CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 15

Dal libro allo schermo: ecco il Premio Match

UN PROGETTO DI REGIONE PIEMONTE, FONDAZIONE CIRCOLO DEI LETTORI E FILM COMMISSION TORINO PIEMONTE

È stato presentato nel corso della conferenza stampa ufficiale presso il Circolo dei
lettori e delle lettrici, la prima edizione del “Premio Match Piemonte. Dal libro allo
schermo” –, promosso dalla Regione Piemonte in collaborazione con la Fondazione Circolo
dei lettori e Film Commission Torino Piemonte.

Un progetto innovativo che punta a creare un ponte tra narrativa contemporanea e produzione
audiovisiva, valorizzando giovani autori e il territorio piemontese attraverso nuove
opportunità di adattamento cinematografico.

Un premio che è anche un investimento sul futuro
Il Premio Match Piemonte non è soltanto un concorso letterario: è una scelta strategica. Un
investimento concreto nelle nuove generazioni, nella loro capacità di immaginare, innovare e
raccontare il mondo. Il Piemonte, forte di una tradizione culturale riconosciuta e di un
comparto audiovisivo in costante crescita, sceglie di diventare un laboratorio fertile per i
giovani talenti, offrendo loro la possibilità di trasformare un romanzo in un progetto
cinematografico reale e di confrontarsi con produttori, creativi e professionisti del settore.
L’obiettivo è chiaro: trasformare le idee in opportunità, la creatività in lavoro, le storie in
nuove produzioni che parlino del Piemonte e dal Piemonte.

Un’iniziativa pensata per i talenti e per il valore culturale del Piemonte
Il Premio, rivolto ad autrici e autori under 50, selezionerà un’opera di narrativa edita tra
gennaio 2023 e gennaio 2026 con un forte potenziale di trasposizione cinematografica
ambientata in Piemonte.

Il progetto punta a sostenere storie capaci di trasformarsi in immagini e a mettere in dialogo
letteratura e cinema, rafforzando al tempo stesso la promozione del patrimonio culturale,
paesaggistico e identitario regionale.

Il titolo vincitore sarà presentato a una platea di produttori cinematografici e televisivi e
darà origine a un cortometraggio “pilota–teaser”, con una spesa massima di 60mila
euro, finalizzato a mostrare le potenzialità di sviluppo in un lungometraggio o in una
serie TV.

È previsto inoltre un riconoscimento di 3mila euro per l’autore/autrice dell’opera
selezionata.

Modalità di partecipazione
La partecipazione è gratuita e riservata agli editori italiani, che possono candidare fino a due
opere.
Sono ammesse tutte le tipologie di romanzo – incluse graphic novel e raccolte di racconti –
purché realizzate da autrici/autori under 50 e ambientate o adattabili realisticamente al
territorio piemontese.
Le candidature devono essere inviate entro le ore 12.00 del 30 gennaio 2026 all’indirizzo
premiomatch@circololettori.it allegando Application Form e il libro in PDF o tre copie
cartacee.

Diritti, opzioni e finalità
Come previsto dal regolamento, il romanzo vincitore concede agli enti promotori un’opzione
gratuita di otto mesi per la produzione del cortometraggio.
I diritti di eventuali futuri adattamenti restano interamente in capo all’autore e all’editore, che
potranno negoziare autonomamente con eventuali produttori interessati.
La Regione Piemonte acquisirà la proprietà dei diritti patrimoniali del cortometraggio,
riconoscendo all’autore e all’editore una licenza d’uso gratuita e non esclusiva per finalità
promozionali.

La Giuria
La valutazione delle opere sarà affidata a una giuria composta da professionisti del mondo
culturale e audiovisivo:
● Giulio Base – Regista
● Linda Messerklinger – Attrice
● Danilo Poggio – Giornalista
● Raffaella Tittone – Direttrice Settore Cultura, Turismo, Sport e Commercio della
Regione Piemonte
● Alfonso Papa – Film Commission Torino Piemonte
● Elena Loewenthal – Scrittrice e traduttrice nonché presidente della giuria
• Marco Pontecorvo – Regista
Timeline
● 24 novembre 2025 – Apertura bando
● 30 gennaio 2026, ore 12.00 – Chiusura candidature
● Febbraio–Marzo 2026 – Lavori della giuria
● 15 aprile 2026 – Cerimonia di premiazione con editori e produttori

 

I commenti 

Marina Chiarelli, assessore alla Cultura della Regione Piemonte:
«Con il Premio Match Piemonte vogliamo dare un segnale chiaro: il nostro territorio crede
nei giovani, investe nei loro talenti e sostiene la filiera culturale in tutte le sue forme. Questo
progetto unisce due mondi che in Piemonte hanno radici profonde – la letteratura e il cinema
– creando un’opportunità concreta di crescita professionale e di valorizzazione del
patrimonio narrativo e paesaggistico regionale. Vogliamo che nuove storie prendano vita
qui, e che da qui possano raggiungere il grande schermo».

Beatrice Borgia, presidente di Film Commission Piemonte Torino:
«Siamo felici di essere parte di un progetto che investe sulla filiera del cinema e
dell’audiovisivo, un settore sempre più strategico per il nostro territorio. Nel corso degli
anni abbiamo visto crescere quantità e qualità delle produzioni e crediamo che questo
Premio, accentuando un dialogo concreto tra mondo editoriale e cinematografico, potrà
stimolare nuovi progetti capaci di valorizzare talenti e storie originali. Come Film
Commission siamo pronti ad accoglierli e a sostenerne il percorso».

Giulio Biino, presidente Fondazione Circolo dei lettori:
«Il premio Match Piemonte, bandito dalla Regione Piemonte, è ideato e organizzato in
collaborazione con il Circolo dei lettori e Film Commission Torino Piemonte. La Fondazione
“Circolo dei lettori” conferma così la sua vocazione di soggetto di produzione culturale (e
non solo di promozione e diffusione).
Il premio “Match Piemonte” costituisce una fertile contaminazione tra letteratura e cinema,
un dialogo tra parole e immagini rivolto, “in primis”, ai giovani, per stimolarne la
creatività.
Un’iniziativa originale che ci aspettiamo susciti interesse e veda una partecipazione di
qualità e numericamente importante. Un modo innovativo di promuovere la nostra Regione
per valorizzarne i profili artistici, storici, ambientali e paesaggistici».

Elena Loewenthal, presidente della Giuria Premio Match:
«Un premio letterario che guarda alla settima arte. Un premio che fa del Piemonte uno
straordinario teatro a cielo aperto. Questo è tanto altro è Match: un progetto nuovo e unico
nel panorama culturale italiano. Un premio che non è pura e semplice celebrazione di
un’opera ma un vero e proprio, grande laboratorio di arte e cultura, capace di intrecciare
generi, esperienze, avventure».

Piemonte Film TV Fund, in arrivo 5 milioni

Annunciato, in occasione del Torino Film Industry, lo stanziamento di nuove risorse di 7 milioni di euro per il 2026 e ulteriori 5 milioni per il 2027 destinate al Piemonte Film TV Fund, principale strumento regionale a sostegno della produzione cinematografica e audiovisiva.

Il nuovo bando, che sarà pubblicato entro la prossima primavera, conferma la volontà della Regione Piemonte di rafforzare con continuità l’impegno verso un settore strategico per la crescita culturale, economica e occupazionale del territorio.

L’assessore Chiarelli

Alla nuova misura si aggiungono altri 600.000 euro destinati a finanziare la prosecuzione dei bandi triennali per la promozione delle attività cinematografiche e per la valorizzazione delle sale, confermando la coerenza di una visione politica che integra interventi sulla produzione, sull’infrastruttura culturale e sulla diffusione territoriale.

“Con le nuove risorse – dichiarano il presidente della Regione Alberto Cirio e gli assessori alla Cultura Marina Chiarelli e alle Attività produttive Andrea Tronzano – rafforziamo una strategia pluriennale che ha già portato risultati concreti. Il cinema è cultura, ma anche industria, lavoro e identità. La Regione Piemonte lo sostiene con strumenti efficaci, una programmazione accurata e investimenti che generano valore reale. Il nostro obiettivo è fare del Piemonte un territorio sempre più attrattivo e competitivo, capace di dialogare con le grandi produzioni internazionali e di valorizzare le sue eccellenze locali”.

Il percorso

Il nuovo investimento si inserisce in un percorso già avviato con determinazione nel triennio 2023-2025, durante il quale la Regione ha stanziato oltre 21 milioni di euro a sostegno dell’intera filiera.

Nell’ambito del solo Piemonte Film TV Fund sono stati stanziati 8 milioni tra il 2023 e il 2024, che hanno permesso di finanziare 28 progetti, generando una spesa diretta sul territorio di 26.920.000 euro e un moltiplicatore economico di 3,36. Nel triennio il fondo raggiungerà una dotazione complessiva di 15 milioni, consentendo il finanziamento di 41 progetti tra film, serie e animazione e confermando il suo ruolo centrale nella strategia regionale di attrazione e sostegno alle produzioni.

Accanto al sostegno alla produzione, la Regione ha investito 750.000 euro per la promozione di rassegne, festival e circuiti, e 1.050.000 euro per la valorizzazione delle sale cinematografiche indipendenti attraverso bandi triennali. Altri 5 milioni sono stati destinati a un bando a sportello, attivo fino al 2026, per interventi strutturali e tecnologici finalizzati all’ammodernamento e alla riattivazione delle sale esistenti.

“Non è solo il momento dei numeri, ma della continuità e del consolidamento – ha affermato l’assessore Tronzano – Abbiamo costruito una politica pubblica capace di generare risultati misurabili, dialogando con imprese, operatori culturali e istituzioni. Con le nuove risorse per il 2026 confermiamo la traiettoria: fare del Piemonte un’area attrattiva e dinamica per il cinema e con una filiera pronta a cogliere le sfide del futuro”.

Premi e riconoscimenti letterari a Travaglini

Il Centro Studi Cultura e Società di Torino ha assegnato a Marco Travaglini la prima posizione assoluta nella sezione narrativa breve della V° edizione del concorso nazionale Tesori della Natura. Il racconto che è valso il premio al giornalista e scrittore di Baveno, torinese d’adozione e collaboratore de Il Torinese, si intitola “Dantès e la Lettera 22 dell’Olivetti”. La giuria ha motivato il riconoscimento perché il racconto “conquista per la sua capacità di fondere storia industriale, innovazione e umanità in un racconto delicato e luminoso. Attraverso gli occhi curiosi del piccolo terrier Dantès, l’autore restituisce l’atmosfera vitale della Ivrea olivettiana, simbolo di un’Italia che credeva nel progresso etico e nella dignità del lavoro”. La narrazione, definita “ densa di tenerezza e ironia”, secondo la giuria “celebra un modello di impresa a misura d’uomo e di natura, dove la tecnologia è al servizio del benessere collettivo. Dantès diventa emblema di leggerezza e armonia, portavoce inconsapevole di quella visione in cui l’ambiente, umano e naturale, respira all’unisono con il sogno di Adriano Olivetti: un futuro dove produttività e felicità potessero convivere”. Quest’ultimo premio si aggiunge al secondo posto nella sezione giornalismo della 16° edizione del Premio letterario internazionale Andrea Testore – Plinio Martini – Salviamo la Montagna, con un articolo dedicato allo scrittore Benito Mazzi e al suo legame con la valle Vigezzo, e al posizionamento tra i finalisti del premio letterario Mario Soldati-Lalla Romano bandito dal Centro Pannunzio di Torino con il libro di racconti Il seggio del peccato. Dulcis in fundo il settimanale Eco Risveglio, al quale Travaglini collabora da anni, offrirà in regalo agli abbonati per il 2026 un volumetto con i suoi racconti intitolato La guerra delle ciliegie. Si tratta di racconti che parlano del territorio all’estremo nord del Piemonte, di personaggi esistiti e altri no, di storie capaci di trasportare i lettori qua e là tra il lago e le montagne, suoi luoghi d’origine. Già, perché Marco Travaglini, scrittore, giornalista, ex-politico, ha trasformato la sua passione per la scrittura, ma soprattutto per i personaggi e le storie che incontra, in veri e propri spaccati di vita. Da sempre, concentra l’attenzione prima di tutto sugli ultimi, su quelle persone “dimenticate” che invece, attraverso i suoi occhi, meritano di essere raccontate, conosciute, vissute, di rimanere impresse per sempre. Ed ecco, allora, che hanno vita le storie, tra aneddoti divertenti e spunti di profonda riflessione. E’ la capacità di raccontare di Travaglini a prevalere su tutto, a trasportare chi si avvicina ai suoi scritti in altri tempi, altri luoghi e altre avventure.

“Umanə”, di e con Camilla Violante Scheller per “Iperspazi 2025-2026”

Per la stagione “Iperspazi 2025-2026” di Fertili Terreni Teatro, presso Offtopic, venerdì 28 novembre prossimo, alle ore 20, andrà in scena “Umanə”, di e con Camilla Violante Scheller, con lo sguardo esterno di Carla Emanuelli, disegno e luci di Fabrizio Visconti e costumi di Donatella Cianchetti. È stato vincitore del premio della Critica Fringe Mi 2025. La replica si inserisce all’interno del progetto “COM’È? Umane visioni !”, bando Circoscrizioni “Che Spettacolo… dal Vivo 2025”.
Lo spettacolo è adatto ad un pubblico maggiore di 14 anni, e presenta luci stroboscopiche non adatte a un pubblico fotosensibile. Ogni giorno i mezzi di informazione ci pongono di fronte a racconti di guerra e notizie di morte, tragedie sbattute in faccia senza un perché, impossibilitati a non reagire se con con un senso di impotenza. “Umanə”, nella sua forma di concerto-spettacolo per voce umana d loop station, vuole essere un tentativo irriverente, tragicomico e disarmato di colpire il senso di vuoto che si crea, inghiottendoci come in un abisso, quando realizziamo le molteplici manifestazioni della tragedia umana. Spaziando tra teatro-canzone e spoke music, tra dream pop ed elettronica, l’insieme di musica, voci e suoni diventeranno tante invettive taglienti quanto carezze della buonanotte, versi inconsulti , ma anche delicati, in un alternarsi di immagini sonore, associative all’apparenza surreali, ma di evidente concretezza.
“Da quasi cinque anni a questa parte – spiega Camilla Violante Scheller – dopo una decade di lavoro a servizio di progetti altrui come interprete e collaborazione artistica, ho avviato un processo di ricerca con lo scopo di maturare un mio linguaggio personale, capace di unire e diffondere le esperienze maturate fino ad allora, alla passione che ho per le arti performative in generale e la musica. Il progetto spazia dalla performance musicale alla poesia performative, fino al teatro. Non mi precludo nulla. Sotto il nome di Navëe, ho pubblicato il mio primo EP, di cui ho elaborato una forma di live musical teatrale dal titolo ‘Rêv Òlution’. Lo spunto di ‘Umanə’, nello specifico, nasce dall’invito che mi è stato rivolto da parte dell’artista e scultore Davide Dall’Osso, con cui ho già lavorato nel 2021 nella performance ‘In un mondo perfetto’, di creare un happening intorno all’esposizione di alcune sue opere durante il Fuori Salone di Milano 2023. L’esposizione portava il titolo di ‘Umanità’. Conosciamo bene le contraddizioni intrinseche a questi eventi, legate a fiere mondane, talvolta ipocrite e vuote. Di qui nasce la necessità di creare un accadimento che mettesse in luce queste contraddizioni, deridendole. Il progetto è rimasto in cantiere per un po’ di tempo, finché non è maturata in me l’esigenza di realizzarlo in maniera più elaborata, meno site-specific, sotto la forma di un vero e proprio spettacolo. ‘Umanə’ prende spunto da un disagio personale provocato dalle guerre, dalle tragedie in atto e dalla nostra condizione di persone appartenenti a una cultura occidentale comunque privilegiata e al senso di impotenza e colpa che ne deriva. La capacità di empatia negli esseri umani è messa a repentaglio dalla rappresentazione eccessiva del dolore da parte dei media e dal senso di manipolazione che avviene nella mente di ognuno. La musica, le suggestioni sonore e la parola poetica messe in scena secondo una logica antinarrativa ma associativa, sono strumenti molto coerenti per il mio gusto, adatti a raccontare questa inquietudine. Sono presenti brani originali, che variano dal teatro-canzone contemporaneo al dream pop, fino all’elettronica-rumorismo. Le parole si muovono all’interno di una dimensione da standup comedy e da altre di spoken music, fino a momenti più lirici.
Biglietti: intero 13 euro se acquistato online su www.fertiliterreniteatro.com -15 euro in cassa la sera dell’evento. È possibile attuare la formula del biglietto sospeso tramite donazione online o satispay –  alcuni giovani under 35 potranno entrare gratuitamente grazie alla collaborazione di Torino Giovani.
Mara Martellotta

Roberto Bolle si esibirà al Teatro Regio con il nuovo “Caravaggio”

Roberto Bolle è pronto ad approdare al Teatro Regio con uno spettacolo corale insieme ai suoi immancabili “Friends” dal 27 al 29 novembre, il “Balletto di Caravaggio”. La mostra “Caravaggio 2025”, che si è chiusa a Palazzo Barberini, a Roma, e che ha conquistato 450 mila persone, ha affascinato anche Roberto Bolle, che a marzo ha deciso di passare una notte immerso in quei 24 capolavori al fine di realizzare la coreografia dei suoi sogni, “Caravaggio”, che i seguito è andato in onda sui Rai 1 il 26 marzo scorso.

Luci ed ombre, corpi svelati e sensuali: il mondo di Michelangelo Merisi, in arte Caravaggio, ispira i coreografi per la sua opera e biografia irrequieta. Sono loro gli artisti che, come il pittore, sanno lavorare sulla plastica della muscolatura umana, esaltata dall’uso scenografico della luce. Il pittore de “Il fanciullo con il canestro”, e di quello morso da un ramarro, di Bacco e della Maddalena penitente, dei musici, di Giuditta e Euroferne, del David con la testa di Golia, di Amor vincit Omnia, che nacque a Milano e non nel Marchesato di Caravaggio, attivato della corrente naturalistica, precursore del Barocco e maestro dell’uso drammatico del chiaroscuro, ha ispirato a Mauro Bigonzetti, coreografo italiano neo-postclassico, un balletto nel nome di Caravaggio, più conturbante, creato nel 2008 per le qualità della star ucraina Vladimir Malakov, allora alla testa della Statsoper Berlin. Chi ha amato, con Roberto Bolle e Melissa Hamilton, il duo da questo Caravaggio nel galà “Bolle and Frineds” del gennaio scorso, sempre al Teatro Regio, ne amerà anche l’estensione a serata intera, che il nostro ballerino icona produce per sé e per il gruppo scelto che darà vita a una danza scultorea, fra luci, ombre e corpi che si ispirano a Michelangelo Merisi. Saranno due ore di danza accompagnate dalle musiche di Claudio Monteverdi e orchestrale da Bruno Moretti. Il Light Design è di Carlo Cerri, in dialogo con i costumi pelle di Lois Swandale e Kristopher Milar. La produzione è di Artedanza.

Spettacoli: Giovedì 27 novembre – ore 20 / venerdì 28 novembre – ore 20 / sabato 29 novembre – ore 14.30 e ore 20.

Teatro Regio – Piazza Castello 215, Torino

Mara Martellotta

L’arte è un pugno. Negli spazi di OFF TOPIC

Si ricorda la figura di Leone Jacovacci, il grande pugile italo – congolese “stroncato” dai pregiudizi razziali del regime fascista

Giovedì 27 novembre, ore 18,30

Campione italiano ed europeo dei “pesi medi” nel 1928, Leone Jacovacci (nato nel 1902 a Sanza Pombo – attualmente in Angola, ma allora facente parte del Regno del Congo – e deceduto a Milano nel 1983), padre italiano e madre principessa congolese, rappresenta ancora oggi sicuramente una delle figure “storiche” più prestigiose del “Pugilato” nazionale e internazionale. In ambito sportivo, al termine di un’adolescenza trascorsa nel viterbese (dove venne cresciuto dai nonni, dopo essere stato portato in Italia dal padre che lo sottrasse alla madre), esordì nel Pugilato professionista a Londra nel 1919 con lo pseudonimo di Jack Walker, in omaggio al fuoriclasse americano Jack Dempsey. Si stabilì definitivamente in Italia, ottenendone la cittadinanza solo nel 1925 e dopo lunghi soggiorni  contrassegnati da una brillane carriera pugilistica in Francia (dove batté il futuro campione del mondo dei “medi” Marcel Thil), Svizzera e Argentina. Atleta di straordinaria abilità tecnica, agile, tenace e brillante, in grado di parlare tre lingue e di distinguersi nel panorama sportivo dell’epoca, il regime fascista ne cancellò volutamente la memoria (come dimostrano i filmati d’archivio dell’“Istituto Luce” manipolati per oscurarne la grandezza), costringendolo al ritiro nel luglio del 1935 e determinandone il breve passaggio al “Catch Wrestling”, fino all’abbandono completo dell’attività sportiva. Morì nel 1983 a Milano, dove aveva trovato lavoro come portiere di un condominio. Vittima, fra le tante, dell’ostracismo razziale del “regime”, alla vita di Leone Jacovacci e al “ruolo socio-culturale” del Pugilato è dedicata la serata in programma giovedì 27 novembrea partire dalle 18,30, negli spazi dell’hub culturale “OFF TOPIC” di via Pallavicino 35, a Torino, in agenda nel calendario (25 – 30 novembre) di “COMÉ?”, “Festival performativo diffuso” dedicato al benessere giovanile attraverso il teatro e la cultura in genere, organizzato in varie location (o meglio “community hub”) dai collettivi di “Cubo Teatro” e di “Teatro della Caduta”.

La serata prevede la proiezione del documentario “Il Pugile del Duce”, racconto incentrato, per l’appunto sulla vita e sul beffardo destino del pugile italo – congolese, cui seguirà il dialogo con Davide Valeri (sociologo italo-etiope che indagherà il rapporto tra migrazioni, memoria coloniale e pratiche culturali) e l’attore Alberto Boubakar Malanchino (milanese di Cernusco sul Naviglio, padre italiano e madre del Burkina Faso), in un confronto con le “palestre popolari cittadine” (riconosciute come “spazi di aggregazione, resistenza e costruzione comunitaria”), e in collaborazione, in particolare, con la “Palestra Popolare Neruda” di corso Cirié, a Torino.

“Il documentario – sottolineano i responsabili – racconta parallelamente anche le motivazioni che spinsero lo studioso Diego Valeri a riscoprire la storia di Jacovacci, restituendogli il posto che merita nello sport italiano e offrendo una riflessione ancora attuale sulle forme sottili di razzismo che attraversano il nostro presente”.

Fra gli eventi in programma nell’ambito di “COMÉ?”, fino a domenica 30 novembre, ci piace segnalare in particolare ,Umanəvenerdì 28 novembre (ore 20), sempre presso “OFF TOPIC”, concerto spettacolo per voce umana e loop station, programmato in collaborazione con “Fertili Terreno Teatro” (Associazione di artisti ed organizzatori torinesi), quale “tentativo irriverente e tragicomico per colmare il senso di vuoto che si crea come una crepa dentro di noi quando ci sentiamo impotentə di fronte alle tragedie umane”.

Sabato 29 (ore 19,30) e domenica 30 novembre (ore 18), vale un pensiero “InDifference”, presso lo “Spazio FLIC Bunker” (nel cuore di Barriera di Milano, in via Paganini 0/200), spettacolo di circo contemporaneo in cui l’artista belga Jef Everaert e la milanese Marica Marinoni si scontrano con le loro differenze e sembra impossibile trovare un punto di incontro. E allora: “Cosa significa essere in due senza confondersi?”.

Per info e programma dettagliato: “Teatro della caduta”, via Fontanesi 25, Torino; tel.011/2453869 o www.lacaduta.org

g.m.

Nelle foto: Alberto Malanchino; Umanə”; “InDifference” (Ph. Kalimba) 

Dafne, la fata del lago. Un omaggio alle favole e al lago Maggiore

Dafne, la fata del lago è il nuovo libro di Maria Carfora, ex insegnante, scrittrice e fotografa originaria della Sicilia e ossolana d’adozione, già autrice de Le storie di Boscobello. Il volume verrà presentato, insieme all’autrice, dal critico Giuseppe Possa alle 16 di sabato 29 novembre presso il teatro La Fabbrica di Villadossola. Il libro, dedicato ai bambini di tutte le età, propone un viaggio magico tra ricordi, promesse e fantasia. Una nonna, la signora Rita, ritrova una vecchia fotografia nascosta in un libro di favole, e la riscoperta fa riemergere un antico legame quasi dimenticato: quello con Dafne, un’amica speciale dell’adolescenza. Con i suoi cinque nipotini intraprenderà un’avventura unica sulle sponde del Lago Maggiore, nella cornice suggestiva di Stresa e delle sue ville. I piccoli scopriranno Villa Azzurra e incontreranno Dafne, la fata del lago, creatura misteriosa capace di trasportarli ogni sera in storie straordinarie, tra magia, natura e amicizia. Come scrive Giuseppe Possa “è un libro che intreccia fiaba, memoria e tradizione, capace di catturare l’immaginazione sia dei grandi che dei piccoli. Perfetto per essere letto e condiviso tra nonni, genitori e bambini. Quest’opera è un tributo al potere delle storie, della fantasia e della natura incantevole del Lago Maggiore. L’autrice rivisitando alcune favole classiche le propone attraverso il racconto della fata che, ascoltandole dalla madre, si immedesimava a tal punto che , nei suoi sogni notturni, vedeva Cappuccetto Rosso, i principi azzurri e le principesse, oppure i protagonisti di Cenerentola, Biancaneve o della Bella Addormentata in una maniera del tutto nuova e diversa. I veri protagonisti erano liberi di vivere la propria esistenza, senza i vincoli imposti dai racconti, amandosi come meglio credevano – perfino tra persone dello stesso genere – coltivando le proprie passioni, “ovviamente, nel rispetto della libertà degli altri”. Reinterpretazioni che, oltre ad allietare i nipotini di Rita, offrono preziosi insegnamenti a tutti i bambini. Il volume è impreziosito dall’illustrazione di copertina e da undici disegni interni a colori, uno per ogni capitolo, realizzati dall’artista e pittore Giorgio Stefanetta. Inoltre include la prefazione di Andrea Pelfini, figlio di Maria Carfora, e la postfazione di Giuseppe Possa.

Marco Travaglini

Una donna incendiaria e il povero Al Pacino intrappolato in un debole film

Emanuela Rossi – per anni giornalista freelance, da alcuni anni dietro la macchina da presa, una dei registi di “Non uccidere” per Rai 3, il suo “Buio” (2017) è stato selezionato per tanti festival del mondo, “Eva” è il suo secondo lungometraggio e secondo titolo in concorso per l’Italia al 43° TFF – confessa di alimentare il suo cinema con la somma di tanti generi, “dal dramma familiare, al thriller allo sci-fi, perché è impossibile raccontare il nostro tempo e la sua complessità senza prendere in prestito dai vari generi cinematografici i frammenti di stile e di contenuti più efficaci per raccontare ciò che ci serve.” Qui abbraccia Eva (la sceneggiatura è stata scritta con Stella di Tocco) come Eva abbraccia gli alberi che incontra per strada o nei campi immensi, le appiccica un aureola di santa, quella che nei calendari ancora non trovi, lei che è anche donna misteriosa e maga, incendiaria, appartata dalla società e protettrice di un passato a noi incomprensibile, solitaria e malata di un qualcosa che un giorno nella sua mente ha avuto un’ombra di buio. Lei che coltiva una missione, salvare i bambini del mondo, tutti? per ora quelli che incontra sulla sua strada, sulle rive di un lago o in una cava abbandonata o nelle vicinanze del mare; lei che coltiva la vita reale e l’immaginifico, la fede e la pace, e una miriade di sogni sconnessi, forse quelli che stiamo incontrando alle tante proiezione della giornata. Sembrano essere sempre più la cifra di questo festival. Spera d’inventarsi una nuova esistenza, nell’affetto di Nicola e di suo padre Giacomo, di professione apicultore, ma finisce col ritrovarsi soltanto al tavolo di un ispettore di polizia che le chiede conto di quel gruppo di ragazzini che si continua a non trovare. Recita la sinossi distribuita: “Intanto in Cina una donna è esasperata perché la sua figlioletta è malata” e del parallelo lo spettatore tocca con mano due brevissimi inserti, allucinati, difficilmente accettabili, veloci. Da noi come là: si, ma e poi? Tutto rimane inevitabilmente nel surreale e nell’assurdo, nel trasporto continuo del tempo, nell’inspiegabile anche se si va a scomodare, come fa la regista, le parole “ribellione” e “dolore devastante”, tutto rimane sospeso nel tempo, oltre quella comprensione verso un comportamento che cerchiamo di costruirci. Tutto rimane più che altro un esercizio a tavolino, con la speranza vana che il pubblico delle sale s’imbarchi verso una simile impresa. La fotografia, bellissima e confortante, è di Luca Bigazzi.

La prima parola che ascoltiamo in “Cinema Jazireh” della regista turca Gödze Kural è “speranza”. “Cinema” è il racconto che la regista trae da altri racconti, da esperienze vissute, li ha ascoltati nelle case di Kabul e in giro per il paese, racconti di paura e di coraggio. La protagonista è Leila, ha assistito nell’Afganistan che sottostà al regime dei talebani e alla legge della Sharia al massacro della sua famiglia, adesso l’unico scopo per lei è ritrovare il figlio di sette anni misteriosamente scomparso. In un paese in cui è una condanna essere donna, in cui la scuola e il canto sono negati, in cui non andare accompagnata da un uomo può voler dire decisione percosse e di morte, Leila decide di camuffarsi e fingersi uomo, di vestire abiti maschili, di avventurarsi attraverso il deserto e i piccoli paesi con quei travestimenti: sarà nel vecchio cinema abbandonato che incontrerà Azid, anche lui un ragazzo rapito e costretto alla prostituzione, ancora un essere umano in altro modo ridotto al silenzio e privato della libertà: la decisione di mettere in salvo altre persone, il coraggio e l’amore di madre la spingeranno a chiedersi della possibilità di un domani, se sia giusto sperare di continuare a vivere. Ritratto di una donna forte, di una terra e di un popolo, di una realtà che forse abbiamo già dimenticato, in un film che mostra a volte segni di stanchezza e di eccessiva linearità ma che s’apprezza per il gradino un po’ più alto su cui si pone rispetto a tanti colleghi.

Di sogni più semplici ma altrettanto pericolosi vive la giovane protagonista di “Slanted”, opera prima dell’australiana Amy Wang (batte però bandiera statunitense). Joan è arrivata dalla Cina negli States quand’era piccola, con il nome di Qiqi, oggi adolescente – cresciuta ed educata da una coppia di genitori che vorrebbero ben salvaguardati i principi della vecchia patria – fatica a confrontarsi con i compagni del suo corso a scuola, a farsi accettare. Figuriamoci poi se si è messa in testa di diventare la reginetta del ballo della scuola (con il King di turno al seguito, strafico e parecchio ricercato), i lineamenti troppo asiatici la eliminerebbero dallo sperato successo, è necessario entrare nelle grazie della influencer di turno e rendersi bella e bionda e desiderabile grazie a un intervento chirurgico di alta (o più o meno bassa) sperimentazione per “sembrare” bianca, pur d’ottenere accettazione e corona sulla fronte. Ma il taumaturgo non è proprio dei migliori e, come una nipotina di Meryl Streep in “La morte ti fa bella”, tutto il mascherone facciale comincia a prendere delle brutte pieghe. Tra reginette di bellezza e social, tra sfide e nuove filosofie di vita, nel disegno esatto di una gioventù che mai come nella nostra epoca è andata dietro alle più stupide apparenze, Wang tratteggia un ritrattino corrosivo e incendiario, colpisce al segno, espone e lascia allo spettatore il tempo di pensare, con la piena volontà di rimanere quello che siamo.

Diya” arriva dal Ciad, è il primo lungometraggio di Achille Ronaimou, è ambientato in una località in cui continuano a essere ben radicati gli opposti che presero vita dopo la guerra del 1979, quando i cristiani del sud si opposero ai musulmani del nord, è la legge del taglione, è l’usanza antica dell’occhio per occhio. Dane è un autista per conto di una ONG, tutti i giorni s’immerge nel traffico per portare aiuti, conduce una felice esistenza accanto alla moglie incinta: fino a che una distrazione, una chiamata al cellulare durante il lavoro e un viaggio, un bambino che attraversa la strada davanti a lui. Il ragazzino muore e i parenti reclamano un risarcimento, cospicuo e nel giro di un paio di settimane. Dane, per saldare il debito, dovrà affrontare il deserto e nuovi villaggi, verità che non conosceva. Racconto di ampio respiro e autentico, assolato e caotico, carico di tinte gialle e soprattutto d’odio e di tradimenti in cui camuffarsi, il (quasi) eroe intrappolato dentro a ingranaggi più forti di lui e inspiegabili, come tanto cinema ci ha mostrato, all’interno di un’intelaiatura che non prevede grosse sorprese ma che si lascia guardare con qualche piacere. Dispiace invece che un attore del calibro di Al Pacino sia rimasto invischiato nelle maglie di “Billy Knight” del giovane regista americano Alec Griffen Roth, che il cinema dovrebbe averlo nel sangue e succhiato sin da giovanissimo se, ci informano le cronache, il padre è lo sceneggiatore Eric Roth e la madre la produttrice Debra Greenfield, con fratelli al seguito. Qui è al suo primo lungometraggio e in tutta sincerità – glielo chiedeva anche il direttore Base presentandolo al pubblico – si fatica a credere che il ragazzo abbia avuto dalla sua l’insuperato attore, anche qui di vulcanico ed eccezionale peso. Un’isola a sé. Perché la storia – leggi: sceneggiatura – è di una semplicità sconcertante, l’andamento quanto mai debole, aggirandoci noi in quell’area “cinema sul cinema” che ha sfornato capolavori (e lasciamo anche solo per un attimo il venerato Fellini – e tralasciamo pure che il regista si ostini a definire la sua opera “un omaggio al cinema, un racconto sospeso tra realtà e immaginazione”) come il non troppo lontano Spielberg dell’autobiografico “Fabelmans”, etcetera etcetera. Perché qui si parla di un Alex che alla morte del padre scopre una scatola piena di sceneggiature, incompiute e tutto lascia credere mai proposte, neppure nella speranza di, e un fazzoletto con ricamato sopra un nome, Billy Knight: gli verrà voglia di volarsene a Hollywood dietro la spinta del “chi era costui?”, deciso a scoprire chi in passato si sia nascosto dietro a quel nome. A noi, di andare a cercare i pochi o tanti rimandi cinematografici sparpagliati nella storia, non è proprio venuto voglia: e non chiediamo nemmeno scusa.

Elio Rabbione

Nelle immagini, scene da “Billy Knight” del regista americano Alec Griffen Roth, “Eva” di Emanuela Rossi in concorso per l’Italia, il turco/iraniano “Cinema Jazireh”, “Slanted” (USA).

“L’accordatore”, un racconto di Piero Chiara su Tallone a Orta

A Orta, una mattina d’autunno di alcuni anni or sono, di domenica, mentre stavo sotto gli ippocastani già rossi della piazza a guardare il lago e l’isola di San Giulio, vidi scendere, da due automobili giunte a motore spento, un gruppo di sei persone: due donne e quattro uomini, uno dei quali si staccò subito dal gruppo e apparve come colui per il quale tutti gli altri esistevano.

Era un vecchietto, chiuso in un pastrano scuro, con un cappello nero in testa, una sciarpa al collo e ai piedi un paio di scarpe di tela bianca.

Era, come mi sussurrò un barcaiolo, il famoso accordatore Cesare Tallone, che andava a passare la domenica sull’isola di San Giulio”. Così scriveva Piero Chiara nel breve racconto “L’accordatore”, rammentando l’incontro con il maestro Cesare Tallone, detto Cesarino per distinguerlo dal padre pittore. Pubblicato da Biblohaus, a cura di Federico Roncoroni,  con due scritti di Enrico Tallone e Massimo Gatta oltre ad alcune belle foto d’epoca, il racconto “L’accordatore”, come è tipico della narrativa di Piero Chiara, nasce da un fatto di cui è stato testimone con , sullo sfondo, il luogo dell’incontro: l’arrivo di Tallone ad Orta, dove possedeva una dimora sull’isola di San Giulio. Un racconto velato dal mistero, avvolto in quelle nebbie che spesso si trovano tra autunno e inverno sulle acque calme del più romantico dei laghi italiani, meta ideale di artisti e scrittori. Una storia che parla di una straordinaria famiglia – quella dei Tallone – di editori e stampatori, poeti e pittori, architetti e costruttori di pianoforti. Un interessante saggio di Roncoroni aiuta a comprendere il contesto nel quale si colloca il racconto dello scrittore di Luino, mentre  le pagine manoscritte restituiscono la prova più genuina del lavoro di Chiara.

Cesare Augusto (“Cesarino”) Tallone, figlio del pittore Cesare e fratello dell’editore Alberto,  apprese il mestiere di liutaio nella fabbrica Fip di Alpignano e poi alla Zari di Bovisio, di cui fu giovanissimo direttore. Gabriele d’Annunzio lo definì “artefice in costruzioni sonore” ed egli divenne accordatore ufficiale del Vittoriale. Perfezionatosi in Germania, negli anni cinquanta iniziò la costruzione dei pianoforti “Tallone” giungendo, dopo dieci anni di studi e sperimentazioni, a produrre il primo pianoforte italiano gran coda da concerto. Grazie al suo infallibile orecchio, la spiccata sensibilità musicale e la perfetta conoscenza dello strumento, fu stimato, fra gli altri, da Ludwig Hofmann, Arturo Toscanini e Arturo Benedetti Michelangeli, che lo volle con sé come tecnico accordatore durante le sue lunghe tournée internazionali. “L’accordatore” è un ulteriore prova dell’impareggiabile istinto e talento narrativo di Piero Chiara, uno degli autori più prolifici e più fortunati della  seconda metà del Novecento.

Marco Travaglini

La rassegna musicale Officina prosegue a Cascina Roccafranca

All’interno della rassegna di musica da camera Officina, nel corso della quale giovani musicisti di talento animano fino a dicembre il palcoscenico di Cascina Roccafranca, si prosegue con un nuovo concerto venerdì 28 novembre, alle 17.
Il programma della rassegna intreccia classico, contemporaneo e jazz, con un’attenzione particolare alla nuova musica: ogni concerto include infatti una prima assoluta, commissionata a otto compositori emergenti provenienti dal Conservatorio Giovan Battista Martini di Bologna.
Il 28 novembre, alle 17, nella Caffetteria Andirivieni di Cascina Roccafranca sarà nuovamente protagonista il gruppo Scatola Luminosa, formato da Riccardo Conti al vibrafono, Enrico Degani alla chitarra elettrica, Dario Bruna alla batteria e Federico Marchesano al basso elettrico e agli arrangiamenti.
Il gruppo proporrà “Experiment in Terror” di Henry Mancini, “Freshly Squeezed” di Angelo Badalamenti, “En y regardant à deux fois da Pièces froides: II Danses de travers” di Erik Satie, “Surf Rider” di Nokie Edwards, “Il jockey della morte” di Andrea Valle, “Wipe Out” di Bob Berryhill, Pat Connolly, Jim Fuller, Ron Wilson, “Three Wishes” di Ornette Coleman, “Street Adventure” di Riccardo Conti, “Blu, Oro, Argento e Bianco” di Francesco Mo, ai quali si aggiunge “Nuage” di Chiara Todeschi, una commissione OFT in prima esecuzione assoluta.
Cantautrice, compositrice e produttrice musicale, Todeschi descrive così il suo brano: “Nuage è il fotogramma evanescente di un fenomeno transitorio quale la formazione delle nuvole e vuole trasportare l’ascoltatore in una dimensione sospesa e ambivalente”.

Cascina Roccafranca – via Edoardo Rubino 45, Torino

Telefono: 011 01136250

Mara Martellotta