Cosa succede in città- Pagina 5

Oggi al cinema. Le trame dei film nelle sale di Torino

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A cura di Elio Rabbione

Bolero – Biografico. Regia di Anne Fontaine, con Raphaël Personnaz, Emmanuelle Devos e Vincent Perez. Il francese Maurice Ravel è un ragazzo con un orecchio speciale, che percepisce la musica ovunque, anche nei rumori meccanici di una fabbrica. La vita sulle prime non sembra sorridergli, viene escluso dal Prix de Rome per l’ennesima volta, si infortuna per via di una distrazione, tuttavia fa incontri che segneranno la sua vita e la sua carriera, come quello con Ida Rubinstein, Marguerite Long, Misia Sert e anche con l’America dove conosce il jazz. Da una parte c’è il lavoro forsennato per la composizione definitiva del “Boléro”, dall’altra l’incombere della malattia neurologica, nel mezzo di un processo creativo geniale, eppure profondamente distruttivo. Durata 120 minuti. (Classico, Due Giardini sala Ombrerosse)

Casa in fiamme – Commedia drammatica. Regia di Dani de la Orden, con Emma Vilarasau e Enric Auquer. Montse, una donna di mezza età divorziata dallo spirito esuberante, ha finalmente l’opportunità che attendeva da tempo: un fine settimana con tutta la famiglia nella sua casa sulla Costa Brava, a Cadaqués, dove un tempo trascorrevano le estati più serene. La casa, che rischia di essere venduta, diventa per la donna il teatro di una sfida personale per realizzare il fine settimana perfetto, anche se le sue reali intenzioni vanno ben oltre il semplice trasloco. Nonostante i suoi due figli ormai adulti la ignorino da tempo, presi dalle loro vite instabili e incerte, il suo ex marito abbia una nuova compagna ed ex terapeuta, e i conti con il passato non siano ancora saldati, Montse è determinata a fare in modo che tutto vada come previsto, cercando disperatamente di ricostruire l’unità perduta. Non si fa abbattere da nulla, nemmeno dalla morte improvvisa di sua madre, che decide di ignorare pur di non rinunciare al weekend tanto atteso. Sogna da troppo tempo questo momento e, pur di farlo andare secondo i suoi piani, è pronta a fare qualsiasi cosa, persino a distruggere la propria casa fino alle fondamenta, portando alla luce segreti familiari, tensioni represse e bugie sepolte. Un weekend che potrebbe segnare un nuovo capitolo della sua vita, dove ogni cosa dovrà essere a sua immagine e somiglianza, anche se ciò può comportare l’annientamento di tutto quello che c’è stato sino a quel momento, incluse le illusioni che ha coltivato per anni e il legame fragile con le uniche persone a cui tiene davvero. Durata 105 minuti. (Greenwich Village sala 3)

Come ti muovi, sbagli – Commedia. Di e con Gianni di Gregorio, con Greta Scarano e Iaia Forte. Riuscire a evitare tutti i fastidi della vita quotidiana, mettersi in salvo da ogni rottura di scatole è sufficiente per essere felici? Il professore a settant’anni suonati ha trovato finalmente la serenità, ha una bella casa, una discreta pensione, degli amici con cui scherzare, una signora con cui trascorrere qualche giornata. Si dedica solo a cose piacevoli. Fino a quando la sua vita è messa sottosopra dall’arrivo della figlia, in crisi coniugale, e dei due più che ingombranti nipotini. Nuove preoccupazioni, nuove angosce, ma anche nuovi affetti. Comincia così un’avventura nelle vite sentimentali degli altri, e nella sua, che gli farà capire che l’amore vale sempre la pena di essere vissuto, anche se porta tribolazioni, sacrifici e patimenti. Un film che riflette sull’amore e sull’inesorabile istinto degli esseri umani a mischiare il proprio destino con quello degli altri, con tutto quello che ne può derivare: fatiche maanche gioie, e l’impressione di aver vissuto veramente. Durata 90 minuti. (Romano sala 2)

Downton Abbey: il gran finale – Drammatico, storico. Regia di Simon Curtis, con Hugh Bonneville, Elizabeth McGovern e Laura Carmichael. Gli anni bussano alle porte di Downton Abbey: Morta la contessa Violet, le redini della tenuta sono in mano a Lady Mary, chiamata a difenderne gli interessi nell’élite londinese, divisa com’è tra la tradizione nobiliare e il desiderio di traghettare la sua famiglia verso la modernità. Così, mentre Lord e Lady Grantham supervisionano la tenuta preparandosi poi al congedo, i Ceawley si riuniscono per definirne il futuro in un’epoca segnata dalle turbolenze della Grande Depressione. Per l’occasione tornerà dall’America anche l’eccentrico zio Harold, mina vagante che svelerà verità dimenticate e intrighi sepolti che coinvolgono vari membri della casata. Durata 123 minuti. (Massaua, Eliseo Grande, Romano sala 1 anche V.O., Uci Lingotto anche V.O., Uci Moncalieri anche V.O.)

Elisa – Drammatico. Regia di Leonardo Di Costanzo, con Barbara Ronchi, Roschdy Zem e Valeria Golino. Elisa, una ragazza di buona famiglia, è in carcere da dieci anni per aver ucciso brutalmente la sorella. I suoi ricordi confusi si chiariscono nell’incontro con il criminologo Alaoui, che conduce uno studio sui delitti di famiglia. La verità che emerge per Elisa è sconvolgente. Un dolore che forse è l’inizio di una redenzione. Durata 105 minuti. (Eliseo, Nazionale sala 2)

Enzo – Drammatico. Regia di Robin Campillo, con Eloy Pohu e Pierfrancesco Favino. Enzo ha 16 anni e ha abbandonato gli studi per imparare a fare il muratore. I genitori altoborghesi non si capacitano della scelta del figlio, tanto più che suo fratello maggiore Victor è al contrario uno studente modello che aspira a entrare in una delle università più prestigiose di Parigi. Sul luogo di lavoro Enzo incontra Vlad e Miroslav, due ucraini che presto verranno chiamati ad arruolarsi nel conflitto con la Russia. Enzo preferisce di gran lunga la loro compagnia a quella degli amici secchioni di Victor, per non parlare di quella dei suoi genitori totalmente avulsi dalla realtà che li circonda, in particolare il padre italiano Paolo che gli fa continuamente il terzo grado sulle sue intenzioni future. L’attrazione per Vlad è anche sessuale e sentimentale: per Enzo è necessaria, per Vlad pericolosa. Durata 102 minuti. (Romano sala 3)

Frammenti di luce – Drammatico. Regia di Rùnar Rùnarsson, con Elin Hall e Baldur Einarsson. Una storia ambientata a Reykjavik, in Islanda, durante l’estate. La protagonista è Una, giovane studentessa d’arte che porta dentro di sé un segreto che la rende triste. Il dolore che nasconde la soffoca ma deve annullarsi anche se è intorno a lei che tutto ruota. In una giornata mite e luminosa, Una incontra l’amore, l’amicizia e si sente travolta dalle emozioni provocate dalle persone e dagli eventi che la circondano. Durata 90 minuti. (Greenwich Village sala 3)

I Roses – Commedia. Regia di Jay Roach, con Benedict Cumberbatch e Olivia Colman, La vita sembra facile per la coppia apparentemente perfetta formata da Theo e Ivy: carriere di successo, figli fantastici, una vita sessuale invidiabile. Ma sotto la facciata della famiglia perfetta si celano competizioni e risentimenti, che si accendono quando i sogni professionali di Theo si infrangono. Durata 90 minuti. (Eliseo, Greenwich Village sala 3 V.O., Ideal, Lux sala 3, Reposi sala 4, The Space Torino, The Space Beinasco)

Material Love – Commedia. Regia do Celine Song, con Dakota Johnson, Pedro Pascal e Chris Evans. Strana occupazione quella di Lucy nella New York di oggi. La sua è quella di abbinare tra loro i vari single che incontra, secondo le rispettive affinità, la condizione socio-economica e la attrazione fisica, ad esempio. Invitata al matrimonio di una delle coppie che lei stessa è riuscita a formare, Lucy incontra casualmente John, in qualità di cameriere, l’uomo con cui aveva avuto una lunga e ineguagliata storia d’amore ma che lei stessa aveva abbandonato, dal momento che, attore senza il becco di un quattrino, sapeva che no avrebbe potuto garantirle una vera stabilità economica per il futuro. Ma seduto al tavolo dei single si siede anche Harry, decisamente ricco, affascinante e spiritoso, insperatamente deciso a costruire una seria relazione. Imponendosi una scelta, chi? Durata 116 minuti. (Ideal, Lux sala 1, Nazionale sala 4, Reposi sala 4, The Space Torino, Uci Lingotto, The Space Beinasco, Uci Moncalieri)

Il nascondiglio – Commedia drammatica. Regia di Lionel Baier, con Michel Blanc, Liliane Rovère e William Lebghil. Il maggio del ’68, a Parigi. Proteste studentesche e operaie nelle strade e nelle piazze. Il piccolo Christophe, un ragazzino di nove anni, viene “nascosto” nell’appartamento dei nonni dai genitori coinvolti nei disordini, un appartamento dove già coabitano, oltre chiaramente i proprietari, gli zii e la bisnonna ucraina che continua a coltivare antichissimi ricordi. Ospite della casa non soltanto il piccolo Christopher ma, un bel giorno, un misterioso signore che allo stesso modo è alla ricerca di un rifugio. Un arrivo non ben visto che farà riaffiorare segreti e forti tensioni. Durata 100 minuti. (Centrale, Due Giardini sala Nirvana, Fratelli Marx sala Harpo)

Pomeriggi di solitudine – Documentario. Regia di Albert Serra, con Andrés Roca Rey e Francisco Manuel Duràn. Il regista catalano entra nell’arena per descrivere lo sfarzo e la brutalità della corrida in un documentario sul giovane e carismatico torero originario del Perù, Andrés Roca Rey. Immersione ipnotica e sensoriale in uno degli spettacoli più duri e violenti dei nostri tempi, una rappresentazione monumentale della persistenza del primitivo nel presente, un rituale di violenza che vede la tecnica contro l’istinto, l’uomo contro la bestia. Durata 125 minuti. (Greenwich Village sala 2)

La riunione di condominio – Commedia drammatica. Regia di Santiago Requejo, con Raùl Fernàndez De Pablo, Clara Lago e Tito Valverde. Una “semplice” riunione di condominio a Madrid in cui si discute della sostituzione dell’ascensore (“Votemos” è il titolo originale di questo prodotto spagnolo). Tutto fila liscio finché quello che doveva essere un incontro ordinario e pacifico, si trasforma nell’incubo temuto da tutti: viene annunciato l’arrivo di un nuovo inquilino con problema di salute mentale (“si scatena il bigottismo morale e la fantasia malata di chi già vede l’horror sul pianerottolo e un giovane serial killer con coltello insanguinato”, scrive Maurizio Porro nelle colonne del Corriere della Sera. Tutto ciò scatenerà una serie di relazioni inaspettate, scontri e ipocrisie, mettendo in luce pregiudizi e paure nei confronti del possibile nuovo arrivato. Ancora Porro: “Un po’ didascalico e prevedibile certo con una sorpresina, il film è piacevolmente offensivo, non feroce, segnalando i gusti classici della ipocrisia e dei pregiudizi, merito del buon gioco della squadra attoriale, con dialoghi serviti sul piatto da Freud.” Durata 88 minuti. (Nazionale sala 1)

L’ultimo turno – Drammatico. Regia di Petra Biondina Volpe, con Leonie Benesch e Andreas Beutler. Floria è un’infermiera che lavora con passione e professionalità nel reparto di chirurgia di un ospedale. È sempre in ascolto di tutti i pazienti, anche nelle situazioni più stressanti, e si rende sempre disponibile, facendo fronte a ogni emergenza. Ma nella cruda realtà della sua routine quotidiana, in un reparto sovraffollato e a corto di personale, spesso le situazioni sono imprevedibili. Floria si prende cura, fra tanti altri, di una giovane madre gravemente malata e di un anziano a signore che attende con apprensione la sua diagnosi. Via via che la notte avanza, il suo lavoro assume sempre più i contorni di una corsa contro il tempo. Durata 91 minuti. (Nazionale sala 3)

Una scomoda circostanza – Thriller. Regia di Darren Aronofsky, con Austin Butler, Zoe Kravitz e Liev Schreiber. Hank Thompson è un giocatore di baseball sull’orlo di una crisi di nervi che tenta di rimanere a galla nella spietata New York degli anni 90. Suo malgrado si ritrova però inconsapevolmente coinvolto negli affari del sottobosco criminale ed è costretto a lottare selvaggiamente per sopravvivere. Durata 109 minuti. (Centrale V.O., Fratelli Marx sala Groucho)

Una sconosciuta a Tunisi – Drammatico. Regia di Mehdi Barsaoui, con Fatma Sfarr. La vicenda s’ispira a un autentico fatto di cronaca, svoltosi nel 2011, dopo la rivoluzione che ha messo fine alle violenze del dittatore Ben Ali, in un paese che tuttavia non ha ancora cancellato del tutto la corruzione e le continue contraddizioni. Aya ha quasi trent’anni, vive con i vecchi genitori nel sud della Tunisia, lavora in un albergo come cameriera e ogni giorno si reca in città, a bordo di un piccolo bus. Sempre le stesse azioni, giorno dopo giorno, una vita di giovane ragazza con i ritmi di sempre. Un giorno il bus ha un grave incidente e soltanto Aya sembra essersi salvata. Non rintracciata e da tutti creduta morta, la ragazza coglie l’occasione per rifarsi una nuova esistenza, raggiunge Tunisi, frequenta nuove amicizie, persone e locali: ma è testimone di un fatto di cronaca in cui vengono coinvolti alcuni poliziotti – l’uccisione di un uomo, mentre questi erano in borghese -, fatto cui inizialmente Aya offre una testimonianza che si rivelerà falsa. Durata 123 minuti. (Fratelli Marx sala Chico, Due Giardini sala Ombrerosse)

Warfare – Tempo di guerra – Drammatico. Regia di Alex Garland e Ray Mendoza, con Joseph Quinn, Kit Connor e Will Poulter. Mendoza, un ex Navy Seals e già consulente militare di Garland per “Civil War”, basa la storia sulle proprie memorie di guerra, un episodio di guerriglia urbana a Ramadi. Nel 2006, in Iraq, un gruppo di Navy Seals statunitensi occupa una abitazione per studiare le mosse del prossimo attacco: nel momento in cui s’accorgono della presenza di una banda armata, tenteranno una sortita ma un’esplosione improvvisa colpisce due di loro riducendoli in fin di vita. Durata 95 minuti. (Due Giardini sala Nirvana, Fratelli Marx sala Harpo)

SOFÀ SO GOOD FESTIVAL 2025: Musica indipendente al Bunker

Il 13 e 14 settembre al Bunker torna il Sofà So Good Festival con una nuova edizione interamente dedicata alla musica emergente e indipendente: due giornate di concerti, incontri e attività collaterali, che dal 2017 portano a Torino una proposta culturale alternativa.

Dal 2017 Sofà So Good, con la sua rassegna indoor e i suoi festival estivi, porta alla luce ciò che nasce nei garage, nei circoli, nelle cantine e nei piccoli studi casalinghi. Nato come risposta alla mancanza di spazi dedicati agli artisti emergenti, il progetto è cresciuto fino a diventare un punto di riferimento per la scena indipendente.

Sabato 13 e domenica 14 settembre, nella cornice urbana del Bunker,  Sofà So Good Festival ospiterà artisti che rappresentano il meglio della nuova scena indipendente italiana: dal cantautorato contaminato all’alt-rock, dall’elettronica alla world music, passando per reggae, funk e sperimentazione.

Tra i nomi in programma spiccano Gaia Banfi, tra canzone d’autore ed elettronica con un album d’esordio già segnalato da Rolling StoneAtlante, band torinese cardine dell’alt-rock contaminato; i lombardi GIALLORENZO, tra punk rock, emo, lo-fi, con il disco Inni e canti, tra i più interessanti del 2025 secondo Rockit; gli Addict Ameba, reduci dal palco di Jazz:Re:Found con il loro mix di afro, ethio-jazz e psych rock; i Mahout, eredi della scena reggae piemontese con incursioni punk e funk.

E ancora: gli Amore Audio, tra UK bass e future garage; i D!PS, in anteprima con i nuovi brani prodotti insieme a Max Casacci (Subsonica); la Funky*Club. Orchestra, otto musicisti e cantanti tra soul, elettronica e disco; Alec Temple, fresco vincitore del Premio Buscaglione 2025; i Kanerva, sospesi tra post-rock e post-punk; e il giovane collettivo torinese Alternative Radio, tra hip hop, jazz-rap e neo-soul.

L’appuntamento è dalle 18:00 fino a tarda notte, entrambi i giorni.

Prevendite disponibili su Xceed e biglietti in cassa, fino a esaurimento.

Per info e biglietti: sofasogoodtorino@gmail.com

https://xceed.me/it/torino/event/sofa-so-good-festival–192658/channel–bunker.

Lori Barozzino

Due dipinti di Guglielmo Caccia arricchiscono i Musei Reali

DA GIOVEDÌ 11 SETTEMBRE 2025

Le due opere sono state acquisite dalla Direzione Generale Musei a favore dei Musei Reali per celebrare i 400 anni dalla morte dell’artista, e si presentano oggi dopo il restauro eseguito dal Centro Conservazione Restauro “La Venaria Reale”

Da giovedì 11 settembre il percorso di visita dei Musei Reali di Torino si arricchisce di due prestigiosi dipinti a olio su tela di Guglielmo Caccia detto il Moncalvo (Montabone, Asti, 1568 – Moncalvo, Asti, 1625), visibili al pubblico al primo piano della Galleria Sabauda, in uno spazio di grande affluenza situato davanti al bookshop.

 

L’ingresso nelle collezioni dei Musei Reali di queste opere, oggi restituite nella loro originale bellezza, accresce il catalogo di Guglielmo Caccia, uno dei più significativi artisti della cultura tardomanierista tra Piemonte e Lombardia e pittore per eccellenza della Controriforma, di cui nel 2025 si celebrano i 400 anni dalla morte.

 

Le due tele, San Giorgio a cavallo e San Maurizio a cavallo (circa 1620), sono opere di notevole rilevanza già dichiarate di interesse artistico e storico particolarmente importante in seguito al diniego della richiesta di esportazione e ora restituite alla comunità grazie all’acquisizione a trattativa privata da parte della Direzione Generale Musei del Ministero della Cultura a favore delle collezioni dei Musei Reali – Galleria Sabauda.

 

Le tele provengono dalla chiesa dei Cappuccini di Chieri intitolata a San Maurizio, distrutta all’inizio dell’Ottocento in seguito alle soppressioni napoleoniche. Un manoscritto settecentesco riporta con precisione l’arredo dell’edificio e descrive ai lati dell’altare maggiore “due quadri antichi di ottimo pennello, di S. Maurizio, e di S. Giorgio, vestiti alla militare con croce in petto montati su bei cavalli”. Ai piedi di San Giorgio, patrono di Chieri, uno stemma bipartito rappresenta l’unione tra i Quarini di Chieri e i Ranotto di Torino, rimandando alla committenza del dipinto. Gli stretti rapporti di queste famiglie nobiliari con la corte torinese sono certamente alla base della scelta del Moncalvo per la realizzazione delle opere.

 

Guglielmo Caccia viene chiamato presso la capitale sabauda dal duca Carlo Emanuele I per partecipare alla decorazione della Grande Galleria che univa il Palazzo ducale al Castello (attuale Palazzo Madama) e per altri prestigiosi cantieri di corte e la composizione dei due dipinti mostra interessanti affinità con i modelli collaudati in relazione al grande progetto decorativo perduto con ritratti equestri del duca di Savoia e dei suoi avi.

 

Esempio eccellente della qualità pittorica di Moncalvo, le due tele si inseriscono all’interno del nucleo delle opere della Galleria Sabauda che testimonia la cultura figurativa piemontese e lombarda tardomanierista diffusasi a corte e vanno ad arricchire considerevolmente il corpus dei dipinti di Guglielmo Caccia, a cui è dedicata un’intera sala della Pinacoteca al primo piano di visita, e del quale si conservano anche alcuni disegni di notevole interesse nel fondo della Biblioteca Reale.

 

Il restauro dei due dipinti è stato realizzato dal Centro Conservazione Restauro “La Venaria Reale” (CCR), uno dei principali poli del restauro in Italia, che ha restituito loro una nuova luce, permettendo di apprezzare appieno le raffinate tecniche esecutive dell’artista. Accanto ai due dipinti, è presente anche il filmato realizzato dal CCR per raccontare tutte le fasi dell’intervento.

L’intervento ha rivelato che il San Maurizio presentava dimensioni maggiori, come evidenziato dall’analisi del bordo inferiore, con tracce del nome del santo e di uno stemma gentilizio non più leggibile. Il restauro ha garantito il recupero della uniformità della superficie della tela, permettendo di apprezzare nuovamente la tessitura della caratteristica armatura a losanghe (o a “diamantina”) utilizzata dal pittore per conferire particolare matericità al dipinto.

La rimozione della vernice ingiallita e delle estese ridipinture ha consentito una lettura più chiara e fedele dell’opera, in particolare nei dettagli della battaglia della Legione Tebea sullo sfondo, dove la raffinatezza della tecnica è ora pienamente visibile.

 

La tela con il San Giorgio, invece, presentava segni di alterazioni dovute a precedenti restauri, che avevano modificato la cromia e l’aspetto del dipinto. Il restauro ha coinvolto anche un intervento strutturale sul supporto tessile, la rimozione di vecchie ridipinture e il recupero di dettagli iconografici precedentemente non visibili, come l’orecchio sinistro del cavallo. La nuova lettura cromatica dell’opera ha messo in luce particolari della tecnica esecutiva, come la pennellata fine e parallela, utilizzata dal Moncalvo per le lumeggiature.

 

 

 

Musei Reali di Torino

Galleria Sabauda, primo piano

Guglielmo Caccia detto il Moncalvo, San Giorgio a cavallo e San Maurizio a cavallo

Ingresso compreso nel biglietto dei Musei Reali

 

Musei Reali di Torino

https://museireali.beniculturali.it

 

Guglielmo Caccia detto il Moncalvo, San Giorgio a cavallo, 1620 circa, Musei Reali di Torino, crediti fotografici Fondazione CCR La Venaria Reale

PoliTo e Università di Parma: “Design sostenibile per il sistema alimentare”

Qualità e sicurezza della catena alimentare al centro del consolidamento delle nuove progettualità tra Politecnico di Torino e Università di Parma attraverso il corso interateneo 

Da oggi Torino e Parma sono più vicine. Lo sono i due principali atenei delle due città, il Politecnico di Torino e l’Università degli Studi di Parma.
È stato confermato, infatti, il corso di Laurea in Design sostenibile per il sistema alimentare ( Torino/Parma), iniziato in via sperimentale nell’anno accademico 2021/22, che presenta oggi due percorsi di studi: Design per la sostenibilità sociale e ambientale  del sistema alimentare (Politecnico di Torino) e Design per l’industria e il prodotto alimentare ( Università di Parma).
Il corso è  nato dall’esigenza di avvicinare la cultura del progetto del design con il sistema alimentare, prendendo in considerazione la intera gestione delle filiere alimentari, la produzione, gli scenari di consumo, la sostenibilità  e la circolarità sistemica. Si tratta di un’offerta formativa che unisce le esperienze dei due atenei, l’eccellenza parmense nella filiera alimentare  e quella torinese legata agli aspetti tecnologici, dalla meccanica al design,  che va a coprire tematiche che spaziano dal design al packaging, alla progettazione per l’industria alimentare, dalla user experience dei prodotti ai requisiti ambientali del prodotto legati al design, con un’attenzione particolare rivolta alla sostenibilità ambientale, sociale e economica e all’utilizzo di strumenti tecnico-scientifici.
La struttura del corso prevede un anno a Parma e uno a Torino e, in base alla sperimentazione scelta l’ultimo anno in una delle due città  e vede oggi la partecipazione di 167 studenti universitari ( dato anno 2024-2025) con immatricolazioni in costante crescita.

“Questa esperienza rappresenta un modello didattico vincente – afferma il rettore del Politecnico di Torino Stefano Corgnati – che offre opportunità di mobilità in due atenei di eccellenza  che vogliono valorizzare non solo il percorso disciplinare, ma anche un’esperienza di vita di studenti e studentesse. È un esempio concreto di collaborazione che si può esportare fuori dai nostri confini, poiché tutti i Paesi riconoscono l’importanza dell’alimentazione e della sicurezza alimentare.  Questa collaborazione potrà sicuramente trovare interesse nel solco del processo di internazionalizzazione che il Politecnico sta affrontando in questo periodo”.

“Siamo di fronte all’opportunità – ha commentato il rettore dell’Università di Parma, Paolo Martelli – di dare uno sviluppo evolutivo a questa collaborazione tra due università, che consolida prospettive ulteriori con uno sguardo all’internazionalizzazione.  Come ateneo non focalizzato, con un’offerta formativa ampia, dinamica e diversificata, è  stato importante per noi avviare questa partnership, specializzandosi per andare incontro alle esigenze del territorio e del tessuto industriale presente nella nostra Valle del Cibo. Stiamo ora verificando una progettualità che evolve verso un’offerta di laurea magistrale in filiera con il percorso già delineato”.

Mara Martellotta

Cristiana Ferrini “Mio Padre, Il Capitano dei Capitani”. Giorgio Ferrini, una storia granata / 2

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SECONDA PARTE dell’intervista  di Laura Goria a CRISTIANA FERRINI sul suo libro “MIO PADRE, IL CAPITANO DEI CAPITANI” dedicato al mitico Giorgio

1) Scrivi che Giorgio è stato più che un leader, senza neanche accorgersene, cosa intendi?

Me l’hanno detto tutti, anche il cappellano della squadra, Don Francesco, che per lui aveva un debole.

Perché era quello che si dava di più e sosteneva i compagni; se qualcuno stava per cedere, gli andava vicino e sussurrava “sono stanco-morto anche io, ma dai… andiamo!” Così lo spingeva a tirare fuori l’ultima piccola risorsa, a superare se stesso in nome della squadra. Questo è l’esempio trainante di un leader e capitano.

2) I suoi rapporti con i compagni di squadra?

Erano ottimi con tutti. Con alcuni il legame era più forte, basato sul piacere di stare sempre insieme… la continuità.

Queste solide amicizie le coinvolgeva in tutto. Se pensava di acquistare una casa, estendeva l’idea e il progetto anche a loro; chi poteva e voleva aderiva, idem per vacanze, gite, e altro.

3) E con il denaro e il lusso?

Aveva i piedi saldi per terra e non si concedeva lussi; prima venivano il mattone, sistemare i genitori, mettere da parte e investire per garantire la sicurezza futura della nostra famiglia, tutte cose normali. Mamma dice che spesso non dormiva la notte temendo che il preventivo della villa che costruiva a Pino andasse troppo oltre e si chiedeva se non fosse qualcosa più grande di lui. Si preoccupava che nulla fosse lasciato al caso.

4) Racconti un Giorgio “puro allo stato puro” che scartò proposte allettanti per restare e fare crescere il suo Toro.

Intorno ai 30 anni ricevette proposte da squadre decisamente importanti che lo avrebbero pagato 3 volte di più e lui rifiutò. Mamma non approvò molto.

5) Dici che amava il Toro come un figlio; in famiglia come la vivevate?

Credo ci sia stata qualche discussione con mamma per quanto lui dava e si dava; e non certo con il fine di ricevere.

Questa -squadra, società, maglia granata- chiamala come vuoi, secondo me lo aveva stregato. Non era solo la passione e il suo lavoro, c’era di più!

Non ci sentivamo sminuiti o inferiori rispetto a questo; noi eravamo noi, e lui ce lo dimostrava sempre, ci adorava. Però per il Toro non capiva più niente, neanche percepiva il sacrificio, e credo che gli abbia dato proprio tutta la sua vita.

6) Come affrontava fatica e pressione?

Mamma mi ha raccontato che papà non era il leader indiscusso della squadra solo perché era il capitano. Anzi, era quello messo sempre più in dubbio e sotto stress; che poi lui lo vivesse con naturalezza, la sostanza non cambiava.

Inoltre, non aveva mai contratti lunghi perché non sapeva vendersi.

Poi, in base all’allenatore, poteva piacergli o meno, ed ogni volta che entrava al Filadelfia doveva dimostrare il suo valore. Nulla era mai scontato; perché anche se era il capitano, poteva sbagliare una partita e non giocare più.

7) Come visse il fine carriera?

Non fu tragico. Più che altro un passaggio naturale, visto che è andato oltre la media di quegli anni. Per esempio, Trapattoni e Radice allenavano da tempo mentre lui era ancora in campo. Ha capito da solo quando era giunto il momento.

Accadeva che dalla tribuna sentissi ogni tanto commenti spiacevoli del tipo “Ferrini esci..”. La verità è che magari non aveva più la forza di qualche anno prima; ma ti assicuro che il carisma e la forza trainante per gli altri c’erano tutti. Era sempre quello che in campo faceva la differenza!

8) Per Giorgio Il Toro veniva prima anche di se stesso?

Certo. Verso la fine, l’allenatore diceva: “Voi avete una certa età, bisogna inserire e far giocare i giovani, altrimenti quando finirete loro non sapranno farlo”. Papà era d’accordo: per il Toro, per stare alti in classifica; per puntare allo scudetto. Tieni presente che allora non c’era il turnover di oggi.

9) Ci racconti il momento di felicità assoluta della sua vita… quel 16 maggio 1976 con il suo Toro Campione d’Italia.

Momento pazzesco. La mia gioia da tifosa; soprattutto quella negli occhi di papà che quasi tremava. Rideva e piangeva perché quel giorno aveva ottenuto quello per cui aveva vissuto, faticato e lottato tanto.

Dal balcone della sede del Toro lanciavamo fiori; io non c’entravo nulla, ma papà mi diede la mano e disse “lanciali anche tu”. Un momento mio e suo. Anche se intorno c’era il mondo in festa. La sua gioia incontenibile e i continui abbracci. Penso sia stato il giorno più felice della sua vita. Adrenalina pura. Non lo dimenticherò mai.

10) Perché scrivi che la morte precoce di tuo papà è diventata il parametro temporale per distinguere tra un prima e un dopo?

Molti suoi amici mi dicono che, morendo, ha stravolto le loro vite.

Da allora parlano di un “prima con lui” riferito solo a ricordi belli di cose fatte insieme: gite, vacanze, risate, pranzi, cene e altro..

E c’è un “dopo Giorgio”; che è stato un reinventarsi. Io pensavo fosse una cosa esclusivamente di noi familiari, invece no. Addirittura certi gruppi si sono sciolti, le persone non si sono più viste, molte non sono più riuscite a frequentarsi.

E’ diverso per me e Jerry Sattolo, che purtroppo è morto 2 anni fa. Aveva una bellissima foto di papà in cucina e mi disse che parlava sempre con lui, come se ci fosse ancora, proprio come faccio io.

11) Per tua mamma tra il prima e dopo Giorgio il solco è un precipizio profondo. Vedova giovanissima dell’amore della sua vita; come ha attraversato quel baratro… è un salto che dura ancora e non finirà mai?

Una parte di lei è morta con lui e questo le ha lasciato un pessimismo e una melanconia di fondo che hanno cancellato la Mariuccia gioiosa che ricordavo con papà. Non l’ho mai più vista ballare né ridere, in parte si è ripresa solo con i miei figli.

12) Che mamma e nonna è stata?

Una mamma eccezionale, sempre presente; ci ha lasciati liberi di scegliere, sbagliare, provare, viaggiare. Molto generosa, ci ha dato tanto, tutto. Con i miei figli è severa nel modo giusto: li giudica, li sprona, però c’è ed è molto moderna come mentalità.

13) Il libro lo dedichi a lei «donna lodevole dell’uomo che ha amato»; e perché credi che non lo leggerà?

E’ stata la moglie ideale che, rimanendo nell’ombra con amore e intelligenza, ha saputo sollevare papà di tutte le preoccupazioni e responsabilità che avrebbero potuto pesare su di lui e la carriera. Ha perfettamente incarnato “La grande donna dietro al grande uomo”, colonna portante della famiglia sulla quale papà poteva sempre contare.

Mamma il libro non l’ha ancora neanche toccato, ha paura che le faccia troppo male. Credo abbia messo il dolore in un baule e tema che io possa riaprirlo. Le ho spiegato che l’ho scritto da figlia e i miei non sono i suoi occhi da fidanzata e moglie. Ho la sensazione che non le faccia neanche piacere che io l’abbia scritto. Mi ha anche chiesto se papà approverebbe

14) Secondo un’antica massima poetica “Muore giovane chi è caro agli dei” …Come definiresti la parabola di vita di tuo papà, e che senso dai alla sua morte così precoce?

Io credo ci siano dei predestinati ed è come se lassù avessero avuto bisogno di lui. O almeno questo è quello che mi sono sempre raccontata perché mi aiutava.

15) Giorgio era molto legato al cappellano del Toro, la fede gli offriva risposte?

Papà era credente e praticante, amava entrare nelle chiese e scoprirle. Ero piccola e non so che spiegazione si diede per la morte di Gigi Meroni. Ma ricordo che fu la prima volta che lo vidi piangere disperato e mi colpì molto.

16) Tu sottolinei legami imperscrutabili nei numeri e che, nella lotteria della vita, la sorte ha assegnato a Giorgio il numero 8 per l’eternità.

Il numero 8 è stata una costante nella sua vita. A partire dalle date di quando è venuto al mondo a quando l’ha lasciato: è nato il 18 agosto, l’ottavo mese, ed è morto l’8 novembre. Da piccolo ha voluto l’8 sulla prima maglietta, lo stesso con cui ha sempre giocato nel Toro. Il Comune di Pino gli ha assegnato il civico 8 per la casa. Ed è il numero collegato a: perfezione, equilibrio, uguaglianza, amore eterno, armonia, forza interiore, saggezza, potere.

In matematica, poi, l’infinito è un 8 sdraiato; proprio come papà ora riposa per sempre, guardando verso la Basilica di Superga dove si sono schiantati i suoi eroi ed è iniziato il Giorgio calciatore che ne ha raccolto il testimone. E’ come se quel numero l’avesse avuto impresso nel cuore e ne avesse scolpito tutto il percorso.

17) Hai notato anche il tragico destino che accomuna i campioni granata morti tutti giovani: il grande Torino a Superga, Gigi Meroni e tuo papà? Solo inquietanti coincidenze?

Non ci avevo mai pensato. Credo nel destino e papà ha avuto una vita molto particolare legata al Toro. Società con una storia tutta sua, effettivamente caratterizzata da morti precoci. Forse coincidenze legate a questa Società un po’ stregata, dalla quale non ti puoi staccare.

18) E non è curioso che tuo papà e altri calciatori granata abbiano abitato proprio a Pino; la collina sorvolata dall’aereo poco prima di precipitare a Superga, in cima al colle successivo?

E partito tutto da papà, grazie all’amicizia con l’estroverso Gianni Mori e la sua bellissima famiglia, che a Pino vivevano da tempo. Una nota curiosa è che Gianni, grazie a questa nuova relazione, da tifosissimo juventino, diventò subito sfegatato granata.

La prima cena a casa Mori, papà, che da tempo guardava affascinato verso Superga, scoprì che Pino era la collina prima di quella dello schianto. E quando Gianni gli disse che il terreno di fianco era in vendita, lui decise di comprarlo e costruirci la nostra casa. Poi portò altri compagni di squadra: Sattolo, Rosato, Fossati e altri.

19) Tu oggi vivi proprio tra quelle mura e lì sei cresciuta con lui… che emozioni vivi?

Belle, appaganti, consolanti, ricche di quell’affetto che voglio prendermi da lui; perché so con quanta passione, sacrificio entusiasmo e gioia ha costruito la casa. Lì ci sono le mie radici. C’è lui e di lui mi parla tantissimo, anche nei difetti sottolineati da mamma.

Poi ci sono i suoi angoli del cuore: il divano dove si sedeva, il balcone dove fumava tutte le sere guardando verso Superga, o il punto in giardino. Del passato ho dei flash; come la sua ombra che veniva ogni sera in camera, a qualsiasi ora rientrasse, e ci aggiustava sempre le coperte, poi ci dava un bacio prima di andare a dormire.

20) E se oggi fosse seduto con te, di fronte alla grande finestra che hai spalancato sull’orizzonte, come vorresti il vostro tempo insieme?

Anche se non c’era fisicamente, me lo sono portato dentro tutta la vita, ci siamo sempre parlati e il nostro dialogo non è mai finito. Scrivendo il libro non lo vedo più ai suoi 37 anni, ma brizzolato, un po’ appesantito, più nonno… e la cosa mi piace. Sarei contenta si confrontasse con i miei figli, facesse delle cose con loro; sarebbe meno severo che con noi, ma con le stesse basi. E a loro è mancato.

21) Quanto e come hai trasfuso il tuo amore di figlia per Giorgio ai tuoi ragazzi?

Entrambi fanatici del pallone, ho avuto remore a parlargli di mio papà più di tanto. Ho raccontato solo del nonno Giorgio che aveva costruito questa casa… un nonno normale. Poi giocando a calcio hanno scoperto da soli che era stato un grande; ed è allora che ho cominciato a parlargli di lui.

22) Solo dopo la sua morte scopriste quanto bene aveva fatto in silenzio…cosa emerse?

Molte cose neanche mamma le sapeva. Per lo più fu Don Francesco a rivelarmi quanto papà avesse aiutato gli altri. Ma non con le solite raccomandazioni; lui forniva le carte per poi andare avanti da soli.

Per esempio, ricevevamo sempre oggetti africani e non capivamo, finché è arrivata la lettera di un medico africano che svelava di essersi laureato grazie agli studi che gli aveva pagato papà.

23) Come e dove pensi sia Giorgio oggi?

Può sembrare una visione infantile, ma mi ha sempre aiutata: mi piace immaginarlo in un prato verde, ad un tavolone con sempre più amici che arrivano e si siedono. Lui lì sta bene, fa la scuola calcio dei bambini e continuiamo il nostro dialogo. Lo ritroverò.

 

PS. Il libro offre anche la possibilità di rivedere immagini della vita di Giorgio Ferrini, molte inedite, e ricordi vari della carriera del capitano. Erano conservati in un baule che ora Cristiana mette a disposizione di tutti.

Basta inquadrare con la fotocamera del vostro cellulare il QR code che trovate sul risvolto di copertina. Vi collega alla pagina Instagram Giorgio Ferrini 8, dove Cristiana carica costantemente materiale prezioso.

CRISTIANA FERRINI “MIO PADRE, IL CAPITANO DEI CAPITANI” Cairo Editore

Anniversario dell’ 8 settembre, al Monumentale la commemorazione

La sera dell’8 settembre 1943 un proclama letto alla radio dal maresciallo Badoglio, nominato capo del governo il 25 luglio al posto di Benito Mussolini, annuncia al Paese l’Armistizio tra Italia e Alleati.

Dopo la comunicazione della fine delle ostilità con gli anglo-americani, si verificò la fuga dei militari dalle caserme e l’avvio della lotta contro l’occupazione tedesca, evento che diede il via alla fase più complessa e difficile della guerra in Italia.

L’82esimo anniversario dell’8 settembre 1943, data dell’Armistizio e inizio della Resistenza, è stato celebrato questa mattina al Cimitero Monumentale con la commemorazione dei caduti per la violenza nazifascista.

La fine delle ostilità contro anglo-americani non significò infatti la fine della guerra. Quell’annuncio fu seguito infatti uno dei più periodi più sanguinosi della storia del nostro Paese. I tedeschi, prima alleati, procedettero al disarmo delle mal equipaggiate truppe italiane. Molti vennero uccisi, altri reclusi nei campi di concentramento nazisti, in migliaia si diressero in montagna a combattere per la Resistenza.

Il giorno successivo, 9 settembre, le forze politiche antifasciste (comunisti, socialisti, democristiani, azionisti, liberali) diedero vita al Comitato di Liberazione Nazionale (CLN), che nei mesi successivi sarà guida politica e militare della lotta di Liberazione

Oggi un corteo con in testa i Gonfaloni di Città di Torino, Regione Piemonte e Città Metropolitana, seguito dalle autorità civili, militari e dalle associazioni ha sfilato e reso omaggio a coloro che hanno perso la vita in questa buia pagina della nostra storia. Per la Città era presente l’assessora Chiara Foglietta, per la Regione l’assessore Andrea Tronzano.

TORINO CLICK

SaluTO Torino: oncologia, diabete, cuore: ecco le app che aiutano a vivere meglio

 Medicina e Benessere dal 19 al 21 settembre 2025

Teatro Gobetti, 

Castello del Valentino, 

Piazza Madama Cristina

 

Dal 2016 al 2024 il numero degli utenti delle app per la salute nel mondo è passato da 125 milioni a 320 (fonte businessofapps.com), che diventano 663 milioni se si considerano anche le app di benessere e fitness. È un dato significativo di quanto la eHealth o sanità digitale stia rivoluzionando le nostre abitudini quotidiane.

 

La VII edizione di SaluTO Torino. Medicina e Benessere è dedicata a questo tema: dal 19 al 21 settembre in diversi punti della Città, gli esperti della Scuola di Medicina dell’Università degli Studi e del Politecnico parleranno di app, device e nuove tecnologie per la salute nelle diverse discipline, con gli studenti delle scuole medie superiori di Torino e con la popolazione, nei teatri e nelle piazze cittadine per aiutare il pubblico a capire come orientarsi in uno scenario che sta diventando abituale, ma in cui si celano molte insidie e false credenze.

 

Per la prima volta SaluTO arriva davvero nelle piazze – sottolinea Ezio Ghigo, coordinatore scientifico della manifestazione – realizzando la sua vocazione fondamentale e originaria, avvicinare la cultura universitaria al pubblico generico, di qualsiasi età o estrazione culturale, per parlare a tutti di prevenzione e stili di vita e contribuire concretamente, con una corretta informazione, a ‘fare’ salute, perché una popolazione più informata è una popolazione più sana. In più coniugando le due grandi tradizioni scientifiche della città, quella medica e quella tecnologica”.

 

Testimonial dell’edizione 2025 di SaluTO sarà Claudio Marchisio, ex centrocampista della Juventus.

 

 

I temi, i protagonisti e gli appuntamenti delle tre giornate

 

Si inizia la mattina di venerdì 19 settembre: dalle 10 alle 12.30 al Teatro Gobetti, istituzioni e rappresentanti scientifici saranno presenti all’incontro dal titolo “Sana alimentazione, movimento, App e tecnologia: così costruiamo oggi la salute di domani” con la partecipazione di oltre 200 ragazze e ragazzi delle scuole superiori.

 

Sabato 20 settembre, nel Salone d’Onore del Castello del Valentino alle ore 15.30 si parlerà di “Tumore del colon, tra geni ed ambiente: come prevenirlo, riconoscerlo presto e curarlo al meglio”, con la partecipazione fra gli altri di Lorenzo Richiardi, professore di Statistica Medica presso il Dipartimento di Scienze Mediche dell’Università di Torino, Città della Salute e della Scienza di Torino, e Coordinatore del CPO-Piemonte; Mario Morino, professore di Chirurgia Generale Università degli Studi di Torino, Città della Salute; Lia Morra, ricercatrice in Ingegneria Informatica; Antonio Amoroso, già Professore di Genetica Medica Università degli Studi di Torino, Città della Salute, Comitato scientifico di SaluTO; Paola Cassoni, Direttrice di Scuola di Medicina, Città della Salute, Comitato scientifico di SaluTO; Umberto Ricardi, professore di Radioterapia Università degli Studi di Torino, Città della Salute, Comitato scientifico di SaluTO.

 

 

Alle 17.00 “Cuore, diabete, sovrappeso: come migliorare il metabolismo e prevenire le cronicità” con Fabio Broglio, direttore della Scuola di Specializzazione in Scienza dell’Alimentazione Università degli Studi di Torino, Città della Salute; Marco Deriu, professore di Bioingegneria del Politecnico, Vice Coordinatore Collegio di Ingegneria Biomedica; Giovanni Abbate Daga, professore di Psichiatria Università degli Studi di Torino, Città della Salute; Simona Bo, professoressa di Scienze dell’Alimentazione Università degli Studi di Torino, Città della Salute; Silvia Deaglio, professoressa di Genetica Medica Università degli Studi di Torino, Città della Salute.

 

Domenica 21 settembre, in piazza Madama Cristina a partire dalle 14.30:

Salviamoci la pelle: tutto quanto possiamo fare con un selfie” con Kristen Meiburger, professoressa di Bioingegneria del Politecnico e Piero Quaglino, professore di Dermatologia Università degli Studi di Torino, Città della Salute; Elia Ricci, presidente Associazione Italiana Vulnologia; Claudio Marchisio, campione sportivo.

 

Indossiamo il benessere. Il corpo racconta: neuroscienze e tecnologie da indossare” con Luca Mesin, professore di Bioingegneria del Politecnico e Paolo Solidoro, direttore Struttura Complessa di Pneumologia, Città della Salute e della Scienza di Torino, Riccardo D’Elicio, professore di Scienze e Tecniche Avanzate dello Sport Università degli Studi di Torino, presidente CUS Torino e Giorgio Tonon, GEA Soluzioni.

 

Dimmi come cammini e ti dirò come stai. Impariamo a muoverci e a correre” con Andrea Cereatti, professore Ordinario di Bioingegneria del Politecnico, presidente della Società Italiana di Analisi del Movimento in Clinica, Marco Minetto, professore in Medicina fisica e riabilitativa, Università degli Studi di Torino, Città della Salute.

 

Hai mal di schiena: scopri come nasce dal cammino e dalla postura”con Giuseppe Massazza, professore di Medicina Fisica e Riabilitativa, Università degli Studi di Torino, Città della Salute; Enrico Bergamaschi, professore di Medicina del Lavoro Università degli Studi di Torino, Città della Salute, e Marco Gazzoni, professore di Bioingegneria del Politecnico, direttore del Laboratorio di Ingegneria del Sistema Neuromuscolare (LISiN).

 

Moderano gli incontri Massimo Righi Gianni Armand Pilon vicedirettori del quotidiano La Stampa, Gabriele Beccaria, caporedattore dell’Hub Salute del Gruppo Gedi e firma scientifica del quotidiano La Stampa, e Federico Mereta, giornalista scientifico.

 

 

Gli stand e le attività interattive di domenica 21 settembre

 

Nella giornata di domenica, accanto ai talk e agli incontri in Madama Cristina, si terranno le attività interattive proposte dal Politecnico e da Scuola di Medicina.

Dalle app e tecnologie a portata di tutti, come i dispositivi indossabili per la rilevazione di battito cardiaco e pressione arteriosa, a quelle più sofisticate da utilizzare in collaborazione con il personale sanitario, gli stand offriranno al pubblico la possibilità di indossare dispositivi wearable per la salute e di provare app sviluppate dagli atenei torinesi e in fase prototipale.

 

Ci saranno 4 postazioni tematiche, in collaborazione con aziende biomedicali del territorio:

 

1. Salviamoci la pelle: dai selfie alle nuove tecnologie

In prova dispositivi per la diagnosi delle ulcere croniche e lesioni dermatologiche

 

2Indossiamo il benessere. Il corpo racconta: neuroscienze e tecnologie da indossare

A disposizione, sotto il controllo degli esperti, uno strumento indossabile per l’acquisizione dei parametri fisiologici come il battito cardiaco.

 

3. Dimmi come cammini e ti dirò come stai. Impariamo a muoverci e a correre 

Il pubblico avrà la possibilità di sperimentare le più recenti tecnologie indossabili e video per l’analisi del movimento umano in un contesto ludico-scientifico.

 

4. Hai mal di schiena: scopri come nasce, dal cammino e dalla postura

Sarà possibile provare un esoscheletro per ridurre lo sforzo per spostare un carico e “vedere” l’attività dei muscoli.

 

Il CUS TORINO e la cultura dell’attività fisica per la salute

Anche quest’anno gli incontri di SaluTO saranno affiancati dalle attività organizzate dal CUS TORINO. Domenica, in piazza Madama Cristina gli esperti del CUS coinvolgeranno il pubblico in semplici esercizi per ribadire l’importanza dell’attività fisica quotidiana per il benessere e la salute. Il CUS Torino è anche promotore di Just The Woman I Am, la manifestazione che coinvolge ogni anno migliaia di torinesi, e non solo, in occasione della Giornata Internazionale della Donna, con una corsa-camminata sportiva che raccoglie fondi a sostegno della ricerca universitaria sul cancro e promuovere la prevenzione e i corretti stili di vita.

 

L’incontro istituzionale domenica 21 settembre, ore 10

Dal cittadino alle Istituzioni, come proteggere il valore immenso del Servizio sanitario nazionale”: è il titolo dell’incontro che si terrà domenica 21 settembre alle 10, in piazza Madama Cristina. Un approfondimento sulla fase che il nostro Servizio sanitario pubblico sta attraversando nella nostra Regione.

 

Partecipano per la Regione Piemonte Federico Riboldi, assessore alla Sanità; per la Città di Torino Jacopo Rosatelli, assessore alle Politiche sociali; Antonio Scaramozzino, direttore sanitario delle Molinette; Giovanni Monchiero, già direttore di aziende sanitarie; Roberta Siliquini, direttrice Dipartimento di Scienze della Sanità Pubblica e Pediatriche, Torino Italia, già Presidente del Consiglio Superiore di Sanità, Ministero della Salute; Paolo Vineis, Professore Epidemiologia Ambientale Imperial College di Londra.

 

Gli incontri di SaluTO 2025 saranno disponibili sul sito lastampa.it.

La Stampa è Mediapartner di SaluTO 2025.

 

Chi organizza

SaluTO Torino. Medicina e Benessere nasce nel 2019 ed è realizzato dalla Scuola di Medicina dell’Università degli Studi di Torino e dalla Città di Torino in collaborazione con il Politecnico di Torino, con il sostegno di Compagnia di San Paolo e Regione Piemonte.

La manifestazione è organizzata dall’associazione Sapere Aude presieduta da Antonio Amoroso, già professore di Genetica Medica Università degli Studi di Torino, membro del Comitato scientifico di SaluTO.

www.saluto.net

 

In allegato il programma di SaluTO2025 e la scheda “Le App per la salute. News dalla recentissima letteratura scientifica internazionale”

Immagini: Ezio Ghigo, Coordinatore del Comitato scientifico di SaluTO e un’immagine dell’edizione 2024

 

 

 

Cristiana Ferrini: “Mio Padre, Il Capitano dei Capitani. Giorgio Ferrini, una storia granata” / 1

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Di Laura Goria

Cosa si può dire di un uomo meraviglioso che muore a soli 37 anni, lascia una moglie innamoratissima, due figli ancora piccoli e una moltitudine di tifosi affranti?

Il mitico capitano del Toro, Giorgio Ferrini, mancato l’8 novembre del 1976, rivive ora nelle pagine scritte dalla figlia Cristiana; un’intensa dichiarazione di amore al suo “Papitano”, che ha chiuso gli occhi ed è volato via troppo presto.

E sfatiamo subito l’errata idea che sia solo un libro di sport. No! E’ infinitamente di più.

Innanzitutto è la biografia dove sfogliamo la vita semplice –eppure straordinaria- di un uomo con valori solidi, spinto da un’immensa passione, notevoli doti, animo profondamente buono e corretto.

Ma con un tempo breve come un lampo che ne ha fatto leggenda.

Sono memorie preziose, uniche e appassionanti che vi conducono nella quotidianità del campione, scorrevoli come un ottimo romanzo. Soprattutto… distillate dal cuore.

Cristiana è la fotocopia al femminile di “Papitano” Giorgio. Stessi occhi color cielo terso, capelli biondi, cuore sempre spalancato agli amici, inscalfibile senso di lealtà, identica tenacia da mula triestina, di quelle che non mollano mai.

Indossa il cognome Ferrini come seconda pelle ed apre lo scrigno dei ricordi, regalandoci l’essenza di suo papà. Traccia il profilo innanzitutto dell’“Uomo”; prima ancora che del mitico campione granata.

Lo fa con l’emozione di una figlia che nel Dna ha ereditato la capacità di convertire l’impatto del dolore in tempra straordinaria. Oggi è una donna felicemente ancorata alle sue radici; ha volato alto per tornare realizzata, sempre positiva e con una gioia di vivere contagiosa.

Questa intervista è solo la punta dell’iceberg di un intero pomeriggio trascorso insieme. Peccato che le parole sciorinate per iscritto non possano trasmettere pienamente i toni vibranti della sua voce, l’entusiasmo straripante dalle sue parole, la luce che scintilla e diffonde radioso il suo sguardo mentre racconta la genesi del libro che… ci dice:

«E’ dentro di me da sempre. Sono pensieri, frasi, brani di canzoni o un tramonto che mi fanno pensare di raccogliere qualcosa da dedicare a lui. Probabilmente è arrivato il momento maturo in cui sono riuscita a scrivere quello che avevo dentro».

  1. Giorgio che uomo era?

Innanzitutto una persona per bene, con valori profondi, leale, incorruttibile, giusto, altruista. Buono, ma non debole; non scendeva a compromessi e non aveva mai secondi fini. Un puro, ma anche figura carismatica, un leader che ha portato i suoi valori nello spogliatoio e nella compagnia degli amici. Oggi percepisco dai racconti di chi l’ha conosciuto che era speciale e pieno di qualità. Cosa non scontata.

  1. Per te chi era l’amato “Papitano”?

Come per le mie amiche, il papà era il principe azzurro, la prima figura maschile di riferimento. Ma penso di avere avuto una fortuna in più; lo chiamavo “Papitano” proprio perché era anche il capitano della mia squadra del cuore. Io ero tifosissima fin da piccola; portata allo stadio dai nonni e dagli zii, casualmente, poi in me è nata la passione.

3) Hai perso il tuo Idolo quando avevi solo 12 anni: come si sopravvive e si supera?

Ci sono rabbia e rancore, poi ho visto la sofferenza di mamma e Amos, e in un pomeriggio sono cresciuta da bambina ad adulta. Ho sentito che dovevo proteggerli. Ero troppo piccola per un dolore così grande, e qualcuno doveva tenere duro. Per salvarmi, ho voluto farne la mia forza e conviverci. Mi sono creata come un film dove lui c’era e questo mi ha sempre aiutata.

4) Come si cresce con il rimpianto?

Io non l’ho lasciato quel giorno; per me era andato via solo il suo corpo. All’inizio, soprattutto nei week end, la sua assenza fisica era sopportabile, come se fosse al solito ritiro. Invece nei momenti importanti, come scelte da prendere, avvertivo terribilmente il vuoto.

5) Che genitore è stato per te e come siete stati educati?

Un papà amico, ma severo; con la sua parte di dolcezza e comprensione nei giochi e nei compiti. Poi si sdoppiava e diventava il mio idolo in campo.

In famiglia esistevano delle regole, papà e mamma per noi c’erano sempre ed erano il punto di riferimento. Ci davano la possibilità di sbagliare, ma poi dovevamo crescere e andare con le nostre gambe.

6) I ricordi più belli che hai di lui?

Sono infiniti e continuano a riaffiorare, perché da quando li ho messi nero su bianco, si è scatenato di tutto, tanto da scrivere un altro libro.

7) E con lui?

Un ricordo solo nostro è la nuotata. Esperienza forte e fisica, che facevamo in mare, soprattutto quello scuro e melmoso di Lignano. Mi prendeva sul dorso, ci immergevamo sott’acqua fin sul fondo, e riemergevamo. Poi un’altra spinta e tornavamo giù. Come due delfini sospesi uno sull’altro, staccati, io lo abbracciavo senza bloccarlo e ne imitavo il movimento. Era bellissimo!

E la prima volta nelle acque cristalline della Sardegna è stato pazzesco. Ancora oggi, ogni volta che mi tuffo, innanzitutto, mi immergo allo stesso modo. E quando vado sotto…è quello…il momento in cui forse ci uniamo ancora.

8) Quanto eri una fan sfegata?

La fede granata in me era innata. Adoravo andare allo stadio con papà, che mi guardava perplesso, chiedendomi se non preferissi giocare con le amichette.

Invece sceglievo di fare i compiti sulle gradinate e seguire gli allenamenti. Se il tempo era brutto stavo con la custode del Filadelfia, signora Franca, che mi ha insegnato a cucire e rammendare. Ancora oggi, per me, lì è casa.

Ed è curioso, perché pensa che, paradossalmente, l’unico pallone in famiglia, non l’aveva portato papà dallo Stadio, ma comprato la mamma, supplicata da me e mio fratello.

9) E Amos?

Era più piccolino, i compagni di squadra di papà gli facevano un sacco di scherzi e per lui era una tortura. Fingevano di fargli il gesso, un’iniezione, la doccia fredda. Papà, con intelligenza, aveva capito che il calcio non era il suo sport e, con sensibilità, l’aveva indirizzato verso la vela e il motocross.

10) Tuo fratello assomiglia a Giorgio?

Ha tutta la sua gestualità, che è pazzesca. Ma quanto a carattere, Amos è selettivo. Da un amico pretende tanto, è più esigente; a volte stupito che si comporti con lui in un certo modo. Invece papà di amici ne aveva veramente tanti. Amos no, è un solitario. Ma i principi e i valori che porta avanti sono gli stessi. Gli ho chiesto se voleva scrivere qualcosa e la sua introduzione è davvero bellissima.

11) Cosa ti è mancato più di papà nelle varie fasi della tua vita?

Sono credente e non chiedo mai “Perché non ci sei?”. So che c’è! Lo sento sempre presente e gli chiedo di guidarmi, non farmi sbagliare o fare il passo più lungo della gamba. Come se continuasse un dialogo e un confronto tra me e lui.

Ovvio che nelle scelte di studio e lavoro mi sono confrontata solo con mamma, che è stata bravissima. Ma aveva le sue idee e cercava di proteggerci, era cauta soprattutto se c’erano investimenti da fare. Si, l’opinione di papà sarebbe stata importante.

12) Perché Giorgio, fin da piccolo, pur essendo Triestino, aveva questo amore incondizionato per il Toro?

Non lo sappiamo, ed è inspiegabile, tanto più che all’epoca il calcio non era importante come oggi. Aveva voluto il numero 8 rabberciato col panno lenci su una maglietta. E sua mamma gli aveva anche confezionato un pallone con la gomma piuma, ricoperta di stracci cuciti insieme.

Non si capisce neanche perché proprio l’8 che non era neanche quello di Valentino Mazzola. Forse è il destino.

13) Quando l’aereo con a bordo la squadra del Grande Torino si schiantò a Superga, il 4 maggio 1949, per Giorgio fu straziante. E’ vero che quel dolore contribuì a forgiare il futuro capitano Granata?

L’aneddoto ce lo raccontò nonna. Papà, appena apprese la notizia corse via disperato; senza dirle niente, mentre lei stava allattando zio Bruno, di 10 anni più piccolo.

Inconsolabile, camminò da solo, lungo il mare fino a notte fonda, mentre tutti lo cercavano preoccupati.

Quando tornò, il padre non ebbe cuore di punirlo perché, guardandolo negli occhi, lo vide talmente sconvolto che lo mandò a dormire.

Al mattino gli chiesero spiegazioni e lui angosciato…«Ma sono morti tutti i miei eroi, volete capirlo!», poi aggiunse «Io diventerò il capitano!».

14) Giorgio era molto umile e semplice, come fu la sua infanzia?

E’ cresciuto in casa Ferrini dove c’erano molto amore, gioia, allegria, armonia… e la povertà del dopo guerra. Ma affrontata con lo spirito tipico dei triestini che sono goderecci e sanno far festa in modo sano e con poco. Si riuniscono, cantano e si divertono. Uova sode e sale, sedie a sdraio in macchina e per loro è vacanza.

Poi c’era il palazzo, con tutte le porte aperte, un modo per dire che esisteva condivisione tra le famiglie: gioie, dolori, chi aveva una patata la passava all’altro, nella corte i bambini giocavano insieme, una mamma li controllava e loro si guardavano tra loro. L’ultima volta che sono andata a Trieste l’ho visitato; c’è ancora, riammodernato, in lontananza il mare e l’Istria.

15) Passò dai banchi di scuola direttamente all’età adulta. Come arrivò la svolta dell’ingaggio granata?

Conclusa la scuola dell’obbligo lavorò in una fabbrica di scarpe americana; perché doveva già contribuire al bilancio familiare e per i nonni era l’avvio di un impiego sicuro con probabile assunzione all’orizzonte.

Dopo gli esordi a pallacanestro, era passato al calcio e uscito da lavoro si allenava e giocava nella squadra di Trieste, la Ponziana, dove era stato notato. Già allora aveva una marcia in più.

Dal Toro arrivò il dottor Motto, che poi ho conosciuto, e mi ha raccontato come i nonni lo ricevettero a casa con educazione, ma anche ostilità. Quando propose un contratto, il nonno rispose che a lui interessava solo quello con la fabbrica.

Nonna, invece, quasi bisticciando, si impose e disse «No, Giorgio va! Farà sempre in tempo a tornare, ma se non prova, ci chiederemo tutta la vita se abbiamo sbagliato. E poi chi siamo noi per dirgli di no!».

16) In parte, dunque, si deve a tua nonna l’arrivo di Ferrini 15enne al Toro, che donna era?

Tostissima, lungimirante, molto moderna, intelligente. Sicura, forte, coraggiosa, tipica donna giuliana, di confine. E ti dico anche che, finché c’è stata, è la persona alla quale ho sempre chiesto un consiglio e lei me l’ha dato ogni volta lucidissimo. Su qualsiasi cosa, a partire dal fidanzatino, mi diceva «no, non è giusto…», oppure «Cri, aspetta, sei frettolosa, lascia un attimo che le cose si calmino, cerca di ragionare…»

17) L’amore tra tua mamma Mariuccia e Giorgio sbocciò con un candore di altri tempi. Corteggiamento e timidezza…direi…a ruoli invertiti…

Lo raccontavano insieme ridendo e mamma ne ha riparlato a Natale.

Papà era timidissimo e complessato per l’acne; lei invece per niente e spigliatissima. Arrivava dalla Val Sugana che le stava stretta, e a Varese era cassiera in un bar. Bella e parecchio corteggiata, era però incuriosita da quel giovane sempre a testa bassa. Quando un amico le svelò che a Giorgio piaceva molto, prese in mano la situazione e organizzò un pomeriggio danzante col jukebox.

Arrivato da solo, papà si mise dietro la console, mamma andò a chiedergli di cambiare musica e lo invitò a ballare. Ha fatto tutto lei.

Peccato che i nonni avessero mandato zia Sandra, più piccola di 10 anni, per riportare a casa la sorella. E che papà abbia sentito il commento della ragazzina “Ma con tutti i ragazzi belli che ci sono ti sei messa a ballare proprio col più brutto”.

Papà sparì e mamma per riconquistarlo iniziò a comprare i giornali sportivi per capire chi fosse. Chiaro che lei non ne sapeva molto, ma lo provocò dopo un’espulsione; e lui risentito “Prima di fare queste battute vieni a vedermi”. Non se lo fece ripetere due volte e la storia si sbloccò.

Lei iniziò a seguire tutte le partite e a fare il tifo: lui a dare il meglio di sé in campo per piacerle.

18) Davvero un amore candido…

La storia poi è cresciuta, ma nel massimo rispetto delle regole. Entrambi lontani da casa, alloggiavano nella stessa pensione, dove si dormiva con le porte aperte e se avessero voluto…avrebbero potuto fare tutto quello che volevano, come tanti altri. Ma loro invece no! Mamma dice che erano due imbranati. Si limitarono a baci, carezze e abbracci e non superarono mai il limite prima del matrimonio. Lei tenne fede al diktat di sua madre che le aveva detto: “La reputazione, stai attenta, mai rovinartela. Lo ami, però aspetta”.

19) Che marito è stato?

Lui in casa era una bella figura, non dominava mamma, avevano i loro ruoli. Erano scherzosi, soprattutto ancora molto innamorati, avevano appena 34 e 37 anni e ancora tanto da darsi.

Li ricordo soprattutto sul divano abbracciati e giocosi: mamma che lo scompiglia tutto, lui che la lascia fare, con sguardi pieni di amore. Oppure giocare a cuscinate sul lettone tutti e quattro insieme; iniziavano sempre loro due, poi ci buttavamo anche io e mio fratello.

Non era mai per cose gravi, ma papà odiava le discussioni, mamma il contrario e quando qualcosa la infiammava, lui faceva muro; ogni tanto diceva “Rossa, basta!”, poi usciva e andava dai vicini Mori, o a camminare. Quando tornava, mamma avrebbe voluto riattaccare, ma ormai non era più il momento.

20) A voi che esempio è arrivato?

Direi perfetto. Amos ed io in casa avevamo un clima sereno e siamo cresciuti con un fortissimo senso della famiglia, dei suoi valori fondamentali. Ci sono entrati sottopelle grazie all’esempio e ai comportamenti quotidiani di mamma e papà, come si muovevano, come erano. E se pensi che da lui ho assorbito un segno così forte in soli 12 anni, l’esempio era davvero alto; certo poi portato avanti da una mamma eccezionale.

21) Quanto costava a lui e a voi il tempo sottratto alla famiglia per la squadra.

La normalità era che andava e veniva. Ma quando c’era, esisteva la qualità! Siamo cresciuti sapendo che nostro papà aveva semplicemente ritmi diversi. Certo, quando riuscivamo a godercelo più a lungo era una gioia enorme. Credo che per lui fosse un sacrificio molto meno che per noi, perché stava facendo quello che amava. Allora i calciatori il lunedì sera andavano nei Toro Club con la famiglia e neanche questo per lui era faticoso.

22) Giorgio era di poche parole, ma i suoi gesti e silenzi quanto erano intensi?

Gli occhi e il gesticolare erano il suo parlare. Con lo sguardo comunicava con me, gli amici e gli altri. A volte bastava che ci guardassimo da lontano come sapevamo fare noi…e non doveva dire nulla, lo sguardo bastava.

Ho ancora nitido il ricordo di quando era l’ora di andare a letto dopo il mitico carosello; mi guardava semplicemente indicando direzione zona notte. La magia era tutta negli occhi e nella gestualità.

23) La prima parola che ti viene in mente quando pensi a tuo papà?

I suoi occhi! Pace!

Cristiana Ferrini: “Mio Padre, Il Capitano dei Capitani. Giorgio Ferrini, una storia granata”  Cairo Editore

 

PS. Il libro offre anche la possibilità di rivedere immagini della vita di Giorgio Ferrini, molte inedite, e ricordi vari della carriera del capitano. Erano conservati in un baule che ora Cristiana mette a disposizione di tutti.

Basta inquadrare con la fotocamera del vostro cellulare il QR code che trovate sul risvolto di copertina. Vi collega alla pagina Instagram Giorgio Ferrini 8, dove Cristiana carica costantemente materiale prezioso.

 

CONTINUA…….

MITO per la Città, al Conservatorio una Messa per le vittime della guerra in Kosovo 

Dal 10 al 23 settembre si svolgerà la rassegna parallela a MITO Settembre Musica, che prende il nome di MITO per la Città e che, dal 2009, offre musica a chi non può raggiungerla. Durante quelle settimane, MITO per la Città torna a disegnare un cammino collettivo che attraversa Torino con la forza silenziosa ma potente della musica. Si tratta di un percorso fatto di tappe, itinerari e incontri che attraversano non soltanto i luoghi della cura, ma si espandono a quelli della formazione, della fragilità e della quotidianità. Dalle scuole agli ospedali, dai quartieri piu lontani dal centro ai mercati, dalle case di riposo ai parchi urbani, ogni concerto è un invito a fermarsi, ad ascoltare e a riconoscersi parte di una comunità. Con oltre 100 appuntamenti gratuiti per tutta la città, MITO per la Città dà voce a una Torino che costruisce legami, che valorizza i talenti dei più giovani e riconosce nella musica un bene comune. Si tratta di un cammino d’armonia che significa riconoscersi parte di un tutto, ascoltarsi, accogliere le differenze e farne una ricchezza condivisa.

Alle ore 20, al Conservatorio Giuseppe Verdi, all’interno del percorso ‘Rivoluzioni – Tempi di guerra, tempi di pace’, l’Orchestra del Teatro Regio, il Coro Valdese di Torino e il Coro dell’Istituto musicale Arcangelo Corelli di Pinerolo, eseguiranno, di Kerl Jenkins “The Armed Man – a Mass for Peace”. Composta nel 1999 dal gallese Jenkins, si tratta di una messa dedicata alle vittime della guerra in Kosovo che combina elementi sacri e profani, mescolando stili musicali e testi provenienti da culture religiose diverse. Seguendo il filo conduttore del medievale ‘L’Homme armé’, questa celebrazione rappresenta una delle messe contemporanee più significative per il messaggio di speranza e conciliazione che porta con sé. Il direttore è Nicolò Foron, il maestro del Coro Walter Gatti, soprano Giulia Bolcato, mezzosoprano Annunziata Vestri, tenore Lorenzo Martelli, basso Stefano Marchisio.

Mara Martellotta

Parole, incontri e visioni: il Circolo dei lettori inaugura il 2025/2026

A Torino il 9 settembre ale ore 11 si alzerà ufficialmente il sipario sulla nuova stagione 2025/2026 della Fondazione Circolo dei lettori, cuore pulsante della vita culturale cittadina.
Con l’annuncio del calendario, prenderà il via un anno denso di appuntamenti pensati per trasformare la letteratura in esperienza viva: incontri ravvicinati con autori, dialoghi con protagonisti del panorama intellettuale nazionale e internazionale, momenti di riflessione e scambio che hanno reso il Circolo un punto di riferimento imprescindibile per Torino.

Anche se il viaggio ufficiale sarà appunto il martedì, già oggi 8 settembre alle 18.30 la Fondazione sarà pronta ad accogliere un grande scrittore di respiro internazionale: Nathan Hill. Considerato tra le migliori voci della letteratura americana, l’autore presenterà al pubblico il suo ultimo successo “Wellness“. Il libro è un intenso canto del sull’ amore coniugale contemporaneo o il resoconto di due anime che, affiancate, attraversano la vita, attraversano l’esistenza in modo ironico e tenero ma anche spietato.
La triade di incontri entra nel vivo il 9 settembre alle 18.30 con una voce che non ha bisogno di presentazioni: Elizabeth Strout. L’autrice americana, raffinata e magnetica, arriva a Torino per raccontare il suo nuovo libro “Raccontami tutto“, attesissimo dai lettori di tutto il mondo.
Strout, capace come poche di trasformare le fragilità umane in materia letteraria pulsante, ha conquistato pubblico e critica fin dal suo romanzo d’esordio, diventando un vero fenomeno editoriale. Finalista al PEN/Faulkner Prize e all’Orange Prize, vincitrice del Los Angeles Times Art Seidenbaum Award e del Chicago Tribune Heartland Prize con l’indimenticabile Olive Kitteridge (2009), la scrittrice torna a sedurre le pagine e le platee con la sua prosa intensa e rivelatrice, pronta a incantare anche il pubblico torinese.
Con la nuova stagione, il Circolo dei lettori conferma la sua vocazione: essere non solo un luogo dove i libri si presentano, ma uno spazio vivo in cui le storie si intrecciano con le vite di chi le ascolta. Un anno di appuntamenti che promette di accendere curiosità, stimolare pensieri e, soprattutto, avvicinare ancora di più la città alla voce degli autori. Torino, ancora una volta, si prepara a riconoscersi nelle parole.
Valeria Rombolá