CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 15

Acquisite 5 opere di 5 artisti a favore della GAM

Con il budget più alto degli ultimi tredici anni, anche quest’anno la Fondazione Arte CRT, Ente art oriented di Fondazione CRT, che quest’anno celebra il suo 25esimo anniversario, ha confermato di credere alle proposte delle gallerie presenti ad Artissima acquisendo, nel corso dell’edizione 2025, 26 nuove opere realizzate da 11 artiste e artisti, destinandole come sempre alla fruizione pubblica; importanti lavori di John Giorno, Cian Dayrit, Majd Abdel Hamid, John Menick, Felix Shumba e Valentina Furian confluiranno nella collezione permanente del Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea, mentre le opere di David Schutter, Simon Callery, Alessandro Pessoli, Marco Cingolani e Franciszka and Stefan Themerson saranno rese disponibili per le sale della GAM – Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea di Torino.

Da venticinque anni la Fondazione Arte CRT è tra i partner principali di Artissima, la fiera internazionale d’arte contemporanea di Torino, che sostiene attraverso diversi contributi, in particolare con la campagna di acquisizioni. Una collaborazione che nasce dalla convinzione che Artissima rappresenti per la città un’occasione unica per consolidare e proiettare il proprio ruolo sulla scena artistica internazionale.

In occasione del suo 25esimo anniversario, la Fondazione Arte CRT rinnova e rafforza questo impegno, aumentando ulteriormente lo storico fondo destinato alle acquisizioni da 280 mila euro dello scorso anno a 300 mila euro. Si tratta del budget più alto degli ultimi tredici anni, a conferma della volontà della Fondazione di continuare a investire nella valorizzazione dell’arte contemporanea e nel patrimonio culturale condiviso di Torino e del suo territorio.

“La Fondazione Arte CRT, che opera per conto della Fondazione CRT, rinnova con convinzione il proprio impegno nei confronti di Artissima, la principale fiera d’arte contemporanea in Italia e una delle più riconosciute a livello internazionale – ha  commentato Patrizia Sandretto Re Rebaudengo, Presidente della Fondazione Arte CRT – In occasione del nostro 25esimo anniversario, abbiamo voluto rafforzare ulteriormente questo legame, incrementando il fondo acquisizioni a 300 mila euro, lo stanziamento più consistente degli ultimi anni, per sostenere in modo concreto il lavoro delle gallerie e degli artisti presenti in fiera. Attraverso le acquisizioni effettuate anche grazie al prezioso supporto del nostro Comitato scientifico, le opere entreranno a far parte delle collezioni della GAM – Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea di Torino e del Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea, andando ad arricchire due patrimoni pubblici di straordinario valore e contribuendo a rafforzare il ruolo di Torino come capitale dell’arte contemporanea.”

La Fondazione sostiene le gallerie e le artiste e gli artisti presenti in fiera attraverso l’acquisizione di opere, alimentando così una estesa collezione di lavori di arte contemporanea, oggi tra le più prestigiose: oltre 950 opere che spaziano dalla pittura alla scultura, dal video alla fotografia, dalle grandi installazioni agli NFT, realizzate da circa 380 artisti, per un investimento complessivo di oltre 42 milioni di euro. A conferma della mission della Fondazione, le opere che entrano a far parte della propria collezione vengono immediatamente rese disponibili alla collettività e ai due Musei per le rispettive attività espositive e per i prestiti ad altre istituzioni, consentendo a Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea e a GAM – Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea un continuo aggiornamento delle proprie esposizioni e un dialogo costante con i principali attori della scena artistica internazionale.

Come consuetudine degli ultimi anni, era presente ad Artissima per il terzo anno il Comitato Scientifico della Fondazione Arte CRT, rappresentato quest’anno da Hans Ulrich Obrist (Direttore artistico Serpentine Galleries, Londra), Susanne Pfeffer (Direttrice Museum MMK für Moderne Kunst, Francoforte), e Vicente Todolì (Direttore artistico Fondazione Pirelli HangarBicocca, Milano); Manuel Segade Lodeiro (Direttore Museo Nacional de Arte Reina Sofía, Madrid) e Suhanya Raffel (Direttrice Museum M Plus, Hong Kong) hanno contributo da remoto.

Da sempre organo consultivo della Fondazione in materia di acquisizioni, il Comitato ha partecipato alla scelta delle acquisizioni in fiera, in sinergia con i Direttori e i Capo curatori del Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea e della GAM – Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea, e selezionando opere che valorizzeranno ulteriormente il patrimonio artistico di entrambi i musei, centri di eccellenza piemontese e punti cardine nell’avvicinare all’arte un pubblico esteso ed eterogeneo, a livello locale, nazionale e internazionale.

In merito alle acquisizioni il Comitato Scientifico della Fondazione Arte CRT ha dichiarato:
“Un momento molto speciale a Torino, città d’arte che Artissima anima insieme alle mostre delle diverse istituzioni culturali del territorio – ha dichiarato il Comitato Scientifico della Fondazione Arte CRT – Quest’anno molte di esse festeggiano anniversari importanti, tra cui la Fondazione Arte CRT, che celebra i suoi 25 anni.
Un momento dinamico, perché, per parafrasare Italo Calvino, a Torino si riesce a scrivere, perché qui passato e futuro convivono nel presente con una forza che altrove è più rara. Questo si percepisce ancor di più ad Artissima, attraverso le sezioni curate, dove artisti e gallerie pionieri ribadiscono questa attitudine: in un’epoca in cui circola molta informazione ma anche molta amnesia, è necessario ‘protestare contro l’ovvio’.
Per questa ragione Artissima presenta opere di artisti pionieri, talvolta dimenticati, che meritano di essere riscoperti e riletti. Come affermava Erwin Panofsky, ‘il futuro si inventa talvolta con frammenti del passato’. Da qui nasce l’esigenza di custodire la memoria e, al tempo stesso, sostenere gli artisti emergenti: perché la storia passata è anche l’anticipazione del futuro.
È impressionante vedere a Torino il numero di direttori, curatori e professionisti del mondo dell’arte che si incontrano in questi giorni.
Torino vale sempre un viaggio. E, come diceva Alighiero Boetti, ‘l’arte porta il sole e la luce a Torino’.”

MARA MARTELLOTTA

 

Le arcaiche “creature” di pietra di Savin

Oggi fra i più apprezzati e noti artisti – artigiani della Vallée

“Stele. Donato Savin” al valdostano “Forte di Bard” 

Fino al 31 dicembre

Rocce allungate verso il cielo o verso cime più alte. “Stele” come divinità protettrici o guerrieri posti in difesa di mura e ardui luoghi fortificati o ancora (perché no?) presenze aliene, sicuramente pacifiche, radicate in costoni di pietra diventati ormai protettivo rifugio terreno. Da alcuni giorni, e fino a mercoledì 31 dicembre, chi è salito o salirà lungo l’ultima parte della strada interna che porta alla sommità del “complesso fortificato” di Bard, troverà lungo il cammino, a fargli buona e piacevole compagnia, le opere di Donato Savin (classe ’59), valdostano doc di Cogne, residente e operante in frazione Epinel. La mostra, curata da Aldo Audisio in collaborazione con l’“Associazione Forte di Bard”, presenta dopo una serie di importanti esposizioni in Italia e all’estero,  una selezione di 30 opere del progetto “Stele” avviato dall’artista alcuni anni fa: si tratta di rocce posizionate su essenziali basi di ferro che ben si integrano con la maestosità delle grandi murature e creano un’inedita esposizione “en plein air”.

Gli inizi artistici di Savin risalgono piuttosto indietro negli anni, allorchè un bel giorno, visitando la celebre “Fiera di Sant’Orso” ad Aosta, scopre l’artigianato tradizionale, ricco di espressioni artistiche. Per Donato è un’autentica folgorazione. Alla vista di quelle opere che spesso é troppo riduttivo chiamare “artigianali”, gli si apre un nuovo entusiasmante mondo. Lì, sceglie un suo nuovo percorso di lavoro e di vita, avvicinandosi alla pietra che inizia a scolpire instancabilmente. Tanto che, nel 1987, partecipa lui stesso alla “Fiera” e vince uno dei più prestigiosi premi. È l’inizio della sua carriera, che lo vede scegliere definitivamente a materia del suo “produrre” le rocce delle sue montagne, tastandole, scolpendole, modificandone con avveduta oculatezza le forme, soffermandosi sui verdi acidi dei licheni mescolati alle venature del marmo o alla lieve porosità della pietra.

“L’idea della ‘Stele’ – racconta Savin – mi venne ad Aosta al ‘Museo Archeologico’. Vidi in quelle forme di rocce allungate ‘Dèi di Pietra’ e iniziai a cercare pezzi di scisti di quel tipo, cosparsi di licheni. Le mie opere restano aperte ad ogni interpretazione. Io ci vedo degli Dèi, specialmente femminili, che salgono verso l’alto; quando non ci sarò più, saranno i testimoni del mio passaggio nella vita terrena”. Un mondo di pietra, immobile, grandioso, fermato nel tempo a raccontare l’amore di Savin per la sua terra. Opere di pietra solide, dure, inamovibili ma palpitanti nel battere di un loro “cuore” che è il “cuore” dell’artista, che le rende ”uniche” ed “irripetibili”. Proprio come sono i frutti di un infinito amore.

“Toccare la roccia, sentirla con le mani e poi modificarla – sottolinea ancora Savin – è un modo per estraniarsi dal mondo. Liberarsi e sognare, far rivivere tante cose che ho appreso da bambino osservando i montanari. Un mondo di cui sono parte che, con le mie opere, cerco di perpetrare nel futuro, rinnovandolo”. Una sorta di “universo parallelo”, eppure così tenacemente radicato ad un paesaggio che ne è grembo materno, da cui prende vita e forma nella sua essenziale verticalità e in quel suo voluto, suggestivo gridare, di voce alta, al cielo.

Spiega la presidente del “Forte di Bard”, Ornella Badery“Siamo lieti di presentare ai tanti visitatori che ogni giorno percorrono il camminamento interno del ‘Forte’ questo iconico progetto firmato da Donato Savin, maestro dell’artigianato contemporaneo che interpreta e rivisita le rocce delle sue montagne in modo essenziale. Le rocce di Savin creano un potente dialogo con le pietre del ‘Forte’ e si fondono con armonia nel paesaggio circostante creando un itinerario artistico ricco di suggestione”.

Arte, spiritualità e natura. I tre elementi che fanno da ideale collante alle “rocciose” opere dell’artista cogninese (o cougnèn, in patois valdostano), che sarà altresì presente, da lunedì 28 luglio e per tutta l’estate, a Cogne nella mostra diffusa “Donato Savin. La vita attorno a me”, organizzata da “Fondation Grand Paradis” nell’ambito del 28° “GPFF – Gran Paradiso Film Festival”.

Gianni Milani

“Stele. Donato Savin”

Forte di Bard, via Vittorio Emanuele II, Bard (Aosta); tel. 0125/833811 o www.fortedibard.it

Fino al 31 dicembre

Orari: dal mart. al ven. 10/18; sab. dom. e festivi 10/19

Nelle foto: Donato Savin: “Stele”

La rubrica della domenica di Pier Franco Quaglieni

SOMMARIO: IV NovembreIl rettore fazioso – Ad Albanese no – Lettere

IV Novembre
Sembra che la data del IV novembre imbarazzi qualche amministrazione comunale per il clima di pacifismo pro Palestina determinatosi in Italia con scioperi, cortei, manifestazioni, occupazione di scuole. Le iniziative sono quest’anno  in formato ridotto. Dovremmo allora dimenticare il nostro Risorgimento? Quella data, 4 novembre 1918, segna la fine della IV guerra per l’indipendenza nazionale. E ci riporta a Trento, a Trieste, all’Istria e alla Dalmazia, all’Italia rimasta ancora irredenta sotto il tallone austriaco.
E’ l’Italia di Vittorio Veneto e della resistenza sul Piave che ebbe 650 mila caduti. Perché mai dovremmo dimenticare la nostra storia? Certo la pace è un valore assoluto, ma  l’onore ai Caduti è un dovere a cui un popolo civile non può rinunciare. Io non rinuncerò mai a ricordare i miei nonni partiti volontari insieme ai loro amici  Cesare Battisti e Damiano Chiesa. E neppure dimenticherò  i miei due zii volontari e caduti già nel 1915. E’ retorica? Forse per alcuni è infame  bellicismo, ma per chi conosce la storia resta un dovere ricordare il Milite ignoto e i soldati in grigio verde. Mentre l’Italia si divideva in una guerra civile durante il biennio rosso, ad Aquileia partì un treno con la salma del soldato senza nome che giunse tra ali di folla commossa a Roma per  essere tumulata all’Altare della Patria. Una pagina di storia che non va dimenticata. I ragazzi pro Pal non sanno e si limitano a protestare. Facciano pure, ma nessuno può impedirci di continuare ad essere dei buoni italiani: un’espressione che ricavo da Don Bosco, tirato in ballo a sproposito per l’”anti italiano” Elkann.
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Il rettore fazioso
Tomaso Montanari rettore dell’Università per stranieri di Siena ha dichiarato che non inviterebbe mai  nella sua università un esponente di “Sinistra per Israele“. Non c’è da stupirsi perché Montanari è quasi  geneticamente fazioso. Mentre l’uomo di scienza e di cultura è aperto al confronto che è il sale della democrazia, lui preferisce arroccarsi sulle muraglie cinesi della chiusura preconcetta. L’Università dovrebbe essere luogo di scambio di libere idee, ma il rettore senese preferisce attestarsi sulla sua idea personale, senza considerare che una università per stranieri dovrebbe avere il massimo di apertura. Magari c’è anche qualche studente israeliano, sempre che non lo abbiano già cacciato e intimidito.
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Ad Albanese no
La proposta del conferimento della cittadinanza onoraria di Torino alla rappresentante ONU  Francesca Albanese è un’offesa a Torino città Medaglia d’oro della Resistenza perché premia quella che si potrebbe definire una nota rancorosa antisemita di cui ci si dovrebbe vergognare anche come Italiani. Il governo dovrebbe agire per la revoca del suo incarico all’ ONU. A volte anche le cittadinanze torinesi sono state date in modo sbagliato cioè per meriti politici di parte. E alcuni hanno votato contro di esse per opposti livori ideologici.

Ho proposto  in passato 4 cittadinanze onorarie: Franco Venturi, Mario Soldati, Enrico Paulucci, lo scienziato russo  perseguitato  Sacharov. Avevo anche proposto Piero Angela, anche se la proposta mi è stata scippata. Nomi sempre discutibili certamente, ma prestigiosi e non divisivi. Mi piacerebbe che la compagnia di giro degli “scappati e scappate di casa” che bloccano i lavori del Consiglio Comunale con le proposte più impensabili e insensate non venisse presa sul serio. So che è impossibile, ma lasciatemi almeno dire che alcuni scranni sono oggi proprio male occupati. In Sala Rossa dove è stato consigliere Cavour, i toni e i temi non dovrebbero  mai abbassarsi oltre un certo limite. Che il Pd faccia retromarcia solo perché non ci sono i 31 voti necessari non è una scelta condivisibile da parte di un partito che ha governato e aspira a tornare a governare. Occorre capacità di reagire alle mosche cocchiere delle demagogia senza incertezze.
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LETTERE scrivere a quaglieni@gmail.com
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In nome di Tortora
Sono felice per la riforma della Magistratura e per la separazione tra giudici e Pm. Era ora. Basta ad una giustizia politica in cui certi magistrati pretendono di governare senza essere stati eletti e pensano di poter impedire agli eletti di governare.   Franca Angeli
Spero che sia una riforma capace di imprimere una svolta nella vita italiana. La giustizia spesso funziona poco e male e a volte funziona fin troppo bene… Io voterò senza incertezze sì al referendum in nome e nel ricordo di Enzo Tortora e anche di Marco Pannella. Non attendiamoci miracoli, ma è un primo passo. E poi votare come i grillini, Odifreddi e Landini mi sarebbe davvero impossibile.
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Pedonalizzare via Po
E’ in agguato un’altra ipotesi della estrema sinistra ecologista e dell’assessore Foietta di pedonalizzare via Po. Una follia che isolerebbe il centro dopo l’idea malsana di pedonalizzare via Roma. Questa sta diventando una giunta di estrema sinistra. Peggiore di quella grillina.    Aurelia Rizzo
L’idea mi pare assurda. Spero venga bloccata dal buonsenso del Sindaco.
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Tuttolibri 
Sarebbe interessante sapere quanto vende “Tuttolibri” il supplemento de “La Stampa” che compie 50 anni, un compleanno molto festeggiato come se fosse un evento importante. All’inizio, dicono che vendesse 100 mila copie. Adesso credo poche migliaia di copie vendute in  allegato del quotidiano  in crisi da anni che ha perso il suo ruolo nazionale. Daniele Faccio
Libri Bookdealer
Non so dirle quanto sia diffuso “Tuttolibri”. Lorenzo Mondo e anche Giorgio Calcagno  mi invitarono a collaborare, ma non scrissi mai nulla. Salvo Casalegno che si occupò marginalmente del supplemento c’erano tanti che non mi piacevano. Anche l’amico Messori che fu tra i fondatori, finì di mollare tutto, trasferendosi al “Corriere”. Oggi non credo che “Tuttolibri” abbia un’importanza nel panorama letterario italiano .”La Stampa” è tornata  ad essere un giornale locale come era prima che lo compresse Frassati.Un bel salto indietro.

DNA – Dominanti Nature Artistiche: una nuova stagione nel segno della creatività e della crescita

L’associazione DNA – Dominanti Nature Artistiche, fondata e diretta da Carlotta Micol De Palma, si prepara a inaugurare una nuova stagione ancora più ricca di attività, laboratori e progetti culturali. Con la passione che da sempre la contraddistingue, DNA continua a essere un punto di riferimento per chi crede nell’arte come linguaggio universale e strumento di connessione umana.
Danza, teatro, musica, arti visive e movimento espressivo si intrecciano in un percorso che unisce formazione, ricerca e sperimentazione. Ogni anno, l’associazione propone un calendario variegato di corsi, workshop e performance, aperti a tutte le età e a ogni livello di esperienza.
> “Il nostro obiettivo è far emergere le potenzialità di ciascuno,” spiega Carlotta Micol De Palma, “offrendo spazi dove la creatività può svilupparsi liberamente, in un clima di condivisione e scoperta.”
La nuova stagione di DNA si annuncia più intensa che mai, con:
nuovi percorsi formativi dedicati all’espressività corporea e alla ricerca scenica;
collaborazioni con artisti e professionisti del panorama nazionale e internazionale;
progetti interdisciplinari che uniscono danza, parola e arti figurative;
eventi aperti al pubblico, performance e incontri culturali.
Ogni iniziativa nasce dal desiderio di favorire la crescita personale e artistica, valorizzando la diversità dei talenti e promuovendo un approccio inclusivo e contemporaneo all’arte.
Con entusiasmo e visione, DNA – Dominanti Nature Artistiche continua a scrivere nuove pagine del proprio percorso, confermandosi un laboratorio di idee, emozioni e bellezza in movimento.

Enzo Grassano

Al Castello di Rivoli è in mostra Enrico David

Con la personale “Domani torno”, visitabile dal 30 ottobre al 22 marzo 2026

“Domani torno” è la più ampia personale che sia stata dedicata a Enrico David, nato ad Ancona nel 1966, la più importante delle mostre realizzate in Italia. I suoi lavori sono stati esposti maggiormente all’estero, dove vive e opera da circa quarant’anni, che in patria, dove spiccano le sue partecipazione alla Biennale d’Arte di Venezia. Curata da Marianna Vecellio, la mostra include oltre 80 opere in un percorso articolato attorno a sei grandi ambienti, che rappresentano altrettanti pilastri della produzione creativa dell’artista, ripensati in una nuova installazione.
L’ampia retrospettiva dà conto di tre decenni di pratica artistica, un bagaglio che si raccoglie intorno a linguaggi rappresentati da un percorso non cronologico che mescola passato e presente, sperimentazioni e grandi installazioni, materiali e strumenti espressivi, immergendo il pubblico in un viaggio quasi nevrotico, a tratti isterico intorno a territori che sfiorano il carnevalesco, il grottesco, il teatro e il folklore.
L’allestimento, progettato dall’artista nella Manica Lunga del Castello, si snoda attorno a “Madreperlage”, prima grande installazione creata per la personale dedicata a David nella galleria Cabinet di Londra, nel 2003; “Ultra Paste” è stata esposta all’Institute of Contemporary Art di Londra nel 2007; “Absuction Cardigan” è stata selezionata nella short list per il Turner Prize 2009, ed esposta alla Tate Britain in quella occasione; “Tutto il resto spegnere” è parte del lavoro esposto al padiglione Italia della 58esima Esposizione Internazionale d’Arte della Biennale di Venezia nel 2019.
Si tratta di quattro opere che sono simboliche rappresentazioni dei pilastri angolari di una dimora costruita al termine di un viaggio di ritorno, il celebre “Nostos” greco ideale. Il percorso della mostra si snoda in una successione di fermo immagini, quasi dei fotogrammi onirici, con funzione  a volte teatrale, altre quasi rituale, funeraria e religiosa, che si legano sempre alla scena madre della vita dell’artista, ossia la morte improvvisa del padre nel corso di una cena, quando David era ancora adolescente. Partendo dalle origini ad Ancona, seguite dal trasferimento a Londra nella metà degli anni Ottanta, la mostra segue la nascita di una pratica fondata sulla ricerca di uno spazio linguistico in cui esistere . Questo spazio si ritrova, non a caso, in un altro riferimento al mondo paterno: l’allestimento. La messa in scena evoca infatti l’atmosfera delle fiere campionarie negli anni Settanta, che l’artista frequentava da bambino con il padre, attraverso l’utilizzo di elementi sospesi, tra l’oggetto e l’opera d’arte, pedane da esposizioni, arazzi e quadri rotanti. Un invito a immaginare un “mondo altro” rispetto a quello in cui siamo immersi. Partendo da opere esili, si arriva a sculture realizzate con i materiali più disparati, tra cui il gesso artificiale. Tutte le sue opere partono dal disegno, inteso come l’armatura che tiene la scultura. Il contatto quotidiano, nell’adolescenza, con le maestranze artigiane dell’azienda paterna, dove si realizzavano mobili di design, ha influenzato il lavoro di David. La manualità nutre il suo retroterra, e trova espressione nella sua opera attraverso una molteplicità di strumenti: dall’art nouveau alle brochures, dall’uso delle arti applicate al gesamtkunstwerk.

Oltre a lavori già noti come “Trenches Reason”(Trincee della Ragione, 2021), “Le bave” (Solar Anus, 2023), “Aurora” (2014-2024) e “Racket II”(2017) sono presenti nuove opere, una particolarmente significativa, “Il centro dei miei occhi è 160”(1995-2025), non a caso posta all’inizio dell’esposizione, un quinto elemento a completamento di quattro pilastri e che si integra con uno di essi: l’immagine di una donna in neon, esplicito richiamo al nome dell’azienda paterna, la Neon Ancona, che si affianca a “Ultra Paste”, riproposizione in chiave surreale di un ambiente domestico, ossia la cameretta da bambino, che realizzò il padre per lui, riprodotto in tinta verde smeraldo e con un letto a ribaltina, abitato da un ragazzo ritratto di spalle.
In dialogo con i lavori di David, sei opere provenienti dalla collezione di Villa Cerruti, tra cui un Giorgio De Chirico.

“Se in un modo dominato dalle tecnologie digitali – afferma la curatrice Marianna Vecellio – in cui l’IA stabilisce il nuovo confine umano, le opere di Enrico David esprimono una resistenza assoluta alla decodificazione, sono altrettanto un elogio del corpo fisico, materiale e dell’esperienza del singolo. Quello che stiamo vivendo oggi è erosione dell’immaginazione. Di fronte a noi, ostaggi della digitalizzazione, la mostra di David è la celebrazione  dell’immaginario”.
“Rifletto spesso sul ruolo dell’immaginazione – osserva Enrico David in un dialogo con Francesco Manacorda – e sulla responsabilità che abbiamo di salvaguardarla come un sacrosanto diritto. Potrei dire che il soggetto unificante del lavoro sia l’autorità, che come artista ho il compito di mantenere il massimo controllo della mia immaginazione”.

La mostra sarà anche l’occasione per presentare in Italia l’opera “Il centro dei miei occhi è 160”(1995-2025), prodotta dal Castello di Rivoli Museo di Arte Contemporanea in collaborazione con la Kunsthaus Zürich, grazie al sostegno della Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura, nell’ambito del programma “Italia Council 2025”.

Info: Castello di Rivoli – piazza Mafalda, Rivoli / info@castellodirivoli.org / tel: 011 9565222

Orari d’apertura: mercoledì-venerdì 10/17 – sabato, domenica e festivi dalle 11 alle 18

Mara Martellotta

The Others: assegnati il Premio Zenato Academy e il Premio Behnoode Foundation

Nella giornata di venerdì 31 ottobre,nell’ambito della XIV edizione di The Others Art Fair, sono stati assegnati il Premio Zenato Academy e il Premio Behnoode Foundation.

Il Premio Zenato Academy per la fotografia contemporanea, giunto alla sua sesta edizione, è stato conferito all’opera Danza miope cyano #2 (2025) di Annalaura Tamburrini (Fasano, 1994), rappresentata da Crumb Gallery di Firenze. La giuria composta da Luca Panaro (direttore artistico di Zenato Academy), Lucia Benedini (Zenato) e Lorenzo Bruni (direttore artistico di The Others) ha premiato la giovane artista “per avere reinterpretato in chiave contemporanea la pratica analogica della cianotipia, raccontando la vita, l’esperienza e la propria visione del mondo attraverso l’acqua, con una serie di corpi che fluttuano nel mare in un silenzio ovattato”.

 

La Behnoode Foundation, istituzione con sede a Parigi impegnata nel sostegno agli artisti attraverso pubblicazioni, mostre, programmi pubblici e residenze, ha invece scelto di premiare Forest Mirage (2021) di Jūratė Kazakevičiūtė, presentata da Contour Art Gallery (Vilnius, Lituania). L’artista tessile è stata selezionata per la sua capacità di reinventare il concetto di paesaggio, creando un’immagine speculare che stimola una riflessione sulla rappresentazione della natura: una composizione fotografica stampata su tela che richiama la forma di una traccia sonora e, al contempo, evoca la tradizione dell’astrazione.

 

THE OTHERS OFFICIAL AFTER PARTY DI QUESTA SERA SABATO 1 NOVEMBRE

Questa sera, sabato 1° novembre si prosegue con The Others Official After Partyin occasione della Torino Art Week che farà vibrare la città con SWING CIRCUS IS BACK IN TOWN ad OFF TOPIC nell’ambito della rassegna FUORI CAMPO diretta e ideata da Francesco Astore.

 

Sul palco dell’hub culturale della città, due progetti simbolo della scena italiana tra vintage groove, energia live e spirito da festival con i Freeshots, fra le band swing più travolgenti d’Italia capace di fondere ritmo, ironia e spettacolo in una formula irresistibile, e The Sweet Life Society, fondati nel 2008 dai produttori Gabriele Concas e Matteo Marini con il loro DJ set.

 

I Freeshots porteranno a OFF TOPIC un’onda che fonde il pop contemporaneo con l’energia dello swing moderno: la band genovese, nella formazione attuale dal 2014, ha conquistato il pubblico con performance impetuose e cariche di entusiasmo. Nel 2021 ha rappresentato l’Italia all’Expo Internazionale di Dubai, esibendosi per tre serate presso il Padiglione Italia. Il debutto discografico arriva nel 2017 con Vorrei tanto dir, album composto da sette brani inediti e tre cover (disponibile su Spotify, Deezer e iTunes).
The Sweet Life Society hanno conquistato invece l’Europa portando un mix unico di melodie vintage, groove caraibico, hip-hop americano e bass music britannica sui palchi di Glastonbury, Boomtown, Lovebox, Fusion e molti altri festival internazionali.

La rassegna FUORI CAMPO è un progetto di Bis Servizi per lo Spettacolo con il sostegno di Ministero della Cultura, Fondazione CRT e Comune di Moncalieri, in collaborazione con Aria di Note, Sofà So Good, Magazzino sul Po, OFF TOPIC, Blah Blah e Club Supermarket.

 

 

PROGRAMMA CULTURALE DI DOMENICA 2 NOVEMBRE 2025

 

Apertura al pubblico h. 11.00 – 21.00

 

Assegnazione PREMIO SPAZIO88 h. 12.00

 

 

PERFORMANCE

H. 13

GAZE – OFF & FRANCO MARINOTTI, Lugano – Barcellona
Aldo Runfola: Ssuperrationall, Ssupernnaturall

L’azione performativa si interroga sullo stato di salute dell’artista oggi: è sano, è malato, sofferente o in via di guarigione, e da quale infermità? Implicitamente, Aldo Runfola vuole anche sottoporre a verifica la tradizione di pensiero che vede l’artista o il filosofo in veste di critico e clinico della società, capace di diagnosticarne l’eventuale patologia, misurarne il grado di malessere; tutto ciò in vista se non della piena guarigione, almeno di una salute migliore.

H.14

SILVIAROSSI | ARTGALLERY, Bibbiena (AR)
Sara Lovari: A World of words

Sara Lovari propone una performance che conferisce significato ad un gesto minimo, libero dal filtro della tecnologia. L’artista invita il pubblico a pescare da un sacchetto una lettera dell’alfabeto, chiedendo in cambio una parola che inizi con quella lettera. È un atto semplice, quasi infantile, che diventa resistenza: un modo per rimettere al centro la nostra capacità di nominare, immaginare, costruire senso senza delegarlo a un algoritmo. Un incontro intimo, in cui ogni parola raccolta si fa traccia, memoria, relazione.

 

 

TALK

H. 15.30
Performance Reloaded: corpo, clubbing e attivismo
Una panoramica sulla performance contemporanea come linguaggio politico e comunitario con un focus speciale su pratiche ibride tra club culture, ritualità e attivismo queer/femminista.
Ospiti: Francesco Sarcone (Sound Artist, Food Ensemble), Alice Cappelli (artista), Alessandra Franetovich (affiliate researcher New York University Abu Dhabi, curatrice Cripta 747 Torino), MTM Manifatture Teatrali Milanesi

 

Assegnazione PREMIO MU RO h 17.00

 

PRESENTAZIONE LIBRO h 17.30 – Juan-sí González, American Playgrounds
(Paesaggi mentali (tra) realtà e simulazione). Rialta ediciones, Fluxus, 2025

 

 

 

 

THE OTHERS 2025: I PERCORSI E LE CHIAVI DI LETTURA DI LÝDIA PRIBIŠOVÁ DEL BOARD CURATORIALE

 

The Others 2025: The future is here, right now! pone al centro dell’attenzione la questione dell’alterità come fonte di rinnovamento creativo.

 

La storia dell’arte dimostra che l’altro è sempre stato il motore dell’immaginazione – nelle azioni radicali di Wolfgang Vostell (Galleria Davide Di Maggio), che attraverso il concetto di de-collage e gli happening fluxus trasformava la quotidianità in scena critica; nelle maschere iconoclaste e nei miti di Luigi Ontani (Niccolò Bonechi Arte Moderna e Contemporanea); o nell’energia gestuale di Giovanni Asdrubali (Artra Projects), dove l’immagine diventa uno spazio dinamico di relazioni. Questi esempi dimostrano che superare i confini tra il familiare e l’estraneo non è solo un gesto estetico, ma anche politico.

 

L’edizione contemporanea di The Otherssviluppa queste linee attraverso un dialogo multistrato tra gallerie, artisti e culture. I progetti esplorano il concetto di mostro (Wonder Gallery – Monster Party) come immagine critica della contemporaneità, traducendo la tensione tra astrazione e figurazione in ambienti site-specific e ponendo la domanda su cosa significhi restare umani nell’era dell’intelligenza artificiale.

 

A7 Gallery e BANSKÁ ST A NICA CONTEMPORARY presentano artisti slovacchi le cui opere combinano visioni ambientali con attivismo e responsabilità sociale, mentre le gallerie lituane Contour Art Gallery e Godò Gallery aprono riflessioni sul corpo e sul suo rapporto con la vegetazione e l’ambiente urbano. Il progetto della galleria peruviana Bloc Art Perù introduce nella discussione antiche conoscenze del territorio e dimensioni spirituali, mentre le iniziative italiane esplorano memoria, architettura, esperienza intima e la tensione tra digitale e analogico, evidenziando l’unicità della creatività e dell’originalità.

 

Il filo comune che lega tutti gli artisti e le gallerie partecipanti è la convinzione che il futuro non nasca da visioni astratte, ma da gesti concreti di immaginazione, empatia e collaborazione. Ogni galleria e ogni artista contribuiscono a creare una costellazione in cui il locale incontra il globale, l’umano si confronta con il non umano, il personale si intreccia con il collettivo. The Others diventa così una piattaforma in cui l’alterità non è un ostacolo, ma una condizione per una nuova sensibilità – un futuro che è qui e ora.

 

Al Museo MIIT Italia Arte due personali di Adriano Savoye e Antonio Fittipaldi

Doppia inaugurazione al Museo MIIT, Museo Internazionale Italia Arte, in corso Cairoli 4, a Torino, venerdì 7 novembre prossimo dalle ore 18, delle personali dell’artista Italo canadese Adriano Savoye, aostano, ma che vive e lavora a Toronto, e dell’artista Antonio Fittipaldi, maestro dell’astrazione internazionale.

Il Museo MIIT di Torino presenta la mostra internazionale “Adriano Savoye – i colori della vita” dal 7 al 22 novembre prossimi. Le mostre del maestro Savoye e del maestro Fittipaldi sanciscono una collaborazione ormai pluriennale con il museo e con la rivista internazionale Italia Arte, che ha visto le opere di maestri presentate in prestigiosi spazi istituzionali italiani ed esteri.
“Per questo evento è stato selezionato il meglio delle opere del maestro, dagli anni Settanta fino ad arrivare ai giorni nostri – ha dichiarato il curatore della mostra e direttore del Museo MIIT Guido Folco – Adriano Savoye torna così ad esporre a Torino una selezione di una ventina di dipinti alla scoperta del colore e del viaggio. L’artista è, infatti, uno sperimentatore internazionale che si confronta in maniera colta e creativa con popoli, tradizioni e culture differenti, che nel corso della sua lunga carriera pittorica ha avuto modo di conoscere e incontrare. Nascono così i paesaggi dedicati a Paesi lontani che si incrociano con le vedute tipiche della montagne valdostane, di una terra aspra e generosa in bellezza ed emozioni.
Il maestro affida all’espressione pittorica di tale dinamica la sua veduta del mondo, le sue sensazioni a cospetto di un universo tutto da ammirare e scoprire, proprio come i viaggiatori del Grand Tour, che in terre lontane riuscivano a ritrovare se stessi, la propria essenza, per poi lasciarsi ammaliare dalla perfezione della natura. Come in un diario quotidiano che racconta i viaggi del maestro nel mondo, le sue opere narrano le emozioni immediate e vivaci che i paesaggi incontaminati della natura hanno suscitato nella mente e nel cuore dell’artista. Gli iceberg dell’Artide, le foreste canadesi e delle Montagne rocciose, i laghi italiani ed europei, le cascate del Niagara, le migrazioni delle oche canadesi, sono tutti momenti vissuti con intensità e passione da un maestro del colore e del segno, sempre dinamico, immediato, rapido nell’esecuzione e potente nell’effetto cromatico. Per Savoye, il viaggio diventa momento di cultura e condivisione, per scoprire e amare le tradizioni dei popoli lontani. Il maestro entra con attenzione e discrezione tra le pieghe delle culture, indagandone gli aspetti in comune e differenti, e cogliendone positività e bellezza per tradurle in luce e colore. Le opere di Savoye non sono solo rappresentazioni del reale, seppur mediate dalla fantasia e dalla pulsione del gesto pittorico, ma assumono un valore e un significato più profondo perché immortalano le sensazioni di un uomo alla ricerca di sé e dell’altro, in un viaggio reso speciale dal desiderio di conoscenza”.

Venerdì 7 novembre inaugura al Museo MIIT anche la mostra del maestro Antonio Fittipaldi, di cui è stato selezionato il meglio della produzione dell’ultimo periodo, tracciando un percorso intimo e suggestivo che declina il sentire più profondo dell’artista, sviluppato attraverso uno stile e una tecnica inconfondibili.

“’La voce del silenzio’ – spiega il maestro Fittipaldi – è il titolo di una canzone di Paolo Limiti del 1978, scritta in collaborazione con il grande Mogol e interpretata magistralmente dalla mitica Mina. Il brano racconta l’esistenza e le emozioni di un uomo che voleva vivere da solo per pensare e meditare, per raccogliersi intorno alle proprie sensazioni più profonde, salvo accorgersi che nel silenzio troppi erano i ricordi che riaffioravano nella sua mente. Questo silenzio amplifica tutto, anche l’amore”.

“È proprio questa scoperta inaspettata che fa trasalire l’uomo – ha dichiarato Guido Folco – simbolo di tanti altri uomini del passato e della contemporaneità, che gli fa comprendere come l’incapacità di trasmettere le sue emozioni attraverso la parola e la scrittura possa essere, invece, vinta da qualcos’altro: nel caso di Fittipaldi, dalla pittura, dal colore e dalla luce, dalla materia lavorata sulla tela. È questo in definitiva il percorso di Antonio Fittipaldi, in confronto diretto e profondo con se stesso, con la propria realtà, con la sua memoria che riprende vita e colore attraverso l’arte del dipingere. In questi segni decisi e sovrastrutturati che il maestro scandisce ritmicamente sulla tela, si ritrovano nelle sue emozioni, quei pensieri che riaffiorano nella materia incisa e scavata nel colore. L’artista lavora sui concetti di tempo e spazio, rielabora con unicità e personalità espressiva, affidando al segno rapido, istintivo e dinamico, l’idea del ricordo che riaffiora alla mente, delle stagioni che si susseguono, dell’alternarsi di speranza, utopia e consapevolezza malinconica che sempre abita la mente dell’uomo. Il Mahatma Gandhi amava ripetere che ‘in un atteggiamento di silenzio l’anima trova il percorso in una luce più chiara, e ciò che risulta sfuggente e ingannevole si risolve in un cristallo di chiarezza’, ed è questo, in definitiva, il viaggio nell’arte e nella vita che il maestro Fittipaldi ha intrapreso nel momento in cui ha deciso di affidare alla pittura il difficile compito di esternare la propria anima e il proprio pensiero. Nel silenzio tutto assume un significato differente, più ampio e accentuato rispetto al rapporto quotidiano con l’esistenza. È così che l’artista decide di fare chiarezza, portando allo scoperto le emozioni più recondite raccontando se stesso attraverso la pittura, la luce, l’energia e il movimento, in un alternarsi di chiaroscuri potenti, di passaggi tonali che creano prospettiva e profondità. L’arte del maestro Fittipaldi è lo specchio della società contemporanea, iperconnessa, eppure alla continua ricerca dell’unicità di ognuno di noi, di un silenzio che diventa strumento e linguaggio per interpretare e trasfigurare il frastuono del mondo. L’artista lo fa con la propria sensibilità e il proprio talento, ascoltando nell’intimo la sua voce del silenzio, che conduce alla libertà del cuore e della mente. Anche per questo l’arte di Fittipaldi diventa metafora universale della ricerca e della memoria, di una condizione esistenziale oggi sempre più difficile da raggiungere perché presuppone equilibrio, armonia e maturità, un rapportarsi non autoreferenziale, ma condiviso e attento con gli altri”.

Museo MIIT internazionale Italia Arte – corso Cairoli 4, Torino

7-22 novembre 2025 / orario: da martedì a sabato 15.30-19.30 / su appuntamento per visite guidate, scolaresche e gruppi
Telefono: 011 8129776 – www.museomiit.it

Mara Martellotta

“Fuoriclasse Live” per le Nitto ATP Finals 

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Il “Salone del Libro” ritorna, con talk tra Sport e Libri, a “Casa Tennis”

Da sabato 8 a domenica 16 novembre

“Storie di vita, coraggio e lealtà nello sport” raccontate attraverso libri a tema. Questo vuole essere il “collante letterario” della terza edizione dei talk “Fuoriclasse Live – Storie e protagonisti dello sport fuori dal campo di gioco” e la cerimonia conclusiva della IV edizione del “Premio di letteratura sportiva Gianni Mura” organizzate a Torino, da sabato 8 a domenica 16 novembre, dal “Salone Internazionale del Libro”. Tutti gli appuntamenti si terranno a “Casa Tennis”, in piazza Castello, che per l’occasione si trasformerà in un vivace e piacevole punto d’incontro tra sport, letteratura e cultura.

Tantissimi gli ospiti, protagonisti o ex protagonisti dell’universo sportivo e letterario, che per l’occasione approderanno sotto la Mole.

Fra di loro, i vincitori del “Premio di letteratura sportiva Gianni Mura” (dedicato all’indimenticato giornalista sportivo nato a Milano nel 1945 e scomparso a Senigallia nel 2020), che, sabato 8 novembre (dalle 15) saranno presenti alla cerimonia di premiazione tenuta dal giornalista Paolo Maggioni, conduttore de “La domenica Sportiva”, nonché  presidente della nascente “Biblioteca Gianni Mura” a Milano.

Oltre venti i finalisti. Da Dario VoltoliniPaolo PirasGiovanni RaboniCarola Barbero e Giovanni Tosco per la sezione “Miglior libro di letteratura sportiva” a Nicolò MelliFilippo GalliLudovico Jacopo CiprianiMattia Furlani e Roberto Bratti per la sezione “Fuoriclasse”.

Grande attesa anche per la campionessa Deborah Compagnoni, medaglia d’oro nello sci alpino, con i racconti della sua vita e carriera tratti dal suo libro “Una ragazza di montagna. Storie di un’infanzia felice tra neve, prati e avventure” (Rizzoli); per Adriano Panatta Paolo Bertolucci, la coppia più celebre del tennis azzurro, in dialogo con Domenico Procacci e Dario Cresto – Dina sul loro podcast “La telefonata” e per Gerald Marzorati, già caporedattore del “New York Times Magazine” e giornalista sportivo di “Harper’s” e del magazine statunitense The New Yorker”, autore del “memoir” dedicato al tennis “Tardi sulla palla” (Add Editore), in dialogo con Stefano Semeraro.

Altri premiati: il giornalista sportivo Giuseppe Pastore , con il libro omaggio al campione internazionale dello sci “La bomba. Lo spettacolo di Alberto Tomba” (66thand2nd), in dialogo con Federico Vergari; Emanuele AtturoSimone Conte e Daniele Manusia, autori del varietà calcistico “La Riserva Live”, tra i podcast sportivi più longevi e ascoltati in Italia; lo scrittore Francesco Gungui, con il romanzo per ragazze e ragazzi “Meta – Una storia di rugby e amicizia” (Il Castoro) e il giornalista Vincenzo Martucci con il libro “La storia del tennis in 50 ritratti” (Gallucci Centauri), scritto con Paolo Bertolucci.

Un appuntamento “Fuoriclasse Live ‘OFF’” si svolgerà al “Motovelodromo” di corso Casale, martedì 11 novembre, alle 18, con il libro “Più di trenta testimonianze per narrare la storia di un luogo: il Motovelodromo ‘Fausto Coppi’ di Torino, edito da Graphot e Scritturapura: raccolta di foto e testi di torinesi depositati nella “Cassetta dei ricordi”. Ottima, lodevole iniziativa. Memorie semplici, senza pretese, che nascondono grandi memorie e toccanti esempi di vita. Molti, purtroppo perduti nel tempo.

“‘Fuoriclasse Live’, con la sua variegata proposta di ospiti – sottolinea Marco Pautasso, segretario generale del ‘Salone Internazionale del Libro di Torino’ – riconferma il forte impegno del ‘Salone’ nella promozione della migliore letteratura ed editoria sportiva, impreziosendo così il proprio ricco ventaglio di progetti a tema

Sportivo, come la ‘Sala Olimpica’, il ‘Premio Gianni Mura’ e il podcast ‘Fuoriclasse’”. Per ulteriori info e programma dettagliatowww.salonelibro.it o www.turismotorino.org

g.m.

Nelle foto: P. Bertolucci e A. Panatta – imh651@FIT e Sportcast S.r.l.; Deborah Compagnoni e Gerald Marzorati

Pupi Oggiano torna a Torino per il suo nuovo thriller

La trama del film? Se ne sa poco, per ora. Si sa di un uomo che vive in una grande villa, appartato, assistito da due sodali che lo accontentano in tutto. Ma anche, tra ampi spazi e claustrofobia, di “un gruppo di persone, sequestrate e costrette a compiere giochi da bambini sotto la minaccia delle armi.” Da prevedersi “una storia dura e netta”, una vicenda che accomuni il thriller e l’horror, titolo “Il grande no” diretto da Pupi Oggiano (altresì dal 1990 cantautore con quattro album all’attivo, poi decine di videoclip e tre documentari sul cinema di Dario Argento) che torna dietro la macchina da presa dopo il percorso fatto nella sua “esalogia” (da “La paura trema contro” a “Contro un iceberg di polistirolo”: circola in rete un riassuntivo filmato, una sorta di “dove eravamo rimasti”, una sorta di bignami delle puntate precedenti, tra scorci notturni torinesi, coltelli insanguinati, forbici assassine, cadaveri dentro pozze di sangue, mani guantate e certo non sicure, incappucciati e martelli che s’avventano sulla vittima), curioso quanto inedito esperimento nel panorama del cinema italiano indipendente. Qui siamo su altri terreni, a toccare temi che hanno invaso il nostro quotidiano come il bullismo, la solitudine, la vendetta, i rapporti familiari tesi e difficili, la violenza.

“Un thriller a tinte horror violento e claustrofobico – riassume in questi giorni l’ufficio stampa -, dove però la parte più dura non sarà data dalla violenza fisica ma da quella psicologica, presente e passata.” Comunque, quelle “tinte fosche” che fanno la felicità di una buona parte di pubblico appassionato. Nel cast Diego Casale protagonista (personaggio televisivo e teatrale, membro del duo comico “Mammuth”, già con Argento e Marco Ponti, ormai iconico attore per Oggiano), circondato da Alis D’Amico e Ilaria Monfardini, da Tita Giunta a Paolo Mazzini a Clarissa Allia. Alessandro Benna è il responsabile di riprese e montaggio mentre Daniele Trani è il direttore della fotografia. Le riprese sono iniziate nei giorni scorsi nell’affascinante scenario di Villa Camelot a Castel Fiorentino e si sposteranno a Torino per occupare alcune location, non ultimo un castello di cui il nome per ora rimane top secret.

Elio Rabbione

Nelle immagini: Pupi Oggiano, regista del “Grande no” (ph Mau Parietti); Diego Casale e Pupi Oggiano durante le riprese del film (ph Jack Raw)