Cosa succede in città- Pagina 394

Nuove telecamere per controllare gli ingressi alla Ztl

Presto  nuovi ‘occhi’ elettronici controlleranno gli accessi in Ztl. La giunta municipale ha dato il via libera all’attivazione di 6 nuove porte elettroniche: 4 nell’attuale perimetro della Ztl Centrale e 2 all’esterno sulle corsie riservate di piazza Statuto e via Valperga Caluso.  L’intervento costerà  560 mila euro e  sarà finanziato dal ministero dell’Ambiente. L’assessora alla Viabilità e ai Trasporti, Maria Lapietra, spiega all’Ansa che la decisione è stata presa “dopo aver riscontrato un significativo numero di accessi non autorizzati in alcune aree di Ztl riservate al transito dei mezzi pubblici di trasporto. Per ragioni di pubblico interesse -e per agevolare il trasporto collettivo abbiamo deciso di rafforzare l’attuale sistema di controllo sulle corsie riservate a tram, bus e taxi”.

 

(foto: il Torinese)

Linea di confine. Spigolature di vita e storie torinesi

di Pier Franco Quaglieni

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Cossiga il presidente picconatore, ma non solo – Onorò l’Italia in pace e in guerra – Salgàri  riscoperto  a Milano  Un grill sull’autostrada Savona -Torino Pirandello 150 anni

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Cossiga il presidente picconatore, ma non solo
Sono stato in rapporti di amicizia con il presidente Francesco Cossiga, un uomo fuori ordinanza e un presidente su cui ancora oggi è impossibile dare un giudizio storico. Le sue “picconate” e le sue “esternazioni” insieme alle assurde richieste di Occhetto di metterlo sotto impeachment , guastarono un settennato non privo di dignità. Era un sardo con un carattere caparbio e un coraggio capace di fronteggiare tutte le situazioni. Intuì le degenerazioni del CSM che affrontò secondo modalità non proprio ortodosse,pur di denunciare le cose che incominciavano a delinearsi.   Capì che la I Repubblica stava morendo e lui stesso finì di dargli il colpo di grazia. Lasciò il Quirinale, lui di profondi sentimenti repubblicani,al suono dell’Inno Sardo. Venne una volta a visitare una mostra da me organizzata alla Biblioteca Nazionale Universitaria su “Cavour nella caricatura”che gli piacque e di cui volle ricevere al Quirinale qualche vignetta. Assediato dai giornalisti,si lasciò trascinare nelle solite “esternazioni” che ridussero i servizi televisivi della visita a poche immagini.Ci rimasi male,Mario Soldati,intuendo la cosa andò a cena con il Presidente la sera precedente ,ma preferì non trovarsi all’appuntamento. Fui costretto a riceverlo io,aiutato all’ultima ora  dal capo del cerimoniale del Quirinale.Mi scrisse lettere e messaggi bellissimi che ,a volte, rileggo.Solo Ciampi fu più benevolo ed amico di lui. Una volta mi invitò a cena alla prefettura di Torino insieme a Bobbio ,Galante Garrone e pochi altri. “Repubblica” intitolò l’articolo “Una cena  tra amici”. Si parlò di tutto e di tutti,senza seguire cerimoniali. Bobbio

(AP Photo/Luca Bruno/Files)

disse che Miglio,il futuro ideologo  della Lega,era uno studioso di rango,il presidente parlò di un maestro del diritto come Arturo Carlo Jemolo ed ebbe un giudizio non entusiasmante su Calamandrei. Bobbio e Galante Garrone amici di Calamandrei, non proferirono parola.
Era il 1989,era caduto il Muro di Berlino e si poteva parlare liberamente senza giungere alle fratture irrimediabili che purtroppo caratterizzeranno gli anni successivi. Claudio Gargioli, il grande chef del ristorante “Armando al Pantheon” di Roma racconta in un suo recentissimo libro di cui scriverò in altra occasione,di un incontro fortuito in una chiesa della Capitale con il presidente che dimostrò, anche in quell’occasione, il suo spirito libero che sapeva sorprendere gli interlocutori. A Torino in un suo discorso nell’Aula del Consiglio comunale aveva invece messo in difficoltà il sindaco liberale Zanone,salutando pubblicamente e con molti elogi l’ex Rettore Giorgio Cavallo e la M.O. Sogno,due liberali che Valerio non amava.

 

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Onorò l’Italia in pace e in guerra
Vent’anni fa moriva mio padre.Nel necrologio apparivano le parole :”Servì con dignità e onore l’Italia in pace in guerra”. C’erano tante autorità ed amici nella chiesa dove vennero celebrati i suoi funerali. Dissi qualche parola in suo ricordo con parole spezzate dall’emozione. Pur gravemente malato dal 1992,piansi quando mi telefonarono, mentre facevo lezione,per dirmi che stava morendo.Non arrivai in tempo,in effetti era già mancato prima della telefonata. Il prof. Luigi Resegotti scrisse anni dopo in un suo libro:”Quando dirigevo la Divisione Ospedaliera di Ematologia delle Mollinette avevo occasione di seguire una persona di grande rilievo,di cui non dimenticherò mai la squisita signorilità e il coraggio con cui affrontava la malattia e la sofferenza(…).” Rinunciò di fatto alle vacanze in luglio ed agosto per stargli vicino e curarlo.Spesso parlava con lui,cercando di rincuorarlo. Mio Padre, severissimo sulle piccole cose (guai se tardavo nel rientrare a casa e guai se non mettevo, almeno in città, sempre la giacca e la cravatta:potei disporre,di fatto,delle chiavi di casa solo quando venni eletto consigliere comunale) era un vero liberale nelle scelte importanti.

Mi consentì sempre di pensarla come volevo e non mi evitò errori che il suo intervento avrebbe potuto impedirmi. Ricevette molte onorificenze importanti,ma non amava esibirle,anzi non le considerava importanti. L’ho conosciuto, di fatto, profondamente solo nei lunghi colloqui durante la sua degenza nel reparto pensionanti delle Molinette nell’afosa estate del 1992. C’erano nelle stanze accanto il prof. Wick,grande scienziato allievo di Fermi e il prefetto di Torino Lessona con i quali scambiava qualche parola. Amava profondamente il lavoro;pur febbricitante,si alzava dal letto per finire un lavoro incominciato che voleva assolutamente finire. Una grande lezione data coll’esempio. Aveva vissuto gli anni durissimi della guerra,aveva subìto ,a causa di un  devastante bombardamento la perdita della casa e durante gli anni dal ’43 al ’45 si era dovuto adattare a  percorrere lunghi chilometri in bicicletta, d’estate e d’inverno. Visse pochi periodi davvero sereni,ricambiato dall’amore incondizionato di mia madre.Forse solo nella casa di Bordighera ( che amava ,vedendola trasfigurata nella celebre opera di Monet )e nella casa di campagna di Almese,in mezzo alle sue  piante e ai suoi  fiori ,fu felice.Io non so assecondai nel suo lavoro di giardiniere appassionato,ma poi col tempo io stessi divenni giardiniere.Ambedue capimmo che era ora di “coltivare il nostro giardino” come il Candide di Voltaire.  Riposa a Torino in una tomba per la quale Luigi Spazzapan creò una sua scultura che  per la sua bellezza finì parecchie volte sui giornali. Io detestavo frequentare i cimiteri,ma, quando lui morì,sentii per lunghi periodi la necessità  di andare settimanalmente a dialogare  silenziosamente con lui,riprendendomi i lunghi periodi in cui ci parlavamo poco, un po’ per i suoi impegni,un po’ per il mio carattere “poco affettuoso”,come a volte mi disse.Dialogare con il suo“cenere muto” come scriveva Foscolo. Ancora oggi penso che la mia vita sarebbe stata migliore e, soprattutto, non avrei commesso alcuni errori,se avessi avuto l’umiltà di attingere alla sua esperienza.Non lo feci e sbagliai.

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Salgàri  riscoperto  a Milano

Il “Corriere della Sera”ha iniziato a ripubblicare le opere di Emilio Salgàri e non Salgari come molti dicono a Torino.Salgàri come Bengàsi e non Bengasi. Lo scrittore si suicidò nella nostra città un po’ per le gravi condizioni della moglie,per il suo stato di indigenza,per l’avidità degli editori strozzini e per lo scarsissimo interesse suscitato dai suoi libri nella critica che lo relegò nel lazzaretto degli scrittori per ragazzi.Solo la regina Margherita si era accorta di lui ,conferendogli il cavalierato della Corona d’Italia:troppo poco per vivere in una Torino provinciale e chiusa che non era in grado di capire lo scrittore. In verità, Torino fu avarissima anche verso tanti altri intellettuali costretti ad emigrare per veder riconosciuto il loro talento.Salgari commise l’errore inverso ,cioè quello di trasferirsi a Torino:un errore irrimediabile. A rivalutarne l’opera ci pensò Andrea Viglongo che pubblicò per anni Salgàri. Forse senza Viglongo, non sarebbe stata pensabile neppure l’iniziativa editoriale del “Corriere”. Mi ha addolorato non leggere il suo nome nelle due pagine del “Corriere” dedicate al lancio promozionale della vendita .Anche la televisione con le puntate dedicate a “Sandokan” ha contribuito a farlo conoscere,sia pure in modo parziale. Aveva anche scritto il romanzo storico “Cartagine in fiamme” e “Le meraviglie del Duemila “,un romanzo quasi fantascientifico che andrebbe riletto oggi che nel Duemila siano entrati da 17 anni. Fa piacere che il maggior quotidiano italiano lo riscopra,riavvicinandolo al grande pubblico.Il primo volume  è dedicato ad un aristocratico piemontese, il conte Emilio di Roccabruna,Signore di Ventimiglia,il Corsaro Nero.

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Un grill sull’autostrada Savona – Torino
Gran parte dei torinesi conoscono e continuano ad apprezzare da tempo il grill di Vispa,frazione di Carcare. Scriveva nel 1994 Stefano Pezzini che, dopo tanti anni come giornalista di rango  nella gloriosa redazione de “La Stampa” di Savona capitanata da Sandro Chiaramonti, dirige il blog “Liguria e dintorni” ,una guida alle meraviglie liguri ,con un occhio attento anche alla gastronomia:” “Protagonista dell’abbinamento  viaggio-promozione-turismo è Diego gestore di una delle più caratteristiche aree di servizio autostradali”. Io non amo particolarmente i panini,ma in quel posto essi sono buoni,freschi ,originali: frittata appena fatta, uova al tegamino con tartufo, parmigiana alle melanzane e tanto altro. E si è sempre trattati con molta cortesia,anche se Diego io non l’ho mai visto. Unica  piccola pecca è che il distributore attiguo della Tamoil non abbia il GPL,una carenza in un lungo pezzo di autostrada che consente prezzi esosi ai gestori successivi,in particolare a quello dove c’è anche una specie di ristorante self-service che fa desiderare avidamente i panini di Diego. A Vispa c’è davvero un’oasi piacevole in cui il consumismo e la globalizzazione che distruggono i sapori,  non sono ancora arrivati.

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Pirandello 150 anni
Luigi Pirandello nacque  a Girgenti,l’attuale Agrigento, il 28 giugno 1867.Sicuramente è stato il più grande drammaturgo italiano. Di livello davvero internazionale,oltrepassando ,come nessuno scrittore siciliano riuscì a fare,l’originario “provincialismo” di origine verista .  Il riconoscimento del Premio Nobel conta poco perché tanti premiati non ebbero la statura di grandi scrittori,anche a prescindere dal Nobel più immeritato,quello conferito a  Dario Fo. Il riconoscimento vero lo ebbe e continua ad averlo dal pubblico che lo apprezza e lo ama.In qualche modo Pirandello,come Montale nella poesia, ha incarnato il dramma esistenziale dell’uomo moderno e anche in un periodo post -moderno la sua opera continua ad interessare. Fu acuto indagatore della crisi post -risorgimentale,così come ebbe una caduta che spesso viene sottaciuta: nel 1924 ,all’indomani del delitto Matteotti chiese a Mussolini “l’onore” di entrare nel partito fascista. In effetti fu un fascista molto atipico che omaggiò il regime molto meno di tanti altri che poi si rifecero una sorta di verginità antifascista,se non addirittura resistenziale. Spiace ricordarlo, Ungaretti,sommo poeta,su fascistissimo. Per i 150  anni anche in Piemonte si sono svolte e si svolgeranno molte manifestazioni che meriterebbero di essere citate.“Il Torinese” ne ha già scritto e ne scriverà. Nel 1901 Pirandello trascorse un periodo di vacanza a Coazze ospite della sorella e rimase entusiasta di quei luoghi.Ne scrisse in un quadernetto  dedicato a Coazze che nel 2001 ha dedicato sontuosi festeggiamenti al centenario della vacanza di Pirandello il quale  rimase colpito da una scritta a caratteri cubitali sul campanile della chiesa : “Ciascuno a suo modo”. Un’orribile scritta di fine ‘800 che però trasmette un messaggio rispettoso di tutti,direi quasi un messaggio laico-liberale. Quasi un ossimoro, se pensiamo il luogo dove venne scritto.Ma quella scritta sottintende anche una sorta relativismo ante litteram  insito nello stesso Pirandello che riteneva la verità impossibile da trovare:Uno,nessuno centomila,per dirla con un suo titolo di successo.Lo stesso drammaturgo parlerà di “tante maschere e pochi volti”.Sta di fatto che quella frase sul campanile di Coazze divenne a sua volta  il titolo di un suo dramma.Un vecchio giavenese  mi raccontava che era stato il parroco a far scrivere sul campanile il titolo del dramma pirandelliano come omaggio all’illustre ospite,ma non era la verità,anzi la sovvertiva. Il racconto spiega però il culto che  Pirandello continua ad avere in tutta la Val Sangone per appena due mesi di vacanza nel 1901.

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LETTERE  scrivere a quaglieni@gmail.com

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Gentile Professore,

ho letto “Quando la borghesia non c’è più” e vi ho trovato espresse molte riflessioni che faccio da tempo. L’osservazione sulla cose “che possono capitare solo in Piemonte a dei dilettanti improvvisati” rispecchia l’impressione che ho da 10 anni, da quando vi abito arrivando da Milano, dove sono nata, cresciuta e vissuta. Negli anni “di piombo” e di “mani pulite” per me il Piemonte rappresentava un luogo di riferimento, un orizzonte a cui guardare, perché a Torino e nella regione vedevo svilupparsi progetti che “facevano scuola” di innovazione sociale. In particolare, alcune esperienze in cui si sviluppavano insieme un confronto aperto tra classi operaie, borghesia e “aristocrazia” imprenditoriale e un dialogo inter-religioso che coinvolgeva i sacerdoti insieme a laici, agnostici e spiriti di ogni credenza e convinzione con la stessa sensibilità – un “senso della dignità” che oggi sembra svanito, evaporato e disperso, come “andato in fumo” perché, appunto, bruciato insieme a una pioggia torrenziale di soldi spesi in grandi, colossali opere e “macchine” culturali… Eppure, come nella “Milano da bere” degli anni ’90, quando invece che frequentare i circoli intellettuali del centro-città stavo in periferia e mi davo da fare con chi non si preoccupava degli affari di “mani pulite” perché soldi da “maneggiare” non ne aveva, non li aveva mai avuti e non li avrebbe mai ricevuti, anche in questi anni a Torino e in Piemonte ho incontrato persone che agiscono con competenza, che hanno fatto esperienze edificanti in una gavetta di cui i giornalisti parlano poco perché una sostanza che non fa clamore e “cassetta”! Sotto le ceneri dei trionfanti fuochi artificiali esplosi con dispendio di soldi “bruciati” dagli ingordi covano le scintille – sempre accese! – di chi ha fame perché non mangia e sa bene che con il fumo degli arrosti altrui non ci si riempie la pancia… Non disperi e continui, per favore, a dire la verità sui “re nudi” e le loro “corti dei miracoli”.

Maddalena B.

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La ringrazio per l’attenzione, la Sua lettera merita ampio spazio per cui la mia risposta sarà breve. In larga parte concordo con Lei,anche se il mondo a cui Lei forse  fa implicito riferimento ,lo sento estraneo o addirittura negativo: il Cardinale Pellegrino,anzi padre Pellegrino, umanamente e religiosamente algido,non mi ha mai entusiasmato e meno che mai il giornalista  che con lui iniziò un dialogo destinato  a spianargli l’elezione a sindaco.A me piaceva il vecchio Cardinal Fossati che per Torino fece moltissimo anche durante la guerra e che nessuno ricorda. Io rimpiango la Torino liberale ,pur con i suoi limiti,di Badini Confalonieri ,Jona, Zanone. Se posso dirlo, amo anche la Torino civile raccolta nei decenni attorno al Centro “Pannunzio”. Ma le Sue osservazioni sono giuste e  io mi impegno a continuare ad esprimere delle opinioni libere .La verità è un’altra cosa perché la verità è  per me crocianamente  un continuo divenire,un continuo farsi e quindi comprende anche l’errore. I punti di arrivo sono sempre nuovi punti di partenza. Così mi insegnavano i miei maestri all’Università ,altri fondamentali punti di riferimento di una Torino che non c’è più. Al massimo, quelli della mia generazione sono diventati professori senza mai riuscire a diventare maestri.          

   PFQ

Torino pulita, ecco la campagna rivolta ai padroni dei cani

“Raccoglierla non sarà un piacere, ma pestarla è molto peggio!”. Con questo slogan Amiat – Gruppo Iren, in collaborazione con la Città di Torino, ha scelto di riportare l’attenzione sul problema dell’abbandono delle deiezioni canine

 

Parte in questi giorni la campagna di comunicazione che la società ha promosso per richiamare i padroni degli animali a quattro zampe ad un comportamento semplice quanto fondamentale per permettere a tutta la comunità di vivere in una città pulita: raccogliere le deiezioni del proprio cane. Il visual scelto è un fumetto spiritoso, con una cane che, lasciato il proprio “ricordino”, viene condotto via dal proprio padrone, proprio ad evidenziare che la negligenza è solo dell’uomo, non di certo dell’incolpevole animale. Il linguaggio è spiritoso e vuole far sorridere, lanciando tuttavia un messaggio serio su un tema molto sentito dalla cittadinanza.   La campagna si articola su diversi media, una diversificazione dettata dalla volontà di raggiungere il target più ampio possibile, cioè tutti i padroni di cani che vivono a Torino: nei primi 20 giorni di luglio, infatti, il messaggio apparirà con spazi dedicati sui principali quotidiani torinesi e nella affissioni interne degli autobus in servizio su 50 linee cittadine. Per coinvolgere specificamente i destinatari primari della campagna, cioè i padroni dei cani, sono state prodotte card e locandine che saranno distribuite gratuitamente in un centinaio di negozi di articoli per animali e nei punti informativi della Città (tra cui Circoscrizioni e biblioteche civiche).

 

“Oltre ai quotidiani compiti di pulizia e raccolta rifiuti – ha detto l’Amministratore Delegato di Amiat Gianluca Riu – la nostra azienda è impegnata in attività di comunicazione e sensibilizzazione rivolte ai cittadini affinché gli stessi contribuiscano, con la propria condotta, a mantenere una città pulita e ordinata a beneficio di tutti. Questa campagna, che abbiamo voluto realizzare in modo divertente e spiritoso, pone l’attenzione su un problema, che soprattutto in estate, genera molto disagio e fastidio”.

 

 

“Gli spazi pubblici sono beni comuni la cui cura è compito di tutti – afferma l’assessore all’Ambiente della Città di Torino, Alberto Unia -. Raccogliere le deiezioni del proprio cane è un atto di rispetto della comunità e di amore verso la città: un semplice gesto che può fare la differenza. Pensare al marciapiede come a un pezzo della propria casa, come a qualcosa di proprio da proteggere e tenere in ordine, è il modo migliore per restituire alla nostra città un’immagine consona alla sua bellezza e al suo fascino, in ogni angolo del suo territorio”.

“Il museo della Resistenza deve continuare a vivere”

La situazione del Museo Diffuso della Resistenza di corso Valdocco rischia di passare da critica a drammatica per la mancanza di adeguate risorse, e dopo il grido d’allarme di Pietro Marcenaro – che nelle scorse settimane aveva richiamato l’attenzione rassegnando le dimissioni da presidente del Museo –  ora è l’accorato appello del mondo culturale torinese a chiedere un intervento a sostegno di questa importante realtà
 Sono decine – da Aldo Agosti a Giancarlo Caselli, da Marco Revelli a Bruno Segre, Alberto Sinigaglia, Sesa Tatò, Diego Novelli, Tullio Levi, Luciano Violante, Vladimiro Zagrebelsky e tanti altri – le personalità che hanno sottoscritto il documento in cui si sottolinea come il Museo realizzi “ quotidianamente un’opera di ricostruzione storica e di memoria che ha consentito di trasmettere a intere generazioni conoscenza della storia del Paese e dei valori della Resistenza e della Costituzione “. Per questo, scrivono “non possiamo tacere la nostra preoccupazione di fronte al rischio che l’attività del Museo della Resistenza venga compromessa dalla insufficienza di risorse e dal venir meno dell’indispensabile sostegno delle istituzioni”. Ed è a queste ultime che si rivolgono affinché assicurino, come è avvenuto fino ad oggi, “il sostegno e le risorse necessarie alla continuità operativa del Museo e delle sue attività”. Ma l’appello è rivolto anche ai cittadini, all’intera società torinese e ai suoi tanti mondi perché “con generosità vogliano contribuire, aderendo alla sottoscrizione di fondi che, come firmatari di questo appello, sentiamo la responsabilità di promuovere e di sostenere noi per primi”. Il Museo Diffuso della Resistenza, della deportazione, della guerra, dei diritti e della libertà , è stato inaugurato 14 ani fa – il 30 maggio 2003 –  presso il settecentesco palazzo juvarriano dei “Quartieri Militari“, in corso Valdocco a Torino. Nel tempo, il museo ha  valorizzato i luoghi della memoria, offrendo al pubblico l’opportunità di cogliere lo stretto rapporto fra storia e territorio, ha promosso un’intensa attività culturale ed educativa, comunicando ai giovani il senso e il valore di un momento fondante della nostra storia. Per chi volesse aderire, i contributi potranno essere versati con bonifico bancario intestato a: Associazione Museo Diffuso della Resistenza, della Deportazione, della Guerra, dei Diritti e della Libertà, Banca Prossima – IBAN IT80 Q033 5901 6001 0000 0019 375, oppure direttamente dalla pagina web:

TORINO E KYOTO PIÙ VICINE NELLA FORMAZIONE E NELLA RICERCA

Nuovi materiali e biotecnologie, architettura, design, riprogettazione e sviluppo urbano: sono questi i temi su cui si focalizzerà la collaborazione tra Politecnico di Torino e Kyoto Institute of Technology – KIT (Kyoto, Giappone), grazie a un memorandum of understanding siglato oggi a Torino dal Rettore Marco Gilli e dal Presidente KIT Masao Furuyama

 

Torino e Kyoto saranno quindi più vicine, grazie allo scambio di studenti dei corsi di laurea magistrale e dottorato di ricerca e a iniziative di formazione congiunte, come summer school dedicate a temi di grande attualità. Gli studenti avranno anche la possibilità di svolgere periodi di tirocinio nei due Paesi.

Dal punto di vista della ricerca, l’accordo propone la partecipazione congiunta a bandi e la realizzazione di progetti congiunti di frontiera relative alle tematiche che animano l’accordo. In più, la partnership prevede l’istituzione di un Centro congiunto di ricerca e formazione, che diventerà una vera e propria piattaforma nella quale convergeranno ricerca, formazione e trasferimento tecnologico, con due sedi fisiche: una a Kyoto e una al Politecnico.

L’accordo, di durata quinquennale, prevede anche attività di condivisione dei risultati della ricerca attraverso seminari, convegni e workshop, per produrre ricadute socio-economiche sui territori di riferimento, sia in Italia che in Giappone.

“Questo accordo apre interessanti prospettive di collaborazione con il Giappone tramite una sua prestigiosa università tecnica”, commenta la responsabile dell’iniziativa per il Politecnico Laura Montanaro (Dipartimento di Scienza Applicata e Tecnologia), che prosegue: “I settori individuati per le attività comuni godono di importanti complementarietà tra le due Istituzioni e sono altamente qualificanti, sia dal punto di vista delle prospettive di ricerca, che per quanto riguarda gli aspetti didattici. L’interesse del Kyoto Institute of Technology di collaborare con noi su queste tematiche conferma che si tratta di ambiti di eccellenza del nostro Ateneo riconosciuti a livello internazionale e ringrazio il professor Giuseppe Pezzotti, Vice Rettore di KIT, per aver creato questa opportunità che avvicinerà le nostre due università”.

Anche il Vice Rettore del Kyoto Institute of Technology Giuseppe Pezzotti conferma l’interesse per la collaborazione: “La realizzazione di un progetto di collaborazione con una Università di grande tradizione come il Politecnico di Torino è per il Kyoto Institute of Technology motivo di prestigio e simboleggia la forte volontà di internazionalizzazione delle Università giapponesi nei confronti degli Atenei europei”.

Via il grande caldo. Ma è allerta per fulmini, grandine e temporali

Dopo il grande caldo arriva il fresco, con il transito di una perturbazione di origine atlantica che porterà una nuova fase di maltempo sulle regioni settentrionali, in particolare Piemonte e Lombardia

Il  Dipartimento della Protezione Civile ha emesso un avviso di condizioni meteorologiche avverse, che segnala da ieri precipitazioni da sparse a diffuse e temporali, sulle due regioni, specie sui settori settentrionali. Previsti  rovesci di forte intensità, fulmini, grandinate e forti raffiche di vento. In riferimento  fenomeni previsti è stata valutata, per la giornata di oggi, allerta gialla su gran parte del Piemonte e della Lombardia.

 

(foto: il Torinese)

G7 del Lavoro, le minoranze chiedono che non venga fatto a Torino

Alberto Morano (Lista Civica Morano), Osvaldo Napoli (Forza Italia ), Fabrizio Ricca (Lega Nord),  Roberto Rosso (Direzione Italia) lunedì a Palazzo Civico  presenteranno la mozione che verrà depositata per la discussione in Consiglio Comunale per chiedere lo spostamento in un’altra città italiana  del G7 sui temi dell’economia e del lavoro  in programma a Torino dal 26 al 30 settembre. Spiega il notaio-consigliere Morano:

“Purtroppo non sussistono più le condizioni per poter organizzare un evento come il G7 nella nostra Città. Le gravi minacce di Askatasuna riportate da La Stampa, la contiguità tra alcuni esponenti della maggioranza Cinque Stelle ed il movimento Askatasuna, l’ambiguità del Sindaco Appendino che non ha il coraggio e la forza di prendere le distanze dai centri sociali e l’incapacità della Giunta in relazione al tema sicurezza, drammaticamente messa in evidenza dai fallimenti nell’ultimo mese, non lasciano adito a dubbi. Torino non può permettersi in alcun modo di diventare un’altra Genova e non si può chiedere ai Torinesi di vivere nella paura e nell’angoscia di un assedio dagli esiti imprevedibili”.

“Lunedì – aggiunge Morano – presenterò in Consiglio Comunale una mozione con cui chiederò che il grande meeting in programma tra il 25 settembre e il 1 ottobre, venga spostato in un’altra città italiana per evidenti e innegabili ragioni di ordine pubblico, tutela e incolumità dei cittadini e della cosa pubblica. Il centro Città messo a ferro e fuoco da black block e antagonisti e la possibilità di scontri tra forze dell’ordine e centri sociali è un’ipotesi folle e da allontanare in ogni modo”.

Al Palagiustizia di Torino processo storico: Cesare Lombroso sul banco degli imputati

Oggi, giovedì, al tribunale di Torino (ore 16), Cesare Lombroso, considerato uno dei fondatori della criminologia, salirà sul banco degli imputati. Sarà ovviamente un processo storico, ma con tanto di pubblica accusa, di difesa e di testi a favore e contro.

Allo scienziato, Torino, la sua città di adozione, ha dedicato un museo che raccoglie i frutti dei suoi studi. Personaggio controverso – tanto famoso in vita, quanto vituperato dopo la morte – ancora nelle scorse settimane è stato al centro di una vicenda giudiziaria che ha visto il comune calabrese di Motta Santa Lucia opposto all’ Università di Torino, cui chiedeva la restituzione di uno dei reparti del museo torinese, il cranio del brigante Villella. E’ dunque evidente che l’ iniziativa del circolo milanese di Cultura e Scienza PIRI PIRI, specializzato in processi a personaggi storici, sarà ricca di spunti sia per l’ accusa che per la difesa di Lombroso.

La Consolata: oggi a Torino è “solo” il tempo della spiritualità

di Pier Franco Quaglieni

A Torino si sono sbiadite tante tradizioni, a Torino è venuto meno lo spirito torinese che è fatto di tanti elementi ,compresa la fede cristiana che ha un valore  molto importante. E’ stato superato lo spirito meschino e gianduiesco  di certa torinesità che non può essere rimpianta, ma insieme è evaporato anche ciò  che andava preservato.

 

 Il 20 giugno Torino festeggia la Vergine Consolata che ,dopo l’assedio francese del  1706, divenne copatrona di Torino  insieme a san Giovanni Battista a cui è dedicato il Duomo . Il 20 giugno sarebbe, secondo la tradizione, l’anniversario del miracolo del cieco di Briancon (c con cediglia ) che aiutò a ritrovare l’antica icona della vergine e riebbe la vista. Anche un laico non laicista come me, specie in certe occasioni , crocianamente “non può non sentirsi cristiano” e anche un torinese che ama  ,come Einaudi, sempre guardare oltre la Mole e oltre le Alpi e le colline, non può non sentirsi profondamente torinese. Il Santuario è da secoli il centro della cristianità torinese, paragonabile  solo in parte alla Basilica di Maria Ausiliatrice voluta da Don Bosco nell’’800.”La Consolata” come la chiamiamo noi torinesi ,ha origini remote:  fin da quando il vescovo San Massimo, nel V secolo, fece erigere una piccola chiesa sui resti di un tempio pagano; fin da quando Torino, prima di Emanuele Filiberto  che la fece capitale nel 1563 , era una città secondaria del Piemonte, storicamente dietro a Saluzzo, Casale, Vercelli, Ivrea. Il santuario è opera di artisti illustri : Guarini, Juvarra, Ceppi che segnano i diversi periodi in cui è stato costruito e ampliato. In un angolo della basilica c’è il sarcofago del cardinale  Agostino Richelmy, un principe della Chiesa molto significativo della storia torinese  tra fine ‘800 e primo ‘900,quando gli arcivescovi di Torino erano non solo per tradizione cardinali .  Frequentavano il santuario don Bosco, il Cottolengo, il beato Cafasso i cui resti sono venerati nella Basilica. Il Cafasso era il confessore dei condannati  a morte al ” Rondò dl’ forca” in corso Regina e venne canonizzato nel 1947 da Pio XII.

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Va ricordato che molti  reduci di guerra  donarono le loro spalline al santuario: mio padre mi indicava sempre  gli ex voto ,testimonianza spesso di una fede popolare ingenua, ma sicuramente genuina. Una pagina della storia oggi un po’ trascurata. Nel santuario ci sono le statue delle due regine Maria Teresa  e Maria Adelaide, mogli di Carlo Alberto e di Vittorio Emanuele II, scolpite in preghiera da Vincenzo Vela. De Amicis  negli immediati dintorni ambientò il suo romanzo “Amore e Ginnastica”, Soldati inserì nel breve filmato sui campionati del mondo di calcio  del 1990  la processione che si terrà anche stasera. Di fronte alla chiesa c’è il locale del Bicerin che nella superficiale  fantasia turistica  rischia di offuscare persino la Consolata: follie dei tempi presenti in cui troppo spesso ogni valore viene confuso e perde il suo significato. Stasera si terrà la storica  processione per la festa della Consolata ,nessun’altra manifestazione religiosa torinese ha l’impatto di questa processione fortemente, intimamente piemontese. Nino Costa ha dedicato  alla Consolata una celebre poesia in cui definisce la Vergine  “confort  ai disperà” e “protetris  dla nostra antica rassa”. Papa Francesco a Torino citò, sia pure in Italiano ,alcuni versi di Costa dedicati alla nostra “rassa”. Certo il messaggio cristiano è universale, riguarda tutte le donne e gli uomini del mondo, di ogni colore e di ogni lingua, persino, direi, di ogni religione. Sarebbe sbagliatissimo renderlo “torinese” , sarebbe quasi blasfemo. Ma la Consolata è anche un elemento indentitario di Torino, della nostra Torino, della sua storia più bella. Non ci sono miti laici che tengano al confronto, neppure quello troppo enfatizzato per essere vero, di Gobetti. Solo il Conte di Cavour potrebbe fare da contraltare, ma lo statista era un liberale che morì, chiedendo i conforti religiosi. Anche il “Risorgimento scomunicato” di cui scrisse Gorresio, è passato sotto le sue navate, anche il giovane principe di Piemonte   Umberto di Savoia andava a pregare alla Consolata.

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In un momento difficile per la mia vita ci sono andato anch’io, confortato dall’amicizia fraterna di Franco Peradotto, prete -giornalista  amico di Valdo Fusi. Mons. Peradotto ,ad un anno dalla morte di Soldati, celebrò una Messa in suo suffragio in cui si ritrovò tutta la Torino civile, in primis il sindaco  Castellani, una città  fatta di credenti, non credenti e diversamente credenti. Valdo Fusi  che aveva il suo primo studio in via della Consolata, passava  spesso al santuario. E anch’io ,a volte ,ci vado, ricordando don Franco e Valdo e l’avvocato   Claudio Dal Piaz che aveva lo studio a pochi passi dalla basilica in via Sant’Agostino. Non amo il quadrilatero romano e i suoi locali, ma  il santuario che è quasi la sua antitesi ,sì. Oggi quella processione è assai meno sentita del passato. Tanti “torinesi” non sanno neppure che si tenga, confortati in ciò dal silenzio  minimizzante di troppi organi di stampa. Per anni a casa mia su tutti i quattro balconi  mettevamo il 19 giugno, vigilia della festa, dei lumini accesi inseriti in antichi bicchieri di Murano comprati da mio nonno a Venezia. Abbiamo dovuto smettere sia perché i bicchieri nel frattempo si sono rotti ,sia soprattutto perché nella via c’eravamo solo più noi a illuminare i balconi. Dalla metà degli  Anni ’60 la bella tradizione si è interrotta. Quand’ero bambino, eravamo in tanti anche nella mia casa. A Torino si sono sbiadite tante tradizioni, a Torino è venuto meno lo spirito torinese che è fatto di tanti elementi ,compresa la fede cristiana che ha un valore  molto importante. E’ stato superato lo spirito meschino e gianduiesco  di certa torinesità che non può essere rimpianta, ma insieme è evaporato anche ciò  che andava preservato. E non è laicità quella di trascurare la festa della Consolata. Hanno voluto ridurre a “santi sociali” don Bosco e  il Beato Cottolengo che erano e sono tanto di più soprattutto in termini religiosi e spirituali. Riscopriamo almeno per una sera il sentimento della gente di Torino aristocratica e plebea, colta e ignorante ,che nei secoli ha fatto della  processione  della Consolata un appuntamento immancabile per la loro vita.

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 Qualche giorno fa parlavo con un uomo eccezionale , il cardinale Gianfranco Ravasi, di “laicità e spiritualità” al Quirinale, nel corso di un evento culturale  memorabile. Ebbene, stasera sarà il momento della sola spiritualità .Senza aggettivi. Con  intensità profonda e il fascino  che arriva dai secoli passati. La Consolata e  Torino si identificano, almeno per una sera.


 

 

 

L’afa regna sovrana: martedì temperature oltre i 36 gradi a Torino

Ieri una corrente d’aria da nord ha attenuato la calura  portando vento sotto la Mole e qualche nuvola sulle Alpi, ma già da oggi l’afa torna sovrana sulle aree di pianura. Molto caldo martedì, con massime oltre i 36 gradi, tempo variabile mercoledì, con  rovesci e temporali sparsi nelle ore centrali della giornata per il passaggio di “una debole ondulazione depressionaria a ridosso dell’arco alpino”, dice il bollettino dell’ Arpa. Secondo  3bmeteo.com, “il caldo si farà intenso in particolare nella seconda parte della settimana. L’afa potrebbe tornare opprimente anche sulla Pianura Padana, con temperature percepite superiori ai 36 gradi e condizioni calde e afose anche di sera, specie nei grandi centri urbani”.

 

(foto: il Torinese)