CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 6

Storia: Torino tra i barbari

Breve storia di Torino

1 Le origini di Torino: prima e dopo Augusta Taurinorum
2 Torino tra i barbari
3 Verso nuovi orizzonti: Torino postcarolingia
4 Verso nuovi orizzonti: Torino e l’élite urbana del Duecento
5 Breve storia dei Savoia, signori torinesi
6 Torino Capitale
7 La Torino di Napoleone
8 Torino al tempo del Risorgimento
9 Le guerre, il Fascismo, la crisi di una ex capitale
10 Torino oggi? Riflessioni su una capitale industriale tra successo e crisi

2 Torino tra i barbari

Continua dunque il progetto in cui mi sono impelagata riflettendo su quanto sappiamo del mondo e quanto invece conosciamo del territorio in cui viviamo.
Questa serie di articoli nasce da una discussione avuta in classe con i miei studenti, con i quali ho potuto dibattere sullimportanza che diamo a ciò che sta lontano, a discapito di ciò che invece possiamo effettivamente raggiungere, vedere, studiare a fondo. È un lavoro per me nuovo, quello che sto facendo, una sfida personale tutta di ricerca prettamente storica che ho piacere di condividere con voi, cari lettori, nella speranza di coinvolgervi e intrattenervi con un po di notizie locali che sono riuscita a reperire, esulando da quelle che sono le mie zone di confort, ossia larte e la scuola.
Ecco allora vi lascio alla lettura di questo secondo articolo, dedicato ad approfondire ciò che accadde alla nostra bella urbe durante le cosìddette invasioni barbariche.
Sappiamo davvero poco sulle vicissitudini di Torino durante lalto Medioevo. Limpero romano cade per cedere il posto a una progressione di transitori regni barbarici, si apre un periodo incerto, caratterizzato da crisi commerciali, un forte calo demografico e un generale regresso della vita urbana. Il territorio di Torino viene dapprima inglobato nel regno degli Ostrogoti, successivamente, nel giro di circa un secolo, a tale popolazione subentrano i Longobardi, che detengono il potere fino al termine del secolo VIII, ossia fino allarrivo dei Franchi. Torino è ora parte del Regnum Italiae e appartiene al vasto Impero di Carlo Magno, che si espande dalla Spagna ai Paesi Bassi fino alla Germania centrale. Ancora una volta la posizione geografica della città fa sì che lurbe diventi un importante punto di collegamento tra i luoghi principali del dominio carolingio: i territori italiani e lancora importantissima Roma.
Le fonti pervenuteci riguardo a tale periodo storico sono esigue e frammentarie, si tratta principalmente di documenti ecclesiastici, attestati ufficiali, cronache o testimonianze redatte da titolari laici del potere, in ogni caso tutti atti che si riferiscono a persone più che benestanti e di particolare riguardo, come nobili, vescovi o imperatori, al contrario ci è quasi impossibile recuperare notizie sul modus vivendi della gente comune.

Sappiamo però che pressoché tutte le città murarie compresa Torino offrivano protezione a chi, vivendo nelle campagne, era costantemente danneggiato dalle incursioni dei barbari.
Nel IX secolo anche lImpero Franco si spegne: i regni e i ducati che ne facevano parte sono in continua lotta tra loro, i grandi signori si combattono lun laltro e nel mentre tentano di arrestare le invasioni dei Saraceni e degli Ungari.
Torino si presenta come un avamposto di primaria importanza per fronteggiare le incursioni saracene provenienti dalle Alpi ed è dunque necessario, per chiunque ambisca a governare il Regno Italico, esercitare unazione di controllo anche sul territorio del capoluogo piemontese. È Ottone I che, alla fine del X secolo, ha la meglio sugli altri aspiranti: nasce lImpero romano-germanico. A questo punto della storia, Torino passa sotto la giurisdizione del marchese Arduino III, noto come il Glabro, il quale detiene il dominio non solo sulla città ma su tutta la zona conosciuta come marca di Torino,  comprendente i territori circostanti e il corridoio alpino. Lantica Augusta è destinata a sottostare agli Arduino, vassalli imperiali con titolo di conti e marchesi della città fino alla morte della contessa Adelaide (1091), ultima discendente della famiglia. È tuttavia necessario ricordare limportanza della casta ecclesiastica, i vari membri della stirpe reggente devono dividere il potere con i vescovi locali che, da Massimo in avanti, esercitano lautorità spirituale e temporale sulla diocesi ma anche sulla cittadinanza. Il governo episcopale risulta un punto fermo in questo periodo di grande confusione, è grazie ad esso se la città presenta una struttura amministrativa e una accettabile stabilità politica. Da non dimenticare inoltre il fatto che il clero vanta un duplice espediente per assicurarsi il mantenimento del credito politico, da una parte legemonia spirituale, dallaltra il fatto che la Chiesa costituisce lunica fonte di alta cultura, per lappunto chi appartiene al clero episcopale fa parte dei pochi in grado di leggere e scrivere.


Si può dunque affermare che la storia di Torino segua le generiche vicissitudini dellItalia, lo specifico si perde in una più ampia visione di accadimenti cronologici che segnano il destino di tutta la penisola, con leccezione di sporadici eventi che è possibile riportare grazie alle documentazioni rinvenute. Proviamo allora a ripercorrere un po piùda vicino  le vicende della penisola e della nostra città durante la venuta degli Ostrogoti, poi dei Longobardi e infine ciò che avviene nel periodo carolingio.
Quando lImpero Romano crolla, Torino non pare accorgersene, la quotidianità della cittadinanza rimane sostanzialmente imperturbata di fronte alle vicissitudini politiche lontane, e anche quando nel 493 Odoacre viene deposto dagli Ostrogoti, la notizia non desta particolare interesse.
Il nuovo re, Teodorico, tuttavia nota la città pedemontana e la ritiene un cruciale avamposto strategico. In questo contesto Torino diventa per poco protagonista: agli albori del nuovo regno un esercito di Burgundi riesce ad entrare in Italia, attraversando la Valle dAosta e saccheggiando le cittadine della pianura lombarda; Teodorico affida il compito di sedare linvasione e negoziare il rilascio dei prigionieri ai vescovi di Pavia e Torino. La vicenda si conclude positivamente e nel 508 Teodorico espelle gli invasori dal regno e rende Torino un caposaldo della sua linea difensiva.
Limperatore muore nel 526 e la stabilità del potere politico viene bruscamente scossa. Prende il comando il bizantino Giustiniano, la cui aspirazione più grande è restaurare lantico Impero Romano; egli decide di riunire le province occidentali ai territori orientali che governa da Costantinopoli.
A seguito di tale desiderio dellimperatore, nel 535 il generale Belisario inizia la riconquista dei territori italiani, le battaglie che ne conseguono sono violente e sanguinose e portano alla distruzione di gran parte dei territori settentrionali e centrali della penisola. Nel 553 cade lultimo avamposto ostrogoto e il regno di Teodorico viene cancellato del tutto. La vittoria di Giustiniano però non è destinata a durare. La conquista bizantina ha conseguenze negative e comporta linizio di unaltra invasione barbarica, quella dei Longobardi. Alboino in breve tempo ottiene tutta lItalia settentrionale e centrale, occupa il Piemonte e rende Torino unimportante roccaforte del nuovo regno. Per due secoli i Longobardi detengono legemonia, il segno del loro passaggio è incisivo e ben evidente, soprattutto in Lombardia, regione che ancora oggi porta il loro nome.
I Longobardi, confederazione di più gentes, assimilabili nellaspetto perché portatori di una lunga barba, sono bellicosi, saccheggiatori alla ricerca di nuove terre in cui insediarsi e soprattutto sono seguaci dellarianesimo. È appunto la questione religiosa che determina allinizio grosse difficoltà e spaccature con la convivenza autoctona, tutta cristiana. Ci vuole del tempo, ma alla fine ariani e pagani si convertono al cattolicesimo, come dimostra la diocesi torinese che riesce a ricongiungersi con il papato a Roma nel giro di neanche un secolo. Nonostante la natura guerriera dei nuovi dominatori, a Torino non pare esserci alcuna situazione particolarmente violenta: i contadini continuano a svolgere le loro attività e i vescovi sono lasciati liberi di occuparsi dei propri fedeli. I nobili longobardi si impossessano delle zone adiacenti allurbe, come per esempio il colle su cui sorge Superga, il cui nome deriverebbe da Sarropergia, dal germanico Sarra-berg, monte della collina.  Quel che emerge è che i Longobardi sono sottoposti ad un graduale processo di romanizzazione, come dimostra la scomparsa della loro lingua a favore del latino volgare. Daltro canto i nuovi dominatori apportano notevoli modifiche agli usi e costumi di derivazione romana, ad esempio il sistema delle tasse e lassetto urbano dei centri abitati. Viene inoltre smantellata lorganizzazione delle province dellImpero, a favore dellistituzione di ducati, governati da comandanti militari longobardi, detti duchi; i nuovi siti hanno alto valore strategico, tra questi emergono per importanza Torino, Asti, Ivrea e Novara.
A Torino i duchi longobardi  erigono diversi nuovi monumenti e palazzi, accanto ai luoghi cristiani già preesistenti. Sorgono chiese e abitazioni che esulano dallassetto regolare della città: esse vengono costruite senza tenere in minima considerazione lo schema urbano e i tracciati originali delle strade, il tessuto della città cambia in maniera irreversibile.
Il regno longobardo sopravvive fino al 773, anno in cui Carlo Magno invade definitivamente lItalia. Una parte dellesercito varca le Alpi attraverso il passo del Gran San Bernardo mentre un altro reparto guidato dal re in persona- raggiunge Torino, attraverso il valico del Moncenisio e la Val Susa. Torino è proprio la prima città a cadere sotto il dominio franco. Carlo Magno si proclama re dei Franchi e dei Longobardi, sottolineando in tal maniera la volontà di amministrare il regno come una provincia del suo impero franco, concedendo agli abitanti di mantenere la propria identità.  Lo stesso governo di Carlo in Italia si appoggia alla struttura politica precedente, Torino stessa ne è unacuta dimostrazione e testimonianza.
La nuova amministrazione è tuttavia più efficiente, grazie anche ai missi dominici, gli emissari dellimperatore, i quali devono indagare e occuparsi delle eventuali ingiustizie e sono altresì incaricati di supervisionare lamministrazione locale.
A caratterizzare limpero carolingio è la strettissima alleanza con la Chiesa, ancora una volta Torino si dimostra esempio perfetto per esplicare il sistema di governo attuato. La città e le zone adiacenti sono un importante punto strategico, lurbe sorge su un asse cruciale per la sorveglianza e la comunicazione tra il Regno Italico, la Roma pontificia e il cuore dei territori franchi. Il passaggio attraverso i valichi prende un nuovo nome: strada francigena, ossia la strada dei franchi. Daltra parte Torino è governata da un conte, amministratore della giustizia in vece dellimperatore, egli èaffiancato nellincarico da fidati collaboratori, sia laici che ecclesiastici.


Le fonti forniscono diverse importanti informazioni sulla centralità del ruolo del clero nellamministrazione carolingia; ad esempio, nellanno 816, Ludovico il Pio figlio di Carlo Magno- nomina vescovo di Torino Claudio, suo cappellano e consigliere. Tale scelta è dovuta allesigenza di lasciare una diocesi così importante in mani fidate. Claudio è comunque figura centrale per la storia del capoluogo piemontese, è infatti grazie a lui che nasce la schola di Torino, volta ad accogliere studenti dal Piemonte e dalla Liguria. A Claudio succedono prima Vitgario, il quale segue il processo di rinnovamento cristiano in risposta alle esigenze dellimpero carolingio, e poi Regimiro, che istituisce la regola di Crodegango di Metz, secondo la quale i canonici della cattedrale devono condurre una vita monastica attiva, in stretta collaborazione con il vescovo.
Con la morte di Ludovico il Pio lenorme regno franco inizia a frantumarsi: dopo una sanguinosa lotta intestina i tre discendenti di Ludovico si spartiscono il regno.
Lultimo re è Carlo il Grosso, figlio di Ludovico il Germanico, che tuttavia non si dimostra allaltezza di governare né di fronteggiare i nuovi nemici Normanni e Saraceni- e viene così deposto dai vassalli nellanno 887.
Il Regno Italico è ormai un immenso campo di battaglia su cui si scontrano i grandi signori dellepoca e Torino è di nuovo in balia degli importanti eventi che determinano la Storia dei popoli.

 ALESSIA CAGNOTTO 

La solitudine. Parliamone al Circo

In arrivo a Cavallermaggiore, nel Cuneese, il Circo “Madera” con lo spettacolo “Canto Ergo Sum”

Giovedì 18 aprile, ore 20,30

Cavallermaggiore (Cuneo)

Anteprima del Festival di Circo “Istantanea 2024”, organizzato dall’Associazione torinese “Cordata FOR” (in collaborazione con “Piemonte dal Vivo” ed il sostegno del “Ministero della Cultura”) che sbarcherà con le sue due “arene” a Cavallermaggiore, in piazza Baden Powell, da venerdì 3 a domenica 5 maggio, “Canto Ergo Sum” di “Circo Madera” approderà al “Salone Teatro San Giorgio” (via Turcotto, 1) della storica cittadina cuneese, giovedì 18 aprile, alle 20,30.

Sul palco, attrice e regista, Silvia Laniado, cantante comica, attrice e docente di vocalità, oltreché direttrice artistica, con Martina Soragna, del Festival Internazionale “Pagliacce” che, proprio quest’anno, toccherà la sua terza edizione e che, negli ultimi due anni, ha portato a Torino, le migliori artiste internazionali della comicità, di professione clown. Al centro dello spettacolo, un tema di grandissima attualità e su cui, in verità, c’è ben poco da ridere, ma che nelle mani nei gesti e nella voce della Laniado si trasforma mirabilmente in ghiotta occasione per indurre attrice e pubblico alla comicità e alla risata. Come al circo, del resto, si conviene. Quale tema? La “solitudine”! Ohibò… e che ci sarà mai da ridere? Eppure … Provare per credere!

Quello di Silvia Laniado è un personaggio bizzarro, irriverente e disordinato. Stanco di una quotidianità in cui non si sente compreso, chiude i contatti con la Terra e parte per un viaggio solitario in esplorazione dell’universo. E allora, a bordo della sua navicella, ci trasporta nel suo mondo interiore con una comicità che diverte ed emoziona, facendo ragionare, attraverso la risata.

Vera protagonista di questa storia è la “voce”.

Voce capace di farsi “virtuosismo, strumento musicale, narrazione”. Musiche, rumori e suoni sono realizzati unicamente dall’interprete. Che si tuffa, con eccelsa abilità, in citazioni di brani classici e contemporanei dando vita ad una storia “raccAntata”, in cui l’attrice sfrutta la “loop station” per registrare dal vivo diversi suoni e sovrapporli l’uno all’altro fino a creare una sorta di “orchestra vocale”.

“Canto Ergo Sum”, nel segno dello spirito del Festival di Circo “Istantanea” è adatto a tutti, a un pubblico dagli otto anni in su e sa ben parlare tanto ai bambini quanto agli adulti.

Per info e prenotazioni: tel. 351/5488100 o istantanea@cordatafor.com

g. m.

Nelle foto: Silvia Laniado in due momenti di “Canto Ergo Sum”

Via dell’Arcivescovado, da Gramsci a Einaudi

In questo palazzo ebbe sede la redazione del giornale di Gramsci e degli altri futuri fondatori del Pcd’i, come prima l’aveva avuta l’edizione piemontese de “L’Avanti!” e, in seguito, si sarebbe insediata, il 15 novembre del 1933 e per qualche tempo, la casa editrice Einaudi

In via dell’Arcivescovado, a Torino, quasi all’angolo con via XX Settembre, su uno dei muri dell’ex convento che oggi ospita una banca, il 27 aprile del 1949 è stata posta una lapide da «Torino memore » dove si ricorda che lì «La forte volontà/ e la mente luminosa/ di Antonio Gramsci/ stretti attorno a lui/ gli operai torinesi/ contro la barbarie/ fascista prorompente/ “L’Ordine Nuovo”/ stendardo di libertà/ qui nella bufera/levarono e tennero fermo».

In questo palazzo ebbe sede la redazione del giornale di Gramsci e degli altri futuri fondatori del Pcd’i, come prima l’aveva avuta l’edizione piemontese de “L’Avanti!” e, in seguito, si sarebbe insediata, il 15 novembre del 1933 e per qualche tempo, la casa editrice Einaudi. In via dell’Arcivescovado nei «due grandi cameroni, in cui lavoravano tutti i redattori e i cronisti», come ricordava Palmiro Togliatti, nacque, visse e morì “L’Ordine Nuovo” di Gramsci. In via dell’Arcivescovado  ci passa tanta gente, tutti i giorni. Chissà quanti alzando gli occhi, magari casualmente, si soffermano a leggere quella lapide. E quanti impegneranno almeno qualche attimo soffermandosi a pensare a quell’insieme di uomini e di cultura, immaginando il fervore delle idee, delle passioni, dei progetti che si addensarono in quelle stanze luogo. Probabilmente pochi. E per i più varrà quell’indifferenza che Gramsci condannò con veemenza in uno dei suoi scritti più noti, “Odio gli indifferenti”.  Lo scrisse per La città futura, numero unico pubblicato nel febbraio del 1917 a cura della Federazione giovanile piemontese del Partito Socialista.

Scriveva, tra l’altro, Gramsci: “Odio gli indifferenti. Credo che vivere voglia dire essere partigiani. Chi vive veramente non può non essere cittadino e partigiano. L’indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti..L’indifferenza è il peso morto della storia. L’indifferenza opera potentemente nella storia. Opera passivamente, ma opera. È la fatalità; è ciò su cui non si può contare; è ciò che sconvolge i programmi, che rovescia i piani meglio costruiti; è la materia bruta che strozza l’intelligenza…Tra l’assenteismo e l’indifferenza poche mani, non sorvegliate da alcun controllo, tessono la tela della vita collettiva, e la massa ignora, perché non se ne preoccupa; e allora sembra sia la fatalità a travolgere tutto e tutti, sembra che la storia non sia altro che un enorme fenomeno naturale, un’eruzione, un terremoto del quale rimangono vittime tutti, chi ha voluto e chi non ha voluto, chi sapeva e chi non sapeva, chi era stato attivo e chi indifferente. Alcuni piagnucolano pietosamente, altri bestemmiano oscenamente, ma nessuno o pochi si domandano: se avessi fatto anch’io il mio dovere, se avessi cercato di far valere la mia volontà, sarebbe successo ciò che è successo?Odio gli indifferenti anche per questo: perché mi dà fastidio il loro piagnisteo da eterni innocenti…”.

Marco Travaglini

 

“A tarda notte mentre dormi, Poison Ivy arriva strisciante in giro”

Music Tales, la rubrica musicale

“Avrai bisogno di un oceano,

Di lozione alla calamina.

Ti gratterai come un cane,

Nel momento in cui inizi a fare casino!

Poison Ivy,

Poison Ivy,

A tarda notte mentre dormi,

Poison Ivy arriva strisciante in giro.”

Poison Ivy è una canzone Doo-wop del 1959 del gruppo musicale statunitense dei The Coasters.

Successivamente la canzone è stata reinterpretata in diverse chiavi musicali da gruppi come The Rolling Stones, Manfred Mann, The Hollies, The Lambrettas e Giuliano Palma & the Bluebeaters.

Per coloro che non ne sono a conoscenza il doo-wop, scritto anche doowop o doo wop, è un genere di musica del rhythm and blues che ha avuto origine nelle comunità afroamericane durante gli anni ’40, principalmente nelle grandi città degli Stati Uniti, tra cui New York, Filadelfia, Pittsburgh, Chicago, Baltimora, Newark, Detroit, Washington DC e Los Angeles.

Fondati nel 1955 dalle ceneri dei Robins, che avevano firmato per la Spark Records l’anno precedente, i The Coasters collaboravano con il duo di produttori Leiber e Stoller, i quali decisero di lasciare l’etichetta per entrare nel roster dell’Atlantic Records.

Quando questi ultimi proposero alla band di recidere il contratto con la loro casa discografica ed entrare nelle file dell’Atlantic, solo Carl Gardner e Bobby Nunn accettarono. Poco più tardi, alla formazione si aggiunsero Leon Hughes e Billy Guy. Tra le hit più importanti dei Coasters vi sono Charlie Brown, Along Came Jones, Little Egypt, Yakety Yak, Young Blood e Searchin’. Nel 1999 vennero inseriti nella Vocal Group Hall of Fame.

Ho scelto questo brano perchè sono una amante del doo wop e mi fa stare leggera.

Coverizzata inverosimilmente questa canzone è un tributo umoristico, si può dire.

La canzone parla di una ragazza conosciuta come “Poison Ivy”. Viene paragonata al morbillo, alla parotite, alla varicella, al comune raffreddore e alla pertosse, ma è considerata peggiore, perché “l’edera velenosa, Signore, ti farà prudere”.

Secondo il paroliere Jerry Leiber, “Pura e semplice, ‘Poison Ivy’ è una metafora di una malattia sessualmente trasmissibile”. La canzone fa anche riferimento ad altri fiori come una rosa e una margherita.

Buon ascolto

CHIARA DE CARLO

 

 

 

 

 

 

https://www.youtube.com/watch?v=lbrtRlAtNys

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Ecco a voi gli eventi da non perdere!

Dantone sul podio dell’Auditorium Rai. Solista il giovanissimo violinista Vikram Francesco Sedona

Giovedì 18 e venerdì 19 aprile

 

Torna per la seconda settimana consecutiva, sul podio dell’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai, Ottavio Dantone, uno degli interpreti più apprezzati di musica antica. Il concerto è in programma giovedì 18 aprile all’Auditorium Rai “Arturo Toscanini” di Torino, ed è trasmesso in live streaming su raicultura.it e registrato da Radio 3, che lo proporrà in differita. Replica venerdì 19 aprile, alle ore 20.

Nato musicalmente come clavicembalista, è poi salito sui podi più prestigiosi del mondo, dalla Scala al Festival di Salisburgo, passando per il Proms di Londra. Dantone propone in apertura di serata l’Ouverture della Vestale, la tegédie lyrique di Gaspare Spontini, rappresentata per la prima volta a Parigi il 15 dicembre 1807 con grande successo all’Académie Impériale de Musique, con François Lays. Fu dedicata all’Imperatrice Giuseppina. Il suo successo fu tale da fare del suo autore l’interprete ufficiale del grandeur napoleonico imperiale.

Più che una semplice opera di propaganda, la Vestale si impone, grazie alla partitura di Spontini, come uno dei traits d’union che collegano la tragedia lirica dell’ ancien régime al genere della Grand Opera. La disposizione dei grandi numeri e il trattamento movimentato delle scene, attestano un addensamento dell’azione scenica che è propria degli eredi di Gluck all’Opera di Parigi. Molto incentrata sul personaggio di Giulia, l’opera richiede che sia un soprano d’eccezione a interpretarla. Fu Caroline Branchu (la tragedia lirica impersonificata, secondo Berlioz), che rimase a lungo nella memoria dei suoi contemporanei quale prima interprete dì questo ruolo, prima di Maria Callas.

A seguire sarà il Concerto n.22 in la minore per violino e orchestra di Giambattista Viotti, forse il più popolare dei 29 concerti per violino del compositore vissuto tra il 1700 e il 1800, e considerato uno dei più alti virtuosi dello strumento ad arco. A interpretarlo è chiamato Vikram Francesco Sedona, giovanissimo violinista pluripremiato nei più prestigiosi concorsi internazionali. Nato a Treviso, Sedona ha suonato in importanti festival internazionali come quello della Radio France Occitanie Montpellier e il festival “George Enescu” di Bucarest, al NOSPR di Katowiche, al Corum di Montpellier e alle Sale Apollinee del Grande Teatro La Fenice. Nel 2022 ha suonato al teatro Vittorio Emanuele II di Messina con l’orchestra del teatro della Scala, alla presenza del Presidente Sergio Mattarella.

Conclude la serata la Sinfonia n.8 in fa maggiore op.93 di Beethoven, composta tra il 1811 e il 1812 ed eseguita per la prima volta pubblicamente nella Sala del Ridotto del Burg Theater di Vienna il 27 febbraio del 1814, sotto la direzione dello stesso Beethoven. Fu tenuta privatamente nell’aprile 1813, nella residenza dell’Arciduca Rodolfo. Beethoven cominciò a lavorare all’ottava sinfonia nel 1811, ma tra ripensamenti e ritocchi vari la completò nel 1812, durante i soggiorni nelle stazioni termali di Tepliz, in cui avvenne il celebre incontro con Goethe, tanto ammirato dal musicista. L’ottava sinfonia, all’inizio, non fu apprezzata adeguatamente, come riferì Czerny, e dovette aspettare diversi anni prima di essere compresa nel suo elegante e misurato classicismo. Il ritorno inaspettato del musicista ai modi haydniani e mozartiani, mise in serio imbarazzo i primi commentatori dell’opera beethoveniana, che non sapevano spiegare per quale motivo l’autore, in questa sinfonia, dopo tante imprese innovatrici, avesse fatto dei passi indietro con il ripristino del minuetto nella forma classica. A parte certi richiami formali al passato, e la restrizione architettonica della durata, in tutto 26 minuti, non si può negare che l’ottava sia un’opera della maturità del compositore, per la preziosità della fattura strumentalmente e per la novità di alcuni sviluppi seducenti del gioco armonico. La sua leggerezza scherzosa e il suo gusto ritmato e molto misurato piacquero tanto a Stravinskij, e convinsero il musicologo Paul Bekker a sentire nella sinfonia la liberazione da ogni peso terrestre, l’assoluto superamento della materia verso una forma di saggezza speculativa.

Biglietteria presso l’Auditorium Rai e online sul sito dell’OSN.

Auditorium Rai “Arturo Toscanini”, piazza Rossaro, Torino

Tel: 011 8104996

 

Mara Martellotta

 

Premio Lattes Grinzane, XIV Edizione

Comunicata la “cinquina” finalista. “Premio speciale” ad Alessandro Baricco

Annuncio vincitore il 12 ottobre

Monforte d’Alba (Cuneo)

Fra i cinque vincitori dell’edizione 2024, la XIV, nessun italiano. Troviamo invece una georgiana, un cileno, due messicane ed uno statunitense. Ecco i nomi e le relative opere: Nino Haratischwili con “La luce che manca” (Marsilio, traduzione di Fabio Cremonesi), Benjamín Labatut con “Maniac” (Adelphi, traduzione di Norman Gobetti), Federica Manzon con “Alma” (Feltrinelli), Guadalupe Nettel con “La vita altrove” (La Nuova Frontiera, traduzione di Federica Niola) e Sandra Newman con “Gli uomini” (Ponte alle Grazie, traduzione di Claudia Durastanti). Sono loro i “finalisti” del “Premio Lattes Grinzane 2024”, riconoscimento internazionale intitolato a Mario Lattes (scrittore, pittore ed editore, fra i massimi intellettuali del secolo scorso) e organizzato dal 2011 dalla “Fondazione Bottari Lattes” di Monforte d’Alba, presieduta da Caterina Bottari Lattes. Giunto alla sua XIV edizione, il “Premio” vede concorrere insieme autori italiani e stranieri ed è dedicato ai migliori libri di narrativa pubblicati nell’ultimo anno. Il prossimo sabato 12 ottobre ad Alba verrà annunciato il romanzo vincitore.

Al “nostro” Alessandro Baricco verrà conferito il “Premio Speciale Lattes Grinzane”, attribuito ogni anno a un’autrice o a un autore internazionale di “fama riconosciuta a livello mondiale e che nel corso del tempo abbia ricevuto un condiviso apprezzamento di critica e di pubblico”. Il “Premio Speciale” così come l’individuazione dei cinque romanzi finalisti, sono il risultato della competente selezione di una “Giuria Tecnica”, presieduta da Loredana Lipperini, scrittrice, giornalista e conduttrice radiofonica.

Ora toccherà ai 400 studenti e studentesse facenti parte delle “Giurie Scolastiche” (sono 25 le scuole coinvolte in tutt’Italia, compresa una ad Atene), leggere, giudicare e selezionare il vincitore di quest’anno. In occasione della cerimonia di premiazione al “Teatro Sociale Busca” di Alba, Alessandro Baricco terrà una “lectio magistralis” su un tema a propria scelta e sarà insignito del riconoscimento. Nella mattina della stessa giornata, i finalisti incontreranno gli studenti e le studentesse delle scuole in Giuria al “Castello di Grinzane Cavour”. L’appuntamento del 12 ottobre sarà trasmesso in “diretta streaming” sul sito e sui “canali social” della “Fondazione Bottari Lattes”.

La “Giuria Tecnica” ha inoltre deciso di attribuire, in accordo con “Fanucci Editore”, una “menzione speciale” a Alan Moore, autore britannico tra i “maghi” delle storie “a fumetti”, con opere quali “From Hell”, “V per Vendetta”“Watchmen” e “La lega degli Straordinari Gentlemen”.

Spiega Loredana Lipperini, a nome della “Giuria Tecnica”: “ Quella del 2024 è una ‘cinquina’ che esprime compiutamente la varietà di scritture e visioni dei nostri anni, sia geograficamente sia come scelta narrativa che tocca i generi e li trascende. La menzione speciale ad Alan Moore e il riconoscimento ad Alessandro Baricco testimoniano quanto sia vitale il mondo delle storie e quanto debba continuare a esserci caro”.

Domenica 13 ottobre, proprio all’indomani della cerimonia di premiazione, uno degli autori finalisti sarà ospite della rassegna “Cervo in Blu d’inchiostro”. Con questo incontro si inaugura una nuova collaborazione tra la “Fondazione” di Monforte d’Alba e l’appuntamento che dal 2012 porta i grandi protagonisti della Letteratura Contemporanea nello splendido borgo di Cervo Ligure, prezioso “borgo medievale” ( fra i più belli d’Italia) dell’Imperiese.

Per info: “Fondazione Bottari Lattes”, via Guglielmo Marconi 16, Monforte d’Alba (Cuneo); tel. 0173/789282 o www.fondazionebottarilattes.it

Gianni Milani

Nelle foto: cover cinque romanzi finalisti e “Premio Speciale”, Alessandro Baricco; Caterina Bottari Lattes

Al MAO incanti e misteri di Al-Ula e dell’Arabia Saudita

PETRA D’ARABIA

Conferenza di Sherif El Sebaie alla scoperta del sito di Alula

Mercoledi 17 aprile 2024 ore 18
MAO Museo d’Arte Orientale, Torino

 

Mercoledi 17 aprile il MAO è felice di ospitare una conferenza di Sherif El Sebaie – consulente scientifico in fase di allestimento museale della galleria dei Paesi Islamici del MAO – di ritorno da un lungo periodo di permanenza in Arabia Saudita, in qualità di Coordinatore Organizzativo e Supervisore Logistico della prima missione di formazione per giovani restauratori sauditi guidata dal Centro di Conservazione e Restauro della Venaria Reale.

Sherif El Sebaie svelerà i segreti di Alula, crocevia geografico e culturale, luogo di incontro e di scambi lungo le antiche rotte commerciali dell’incenso e del pellegrinaggio islamico. Capitale degli antichi regni di Dadan e Liyhan, poi ultimo avamposto del Regno dei Nabatei prima della conquista romana, Alula è un museo a cielo aperto che culmina a Hegra, primo sito in Arabia Saudita dichiarato Patrimonio mondiale dell’Umanità dall’Unesco, dove monumentali tombe ben conservate, scavate negli affioramenti di arenaria, testimoniano il prestigio e i legami internazionali dei suoi antichi abitanti.

L’incontro, organizzato a margine della mostra Tradu/izioni d’Eurasia e reso possibile grazie alla collaborazione con la Royal Commission for Al-Ula e al sostegno di Assointerpreti – Piemonte, Valle d’Aosta e Liguria nell’ambito delle celebrazioni del cinquantenario dell’Associazione Nazionale Interpreti di Conferenza, è anche l’occasione per interrogarsi su fenomeni quali la circolazione delle idee, delle lingue, degli stili e delle tecniche artistiche e artigianali avvenute fra paesi, popoli ed epoche diversi e di come, al variare del contesto, i significati si trasformino e si adattino. Il polo archeologico di Alula, esempio concreto di questa circolazione, di questi continui scambi, testimonia della fragilità del concetto di altro da sé ed evidenzia legami dove si ipotizzava ci fossero confini, in un gioco di prossimità e fascinazione reciproca.

 

Ingresso libero fino a esaurimento posti disponibili.

 

A Castellamonte la mostra “Carlos Carlè-Fuoco, Materia e Forma”

Il 27 aprile, a Castellamonte, riapre i suoi spazi, recentemente e sapientemente ristrutturati, il centro ceramico Museo Fornace Pagliero 1814, in frazione Spineto 61, a Castellamonte. Verrà proposta la mostra “Carlos Carlè-Fuoco, Materia e Forma”, un’antologica di circa 70 opere a cura di Antonella Gulli, della Gulli Arte di Savona, che collabora all’evento. La mostra sarà presentata sabato 27 aprile alle ore 11, e aprirà al pubblico domenica 28 aprile alle ore 10, per proseguire fino a domenica 30 giugno prossimo.

Carlos Carlè, nato in Argentina nel 1928, è mancato nel 2015 a Savona, città in cui a lungo ha vissuto ed è stato molto amato. Di lui, il critico Matteo Fochesati ha scritto: ”Tutta l’opera di Carlè pare ispirata dal complesso e articolato confronto con le mutevoli forme del concetto di tempo, a iniziare dalle opere del suo esordio artistico, improntato a modelli espressivi e iconografici delle culture primitive, per giungere agli sviluppi più tardi della sua produzione scultorea che, già a partire dalla fine degli anni Settanta, è stata contraddistinta da una dimensione monumentale, che ha trovato sfogo in strutture classiche, maestose e arcaiche, accompagnate da titoli evocanti remote delle civiltà del passato, come Colonna, Totem, Dolmen, Megalito, Pietra miliare. L’attenzione alle dinamiche del flusso temporale si può inoltre riscontrare all’interno del suo processo creativo sin dalla metà degli Anni Sessanta quando, in occasione della sua cruciale svolta artistica, cominciò ad avvicinarsi a dinamiche estetiche di matrice informale, impostando una personale attitudine a investigare le trasformazioni della materia. Tra le personalità con cui si confrontò, è importante citare Lucio Fontana: le geniali tracce dei suoi concetti spaziali sembrano riaffermare nell’impianto strutturale delle Bocce e delle Sfere che, tuttavia, attraversate da profonde incisioni, sembravano sgretolarsi per dare maggiore rilievo alle trasformazioni organiche della materia. Tangente alla pratica informale di Antoni Tàpies i Puig, marchese di Tapies, Carlè si distaccò dall’artista spagnolo per il suo rigore analitico nel controllo dei mutamenti materici e degli effetti determinati dagli interventi segnici e gestuali. La sua ricerca artistica va comunque principalmente interpretata alla luce della sua specifica scelta operativa: la ceramica, e in particolare il grès, con la sua solida e suggestiva carica espressiva”.

L’allestimento sarà aperto dal lunedì al venerdì dalle 14 alle 18, sabato, domenica e festivi dalle 10 alle 13 e dalle 14 alle 18.

Ingresso gratuito per i possessori dell’abbonamento Torino Musei

Per informazioni, telefonare al numero 377 4390604 – 0124 582642

Mara Martellotta

Nel Pinerolese gli appuntamenti di “Bellezza tra le righe”

Ne  parliamo con uno dei protagonisti

 

Anche quest’anno il Pinerolese potrà vantare la rassegna della ‘Bellezza tra le righe’, ciclo di incontri letterari che si terranno nelle giornate del 30 giugno, 14 luglio e 13 ottobre nella dimora storica del Palazzo dei Conti di Bricherasio e, contemporaneamente, al castello di Miradolo e a casa Lajolo a Piossasco ( che si terranno nei mesi da giugno a ottobre, con inaugurazione il 30 giugno)

“Se la parola chiave dell’edizione dello scorso anno è stata “cura”, quella di quest’anno – spiega Guido Calleri di Sala, proprietario del palazzo dei Conti di Bricherasio, – è “coraggio”.

L’appuntamento del 30 giugno avverrà, seppure in ore diverse, in tutte e tre le dimore storiche; il 14 luglio verrà presentato a Bricherasio il libro dell’autrice Claudia Raffino, dal titolo “Una vita in dono “ (99 edizioni), il 16 ottobre sarà una giornata dedicata alla lettura per ragazzi”.

“Il Pinerolese non ha nulla da invidiare ad altre zone del Piemonte, come il Monferrato o le Langhe – spiega Guido Calleri di Sala – forse ha avuto nel passato un atteggiamento piuttosto sabaudo a causa del quale si è promosso in maniera minore, ma vanta il più alto numero di dimore storiche del Piemonte, pari a undici. Le valli del Pinerolese sono la val Pellice, la val Germanasca, la Val Chisone, accanto alla val Noce, a paesini incantevoli che sono veri e propri gioielli, quali Roletto e Cantalupa.

In val Germanasca meritano una visita le miniere del talco, che si trovano in una località che si chiama Gianna, che apparteneva alla famiglia di mia mamma e che ne riporta il nome. Nel 1999 sono state vendute a concorrenti francesi ma recuperate, poi, nella loro bellezza, per diventare un ecomuseo. Ora le miniere sono due, Gianna e Paola (il nome di mia zia), luoghi dove si tengono concerti, spettacoli teatrali e utilizzati anche da una cantina locale per far riparare il loro vino.

L’anno scorso sono stati festeggiati i 45 anni di attività dell’Ecomuseo.

Un’altra attrazione di Pinerolo è sicuramente il Museo della cavalleria, che ha un’estensione di 55 mila mq, tanto che la cittadina è incentrata sulla Scuola di Cavalleria. Fu il re di Sardegna Carlo Felice, il 15 novembre 1823, a disporre la costituzione della Regia Scuola Militare di Equitazione nella Venaria Reale, al fine di istruire nell’equitazione i giovani allievi dei corpi di Cavalleria, gli ufficiali di ogni arma nonché i componenti della corte. La scuola nacque nel 1849 a Pinerolo come Scuola Militare di Cavalleria allo scopo di istruire il personale dell’arma della Cavalleria e dare un indirizzo univoco alla preparazione equestre dei quadri. Nel 1891 venne costituita la sede distaccata di Tor di Quinto per lo sviluppo dei corsi complementari di Equitazione di campagna. Un personaggio rimane legato alla scuola di cavalleria, Federico Caprilli, l’uomo che rivoluzionò l’arte del cavalcare, il brillante ufficiale che fu tra gli idoli della Belle Epoque. Entrato, a spese del patrigno, all’Accademia di Modena, Caprilli conobbe quello che sarebbe divenuto il suo amico fraterno, Emanuele Cacherano di Bricherasio, anche’egli destinato a una vita straordinaria quanto breve. Fu per seguire Emanuele che, una volta diventato sottufficiale, Federico chiese di essere assegnato al Reggimento Piemonte Reale, di stanza a Saluzzo, e di lì a poco alla scuola di Cavalleria di Pinerolo.

Nacque così un binomio indissolubile tra il giovane semisconosciuto e la Città della Cavalleria.

“Quando sciamavano per la cittadina i quattrocento militari con i loro ufficiali- scrive Lami – [Pinerolo] diventava una propaggine della caserma. La società stessa era pervasa dalla Cavalleria”.

A Pinerolo quello che era stato considerato un mediocre studente dell’Accademia di Modena divenne un personaggio di fama internazionale per merito del suo talento e per le doti non comuni che dimostrò nell’arte equestre. Perfezionò un modo di cavalcare che divenne noto a livello mondiale come “metodo naturale”. Non era più il cavallo a doversi adattare al cavaliere, ma il contrario e questo consentiva di ottenere dall’animale prestazioni inimmaginabili fino a quel momento.

Per apprendere il metodo Caprilli giunsero a Pinerolo ambiziosi cavalieri provenienti da tutta Europa. Federico divenne celebre, apprezzato dagli uomini per le sue doti sportive e dalle donne per le sue doti amatorie, si fece un nome nella buona società dell’epoca, conquistando gli onori delle cronache e rivaleggiando con Gabriele d’Annunzio.

“Per aumentare le potenzialità rappresentate da alberghi, dimore storiche e bed and breakfast – precisa Guido Calleri di Sala – è nato il Consorzio turistico del Pinerolese delle sue valli. La Scuola di Cavalleria ha festeggiato il suo bicentenario e le giornate d’autunno del FAI sono state un grande successo.

A Bricherasio è poi venuta la troupe che è impegnata nel registrare una fiction su Leopardi, regista Sergio Rubini. Aprire le porte di palazzo dei conti di Bricherasio alla troupe è stata una vera gioia”

Guido Calleri di Sala è molto legato al territorio di Bricherasio, di cui suo padre, il conte Edoardo Calleri di Sala fu sindaco, per poi divenire primo presidente della Regione Piemonte. Nel 2022 è stato celebrato dal Comune di Bricherasio il ventennale della scomparsa di Edoardo Calleri di Sala. Il figlio oggi segue le orme del padre, candidandosi a sindaco della cittadina in una lista Civica che si trova all’opposizione.

Mara Martellotta

In mostra “Pinocchio nel paese dei Tarocchi”

 

 

Sabato 20 aprile, alle ore 16, alla presenza dell’artista Lorenzo Maria Bottari, delle autorità e dei critici, si inaugura presso gli spazi di Open Ada, in via Repubblica 6, a Torre Pellice, la mostra “Pinocchio nel paese dei Tarocchi” di Lorenzo Maria Bottari, curata da Monica Nucera Mantelli, con interventi critici di Antonio Mirevi, il patrocinio culturale della Fondazione Collodi e il patrocinio del Comune di Torre Pellice.

“Si tratta di una mostra magica e catartica, come solo fiabe e Tarocchi insieme sanno creare del genio creativo di un grande artista siciliano – spiega la curatrice “.

In esposizione quasi una cinquantina di lavori, tra cui 23 tele50×70, dedicata all’incroci del burattino più famoso di tutti i tempi, annesse alle simbologie archetipiche degli arcani maggiori, oltre a schizzi e stampe a tema. Non mancheranno oggetti d’artista quali il libretto con cartoline e cofanetto dei Tarocchi, curati da Miredi e editi da Attini Arte. Sabato 4 maggio, alle 15.30, si terrà un evento collaterale interattivo con il pubblico, inserito nel calendario del Salone OFF, con l’esperto di Tarocchi di ispirazione jodorowskiana Dario Noascone, dal titolo “Con Pinocchio, conoscersi con i Tarocchi”. L’introduzione, tra arte e psicomagia, sarà curata da Monica Nucera Mantelli. L’ingresso all’appuntamento è gratuito fino a esaurimento posti. La mostra, in corso da sabato 20 aprile, sarà visitabile fino a sabato 25 maggio 2024, il venerdì pomeriggio dalle 15 alle 18, il sabato con il medesimo orario e la domenica su appuntamento. L’ingresso è libero. Si segnala inoltre che, presso Open Ada, centro culturale di titolarità dell’Associazione Decima Arte, sono in permanenza presenti opere a tema di Enrico Colombotto Rosso e Beny Giansiracusa.

“Con Pinocchio precipitiamo nelle sue avventure – spiega Antonio Miredi – nel suo meraviglioso vagabondaggio, pronti come l’immortale burattino a sorprenderci e spaventarci nelle continue prove ad ostacoli, nelle metamorfosi delle forme, in una fuga vissuta con abbandoni e ritorni. In Pinocchio, il reale e il fantastico si mescolano in maniera non logica ma analogica, mantenendo vivo lo sberleffo della comicità. Intrecciare il simbolismo del racconto di Pinocchio alla magia dei Tarocchi offre all’artista Lorenzo Maria Bottari l’occasione di un doppio viaggio e di un doppio sogno. La fedeltà della narrazione pittorica non è quella pedante della filologia, ma quella estrosa e sensualmente allusivo dell’artista, che pone il suo talento istintivo e cromaticamente acceso e avvolgente al servizio del raccontare dipingendo e del dipingere raccontando.

Si terrà anche un evento nell’ambito del Salone Internazionale del Libro OFF, sabato 4 maggio, alle ore 15.30 dal titolo “Pinocchio, conoscersi con i Tarocchi”. La falsificazione della realtà o la creazione di nuove realtà è parte integrante della storia dei Tarocchi che, nel corso dei secoli, si è spostata dalle case dei ricchi e dei nobili alle osterie, dalle botteghe d’artista agli antri di maghi e cartomanti, dai salotti di occultisti agli studi di psicologi, da una parte la storia reale, dall’altra quella altamente simboli costituita dagli esoterismo, sono entrambi imprescindibili per conoscere i Tarocchi, le cui immagini archetipali sembrano metterci di fronte a verità che non vogliamo affrontare. Nel corso dell’incontro condotto da Davide Noascone, consulente generazionale famigliare, e con l’intervento speciale di Monica Nucera Mantelli, scopriremo come le bugie, la specialità di Pinocchio, che sempre oscilla tra il matto e il bagatto, spesso non siano altro che un modo differente di vedere la realtà, e come esse siano una caratteristica terapeutica dei Tarocchi. Tra immagini vecchie e nuove e simboli multiformi, il momento dell’incontro trarrà linfa e ricchezza dall’interazione tra l’intervistatrice e il pubblico, che sarà invitato su base assolutamente volontaria a confrontarsi con i segni archetipali e le bugie dei 22 Trionfi. L’artista in esposizione è Lorenzo Maria Bottari, nato a Palermo il 29 agosto 1949, penultimo di una famiglia di 10 figli. La vocazione artistica sarà la spinta che lo porterà a Firenze nel 1968 come un vero bohemien, viaggiando e vivendo fra significativi incontri con De Chirico, Guidi, Guttuso, Cagliari, Lam, Kodra e altri coetanei come Vanni Viviani e Mimmo Germanà.

È stato Renato Guttuso a presentare nel 1980 la sua prima importante cartella di xerigrafie materiche intitolata “La cattedrale di Palermo”, nella storica galleria Schettini di Milano, dove nel frattempo si è trasferito, mantenendo uno spirito nomade che lo vedrà presente nelle mostre internazionali di Londra, Vienna, Parigi, New York, Milano, Stoccolma e Berlino tra le altre. La conoscenza diretta della grande poetessa Alda Merini negli anni 90 a Milano, diventa l’occasione di un poetico omaggio con tele ospitate in diverse mostre in giro per l’Italia e nello spazio-museo Alda Merini di Milano. L’interesse verso la letteratura e le sue contaminazioni lo portano a interessarsi alla figura di Pinocchio, oggetto di ricerca e studio pittorico dal ’93. La Fondazione nazionale Collodi lo invita nel ’99, con le sue carte bozzetto “Pinocchio nel paese dei Tarocchi”, a Collodi, dove fa ritorno nel novembre 2022 con la mostra di dipinti su tele originali in cui la magia dei grandi arcani e la storia di Pinocchio trovano un luogo congeniale. Pinocchio e i Tarocchi con l’edizione Attini diventano 22 cartoline cofanetto con testo a cura di Antonio Miredi, a diffusione limitata, presentato con annullo dell’ufficio postale filatelico di Milano.

 

Mara Martellotta