SALE DI TORINO
A cura di Elio Rabbione
Le Ardenne – Oltre i confini dell’amore – Drammatico. Regia di Robin Pront, con Jeroen Perceval, Kevin Janssens e Veerle Baetens. Film belga candidato all’Oscar 2017, opera prima. Dave scampa a una rapina finita male, suo fratello Kenneth no, sarà lui ad essere arrestato e a farsi quattro anni di galera. L’unica cosa che lo sostiene è uscire di lì per poter ritrovare Sylvie: ma che farà quando vedrà che il fratello e la ragazzo hanno iniziato una vita insieme? Durata 96 minuti. (F.lli Marx sala Harpo)
Aspettando il re – Commedia drammatica. Regia di Tom Tykwer, con Tom Hanks e Tom Skerritt. Periodo non felice per Alan Clay (ha appena divorziato dalla moglie, è senza casa e non ha il becco di un quattrino per pagare la retta della scuola della figlia, rischia persino il lavoro se non porterà a casa in grosso contratto) è inviato dalla sua società di informatica in Arabia Saudita per ottenere l’appalto dei servizi telematici nella città che si sta costruendo nel deserto. La burocrazia temporaggia e il sovrano imprenditore si fa attendere. Alan avrà così tutto il tempo per fare un bilancio della propria esistenza. Durata 98 minuti. (Greenwich sala 2)
Baywatch – Commedia. Regia di Seth Gordon, con Zac Efron e Dwayne Johnson. Al cinema i vecchi quanto gloriosi telefilm con il divo David Hasselhoff e la procace Pamela Anderson (dal ’93 al 2001 sui teleschermi di casa nostra), tra sole e spiagge, muscoli e bikini ridotti, avventure e indagini in cui cui si misurano Mitch, capitano dei lidi di Santa Monica, e le giovani reclute alle sue dipendenze. Durata 116 minuti. (Uci)
Bedevil – Non installarla – Regia di Abel e Buriee Vang, con Saxon Sharbino. Mai si dovrebbe scaricare sul proprio smartphone l’app “Bedevil”: cinque ragazzi subiranno tutte le conseguenze delle loro scelte. (Massaua, The Space, Uci)
Civiltà perduta – Avventura. Regia di James Gray, con Charlie Hunnam, Robert Pattinson e Sienna Miller. L’autore mai troppo lodato di film intimisti o immersi in un ambiente noir ottimamente descritto come “I padroni della notte” e “Two lovers” si affida oggi ad un diverso genere cinematografico, quello dell’avventura, ma anche qui quell’”avventura” che mina allo stesso tempo il corpo e la mente. La storia di Percival Fawcett, ufficiale di carriera britannico, che all’inizio del Novecento ha l’incarico dalla Società Geografica Reale di recarsi al confine tra Brasile e Bolivia per effettuale importanti rilievi cartografici. La società, la famiglia, le difficoltà, la malattia, l’ossessione della ricerca di una città perduta, tutto contribuisce a rendere un ritratto e un film forse d’altri tempi ma comunque autentico, avvincente, degno della storia di un regista che amiamo. Durata 141 minuti. (Ambrosio sala 2, Eliseo Blu, Uci)
Codice criminale – Drammatico. Regia di Adam Smith, con Michael Fassbender e Brendan Gleeson. Uno sguardo sulla comunità dei nomadi irlandesi, ormai per la maggiorate del tempo stanziali se non fosse per certi ordini a lasciare le piazze occupate, visti i disordini e i furti che i loro soggiorni portano con sé. Il vecchio Colby, capo riconosciuto della comunità, deve fare i conti con la decisione del figlio Chad di cambiar vita, considerando anche il cambio di vita che si vorrebbe prospettare alle generazioni future. Il tutto nella lotta continua tra un padre e un figlio, tra chi vorrebbe mantenere ben ferme certe tradizioni e un comportamento di vita del tutto discutibile e chi sente ancora saldi quei rapporti di affetti e di complicità che inviluppano du persone delle stesso strettissimo sangue. Durata 99 minuti. (Massaua, Lux sala 1)
2:22 – Il destino è già scritto – Thriller. Regia di Paul Currie, con Michael Huisman e Teresa Palmer. Il controllore del traffico aereo Dylan Boyd si ritrova a veder ripetere strani eventi che sempre eguali a se stessi culminano alle 2:22 in punto alla stazione ferroviaria di New York. Tutti quei fatti prendono il via da un significativo accadimento avvenuto sul luogo di lavoro, ovvero la collisione tra due aerei turistici evitata all’ultimo momento. Tra coloro scampati all’incidente Sarah, una bellissima ragazzata cui Dylan si sente attratto. Durata 99 minuti. (Massaua, Greenwich sala 3, Ideal, The Space, Uci)
Lady Macbeth – Drammatico. Regia di William Oldroyd, con Florence Pugh, Christopher Fairbank e Cosmo Jarvis. Una delle opere più belle e convincenti viste all’ultimo Torino Film Festival, che fortunatamente la distribuzione di Teodora ha portato nelle sale. Ricavandone la vicenda dal romanzo “Lady Macbeth nel distretto di Mtsensk” scritto dal russo Nikolaj Leskov e portato poi nel mondo lirico da Shostakovich, qui trasportata da quei panorami alle brughiere dell’Inghilterra del 1865, la diciassettenne Katherine è costretta dalla volontà del padre a un matrimonio senza amore con un uomo più anziano di lei, che non la desidera e apertamente la trascura. Soffocata dalle rigide norme sociali dell’epoca, all’allontanamento del marito per questioni di lavoro, inizierà una relazione clandestina con un giovane stalliere alle dipendenze del marito, ma l’ossessione amorosa la spingerà in una spirale di violenza dalle conseguenze sconvolgenti, nell’eliminazione di chiunque voglia cancellare quella passione. L’autore è un giovane, trentasettenne, drammaturgo che ambienta la sua storia nel chiuso opprimente nelle stanze del grande palazzo, con pochissime concessioni all’esterno, scavando appieno ed egregiamente nei tanti caratteri, in specialmente in quello della sua protagonista, anti-eroina perfettamente lucida e sanguinaria. Durata 89 minuti. (Nazionale sala 1)
Maryland – Drammatico. Regia di Alice Winocour, con Matthias Schoenaerts, Diane Kruger e Paul Hamy. Vincent è un soldato francese delle Forze Speciali appena tornato dall’Afghanistan, affetto da un disturbo da stress post-traumatico. È stato assunto per garantire la sicurezza di Jessie, la moglie di un ricco uomo d’affari libanese nella lussuosa villa a “Maryland”. Mentre inizia a provare uno strano fascino per la donna che deve proteggere, Vincent sembra vedere sempre più in paranoia. A meno che non si stia sbagliando e il pericolo sia davvero reale. Durata 100 minuti. (Classico)
La mummia – Avventuroso. Regia di Alex Kurtzman, con Tom Cruise, Russell Crowe, Sofia Boutella e Annabelle Wallis. Nell’antichità, una principessa egizia in odore di divenire faraone fino al giorno in cui il padre ebbe generato il figlio maschio: grande ecatombe e vendetta della suddetta ma anche vendetta dei dignitari di corte che la seppelliscono viva e la trasportano in una sontuosa tomba al centro del lontano territorio persiano. Nei tempi nostri, la sempre suddetta principessa Ahmanet si risveglia tra gli sconquassi delle guerre orientali e porta distruzione sino a Londra, tra pugnali e pietre preziose e riti che coinvolgono l’appassito e rintontito ex eroe Tom Cruise che per stare a galla dello star system è costretto ancora una volta a ingarbugliarsi nelle sue solite mission impossible, in una lotta tra bene e male che cerca di nobilitarne il personaggio di soldato fanfarone e truffaldino. Il bello (si fa per dire) della storia affidata per il 99% alle dinamiche dei computer e per il restante all’espressività degli attori è di prendere la decisione sul finale di tener aperta la porta di un sequel che se ancora interesserà il pubblico potrà riempire un’altra volta le tasche di divo e divette. Durata 107 minuti. (Massaua, Ideal, The Space, Uci)
Nerve – Azione. Regia di Henry Joost e Ariel Schulman, con Juliette Lewis, Emma Roberts e Dave Franco. Il titolo del film si ricollega ad un gioco, uno di quei giochi clandestini che spopolano su Internet, cui quasi per scommessa s’affida la giovane e problematica Vee. Imprese che mettono alla prova il tuo coraggio e cascate di dollari in caso di vittoria. All’inizia tutto sembra indicare la vittoria finale ma man mano che la sfida prosegue non tutto ha l’odore del successo. Durata 96 minuti. (Reposi, The Space, Uci)
Parigi può attendere – Commedia drammatica. Regia di Eleanor Coppola, con Diane Lane, Arnaud Viard e Alec Baldwin. L’americana Anne accetta un passaggio in macchina da Cannes a Parigi da parte di un socio in affari del marito, troppo preso dal suo lavoro: con il suo nuovo accompagnatore la donna trascorrerà giornate da ricordare, scoprirà ancora una volta (finalmente) luoghi da sogno, non rinuncerà alle tentazioni della buona cucina. Opera prima della ottantenne moglie di Francis Ford Coppola, alle spalle un esclusivo passato di documentarista. Durata 102 minuti. (Nazionale sala 2)
Parliamo delle mie donne – Commedia drammatica. Regia di Claude Lelouch, con Johnny Hallyday e Sandrine Bonnaire. Il regista francese (com’è lontano il ’66 quando apparve sulla ribalta internazionale del successo con “Un uomo, una donna”) viaggia da decenni con le sue stelle comete della vita e dell’amore, dell’amicizia, dei piccoli e grandi tradimenti, con gli amori che si ritrovano, della famiglia, tra immagini sontuose e sceneggiature che gironzolano qua e là disseminando sentenze. Prendere o lasciare: ma “Les una et les autres” – “Bolero” da noi” – non si dimentica. Lelouch continua la sua filosofia di vita in questo secolo ormai più che avviato, questa volta radunando, grazie all’amico medico Frédéric, attorno alla tavola del fotoreporter Jacques Kaminsky – un rispolverato Hallyday -, eclissatosi tra i bellissimi panorami delle Alpi, le quattro figlie avuto parecchio distrattamente da altrettante diverse unioni. Il film è del 2014, arriva oggi qui da noi, un’occasione anche per chi ha (persino) dimenticato il nome di Lelouch o chi non lo ha mai scoperto. Durata 124 minuti. (Ambrosio sala 3, F.lli Marx sala Groucho)
Pirati dei Caraibi: La vendetta di Salazar – Avventura. Ragia di Joachim Ronning e Espen Sandberg, con Johnny Depp, Javier Bardem, Orlando Bloom e Geoffrey Rush. Cambio di regia e quinto episodio per Jack Sparrow e le sue avventure attraverso i mari, questa volta alle prese con la ricerca di un tridente magico che ha il potere, per chi ne viene in possesso, di assicurargli il comando dell’oceano e di fare piazza puliti di precedenti incantesimi. Se la dovrà vedere contro una squadraccia di letali marinai fantasma fuggiti dal Triangolo del Diavolo e guidati dall’orripilante Capitano Salazar e dovrà chiedere l’aiuto di un’affascinante astronoma e e di un ardimentoso quanto giovane marinaio. Durata 129 minuti. (Massaua, Ideal, Reposi, The Space, Uci)
Spider-Man: Homecoming – Fantasy. Regia di Jon Watts, con Tom Holland, Michael Keaton, Marisa Tomei e Robert Downwy jr. Ancora un’avventura per il giovane Peter Parker, che questa volta ha il volto del ventunenne Tom Holland – anche sugli schermo come spirito intraprendente e avventuriero e figlio del viaggiatore Fawcett in “Civiltà perduta” -, dopo quelli di Tobey Maguire e Andrew Garfield. Ancora la ricerca di un perfetto equilibrio nella vita quotidiana, con l’aiuto del miliardario Iron Man, sempre a mezza strada tra lo studente liceale in mezzo alle strade di New York e la maschera rossoblù del supereroe, una ricerca continua fino a che si profila all’orizzonte la figura del nuovo nemico da sconfiggere: l’avvoltoio. Durata 130 minuti. (Massaua, Centrale V.O., Grenwich sala 1, Ideal, Lux sala 2, Reposi, The Space anche in 3D, Uci anche in 3D e V.O.)
Transformers – L’ultimo cavaliere – Fantasy. Regia di Michael Bay, con Mark Wahrlberg, Stanley Tucci e Anthony Hopkins. L’origine degli alieni e della loro presenza nel nostro mondo sta ben ancorata nel tempo di Re Artù, dei Cavalieri della Tavola Rotonda e di Mago Merlino che ha nascosto nella propria tomba un segreto di cui l’uomo di oggi dovrà venire a conoscenza se vorrà salvare il mondo da creature non poco pericolose. Poi, oggi, ci sono i transformers, coloro pronti a mutarsi in mostruose automobili o in robot altrettanto terrificanti, una colonia di alieni in cui si nascondono buoni e cattivi che l’uomo dovrà comunque conoscere sino in fondo. Durata 150 minuti. (Massaua, Grenwich sala 2, Ideal, Reposi, The Space, Uci)
Il tuo ultimo sguardo – Drammatico. Regia di Sean Penn, con Charlize Theron, Jean Reno e Javier Bardem. La storia d’amore tra il dottor Miguel Leon, un medico impegnato in una missione di aiuto umanitario, e la dottoressa Wren Petersen, direttrice di una organizzazione umanitaria. Sullo sfondo di una Liberia devastata dalla guerra, Miguel e Wren dovranno trovare il metodo per mantenere vivo il loro rapporto in condizioni estremamente difficili e affrontare anche il problema che le loro opinioni per risolvere il conflitto che li circonda sono diametralmente opposte. Durata 130 minuti. (Eliseo Grande, Reposi)
Tutto quello che vuoi – Commedia. Regia di Francesco Bruni, con Giuliano Montaldo, Donatella Finocchiaro e Andrea Carpenzano. Tratto liberamente dal romanzo “Poco più di niente” di Cosimo Calamini, è la storia del giovane Alessandro, romano di Trastevere, che vive le proprie giornate tra il bar, lo spaccio e l’amante che è la madre di un suo amico. Sarà l’incontro con un “non più giovane” poeta dimenticato a fargli riassaporare socialmente e culturalmente il gusto per la vita, in un bel rapporto che si va a poco a poco costruendo, senza lasciarsi alle spalle tutta la rabbia e quella speranza che i due si portano inevitabilmente appresso. Durata 106 minuti. (Eliseo Rosso, Greenwich sala 3)
Una doppia verità – Thriller. Regia di Courtney Hunt, con Keanu Reeves, Jim Belushi e Renée Zellweger. L’avvocato Ramsey ha deciso di difendere il giovane Mike dall’accusa di aver ucciso il padre. Ma il verdetto sembra già scritto, il ragazzo è stato trovato accanto al cadavere con un coltello in mano e ora si trincera dietro un silenzio assoluto. Nuove prove, interrogatori, assolute certezze, la reticenza di una vedova, depistaggi, ambigui personaggi, depistaggi, le regole di quelle storie ambientate in un’aula di tribunale più che rispettate: ma forse quello che appare è ben lontano dalla verità. Diretto dall’autrice dell’indimenticabile “Frozen River” girato otto anni fa. Durata 93 minuti. (Lux sala 3)
Wonder Woman – Fantasy. Regia di Patty Jenkins, con Chris Pine e Gal Gadot. La principessa amazzone Diana passa dalle spiagge dell’isola di Themyscira al conflitto della Prima Guerra mondiale che sta distruggendo l’Europa. Tratto dal fumetto di William Marston. Durata 141 minuti. (Massaua, Uci)
Il ritorno di Kappa FuturFestival
L’8 e 9 luglio dalle 12,00 alle 24,00 al Parco Dora di Torino torna per la sesta edizione Kappa FuturFestival – Torino Summer Music Festival: l’unica rassegna di settore in Italia, unitamente a Movement Festival, a ricevere il patrocinio della Commissione Europea negli anni 2016 e 2017. Il format di musica elettronica e arti digitali outdoor, estivo e 100% diurno è il solo festival dedicato alla musica dance presente nella classifica SIAE – top al Botteghino 2016, con oltre 40mila spettatori registrati lo scorso anno.
Il Festival si svolgerà su 3 palchi coinvolgendo 45 artisti tra i più importanti della scena internazionale, tra i quali Fatboy Slim, Paul Kalkbrenner e Carl Cox. In scaletta anche 21 musicisti italiani, di cui 15 torinesi. Si stimano 36.000 presenze, di cui circa 7.500 provenienti da 48 paesi.
Venerdì 7 luglio, prende il via la rassegna di musica classica “Suoni dalle Colline di Langhe e Roero” facente parte del progetto culturale Alba Music Festival.
Una rassegna che andrà a toccare le bellezze artistiche, culturali, paesaggistiche ed enogastronomiche del territorio albese e delle Colline Patrimonio Unesco, portando il meglio della musica classica italiana e internazionale nelle piazze e in mezzo alla gente.
Fino al 6 agosto, infatti, è in calendario un concerto di musica classica al giorno (sono tutti gratuiti) alla presenza di importanti artisti italiani e internazionali in location insolite, che fanno da palcoscenici affascinanti e originali (si va, per esempio, dai castelli di Grinzane Cavour e Magliano Alfieri ad insediamenti vinicoli come le cantine Terre di Barolo, dai santuari come quello di Madonna dei boschi di Vezza d’Alba alle piazze di alcuni dei paesi più caratteristici abbarbicati sulle colline Unesco come Castiglione Tinella, Treiso e San Bovo).
L’inaugurazione della Rassegna è in programma venerdì 7 luglio a partire dalle 21 presso gli splendidi giardini del Castello Reale di Verduno con il concerto degli Architanghi, gli artisti del Teatro Regio di Torino.
Molto suggestivo sarà anche il “concerto nel bosco” di domenica 9 luglio, a partire dalle 12, che si svolgerà a contatto con la natura dell’Alta Langa nell’incantevole Bosco di Torresina. Un evento nell’evento con la performance dell’Arsnova Orchestra guidata dal Direttore Andrea Morello.
Al Mao i tappeti di Gengis Khan
Le storie dei Mongoli ci raccontano spesso di tappeti e tessuti pregiati. Gengis Khan e Tamerlano li conoscevano bene, ne apprezzavano la bellezza e i colori, li usavano per addobbare le loro tende, le “yurta”, che di fatto erano le loro dimore. Sono i tappeti dell’Asia Centrale, terra di turchi e di mongoli conquistatori, da cui provengono stoffe e manufatti di pregevole qualità, a cui il MAO, il Museo d’arte orientale di Torino, dedica una mostra. I tappeti più famosi del mondo si chiamano Bukhara, giungono dal Turkmenistan, e hanno origini molto antiche risalenti alle prime tribù nomadi di pastori delle steppe asiatiche. Bukhara fu un importante centro commerciale ed è stata per secoli una delle più importanti città centro asiatiche. Sappiamo che la tenda di Gengis Khan, sovrano dei Mongoli, era rivestita di tappeti variopinti sistemati ovunque, al suolo, alle pareti, sulle cassapanche e le cronache narrano che il grande condottiero riceveva da amici e alleati svariati doni e i tessuti non mancavano mai. Per ammirare i tessuti turkmeni è sufficiente fare una visita al MAO in via san Domenico 11 per lasciarsi conquistare non solo dalle mostre allestite ma dalle tante sale di arte e storia orientale che abbelliscono il museo. Con la collaborazione di Taher Sabahi, collezionista e studioso dell’arte del tappeto, il MAO espone al pubblico nella galleria dedicata all’arte islamica una preziosa vetrina di quindici manufatti della produzione tessile del Turkmenistan. Pare che i turkmeni siano stati tra i primi al mondo a perfezionare la tessitura dei tappeti con i quali si ricopriva con mille colori ogni parte delle “yurta”, le caratteristiche tende in cui vivevano le popolazioni asiatiche, vere e proprie case dalla struttura a cupola. Anche se, quando si parla di tappeti turkmeni, non si intendono solo i tessuti provenienti dal Turkmenistan ma, più in generale, anche quelli lavorati e annodati in altre repubbliche asiatiche come l’Uzbekistan, il Turkestan, l’Afghanistan e il Beluchistan. I manufatti dei turcomanni rivestivano l’intera casa coprendo tutto il pavimento. Un tappeto veniva posto all’ingresso della tenda, un altro sulla porta, un altro ancora per ricevere gli ospiti seduti davanti al fuoco e c’era anche il tappeto da culla, quello per ricoprire le finestre delle “yurta” e quelli che nascondevano i pali interni della tenda. Pezzo forte dell’esposizione è il “vaghirè”, un piccolo tappeto ornamentale.
Ospitato a Palazzo Mazzonis, il MAO è uno dei musei più importanti in Italia per la conoscenza delle antiche culture dell’Asia. Sui tre piani dell’edificio le gallerie presentano oltre 2200 opere d’arte provenienti da Paesi dell’Asia meridionale e del sud-est asiatico, una preziosa collezione di arte funeraria cinese, oggetti d’arte dal Giappone, dal Tibet, Nepal e Bhutan e una collezione di arte islamica. Dopo il successo di pubblico riscosso dalle mostre sulla flotta perduta di Kubilai Khan (nipote di Gengis Khan), e sull’antica e nuova Via della Seta con la storia millenaria dei rapporti tra la Cina e l’Occidente, ora il MAO presenta un’esposizione di tessuti turkmeni fino al 12 novembre. Gli orari: lunedì chiuso, da martedì a venerdì dalle 10 alle 18, sabato e domenica dalle 11 alle 19.
Filippo Re