CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 627

Oggi al cinema

LE TRAME DEI FILM NELLE SALE DI TORINO

A cura di Elio Rabbione

 

A quiet place – Un posto tranquillo – Thriller. Regia di John Krasinski, con Emily Blunt e John Krasinski. In un futuro non troppo lontano: i terrestri sono stati decimati da una popolazione aliena pronta ad attaccare qualsiasi cosa produca rumore. Un padre e una madre con i loro due figli vivono in una fattoria isolata, circondati da forze misteriose, per difendersi hanno imparato ad usare esclusivamente il linguaggio dei segni. Durata 90 minuti. (Massaua, Ideal, Reposi, The Space, Uci)

 

Bob & Marys – Criminali a domicilio – Commedia. Regia di Francesco Prisco, con Laura Morante e Rocco Papaleo. Lui lavora in un’autoscuola, lei è casalinga, una coppia senza problemi se non fosse che la loro casa, ai limiti di un quartiere di degrado, non fosse presa di mira da una banda di delinquenti che la eleggono a magazzino per nascondere certa merce che scotta. La realtà è quella di Napoli, la storia ha autentiche radici nel passato ma il regista sceglie di inquadrarla con il cuore più che leggero. Durata 110 minuti. (Ambrosio sala 1 (lunedì 16), Uci)

 

La casa sul mare – Drammatico. Regia di Robert Guédiguian, con Ariane Ascaride, Jean-Pierre Darrousin, Anaïs Demoustier e Jacques Boudet. Una casa affacciata sul mare, poco fuori Marsiglia, due fratelli con la sorella vi si ritrovano all’indomani dell’ictus che ha colpito il padre ormai anziano. Uno è un ex sindacalista, aspirante scrittore, con una fidanzata al seguito che ha la metà dei suoi anni, l’altro è rimasto ad abitare nella casa per far andare avanti la trattoria di famiglia, lei è un attrice, trasferita a Parigi per inseguire la sua carriera e lasciarsi alle spalle la perdita della figlia. Altre persone circolano attorno a loro, tutti a fare i conti, un bilancio tra ideali ed emozioni, tra aspirazioni e nostalgie, con un passato più o meno recente, a guardare il piccolo paese che ormai si è svuotato, lasciando le vecchie case agli speculatori, a parlare di politica, tra Macron e Le Pen, a guardare ai figli, anch’essi confusi. Un piccolo gruppo di giovanissimi profughi, senza genitori, obbligherà con il loro arrivo quelle scelte che tutti quanti gli abitanti della “villa” (questo il titolo originale del film), dovranno affrontare. Durata 107 minuti. (Nazionale sala 1)

 

C’est la vie – Prendila come viene – Commedia. Regia di Eric Toledano e Olivier Nakache, con Jean-Pierre Bacri, Jean-Paul Rouve, Hélène Vincent e Suzanne Clément. Gli artefici del fenomeno “Quasi amici” promettono risate a valanga e il successone in patria dovrebbe calamitare anche il pubblico di casa nostra. I due sposini Pierre ed Hélène hanno deciso di sposarsi e quel giorno deve davvero essere il più bello della loro vita. Nella cornice di un castello del XVII secolo, poco lontano da Parigi, si sono affidati a Max e al suo team, ad un uomo che ha fatto della sua professione di wedding planner una missione, che organizza e pianifica, che sa gestire i suoi uomini, che sa mettere ordine nel caos più supremo, che per ogni problema sa trovare la giusta risoluzione… Più o meno: perché quella giornata sarà molto ma molto lunga, ricca di sorpresa e di colpi di scena. Ma soprattutto di enormi, fragorose risate! Durata 115 minuti. (Romano sala 3)

 

Contromano – Commedia. Regia di e con Antonio Albanese. Il signor Mario, milanese doc e proprietario di un negozio di maglieria, ordinatissimo come ordinata è la sua vita, vede i suoi principi e le abitudini sconvolte dall’arrivo, chiaramente davanti alla “sua” vetrina, di un giovane senegalese che si mettere a vendere calzini a prezzi stracciati alle signore di passaggio. Che fare? Aiutarli sì ma a casa loro, è la parola d’ordine. E allora ecco che il signor Mario rapisce Oba, legandolo e mettendoselo in macchina, con l’intenzione di riportarlo in Africa. Ma i bastoni in mezzo alle ruote del progetto arrivano in tempi più che brevi, uno per tutti la presenza della sorella (?) di Oba. E allora, umanità o idee di ferro? Durata 102 minuti. (Massaua, F.lli Marx sala Harpo, Greenwich sala 3, Reposi, The Space, Uci)

 

Il filo nascosto – Drammatico. Regia di Paul Thomas Anderson, con Daniel Day-Lewis, Vicky Krieps e Lesley Manville. Nella Londra degli anni Cinquanta, il famoso sarto Reynolds Woodcock è la figura centrale dell’alta moda britannica, eccellentemente coadiuvato dalla sorella Cyril: realizzano gli abiti per la famiglia reale (qualcuno ha visto il ritratto del celebre Norman Hartnell), per le stelle del cinema, per ereditiere, debuttanti e dame sempre con lo stile distinto della casa di Woodcock. Il grande sarto è anche un incallito e incredibile dongiovanni, nella cui vita le donne, fonte d’ispirazione e occasione di compagnia, entrano ed escono: fino a che non sopraggiunge la presenza della semplice quanto volitiva, a modo suo spregiudicata, Alma, una giovane cameriera di origini tedesche, pronta a diventare parte troppo importante della vita dell’uomo, musa e amante. L’ordine e la meticolosità, doti che si rispecchiano meravigliosamente nella fattura degli abiti e nella condotta di vita, un tempo così ben controllata e pianificata, vengono sovvertiti, in una lotta quotidiana tra uomo e donna. Film geometrico e algido quanto perfetto, forse scontroso, eccezionale prova interpretativa per la Manville e per Day-Lewis, forse il canto del cigno per l’interprete del “Mio piede sinistro” e di “Lincoln”, convinto da oggi in poi ad abbandonare lo schermo. Oscar per i migliori costumi. Durata 130 minuti. (Romano sala 1)

 

Il giovane Karl Marx – Drammatico. Regia di Raoul Peck, con August Diehl, Stephan Konarske e Vicky Krieps. Gli anni Quaranta del XIX secolo, l’esilio da Berlino e le fughe attraverso l’Europa, la povertà e gli stenti, la polizia sempre incalzante, le idee in crescita contro una classe dirigente e un capitalismo volti allo sfruttamento e alle ingiustizie, l’amicizia con Engels, figlio ribelle di un ricco industriale, la stesura del “Manifesto del partito comunista”. Durata 112 minuti. (Centrale in V.O., F.lli Marx sala Groucho e Harpo)

 

Hostiles – Ostili – Western. Regia di Scott Cooper, con Christian Bale, Rosamund Pike e Wes Studi. Nel 1892, due anni dopo il massacro di Wounded Knee, non ancora consolidata la pace tra indiani e visi pallidi, al capitano Joseph Blocker viene affidato l’incarico non facile di riportare nelle terre del Montana il vecchio capo Cheyenne Yellow Hawk, proprio il responsabile delle morti di molti soldati del capitano. Durante il lungo percorso molti fatti verranno a mutare i rapporti tra i due uomini, non ultimo la presenza di una donna cui gli indiani hanno distrutto l’intera famiglia. Paesaggi, personaggi che sanno d’antico, un genere che ha avuto vita gloriosa e che oggi, più che raramente, vede qualche debole accenno. Bale è un macigno, un trionfo di espressioni indurite, capace di conservare un’unica speranza nella scena finale, pieno di crudeltà e di piccoli affetti; il film è un vero capolavoro, nello spessore del racconto, nella cadenza che il regista sa imprimergli, nel vecchio quanto superbo impianto, nella rivisitazione di una intera Storia. Gli appassionati non se lo lascino sfuggire. Durata 127 minuti. (Greenwich sala 3)

 

Insyriated – Drammatico. Regia di Philippe Van Leeuw, con Hiam Abbass. Damasco è sotto assedio. In attesa della fine del conflitto esterno, una donna, madre di tre figli, si trincera con i vicini nell’unico appartamento risparmiato dalle bombe. La tensione cresce, il pericolo incombe, la casa inesorabilmente si trasforma in prigione. Durata 85 minuti. (Classico, anche V.O.)

 

Io c’è – Commedia. Regia di Alessandro Aronadio, con Edoardo Leo, Margherita Buy e Giuseppe Battiston. Ti cade tra capo e collo un palazzo nel centro di Roma, ne fai un piccolo hotel e ti accorgi pure di quanto sia pesante la mannaia delle tasse. Perché allora non seguire l’esempio delle suorine del palazzo di fronte che con l’ospitalità a poveri e bisognosi vari si sono ritagliate un bell’angolo esentasse? Leo, anche coautore della sceneggiatura, studia allora di farne un centro religioso e volendo esagerare creare una nuova religione, lo Ionismo, un egocentrismo alle stelle, una piena responsabilità slacciata da ogni cosa o Ente che sappia di celestiale: risultato, un considerevole gruppo di adepti. Potrà funzionare? Durata 100 minuti. (Reposi)

 

Io sono tempesta – Commedia. Regia di Daniele Luchetti, con Marco Giallini e Elio Germano. Numa Tempesta è un riccone di oggi, con tanti quattrini e un jet privato, gli alberghi di sua proprietà come casa, un giro di prostitute che gli dimostra piacere e affetti, se volete anche abbastanza facile da individuare, un imprenditore fatto di spregiudicatezza e di mancanza assoluta di morale, che un bel giorno è condannato per questioni fiscali a svolgere un periodo di redenzione lungo un anno ai servizi sociali. S’imbatte in una variopinta umanità, fatta di poveracci e senzatetto, quello che per lui ha più peso è un giovane padre finito sul lastrico, due figli a carico. Tra i due, e con molti altri, scatteranno sentimenti nuovi e Tempesta saprà agguantare quella presa di coscienza che gli era sempre mancata. Durata 97 minuti. (Massaua, Due Giardini sala NirvanaLux sala 2,Reposi, The Space, Uci)

 

Metti la nonna in freezer – Commedia. Regia di Giancarlo Fontana e Giuseppe G. Stasi, con Fabio Di Luigi, Miriam Leone, Barbara Bouchet e Eros Pagni. Un giovane e incorruttibile finanziere e una bella restauratrice, con un paio di aiutanti al seguito, che vive grazie alla pensione della nonna visto che lo Stato tarda a riconoscerle i quattrini che le deve per tutto il lavoro che ha svolto. E se la vegliarda passa a miglior vita? Spetterà alla ragazza ingegnarsi per la sopravvivenza, l’elettrodomestico del titolo fa al caso suo, le amiche un piccolo aiuto non lo negano e la pensione della nonna si potrà continuare a percepire. Durata 100 minuti. (Uci)

 

Il mistero di Donald C. – Drammatico. Regia di James Marsh, con Colin Firth e Rachel Weisz. Nel 1968 il Sunday Times lanciò una sfida, con un premio di 5000 sterline, un viaggio in solitaria senza interruzioni attorno al mondo. Vi accorse tra gli altri anche Donald Crowhurst, velista dilettante, imprenditore pieno di debiti, senza alcuna preparazione, pronto a mettersi in mare con un trimarano quantomai imperfetto, un misterioso individuo destinato alla sconfitta, deciso a scommettere con il mondo, sempre alla ricerca di miti da esaltare e di vittime da condannare, ma prima di tutto con se stesso, capace di abbandonare moglie e figli, che messo alle strette non trovò di meglio che truccare i dati della navigazione, le posizioni. Dal regista della “Teoria del tutto”, ovvero la personalità e la battaglia e gli studi di Stephen Hawking, di recente scomparso, Oscar meritatissimo per l’interprete Eddie Redmayne. Durata 112 minuti. (Romano sala 3)

 

Nella tana dei lupi – Azione. Regia di Christian Gudegast, con Gerard Butler e Pablo Schreiber. Il solido poliziotto con i suoi bravi problemi con cui convivere, l’alcol, i metodi non proprio ortodossi, una moglie che ha deciso di lasciarlo, una rapina finita male che è costata la vita di parecchi suoi uomini. Dall’altra parte una banda di delinquenti, un curriculum di tutto rispetto, dall’addestramento paramilitare alla permanenza nelle patrie galere, il progetto studiato in ogni più piccolo particolare a svuotare la Federal Reserve Bank di Los Angeles ritenuta inespugnabile. Durata 140 minuti. (Massaua, Greenwich sala 1, Ideal, Reposi, The Space, Uci)

 

Omicidio al Cairo – Giallo. Regia di Tarik Saleh, con Fares Fares. La morte di una cantante di successo nelle stanze del Nile Hilton Hotel, la sua relazione con un uomo che fa affari con il mondo della politica, un caso che si vorrebbe chiudere al più presto. La capitale egiziana del 2011, le rivolte e la corruzione senza limiti raccontata senza nulla nascondere, la criminalità che invade il paese, un commissario che pur tra le proprie zone d’ombra eccelle senza dubbio sui suoi superiori e che vuole andare fino in fondo pur di scoprire i colpevoli. Una cinematografia a molti sconosciuta, che merita con questo esempio d’essere tenuta d’occhio, un ritmo sostenuto nelle indagini che combattono contro le mazzette di quattrini che circolano a mo’ di ricompensa da una e dall’altra parte. Durezza e debolezze sulla faccia del protagonista. Durata 106 minuti. (Classico)

 

Il prigioniero coreano – Drammatico. Regia di Kim Ki-Duk. Un pescatore di nome Nam abita in un villaggio della Corea del Nord e ogni giorno raggiunge per il suo lavoro la linea d’acqua di confine. Un giorno la rete appena buttata si aggroviglia all’elica dell’imbarcazione, il motore resta bloccato e l’uomo viene trascinato all’interno del territorio della Corea meridionale. Catturato, dovrà affrontare sevizie e interrogatori, resistendo ad una confessione strappata con la forza o alla spinta a diventare una spia; tornato finalmente in patria, dovrà sostenere le medesime violenze. Durata 114 minuti. (Nazionale sala 2)

 

Quanto basta – Commedia. Regia di Francesco Falaschi, con Vinicio Marchioni, Valeria Solarino e Luigi Fedele. La vicenda di Arturo, chef pieno di talento ma pronto a mettersi nei guai, una esistenza (finora) messa ai margini da molti. È anche finito dentro per rissa e   deve scontare una pena ai servizi sociali tenendo un corso di cucina presso un centro di ragazzi autistici. Incontrerà Anna, che lavora nella struttura, e il giovane Guido, affetto dalla sindrome di Asperger, innamorato della cucina. La vita di tutti i giorni, la collaborazione e la frequentazione di un talent da parte del ragazzo sapranno avvicinarli e stabilire una vera amicizia. Durata 92 minuti. (Ideal, Uci)

 

Rampage – Furia animale – Fantasy. Regia di Brad Peyton, con Dwaune Johnson e Naomie Harris. Il primatologo Davis Okoye ha instaurato un forte rapporto con un intelligente gorilla albino di nome George che, per un esperimento genetico, si tramuta in un pericoloso e feroce animale, impossibile a governare. Con lui hanno subito la stessa mutazione un lupo e un coccodrillo, seminando vittime e distruzione in tutto il nord America: spetterà a Davis e a un ingegnere genetico trovare un antidoto. Durata 107 minuti. (Massaua, Ideal, Reposi, The Space, Uci anche V.O.)

 

Ready Player One – Fantasy. Regia di Steven Spielberg, con Tye Sheridan, Olivia Cooke, Simon Pegg e Mark Rylance. Tratto dal romanzo omonimo di Ernest Cline, uscito sette anni fa. Nel 2045 la terra è un luogo di guerre e povertà, l’unica felice evasione è il mondo virtuale di Oasis, legato ai fantasiosi anni Ottanta e ricco di scenari iperrealistici in cui è facile accedere. Lo scomparso James Halliday ha deciso di lasciare a chi lo ritroverà il prezioso Easter Egg: sarà il giovane Wade, da sempre alla ricerca di notizie sulla vita e l’attività del miliardario, si metterà attraverso l’avatar Parzival alla ricerca dell’oggetto e lo ritroverà, dovendo pure fare i conti con i potenti nemici di una multinazionale, concorrenti senza alcuno scrupolo. Durata 140 minuti. (Massaua, Ideal, Lux sala 3, Reposi, The Space, Uci)

 

 

I segreti di Wind River – Thriller. Regia di Taylor Sheridan, con Jeremy Renner, Elizabeth Olsen e Julia Jones. Tra le distese di neve del Wyoming viene inviata una giovane agente federale, non certo preparata a quelle temperature e soprattutto alla violenza che circola più o meno silenziosa in quei luoghi, per investigare sul ritrovamento del corpo martoriato di una ragazza scomparsa. Le dà sostegno e aiuto Cory, un navigato cacciatore impiegato a difendere il bestiame dagli attacchi dei predatori sempre in agguato, un animo tormentato, abbandonato dalla moglie dopo la scomparsa della figlia maggiore. Entrambi alla ricerca del colpevole, in un territorio dove ogni cosa sembra essere abbandonato alla violenza, in cui forse è necessario agire e rispondere esclusivamente con le sue stesse leggi. Dallo sceneggiatore di “Sicario” e “Hell or High Water”, terzo capitolo di una trilogia che ha affrontato il tema della frontiera americana oggi. Miglior regia a Un certain regard a Cannes lo scorso anno, grande successo al TFF. Durata 107 minuti. (Eliseo Grande, Ideal, Massimo sala 2 anche in V.O., Uci)

 

Succede – Commedia. Regia di Francesca Mazzoleni, con Margherita Morchio, Matteo Oscar Giuggioli, Brando Pacitto, Francesca Inaudi e Matilde Passera. Il mondo (stra)aperto di Internet, il mondo dei consigli suggerimenti confidenze gusti che circola senza limiti, il romanzo bestseller della diciannovenne Sofia Viscardi, maître à penser dell’etere, tutto quel che sentimenti ed emozioni della giovane protagonista Margherita, la città di Milano con i suoi nuovi grattacieli ha fare da contenitore, la musica e i primi baci, le cuffie perennemente appiccicate alle orecchie. La regista classe 1989, l’autrice classe 1998, il mondo dei giovani e giovanissimi: sarà (tutta) vera gloria? Durata 94 minuti. (Reposi, The Space, Uci)

 

The Happy Prince – Drammatico. Regia di Rupert Everett, con Rupert Everett, Colin Morgan, Colin Firth e Tom Wilkinson. Oscar Wilde al centro della società londinese di fine Ottocento, pieno di successo, tutti corrono a vedere le sue commedie a teatro e leggono i suoi libri: poi, improvviso, il tracollo, il processo per ammissione di omosessualità e la condanna a due anni di lavori forzati, l’esilio parigino, il tentativo di recuperare il rapporto con la moglie, la volontà di avvicinarsi nuovamente al giovane Douglas, la morte. Everett racconta nella sua opera prima l’ultimo periodo della vita dello scrittore, lasciando libero sfogo ai ricordi. Durata 105 minuti. (Centrale V.O., Greenwich sala 2, Reposi)

 

The silent man – Drammatico. Regia di Peter Landesman, con Liam Neeson e Diane Lane. La storia dell’informatore del caso Watergate, della Gola Profonda che trasmise le notizie ai giornalisti di “Tutti gli uomini del Presidente”, una storia che è stata taciuta per oltre trent’anni e che nel 2005 è venuta alla luce per definitiva ammissione dell’interessato, Mark Felt, all’epoca dei fatti vice direttore dell’FBI. Un film che vuole rinfrescare la memoria di molti e magari cercare qualche legame con il mondo politico di oggi. Durata 103 minuti. (Eliseo Rosso, Romano sala 2The Space, Uci)

 

Tonya – Drammatico. Regia di Craig Gillespie, con Margot Robbie, Sebastian Stan e Allison Janney. La storia della campionessa di pattinaggio artistico Tonya Harding, cresciuta tra i soprusi di una madre anaffettiva come quella disegnata dalla Janney, Oscar come migliore attrice non protagonista, sposata ad un uomo senza quattrini e parecchia violenza in corpo, lei gran temperamento focoso, grande carriera e grandi scandali. Come quello che la colpiì a metà degli anni Novanta, allorché la sua antagonistaNancy Kerrigan, alla vigilia dei campionati nazionali Usa, venne colpita alle gambe da un uomo, poi identificato, pronto a confessare di aver agito perché istruito e istigato dal marito della Harding. La creazione di un mito, la difficoltà a considerarla una donna e una campionessa in cui il pubblico non soltanto femminile si potesse riconoscere, il ritratto di un’America dove ognuno vuole emergere, in qualsiasi modo. Durata 121 minuti. (Eliseo Blu, F.lli Marx sala Chico, Lux sala 1, Uci)

 

L’ultimo viaggio – Drammatico. Regia di Nick Baker-Monteys, con Jürgen Prochnow e Petra Schmidt-Schaller. Ultranovantenne, da poco vedovo, Eduard, di origini tedesche, rimette in ordine i propri ricordi e rivisita il proprio passato, mettendosi su un treno per Kiev e andare là a ricercare la donna che fu il suo primo amore, quello più grande e mai confessato, mai dimenticato. Alle calcagna la nipote Adele, una ragazza abituata a vivere alla giornata e certo non interessata alle storie del passato. Non si tratta soltanto della storia personale, anche la Storia reclama una rivisitazione: vi sono delle radici, vive, che vanno comprese e conservate, c’è una tragedia chiusa nel passato e ancora ben viva nel tempo presente. Sarà per la ragazza una lezione difficilmente dimenticabile, di sentimenti e di memoria. Durata 107 minuti. (F.lli Marx sala Harpo)

 

 

 

Carlo Alberto archeologo in Sardegna

FINO AL 4 NOVEMBRE

Non tutti lo sanno. Ma Carlo Aberto di Savoia – Carignano, re di Sardegna dal 1831 al 1849 (conosciuto principalmente per aver concesso nel 1848 lo Statuto che porta il suo nome e che sarebbe diventato la prima carta costituzionale italiana) nutriva un’enorme passione per l’archeologia; passione documentata dagli oltre 150 reperti raccolti in mostra, fino al prossimo 4 novembre sotto il titolo “Carlo Alberto archeologo in Sardegna”, presso il Museo di Antichità dei Musei Reali di Torino. E passione così sfrenata da renderlo perfino vulnerabile e potenziale vittima di neppur tanto improbabili sòle che anche allora fiorivano alla grande, senza guardare in faccia nessuno. Neanche un re. Fu così infatti che Carlo Alberto, allorché decise di partecipare personalmente fra il 1829 e il 1843 ad attività di scavo in Sardegna, restò invischiato nella “più grande truffa ottocentesca di reperti archeologici”, per dirla con Raimondo Zucca, docente all’Università di Sassari, che insieme a Gabriella Pantò, direttore del Museo di Antichità, ha collaborato alla realizzazione della mostra subalpina. Era il 20 aprile del 1841. Il re, armato di pala ed entusiasmo alle stelle, si porta, con il suo seguito e il figlio Vittorio Emanuele, nell’area archeologica di Nora. Al suo fianco c’è Gaetano Cara, abile ma famigerato direttore del Regio Museo di Cagliari; sarà proprio lui ad indicare all’ignaro sovrano il punto esatto dove scavare. E la trappola scatta come da copione; in un presumibile plauso generale, Carlo Alberto porta infatti immediatamente alla luce un bronzetto raffigurante un idolo fenicio nuragico dell’VIII secolo a. C. Clamoroso ritrovamento! Carlo Alberto (cui il grande amore per l’archeologia sarda era stato trasmesso dal generale, archeologo dilettante, Alberto Ferrero della Marmora), è al settimo cielo tanto da acquistarne, di quegli idoli, una settantina di esemplari per il suo “Medagliere” di Palazzo Reale, spendendo qualcosa come 85mila euro di oggi. Peccato però trattarsi di “falsi”, abilmente riprodotti da esperti falsari (il “migliore” nell’isola pare fosse, a quei tempi, un fabbro cagliaritano tal Raimondo Mongia) in combutta con lo stesso Cara; “idoli falsi e bugiardi” saranno definiti nel 1883 da Ettore Pais, l’allora direttore del Regio Museo cagliaritano, che ne vieterà l’esposizione. Nello stesso anno, anche a Torino, i bronzetti furono velocemente fatti sparire (ma Carlo Alberto era morto nel 1849, credendoli autentici) e riposti nei depositi di Palazzo Reale. Fino a un paio d’anni fa, quando Gabriella Pantò li ritrova e li fa restaurare per farne elemento di indubbia curiosità della mostra attualmente in corso nel Museo di Piazzetta Reale a Torino. Rassegna di grande valore storico-culturale, frutto di una passione frenetica che spinse il “re tentenna” o l’ “Italo Amleto” (come lo definì Carducci) a finanziare ricerche, oltreché in Sardegna, anche in Piemonte – nelle città romane di Industria e Pollenzo – e di cui resta traccia nella documentazione archivistica e bibliografica presente in mostra: un diario autografo e, soprattutto, le lettere scambiate con l’amata Contessa Maria Antonia Truchsess von Waldburg di Robilant. Riportati in luce dai Musei Reali e oggetto di attenti restauri e nuovi studi, nel Museo di Antichità si possono quindi ammirare oggi importanti reperti – autentici! – provenienti dalla Sardegna: dal preziosissimo e di raffinata cesellatura scudo greco di bronzo da oplita del VI secolo a. C. ritrovato a Tharros, al mosaico romano del III secolo d. C. (scoperto in realtà già nel 1763, scavando nel quartiere Stampace di Cagliari) raffigurante Orfeo che incanta gli animali feroci con le note della sua cetra, fino alle stele puniche già esposte nel 1764 al Regio Museo torinese o alla base di colonna con iscrizione in latino greco e punico da San Nicolò Gerrei (1861) e al nucleo di fibbie bizantine parte delle collezioni di Bartolomeo Gastaldi (prima del 1895). A chiudere l’esposizione bronzetti nuragici (raffiguranti persone, animali, navicelle e oggetti quotidiani) armi come asce e pugnali datati fra il X e il VII secolo a. C, e ancora vasi e ceramiche presenti a Tharros fra il VII secolo a. C. e il II d. C. fino al gruppo di busti in terracotta cosiddetti di “Sarda Ceres” (I-II secolo d. C.) testimoni della diffusione del culto di Cerere in Sardegna e ad una statuetta di figura femminile seduta (VI – V secolo a. C.) da tempo esposti nel “Medagliere Reale”.

Gianni Milani

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“Carlo Alberto archeologo in Sardegna”

Museo di Antichità – Musei Reali di Torino, piazzetta Reale 1, Torino; tel. 011/5211106 – www.museireali.beniculturali.it

Fino al 4 novembre – Orari: mart. – dom. 8,30/19,30

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Nelle foto

– “Bronzetto falso”
– “Mosaico con Orfeo”, seconda metà III secolo d. C.
– “Scudo greco da oplita”, VI secolo a. C.

Don Giovanni e la sfida al cielo, in un Seicento che riflette il mondo di oggi

Pur se chiuso dentro un cartellone che porta la firma, ormai scolorita in questo finale di stagione, di Mario Martone, questo Don Giovanni – in scena sul palcoscenico del Carignano sino al 22 aprile nella produzione del Teatro Stabile di Torino/Teatro Nazionale – suona come il biglietto da visita di Valerio Binasco ad introdurre un percorso che per quattro anni lo vedrà nuovo Direttore artistico dell’ente, con scelte e programmi in libertà che stabiliranno una cifra esatta di lavoro (quali siano le scelte e i programmi lo sapremo dal 7 maggio, con la presentazione della nuova stagione, sua a tutti gli effetti, all’insegna di quel divertimento promesso al tempo della sua elezione). Quel di-vertimento ha ben salde, già in sede etimologica, le radici nell’affrontare il personaggio del Seicento di Molière, non lontano da una luccicosa aureola che viene a onorare quella che è stata definita una “sciagurata grandezza”, spinto a farci dimenticare ogni esempio precedente, a cancellare ogni trionfalismo spagnoleggiante, inventato sulla scia della Commedia dell’Arte, ogni aura tardoromantica imbevuta nella malinconia, componenti tutte cui più o meno ci hanno abituato i passati metteurs en scène del secolo che ormai ci siamo messo alle spalle. È un invito a liberarci di ogni vecchia sovrapposizione, ai limiti della menzogna teatrale, e a considerare Molière nostro contemporaneo, a stendere su un tappeto il borioso e giovane burlador per metterlo alla berlina, a snocciolare senza se e senza ma ogni malefatta, i mariti i fratelli e i padri picchiati o uccisi, le donzelle sverginate e riempite di promesse che non avranno mai un lieto fine. Don Giovanni non è più il gentiluomo sfrontato, senza legami e senza morale, colui che rimorchia senza fatica e abbandona: è, nell’adattamento di Binasco, che ogni tanto sa sfacciatamente di riscrittura, “un delinquente, un autentico delinquente”, violento ma pur capace di giocare sulla simpatia, mentitore ma pur efficace nel trasmettere ogni parola come somma verità, odioso ma pur sorridente nel tentare senza successo il povero mendicante con un luigi d’oro purché bestemmi, salvo concederglielo non per quell’”amor del cielo” con cui era stato poco prima pregato ma con un ben diverso e soppesato “amore per l’umanità”. Don Giovanni, nella ricerca continua del suo libertinaggio, incessante e pieno di sfide, non è il gentiluomo altero e anche raffinato in cerca di gonnelle, è il miserabile che con il proprio servo si ritrova accucciato su un pulcioso pagliericcio, da ricovero per sbandati, che se la spassa in un bar di paese, lucine accese e tavolini pieghevoli sotto gli alberi, a strusciarsi con una donna Elvira che ancora reclama un futuro. È il campione della ribellione, l’inseguitore per eccellenza dell’affermazione della libertà, una ribellione che senza pudore arriva sino ad accettare la cena con il silenzioso convitato, sino a Dio: mentre Sganarello, finora improbabile raisonneur intorno ai principi della religione e delle verità della fede, privato del suo signore e del suo sostentamento, reclama il proprio guadagno (“Chi mi paga?”), forse tutto alla fine può acquietarsi nella morte, in una insperata “pietà” tutta al maschile. Binasco, e gliene rendiamo sinceramente doveroso atto, mentre corre con intelligenza lungo la propria lettura, non pone il dramma sotto le moderne forche caudine della burla a tutti i costi, non si piega a una certa aria di distruzione facilona che circola a volte sui palcoscenici. Nelle scene di Guido Fiorato, preparate a vista al di là di un velo, che guardano all’oggi senza cancellare del tutto il passato, il regista rimescola e attualizza, immiserisce e sfronda e stracciona, ma in ultimo lo sberleffo di oggi non arriva in platea, arriva tutta la serietà di quell’attualizzazione, ripensata, inviata allo spettatore con un nuovo, concreto messaggio. Nella nuova drammaturgia convergono tutti gli attori, da Giordana Faggiano a Elena Gigliotti a Fabrizio Contri agli altri; la sensualità e l’assoluzione del peccato, la sfida e le menzogne arrivano dall’ottimo protagonista che è Gianluca Gobbi, corporatura ragguardevole e magliette non proprio di bucato, polvere e sudore, lontano dall’immagine di tombeur de femme che ci aspetteremmo in scena, una prova convincente filtrata attraverso il tessuto delle parole di Molière, il ritratto comunque possente e prepotente, mentre Sergio Romano è un contraltare tempestoso e perfetto nel suo Sganarello, nel suo svilire una religione confondendola con superstiziose credenze e nei suoi eterni confronti con un padrone che ha fatto propria come bestemmia la sfida al cielo.

 

Elio Rabbione

 

foto: Donato Aquaro

Dopo Tokyo e Venezia “Il Cratere” al cinema Massimo

Esce nelle sale cinematografiche dal 12 Aprile il film di Silvia Luzi e Luca Bellino

Considerato tra i film più interessanti passati alla scorsa Mostra del Cinema di Venezia, Il Cratere ha poi trionfato nel principale festival asiatico, il Tokyo International Film Festival, vincendo lo Special Jury Prize, unico film italiano della storia ad aver conseguito questo risultato. Il film racconta il rapporto travagliato di un’adolescente e suo padre, un venditore di peluche che vede nel talento della figlia una speranza di riscatto sociale. Gli attori Sharon e Rosario Caroccia, padre e figlia anche nella realtà, non avevano mai recitato prima e sono stati acclamati dalla critica nazionale e internazionale per la loro performance ritenuta ”un’impresa tecnicamente impressionante”. A Torino il film sarà in programmazione al Cinema Massimo di Via Giuseppe Verdi, 18. Orari sul sito. Il 13 Aprile saranno presenti in sala i registi Silvia Luzi e Luca Bellino.

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Il Cratere è un film prodotto da TFILM con RAI CINEMA

con contributo economico del MINISTERO dei BENI e delle ATTIVITÀ CULTURALI e del TURISMO | DIREZIONE GENERALE CINEMA, in collaborazione con BRITDOC, PULSE FILMS, con il sostegno di FILTEX srl

 

Regia di Silvia Luzi e Luca Bellino.

Per la prima volta sullo schermo ROSARIO CAROCCIA e SHARON CAROCCIA.

 

Trailer:

https://youtu.be/NgLA9Jo5lf0

Gabbani apre il Lovers Film Festival

Multisala Cinema Massimo, 20 aprile 2018

 

Thelma dJoachim Trier chiuderà il festival in anteprima nazionale

 (Torino, Multisala Cinema Massimo, 24 aprile 2018)

 

Dal 20 al 24 aprile 2018 a Torino, presso la Multisala Cinema Massimo, torna il più antico festival sui temi LGBTQI (lesbiche, gay, bisessuali, trans, queer e intersessuali) d’Europa e terzo nel mondo diretto dalla cineasta Irene Dionisio e presieduto da Giovanni Minerba, fondatore con Ottavio Mai della rassegna. Ha confermato la sua presenza alla serata di apertura, che si svolgerà il 20 aprile alle 20.30 presso la Sala 1 del Cinema Massimo, un ospite musicale d’eccezione: Francesco Gabbani che eseguirà un mini set acustico. ll celebre cantautore ha vinto il Festival di Sanremo nel 2017 con Occidentali’s Karma che ha ottenuto 5 Dischi di Platino; il video, con più di 185 milioni di visualizzazioni, ha superato molti record ed è stato  il video di un artista italiano più visto nel nostro Paese nel 2017. La trentatreesima edizione del festival sarà come ogni anno anche all’insegna del grande cinema internazionale con81 film provenienti da 24 nazioni, di cui 6 anteprime mondiali, 4 europee e 52 nazionali. Fra i film più attesi: Thelma(Norvegia, 116’) di Joachim Trier, selezionato al Toronto International Film Festiva che verrà proiettato, in anteprima nazionale durante la serata di chiusura il 24 aprile. Joachim Trier, che interverrà in collegamento dalla Norvegia, è stato recentemente nominato presidente di giuria della Settimana della Critica del Festival di Cannes.

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Il FILM:

Thelma è una timida ventenne di provincia che si trasferisce a Oslo per studiare e che si accorge, dopo essersi innamorata di una ragazza, di avere inquietanti poteri sovrannaturali. Joachin Trier firma un thriller d’autore di grande impatto, che tiene insieme realismo e tensione orrorifica, dramma psicologico e erotismo, mentre il tema del genere attraversa con diverse sfumature l’intera narrazione.

 

Il Lovers Film Festival  Torino LGBTQI Visions è amministrato dal 2005 dal Museo Nazionale del Cinema di Torino e si svolge con il contributo del MiBACT – Direzione generale Cinema, della Regione Piemonte e del Comune di Torino.

 

Prevendite da martedì 10 aprile

http://www4.anyticket.it/stonlineweb/uipublic/CalEventiCinema.aspx?idpartner=mncc

 

Resistenza Pop  al Polo del ‘900

La mattina di mercoledì 18 aprile 1945, con lo sciopero generale, ebbe inizio la lunga battaglia per la liberazione di Torino. Per ricordare quell’evento, mercoledì 18 aprile al Polo del ‘900 di Torino ( Sala Novecento, Palazzo San Daniele in via del Carmine 14) il Teatro Italiano del Disagio ATID – con il patrocinio e il sostegno del Comitato Resistenza e Costituzione del Consiglio regionale e il patrocinio della Città di Torino e del Comitato Provinciale ANPI – presenterà lo spettacolo teatrale-musicale“Resistenza Pop. Le avventure di una famiglia ribelle, di un bambino partigiano e di ragazze coraggiose”. Alle 11.00 è previsto lo spettacolo riservato alle scuole, gratuito e con prenotazione obbligatoria. Alle 21.00 ci sarà lo spettacolo per la cittadinanza a ingresso libero fino a esaurimento posti. L’evento ideato dall’artista Gian Piero Alloisio, storico collaboratore di Giorgio Gaber e Francesco Guccini, racconta con linguaggi nuovi e non retorici le storie di donne e uomini che hanno vissuto la Resistenza. Resistenza Pop (del quale è disponibile anche il Cd-Dvd) è dedicato alle Liberazioni di ieri e di oggi e contiene canzoni d’autore rivisitate, testi inediti, melodie partigiane riscoperte, emozionanti monologhi e video testimonianze dei protagonisti, partigiani piemontesi e liguri. Durante lo spettacolo riservato alle scuole, gli studenti saranno invitati a preparare degli aeroplanini di carta con i loro messaggi, disegnati o scritti, sul tema della Resistenza e delle esperienze di libertà di ieri e di oggi. Gli aeroplanini saranno raccolti e lanciati nel corso dello spettacolo serale in una performance ribattezzata “Bombardamenti Intelligentissimi”.

 

Info e prenotazioni: Simonetta Cerrini 3804522189; infoatid@gmail.com; www.gianpieroalloisio.it

Torino Crime Festival terza edizione

Nelle vicende della vita, come per i corsi e ricorsi di Gianbattista Vico, avviene che cose sopite da tempo si ripetano e rinnovino e ci sia sempre un nuovo ciclo. A me è successo, da un pò di tempo di appassionarmi nuovamente ai gialli, noir e Thriller

 

Pensavo che fosse una passione sopita per dar sfogo ad altre letture, forse più impegnative, ma giallo, noir e Thriller mi fanno nuovamente compagnia. Tutto è ricominciato con Il Postino di Superga dell’accoppiata Carillo Tallone un paio di anni fa e, da allora, non passa settimana senza Giallo. Le vicende della protagonista Lola, una femminista sui generis mi intrigano fino ad arrivare ad altri autori. Sapere che la terza edizione del Torino Crime Festival si svolgerà dal 12-15 aprile, essenzialmente, al Circolo Lettori è uno stimolo particolarmente interessante e un invito a partecipare.  Nella mattinata di giovedì 12,dalle 9.30 alle 12, con il profiler Fabrizio Russo è previsto il seminario “Psicologia investigativa e offender profiling” (iscrizioni torinocrimefest@gmail.com), mentre al pomeriggio, a partire dalle 15, ma al Tribunale di Torino “L’analisi del crimine” con lo psichiatra forense Alessandro Meluzzi e lo scrittore giallista Biagio Carillo, il comandante Fabio Federici e l’avvocato generale dello Stato Giorgio Vitari. A moderare Araceli Meluzzi dell’associazione Giovani Avvocati di Torino. Alla sera, alle 21, il film “Amore criminale”. (iscrizioni torinocrimefest@gmail.com), di nuovo al Circolo dei Lettori) Nella seconda giornata di venerdì 13 aprile, nel pomeriggio alle 15, è previsto “Storie di Galera” per passare a “Il seme della violenza” con la spiegazione del perché i reati sugli animali non sono di serie B e proseguire con Fabrizio Russo , lo psichiatra Pietro Petracco e il giallista Carlo De Filippis, occasione per presentare anche la nuova collana editoriale “Celid“. Concluderanno verso le 19 il professore Pier Luigi Baima Bollone (conosciuto pure come sindonologo) che assieme Mariangela De Cesare ci parleranno del perché Cesare Lombroso è considerato il padre del diritto penale moderno e di nuovo Fabrizio Russo e Anthony Pinizzotto che ci parleranno di Criminal Mind ovvero del lavoro nel campo della psicologia comportamentale. Nella terza giornata, al mattino, di nuovo il criminologo e giallista Biagio Fabrizo Carillo e l’avvocato Guglielmo Gulotta che ci illustreranno, durante il seminario, la moderna investigazione criminologica e argomentazioni e ragionamenti nelle indagini per passare nel pomeriggio, sempre con Carillo e l’abbinamento con Deborah Brizzi, autrice de “La stanza chiusa”, una sorta di apologia della vendetta,” prendendo spunto dai rispettivi romanzi degli autori passano a “Narrazioni poco conformi, quando la divisa e la scrittura si incontrano“. il Festival continua con altre interessanti “trattazioni” fino a sera e il giorno dopo su violenza domestica, stalking, mafia, immigrazioni e reati e una serie di interessanti film di successo. Non c’è che dire: il Po è il fiume su cui si ambientano gialli, noir e thriller, perché l’acqua è sempre fonte di ispirazione, di vita e di morte e il Giallo è di casa.

Info: torinocrimefest@gmail.com; www.crimefestival.it

Tommaso Lo Russo

Caleidoscopio rock anni 60. Meteore psych e garage in USA

Garage rock, psychedelic rock e generi affini?

Gran parte della rock music frenzy era riconducibile a quella straordinaria linfa vitale che era la British invasion, spinta con ondate progressive ed incalzanti dai tours dei Beatles e dei Rolling Stones; questi giovincelli inglesi poco più che ventenni che, oltre a scatenare i sogni e le fantasie di schiere di ragazze teenagers delle famiglie americane, avrebbero aperto le paratie di una vera e propria cascata di musica a stelle e strisce, estesa dalla costa pacifica a quella atlantica, da San Francisco a Boston, da New York a Seattle. Tra il 1964 ed il 1965, grazie ai concerti di quei “Fab Four” e “Stones”, la strada era già chiaramente tracciata; l’area del Midwest americano (tra Ohio, Michigan, Minnesota, Iowa, Illinois, Indiana, fin quasi al Colorado e all’Oklahoma) divenne terreno fertile per la nascita di una nuova forma di rock dai toni più crudi, grezzi e “home made”: il garage rock. Prendeva le mosse dalla scia del rock & roll e inglobava l’apporto del British Invasion rock, ma trasformandolo in un prodotto realizzabile da un vasto bacino di musicisti e fruibile da un variegato pubblico; le chitarre diventavano aggressive e distorte, la voce ringhiante, i testi più graffianti, sfacciati e diretti. La fiammata fu veloce ed improvvisa, l’ascesa travolgente; ma altrettanto rapido fu il declino, tanto che molte bands ebbero carattere di meteore ed entrarono nell’oblio già al giro di boa degli anni Settanta. In parallelo, la metà degli anni Sessanta vide l’affermarsi del movimento psichedelico, che impregnava il rock di particolari caratteristiche: la forma musicale ed il rapporto testo-musica assumevano fattezze fluide, venivano assorbiti suoni dell’area indiana e orientale, si sperimentavano novità pionieristiche nelle sale di registrazione, si ricorreva anche all’uso di chitarre “fuzz-toned” e alla stratificazione sonora con effetti di eco e di riverberi multipli. L’area californiana irradiò il verbo dello psychedelic rock in tutti gli Stati Uniti, tramite Doors, Jefferson Airplane, Grateful Dead, Big Brother and The Holding Company, Quicksilver Messenger Service, Byrds, Love, Moby Grape, Electric Prunes e molti altri. L’onda raggiunse anche il terreno del garage rock e si fuse con esso, dando vita ad una forma ibrida di “garage rock psichedelico”, sfaccettato e borderline che agli esordi degli anni Settanta si trasformò ancora e, come il garage, lasciò dietro di sé una vasta realtà di bands dalla vita breve o che non ebbero la fortuna di incrociare produttori musicali di primo piano e finirono per essere ingiustamente dimenticate. Dei “grandi” hanno discusso, discutono e discuteranno in molti (forse anche in troppi). Ma chi parlerà delle seconde e terze linee? Chi toccherà quest’area quasi ignota delle bands che vennero travolte dal rapido trasformarsi degli eventi, in quel lustro che dal 1965 al 1970 fu contraddistinto da un furore ed una frenesia musicali che, a dire il vero, probabilmente non avranno più eguali nella storia? Magari noi in questo spazio, perché no…

 

JCM Randle

 

Ogr, la nuova cattedrale di Torino

OGR, un posto dove passare il tempo libero, ultimamente vado spesso alle Officine Grandi Riparazioni di corso Castelfidardo, vicino alle Nuove, per le presentazioni di mostre e iniziative culturali, artistiche e di concerti.

Un po’ di storia delle OGR è d’obbligo. In principio erano officine di manutenzione di veicoli ferroviari e avevano un’anima mentre ora ospitano, in parte, Il Politecnico di Torino e per l’altra parte il Polo Museale OGR-CRT. La riqualificazione è stata un’opera di restituzione non solo alla città di Torino, ma all’intero Piemonte di uno dei luoghi simbolo dell’archeologia industriale che ha acquisito una nuova dimensione e una nuova anima che sa di ricordi. Anzi agli stessi si lega e sposa e perpetua in un continuum che sa di passato e futuro nel quale si proietta alla grande. Ma le OGR non sono solo il luogo dell’arte e dei concerti, ma anche un Polo dell’eccellenza del “buon bere” e del “ben mangiare” e per stare in compagnia. Dopo una sorta di nuovo Big Bang, la città di Torino ha ripreso ufficialmente possesso delle nuove Officine Grandi Riparazioni: “dopo mille giornate lavorative e 100 milioni di euro di investimento da parte della Fondazione Crt”, come ricordava il presidente della Fondazione Cassa di Risparmio di Torino (Crt) Giovanni Quaglia all’inaugurazione del 29 settembre scorso. Con l’apertura della Corte Est, antistante all’ingresso, scaturisce invece, come ha spiegato Massimo Lapucci, segretario generale della Fondazione Crt e direttore generale delle Ogr (forse) il compito più arduo: “diventare un simbolo della nuova città, anche al di là del loro valore estetico”. A BINARIO 1 Susan Hiller Social Facts a cura di Barbara Casavecchia è in corso dal 30 marzo – 24 giugno 2018 Social Facts, mostra personale di Susan Hiller.     E ancora “”Ambienti digitali interattivi, esperienze di realtà aumentata, percorsi immersivi multisensoriali. Laboratori di ricerca sui Big Data, acceleratori di imprese, sviluppo di start up high tech dei talenti italiani rientrati dalla Silicon Valley, sperimentazione di idee funzionali anche alla proposta di contenuti creativi per il pubblico delle Officine Nord, caratterizzeranno ancor più le OGR come un vero e proprio innovation hub internazionale”. Per il direttore artistico delle OGR Nicola Ricciardi   “I tre inediti e sperimentali progetti mirano a riaffermare Torino come centro gravitazionale per i mondi del contemporaneo e dell’innovazione A BINARIO 2 si trova The NewsRoom. Un’immersione sensoriale nelle notizie 30 marzo – 27 maggio 2018 “The NewsRoom, mostra interattiva de La Stampa in collaborazione con Studio Azzurro e Learn & Play! teamLab Future Park, progetto multimediale a cura del collettivo teamLab”. Lo spazio prende in questa occasione la forma di una mostra e di uno show digitale, di un’esperienza di giornalismo narrativo e interattivo basato sull’approfondimento. Invece a BINARIO 3 c’è “Learn & Play! teamLab Future Park” Dove i bambini giocano nel futuro . Primo progetto permanente in Europa di teamLab, collettivo di sviluppatori giapponesi il cui successo è stato consacrato dal pubblico di Expo2015. Il progetto accoglierà in un ambiente digitale interattivo i bambini dai 3 ai 10 anni, invitandoli a esplorare il confine tra arte e tecnologia attraverso un insieme di installazioni e postazioni immersive Chi vi scrive – che non è più un bimbo da moltissimi anni – confesso ci ha giocato! Da perdersi, ma anche per ritrovarsi fino a tuffarsi nella telecinesi con la sezione cinematografica.

Tommaso Lo Russo

 

La signora Van Gogh

Nell’interpretazione degli attori Gianni Bissaca e Stefania Ressico

 Primo episodio della TRILOGIA DEI GIGANTI DELL’ARTE MODERNA

 Alla base di questo lavoro teatrale c’è l’originale ipotesi che   l’opera di Vincent Van Gogh, dopo una vita di tormenti interiori e di scarsa o nessuna fortuna artistica, sarebbe stata probabilmente destinata all’oblio. E’ solo la dedizione, l’amore, la tenacia e l’ostinazione di una donna, Johanna Bonger, vedova del fratello Theo, ha fatto sì che Vincent Van Gogh, diventasse negli anni successivi alla sua tragica morte, una figura di importanza fondamentale nella storia dell’arte. La vicenda si snoda intervallando brani dalle lettere dell’artista, alla rielaborazione del diario della “signora Van Gogh”.

*** Domenica 6 maggio, verrà rappresentato il radiodramma con figure: La moglie di Gauguin.

 *** Domenica 10 giugno la trilogia si concluderà con Gabriele e Wassily, sulle figure di Wassily Kandinsky e Gabriele Münter.

L’evento è compreso nel normale biglietto d’ingresso della Pinacoteca Albertina, gratis con l’Abbonamento Musei, fino a esaurimento dei posti disponibili.

Pinacoteca Albertina, via Accademia Albertina 8, Torino. Tel: 0110897370  – E.mail: pinacoteca.albertina@coopculture.it