CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 15

“L’interminabile ’68 – un punto di vista cattolico”

Incontro con l’autore Giancarlo Cesana giovedì 2 ottobre presso il teatro San Giuseppe di Torino

Giovedì 2 ottobre, alle ore 21.25 presso il teatro San Giuseppe di Torino, in via Doria 18, organizzato dal Centro Culturale Pier Giorgio Frassati, l’associazione Nuova Generazione, Associazione Esserci e People, verrà presentato il libro di Giancarlo Cesana “L’interminabile ’68 – un punto di vista cattolico”.

L’autore dialogherà con Claudio Artusi e Riccardo Rossotto.

Giancarlo Cesana, nel libro, che reca la prefazione di Giuliano Ferrara (edizioni Liberi Libri, 2025) si interroga su come sia cambiata la nostra società negli ultimi decenni, e come abbia influito sulla sua struttura il radicale abbandono nel Cristianesimo. La scomparsa della religione cattolica dal cuore e dalla mente delle persone, è un fenomeno storico di straordinaria importanza secondo l’autore, così poco indagato nelle sue conseguenze sociali, politiche e morali. Cesana si interroga su questo fenomeno con lucidità e spregiudicatezza, guardando agli ultimi sessant’anni di storia del nostro Paese, che l’hanno visto in prima fila in molti eventi importanti, da una prospettiva sempre più minoritaria, e per questo originale, degna di riflessione.

Mara Martellotta

Al Museo Miit la personale di Sergio Cavallerin

“La disseminazione del segno”, dove a regnare sono i polimeri

Il Museo MIIT, diretto da Guido Folco e sito in corso Cairoli 4, sino al 15 ottobre 2025, ospiterà la mostra “Sergio Cavallerin. La disseminazione del segno” di un artista grande interprete della cultura creativa italiana e internazionale. Poliedrico, ironico, vulcanico, il maestro Sergio Cavallerin ha fatto della professionalità, del rigore la sua cifra stilistica primaria, eccellendo in ogni ambito artistico in un si è impegnato, dal fumetto alla grafica, dell’illustrazione alla pubblicità, fino alla pittura. In mostra sono esposte opere della famosa serie Polimeri,lavori pittorici, creativi e originalissimi, con un’importante valenza ideale. Qui l’artista sperimenta effetti ottici in una declinazione dello spazio abitato da reiterate presenze di personaggi dell’immaginario collettivo, in cui all’improvviso spunta un ospite da scoprire. Sembra quasi che l’autore abbia voluto provocare l’osservatore e la sua spesso distratta fruizione dell’opera d’arte coinvolgendo in un gioco-dialogo di un percorso visivo e mentale. Non tutta l’arte è uguale, sembra volerci dire il Maestro, e deve essere scoperta nel dettaglio per poterne assaporare fino in fondo l’alchimia e la bellezza. Le opere, definite dall’artista Polimeri, riprendono il senso insito nella parola, una ripetizione continua di presenze ed elementi più piccoli uniti attraverso legami indissolubili. Una sorta di simbolica e concettuale visione della società odierna, perennemente interconnessa, in cui ogni elemento si fonde con il tutto.

Ogni polimero di Cavallerin si distingue per una domanda, la cui risposta allude al gioco. Se ci troviamo in un polimero con dei palloni, ci viene chiesto di trovare l’arbitro. Su uno con delle faci su fondo rosso, ci viene chiesto di trovare il martello; se ci troviamo in un altro polimero con degli spinaci, si chiederà di trovare Braccio di Ferro. Ogni polimero è un’opera d’arte, stimolando una riflessione ben oltre la superficie, perché l’artista vuole portarci dentro il senso nascosto dell’enigma. La vera opera non è il quadro in sé, ma il rebus celato dietro la domanda, rivelandosi nel piccolo elemento della risposta, che il fruitore dovrà rielaborare nel senso. Prendiamo il polimero che ci chiede dove sia la mosca bianca, che rappresenta un modo di dire per sottolineare una rarità. La mosca bianca non esiste se non nell’immaginario metaforico, ma diventa simbolo delle cose rare e preziose, come le risposte create da Cavallerin, perché non dipinte ma realizzate su metalli pregiati, oro bianco e argento, da lui stesso disegnate, ritagliate e applicate sulla tela come un diadema incastonato su un qualsiasi oggetto al fine di definire una maggiore pregevolezza e unicità.

Secondo il critico Andrea Baffoni, si tratta dell’inedito regno della Pop Alchimia, qualcosa di mai sperimentato prima e con cui riflettere il senso di entropia contemporanea, un linguaggio dal risvolto esistenziale in cui la centralità è incarnata dalla risposta, in virtù della sua realizzazione in metallo raro. Ogni polimero diventa spazio di indagine individuale e real, un personale cammino iniziatico per arrivare a u a verità che, di fatto, rappresenta il raggiungimento della consapevolezza. I Polimeri di Cavallerin rappresentano personaggi letterari amati e conosciuti da tutti, come Pinocchio e Geppetto, elementi naturali come il Sole e la Luna, simbolo degli opposti e delle energie esistenziali che si completano, animali ripetuti come la mosca, ma con una speranza di cambiamento ideale alla ricerca del loro sempre più raro mutamento.

“Nell’arte di Cavallerin – spiega il direttore del Miit Guido Folco, curatore della mostra – l’aspetto comunicativo passa anche attraverso i cromatismi vibranti e accesi di luce, dal rosso al giallo, dal verde all’arancio, creando un impatto visivo potente, elemento impresso nell’osservatore, come uno spot che lancia un messaggio sempre diverso, ma sempre condiviso dai fruitori dell’opera. Cavallerin è riuscito nell’impresa di raccontare il mondo a modo suo, trasversale alle mode del momento con uno stile definito e maturo, catturando l’attenzione del pubblico attraverso un linguaggio accessibile e diretto, coinvolgente e, contemporaneamente, stimolante”.

Mara Martellotta

Marco Steffani, il giovane che ama De Andrè

Ogni anno “La Bella e la Voce” individua talenti canori. Questa volta nel corso
dell’edizione 2025 realizzata per il settimo anno consecutivo nella stupenda Vietri sul
Mare, perla della costiera amalfitana, il talento ha il nome di Marco Steffani, giovane
eclettico dall’aria sognante, cosa che rispecchia in pieno il suo interesse per cantautori
come De Andrè. Baglioni e Mango.

Marco coltiva 3 passioni: il canto, lo studio della chitarra e la gestione della sala del
bellissimo ristorante dei genitori, l’Antica Cascina Margherita sita in Barbania, meta
obbligata per chi ricerca l’eccellente cucina e una cantina fornita di vini preziosi.
Sul palco di Vietri la sua performance ha convinto al 100% la giuria che tra i suoi
membri annoverava personaggi come NORMA BENETTI, la vocal coach di Blanco, e
ANDREA AMATI, autore già Sony e Warner con nel palmares brani scritti per Elodie,
Nek, Annalisa, Alessandra Amoroso, Marco Masini, Francesco Renga, Emma Marrone.
Al momento della proclamazione la giuria gli riconosciuto il prestigioso Premio della
Critica.

Proprio insieme ad Andrea Amati sono in fase di preparazione 3 inediti che a breve
troveremo sui principali store musicali. Di questi uno avrà il supporto di un videoclip
di alto profilo professionale

All’Expo di Osaka viaggio tra i siti Unesco del Piemonte

Il Piemonte si è presentato all’Expo 2025 di Osaka come una terra che custodisce e valorizza un patrimonio culturale e paesaggistico di valore universale. La Regione, ospite del Padiglione Italia, ha portato in Giappone le sue eccellenze riconosciute dall’UNESCO, raccontando un’identità forte, stratificata e in continuo dialogo con il futuro.

Lunedì 29 settembre, alle ore 11 (ora locale), la Sala Polivalente ha ospitato il panel “Il Piemonte Patrimonio dell’Umanità – Viaggio tra i siti UNESCO”, un incontro che ha condotto il pubblico in un itinerario ricco di storia, arte, spiritualità, natura e innovazione, attraverso immagini, testimonianze e contributi accademici.

«Partecipare all’Expo di Osaka rappresenta per il Piemonte un’opportunità straordinaria per raccontare al mondo l’identità profonda della nostra Regione – affermano il presidente della Regione Piemonte Alberto Cirio e l’assessore alla Cultura Marina Chiarelli -. Siamo orgogliosi di condividere la ricchezza dei nostri siti UNESCO, che sono testimonianza della forza e della visione di una terra capace di coniugare radici antiche e sguardo verso il futuro. Il patrimonio culturale non è solo memoria, ma anche responsabilità, occasione di dialogo e strumento di pace tra i popoli».

Il Consorzio ha il compito di valorizzare il sistema delle 16 Residenze Reali Sabaude del Piemonte che nel 2027 celebreranno il 30° anniversario della proclamazione di “Patrimonio dell’Umanità” da parte dell’Unesco – spiega Chiara Teolato, direttrice generale del Consorzio delle Residenze Reali Sabaude – Le Regge costituiscono un patrimonio unico, espressione e testimonianza della rappresentazione del potere e del processo di costruzione e di presidio di uno stato moderno fin dal XVI secolo, fondendo architettura, paesaggio e politica in un disegno coerente. Oggi sono un asset turistico-culturale ormai di livello internazionale, capaci di presentarsi come spazi vivi che continuano a generare cultura, ricerca e innovazione per tutti unendo comunità e generazioni diverse, e proponendosi come fulcro dell’Italian Royal Experience: per questo la partecipazione all’Expo 2025 di Osaka è un’occasione straordinaria e congeniale”.

 

Dalle Residenze Sabaude alle Langhe: siti riconosciuti dall’UNESCO

Il Piemonte è una delle regioni più affascinanti e complesse d’Italia, situata nel cuore dell’Europa occidentale, al crocevia di influenze culturali latine, alpine e mitteleuropee. Dalle cime delle Alpi al delta del Po, dai laghi prealpini alle colline vitate, dai borghi medievali alle città contemporanee, il territorio piemontese si configura come un vero e proprio mosaico di patrimoni. Questa ricchezza si riflette nei riconoscimenti UNESCO che oggi il Piemonte può vantare: cinque siti iscritti nella Lista del Patrimonio Mondiale, quattro elementi riconosciuti come patrimonio immateriale, tre Riserve della Biosfera, un Geoparco mondiale e tre Città Creative. Numeri che rappresentano motivo di orgoglio e una precisa responsabilità nei confronti della comunità globale.

Il primo sito UNESCO riconosciuto in Piemonte è stato quello delle Residenze Sabaude, simbolo della storia dinastica e dell’identità politica del Regno di Sardegna prima e dell’Italia unita poi. Palazzo Reale, Venaria Reale, Stupinigi, Rivoli e le altre residenze rappresentano un esempio unico di architettura di corte, pianificazione urbana e gestione del territorio. Ogni edificio racconta un capitolo della storia sabauda attraverso sale affrescate, giardini geometrici, arredi, opere d’arte e visioni del potere che si sono susseguite nei secoli. Da Torino, prima capitale d’Italia, si irradia un sistema culturale che oggi continua a vivere attraverso musei, mostre, eventi e una vivace produzione creativa.

Altro capolavoro riconosciuto dall’UNESCO sono i Sacri Monti del Piemonte e della Lombardia. Sette di questi luoghi si trovano in Piemonte: Varallo, Orta, Oropa, Crea, Ghiffa, Domodossola e Belmonte. Nati come alternative ai lunghi pellegrinaggi in Terra Santa, questi monti sacri coniugano architettura religiosa, arte barocca e paesaggio naturale. I visitatori vi trovano un’esperienza immersiva, in cui lo spirito si eleva lungo percorsi tra cappelle affrescate e statue lignee che narrano la vita di Cristo, della Vergine Maria e dei Santi. Per l’occasione, il panel ha ospitato contributi di studiosi giapponesi che hanno approfondito il parallelismo simbolico tra le montagne sacre del Piemonte e le vette spirituali del Giappone, come il Monte Fuji o il Monte Kōya, sottolineando come in entrambe le culture le montagne siano percepite come luoghi di ascensione e purificazione.

Paesaggi vitivinicoli e patrimonio UNESCO

Una diversa forma di sacralità è rappresentata dai Paesaggi vitivinicoli delle Langhe-Roero e Monferrato, inseriti nella Lista UNESCO nel 2014. Qui la spiritualità risiede nel rapporto millenario tra l’uomo e la terra. I filari disegnano colline armoniose, le cantine raccontano storie di famiglie, tradizioni e innovazioni.

Da queste colline nascono alcuni tra i vini più celebrati del mondo, come Barolo, Barbaresco e Moscato d’Asti. Il riconoscimento UNESCO ha sancito il valore culturale di questi paesaggi e ha innescato un processo virtuoso di rigenerazione economica e identitaria. Nel 2024, per il decimo anniversario del riconoscimento, la Regione ha promosso un anno di celebrazioni con mostre, eventi, fiere e la nascita di un museo dedicato al paesaggio del vino, testimoniando come la cultura possa essere motore di sviluppo sostenibile. A raccontare le origini più remote della presenza umana sul territorio piemontese sono i siti palafitticoli preistorici di Viverone/Azeglio e Arona, anch’essi patrimonio UNESCO. Si tratta di insediamenti risalenti al Neolitico e all’Età del Bronzo, conservati sotto il livello dei laghi, che documentano una profonda e precoce interazione tra le comunità umane e l’ambiente acquatico alpino. Un patrimonio archeologico di eccezionale valore, ancora oggi oggetto di ricerche internazionali. Un esempio più recente, ma altrettanto emblematico, è la città industriale di Ivrea, nata dal sogno imprenditoriale e sociale di Adriano Olivetti.

“Avere avuto l’opportunità di presentare le attività dell’Associazione nell’ambito delle iniziative della Regione Piemonte a Expo 2025 Osaka rappresenta per noi un momento di grande significato” – dichiara Giovanna Quaglia, Presidente dell’Associazione per il Patrimonio dei Paesaggi Vitivinicoli di Langhe-Roero e Monferrato -. Il tema di Expo 2025, ‘Designing Future Society for Our Lives – Progettare la società futura per le nostre vite’, è dedicato alla costruzione di una società sostenibile e inclusiva, fondata sull’innovazione, la cooperazione e la condivisione di idee per migliorare la qualità della vita di tutti. I Paesaggi Vitivinicoli di Langhe-Roero e Monferrato interpretano e racchiudono pienamente questi valori: un paesaggio culturale unico al mondo, frutto del dialogo armonioso tra uomo e natura, che guarda con fiducia al futuro e porta a Expo 2025 la testimonianza concreta di un modello di sviluppo sostenibile e partecipato”.

Cultura del fare e saperi condivisi

Ivrea dimostra come sia possibile immaginare un’industria che mette al centro l’uomo e la comunità, anticipando temi oggi più che mai attuali: la sostenibilità, la partecipazione, l’integrazione tra tecnologia e umanesimo. In questa città-modello del XX secolo, l’impresa si è coniugata con l’urbanistica, la cultura, l’educazione e il benessere collettivo. Il Piemonte è anche custode di un ricco patrimonio immateriale, testimone di saperi antichi e tradizioni vive. L’arte della costruzione in pietra a secco, l’alpinismo, l’arte musicale dei suonatori di corno da caccia e la cerca e cavatura del tartufo sono tutte pratiche riconosciute dall’UNESCO come parte del patrimonio culturale immateriale dell’umanità. Tradizioni che esprimono un legame profondo con l’ambiente e con il tempo, tramandato di generazione in generazione.

“Ivrea, piccola cittadina in provincia di Torino, situata a metà strada tra la pianura e le più alte montagne d’Europa, è iscritta dal 2018 nella Lista del Patrimonio Mondiale come esempio di paesaggio urbano industriale del Novecento” – sottolinea Filippo Ghisi, site manager del sito UNESCO ‘Ivrea, città industriale del XX secolo’ –. Oggi è per noi un grande privilegio far parte di questa grande famiglia e poter raccontare il nostro sito all’Expo di Osaka, la più importante manifestazione al mondo. ‘Ivrea, città industriale del XX secolo’ è sito UNESCO per le sue architetture industriali e per i valori che riflettono le idee utopiche, e al tempo stesso concrete, di Adriano Olivetti che, proprio come propone oggi Osaka, voleva ‘delineare la società del futuro per le nostre vite’.”

Città creative UNESCO

A completare questo straordinario quadro, tre città piemontesi sono entrate a far parte della Rete delle Città Creative UNESCO: Torino per il design, Alba per la gastronomia e Biella per l’artigianato e le arti popolari. Torino, ex capitale dell’automobile, è oggi una metropoli innovativa, laboratorio di arte, architettura e nuove tecnologie. Alba, celebre in tutto il mondo per il tartufo bianco, rappresenta un modello di filiera corta, qualità alimentare e turismo sostenibile. Biella è il cuore della manifattura tessile italiana, dove il sapere artigianale si fonde con la creatività contemporanea e l’impegno ambientale.

 

Strategie per il futuro

Durante l’incontro del 29 settembre sono stati inoltre presentati i nuovi progetti culturali e strategici che la Regione Piemonte intende sviluppare nei prossimi anni: azioni di valorizzazione integrata del patrimonio, interventi per la digitalizzazione dell’esperienza culturale, iniziative per coinvolgere le comunità locali nella cura dei luoghi e programmi di educazione al patrimonio nelle scuole. Tutti i progetti saranno allineati con i principi dell’Agenda 2030 dell’ONU e gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile, in un’ottica di armonia tra conservazione, accessibilità e innovazione.

“Savoia, l’albero genealogico e i protagonisti della Dinastia”

Sabato 4 ottobre, alla Precettoria di Sant’Antonio di Ranverso, verrà presentato il libro

Sabato 4 ottobre prossimo, alla Precettoria di Sant’Antonio di Ranverso, nel torinese, il comitato per la tutela del patrimonio e delle tradizioni piemontesi dell’Associazione Internazionale Regina Elena ODV organizzerà una commemorazione di Mafalda di Savoia, prima regina consorte del Portogallo, nel 900⁰ anniversario della nascita.

Alle ore 14.50 i gruppi storici, partendo dall’ex ospedale dei Pellegrini, raggiungeranno in corteo la chiesa dove, alle ore 15, Don Franco Gonella, parroco di Buttigliera Alta e Rosta, celebrerà la Santa Messa. Dopo la funzione religiosa Andrea Carnino, vicesegretario amministrativo nazionale del Sodalizio, commemorerà Matilde di Savoia, figlia del Conte di Savoia Amedeo III, nel 900⁰ anniversario della sua nascita. La nobildonna, nel 1046, sposò Re Alfonso I del Portogallo, primo sovrano del Paese iberico. Aiutò molto la popolazione, che affettuosamente la chiamava Mafalda, nome poi scelto dalla Regina Elena per la sua secondogenita che vide la luce a Roma il 19 novembre 1902 e morì dissanguata nel campo di sterminio di Buchenwald il 28 agosto 1944.

Successivamente Silvio Amprimo, presidente dell’Associazione Amici di Avigliana, commemorerà Mons. Italo Ruffino nel decimo anniversario della sua morte. Andrea Carnino e Pierangelo Calvo presenteranno per la prima volta il libro “Savoia, l’albero genealogico e I protagonisti della Dinastia”, edito da Susa Libri, la cui introduzione è stata curata da S.A.R. il Principe Sergio di Jugoslavia, figlio di S.A.R. la Principessa Reale Maria Pia di Savoia, primogenita di Re Umberto II e della Regina Maria Josè. La prefazione è stata curata dall professoressa Bruna Bertolo. Si tratta di un’opera unica nel suo genere e ogni capitolo è dedicato a un sovrano, da Umberto I Biancamano, il fondatore della Dinastia, fino a Re Umberto II, ognuno con i suoi rispettivi alberi genealogici. I lettori potranno scoprire così, attraverso i matrimoni contratti dai figli e dalle figlie dei monarchi i numerosi legami di parentela dei Savoia con le più importanti case reali d’Europa. Un’apposita sezione è dedicata ai rami cadetti, e chiude il tutto un grande albero genealogico che va da Biancamano fino agli attuali esponenti del Casato.

La partecipazione è libera.

Mara Martellotta

Benvenuto nell’AI! Cattelan al Teatro Colosseo



sold out

La stagione 2025–2026 del Teatro Colosseo si apre con due serate-evento sold out in prevendita affidate ad Alessandro Cattelan, che martedì 30 settembre e mercoledì 1° ottobre porterà sul palco torinese il suo nuovo e attesissimo spettacolo Benvenuto nell’AI!

Un titolo che è già una dichiarazione di intenti: tra ironia tagliente, riflessioni pungenti e momenti di pura leggerezza, Cattelan accompagna il pubblico in un viaggio dentro l’universo dell’intelligenza artificiale, tema che oggi attraversa le nostre vite quotidiane, i media, la cultura e le relazioni. Con il suo stile inconfondibile, capace di mescolare comicità e profondità, il conduttore e autore televisivo più amato d’Italia porta in teatro una riflessione attuale e sorprendente sulle sfide del presente e sui possibili scenari del futuro.

Benvenuto nell’AI! è uno spettacolo ironico e leggero, ma anche un’esperienza che alterna monologo, musica e immagini, in cui la tecnologia diventa pretesto per raccontare sogni, paure e contraddizioni. Un’occasione speciale per incontrare uno dei volti dello show business italiano, Alessandro Cattelan, in una veste teatrale inedita, che conferma ancora una volta la sua capacità di dialogare con pubblici diversi e di trasformare il pensiero critico in intrattenimento.

Con questo debutto, il Teatro Colosseo rinnova la sua vocazione a farsi luogo di racconto del contemporaneo: un “pop theatre” che intreccia leggerezza e riflessione, e che inaugura la nuova stagione con una delle voci più brillanti e innovative della scena italiana.

Ultima settimana: “Ritratti…”. 90 e tutti “da incorniciare”

In mostra al “Museo Nazionale del Risorgimento Italiano”, un secolo di grande Fotografia internazionale in arrivo dalla “Collezione Bachelot”

Fino al 5 ottobre

Correva l’anno 1960. Una bellissima, poco più che ventenne e dal sorriso irresistibile Romy Schneider (icona cinematografica della “Principessa Sissi”), accanto a un cinquantenne, un po’ distratto, Luchino Visconti, ammicca divertita al “paparazzo” che la “punta”, benevolmente “minacciandolo” di diventare lei la fotografa e lui, a breve tiro, il bersaglio del suo scatto. Il “povero” malcapitato fotografo è il celebre americano Sanford H. Roth (grande amico e fotografo quasi “personale” di James Dean che considerava Roth e la moglie come una sorta di “genitori adottivi”) e la foto è una delle circa 90, originali, esposte, fino a domenica 5 ottobre, negli spazi del “Corridoio della Camera Italiana” – Museo Nazionale del Risorgimento” di piazza Carlo Alberto (Palazzo Carignano) a Torino. Tutte in arrivo  da Parigi, dalla “Collezione Florence e Damien Bachelot”, fra le più importanti raccolte fotografiche private a livello europeo, rappresentano una suggestiva, protratta nel tempo, “città di ritratti” – secondo la calzante definizione assegnata alla mostra dalla curatrice Tiziana Bonomo (“ArtPhotò”) cui si deve anche, quale immagine guida, la scelta di “Lanesville”, 1958, di Saul Leiter – promossa dall’Associazione Culturale “Imago Mundi” di Torino e titolata, in linea con i soggetti esposti, “Ritratti. Collezione Florence e Damien Bachelot”.

 Una “città di ritratti”, per l’appunto: antologia di volti e figure che sono narrazioni di vite, le più varie e intense, immagini glamour e di umane miserie, di infinite gioie e struggenti dolori, di amori e odi senza fine, uno “sguardo rivolto – ancora Bonomo – alla nostra umanità fatta di miti, di emozioni e di concrete attuali realtà sociali”. Articolato, infatti, in quattro emblematiche sezioni – “Attualità”“Miti”“Società” ed “Emozioni” – l’iter espositivo ci porta dallo scatto iconico (che fece il giro del mondo) del neozelandese Brian Blake, immortalante Pablo Picasso mentre assiste a una corrida con la moglie Jacqueline Roque e Jean Cocteau alla potente capacità documentaria di Lewis Hine, che nella prima metà del Novecento fece dell’arte fotografica uno prezioso strumento di denuncia sociale, ritraendo i volti dei bambini migranti italiani negli States per raccontare la brutalità del lavoro minorile, fino ad arrivare ai toccanti ritratti dei soldati ritratti dal fotoreporter francese  Gilles Caron in Israele, durante la “Guerra dei sei giorni” (giugno, 1967) e in Irlanda del Nord, in occasione  del “The Troubles”, il conflitto fra comunità cattolica e i protestanti dell’Ulster, che durò circa trent’anni. Ma anche scatti meno “impegnativi” come quelli di un’inedita Nan Goldin, fotografa e attivista statunitense, oggi 71enne, con due immagini dedicate a una seducente (classe ’62) Jennifer Jason Leigh, attrice considerata, secondo la Rivista “Harper’s”, una delle dieci donne più belle d’America.

E’ davvero una lunga, suggestiva galoppata attraverso il Novecento della Fotografia fino alla contemporaneità, quella cui ci invita (e l’invito, in ogni istante, è sempre particolarmente ben accetto) dalla rassegna, “attraverso – si specifica in nota – un genere, quello del ritratto, che ben prima dell’era del ‘selfie’ e dei “social”, ha seguito un proprio percorso, riflettendo i mutamenti di costumi, identità e visioni del mondo”. Così, accanto a ritratti di “quotidiana umanità”, regalatici da grandi maestri come Dorothea LangeSaul LeiterWilliam KleinElliot Erwitt e la panamense Sandra Eleta (oggi, a 82 anni, la fotografa forse più famosa a livello internazionale) presente in mostra con “Siembra” (1976) eccezionale “reportage” sulla vita quotidiana degli abitanti e delle “campesinas” di Portobelo, troviamo anche un raro “lightbox” contenente immagini di Brigitte Bardot, firmato dal romano Elio Sorci, fotografo “maximus” della “Dolce Vita” e “cacciatore” super agguerrito delle più note celebrità del “jet set” americano.

Nota interessante: la mostra in naturale armonia con il “Museo”, propone anche in un video un saggio del patrimonio dei 17mila documenti fotografici custoditi. Tra i protagonisti del Risorgimento spiccano i ritratti della Contessa di Castiglione, pioniera nell’Ottocento nell’utilizzo della fotografia come strumento per costruire e diffondere la propria immagine e il proprio fascino. Sottolinea, in proposito, Luisa Papotti, presidente del “Museo”: “La fotografia, inizialmente percepita come surrogato del ritratto pittorico, diventa rapidamente linguaggio autonomo e strumento di propaganda e costruzione dell’identità nazionale. I ritratti di sovrani, patrioti, combattenti non solo eternano i volti del Risorgimento, ma diffondono l’ideale unitario. Esporre questi materiali accanto ai ritratti contemporanei della ‘Collezione Bachelot’ significa restituire continuità al racconto dell’identità attraverso l’immagine”.

Gianni Milani

“Ritratti. Collezione Florence e Damien Bachelot”

Museo Nazionale del Risorgimento Italiano, piazza Carlo Alberto 8, Torino; tel. 011/5621147 o www.museorisorgimento.it

Fino al 5 ottobre –  Orari: mart./dom. 10/18

Nelle foto: Roth H. Sanford “Romy & Luchino Visconti”, ca. 1960; Brian Brake “Picasso’s Bullfight, Valauris, 1955; Gilles Caron “Israel …” 1967; Sandra Eleta “Siembra”, 1976  

“Riprendiamoci la vita”, personale di Paola Agosti

E’ un suggestivo viaggio fotografico alla scoperta dei “movimenti femministi” anni ’70  alla biellese “BI-Box Art Space”

Dal 4 settembre al 19 ottobre

Biella

“Riprendiamoci la vita”. Il titolo della mostra replica in parte il titolo  (“Riprendiamoci la vita. Immagini del Movimento delle donne”, Savelli, ’76) della prima, importante pubblicazione della fotografa e scrittrice torinese Paola Agosti (classe ’47, figlia del magistrato antifascista Giorgio Agosti, fra i fondatori del “Partito d’Azione”), cui la Galleria “BI-Box Art Space” di Biella dedica, nell’ambito del Festival “Contemporanea. Parole e storie di donne”da giovedì 4 settembre a domenica 19 ottobre, una coinvolgente rassegna concepita come una sorta di “viaggio fotografico”, rigorosamente e dovutamente in b/n, all’interno di quel “movimento femminista” anni ’70, capace in allora  di prendere forma impetuosa come forza collettiva tesa a cambiare e a lasciare un segno profondo nella società. Titolo che richiama anche uno dei motti allora più in voga fra le giovani e meno giovani femministe in marcia costante per manifestazioni, cortei e girotondi, fra grida di alta “sorellanza”, e assemblee tenute in ogni dove, in cui spesso risuonavano per l’appunto slogan come La lotta non è finita, riprendiamoci la vita. O Donna è bello, strega è meglio graficamente accompagnato, come ci raccontano alcune foto in mostra, dal tipico “simbolo di Venere” (un cerchio con croce sottostante) fra i vari – il colore viola, la pianta di mimosa e la labrys, l’ascia bipenne simboleggiante forza ed indipendenza e il supergettonato “gesto della vagina” o del triangolo “manuale” – adottati all’interno del “movimento”, straricco di un patrimonio visivo che raccontava (e ancor oggi dovrebbe raccontare) il desiderio e il diritto a quella libertà e a quell’eguaglianza in grado di trasformare profondamente (e in gran parte ci riuscì) la società italiana di quegli anni. Un lascito ereditario importantissimo per le future generazioni (che in parte sembrano oggi averne perso contezza) e che invece per chi, come il sottoscritto, porta ormai il peso del tempo sulle spalle, restano echi remoti ma ancora ben vivi e importanti (quanto importanti, oggi più che mai!) negli occhi e nella memoria.

Complessivamente sono venti le immagini esposte a Biella nelle loro stampe originali “vintage”. Sottolinea il curatore della rassegna Marco Albertaro, studioso di storia della “militanza politica” e docente di “Storia Contemporanea” presso l’Università di Torino: “Agosti restituisce la complessità di un’epoca, con fotografie che documentano manifestazioni, assemblee, cartelli, striscioni e soprattutto i volti delle donne che hanno creduto nella possibilità di una vita diversa, più libera e autodeterminata. Il divorzio, la parità nella famiglia, la tutela della maternità, la possibilità di scegliere per se stesse: per chi oggi è giovane, molti di questi diritti possono sembrare scontati. Ma dietro alla loro conquista c’è stato un lungo percorso collettivo, fatto di battaglie, coraggio e partecipazione. Questa mostra intende creare un ‘ponte generazionale’, offrendo l’occasione di riflettere sul presente a partire da uno sguardo rivolto al passato”. La stessa mostra sarà anche occasione per un successivo incontro con Paola Agosti a “Palazzo Ferrero”, sempre a Biella e sempre nell’ambito del Festival “Contemporanea”, in programma per sabato 27 settembrealle 16,30 (ingresso libero), in cui verrà presentato il suo ultimo libro edito nel 2023 da “Einaudi”, dal titolo “Covando un mondo nuovo. Viaggio tra le donne degli Anni Settanta”. A partire dalla raccolta di fotografie del volume, insieme a Bendetta Tobagi e in conversazione con Daniele Scaglione“l’incontro permetterà di ripercorrere quella che è stata definita la sola rivoluzione riuscita del Novecento, ovvero quella delle donne”. Non solo. L’incontro consentirà anche di tracciare in modo più ampio il ritratto di un’artista impegnata da oltre cinquant’anni e a tutto campo, in chiave non solo estetica ma fortemente socio-politica, su tematiche che nel corso del tempo hanno veleggiato dal mondo femminile e femminista, all’apartheid in Sudafrica, alle condizioni miserevoli delle contadine e dei contadini incontrati sui sentieri langaroli di Nuto Revelli e a quelle, non meno impietose, degli emigrati piemontesi in Argentina; via via fino alla “Rivoluzione dei garofani” (’74) a Lisbona, ai movimenti di protesta contro la guerra del Vietnam, al Cile di Salvador Allende, che fotografa e conosce personalmente, prima del “golpe” dell’11 settembre del ’73. Una vita per la “sua” fotografia. Un mondo di immagini, di storie e ritratti. Di denuncia sociale e incrollabile monito politico in scatti “mai fine a sé stessi, ma indissolubilmente intrecciati al contenuto. Anche quando quest’ultimo è il semplice ritratto di una persona”.

Gianni Milani

“Riprendiamoci la vita. Immagini del Movimento delle donne”

BI-BOx Art Space, via Italia 38, Biella; tel. 3497252121 o www.bi-boxartspace.com

Fino al 19 ottobre. Orari: giov. – ven. 15/19,30; sab. 10/12,30 e 15/19,30

Nelle foto: “Occupazione femminista alla ex-Prefettura di Roma”, 1976; “Manifestazione studentesse femministe”, 1976

Rock Jazz e dintorni a Torino: Avion Travel e Lil Darling Quartet

//

GLI APPUNTAMENTI MUSICALI DELLA SETTIMANA

Martedì. Al Magazzino di Gilgamesh si esibisce Max Altieri & Friends.

Mercoledì. Le Storie Sbagliate rendono omaggio a Fabrizio De Andrè all’Osteria Rabezzana. Al Magazzino di Gilgamesh è di scena Dotti & The Gang. Al Blah Blah suonano gli XIXA.

Giovedì. Al Folk Club per 2 sere consecutive, suona la Piccola Orchestra Avion Travel. All’Osteria Rabezzana si esibisce Lil Darling Quartet. Al Cafè Neruda è di scena Valentina Nicolotti. Da Banco Vini si esibisce Mr.T-Bone. Al Blah Blah suonano i Maori.

Venerdì. Allo Ziggy sono di scena i Selvans + Strega. Al Blah Blah suonano i We Are Wawes. All’Off Topic si esibisce Giulia Mei. Al Circolo Sud suonano i The MaryAngels. Al Circolo Mossetto suona il quartetto Swanznaggers.

Sabato. Allo Spazio 211 è di scena Natalie Bergman. Al Magazzino sul PO serata hardcore con tanti gruppi denominata “ Torino Hardcore Warm Up.”Al Magazzino di Gilgamesh suona la TopoBand.

Domenica. Al Vinile concerto tributo alle donne del rock “ Copia di Eterea /Women in Rock.

Pier Luigi Fuggetta

 

La settantesima stagione dello Stabile inaugurata dall’Amleto, regia Leonardo Lidi

A dare avvio alla stagione teatrale 2025-2026 del Teatro Stabile di Torino- Teatro Nazionale sarà  il 6 ottobre prossimo, alle 20, il debutto in prima nazionale al teatro Carignano di Amleto di William Shakespeare, diretto da Leonardo Lidi, che ha di recente ricevuto il premio  Hystrio alla regia 2025, con l’adattamento di Diego Pleuteri, che è stato nominato drammaturgo residente a partire dalla corrente stagione.
Il personaggio di Amleto, icona forte e carismatica, è  simbolo del teatro stesso  e incarna l’essenza dell’umanità.  Per questo ragione il capolavoro shakespeariano è stato scelto per aprire la stagione 2025-2026 del Teatro Stabile, che si intitola “Esseri umani”. Il programma del settantesimo anno di attività del teatro Stabile di Torino valorizza, infatti, la sua importante eredità e tradizione, con uno sguardo rivolto al futuro e un forte impegno nel dare spazio e voce a nuove generazioni di artisti.
“Mi pare, e lo dico con rammarico – spiega Leonardo Lidi a proposito dell’Amleto – che ci sia bisogno di ribadire i “perché” del teatro , intendendo con teatro l’unico che conosco, quello che non si accontenta del passato  e non valuta la propria esistenza con l’applausometro, come qualunque format televisivo. Chi ha messo come me la propria vita nelle mani del teatro spesso soffre nel vedere il proprio amore trattato con superficialità,  come se non bastasse, come se in questo nuovo secolo e in questo nuovo millennio si dovesse rivalutare a tutti i costi la forza di questa arte. Ecco allora che Amleto può venirci incontro. Può ricordarci, ad esempio, di trattare bene gli attori che sono l’essenza del nostro tempo” e che per smascherare la corruzione del re, per rappresentare le nefandezze di chi governa, di chi ci uccide il padre e seduce la madre, abbiamo bisogno di una trappola per topi, una trappola chiamata teatro.
Per fare questo ho scelto i miei magnifici 7, un cast di 7 possibili Amleti, capitanati da Mario Pirrello, in grado di raccontare una distanza indispensabile con l’identikit del personaggio , ma allo stesso tempo capaci di un’adesione speciale con l’anima del principe di Danimarca. […] Scegliendo il teatro non ci si accontenta della forma, del maledetto biopic che attanaglia la nostra epoca. Scegliendo il teatro , pubblico e attori scengono l’anima dell’ essere ( o non essere) umani. Ho preso le distanze dalla verità  creando un mondo altro, per consentire un avvicinamento condiviso attraverso la rappresentazione. Più il guscio di noce è  artefatto più forte sarà lo svelamento e più sentiremo determinante la battuta “ Tutto questo sembra, perché questo si può recitare. È la veste, è  la scena del dolore. Ciò che è in me va oltre lo spettacolo”.

Mara Martellotta