CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 15

Nuova vita ai vecchi libri! Nasce a Torino la “Biblioteca condivisa e diffusa”

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Già aperti i primi spazi, insieme alle “buche delle lettere” dove lasciare pensieri scritti a mano

Giovedì 20 marzo, prima inaugurazione

I libri non si buttano. Mai! Neppure quando li hai letti (anche più volte) e ne hai le pareti piene. Del resto, Una stanza senza libri – scriveva già ai suoi tempi (l’attribuzione è incerta, ma assolutamente condivisibile) il grande Cicerone – è come un corpo senz’anima. E l’anima non si butta certo al macero. Ci mancherebbe! Si può offrire, quale segno di amicizia e d’amore. Quello sì. Così come i vecchi libri, cui proprio non riusciamo più a trovare un posto nelle nostre librerie. O semplicemente, anche in questo caso, come gesto di generosa amicizia verso il prossimo. Uno scambio. O un atto di solidarietà verso chi, forse, non può permettersi il pur semplice acquisto di un libro. Da queste considerazioni, nasce l’idea di una vera e propria “Biblioteca condivisa e diffusa”, nata “per salvare libri usati dall’abbandono e dal macero, dando loro una nuova vita libera, in spazi sociali e culturali accessibili ed inclusivi”. Intelligentemente “colpevoli” (si fa per dire!) della bella pensata, le cosiddette “Compagne di Banco”, alias Elena Forno (oggi occupata in “UniTO”, nel 2024 il suo primo libro “I motori della Rivoluzione” per “Buendia Books”) e Chiara Avidano (free lance in vari settori comunicativi, nel 2022 autrice della raccolta di poesie “Misto Archivio” per “Neos Edizioni”), che compagne di banco lo sono state veramente, al “Liceo classico Alfieri”, per poi ritrovarsi a scrivere un blog, da marzo 2024, e a promuovere incontri di “lettura silenziosa condivisa”, i “silent reading party” che spopolano in Europa, e momenti di presentazione e riflessione con scrittori, sempre entrambe fedeli all’obiettivo di “tenere il filo della realtà al di là della rete”. Il che vuol dire sfidare e sfidarsi con non poco coraggio, anche oltre i giochi della quotidiana realtà.

Di qui, per l’appunto, il progetto, per ritornare a bomba, della “Biblioteca condivisa e diffusa”.  Già pronte le prime due sedi. Il primo spazio si inaugura giovedì 20 marzo, alle 18,30, al “Villino Caprifoglio”, in viale Medaglie d’Oro 88, “bizzarra casetta del Valentino che pare uscita da una fiaba classica”, un tempo gestito dalle “Biblioteche civiche”, oggi rinato grazie alla presa in carico della struttura da parte di “Campo Base”, progetto sociale di “1Caffè Onlus”, fondato nel 2011 dall’attore torinese Luca Argentero e da Beniamino Savio (attuale presidente), pensato per erogare servizi agli enti del “Terzo Settore”.

Il secondo punto, in attesa di apertura, è invece nell’“ex scuola” di via Rubino 2, a Mirafiori Nord, che il Comune di Torino ha dato in concessione a “I buffoni di corte”, associazione che lavora con la disabilità cognitiva e coi giovani: attualmente l’edificio è oggetto di ristrutturazione e, appena sarà pronto, ospiterà un’altra costola della “Biblioteca”. La caccia è aperta anche per il reperimento di altre sedi sul territorio cittadino. “Entrambi questi luoghi – spiegano le ‘Compagne di Banco – offriranno uno spazio per i libri a disposizione di chi desidera leggerli, prenderli in prestito o tenerli, magari riportandone uno in cambio di quello presoIntorno ai libri, coordineremo anche incontri a tema per dare vita a momenti di comunità, legati dalla condivisione e dallo scambio. L’idea è uscire dal mondo digitale che assorbe e svuota, ritrovando spazi fatti di empatia e tempi lenti. E non è tutto.

In parallelo, infatti, Elena e Chiara lanciano anche il progetto “Le parole tra noi da salvare”, legato al recupero delle “cassette delle lettere”, ormai per “Poste Italiane” inutili reperti da rottamare (in tempi di abbandono dell’antica – così bella! – modalità di comunicare con carta e penna) e, invece, per le due fanciulle, poeticamente utilizzabili come “contenitori di pensieri e parole”. “Noi andiamo in controtendenza– precisano – e invitiamo le persone a prendere carta e penna e ridare senso al gesto dello scrivere, come momento intimo di cura verso la persona a cui si pensa ma anche verso sé stessi. Si dà spazio al pensiero che, dalla mente, passa alla mano e scende nelle lettere tracciate su carta. Quindi, è davvero parola pensata”.

Le “cassette delle lettere” saranno a disposizione dei torinesi in alcuni luoghi strategici: il Villino Caprifoglio” al parco del Valentino, la “Casa del quartiere Bagni pubblici” di via Agliè, l’“hub culturale” di via Baltea 3, la “nuova sede” dell’associazione culturale “I buffoni di corte” di via Rubino, la “Casa nel parco” di Mirafiori Sud. In questi luoghi, durante gli incontri aperti di lettura e scrittura organizzati da “Compagne di Banco”, ma anche nei momenti liberi (le cassette sono aperte e disponibili), “si potranno depositare i propri pensieri di carta, le proprie lettere mai spedite, le parole che si vogliono in qualche modo salvare e conservare”.

Infine, l’invito lanciato da Elena Forno e Chiara Avidano: quanti avessero libri da donare o spazi in grado di accogliere la “Biblioteca condivisa e diffusa” possono scrivere a info@compagnedibanco.it

Sempre sul sito www.compagnedibanco.it si possono anche consultare tutti gli appuntamenti del progetto finora programmati.

Gianni Milani

Nelle foto: Le “Compagne di Banco” e alcuni dei libri “salvati” e destinati alla “Biblioteca condivisa e diffusa”

In scena al Teatro Carignano “Come gli uccelli”

Già presentato in anteprima al 28esimo Festival delle Colline Torinesi, su testo di Wajdi Mouawad

In scena al teatro Carignano, da martedì 18 a domenica 23 marzo prossimi, la pièce teatrale intitolata “Come gli uccelli” di  Wajdi  Mouawad, nella traduzione di Monica Capuani e l’adattamento di Lorenzo De Jacovo, che firma anche la regia dello spettacolo. Saranno in scena Federico Palumeri, Lucrezia Forni, Barbara Mazzi, Irene Ivaldi, Rebecca Rossetti, Aleksandar  Cvjetkovic, Elio d’Alessandro , Said Esserairi e Raffaele Musella.

“’Come gli uccelli’ – spiega il regista Marco Lorenzi nelle sue note di regia –  ci ha dato l’occasione di costruire un cast unico capace di mescolare attori italiani ad attori provenienti da altre parti del mondo, da altri Paesi, con origini e biografie diverse e con un’eterogeneità linguistica e culturale  che, durante il processo di  creazione dello spettacolo, ha riprodotto quel percorso di incontro, quell’andare verso l’altro che, come per Mouawad così per il Mulino di Amleto, è una ragione di vita e di poetica.

Ho chiesto a questo incredibile cast di interpreti  ( e a me stesso) di lasciare alle spalle quello che sappiamo sul teatro, per andare alla ricerca di un significato più sottile delle parole che usiamo, delle relazioni che costruiamo, dell’ascolto che porgiamo all’altro. Ho chiesto loro di entrare in uno spettacolo che, per tre ore, si reggerà interamente sulle loro spalle, sulla loro forza, sul loro grande talento. Ho chiesto loro di immergersi in un viaggio di conoscenza non scontato  e di imparare a recitare in altre lingue oltre la propria, con l’aiuto di esperti linguistici e culturali. ‘Come gli uccelli’ risuonerà di una  molteplicità linguistica, per cui, oltre che in italiano, gli attori reciteranno in arabo, tedesco, ebraico (…)

Come cittadino e come artista del XXI secolo credo che continuare a ragionare secondo visioni e  sistemi superati e fallimentari sia l’unico errore da non fare.  Ragionare secondo categorie identitarie auto riferite e continuare a creare un teatro (un’arte borghese che, per quanto sia d’avanguardia, rimane sempre arte identitaria ed espressione di una visione parziale),  non abbia più senso nel capitalismo globale dove non esiste più  la possibilità di rimanere esterni, di non fare finta di nulla e dove i muri non hanno più senso e dove solo i ponti sono una possibilità di futuro”.

Il testo narra una storia ambientata nel presente e in esso è possibile ravvisare quella realtà che affonda le radici in anni di lotta tra due popoli destinati all’odio reciproco. Un muro è  metafora di separazione, è presente in scena nella sua enorme struttura mobile che i personaggi spingono a fatica per guadagnarsi uno spazio in cui pare impossibile entrare definitivamente.

Al centro della vicenda è la storia d’amore tra due ragazzi che si incontrano in una biblioteca a New York. Sono Eitan ( Federico Palumeri), ebreo, e Wahida ( Lucrezia Forni), araba. I due non sono legati alle tradizioni dei loro Paesi e vogliono vivere la loro storia d’amore indipendentemente dalle loro rispettive origini. Eitan è preoccupato dall’ossessione paterna verso il mondo arabo e intuisce che nella sua famiglia, emigrata in Germania prima della sua nascita,  esista un segreto che vuole scoprire. Decide allora di recarsi con Wahida in Israele per incontrare la nonna che non ha mai conosciuto perché lei aveva abbandonato la famiglia, convinto che sia lei depositaria di quel segreto. Qui resta vittima di un attentato terroristico sul ponte che collega Israele  e Germania e cade in coma…

Si tratta certamente di un penetrante affresco teatrale, crocevia di vite, memorie e culture straniere in cui la storia d’amore tra i due giovani Eitan e Wahida guida gli spettatori  alla scoperta delle moderne contraddizioni esistenziali, sempre in bilico tra lo sfatato presente e il potere ostinato  che il passato e la storia esercitano sulle emozioni.

Da martedì 18 a domenica 23 marzo 2025.

Teatro Carignano.  Piazza Carignano 6, Torino

Mara Martellotta 

L’isola del libro

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RUBRICA SETTIMANALE A CURA DI LAURA GORIA

 

Antonio Monda “Incontri ravvicinati” -La nave di Teseo- euro 26,00

C’è da innamorarsi di questa sorta di antologia di ampio respiro che tratteggia un vastissimo mosaico del mondo culturale internazionale.

Lo sapevate che Robert De Niro è attento agli sprechi e di una generosità che non sbandiera mai? E’ lui che ai tempi de “Il cacciatore” pagò le cure al collega John Cazale, compagno di Meryl Streep, condannato da un tumore ai polmoni.

Oppure che Ingrid Bergman era estremamente affabile. Parola di Antonio Monda che le vendette un paio di scarpe quando, giovanissimo maturando, ebbe in premio un viaggio negli Stati Uniti; per mantenersi lavorò come umile garzone in un negozio di calzature sulla Madison Avenue a New York. Lì un bel giorno entrò la diva, splendida 65enne, che lo promosse suo commesso personale e con lui parlò dell’amata Italia.

Benedetta quella vacanza negli States che cambiò la vita di Antonio Monda; si innamorò di New York, dove si trasferì definitivamente nel 1994. Oggi la sua casa nel cuore di Manhattan è il salotto culturale di altissimo livello in cui riceve il gotha del mondo letterario e dello spettacolo degli ultimi decenni.

Dagli incontri nel corso dei suoi 31 anni americani nasce questo meraviglioso libro da conservare religiosamente. Potremmo definirlo una sorta di antologia che tratteggia un mosaico del mondo culturale internazionale.

Lo stesso Antonio Monda è un fuori classe dai molteplici talenti: scrittore, saggista, direttore artistico, curatore, professore (docente di cinema alla New York University), giornalista, conduttore televisivo. Ha incontrato ed è diventato amico di personaggi da sogno; i maggiori scrittori, attori, registi, intellettuali americani e mondiali. La sua vita è invidiabile perché gli offre accesso ai nomi dell’Olimpo intellettuale. In questo mastodontico volume ha raccolto gli scritti, le impressioni, le interviste e gli aneddoti sulle celebrità in svariati campi.

Incontri ravvicinati” racchiude 150 ritratti di personaggi di massimo calibro in letteratura, cinema, arte e musica. Ad ognuno dedica un capitolo in cui li racconta con pennellate acute e personalissime; è un attimo andare all’indice dei nomi (elencati nella bellezza di 28 pagine alla fine del libro) e scegliere chi più interessa.

Ci sono quasi tutti; da Philip Roth e Richard Ford a Jonathan Safran Foer e Saul Bellow, da Joyce Carol Oates a Oriana Fallaci ed Erica Jong, passando per infiniti altri. Stelle hollywoodiane come Meryl Streep, Cate Blanchett, Richard Gere, Tom Hanks, Ralph Fiennes, e Jude Law. E ancora, i più grandi registi e produttori.

Il libro ci avvicina ad ogni personaggio, ritratto dal punto di osservazione assolutamente privilegiato dell’autore che narra con sensibilità, delicatezza e rispetto, le personalità e l’anima dei tanti big. Pennella ritratti intimi e profondi; dimostrando una sovrana abilità camaleontica nel veleggiare da un ambiente socio-culturale all’altro, sempre con competenza e curiosità umana e culturale.

 

Esther Cross “La donna che scrisse Frankestein” -La Nuova Frontiera- euro 16,90

Il libro è a metà tra saggio e romanzo; del primo ha la precisione e la ricostruzione dei dettagli, del secondo la meravigliosa immaginazione. Una narrazione incantevole della vita e dell’opera dell’autrice di uno dei romanzi più inquietanti e famosi della letteratura mondiale.

A partire dal primo capitolo, in cui si racconta che le spoglie mortali di Mary Shelley (nata nel 1797, morta nel 1851), riposano nella città costiera inglese di Bournemouth insieme al cuore del famoso marito Percy Shelley, ai genitori e ad altre reliquie.

Sullo sfondo della Londra vittoriana viene ricostruito, anche attraverso le lettere e i diari, il mondo in cui Mary crebbe. Denso di intellettuali di preziosa caratura, cimiteri, predatori di tombe, medici che pagavano per avere cadaveri da dissezionare e procedere nella scoperta di come funziona il corpo umano.

Figlia di due menti eccelse – Mary Wollstonecraft, filosofa, fondatrice del femminismo, e William Godwin, scrittore, politico libertario e teorico dell’anarchismo filosofico- Mary crebbe in un ambiente intellettualmente stimolante, pervaso dal senso della morte. Il suo genio la portò a concepire, a soli 18 anni, l’idea di Frankestein, mostro assemblato con pezzi di cadaveri.

Il libro diventa sempre più appassionante man mano che ci si addentra nell’universo della sua solitaria infanzia – abituata a rifugiarsi nei cimiteri per leggere e scrivere sulla tomba della madre- poi il suo peregrinare per l’Europa alle prese con passioni dirompenti, dolori e perdite.

Il suo nome è strettamente legato a quello del famoso lirico romantico Percy Shelley (1792, 1822), entrato nel mito anche per la sua tragica fine; annegato lungo la costa di Viareggio, dapprima sepolto nella sabbia, poi cremato davanti al mare che lo aveva travolto e ucciso.

 

 

Eleanor Catton “Birnam Wood” -Einaudi- euro 22,00

C’è molta natura in questo romanzo della scrittrice e sceneggiatrice neozelandese, inclusa tra i 20 Best of Young British Writers di “Granta”. Al centro della narrazione c’è Birnam Wood, collettivo di orticoltori militanti in Nuova Zelanda. Attraverso atti di “guerrilla gardening” vorrebbero sviluppare un radicale e durevole cambiamento sociale e fare capire quanta terra viene sacrificata e sprecata quotidianamente.

Il collettivo è stato fondato dalla 29enne Mira Bunting che si muove in base alla convinzione che la terra appartenga a chi la lavora. I membri di Birnam Wood si appropriano di ampi spazi abbandonati, creando abusivamente orti biologici sostenibili. Poi applicano principi di solidarietà e mutuo soccorso; sfruttano il terreno e si dividono il raccolto, una parte è destinata ai bisognosi, mentre il resto lo vendono per recuperare un po’ dei soldi spesi.

In sostanza è un progetto illegale di violazione della proprietà privata. Il romanzo inizia con una frana al passo di Korowai, tra l’omonimo parco e la tenuta Darvish. Di lì in poi scendono in campo vari personaggi, ed ognuno persegue i propri interessi. La trama si infittisce e sfocia in una sorta di thriller ambientato dall’altra parte del mondo, animato da intrighi, complotti, corruzione, abuso di potere.

Un raffinato mix di potente satira sociale che sviscera temi come il cambiamento climatico, il capitalismo sullo sfondo di affascinanti descrizioni del meraviglioso territorio della Nuova Zelanda.

 

 

Arwin J. Seaman “Un giorno di calma apparente” -Piemme- euro 18,90

L’isola di Liten, a metà strada tra Svezia e Danimarca, sembra proprio un luogo tranquillo; e invece no. E’ l’epicentro del secondo romanzo, pubblicato sotto pseudonimo da uno scrittore italiano -che vuole restare anonimo- ed ambienta una serie di gialli scandinavi originalissimi.

Ci sono un omicidio e le indagini della polizia; ma il vero fulcro è l’isola di Liten. Poco più che un scoglio boscoso e ripido -con al centro un lago vulcanico- abitato da circa duemila persone. La loro vita tranquilla, scandita da un sonnacchioso tran tran quotidiano senza scossoni, ora si frantuma e attira un’ampia attenzione mediatica su quanto sta avvenendo di inquietante.

I piani di lettura sono molteplici; oltre alla trama noir, viene affrontato l’attuale e scottante tema dell’influenza dei social; la loro deriva nel momento in cui manipolano i soggetti più deboli, o incitano all’odio e alla persecuzione. Il problema deflagra quando quattro adolescenti si suicidano, uno dopo l’altro, in rapida successione. Ad essere additata come istigatrice è la 16enne Malin.

Se il male di vivere degli adolescenti può essere molto profondo e devastante, quello di Malin è esacerbato dall’aver perso la madre troppo presto. Figlia del commissario di polizia locale, esprime tonnellate di rabbia tingendosi i capelli di verde; soprattutto, farebbe qualsiasi cosa per aumentare la sua popolarità sul web.

Per esempio posta filmati in cui simula di lasciarsi cadere in mare da un’altura; peccato che il suo coetaneo Ake faccia un video parodia per deriderla e finisca per precipitare davvero e sfracellarsi. Il resto è un susseguirsi di colpi di scena mozzafiato….

 

 

 

Il conte di Lauriano e il conte di Varengo. Analogia matrimoniale

Giacinto Magnocavallo (1739-1806) conte di Varengo, signore di Monromeo e consignore di Cuccaro fu un politico, poeta e socio corrispondente dell’Accademia delle Scienze di Torino dal 1801 al 1806 nella classe di Scienze Morali Storiche Filosofiche. Era figlio di Francesco Ottavio Magnocavallo, sindaco di Casale, provveditore, riformatore scolastico provinciale, letterato, architetto molto noto in Monferrato ed esponente del barocco piemontese. A Casale costruì la facciata della chiesa di Santa Croce, la chiesa dell’Addolorata, il palazzo Callori, il palazzo Magnocavallo e le chiese di Varengo, San Germano, Balzola, Penango, Fabiano e la chiesa di Odalengo Grande commissionata dal cognato del figlio Giacinto, il marchese di Treville e di Odalengo Luigi Gaetano Gozzani. Giacinto si era sposato nel 1775 con la vedova Eleonora Gozzani (1752-1832) dama di rilievo molto bella e ricca di notevole spirito e virtù, figlia del marchese Giacomo Bartolomeo di Treville, sindaco e provveditore di Casale. Già sposata in prime nozze nel 1771 con il conte di Lauriano Giuseppe Maria Ferrero (1751-1774) da cui ebbe una figlia, Eleonora ereditò gran parte dei beni della madre Isabella, discendente della ricchissima famiglia Lascaris di Ventimiglia.

 Nel 1774 Eleonora ricevette l’ultima toccante lettera scritta in francese dal marito Giuseppe ricoverato in fin di vita, indirizzata a “Madame la contesse de Laurian neè Gozani de Treville, Civas, Laurian: Cara gioia, amatemi sempre come io di vero cuore amo voi e io vi amerò per sempre”. Il cittadino Giacinto Magnocavallo, commissario del governo provinciale casalese della Repubblica Francese nel 1799 e 1800 ebbe come segretario il marchese di Treville Luigi Venanzio Gozzani, cugino della moglie Eleonora. Con una lettera del 5 agosto 1800 esortarono il parroco di Cereseto ad utilizzare le funzioni religiose per dare indicazioni “ai più rozzi e idioti cittadini coltivatori di campagna” sulle conseguenze del flagello della epizoozia,  diffusione di una malattia animale. Entrambi di idee volteriane, l’anno successivo furono condannati ad un anno di prigione durante l’occupazione austro-russa e rinchiusi nel carcere di Vigevano. Con le lettere del 1801 inviate dal carcere a Madame Eleonore Varengo supplicarono la grazia tramite il suo procuratore dopo la sentenza di condanna dell’avvocato fiscale generale del Senato. Dopo il cambio di governo del 1801, Giacinto fu nominato deputato del corpo legislativo di Parigi e Luigi Venanzio commissario del governo di Casale al posto di Giacinto.

Da Eleonora ebbe quattro figli, Corrado, Luigia, Ippolito, Annibale e il ricco patrimonio, acquisito come unico erede maschio alla morte del padre Francesco Ottavio a Moncalvo, fu scialacquato dalla loro vita sfarzosa nella capitale francese. A Casale Monferrato i Magnocavalli erano già stati riconosciuti famiglie patrizie di baldacchino ma il titolo nobiliare fu ereditato per procura nel 1575 da Fabio Cane, signore  di Monromeo e conte palatino discendente del condottiero Facino, padre di Anna Vittoria  moglie di Curzio Magnocavallo. Anna Vittoria Cane portò in dote il feudo di Monromeo al matrimonio con il medico Curzio, vittima delle soventi liti tra l’antica e la nuova nobiltà monferrina con i sostenitori dei Mossi di Morano e Magnocavalli da una parte e gli Ardizzoni e Scarampi dall’altra, ferito a morte nel 1662 davanti al palazzo del governo da Alessandro e Giacomo Sannazzaro sostenitori degli Ardizzoni, condannati all’esilio dal duca Carlo II° Gonzaga-Nevers. Il feudo di Torre Monromeo di Serralunga di Crea era stato assegnato a Giovanni Battista Forni, il precedente proprietario investito nel 1538 da Anna d’Alencon. Teresa Gozzani (1824-1891) cugina di Eleonora, figlia di Giovanni Battista Gozzani di Luzzogno e Petronilla Callori di Vignale, fu l’ultima contessa di Monromeo.
Armano Luigi Gozzano 

Rock Jazz e dintorni a Torino: Roberto Vecchioni e Anastacia

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GLI APPUNTAMENTI MUSICALI DELLA SETTIMANA 

Lunedì. Al teatro Colosseo si esibisce Cristiano De Andrè. Alle OGR è di scena Nicole Zuraitis feat. Elio Coppola Trio.

Martedì. All’Osteria Rabezzana suona Martin Craig & The Black City. Al Blah Blah si esibiscono gli Zu.

Mercoledì. Alle OGR arriva Anastacia. Al Peocio di Trofarello suona Scott Henderson. Allo Spazio 211 si esibisce Gnuti. All’Osteria Rabezzana è di scena Valerio Liboni.

Giovedì. Al Circolino è di scena JoHnny Laplo & Arcote Project. Al Cafè Neruda suona il The Origin Trio. All’Off Topic si esibisce La Municipal.  Al Blah Blah si esibisce Sarram. 

Venerdì. Al Folk Club suona Daniele di Bonaventura. Allo Ziggy si esibisce Suzi Sabotage + The Spoliled. Allo Spazio 211 è di scena Sylvie Kreusch. Al Capolinea 8 suona Emanuele Cisi Trio. Alla Divina Commedia si esibiscono Frankie & Friends. All’Hiroshima Mon Amour sono di scena i Queen of Saba. Alla Suoneria di Settimo suonano i La Crus. Al Magazzino di Gilgamesh si esibisce la Artur Menezes Band.

Sabato. All’Inalpi Arena si esibisce Brunori Sas. Alla Divina Commedia sono di scena i Britannia Row. Al Magazzino di Gilgamesh suona Omar Coleman & Henry Carpaneto Organ Trio. Al Capolinea 8 si esibisce il Vinicius Surian Quartet. Allo Spazio 211 suonano i Go Dugong. Al Blah Blah sono di scena i Flatmates 205. Allo Ziggy suonano Rockish + Domani Martina + Eranera. Al Folk Club si esibisce Luigi Tessarollo New Sextex.

Domenica. Al teatro Colosseo recital di Roberto Vecchioni. Allo Ziggy suonano Dead Blow Hammer ( feat. Rob Kabula Agnostic Front)+ Guest TBA. All’Inalpi Arena è di scena Geolier. Alla Divina Commedia suonano i Sudaka.

Pier Luigi Fuggetta

Magnifica Ceramica! Dal ‘900 ad oggi

In mostra alla torinese “Galleria Sottana” le opere in/su “ceramica” firmate da “Maestri” dell’arte internazionale

Magnifica Ceramica!

 In mostra alla torinese “Galleria Sottana” le opere in/su “ceramica” firmate da “Maestri” dell’arte internazionale dal ‘900 ad oggi

Fino al 2 giugno

“In principio” … il grande Pablo. Sì, ancora lui, Picasso il grande, fra i più veri e più prolifici “giganti” dell’arte del ‘900. “E’ stato il grande artista spagnolo, infatti, a sdoganare la ceramica e a introdurla nel mondo dell’arte, segnando un nuovo percorso che, dopo di lui, vedrà altri grandi Maestri dedicarsi a nuove modalità espressive, deviando dai loro consuetudinari ambiti, come la pittura e la scultura”. Così scrive Vincenzo Saffo, curatore, insieme a Giovanni Iovane della mostra “Forma e Colore. Da Picasso e Warhol, la ceramica dei grandi Maestri”, organizzata da “AICS Torino” con “ART Book Web” (in collaborazione con “Congregatio Oratorii Taurinensi”, “FAI” e “Blu&Blu Network”) ed ospitata fino a lunedì 2 giugno presso la “Galleria Sottana” dell’“Oratorio di San Filippo Neri”, il luogo di culto più grande di Torino, origini seicentesche ma completato (1823 – ’24), nell’architettura attuale da Giuseppe Maria Talucchi su progetto dello Juvarra.

Dunque, per più di quattro mesi, la “Galleria” di via Maria Vittoria 5/bis accoglierà, in una sorta di avvincente artistico “giro del mondo” circa 100 opere in ceramica, tutte provenienti da collezioni private, firmate da oltre 70 grandi artisti del ‘900 e contemporanei, che hanno praticato l’arte della ceramica senza essere però “ceramisti puri”, ma “artisti, pittori e scultori – ancora Saffo – che, nell’ambito del loro percorso creativo, si sono interessati all’uso della ceramica o della porcellana e loro derivazioni, di cui l’esempio più noto é senza dubbio quello di Pablo Picasso con le ceramiche realizzate a Vallauris”. Un periodo magico, per l’artista malagueño che nella “città francese della ceramica” conosce non solo Jacqueline Roque (1951), che diverrà la sua seconda moglie, ma comincia anche a frequentare con assiduità la fabbrica di ceramiche “Madoura” di Suzanne e George Ramié, dove inizia ad imparare e ad appassionarsi alle varie tecniche di lavoro, alla plasticità della terra e al suo processo di cottura, grazie soprattutto all’aiuto dell’artista Jules Agard.

I soggetti del Picasso – ceramista non si scostano di molto da quelli tipici del suo repertorio iconografico: dai centauri alle colombe alle capre alle scene di tauromachia fino a maschere cavalli e uccelli. Ed è proprio un delizioso “Piattino in ceramica” con un ironico bizzarro “Uccello con ciuffo” del ’52, accanto alla “Colomba sul nido” del ’49 che attirano da subito attenzione, meraviglia e curiosità. Accanto in un percorso artistico organizzato con grande saggezza, troviamo le opere di altri artisti che hanno fatto, da una parte all’altra del mondo, la storia dell’arte novecentesca e contemporanea, articolate (fra ceramiche, porcellane e terrecotte) in sette aree tematiche, dov’è raccontato, dopo Picasso, l’innamoramento per la ceramica di artisti del calibro di un Salvador Dalì con “Le arti”, multiplo a tiratura limitata del ’79, di un Joan Mirò e di quel Marc Chagall che ne “Les bouquettes de Fleur” dona finalmente terra, dall’alto dei cieli, alle sue eterne sognanti “anime innamorate”.

Per poi puntare sulla creatività (ancora in parte sconosciuta) latino-americana che parla di “Op-art” con i lavori di Julio Le Parc o di atmosfere onirico-surreali con il contemporaneo Vic Muniz. Ricca di presenze importanti la sezione dedicata alle “Presenze Italiane”: si va da Marco Rotelli alle “Faces” del vaso in ceramica disegnato a mano (2022) di Marco Lodola, fino alle “4 caraffe” di tattile ben definita praticità di Ezio Gribaudo, seguite dalle opere di Ferruccio D’Angelo, Enzo Rovella, dalla rovinosa visionarietà dei “Cocci” di Franco Garelli e dal “Terzo paradiso”, tazzina per “Illy collection” (2013) di Michelangelo Pistoletto. Ad un concetto insieme “rigoroso e mentale” della ceramica quale autentica opera d’arte portano poi gli spazi dedicati al “Concettuale d’autore” (con l’americano Solomon “Sol” LeWitt, Rudolf Stingel e il torinese Alighiero Boetti) e a “La gioia della Pop Art” con la “Serie di 24 formelle” di Andy Warhol, decisamente “rabbonite” dalla tecnica ceramica ed eseguite dal “padre della Pop” per  “Rosenthal” nel 1987. Fra gli interpreti di “un aspetto più ribelle e trasgressivo” della comunicazione pubblicitaria il “Glen” piatto in porcellana bianca “Limoges” di Jean-Michel Basquiat (il “James Dean dell’arte moderna”) e l’“Untitled” di Keith Haring. Folta e prestigiosa anche la sezione dedicata alla “Ceramica al femminile” in cui spicca la creatività della serba, naturalizzata statunitense, Marina Abramović. Di particolare interesse, infine, la sezione dedicata alle millenarie tradizioni (dove anche l’arte ceramica è sempre voce ed espressione di particolari suggestive filosofie orientali) di Giappone e Cina. Fra i grandi protagonisti presenti in mostra, Ai Weiwei, con la sua iconica “Semi di girasole” dipinti a mano ed esposti alla “Tate Modern” di Londra. Accanto a lui, alcuni fra i più rappresentativi artisti cinesi contemporanei, come Pan Lusheng, Ma Yuan, Zhang Hongmei e Xu De Qi.

La mostra sarà aperta, fino a lunedì 2 giugnodal martedì alla domenica (ore 10-19). Dal mese di marzo, ogni ultimo sabato del mese visite guidate per famiglie e speciali per adulti esclusivamente su prenotazione: biglietteriamostrato@gmail.com

Gianni Milani

Nelle foto: Pablo Picasso “Uccello con ciuffo”, 1952; Ezio Gribaudo “Serie di 4 caraffe”, 1956; Andy Warhol “Serie di 24 formelle”, 1987; Ai Weiwei “Semi di girasole”, 2010

Sant’Antonio di Ranverso: Viva Jaquerio! Una visita immersiva

Precettoria di Sant’Antonio di Ranverso

Domenica 16 marzo, ore 15

alla scoperta di uno dei maggiori esponenti del gotico internazionale del Piemonte per i 650 anni dalla nascita

 

In occasione dei 650 anni dalla nascita di Giacomo Jaquerio, la Precettoria di Sant’Antonio di Ranverso propone una speciale visita immersiva nella vita di uno dei maggiori esponenti del gotico internazionale del Piemonte che a Ranverso ha lasciato proprio la sua firma e il suo più grande capolavoro.

Nato nel 1375 circa a Torino da una famiglia con una lunga tradizione nella pratica della pittura, vive la prima parte della sua vita tra continui spostamenti fra Torino, Ginevra, Thonon-les-Bains ed altre località d’oltralpe, lavorando al servizio di Amedeo VIII di Savoia e ricevendo commesse da istituzioni religiose e da importanti casate nobiliari. Dal 1429 in poi abitò stabilmente a Torino. Della sua vasta produzione solo pochissime opere sono documentate. Il primo documento certo relativo a Jaquerio è la sua firma, scoperta solo nel 1914 sugli affreschi dell’Abbazia di Sant’Antonio di Ranverso, databili intorno al 1410, epoca in cui l’artista doveva già essere a capo di un’ampia bottega. La Salita al Calvario è il suo capolavoro caratterizzato da toni marcatamente realistici di crudeltà e dolore che ne fanno un brano pittorico di grande tensione drammatica.    

 

INFO

Precettoria di Sant’Antonio di Ranverso

Località Sant’Antonio di Ranverso, Buttigliera Alta (TO)

Domenica 16 marzo, ore 15

Viva Jaquerio!

Costo visita: 5 euro, oltre il prezzo del biglietto

Biglietti: intero 5 euro, ridotto 4 euro

Hanno diritto alla riduzione: minori di 18 anni, over 65, gruppi min. 15 persone

Fino a 6 anni e possessori di Abbonamento Musei: biglietto ingresso gratuito

È indispensabile la prenotazione entro il giorno precedente.

Info e prenotazioni (dal mercoledì alla domenica):

La rubrica della domenica di Pier Franco Quaglieni

SOMMARIO: Spadolini ministro dei beni culturali – La Biennale di Democrazia – Erik Gobetti e il 10 Febbraio -Per l’Europa sempre e da sempre ma l’appello di Serra mi lascia indifferente – Lettere

Spadolini ministro dei beni culturali
In un’aula del Collegio Romano sede del Mic è stato ricordato il cinquantennale della fondazione da parte di Giovanni Spadolini del ministero dei beni culturali e ambientali nel 1975. L’attuale ministro ha ricordato i trascorsi repubblichini e fascisti di Spadolini senza che il suo uomo di fiducia Cosimo Ceccuti abbia replicato al Ministro qualcosa. Ceccuti che deve tutto  a Spadolini, anche la casa, ha fatto un discorso retorico dal quale emergerebbe uno Spadolini Salvatore dei beni culturali in sfacelo che non corrisponde al vero. Lo stesso Spadolini preferì occupare altri ministeri più prestigiosi , abbandonando il ministero per la cultura. Spadolini avrebbe compiuto cent’anni nel 2025 e già sono iniziate le celebrazioni per il centenario la cui regia è affidata a Ceccuti che Spadolini trattava come un tutto -fare, appellandolo familiarmente  Cosimo, non certo pensando a De Medici. Non ha avuto il coraggio di affidare il centenario a studiosi che potessero parlare con il distacco critico necessario del suo benefattore . Lo conobbi bene per il centenario di Pannunzio quando tentò di cancellare il Centro Pannunzio,  avendo in cambio la vice presidenza del Comitato , ma sbaglio ‘ pesantemente perché il comitato venne annullato dal ministero su mia istanza. Un piccolo personaggino anche fisicamente rispetto al corpulento Spadolini disegnato da Forattini .Gente da dimenticare, non certo destinata a entrare nella storia italiana. Malgrado i soldi delle banche, in primis quella un po’ chiacchierata di Verdini. Questo è il caso di un ossequioso tirapiedi che involontariamente ha distrutto o almeno molto ridimensionato l’immagine di un uomo che forse  meritava altri ricordi.
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La Biennale di Democrazia
Essa appare una sorta di giocattolo in mano all’esimio prof. Gustavo Zagrebelski, studioso di fama e amabile e garbata persona. Anche lui all’apparenza un mite giacobino.  La biennale accoglie solo studiosi di una sola parte politica, creando uno strano pluralismo tra sinistra – sinistra ed estrema sinistra. Gli altri non vengono neppure considerati: un razzismo politico assai poco democratico.   Edmondo Bertaina ha avuto il coraggio di chiedere quanto costa la Biennale e da chi sia finanziata. Ha inoltre evidenziato la tendenziosità dell’insieme della baracca affidata a studiosi di un solo colore che va dal rosso acceso al rosso accecante. E’ una Biennale che va cambiata.
E r i k   G o b e t t i  e  il 10 Febbraio
Invitare il solo  E r i k   G o b e t t i   in una scuola a parlare di foibe è errore marchiano. Lo fanno gli  insegnanti faziosi e incolti. E se si invitasse a parlare alla banca del sangue un vampiro senza contraddittorio? Su temi sensibili in una scuola è indispensabile  il contraddittorio. Non è una ingerenza o una lesione  all’autonomia didattica il farlo presente, anzi è doveroso richiedere a chi dirige una scuola impedire scorribande politiche camuffate da storia. Gli studenti vanno rispettati. L’egemonismo di alcuni estremisti dell’Istoreto non va confuso con la storia dell’istituto della Resistenza e dell’ ANPI di Nino Boeti che hanno sempre avuto un atteggiamento rispettoso del dramma delle foibe e dell’esodo.
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Per l’Europa sempre e da sempre ma l’appello di Serra mi lascia indifferente
Non andrò in piazza  il 15 marzo per l’Europa. Non sono mai andato volentieri in piazza e ci sono andato pochissime volte per Jan Palach  e a sostegno delle vittime dei terroristi islamici che fecero strage dei redattori della rivista Charlie Hebdo. In quest’ultimo caso mi pentii perché la satira deve avere rispetto delle religioni e non oltraggiarle. Forse ho partecipato un’altra volta ad un sit -in radicale, ma la presenza di Viale mi ha subito messo a disagio e mi allontanai dopo pochi minuti. Ritengo che sia più utile adoperare la penna più che i piedi e in tante occasioni invece ho scritto appelli ed articoli. Per l’Europa non si può restare inerti e non c’è il bisogno dell’appello di Michele Serra, che non ho mai stimato. A muoversi per l’Europa vale invece l’appello ideale di Luigi Einaudi , di Ernesto Rossi, di Alcide De Gasperi ,di Mario Pannunzio, di Gaetano Martino e Vittorio Badini Confalonieri, mentre nutro dei dubbi su Altiero Spinelli,  fautore di un europeismo socialistoide poco chiaro. Ritengo un errore nel 1975 aver rinunciato, dopo cinque anni di impegno a fianco di Mario Scelba e di Giuseppe Petrilli  come vice presidente, a partecipare al Movimento Federalista Europeo: dopo aver visto cosa accadeva a Bruxelles e a Strasburgo ritenni di dedicarmi esclusivamente al Centro “Pannunzio”. L’impegno europeo dei miei amici Sergio Pistone ed Emilio Papa è rimasto indelebilmente nel mio DNA.
Oggi bisogna muoversi per una nuova Europa davvero unita anche militarmente  ed economicamente capace di interloquire e di resistere a Trump , a Putin , alla Cina . Un ‘Europa protagonista di una Nato di cui non sia un alleato di serie B. L’Europa burocratica di Bruxelles non mi ha mai convinto . L’Europa dei 27 che deve decidere solo  all’unanimità; ma dà spazio alle evasioni fiscali e alle delocalizzazioni non mi è mai piaciuta. Non mi piacque inizialmente neppure quella dell’Euro da cui l’Italia uscì fortemente penalizzata, ma ritengo oggi che senza l’Euro saremmo al disastro assoluto . Fu  preziosa lungimiranza quella di Ciampi in modo particolare. Oggi quasi nessuno solleverebbe dubbi sulla moneta unica europea capace di tenere testa al dollaro. Ma bisogna anche riprendere l’Europa delle radici storiche giudaico – cristiane che vennero rifiutate. L’Europa vera è fatta da secoli di storia, non solo dai Lumi settecenteschi. Bisogna tornare a credere ad un’Europa antidoto alle guerre come pensavano Einaudi e De Gasperi, l’Europa delineata magistralmente da Benedetto Croce nel suo grande libro dedicato alla storia europea. Per questa Europa vale più che mai la pena di combattere. Essa non è una bandiera blu con tante stelline , ma un patrimonio di valori che noi italiani vediamo rappresentati da Cavour e da Cattaneo, da Mazzini e Garibaldi  insieme a tanti patrioti che dal 1943 al 1945 combatterono  contro l’Europa barbara di Hitler. Se fosse, ad  esempi, Valdo Fusi a chiamarmi in piazza il 15 marzo , non avrei esitazioni. Ma al di là della piazza occorrono le idee e su questo piano il contributo del Centro “Pannunzio”  non potrà mai mancare. Siamo e saremo in prima linea per l’Europa.
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LETTERE scrivere a quaglieni@gmail.com
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Pietre d’inciampo
Quale promotore della pietra di inciampo dedicata a Virginia ci tengo a precisare che le pietre sono sempre state solo due. La collocazione fu promossa dal Prof. Brandone che organizzò una bellissima mostra di archivio ed organizzammo  un evento in aula magna ritrovando anche dei rari filmati di Virginia in bicicletta e con la sua famiglia e alla fine fu recitato un kaddish, preghiera in onore dei defunti. La Preside prof. Alpestre fu fondamentale in tutto questo anche perché normalmente le pietre sono collocate davanti all’ultima abitazione della persona, cosa che in questo caso non fu possibile e si pensò che il d’Azeglio fosse il luogo giusto dopo che gli studenti con la loro  ricerca di archivio hanno fatto rinascere Virginia e Franco ex allievi. Infine le segnalo che le pietre sono gestite dalla scuola e dai ragazzi con grande cura ed amore, la manutenzione è sempre ottima.   Mario Montalcini
Grazie per le precisazioni del dott. Montalcini di cui prendiamo atto, anche se il lettore Rag. Filippelli ha documentato con fotografie le sue affermazioni. Se posso dire, del prof. Brandone non ho mai avuto stima, ma ha fatto benissimo ad occuparsi delle pietre d’inciampo che sono così importanti da  obbligarci ad evitare inutili polemiche. Di fronte al dramma delle infami deportazioni tedesche non è il caso di aprire stantie  polemiche banalizzanti. Oggi le due pietre sono in ottimo stato e ne prendiamo atto. Metto però in evidenza il silenzio del preside del liceo D’Azeglio.
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Piazza Europa
Dopo aver letto il suo pezzo sull’Europeismo seguirò il suo esempio  e non andrò in piazza seguendo Michele Serra. Ho incominciato  invece a rileggere il grande libro di Federico Chabod sull’idea di Europa.   Michele Torra
Fa bene a rileggere Chabod, maestro di più generazioni di storici che fa parte insieme a Croce del mio DNA. Egli scrisse quel libro durante la seconda guerra mondiale  nella Milano occupata dai nazifascisti. Ci sono pagine di una costante attualità come solo i classici sanno scrivere. Serra al confronto è un signor nessuno.
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“Il sindaco fermi l’assessore Foglietta”
L’assessore Foglietta forse non doveva essere mai nominata assessore, ma il disastro che sta facendo sul cavalcavia di corso Sommeiller, strozzando il traffico, è davvero intollerabile. Va fermata come andrebbe fermato il progetto dispendioso di via Roma pedonalizzata. Luisa Giani
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Concordo con lei. Foglietta è il tallone d’Achille dell’amministrazione torinese. Anch’io penso che andrebbe sollevata da un incarico a cui si rivela palesemente inadeguata.
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Il ritorno di Umberto II
La richiesta del principe Emanuele Filiberto, con motivazioni anche storicamente  errate  per il ritorno della salma del nonno Umberto II in Italia al Pantheon è poco dignitosa, specie se collegata al recupero dei gioielli delle Corona. Emanuele Filiberto è incapace di rappresentare la dinastia sabauda. Le Guardie del Pantheon che travalicano  la loro funzione, gli creano un grande danno di immagine. il principe faccia il ballerino, faccia  il ristoratore a Montecarlo, si goda la nuova giocane compagna che ha scelto, lasciando la moglie e non rompa le palle. Re Umberto non è  Faruk d’Egitto. Fece un grande errore chi volle Vittorio Emanuele III accolto alla chetichella a Vicoforte. Non peggioriamo la situazione. I cortigiani di Vittorio Emanuele sono inesistenti e oggi esiziali. Mio nonno morì in Russia per fedeltà al Re in una guerra pazza.    Lettera firmata  
Re Umberto II
Concordo con Lei, a parte l’asprezza del suo linguaggio. Così la Dinastia va purtroppo verso il naufragio del ridicolo, il peggiore. Il principe Sergio figlio di Maria Pia di Savoia è l’unico degno e credibile che può risollevare le sorti.

Rosignano Monferrato,  “Un lunghissimo Ottocento”

Viene inaugurata sabato 15 marzo, alle 15.30, la mostra “Un lunghissimo Ottocento – esperienze estetiche, poetiche e tematiche tra collezionismo e decorazione prima e dopo il divisionismo di Angelo Mombelli”, un’esposizione che attraversa un secolo di evoluzioni artistiche e culturali.

Organizzata dal Comune di Rosignano Monferrato, in collaborazione con Emanuele Cardellino, esperto d’arte e titolare della galleria L’ Estampe di Torino, e con Francesca Boi alla direzione artistica e al progetto curatoriale. La mostra è allestita presso i Saloni Arnaldo Morano, attraversa e percorre il lunghissimo Ottocento, un secolo eccezionalmente intenso, costituito da grande evoluzione economico culturale, nel quale correnti più strettamente positiviste si alternarono ad altre spiritualiste, nella cultura elitaria come nel sentimento comune, dando origine a figurazioni artistiche nelle quali dall’alternanza rifletteva l’indagine, più o meno consapevole, che gli artisti e gli intellettuali erano chiamati ad approfondire. Nel percorso espositivo appariranno oltre 30 opere di grandi artisti dell’Ottocento e del primo Novecento italiano che ebbero una straordinaria fortuna collezionistica nonostante le pressioni sempre più forti da parte delle avanguardie, contestualizzati in ambienti domestici opportunamente ricostruiti prendendo spunto e ispirandosi ad alcune opere di Angelo Morbelli, capace di rendere al meglio il contesto nel quale le opere si collocano.

La mostra di Rosignano Monferrato si pone in ideale continuità con la “bellezza liberata-Leonardo Vistolfi, gli amici divisionisti” ospitata a Casale Monferrato. L’obiettivo è offrire ai visitatori la possibilità di confrontare le diverse espressioni artistiche del periodo, dal divisionismo ad altre correnti che hanno sancito il passaggio tra Ottocento e Novecento.

Inaugurazione: sabato 15 marzo alle 15.30

Durata mostra: 15 marzo – 11 maggio 2025

Orari: sabato e domenica 10.30 – 12.30 e 15.30 – 17.30. In settimana 15.30 – 17.30 su appuntamento.

Telefono: 347 0530167

Mara Martellotta