CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 15

A Torino la Notte delle Hit

Il 12 e 13 settembre 2025 l’Inalpi Arena di Torino si trasformerà nel cuore pulsante della musica che ha segnato intere generazioni con “Jukebox – La notte delle hit”, due serate memorabili condotte da Antonella Clerici con le canzoni più amate degli anni ’70, ’80, ’90 e 2000. Se l’Arena di Verona era stata la casa della musica su Rai1 con Amadeus la Clerici sceglie invece Torino per far ballare e cantare tutti! Nel cast di Jukebox troveremo tra gli altri: gli Hearth; i Wind & Fire Experience by Al Mckay con la partecipazione speciale di Greg Moore che offriranno un’esibizione che rievoca l’epoca d’oro del funk e del soul americano; i Gipsy Kings by Diego Baliardo che con le note di “Bamboléo”, “Volare” e “Djobi Djoba” faranno vibrare l’Arena tra flamenco e ritmi latini inconfondibili. Tra gli ospiti internazionali ci sarà inoltre Michael Sambello con il brano simbolo “Maniac” del film “Flashdance”. E poi gli italianissimi Nomadi, Rettore e Gemelli Diversi. In tutto saranno venti i protagonisti di questo Jukebox umano che riaccenderà con ogni sua nota ricordi ed emozioni. I biglietti per le due serate sono già in vendita ed a breve è atteso l’annuncio della messa in onda dell’evento su Rai1.

Igino Macagno

Concerto di primavera al Teatro Vittoria

 TRA I PROTAGONISTI I GIOVANI MUSICISTI DELL’ACCADEMIA DI MUSICA E I TALENTI MUSICALI DELLA FONDAZIONE CRT
Il 7 maggio torna l’evento annuale di musica classica promosso da Fondazione CRT e Fondazione Accademia di Musica, aperto a tutta la città
Mercoledì 7 maggio 2025, ore 20
Teatro Vittoria, Torino
Via Antonio Gramsci 4, Torino TO
Ingresso gratuito su prenotazione
Un appuntamento da non perdere per gli amanti della musica da camera e per chi crede nella forza della formazione di eccellenza: mercoledì 7 maggio alle ore 20, al Teatro Vittoria di Torino, va in scena il Concerto di Primavera, promosso da Fondazione CRT e Fondazione Accademia di Musica.
Sul palco l’Orchestra da Camera Accademia della Fondazione Accademia di Musica, formata da sedici tra i più promettenti allievi dei corsi di alta formazione dell’Accademia, insieme a cinque ex borsisti del progetto Talenti Musicali della Fondazione CRT, che saranno le prime parti dell’ensemble: Matteo Ruffo (primo violino), Alice Costamagna (violino), Giorgia Cervini (viola), Michelangelo Mafucci (violoncello) e Pamela Massa (contrabbasso). Un’occasione per celebrare l’impegno congiunto delle due istituzioni nel sostenere concretamente l’avvio alla carriera artistica delle nuove generazioni.
A dirigere l’orchestra sarà Alessandro Milani, spalla dell’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai e docente presso l’Accademia di Musica.
In programma due capolavori assoluti del repertorio cameristico: il Divertimento K 136 in re maggiore di Wolfgang Amadeus Mozart e la Serenata per archi op. 22 in mi maggiore di Antonín Dvořák.
Laura Richaud, Presidente e Direttore artistico della Fondazione Accademia di Musica sottolinea: “L’Orchestra da Camera Accademia è nata molti anni fa per autodeterminazione degli allievi dei nostri corsi di alta formazione che intendevano perseguire livelli di eccellenza nella preparazione dei programmi musicali e nel tempo ha collaborato con musicisti di fama quali Riccardo Donati, Giampaolo Pretto, Simone Rubino, Uto Ughi, Francesco Manara, Enrico Dindo e Alessandro Milani. Oggi è guidata dal Maestro Alessandro Milani ed è coordinata dal Maestro Claudio Voghera. Sentirli suonare insieme a ex Borsisti della Fondazione CRT è per noi il simbolo dell’impegno insieme profuso da più di 30 anni nei confronti dei giovani musicisti che si affacciano alla professione. Non possiamo che ringraziare la Fondazione CRT per la continuità del suo sostegno.”
Il progetto Talenti Musicali: investire nel futuro attraverso la cultura
Dal Teatro Regio di Torino alla Royal Academy of Music di Londra, passando per l’Orchestra Sinfonica Nazionale della RAI, l’Accademia di Santa Cecilia, la Camerata Salzburg e l’Orchestre de la Suisse Romande: i cinque ex borsisti di Talenti Musicali che saliranno sul palco del Concerto di Primavera – Matteo Ruffo, Alice Costamagna, Giorgia Cervini, Michelangiolo Mafucci e Pamela Massa – si sono affermati a livello internazionale, distinguendosi in concerti solistici, attività cameristiche e ruoli stabili nelle più prestigiose orchestre sinfoniche europee.
Percorsi di talento resi possibili anche grazie alla Fondazione CRT, la cui collaborazione con Fondazione Accademia di Musica si fonda su una visione condivisa: investire nell’eccellenza formativa e sostenere concretamente l’ingresso nel mondo professionale di giovani musicisti di talento.
Un impegno da cui è nato nel 2004 il progetto Master dei Talenti Musicali e che ha rappresentato uno dei programmi più significativi a livello nazionale per il sostegno alla formazione artistica. Da qui si sviluppa nel 2006 l’Orchestra Master dei Talenti, composta dai migliori diplomati dei Conservatori piemontesi e valdostani e attiva per oltre un decennio con un repertorio da Bach ai contemporanei, includendo rielaborazioni operistiche e programmi innovativi.
“Con il progetto Talenti Musicali, la Fondazione CRT ha accompagnato giovani musicisti dai Conservatori italiani fino ai palcoscenici più prestigiosi del mondo. Alcuni di loro si esibiranno nel Concerto di Primavera al Teatro Vittoria: un appuntamento che, insieme alla Fondazione Accademia di Musica, abbiamo voluto offrire al pubblico – dichiara Patrizia Polliotto, Segretario Generale della Fondazione CRT –.  Oggi, come Fondazione, continuiamo a sostenere con convinzione percorsi di eccellenza come quelli promossi dall’Accademia, investendo in quel capitale umano che rappresenta il futuro della nostra comunità.”
L’ingresso è libero fino a esaurimento posti.
Prenotazione obbligatoria: 
0121321040 | 3939062821 | organizzazione@accademiadimusica.it

La “Gatta” non era quella di Liz Taylor

Al Carignano, repliche sino a domenica 11 maggio

Non piacque affatto a Tennessee Williams il film che Richard Brooks nel ‘58, tre anni dopo il successo teatrale al Morosco di New York, trasse dalla ”Gatta sul tetto che scotta”, con la Taylor dagli occhi viola accovacciata, e mielosamente sexy, sul suo bel letto d’ottone a lanciare languidi sguardi (“This is Maggie the Cat…”, occhieggiava blandamente spudorata in quei tre punti di sospensione la locandina del film) mentre Newman dagli occhi azzurri sgambettava con la sua stampella a mettere in mostra la propria eterosessualità, tutta suggellata dal focoso bacio nel finale alla moglie. Aveva gridato al tradimento (accidenti a quel Codice Hays sempre in agguato!) nei confronti di quella sua provocazione, “la critica della società attraverso la lente d’ingrandimento della famiglia”, e s’era preso la sua vendetta, venti anni dopo esatti, dando alle stampe e ai palcoscenici una rinnovata versione che diceva pane al pane e vino al vino. Noi abbiamo peccato un po’ troppo nel costruirci un’atmosfera sdolcinata e amorosa, tutta “da cinema” anni Cinquanta, che non poteva scalfire neppure di un minimo graffio una figura maschile che nell’immaginario collettivo fatto di rotocalchi e ruoli giusti e interviste splendeva per le proprie doti di maschio (anche se qualche malalingua di Hollywood in vena di pettegolezzi aveva buttato lì che…). Accresciuto altresì l’errore per il fatto che il titolo in pochissime sparute occasioni si sia fatto vedere nelle stagioni teatrali di casa nostra. Quelli erano e dovevano essere Maggie e Brick, quello era il vecchio Papà con la stazza di Burl Ives, quella era la stridula, indimenticabile, Mae di Madeleine Sherwood. Già Paolo Bertinetti, nel terminare non molti anni fa la prefazione all’edizione Einaudi, sottolineava: “In un certo senso, quindi, dimenticare il testo e tornare al vero testo di Williams, al suo significato e ai suoi personaggi tratteggiati da lui sarà per il lettore un’operazione di riscrittura dell’immaginario.”

Rendo grazie quindi a Leonardo Lidi, alla sua teatrale esattezza, per la lettura veritiera che ha dato alla “Gatta”, nella nuova, cruda, a tratti in completo sembiante di ferocia, traduzione di Monica Capuani, penultima produzione (con lo Stabile del Veneto) nella stagione del Teatro Stabile di Torino, regista non sempre nelle mie corde, continuo a credere troppo libero in altre occasioni, troppo ad personam, troppo disponibile a “usare i testi classici come canovacci”, forse di uno sguardo troppo avveniristico, forse troppo colpevole allo sguardo di chi scrive queste note di entrare dentro un testo per (il piacere di) prevaricarlo, di sradicarlo da quell’humus in cui da sempre siamo stati abituati a leggerlo e vederlo, a immaginarlo. È stato così nelle passate stagioni, in gran parte, per l’humus cecoviano, attraverso la sua intera trilogia, forzato, fuorviato, sghembo in certe soluzioni. In un presente che ha fin troppo sottolineato. Un filo rosso con l’autore del “Giardino” che Lidi continua – giustamente – a scorgere e reclamare, la descrizione della famiglia tradizionale, con i suoi rapporti consunti, con Maggie che guarda ai figli della cognata – lei sì con l’approvazione del patriarca grazie ai suoi cinque marmocchi caciarosi che ha sfornato e un sesto in arrivo, mentre Maggie non ha ancora figliato – per definirli “mostriciattoli senza collo”, per il vecchio che festeggia i suoi sessantacinque anni continuando a ripetere alla moglie “io non ti amo” e Mamma a ripetere “non è vero, lui mi ama”, con l’ipocrisia qui a circolare in piena libertà, tutti a salvaguardare i tanti sguardi esterni, come pure il possesso della terra, vero orgoglio del vecchio proprietario terriero del Mississippi, quei ventotto acri qui della terra “più fertile da questa parte del Nilo”, e il figlio maggiore con la moglie a volersene impadronire, con quelle scartoffie da firmare immediatamente, quando Papà viene a conoscenza che quello che lui chiama spasmo al colon è un cancro bell’e buono e che a lui non rimane più molto da vivere.

E poi il rapporto, ipocrita, tra Maggie e Brick, quello che spingerà lei a inventare la fasullaggine di un erede per rientrare in uno stretto sistema casa/famiglia, con l’inevitabile equazione madre eguale donna. Si chiude con un secco “da morir dal ridere” da parte di Brick lo spettacolo di Lidi, Brick che nei 100’ s’è caparbiamente – e Fausto Cabra rafforza e pone in lodevole crescita, di attimo in attimo, la sua presenza, rabbia e infelicità di grande spessore, la costruisce prepotentemente, interagendo, nella lunga, legatissima, straziante scena di confronto con una figura paterna sempre negata, con Nicola Pannelli: e ai due attori va indirizzato l’applauso più convinto della serata, nell’autentica verità che imprimono ai propri personaggi – rifugiato nel ricordo di Skipper, compagno di università e di sport, vittima di (autentiche) maldicenze dietro la facciata di una amicizia “pura”, una scommessa a cancellarle finendo a letto con Maggie, a dimostrazione di una virilità che non c’è e non ci sarà mai e che lo porterà al suicidio. Un atto che ha allontanato Brick dalla “gatta”, che gli ha fatto rifiutare ogni rapporto sessuale, che ha svelato appieno il suo lato omoerotico e lo ha portato a bere oltre ogni misura. Ci sono due belle invenzioni di Lidi nella sua trascinante messinscena, nel biancore della scena marmorea inventata con le belle luci da Nicolas Bovey – una tomba dell’amore e della famiglia o un monumento a una passione o una macelleria entro cui scannarsi? -, le bottiglie di liquore che invadono il palcoscenico, parola dopo parola, non detto dopo non detto, spiegazione dopo spiegazione; e la presenza costante di Skipper (Riccardo Micheletti), che nel testo di Williams non compare al contrario mai, qui fantasma e servo di scena a muovere un affatto marginale gioco di specchi, a sfiorarsi e a guardarsi per un solo attimo con Brick ad ogni passaggio, presenza ingombrante ma duratura e inestricabile. È la tematica, la giusta motivazione attorno a cui ruota l’intera vicenda, che Brooks aveva nascosto e che Lidi intelligentemente qui ricompone.

Valentina Picello come Maggie tenta di rimanere ben salda nella sua passione e dentro un meccanismo di potere che la vuole allontanare, Giuliana Vigogna e Giordano Agrusta è la coppia di rapaci da cui guardarsi, Orietta Notari ancora una volta è attrice di rango, che sempre lascia il suo personale segno, agguerrita, incisiva, una Mamma fatta di piccoli quanto assai precisi momenti. Grande successo, repliche al Carignano sino a domenica 11 maggio.

Elio Rabbione

Le immagini di “La gatta sul tetto che scotta” di Tennessee Williams, regia di Leonardo Lidi, sono di Luigi Di Palma.

Tutti conoscono tutti: un giallo torinese dove nessuno è davvero innocente

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TORINO TRA LE RIGHE
Per Torino tra le righe oggi vi porto tra le atmosfere sospese e ambigue di un giallo tutto torinese: Tutti conoscono tutti, il nuovo romanzo di Francesca Mautino, edito da Longanesi nel 2025.
L’autrice, nata a Ivrea e laureata in Storia del Cinema, ha lavorato per la televisione prima di approdare alla narrativa con Qualcuno che conoscevo (2024). Ora torna a far parlare di sé e della sua città con una nuova protagonista: Valentina Bronti, podcaster investigativa e mamma alle prese con la sua caotica quotidianità.
Torino, in questa storia, è più di uno sfondo: è un personaggio vivo, contraddittorio, pieno di magia e segreti. In una città dove davvero “tutti conoscono tutti”, Valentina si muove tra l’incertezza lavorativa e relazionale, con l’unica certezza delle telefonate dalla scuola per qualche nuovo guaio delle sue pestifere gemelline. Ma sarà un Capodanno in una villa sulla collina a riaprire una ferita mai del tutto chiusa.
Tra gli invitati, Valentina riconosce una donna elegante che le rivolge frasi sibilline prima di sparire nella notte. È Cristiana Landorni, coinquilina ai tempi dell’università e amica di Mattia, un ragazzo che all’epoca faceva parte della compagnia e che è morto anni prima in circostanze mai del tutto chiarite.
Ma se non fosse stata una fatalità? Se quelle parole fossero un indizio? Inizia così un’indagine personale e arbitraria, che spinge Valentina a rivivere amicizie sbagliate, tradimenti, crudeltà adolescenziali e silenzi pesanti come pietre.
Francesca Mautino ci racconta una Torino che conosce profondamente: la città dei salotti borghesi e delle periferie dimenticate, dei ricordi universitari e delle solitudini metropolitane. Il romanzo è scritto con stile fluido e tagliente, capace di scavare tra le pieghe dell’animo umano con precisione e autenticità.
Per chi ha amato il romanzo d’esordio dell’autrice, questo secondo libro è una conferma del suo talento. Non mancano i rimandi al precedente caso, ma Tutti conoscono tutti si può leggere anche in totale autonomia.
Un cold case che diventa occasione di riscatto, riflessione e rivelazione. Un giallo tutto torinese da leggere e divorare in un battibaleno.
MARZIA ESTINI
Nino the mischievous elf an incredible Christmas adventure of friendship and magic
linktr.ee

Gli “Antifascisti immaginari” di Padellaro

IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni
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Il prof. Quaglieni

Antonio Padellaro ha pubblicato un polemico  libro  dal titolo significativo: “Antifascisti immaginari” (ed.Paperfirst) che ha  subito suscitato l’aspra critica di Gad  Lerner da poco uscito da  “Il fatto quotidiano” di Travaglio autore della prefazione.

Ho letto con una certa  diffidenza il libro,  notando subito quell’aggettivo “immaginari” che ricorda il titolo del celebre libro di Vittoria Ronchey dedicato ai marxisti immaginari di 50 anni  fa, cioè i contestatori violenti e dogmatici dai quali nacque la scintilla del terrorismo rosso.
Non sono libri rapportabili perché quello della Ronchey è inimitabile per la scrittura e l’ironia angosciata con cui affronta il tema della scuola al collasso. Gli “antifascisti immaginari” di Padellaro sono  soprattutto i giornalisti e i commentatori televisivi e della carta stampata (di cui lui stesso fa parte) che esibiscono un antifascismo fatto di slogan, frasi fatte,  parole d’ordine che altri urlano nei cortei e nelle piazze dopo aver cantato a squarciagola “Bella ciao”.
Padellaro rivela onestà, ricordando l’eroico (e dimenticato) antifascismo del Colonnello Giuseppe Cordero di Montezemolo vittima delle Fosse Ardeatine,  capo della Resistenza romana, che fu contrario al terrorismo dei Gap, responsabile dell’attentato di via Rasella da cui scaturì la rappresaglia bestiale delle Fosse Ardeatine.
Padellaro, scrivendo questo libro, si inimichera’ sicuramente l’Anpi e tutto l’associazionismo che fa della militanza antifascista ad 80 dalla Liberazione la sua unica ragion d’essere. Le pagine di Padellaro meritano di essere lette e sono anche  un sicuro  antidoto al velenoso ideologismo  di Canfora e di  Scurati. Fa piacere ad uno come me (che certe cose le scrive  da decine d’anni, trovando spesso indifferenza e ostilità) vedere che molte delle sue riflessioni siano state sdoganate da Padellaro che solo in parte riesce a separare l’attualità politica dalla riflessione storica perché è un giornalista militante.
Infatti il vero punto su cui concentrare l’attenzione è la storicizzazione del fascismo che maestri come Renzo De Felice e Gian Enrico Rusconi hanno avvviato con scarso seguito.
Bastano questi due nomi per ridimensionare  Padellaro che resta infatti un giornalista. Mi domando se anche a lui verrà appioppata l’accusa di revisionismo che è stata affibbiata a tanti come fosse un’eresia meritevole di scomunica. Lerner ha già dato qualche segnale di intolleranza che avrà sicuramente dei seguaci.
Nell’elenco degli “antifascisti immaginari” aggiungerei anche i piccoli storici torinesi che rinvigoriscono le vulgate pseudo-storiche del passato.
Solo Oliva è riuscito a scrivere con il distacco dello
storico vero, partendo dal tema negato delle foibe, per giungere ad essere il vero erede di De Felice e soprattutto di Pavone. Anche lui subì in passato attacchi feroci da parte di una certa accademia settaria  e non è in televisione così di frequente come lo è  Barbero che, invece di limitarsi al Medio Evo, fa continue scorribande nella contemporaneità, prediligendo l’antifascismo.

Lo Stabat Mater di Liv Ferracchiati in scena al teatro Gobetti

Dopo aver ricevuto il Premio Hystrio Nuove Scritture in Scena nel 2017 e aver conquistato le platee italiane, Stabat Mater torna sul palcoscenico  martedì 6 maggio prossimo alle ore 19.30 al teatro Gobetti di Torino, rappresentato fino all’11 maggio,  per la regia di Liv Ferracchiati, che ne è  anche interprete insieme  a Francesca Gatto, Chiara Leoncini e Livia Rossi.

Stabat Mater torna sul palco con un  nuovo cast e un allestimento completamente rinnovato per far rivivere un progetto che tratta tematiche politicamente  e socialmente centrali come l’autodeterminazione e la libertà di espressione identitaria.

La storia che viene narrata è  quella di uno scrittore, Andrea, incapace di prendere in mano la propria vita dal punto di vista personale e professionale. È un giovane alle prese con il diventare adulto  e con il trovare una propria collocazione nel mondo, collocazione che viene cercata nella relazione con l’altro e nell’emancipazione dalla madre, figura fagocitante e per lui simbiontica.

Il lavoro è un  invito a pensare noi stessi come “autori della nostra forma”, concependo i tasselli identitari che ci compongono non come una gabbia, ma come strumenti per comunicare con il prossimo.

La giuria del Premio Hystrio aveva motivato il premio medesimo assegnato a Stabat Mater spiegando che si trattava di “un raro esempio di riuscita commedia italiana dal sapore anglosassone”, percorso da dialoghi incalzanti e da una sottile ironia.

6-11 maggio 2025

Teatro Gobetti, Via Rossini 8, Torino

Mara Martellotta

La pieve di San Pietro a Pianezza. Uno dei tesori oltre la cintura di Torino

 

Eretta sulla sponda del Dora Riparia nel XII secolo in stile romanico lombardo, con il tetto a capanna, e dedicata a San Pietro, la pieve di Pianezza, a pochi chilometri da Torino, offre uno spettacolo unico e, probabilmente, inaspettato grazie ai suoi affreschi, un ciclo dipinto, quasi interamente, da Giacomo Jaquerio e altri artisti della sua scuola. Il pittore fu il rappresentante della pittura tardo-gotica in Piemonte e le sue opere, grazie al duca Amedeo VIII, arrivarono fino a Ginevra.

Sconsacrata oramai da molto, un tempo fu luogo di preghiera di pellegrini e viandanti, e venne costruita, con molta probabilita’, al posto di un tempio pagano; in origine era costituita da una sola navata, ma in epoca gotica (tra il 300 e il 400) ne furono aggiunte altra due piu’ piccole. La facciata, in un primo tempo poco curata, fu riqualificata a fine ‘300 con mattoni rossi romanici e materiali di recupero mentre l’entrata fu collocata nella parte laterale da dove si accede anche al presbiterio. Durante l’ultima fase dei lavori sono stati dipinti il Cristo in Croce, una santa non identificata sul pilastro di entrata ed un’altra vicina all’immagine di Santa Margherita. Molto belle anche le vetrate colorate, copie create nell’800, i cui originali di Antoine de Lonhy sono conservati al Museo Civico Torinese di Palazzo Madama.

I Provana, una tra le cinque famiglie feudali piu’ importanti del Piemonte, volle fortemente le decorazioni della Pieve di San Pietro, tra queste, oltre a quelle gia’ citate, abbiamo la raffigurazione degli Apostoli, l’Annunciazione e il dipinto dedicato a Santa Caterina; nella cappella che porta il loro nome, invece, troviamo il dipinto sulla vita di San Giovanni in cui si riconoscono anche i simboli della famiglia: il liocorno e i tralci di vite.

La Pieve di San Pietro si aggiunge alle moltissime opere in stile romanico del Piemonte (chiese, castelli, abbazie) che venivano edificate perlopiu’ sulle strade devozionali, come la via Francigena che portava i pellegrini dall’Inghilterra fino a Roma.

Normalmente non e’ aperta al pubblico, ma si può visitare contattando gli uffici comunali o i gruppi di volontari dedicati. In questa chiesa, inoltre, e’ possibile celebrare matrimoni civili assecondando cosi’ la volonta’ di valorizzare ancora di piu’ il patrimonio architettonico della citta’.

MARIA LA BARBERA

Apertura su richiesta; prenotazioni presso l’ufficio URP 011/9670211 oppure
presso UNECON: 3333903669 – 3394620103 – 3356171376
unecon2019@gmail.com

Il patrimonio svelato. Dietro le quinte della cura e del restauro 

Palazzina di Caccia di Stupinigi

5 maggio – 17 novembre 2025

I lunedì della scoperta: un ciclo di conferenze e visite esclusive ai luoghi della storia

“Il patrimonio svelato” è il nuovo e inedito ciclo di conferenze sulla conservazione del patrimonio della FOM – Fondazione Ordine Mauriziano, che offre al pubblico l’opportunità di scoprire il meticoloso lavoro di tutela e restauro che si cela dietro le quinte di musei e luoghi della cultura. Accompagnati da esperti, storici dell’arte, restauratori e scienziati della conservazione, si scoprirà il complesso processo che permette alle collezioni di rimanere accessibili e in perfetto stato di conservazione. I sei incontri sono in programma nella Sala Camini della Palazzina di Caccia di Stupinigi (uno alla Precettoria di Sant’Antonio di Ranverso), il lunedì, durante il giorno di chiusura, per permettere una visita esclusiva ai luoghi e agli ambienti oggetto dell’approfondimento e conoscere gli aspetti tecnici, materici e tutte le curiosità sulle attività di salvaguardia del patrimonio storico e artistico.

Gli incontri sono organizzati da FOM – Fondazione Ordine Mauriziano in collaborazione con CCR – Centro Conservazione e Restauro La Venaria Reale.

Lunedì 5 maggio, ore 16

Sala Camini, Palazzina di Caccia di Stupinigi

Il cambiamento climatico e la conservazione dei beni culturali

Il primo appuntamento è un viaggio alla scoperta delle attività silenziose e costanti che fanno parte dei programmi di conservazione della Palazzina di Caccia di Stupinigi. Dalla lotta agli effetti del cambiamento climatico che hanno ripercussioni su arredi e ambienti, alla conoscenza di pratiche come il monitoraggio della presenza di colonie di coccinelle, della qualità dell’aria e delle polveri che forniscono interessanti dati sull’ambiente, sull’inquinamento e sulla necessità di mettere in atto azioni di protezione sui beni culturali.

A seguire, visita nella Palazzina alla scoperta della conservazione programmata e dell’Integrated Pest Management.

Lunedì 26 maggio, ore 16

Sala Camini, Palazzina di Caccia di Stupinigi

L’ascensore della Regina Margherita

Grazie a un restauro sostenuto dalla Fondazione CRT nell’ambito del Bando “Cantieri Diffusi”, la FOM presenta un inaspettato oggetto che riporta il visitatore all’inizio del 1900, periodo in cui la residenza era abitata dalla Regina Margherita e dalla sua Corte. L’ascensore ligneo della Regina Margherita collegava un piccolo ambiente dietro la Sala degli Scudieri con gli appartamenti del primo piano, dove la corte si riuniva per conversazioni e per la vita di tutti i giorni. Gli esperti del CCR La Venaria Reale sveleranno curiosità e funzionamento di questo oggetto, dismesso dall’utilizzo dopo la Seconda guerra mondiale.

A seguire, visita nella Palazzina e presentazione dell’ascensore restaurato con storico dell’arte e restauratore e rievocazione storica del gruppo Le vie del Tempo per rivivere la Palazzina ai tempi della Regina Margherita.

Lunedì 9 giugno, ore 16

Sala Camini, Palazzina di Caccia di Stupinigi

Il restauro dell’aula della Basilica Mauriziana a Torino

Dopo lunghi anni di chiusura, dovuti a problematiche di sicurezza, riaprirà al pubblico la Basilica Mauriziana di via Milano a Torino. Situata in uno dei punti più iconici della città, al vertice del cosiddetto “isolato Mauriziano”, dove aveva sede l’antico ospedale e la Galleria dei Cavalieri, la Basilica Magistrale Mauriziana dona il nome alla via dove è situata, circostanza che testimonia l’alto valore che l’edificio ha rappresentato nel tessuto storico della Torino sabauda. I recenti restauri, oltre a garantire la messa in sicurezza degli intonaci pericolanti, hanno permesso di riscoprire il magnifico dipinto di Paolo Emilio Morgari, il Trionfo della Croce, vero capolavoro dell’800 piemontese. Una riscoperta che affascina, apre a nuove ricerche e ridona alla chiesa una piena fruibilità.

Venerdì 3 ottobre, ore 16

Chiesa di Sant’Antonio di Ranverso

Conservazione e valorizzazione della Precettoria di Sant’Antonio di Ranverso

A seguito di importanti finanziamenti e di un progetto che porterà a una nuova di riqualificazione del sito della Precettoria di Sant’Antonio di Ranverso, funzionari, progettisti e restauratori incontrano il pubblico per raccontare un lavoro di ricerca e scoperta su uno dei beni storici più interessanti della Val di Susa. Il capolavoro del gotico internazionale sarà illustrato attraverso il racconto della sua storia e dei suoi cambiamenti nei secoli. I preziosi dipinti murali di Giacomo Jaquerio saranno letti da restauratori, storici e scienziati attraverso l’inedito punto di vista della materia di cui sono composti.

Lunedì 20 ottobre, ore 16

Sala Camini, Palazzina di Caccia di Stupinigi

Gli interventi di restauro nell’appartamento di Re Carlo Felice alla Palazzina di Caccia di Stupinigi

I vividi colori e le raffinate decorazioni della seconda metà del Settecento caratterizzano lo spettacolare appartamento reale denominato “del Re Carlo Felice”, nell’ala di Ponente della Palazzina di Caccia di Stupinigi. Dalle boiserie alle tele, alle volte finemente ornate da disegni dalle tematiche della natura, l’appartamento racconta il gusto e le scelte di arredo dei reali. Attraverso le sontuose anticamere si giunge alle camere da letto, ai gabinetti e all’atrio centrale che, sin dalla porta della prima anticamera, annuncia una continuità ricercata tra interni ed esterni, rafforzata dalle grandi superfici vetrate dei serramenti che sono uno straordinario segno di riconoscimento dell’architettura della palazzina. Si devono a Giovanni Battista Alberoni e Giovanni Franco Cassini gli affreschi della volta della Prima Anticamera, risalenti al 1754. Dello stesso anno sono i lambriggi (zoccolo) e le imposte delle finestre a finti stucchi e nature morte di Francesco Antoniani, autore anche delle tele raffiguranti Marine e Boscherecce che provengono dalla regia Manifattura di arazzi di Torino e che servirono da cartoni preparatori. La Seconda Anticamera conserva invece il prezioso nucleo di tele raffiguranti “Boscherecce” della pittrice torinese Angela Palanca, databili tra il 1740 e 1750, che servirono ugualmente a cartoni per gli arazzi della Regia Manifattura, le sovrapporte del pittore di corte Pietro Domenico Olivero. L’appartamento, interamente restaurato e riallestito, aprirà al pubblico dopo una minuziosa opera che ha coinvolto le parti lignee, i dipinti, i tessuti e il mobilio.

A seguire visita nella Palazzina alla scoperta dei restauri dell’appartamento accompagnati dalle restauratrici Tiziana Carbonati e Barbara Rinetti.

Lunedì 17 novembre, ore 16

Sala Camini, Palazzina di Caccia di Stupinigi

Restauro e conservazione degli arredi storici: l’allestimento dell’appartamento di Re Carlo Felice

Sin dal 1926, la Palazzina di Caccia di Stupinigi è museo dell’ammobiliamento. Quasi cento anni di storia del museo hanno portato alla conoscenza del grande pubblico l’opera dei più grandi ebanisti e mobilieri del Settecento, che hanno realizzato pezzi di grandissimo valore storico artistico e che hanno rappresentato un punto di riferimento non solo in Italia, ma nell’intera Europa dell’epoca. Il riallestimento dell’appartamento del Re Carlo Felice, nell’ala di Ponente della Palazzina di Caccia di Stupinigi, ha interessato decine di arredi di grande valore storico artistico, alcuni dei quali sono da considerarsi dei veri capolavori e sui quali sono stati condotti approfonditi studi e operazioni di diagnostica e restauro che condurranno il visitatore a conoscere materiali e tecniche degli ebanisti, anche oltre le superfici del visibile.

A seguire visita nella Palazzina alla scoperta degli arredi insieme ai restauratori.

INFO

Palazzina di Caccia di Stupinigi

Piazza Principe Amedeo 7, Stupinigi – Nichelino

Ingresso libero, prenotazione obbligatoria

www.ordinemauriziano.it

Giorni e orari di apertura Palazzina di Caccia di Stupinigi: da martedì a venerdì 10-17,30 (ultimo ingresso ore 17); sabato, domenica e festivi 10-18,30 (ultimo ingresso ore 18).

Rock Jazz e dintorni a Torino: Piero Pelù e Trilok Gurtu

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GLI APPUNTAMENTI MUSICALI DELLA SETTIMANA 

Lunedì. Al teatro Colosseo si esibisce Samuele Bersani. Al teatro Concordia è di scena Olly.

Martedì. Alle OGR suona il quartetto di Lauren Henderson.

Mercoledì. All’ Osteria Rabezzana si esibisce Billi Spuma ei Gassati. Al Capodoglio suonano i Korishianti.

 Al Folk Club è di scena il batterista e percussionista Trilok Gurtu con il violinista Carlo Cantini.

Giovedì. Al Blah Blah suonano i The Blue Lies are a stoner + Gli Strangolatori del Gange. All’Hiroshima Mon Amour arriva Piero Pelù. Al teatro Q77 suona la JCT Big Band con ospite Emanuela Florio.

Venerdì. Al Blah Blah sono di scena i Genus Ordinis Dei preceduti dai No More Extasy. All’Off Topic si esibisce Alessandro Ragazzo. Al Folk Club suonano i Las Lloronas. Alla Divina Commedia sono di scena gli Yourmother. Alla Piazza dei Mestieri suona Giorgio Diaferia Ensemble. All’Hiroshima si esibiscono i Parbleu. Al Peocio di Trofarello suonano i Dicks Fall. Al Vinile è di scena Charlie & Dodo.

Sabato. Al teatro Colosseo si esibisce Fiorella Mannoia. Al Blah Blah si esibiscono i One Day in Fukushima +God Does. Al Peocio di Trofarello suonano i Corky Laing’s Mountain. Alla Divina Commedia sono di scena i Dogma. Al Magazzino sul Po si esibisce Fonzie 6 La Massa Critica.

Domenica. Al teatro Colosseo arriva Rita Pavone. Alla Divina Commedia suonano i The Fabulous Contromano. Al Blah Blah è di scena Elias  Ronnenfelt cantante degli Iceage.

Pier Luigi Fuggetta