Cosa succede in città- Pagina 5

Salesiani in festa per Maria Ausiliatrice il 24 maggio

Famiglia salesiana in festa, a Valdocco e al Colle don Bosco, per la solennità di Maria Ausiliatrice sabato 24 maggio. È una festività molto importante per la Famiglia salesiana che considera Maria Ausiliatrice sua protettrice e madre. Viene celebrata in particolare a Valdocco, presso la Basilica di Maria Ausiliatrice, e nelle terre dove nacque Don Bosco, sulle colline di Castelnuovo d’Asti. La Basilica torinese è il cuore delle celebrazioni con numerose Messe e la tradizionale processione con la statua della Madonna alle ore 20,30 che si snoda come ogni anno per le vie attorno al Santuario. Da piazza Maria Ausiliatrice si prenderà il controviale di corso Regina Margherita, corso Principe Oddone, strada del Fortino, via Cigna e ritorno su corso Regina e piazza Maria Ausiliatrice. Nella Basilica torinese, dove sono sepolti Don Bosco e altre figure sante salesiane, si trova il maestoso quadro che rappresenta la Madonna Ausiliatrice che con lo scettro del comando e con il Bambino in braccio è circondata dagli Apostoli ed Evangelisti ed è sospesa su una nuvola. Sabato 24 maggio alle ore 11 il cardinale Roberto Repole, arcivescovo di Torino e vescovo di Susa, presiederà la Messa. Alle 15 si terrà la benedizione dei ragazzi con Don Hector Gabriel Romero a cui seguiranno altre funzioni religiose alle 17 e alle 18,30. Alle 20,30 la processione. Diretta Tv su Rete 7 (canale 13 del digitale terrestre) e su TelePace. La diretta web sarà su Facebook (pagina “Il cortile del Valdocco”).      fr

MITO SettembreMusica presenta le sue “Rivoluzioni”

“Rivoluzioni” è il tema di MITO SettembreMusica 2025 indicato dal direttore artistico Giorgio Battistelli per la diciannovesima edizione del festival che, dal 3 al 18 settembre prossimi, torna a unire Milano e Torino in un’unica grande proposta culturale, tra concerti sinfonici, musica da camera, spettacoli per bambini, proposte multidisciplinari. A sottolineare l’importanza contemporanea dell’atto rivoluzionario culturale, vi è l’immagine di rappresentanza del Festival, che raffigura studenti del Conservatorio nell’atto di procedere armoniosamente, quindi non in contrasto, ma uniti, verso il futuro. MITO si articolerà in 67 appuntamenti per un programma che attraversa epoche e generi, classici e prime assolute, sollecitando il pubblico alla costruzione di un proprio percorso originale attraverso le quattro declinazioni del tema – “Mitja e gli altri”, “Berio e le avanguardie”, “Rivoluzioni – tempi di guerra, tempi di pace”, “Ascoltare con gli occhi” – perimetri tematici dai contorni spesso labili o sovrapponibili.

“Il tema 2025 “Rivoluzioni” – spiega il direttore artistico Giorgio Battistelli – sarà declinato in una molteplicità di sensi: estetico, spirituale e scientifico. È una definizione che allude anche a un mutamento radicale di un ordine stabilito, che vuole essere rottura di abitudini di ascolto consolidate verso nuove prospettive. La programmazione si orienterà verso la promozione e la valorizzazione delle migliori espressioni della cultura internazionale prodotta e promossa dai due poli del festival, che dialogheranno anche con realtà oltre confine, come Lione nel caso di Torino e Lucerna nel caso di Milano, per costruire relazioni progettuali in una prospettiva di integrazione europea. La volontà che guida questa scelta è quella di riprodurre la complessità del presente, esponendo il pubblico a stimoli, provocazioni, riflessioni, idee, in una progettualità che va oltre l’intrattenimento colto e si pone come strumento di pensiero. Un festival quindi che ha come ambizione l’essere più coerente con la complessità del tempo presente. La nascita di un Festival è un atto politico e poi culturale. Questo avvicina due città molto diverse tra loro, come Torino e Milano, e che trasforma MITO in qualcosa di unico”.

“Il Festival negli anni si è creato un’identità precisa, grazie anche a una politica che ha saputo ascoltare le necessità culturali che devono, per forza di cose, per essere credibili, incunearsi nel tessuto sociale in cui si esprimono – ha continuato Giorgio Battistelli – Oggi dobbiamo inventare una nuova modalità per entrare in relazione con le dinamiche internazionali. MITO vuole rigenerare, sollecitare un’azione culturale di prossimità sul territorio, interpretandone la realtà. Tutto cambia e si trasforma, come il modo di ascoltare e suonare la musica. Cambia il modo di fare cultura e, per questo mio ultimo anno da direttore artistico di MITO SettembreMusica ho voluto creare una proposta capace di creare molteplici sollecitazioni, in un’epoca in cui i festival rischiano un’omologazione debole e pigra. MITO è un festival di resistenza che necessita di stimolare una rivoluzione, non sottostando alla staticità e all’ozio catatonico. Bisogna investire sulla nostra creatività e le istituzioni che collaborano alla riuscita dei progetti culturali devono essere propositive. Tra i quattro temi della nuova edizione di MITO vi è un omaggio (che riguarda il primo tema) a Šostakovič, compositore della scuola rissa che ancora oggi influenza la creatività dei giovani musicisti.

“Dal 3 al 18 settembre, la nuova edizione di MITO SettembreMusica unirà ancora una volta Torino e Milano in un progetto culturale comune, valorizzando il loro patrimonio musicale e rafforzando il legame con la scena internazionale – affermano il Sindaco di Milano Giuseppe Sala, Presidente onorario del Festival insieme al Sindaco di Torino Stefano Lo Russo, e in sua rappresentanza l’Assessore alla Cultura Rosanna Purchia – anno dopo anno il festival continua a essere un incontro tra culture, epoche e linguaggi, rafforzando il legame tra le nostre due città, e diffondendo cultura attraverso il linguaggio della musica”.

“Questa edizione – aggiungono Rosanna Purchia e Tommaso Sacchi, Assessore alla Cultura di Milano – confermano ancora una volta la capacità del Festival di innovarsi, sorprendere, offrire al pubblico un luogo in cui l’ascolto diventa esperienza collettiva, suscitando emozione e partecipazione. Un ringraziamento va alla Fondazione per la Cultura a Torino e ai Pomeriggi Musicali di Milano, oltre alla Fondazione Compagnia di Sanpaolo, che segue e sostiene il progetto fin dal suo esordio”.

“È un bene fare rete tra Torino e Milano perché MITO ha un respiro internazionale – ha dichiarato Giuseppe Sala – a Torino d’altronde l’inaugurazione avverrà mercoledì 3 settembre con la Filarmonica della Scala presso l’Auditorium Giovanni Agnelli del Lingotto, diretta da Myung – Whun Chung, nuovo direttore del Teatro alla Scala di Milano. Il programma colloca l’appuntamento della prima area ‘Mitja e gli altri’, per ricordare i 50 anni dalla mostre di Sostakovic, del quale si eseguirà in apertura l’Ouverture festiva op.96, seguita dal ‘Secondo concerto per pianoforte’ di Rachmaninov, con il pianista Mao Fujita, e la ‘Patetica’ di Čaikovskij”.

Giovedi 4 settembre, alla Scala, Sir Antonio Pappano dirigerà la London Symphony Orchestra nel secondo concerto di Prokof’ev, con la star sudcoreana Seong – Jin Cho. Entrambe le serate di apertura si realizzano grazie al presenting partner Intesa Sanpaolo, che collabora anche per i tradizionali concerti al Santuario di San Giuseppe a Milano, dove giovedi 11 settembre il celebre fisarmonicista Samuele Telari eseguirà le “Variazioni Goldberg” di Bach. All’auditorium del grattacielo Sanpaolo, lunedi 15 settembre, Elliot Quartet sarà impegnato nell’integrale dei Quartetti di Sostakovic. La London Symphony Orchestra, con il suo direttore principale, sarà poi anche a Torino all’auditorium Agnelli venerdi 5 settembre nell’esecuzione della Sinfonia n.9 di Sostakovic, il Secondo Concerto di Chopin con Seong – Jin Cho, già vincitore del concorso Chopien. Il poema sinfonico Juventus di Victor De Sabata e l’Ouverture della Semiramide di Rossini. L’omaggio a Sostakovic segna anche l’ultimo concerto a Torino, previsto per mercoledì 17 settembre, con la Sinfonia n.13 affidata ai complessi del Teatro Regio, diretti da Enrico Calesso, presso l’auditorium Agnelli del Lingotto.

Un posto speciale lo occupa la Sinfonia n.10, composta subito dopo la morte di Stalin, che sarà eseguita mercoledì 10 settembre a Milano, al teatro dal Verme, dalla Luzerner Sinfonie Orchester, guidata da Michael Sanderling, con la proiezione del film “Oh to belle e in another world” dell’artista sudafricano William Kentridge. Verranno anche proposte diverse composizioni da camera di Sostakovic, considerate come “spazio privato” attraverso il quale la sua vena creativa si espresse senza i pesanti condizionamenti imposti dai rigidi canoni nell’estetica del regime sovietico. I 4 giovani musicisti dell’Elliot Quartet di Francoforte saranno così presenti tra le due città nell’integrale dei suoi 15 Quartetti per archi, il 6-7-13-14-15 settembre.

A Luciano Berio, nel centenario della nascita, è dedicato il secondo perimetro del Festival, intitolato “Berio e le avanguardie”. Classificato come d’avanguardia per la sua epoca, il compositore ligure coltivò il suo rapporto con la musica del passato, che usava come punto di partenza per le sue composizioni. È il caso delle sue “Sequenze”, con le quali esplorava le possibilità tecniche ed espressive di molti strumenti, anche attraverso riferimenti stilistici reinventati grazie alla sua lente contemporanea. A Milano lunedì 15 settembre, a Torino martedì 16, si potranno ascolta la Ottava per violino e la Quarta per pianoforte con i vincitori del premio Mormone. A Milano ci saranno due proposte legate a Berio con altre pagine di Bach: il pianista Davide Cabassi, nella sala della Balla del museo degli strumenti musicali del Castello Sforzesco di Milano, eseguirà la Petite Suite e Wasserklavier, con alcuni preludi e fughe dal “Clavicembalo ben temperato”.

TTero perimetro tematico, quanto mai attuale e in intersezione con il primo, si intitola “Rivoluzioni – tempi di guerra, tempi di pace”. MITO torna a ospitare una serie di concerti di musica sacra che, negli anni, hanno più volte caratterizzato le edizioni, e che intendono restituire un equilibrio, un’armonia dell’uomo con il cosmo. Armonia è la parola chiave della grande Sinfonia n.1 Concordia, del compositore canadese Samy Moussa, cui è dedicato un programma milanese e uno a Torino, presso l’auditorium Rai, con l’OSN Rai, diretta da Tito Ceccherini. Tra le altre pagine vi sono l’Oratorio Judita di Vivaldi (6 settembre) con Orchestra e Coro dell’Accademia del Santo Spirito, testo nato per celebrare il trionfo della virtù sulle forze del male, e “The Armed Man-A Mass for Peace” di Carl Jenkins, presso il Conservatorio di Torino mercoledi 10 settembre, con l’Orchestra del Teatro Regio , e i Cori Valdese e dell’Istituto musicale Corelli di Pinerolo. Si tratta di un’opera scritta nel 1999 come messa laica in onore di tutte le vittime della guerra del Kosovo, con testi di diverse culture e periodi storici come il Medievale l’Homme Armée, il Corano, testi sacri cristiani e poesie di autori come Rudyard Kipling e Tennison. Venerdì 12 settembre a Torino, presso l’Auditorium Rai, sarà affidata all’OSN Rai, diretta da Thomas Dausgaard, l’esecuzione della Sinfonia n.4 di Carl Nielsen, composta tra il 1914 e il 1916 tra i boati della prima guerra mondiale.

Quarto e ultimo perimetro e quello intitolato “Ascoltare con gli occhi”, che racchiude le proposte multidisciplinari, la musica che si vede e non si ascolta solo da seduti, la musica che abita spazi insoliti o che invadono il terreno della performance. Una musica fatta di suoni che si intrecciano con immagini e pensieri, dando vita a un’esperienza multisensoriale che supera i confini del concerto classico. Paradigma della musica a programma da sentire immaginando scenari è la Sinfonia Fantastica di Berlioz, in programma giovedì 4 settembre all’Auditorium del Lingotto di Torino, con l’Orchestra del Regio, diretta da Giulio Cilona. Si muove tra le sale del Museo d’Arte Contemporanea Castello di Rivoli  domenica 7 settembre, il concerto del flautista Alberto Navarra, in collaborazione con la De Sono Associazione per la Musica. A Le Roi Music Hall di Torino, lunedì 15 settembre, è in programma il concerto “Piano 2.0” eseguito da Francesco Tristano, virtuoso a proprio agio con le più prestigiose sale del mondo, e quindi anche in un club come lo spazio torinese Le Roi Music Hall, dove rompe ogni barriera temporale presentando alcune sue composizioni accanto a pagine di Matteo Franceschini, Domenico Scarlatti e Luciano Berio per una nuova intersezione tra “perimetri” in nome della musica. La musica serve anche per riflettere con “Nomadic. Canto per la biodiversità” di e con Telmo Pievani, che esplorerà il tema delle migrazioni umane e animali come catalizzatore di diversità ed evoluzione della specie, attraverso la fusione di scienze e arti visive con la musica di Gianni Maroccolo, sabato 6 settembre alla Casa Teatro Ragazzi e Giovani.

È previsto anche uno spazio dedicato ai giovani esecutori e ai giovanissimi spettatori. A Torino si darà spazio al progetto “Conservatori in Piemonte”, nato nel 2021 con l’obiettivo di traghettare talenti emergenti dalla scuola al pubblico, che saranno protagonisti dei concerti di venerdì 5 e giovedì 11 settembre.

Info: biglietteria online vivaticket.it – concerti a Torino /Urban Lab -piazza Palazzo di Città 8/F

Da sabato 31 maggio inizio delle vendite per i singoli concerti. Dal 21 al 30 maggio conferme e nuove sottoscrizioni carnet, da sabato 7 giugno inizio vendita pass.

Biglietteria aperta da martedì a sabato dalle 10.30 alle 18 – da martedì 2 a mercoledì 17 settembre aperta tutti i giorni

Mara Martellotta

Anche i quadri raccontano storie: Andrea Prestifilippo e i volti dell’anima

TORINO TRA LE RIGHE
Anche i quadri raccontano una storia. Ed è proprio questo il filo conduttore che mi porta oggi, in questa puntata di Torino tra le righe, a parlarvi di un artista nostrano: Andrea Prestifilippo.
Classe 1983, nato a Torino, Andrea scopre fin da bambino l’amore per il disegno, ispirato dai lavori pittorici delle zie e dai bozzetti della madre. Una passione che cresce con lui e lo guida prima al liceo artistico “R. Cottini”, dove inizia a costruire le fondamenta della sua espressione artistica, e poi all’Accademia di Belle Arti, dove approfondisce le tecniche. Se inizialmente si avvicina alla scultura, è nella pittura che trova il suo linguaggio più autentico.
Dopo qualche anno di pausa, nel 2015 torna a dipingere con costanza e inizia a esporre le sue opere in locali torinesi, partecipando a manifestazioni come Paratissima e a esposizioni internazionali, tra cui due gallerie londinesi. Nel 2019 decide di cambiare aria – e luce – trasferendosi a Málaga, dove attualmente vive e lavora.
Prestifilippo dipinge volti. E nei suoi ritratti esplosivi, dominati da colori vivi, pennellate energiche e linee dirompenti, ci sono le icone che lo hanno accompagnato nella crescita: artisti che hanno fatto della propria immagine un manifesto, un’arma, un messaggio. Dalì, Bowie, Jagger, Freddie Mercury… Non semplici ritratti, ma vere e proprie esplorazioni dell’identità e dell’espressione.
Il volto di Salvador Dalì, ad esempio, lo vediamo filtrato da una lente tenuta da una mano infuocata e deformante. Quattro occhi si moltiplicano su un solo viso: è una visione disturbata, surreale, che richiama la capacità – e la necessità – di vedere il mondo da prospettive alternative, deformate, artistiche. In una sola immagine, Andrea ci parla della follia creativa, del genio che sa guardare dove gli altri non osano.
Nel ritratto di Mick Jagger, invece, il volto esasperato e quasi grottesco è circondato da una pioggia di lingue rosse, simbolo della band e icona pop. È un’esplosione di vitalità, provocazione e anticonformismo, ma anche una riflessione su come il volto di un artista diventi, nel tempo, un logo, una maschera, un urlo.
E poi c’è Bowie, con il fulmine che gli taglia il viso: un’immagine potente, citazione evidente di Aladdin Sane, ma qui rivisitata con pennellate ancora più libere e colori che colano, come se anche l’identità – fluida, aliena, teatrale – si stesse sciogliendo sulla tela. Gli occhi azzurri ci guardano con intensità: non è solo un ritratto, è un dialogo muto tra chi crea e chi osserva.
Uno sguardo azzurro trafitto dal colore e dal dolore. Kurt Cobain. L’intensità magnetica di Freddie Mercury prende vita tra colate di giallo e magenta. Le emozioni non sono solo rappresentate, ma sembrano sgorgare dalla tela, come se le lacrime, il sudore e la passione dei protagonisti si mescolassero alla pittura stessa. Ogni goccia è un grido, un ricordo, un’eco.
Un momento fondamentale nella carriera di Prestifilippo è stato quello della pandemia. Costretto a casa, si è trovato a fare i conti con sé stesso e con una nuova dimensione della pittura, più intima, riflessiva. È in questo periodo che nascono le mani.
Mani ingrandite, mani tese, mani che cercano o che proteggono. Mani che, all’improvviso, diventano simbolo di paura, di distanza, ma anche di desiderio, di contatto umano, di calore.
Non più volti, non più icone: solo mani. Mani che si cercano, che si sfiorano, che sembrano chiedere contatto ma trovano distanza. Mani che parlano un linguaggio universale, fatto di assenza e di desiderio. In queste opere, l’artista si allontana dalla celebrazione del personaggio per esplorare la fragilità umana, il bisogno ancestrale di vicinanza, la paura del tocco e insieme il suo struggente potere.
Non mani qualsiasi, ma mani vive, espressive, dense di emozioni e significati. Mani che raccontano quello che le parole a volte non riescono a dire. In un momento storico in cui il contatto era negato, Prestifilippo ha trovato un modo potente e autentico per restituirgli voce.
I colori sono forti, vibranti, stratificati: rossi accesi, gialli intensi, blu elettrici e ombre profonde che si mescolano in un caos perfettamente orchestrato. Ogni pennellata sembra un frammento di esperienza, un grido o un abbraccio. Le mani di Andrea parlano una lingua fatta di gesto e materia, di mancanze e presenze.
Quelle opere, inizialmente nate come espressione personale, sono diventate nel tempo una sorta di narrazione collettiva, capaci di toccare chiunque le osservi. C’è chi ci vede la forza di un legame, chi una ferita ancora aperta, chi un invito a non dimenticare.
Andrea Prestifilippo racconta sé stesso e il mondo che lo ha formato attraverso i volti e le mani. Pittura gestuale, colori accesi, emozioni crude. Le sue tele non cercano la somiglianza perfetta, ma scavano nell’anima del soggetto, estraendone un’energia che continua a vibrare ben oltre i contorni.
Torino è la sua origine, Málaga la sua casa, ma la sua arte non conosce confini. E anche da lontano, continua a raccontare – con pennellate dirompenti – la storia di ciò che siamo stati, e di ciò che possiamo ancora diventare.
MARZIA ESTINI
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Il linguaggio fotografico di Paolo Siccardi

 

L’ Unione Culturale Franco Antonicelli di Torino, ha recentemente ospitato un interessante incontro con il fotoreporter Paolo Siccardi. L’evento, promosso dalla sezione ANPI Eusebio Giambone, ha spaziato sull’ormai quarantennale esperienza del reporter torinese che va dalle lotte sociali all’occupazione sovietica dell’ Afghanistan nel 1986 ai conflitti locali nel continente centroamericano, alla prima guerra del Golfo e alla disgregazione della Jugoslavia, fino alle realtà dell’Africa, del medio Oriente e dell’Ucraina. Lungo un percorso professionale che si snoda ininterrottamente per decenni Paolo Siccardi ha costruito il suo linguaggio fotografico con cui leggere e interpretare la realtà. Un linguaggio diventato racconto di una lunga esperienza di fotografo dai teatri di guerra alle rotte dei migranti. Il suo è un percorso umano e professionale che viaggia tra memoria, immagini e le storie raccolte nelle zone di guerra più calde del mondo, e che si riconosce da un obiettivo sempre al servizio di quell’umanità fatta di singole persone sovente dimenticate dalla cronaca e cancellate dalla storia. Fedele ai principi resi noti da due grandi fotografi come Henry Cartier-Bresson ( “Quello che un buon fotografo deve cercare di  è mettere sulla stessa linea di mira il cuore, la mente e l’occhio”) e Robert Capa (“Se le tue foto non sono abbastanza buone è perché non sei abbastanza vicino”) ha sempre operato affinché i suoi scatti riuscissero a fissare l’eternità in un attimo, conservando immagini ed emozioni prima che scompaiano. La sua storia, raccontata in modo coinvolgente, parte dall’esperienza di fotoreporter free-lance impegnato nel sociale che fissò con i suoi scatti la cronaca degli anni Ottanta nella sua città, documentando la Torino delle lotte operaie e alla prova dei primi processi per terrorismo per poi allargarsi ai teatri internazionali. Tra i suoi lavori più significativi quello sul conflitto in Afghanistan, dall’occupazione sovietica nel 1986 fino alla missione Isaf nel 2009. Nel 1987 segue la rivoluzione Sandinista e i guerriglieri Contras alla frontiera con l’Honduras.

È in Giordania il 17 gennaio, giorno in cui scoppia la Prima Guerra del Golfo. Per dieci anni documenta i conflitti nell’ex-Jugoslavia e i cambiamenti geo-politici nell’area balcanica (realizza alcuni servizi sui ragazzi di strada in Romania e le rivolte popolari in Albania). Fotografa nelle realtà più calde del Medio Oriente, dalla Siria all’Alto Golan al confine con Israele, nei territori occupati e a Gaza. Documenta la condizione infantile in Bielorussia e gli effetti del disastro nucleare di Chernobyl. In Africa realizza alcuni servizi sui conflitti e le emergenze umanitarie in Senegal, Costa d’Avorio, Benin, Togo e Sud Sudan. Nel 2012 è in Siria durante l’assedio di Aleppo. Nel 2015 ha iniziato a documentare l’esodo delle popolazioni in fuga verso l’Europa attraverso la Western Balkan Route e dallo stesso anno segue il conflitto ucraino del Donbass. Vincitore del premio giornalistico nazionale Reportages di guerra 2002, promosso dalla Fondazione Antonio Russo e dall’Ordine dei Giornalisti dell’Abruzzo, espone nel 2017 con altri 12 reporter alla mostra Exodos alla quale viene conferita nel 2018 la medaglia d’oro del Presidente della Repubblica. Nel 2018 espone con Roberto Travan nella mostra Arma il prossimo tuo, con i testi di Domenico Quirico, al museo Nazionale del Risorgimento italiano e successivamente in diverse città italiane. Nel 2023 la mostra delle sue foto “La lunga notte di Sarajevo”, organizzata da La Porta di Vetro nel Mastio della Cittadella di Torino, raccoglie un notevole successo. Le sue pubblicazioni più note sono Una guerra alla finestra. Ex-Jugoslavia: il dramma della gente e Balcani oltre il confine oltre alle foto e alla prefazione di Requiem per la Bosnia, reportage di Barbara Castellaro.

Marco Travaglini

Domani al Romano “Le amiche” di Antonioni, restaurato, omaggio a Pavese e a Torino

Arrivai a Torino sotto l’ultima neve di gennaio, come succede ai saltimbanchi”. Inizia così il racconto di Clelia, ragazza di umili origini ma divenuta modista di successo, tornata da Roma nella città dove è nata per aprirvi la succursale della casa di mode già attiva nella capitale. L’incontro con Momina, annoiata e ricca signora che vede le proprie giornate trascorrere nell’ozio, la cui amica Rosetta ha tentato di recente il suicidio, il prendere a frequentare l’ambiente borghese di Torino, l’amicizia di Cesare, l’architetto che ha curato l’allestimento della boutique, e della coppia formata dal pittore Lorenzo e da Nene, ceramista. Incontra anche Carlo, lontano da quel mondo, con cui intreccia una relazione. Una gita al mare, coppie che si sono allontanate e che sono pronte a riformarsi, amori clandestini, l’inaugurazione con pieno successo e i nuovi momenti di tensione, il nuovo tentativo di suicidio di Rosetta (“Rosetta era già a casa, distesa sul letto. Non pareva nemmeno morta. Soltanto un gonfiore alle labbra, come fosse imbronciate. Il curioso era stata l’idea di affittare uno studio da pittore, farci portare una poltrona, nient’altro, e morire così davanti alla finestra che guardava Superga. Un gatto l’aveva tradita – era nella stanza con lei, e il giorno dopo, miagolando e graffiando la porta, s’era fatto aprire”), questa volta definitivo, la partenza di Clelia per Roma, Carlo che nonostante la promessa non ha nessuna intenzione di fermarla. Queste le vicende che formano il racconto delle “Amiche”, che Michelangelo Antonioni trasse dal romanzo breve “Tra donne sole” scritto da Cesare Pavese tra il marzo e il maggio del ’49 (fu pubblicato a novembre) e inserito nel volume “La bella estate”, opera del tramonto, prima della “Luna e i falò”, dello Strega, del suicidio all’albergo Roma (“Perdono tutti e a tutti chiedo perdono. Va bene? Non fate troppi pettegolezzi.”)

Martedì 20 maggio alle 21 al Cinema Romano, in Galleria Subalpina a Torino, è in programma la proiezione speciale de “Le amiche”, in occasione del 70° anniversario delluscita in sala (ingresso 6,50 euro). Si tratta della versione restaurata – con il sostegno di Gucci e di The Film Foundation – dalla Cineteca di Bologna nel laboratorio “L’immagine ritrovata”. Il film (sceneggiato dal regista con Suso Cecchi D’Amico e Alba De Céspedes, girato a Torino, via Conte Verde e via Priocca, il caffè Torino e l’intera piazza San Carlo, i Murazzi e i portici e le vetrine di via Roma, piazza della Repubblica e il corso Mario Dogliotti e le aiuole di piazza Cavour) vinse il Leone d’argento ex aequo alla Mostra internazionale d’arte cinematografica e tre Nastri d’argento nel 1956 (miglior regista, migliore attrice non protagonista a Valentina Cortese e migliore fotografia a Gianni Di Venanzo). Con la Cortese, i divi dell’epoca, Eleonora Rossi Drago (che nello stesso ’55 si fece notare a teatro come Elena in “Zio Vanja” di Visconti), Gabriele Ferzetti, Ettore Manni, Yvonne Fourneaux e Franco Fabrizi (lui con Fellini era stato uno dei “Vitelloni”, lei di lì a pochi anni avrebbe ricoperto il ruolo di Emma nella “Dolce vita”), Madeleine Ficher e Anna Maria Pancani, una carriera di soli quattro film, poi il matrimonio con Giovanni Amati, il “Re del Cinema”, un impero di sale cinematografiche, e tutto si concluse lì.

Introdurranno il film Stefano Boni del Museo del Cinema e Laurana Lajolo, figlia di Davide Lajolo (partigiano, giornalista, scrittore, amico di Cesare Pavese), oltre a due rappresentanti della Fondazione Cesare Pavese, Laura Capra e Pierluigi Vaccaneo, presidente e direttore. Il titolo chiude simbolicamente il Tour Cesare Pavese, progetto di Piemonte Movie e Distretto Cinema, in collaborazione con Film Commission Torino Piemonte, Museo Nazionale del Cinema, Agis – Anec – Acec Piemonte e Valle dAosta, Luce Cinecittà e Fondazione Cesare Pavese, sostenuto e inserito nel programma del Salone Off del Salone Internazionale del Libro Torino. Nasce sotto la direzione di Alessandro Gaido e il coordinamento artistico di Fulvio Paganin. Fanno parte del comitato scientifico Paolo Manera, direttore Film Commission Torino Piemonte, Davide Bracco, responsabile Rete Regionale Film Commission Torino Piemonte, Carlo Chatrian, direttore Museo Nazionale del Cinema, Grazia Paganelli, responsabile Area Cinema Museo Nazionale del Cinema, Marta Valsania, segretaria Generale Agis Piemonte e Valle dAosta.

e.rb. 

Rock con i Figli di Guttuso al Teatro Juvarra

Atteso ritorno al teatro Juvarra, il 23 maggio alle ore 21, del complesso “I figli di Guttuso”, protagonisti di “Vivi?”, un concerto rock, uno spettacolo teatrale, un’esposizione multimediale assemblati in un unico allestimento piuttosto originale ideato da Alberto Barbi, che coinvolge le emozioni a tutto tondo.

“Vivi?” è  tutto questo e ancora di più, un momento per ridere e sorridere, un momento per riflettere, un momento per cantare e far ballare le nostre anime al ritmo delle storie di nove personaggi che raccontano il loro tempo. Quello vissuto, quello aspettato, quello rinunciato, quello desiderato e quello consumato. La meraviglia degli istanti, la meraviglia di essere vivo. In scena, insieme alla storica band torinese, troveremo il mimo clown Paolo Latorre e gli attori  Alice Driusso, Simone Sarzano, Mariam Ainane, Teodoro Garruto e lo stesso Alberto Barbi.

Silvia Minguzzi li ha definiti “tzigani nell’anima, poeti nello spirito. Artisti fuori dal mucchio. I loro brani sono miniature di sogni. Amano raccontare, descrivere fantasmi, vittime dell’esistenza, cuori spezzati, vento e fiori. Storie universali, imbottigliate in poche note”.

La band, nata come gruppo che univa atmosfere rock e underground e strumenti come violini e fisarmoniche in situazioni live irriverenti, maliziose e variopinte, si è accostata a sonorità folk rock e a contaminazioni di generi disparati, per riavvicinarsi al sound attuale, con formazione batteria-basso-chitarre-tastiere-violino e flauto.

“Suoniamo – spiegano i componenti della band – insieme dal 1987. Ci siamo incontrati nei bagni di Palazzo Nuovo il giorno in cui morì Renato Guttuso. In quel periodo girava voce che alcuni aspiranti eredi si spacciassero per suoi figli, nati da ignote prostitute, nonostante pare che lui fosse impotente. Un nome così assurdo ci sembrava perfetto per una band nata in un bagno. In oltre trent’anni abbiamo suonato ovunque, in stadi, cantine, piole deserte e festival. Sul palco? Frustino, vino rosso, motociclette, violini maltrattati e una discreta quantità di imbarazzo pubblico. Il nostro curriculum comprende sette album, svariate collaborazioni,  dal jazz al folk, e un  brano suonato persino dai professori del teatro Regio. Abbiamo perso due compagni di viaggio, Antonello e Claudio, e suoniamo anche per loro. Non per nostalgia ma perché il rock ci tiene vivi, ci cura, ci prende a schiaffi, ci fa ridere. I nostri figli si vergognano quando ci vedono sul palco. È una tradizione di famiglia, anche i nostri genitori si vergognavano di noi. Ma noi non ci siamo vergognati di niente. Ed è proprio questo il senso di tutto, suonare ancora, nonostante tutto e tutti. Con la stessa energia di sempre. O forse anche di più!”

Teatro Juvarra, Torino, via Juvarra 13

Venerdì 23 maggio ore 21

www.teatrojuvarra.it

Mara Martellotta

Carlo Felice Trossi, un eroe incompiuto

E’ in corso la mostra Carlo Felice Trossi – Eroe incompiuto al Mauto, Museo Nazionale dell’Automobile. Aperta sino al 28 settembre 2025, la mostra permette di scoprire una figura di spicco del mondo del design automobilistico, navale e aeronautico. Tra le chicche, il Cinemobile, uno dei pochi esemplari al mondo di cinema ambulante degli anni ‘20.

Rock Jazz e dintorni a Torino: Mahmood e Chiello

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Lunedì. Al teatro Concordia di Venaria si esibisce Chiello.

Mercoledì. All’Osteria Rabezzana suona Lil Darling Quartet. Al Jazz Club: The Chicago Blues Jam!

Giovedì. Al Blah Blah sono di scena i Weird Bloom. Allo Spazio 211 si esibisce Diego Random. Al Jazz Club suonano i Train Power Blues. All’Hiroshima Mon Amour è di scena Cajo Redivivo. Al Cafè Neruda suona l’Oiseaux Trio.

Venerdì. Al Blah Blah si esibisce la cantautrice Claudia Buzzetti. Allo Spazio 211 sono di scena i Fasti + Le Schiene di Shiele+ Calantha. Al Jazz Club suonano i Sp4rkles. Alla Divina Commedia si esibisce la Marconi Blues Band. All’Hiroshima è di scena Comete + Lato B. Al Circolino suona Valentina Nicolotti 4 tet.

Sabato. All’Inalpi Arena arriva Mahmood Allo Ziggy si esibiscono i Necrodeath + Nerocapra. Al Blah Blah suonano i Madbeat + Bad Frog. Al Jazz Club Growing The Blues. Alla Divina Commedia si esibisce la Lucky Phoenix Band.

Domenica. Al Jazz Club sono di scena Terry e Lucia.

Pier Luigi Fuggetta

Accessibilità orizzontale: MAO e Politecnico di Torino per un museo in trasformazione

Il MAO Museo d’Arte Orientale di Torino e il DAD Dipartimento di Architettura e Design del Politecnico di Torino organizzano il 20 maggio, a partire dalle ore 9, presso il Salone d’Onore del castello del Valentino, una giornata di studi sull’accessibilità museale, durante la quale verranno presentati gli esiti di un progetto dedicato all’inclusività e al diritto alla cultura, realizzato al MAO e finanziato dai fondi NEXT Generation EU, messi a disposizione dall’Unione Europea nel quadro del PNRR. Partito nel 2023, il progetto si è articolato in numerose fasi che hanno visto il coinvolgimento di studiosi, esperti museali, designer e docenti del Politecnico, e che dopo 2 anni di lavoro hanno portato alla realizzazione di una serie di interventi e alla produzione di supporti tecnologici visivi e tattili per offrire a ciascun visitatore l’opportunità di vivere il museo e le sue collezioni materiali secondo le proprie abilità, sensibilità, cultura, lingua o punti di vista. Oltre a interventi di tipo architettonico per l’abbattimento delle barriere fisiche e architettoniche, grande attenzione è stata posta a momenti di formazione per il personale del museo, quali ad esempio i corsi in lingua dei segni italiana e tecniche psicologiche per migliorare l’accoglienza museale, così come la qualità del lavoro all’interno del museo, il progetto ha previsto la realizzazione di servizi per l’accessibilità cognitiva e sensoriale con l’obiettivo di scardinare il binomio accessibilità/disabilità, e superare l’esclusione che ne deriva. Tra i supporti messi in campo al MAO in questi mesi, il team dedicato al progetto sta sviluppando, a partire da alcuni modelli tattili in scala delle opere, realizzate dal Dipartimento di Architettura e Design e MOD Lab Arc del Politecnico di Torino, in seguito a una campagna di acquisizione e modellizzazione digitale, una serie di attivazioni sensoriali derivanti da oggetti creati in seguito a una sperimentazione condotta dalla designer docente Natasha Fenoglio insieme a Lorenzo Cianchi. A queste attivazioni sensoriali si aggiungono la nuova segnaletica Way Finding, a cura dello Studio Fionda, e le mappe tattili per i percorsi nelle collezioni curate da Tactile Vision. A questo impianto si affianca una innovativa web app multilingue progettata dallo studio QZR e contenente, tra l’altro, testi critici a cura di Laura Vigo, video in LIS e audiodescrizioni delle opere più significative prodotti dall’Istituto dei Sordi di Torino, proposte di percorsi di visita organizzati per durata e tematica, oltre a contributi audio e video di approfondimento. La web app nasce per essere implementabile, ed è quindi destinata a essere continuamente aggiornata e arricchita di nuovi contenuti che rispecchino le fasi di evoluzione e di cambiamento del museo. Grazie a un approccio multisensoriale e multidisciplinare, l’applicazione del MAO propone un’esperienza unica e accessibile a chiunque voglia scoprire, con i propri tempi e modalità, le storie e gli oggetti di una delle più grandi collezioni di arte asiatica in Italia: i contenuti e i dispositivi hanno la funzione di espandere le possibilità di fruizione museale per trasformare il MAO e le su collezioni permanenti in un patrimonio davvero per tutti.

“L’accessibilità orizzontale permette al museo di sperimentare un ingresso alle sue collezioni e attività come processo esplorativo – spiega Davide Quadrio, direttore del MAO – tutti possono accedere come meglio aggrada loro in un’idea evolutiva dei contenuti del museo”.

“L’intervento del DAD si inserisce nell’attività di terza missione dell’Università – spiega Roberta Spallone, professoressa ordinaria del DAD – La sinergia tra mondo accademico ed ente museale nella realizzazione del progetto si esprime, rispetto al museo, nella condivisione e cogenerazione di conoscenza, nel rapporto con la società, nell’ampliamento dell’accessibilità al patrimonio e nella divulgazione e partecipazione attiva al dibattito aperto”.

Giornata di studi – programma: “Accessibilità orizzontale-MAO e Politecnico di Torino per un museo in trasformazione”.

Salone d’Onore – castello del Valentino, viale Macchioli 39, Torino

Gian Giacomo Della Porta