Torino sul podio: primati e particolarità del capoluogo pedemontano
Malinconica e borghese, Torino è una cartolina d’altri tempi che non accetta di piegarsi all’estetica della contemporaneità.
Il grattacielo San Paolo e quello sede della Regione sbirciano dallo skyline, eppure la loro altitudine viene zittita dalla moltitudine degli edifici barocchi e liberty che continuano a testimoniare la vera essenza della città, la metropolitana viaggia sommessa e non vista, mentre l’arancione dei tram storici continua a brillare ancorata ai cavi elettrici, mentre le abitudini dei cittadini, segnate dalla nostalgia di un passato non così lontano, non si conformano all’irruente modernità.
Torino persiste nel suo essere retrò, si preserva dalla frenesia delle metropoli e si conferma un capoluogo “a misura d’uomo”, con tutti i “pro e i contro” che tale scelta comporta.
Il tempo trascorre ma l’antica città dei Savoia si conferma unica nel suo genere, con le sue particolarità e contraddizioni, con i suoi caffè storici e le catene commerciali dei brand internazionali, con il traffico della tangenziale che la sfiora ed i pullman brulicanti di passeggeri “sudaticci” ma ben vestiti.
Numerosi sono gli aspetti che si possono approfondire della nostra bella Torino, molti vengono trattati spesso, altri invece rimangono argomenti meno noti, in questa serie di articoli ho deciso di soffermarmi sui primati che la città ha conquistato nel tempo, alcuni sono stati messi in dubbio, altri riconfermati ed altri ancora superati, eppure tutti hanno contribuito – e lo fanno ancora- a rendere la remota Augusta Taurinorum così pregevole e singolare.
1. Torino capitale… anche del cinema!
2.La Mole e la sua altezza: quando Torino sfiorava il cielo
3.Torinesi golosi: le prelibatezze da gustare sotto i portici
4. Torino e le sue mummie: il Museo egizio
5.Torino sotto terra: come muoversi anche senza il conducente
6. Chi ce l’ha la piazza più grande d’Europa? Piazza Vittorio sotto accusa
7. Torino policulturale: Portapalazzo
8.Torino, la città più magica
9. Il Turet: quando i simboli dissetano
10. Liberty torinese: quando l’eleganza si fa ferro
2.La Mole e la sua altezza: quando Torino sfiorava il cielo
Non sono tuttora certa che valga anche per chi, come me, ha frequentato l’Accademia Albertina anziché l’Università di Palazzo Nuovo, ma nel dubbio – e dato che i titoli sono equipollenti- anche io non sono salita in cima alla Mole prima di aver conseguito la laurea specialistica. È quel pizzico di scaramanzia che si nasconde in molti: nessuno ci crede veramente ma intanto molti non appoggiano il cappello sul letto o prestano attenzione a come viene appoggiato il pane in tavola.
Questa diceria, legata alla credenza che gli studenti universitari che salgono in cima alla Mole prima di aver terminato gli studi poi non conseguano la tanto agognata Laurea, non è l’unico mito che interessa l’edificio simbolo di Torino, secondo alcuni, infatti, la costruzione sarebbe in realtà una gigantesca “antenna” che irradia energia positiva sulla cittadinanza, fatto assai importante se si prende in considerazione la nomea di “città magica”, che il capoluogo si porta appresso, in quanto punta di entrambi i triangoli energetici di magia nera (con Londra e San Francisco) e di magia bianca (con Praga e Lione).
In ogni caso la Mole resta un edificio affascinante, peculiare e di largo interesse, non solo per la sua storia ma anche perché ospita al suo interno il Museo Nazionale del Cinema, uno dei pochi interamente dedicati al all’argomento e uno dei più noti a livello europeo, nonché l’unica galleria di questo genere in Italia. Per chi non lo avesse ancora visitato, sappiate che il sistema espositivo consta di postazioni multimediali e interattive, attrezzature e materiali provenienti da set cinematografici sia italiani che internazionali, una invidiabile collezione di film, libri, stampe, manifesti, locandine, apparecchiature specifiche antiche e moderne, costumi, pezzi di scenografie di film, dipinti e fotografie. Anche la struttura interna è assai caratteristica: una immensa scala a spirale che si attorciglia verso l’alto e trasporta i visitatori attraverso la storia della Settima Arte, dalle origini ai giorni nostri, comprendendo non solo la collezione permanente, ma anche le diverse mostre temporanee che si susseguono con notorio successo.
A tal proposito – non solo per mio proprio gusto- mi pare ingiusto non citare la recente personale dedicata al genio creativo di Tim Burton, svoltasi tra 11 ottobre e il 7 aprile 2024, per la prima volta in mostra in Italia proprio qui, al nostro Museo del Cinema. Il titolo non lasciava certo spazio a dubbi riguardo a che cosa il pubblico avrebbe osservato: “IL MONDO DI TIM BURTON”, un universo parallelo che si apriva al di là di una porta interna, appositamente realizzata a richiamo dell’inimitabile, innovativo e visionario “Nightmare Before Christmas”, oltre la quale si veniva ingurgitati in un etere di innumerevoli bozzetti provenienti dal nucleo personale dell’artista, ideazioni in nuce dei personaggi che hanno segnato l’infanzia e l’adolescenza di almeno un paio di generazioni.
L’esperienza non termina qui, è più che consigliabile infatti salire sull’ascensore panoramico, interamente realizzato in cristallo trasparente e che, in precisamente 59 secondi, raggiunge il “tempietto” della Mole, posto a 85 metri di altezza, attraversando quella che è conosciuta come l’Aula del Tempio; una volti giunti sulla sommità il panorama è sbalorditivo, e potrete osservare Torino che si mostra nella sua totalità, fino alle Alpi che l’abbracciano.
Si dice poi che lo stesso Antonelli, ormai anziano, fosse solito farsi issare in vetta alla cupola su un ascensorino improvvisato, per verificare in prima persona l’avanzare o meno dei lavori.
È pur tuttavia vero che l’effettivo vanto del simbolo architettonico torinese sia tutto nella sua imponente altezza.
Nel 1888 la Mole raggiunge un’altezza record di 153 metri, che comunque non soddisfa il novantenne Antonelli, il quale decide di aggiungere sulla guglia una statua un Genio alato coronato da una stella a cinque punte, realizzato dallo scultore Celestino Fumagalli, alta cinque metri e pesante 300 kg.
Alcuni potrebbero pensare “hybris”, ed infatti in quest’ottica non sorprende troppo la risposta di Madre Natura, la quale, alcuni anni dopo, scatena– nel 1904- sul capoluogo torinese ed in risposta alla tracotanza antonelliana, un uragano che abbatte la colossale statua, che tuttavia non precipita a terra, ma rimane appesa ad un lato della guglia. L’avvertimento non sortisce del tutto il suo effetto, e nel 1906 la scultura viene sostituita da una “più sommessa” stella a 12 punte in rame dorato.
Sta di fatto che, con i suoi 167 metri totali d’altezza, la Mole, all’epoca in cui viene costruita, è l’edificio in muratura tra i più alti del mondo, il nome stesso del monumento ricorda questo record, ormai tristemente superato.
La realizzazione del cantiere è comunque da considerarsi un’impresa faraonica, terminata nel 1897 da Costanzo, figlio di Alessandro Antonelli, dopo circa quarant’anni di lavoro.
L’inaugurazione avviene il 10 aprile 1889, a soli dieci giorni di distanza dai festeggiamenti dedicati ad un’altra torre-simbolo, la Tour Eiffel, avvenuta a Parigi il 31 marzo di quello stesso anno.
Com’è noto, nel 1848 l’edificio torinese sorge inizialmente come sinagoga, in risposta a quanto indicato nello Statuto Albertino, documento che assicura libertà ufficiale di culto alle religioni non cattoliche: “Gli Ebrei sono ammessi a godere di tutti i diritti civili e politici dei nostri sudditi, a frequentare le scuole dentro e fuori delle Università, e a conseguire i gradi accademici”. L’Università Israelitica celebra così la conquista dei pari diritti, commissionando al fantasticatore Alessandro Antonelli la costruzione di uno specifico luogo di culto.
Il progetto iniziale prevede una cupola di 47 metri, ma fin dagli inizi Antonelli introduce dettagli e variazioni che rendono l’edificio molto più complesso e già alto 112 metri; mentre tutti sono concentrati sull’aggravarsi dei lavori, nessuno si accorge che intanto i fondi si stanno esaurendo, e i lavori finiscono per essere interrotti. È poi il Comune di Torino a farsi carico, dieci anni più tardi, della conclusione del cantiere, anche se, a questo punto, la destinazione d’uso dello stabile muta, diventando sede, dal 1908, del Museo del Risorgimento. Antonelli riprende poi la direzione dei lavori, impreziosendo ulteriormente il progetto già ambizioso, e facendo lievitare nuovamente i costi. Questa volta -forse per sfinimento- l’opera viene conclusa secondo la volontà dell’architetto e rivestita con 2.064 lastre di pietra di Luserna.
Certo, decisamente meno iconica e romantica della parente parigina, la Mole si conquista in ogni caso il suo spazio nella numismatica, comparendo sui due centesimi di euro. A tal proposito è curioso un aneddoto: per un errore della Zecca dello Stato sono state coniate anche monete da un centesimo di euro, sulle quali appare proprio la nostra Mole al posto dell’immagine prevista, Castel del Monte. Tali monete vengono ritirate, ma alcuni esemplari sono sfuggiti e se ne contano ancora un centinaio in circolazione, il valore di questi centesimi “sbagliati” è stimato intorno ai 2mila euro, anche se, ad un’asta numismatica Bolaffi di Torino, un collezionista italiano ha sborsato ben 6.600 euro per aggiudicarsene un esemplare.
Quindi, cari lettori, imparate a non disdegnare i “poveri centesimini”, e già che ci siete controllate bene le tasche ed i resti, postreste anche imbattervi nei due euro “edizione limitata” coniati come moneta commemorativa nel 2006, in occasione della XX edizione dei Giochi Olimpici invernali, ce ne sono in circolazione 40 milioni: il calcolo combinatorio non è comunque dalla vostra parte, ma si sa, la fortuna è cieca!
ALESSIA CAGNOTTO
Torino tra le righe
L’isola del libro
Rubrica settimanale a cura di Laura Goria
Ruggero Cappuccio “La principessa di Lampedusa” -Feltrinelli- euro 20,00
Beatrice Tasca Filangeri di Cutò, principessa di Lampedusa, è un personaggio di rara bellezza: profonda, intelligente, coraggiosa, saggia, sensibile, portatrice di eleganza e classe innata.
Lo scrittore e drammaturgo siciliano Ruggero Cappuccio delinea in modo splendido la madre di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, autore del capolavoro “Il Gattopardo”.
Beatrice è una donna famosa e molto amata. La troviamo quando torna a Palermo nel maggio 1943; sgomenta di fronte alla distruzione della guerra, con la grandinata di bombe lanciate dagli alleati, e il drammatico bilancio di 373 cadaveri sepolti sotto le macerie.
La principessa ha 73 anni -portati splendidamente- quando rientra nel palazzo palermitano di famiglia, devastato e pericolante. E’ decisa a stare tra le mura che hanno visto scorrere la sua incredibile vita. Molto più di una casa. L’anima della casata, e lei è la custode.
Splendida nobildonna alla quale la città riserva rispetto, obbedienza e devozione; anche perché ha speso la sua vita aiutando gli altri. Ha salvato una bambina sepolta dalle macerie, impedito ai soldati tedeschi di violentare 4 ragazze e ha nascosto degli ebrei. Sempre rischiando in prima persona.
Il suo arrivo attira l’attenzione della 23enne vicina di casa, Eugenia, che la osserva dalla finestra. Il romanzo mette a fuoco il rapporto intenso e intimo che si crea tra loro. Beatrice prende sotto la sua ala protettrice la giovane, disperata per l’imposizione del padre –faccendiere opportunista e dedito a loschi intrallazzi- che la vuole sposare a un giovane utile ai suoi traffici in odor di mafia. Invece Eugenia è innamorata di un altro.
Beatrice la sprona a cercare prima di tutto la sua indipendenza e a realizzare il sogno di studiare astronomia. La protegge e la nasconde in una villa sperduta nella campagna, dove la giovane scopre la sua strada. Il loro incontro è anche l’occasione in cui Beatrice racconta la sua vita, il suo amore per l’indipendenza e per il talentuoso figlio che sprona a compiere il capolavoro della letteratura a livello mondiale.
Marta Lamalfa “L’isola dove volano le femmine” – Neri Pozza- euro 18,00
Alicudi, la più remota delle isole Eolie, con un grande vulcano spento, 713 abitanti su uno sputo di terra in mezzo al mare; è lì che nel 1903 un’allucinazione collettiva sconvolge la comunità.
E’ questa la materia incandescente del romanzo di esordio di Marta Lamalfa, nata a Palmi, in Calabria, nel 1990, laureata in Lingue Medievali e specializzata in Editoria e scrittura. Ha scelto di rievocare una storia registrata dagli antropologi.
Ad Alicudi impera la miseria più triste, la società è patriarcale e le donne contano meno di nulla. Non fa eccezione la famiglia Iatti che conosciamo nelle prime pagine mentre piange la morte della giovane Maria, stroncata dalla malattia e dal disonore perché era stata vista parlare con un detenuto della colonia penale di Lipari.
Per l’addio alla vita le hanno infilato l’unico abito bianco, quello delle feste; ora la famiglia, già in difficoltà, si ritrova con due braccia in meno per lavorare nei campi. A piangerla è soprattutto la gemella Caterina, che si sente depauperata della sua metà. E’ lei che aiuta la madre Palmira nelle faccende di casa, inoltre lavora la terra e fa consegne giornaliere di acciughe sotto sale.
A movimentare tutto è l’irrompere della leggenda magica delle “streghe del mare”, ovvero quanto accaduto tra 1903 – 1905, quando le spighe di segale furono infestate da un fungo lisergico, l’”ergot”, che è alla base dell’LSD (detto anche la segale cornuta). Masticando il pane nero pieno di droga ognuno si libra in alto nei sogni.
Caterina finisce per credere alla leggenda delle “majare”, le streghe dell’isola che volano nude nel cielo, librandosi verso un altrove che profuma di libertà. Ed è a loro che la giovane desidera congiungersi, anelando a una nuova realtà magica.
Dana Spiotta “Ribelle” -La nave di Teseo- euro 22,00
Lo scenario è il 2017 (primo anno della presidenza Trump), protagonista è la 53enne Samantha in calo di estrogeni e in ribellione totale. Vorrebbe fuggire dal marito e dal matrimonio noioso e scarso di comunicativa, dalla madre anziana e malata, dalla figlia nel pieno delle turbolenze adolescenziali.
Samantha si innamora di un fatiscente piccolo cottage, in una zona popolare della città; versa la caparra (con il conto del consorte) e ne diventa la proprietaria. Lascia la casa di famiglia nei sobborghi di Syracuse, stato di New York, senza tentennare nè voltarsi indietro.
Il romanzo ironico -a tratti semi grottesco- racconta l’improvviso cambio di rotta di Sam che rivoluziona il suo tranquillo e ovattato mondo borghese.
Si libera dal marito Matt, devoto ma privo di verve; dalle discussioni di Ally, tipica 16enne in rotta di collisione con la madre; dal peso della genitrice Lily, rimasta vedova e malata.
Nel cottage Arts and Crafts crea una nuova confort zone in cui l’arredamento è limitato all’essenziale, e si bea della solitudine che, a questo punto della sua esistenza, ha voluto a tutti i costi.
Cerca anche di allacciare nuove amicizie e pesca all’interno di strampalate associazioni femministe che si rispirano all’esempio di Clara Loomis. La donna che nel 1868 si era lasciata alle spalle il benessere borghese per unirsi ad una comunità cristiana fondata sull’amore e non sull’avidità.
Asako Yuzuki “Butter” – HarperCollins- euro 18,90
Questa è la storia di 3 donne: Rika unica giornalista femmina in una rivista sportiva maschile; Manako serial killer; la casalinga Reiko. A unirle è la passione per la cucina e per il burro, ingrediente metaforicamente significativo della trasformazione della materia (e, per estensione, della persona).
Rika Machida è una giovane in carriera che sgomita per emergere, mira a diventare la prima caporedattrice donna e per fare lo scatto decide di intervistare Manako Kajiii.
La donna è stata accusata di aver ucciso alcuni uomini di affari dopo aver cucinato per loro. Ora è detenuta in carcere e rifiuta di rilasciare interviste o dichiarazioni.
Rika però riesce a far breccia e la contatta con la scusa di chiederle la ricetta del famoso stufato di manzo. Lo stratagemma funziona; durante i loro incontri Manako le spiega come preparare i suoi piatti e come devono essere mangiati.
Rika cucina le ricette della detenuta, finendo per diventare un clone di Manako, ingrassa a dismisura e stabilisce con l’assassina un feeling dai contorni ambigui.
Soprattutto la serial killer si rivela un’abilissima manipolatrice; usa la giornalista come una marionetta e le fa fare quello che vuole… almeno fino al giorno in cui si stufa
Rika si rende conto del gioco solo dopo mesi, quando la malvagità di Manako colpisce la sua migliore amica, la placida Reiko, che all’improvviso scompare. Il resto è la reazione dell’anima cattiva rinchiusa tra le sbarre, determinata a distruggere Riko.
Guaitamacchi, “Connecting Lines”
Progetto di recupero della Cappella di Sant’Antonio
Enrica Tesio si racconta
L’incontro a Torino Spiritualità 2024
A “Scuola di Noir” con “Distretto 011”
Con gli scrittori Giorgio Ballario e Massimo Tallone
Martedì 1° ottobre
Il nome è facile da ricordare, per chi “naviga” a pieni giri e gongola dal piacere nel seguire film e serie televisive poliziesche (un bel po’ anche made in Italy) o nell’immergersi in pagine di libri “gialli”, dai più classici ai più contemporanei e più decisamente “noir”: “Distretto 011”. Nome pienamente azzeccato per una “Scuola di noir”, come quella di Torino, diretta dal giornalista – scrittore Giorgio Ballario (papà della “serie coloniale” del maggiore Morosini e oggi direttore artistico del Festival “Bardonoir” di Bardonecchia) e dallo scrittore nonché docente di “scrittura creativa” Massimo Tallone. Scuola che, realizzata in collaborazione con “Capricorno Edizioni”, “ha l’obiettivo di formare autori in grado scrivere come i grandi maestri del ‘noir’ e del ‘giallo’, confezionando romanzi solidi e credibili, con una ‘suspense’ tesa e un possente lavoro di scavo”.
Ebbene, la “buona nuova” per tutti gli amanti del genere è che la seconda edizione della “Scuola di noir” sarà inaugurata martedì prossimo 1° ottobre, alle ore 18,30, presso la sede di “Capricorno Edizioni” (corso Francia, 325) con una “lectio” di Ballario e Tallone dal titolo curioso “Il cane e il tartufo: dove sono le storie noir”.
L’ingresso è libero ma è obbligatoria la prenotazione scrivendo a: distretto011@edizionidelcapricorno.com
Il programma di questa edizione, rivolta sempre agli aspiranti scrittori, agli esordienti e a tutti gli appassionati di “letteratura noir” (e non), prevede 13 lezioni che si svolgeranno presso la sede di “Capricorno Edizioni”, sempre al martedì, dalle 18,30 alle 21,30. Gli incontri con i docenti – e che docenti! – ospiti (Alessandro Perissinotto, Maurizio Blini e Luca Crovi) si terranno il sabato mattina, in date da definirsi. Il corso sarà in presenza, ma fruibile anche online (le lezioni si potranno seguire in diretta oppure in differita). Saranno fornite dispense tematiche e ciascun partecipante porterà a termine lastesura di un racconto “noir” o “giallo” che sarà valutato dal “Comitato Editoriale” della “Casa Editrice”.
Il costo del corso è di 750 Euro (+Iva).
Per info: tel. 011/3853656 odistretto011@edizionidelcapricorno.com o www.edizionidelcapricorno.it/scuola-di-noir/
“Questa scuola – spiega Massimo Tallone – vuole essere una palestra, dove si impara a maneggiare gli attrezzi del mestiere e a governare le tecniche di scrittura, a partire dal soggetto e dal ‘plot’, che dovranno essere sviluppati via via nel progetto, nella traccia, nella trama, nell’ambientazione, nella stesura e nella revisione, ma anche un trampolino, perché non ci limiteremo a trasmettere nozioni, ma inviteremo i nostri studenti a buttarsi di testa nell’agone narrativo. La lezione che apre la Scuola ha come titolo ‘il cane e il tartufo’, perché il crimine non devi cercarlo come il cane cerca il tartufo, ma devi farti tartufo tu, cioè devi trovare la parte oscura di te, la tua ombra”.
E aggiunge Giorgio Ballario: “Il compito dell’aspirante scrittore è mettersi nei panni dell’investigatore o del criminale, quindi imparare a vedere il mondo secondo una particolare ottica. Bisogna saper guardare oltre, saper pensare male e confrontarsi con i pensieri più torbidi. La prima indagine è quella su noi stessi. Per questo una scuola di noir è utile anche nella nostra quotidianità, perché aiuta a diventare un po’ più disincantati e un po’ più consapevoli. Durante le nostre lezioni ci saranno numerosi esercizi pratici ma ci soffermeremo anche sulla storia del “poliziesco”, su come questo genere si è evoluto, mettendo a confronto i differenti stili di grandi autori come Jim Thompson, Ruth Rendell, Patricia Highsmith, Simenon, Vázquez Montalbán, Izzo, Ellroy, Scerbanenco e Lucarelli”.
Gianni Milani
Nelle foto:
– Immagine guida “Scuola di noir”
– Giorgio Ballario
– Massimo Tallone (ph. Testa)
GLI APPUNTAMENTI MUSICALI DELLA SETTIMANA
Mercoledì. All’Osteria Rabezzana suona il quartetto di Valentina Nicolotti. Al Blah Blah si esibisce la cantautrici Mille.
Giovedì. Al Circolo della Musica di Rivoli è di scena Violante Placido con il suo trio con il concerto-spettacolo “Femmes Fatales”. Alla Divina Commedia suonano i Revenge. Al Blah Blah è di scena il collettivo sonoro Linda Collins. Allo Spazio 211 è di scena Daniel Norgren. Al Magazzino sul Po si esibiscono i Santinumi. Allo Ziggy sono di scena Onyricon, Swanz, Bosco Charleville.
Venerdì. Al Kontiki suonano i Black Notes. Allo Ziggy sono di scena La Sindrome di Peter Punk+ Flatmates 205. Al Blah Blah si esibiscono gli Inchiuvatu+ Agghiastru. Al Folk Club è di scena Peppe Voltarelli con Luca Ciarla. Al Capolinea 8 suona il trio di Gigi Cifarelli.
Sabato. Al Blah Blah suonano i Fluxus. Al Folk Club suona Fabio Treves con Alex Kid Gariazzo. Al Capolinea 8 si esibisce Lil Darling in quartetto.
Pier Luigi Fuggetta
La presentazione del nuovo libro “a fumetti” dello scrittore Bruno Morchio e dell’illustratore Marco D’Aponte
Lunedì 30 settembre, ore 18
“Maccaia”!? Ma che diavoleria di nome (e di titolo d’un libro) sarà mai? Non state ad arrovellarvi. Ve lo spiega subito l’autore. “Genova – spiega – è una città che ha due facce, a seconda che il vento tiri dai monti o dal mare. Quello che soffia dal mare, gonfio di sale e di umidità, è lo scirocco, e si esaurisce in un’aria immobile. Quell’aria sospesa, dove tutto può accadere e niente mai accade. Noi genovesi la chiamiamo ‘maccaia’”. Ecco, dunque, svelato l’arcano. E l’autore è evidentemente genovese. Si tratta di Bruno Morchio, scrittore e psicologo, autore di romanzi appartenenti al genere “noir mediterraneo” e fortunato “papà” del detective Bacci Pagano che quest’anno festeggia il ventesimo genetliaco agghindandosi nell’intrigante forma di “graphic novel” (edizione a fumetti) realizzata dalla matita graffiante del pittore ed illustratore torinese, Marco D’Aponte. Uno “zeneize” e un “turineis”, gran bell’accoppiata.
Pubblicato da “Edizioni del Capricorno”, il libro della coppia Morchio – D’Aponte (160 pagine, 15 Euro) sarà presentato sotto la Mole al “Circolo dei Lettori” di via Bogino 9, lunedì 30 settembre, alle ore 18. Prevista anche la presenza del “nostro” Alessandro Perissinotto.
In estrema sintesi, eccovi due notizie per avvicinarvi non impreparati alla storia. L’investigatore privato Bacci Pagano viene ingaggiato da una compagnia assicuratrice per indagare sulla morte di un anziano strozzino, in apparenza morto sbranato da un lupo nel “Parco delle Mura” (erette a difesa della città e del suo porto nel XVII secolo), più comunemente chiamato dai genovesi “Parco Peralto”. L’uomo aveva stipulato un’assicurazione milionaria sulla vita, con beneficiaria la giovane moglie panamense e Bacci Pagano si troverà a dover portare avanti un’indagine insolita, tra evidenze obiettive e menzogne, personaggi che spuntano dal nulla e altri che non sono quello che sembrano, cercando allo stesso tempo di gestire i rapporti con le tre donne della sua vita: l’ex moglie rabbiosa, la fidanzata e la figlia Aglaja. L’intera vicenda si svolge in una Genova assediata, per l’appunto (come da titolo) dalla “maccaia” primaverile, un’aria immobile e sospesa, un tepore umido e salmastro, che gronda “salsedine e noia”. Ed è proprio il capoluogo ligure, qui visto attraverso le splendide tavole di Marco D’Aponte, a essere allo stesso tempo “ambientazione e protagonista dell’indagine”.
Due “dritte” anche per meglio avvicinarvi agli autori.
Bruno Morchio ha esordito, in ambito letterario, nel 2004 creando l’investigatore privato Bacci Pagano (“Una storia da carruggi”), diventato il protagonista di una fortunata serie che, al momento, può contare su quindici titoli ambientati a Genova. “Maccaia. Una settimana con Bacci Pagano” è stato pubblicato nel 2004. Nel 2023 Bruno Morchio ha vinto il “Premio Scerbanenco” con “La fine è ignota”.
Marco D’Aponte, diplomato all’“Accademia Albertina” di Torino, pittore e illustratore, ha esordito negli anni Ottanta sulla rivista “Orient Express” diretta da Luigi Bernardi. Ha realizzato numerosi “graphic novel” tratti da celebri romanzi, come “Sostiene Pereira” di Antonio Tabucchi e “La luna e i falò” di Cesare Pavese. Con le “Edizioni del Capricorno” ha pubblicato “Storia di Torino a fumetti”, “Il Grande Torino a fumetti” e “Il magnifico 7”. Vive tra Torino e Sestri Levante.
Gianni Milani
Nelle foto:
– Cover “Maccaia” (“Ed. del Capricorno”)
– Marco D’Aponte
– Bruno Morchio
SOMMARIO: La cittadinanza con lo sconto – Giorgia all’Onu – Lettere
La cittadinanza con lo sconto
La legge del 1992 sulla cittadinanza si è rivelata un’ottima legge, una delle poche ottime leggi. Infatti nessun governo della II Repubblica l’ha cambiata, ne’ quelli di destra, ne’ quelli di sinistra. Oggi tre gatti di finti radicali di + Europa e i residuati bellici di quello che fu il partito socialista hanno lanciato un referendum per ridurre da 10 a 5 anni i tempi per la cittadinanza italiana, approfittando della raccolta delle firme (sempre 500mila, pochissime!) per via elettronica. Hanno dimenticato che il voto implica ancora di recarsi ai seggi di persona e che i referendum non hanno da tempo raggiunto il quorum necessario e hanno fatto sprecare denaro pubblico inutilmente. L’abuso di referendum andati in fumo per mancanza del quorum ha depotenziato lo strumento, screditandolo. Questo referendum è meramente strumentale perché una cittadinanza non può essere un dono, ma essa deve essere legata al rispetto di certe condizioni stabilite dalla democraticissima legge del 1992. I finti radicali di Magi (che è tutto fuorché un leader) non sono affidabili e non possono essere confusi con Pannella che mai si è lanciato in un referendum farlocco come questo.
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Giorgia all’Onu
Ho visto fotografie della presidente Giorgia Meloni che parlava all’ONU davanti ad una sala semivuota. Che tristezza per l’Italia, assai poco considerata, se penso che il ministro degli Esteri Fanfani, unico italiano, divenne presidente eletto dell’Onu. Neppure il fluido inglese della Meloni è bastato. Tutto il suo impegno per la politica estera non ha dato frutti. Sono argomenti su cui meditare, se consideriamo che l’impegno estero l’ha distolta dai problemi italiani abbandonati a ministri spesso non all’altezza del compito. Floris ha esibito quelle fotografie alla inguardabile 7, io che pongo l’Italia sopra tutto, sono amareggiato.
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LETTERE scrivere a quaglieni@gmail.com
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Corso Maroncelli e Italia ‘61
Una della arretratezze di Torino è il caso della rotonda di corso Maroncelli e di Italia ‘61 che provoca lunghe code a tutte le ore. Cosa vogliono fare i sindaci di Torino e di Moncalieri? Non si può continuare così. Elvira Ferraris
L’unico modo per togliere le code è un sottopasso tra Torino e Moncalieri, di cui si parla da anni, ma non sembra sia in programma. Un sindaco competente come Lo Russo credo che comprenda il problema, anche per il collegamento strozzato con l’autostrada e la tangenziale; il sindaco di Moncalieri, invece, si sta baloccando con una Ztl collinare che davvero fa sorridere, se non facesse piangere, per non parlare della cultura dove sta disfacendo il lavoro decennale dell’assessore Pompeo.
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Don Ottaviano
Don Piero Ottaviano morto nel 2005 era un salesiano che insegnò religione al liceo Segre’ di Torino , pur avendo fatto studi alla Facoltà di Matematica forse senza conseguire la laurea . Aveva un grande carisma ed era un trascinatore. Andrebbe ricordato: io fui suo allievo. Filippo de Sanctis
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Ho conosciuto don Ottaviano con cui ebbi scontri televisivi piuttosto aspri molti anni fa. Non era certo un diplomatico , era un credente molto convinto. Quando ci conoscemmo a tu per tu, capimmo che avremmo potuto andare d’accordo e così è stato per molti anni perché le cose che ci univano erano molte. So che tanti giovani e non giovani avevano per lui una venerazione e credo che l’uomo e il sacerdote lo meritasse per davvero. Io sono stato molto amico del filosofo e sacerdote ,docente in quello stesso liceo, don Luigi Lo Sacco. Lui, forse più ancora di 0ttaviano, andrebbe ricordato. A Lo Sacco ho voluto bene e l’amicizia è stata totale. Oggi esistono insegnantini di religione che non sono neppure comparabili con Ottaviano.
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