Cosa succede in città- Pagina 158

Nasce CSVNET Piemonte, per favorire uno scambio di esperienze e competenze sul territorio

Un’importante associazione di volontariato

Il 6 dicembre scorso , presso la sede del Volontariato Torino ETS, in via Giolitti 21 a Torino, è stata costituita l’associazione di volontariato CSVnet Piemonte, il cui neo presidente è Gerardo Gatto, componente del Consiglio Direttivo di Vol.TO ETS, mentre il vicepresidente vicario è Daniele Gaime, in rappresentanza del Centro Solidarietà e Sussidiarietà Servizi per il territorio Novara VCO ETS.
L’Ente, apartitico, aconfessionale, a struttura democratica e senza fini di lucro persegue finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale, proponendosi lo scopo di promuovere e rafforzare il legame tra i CSV soci del Piemonte, affinché, nella loro autonomia, possano realizzare al meglio le proprie finalità istituzionali, collaborando e cooperando attraverso lo scambio di esperienze e competenze su temi di interesse comune, favorendo la conoscenza dell’operato dei CSV del Piemonte tra opinione pubblica e interlocutori istituzionali, a livello regionale, per promuovere servizi di promozione del volontariato tra gli Enti del Terzo Settore a livello regionale tramite una programmazione integrata, gestita direttamente dalla Confederazione o tramite i singoli CSV soci.
Tra le principali attività dell’associazione figurano iniziative in ambito educativo, di istruzione e formazione professionale, di prevenzione della dispersione scolastica, fino alla prevenzione del bullismo, della pace tra i popoli e la cultura della nonviolenza.
L’assemblea, composta di tre membri per ciascuno dei componenti del Consiglio direttivo, ha eletto i seguenti componenti del Consiglio direttivo: Silvio Magliano in rappresentanza del socio Volontariato ETS, Gerardo Gatto, in rappresentanza del socio Volontariato Torino; Daniele Giaime, in rappresentanza del socio Centro di Solidarietà e Sussidiarietà Servizi per il Territorio Novara VCO ETS vicepresidente Vicario; Mario Angelo Ugo Figoni, in rappresentanza del Socio Società Solidale ETS; Andrea Pistono, in rappresentanza del socio Centro Territoriale per il Volontariato ETS; Rosanna Viotto, in rappresentanza del socio Centro Servizi per il volontariato Asti Alessandria ETS.

Mara Martellotta

La musica barocca si impadronirà del cccp

Venerdì 9  un evento unico

 

Flauto traverso e Clavicembalo.

Ma tu, l’hai mai sentito un clavicembalo dal vivo?

Ma tu, hai mai assistito ad un concerto di musica barocca? In un live club.

La giornata è all’insegna della cura del pianeta, infatti alle 18 ci vengono a trovare un biologo e un esperto di diritto ambientale, accompagnati da letture teatrali.

Ma la sera, spegneremo tutte le luci. Atmosfera uguale a 400 anni fa, CCCP illuminato da candele e candele.

Titta Sanità al flauto e Mara Stroppiana al clavicembalo. Curriculum stellare che approda under the bridge.

 

Un esperimento per vedere se può trovare residenza fissa la musica colta al Parigi.

Un mio sogno.

E’ importante allora la tua presenza più che mai.

Quando ti ricapita?

Ciao

Riccardo Corso Parigi

Alla “Centrale di Nuvola Lavazza” a Torino, Alberto Angela presenta il suo nuovo “Nerone”

Nerone secondo Angela

Lunedì 12 dicembre, ore 18,30

Sarà Alberto Angela con il nuovo libro Nerone. La rinascita di Roma e il tramonto di un imperatore, in uscita per “HarperCollins – Rai Libri”, il primo ospite di “Aspettando il Salone”, il percorso di avvicinamento all’appuntamento primaverile con il “Salone Internazionale del Libro” di Torino, in programma dal 18 al 22 maggio 2023. Paleontologo, naturalista, scrittore, fra i più popolari ed esperti divulgatori scientifici e storici, nonché autore e conduttore di vari programmi di successo in onda sulle emittenti Rai, Alberto Angela (Parigi, 1962) è atteso lunedì 12 dicembrealle ore 18,30 alla “Centrale di Nuvola Lavazza” (via Ancona, 11/A, Torino), per presentare Nerone. La rinascita di Roma e il tramonto di un imperatore, un racconto storico avvincente e meticoloso, un’indagine originale e che offre una chiave di lettura nuova su Nerone (Anzio, 37 – Roma, 68; quinto imperatore romano, l’ultimo appartenente alla dinastia giulio-claudia), il suo impero e il suo tramonto, su ciò che ha lasciato in eredità e sulla rinascita di Roma. Terzo volume della trilogia, il nuovo “Nerone”arriva in libreria dopo i precedenti volumi dedicati a uno dei più controversi protagonisti della storia romana: “L’ultimo giorno di Roma. Viaggio nella città di Nerone poco prima del grande incendio” (2020) e “L’inferno su Roma. Il grande incendio che distrusse la città di Nerone” (2021), sempre editi da “HarperCollins – Rai Libri”. Il libro è impreziosito da un’inedita illustrazione realizzata da Milo Manara, che ha voluto rappresentare Nerone seguendo le parole dello stesso Angela.

L’ingresso è libero fino a esaurimento posti, con prenotazione obbligatoria sulla piattaforma digitale del “Salone del Libro” SalTo+ https://saltopiu.salonelibro.it.

Infocomunicazione@salonelibro.it.

L’appuntamento è realizzato dal “Salone Internazionale del Libro” di Torino grazie alla collaborazione con “Lavazza Group”.

“Nerone – si legge nel libro – non è né un conquistatore di terre come Cesare, né un conquistatore di imperi come Augusto. Dalle ceneri di Roma, Nerone emergerà come il Joker della Storia”. Intrecciando fonti storiche, dati archeologici e studi moderni, Alberto Angela ne ricostruisce la vita e indaga i suoi diversi aspetti umani, fatti di debolezze, passioni e follie. “Quella che emerge è la figura di un artista poliedrico (cantante, musicista, poeta e attore), un audace auriga, un amante appassionato, un raffinato collezionista d’arte. Ma al contempo un abile negoziatore, un cinico assassino e un feroce repressore, come dimostra la persecuzione dei cristiani incolpati di aver causato proprio il ‘Grande incendio’, il fil rouge di questa avvincente ‘Trilogia’ di Nerone”.

Il racconto ci permetterà di capire come un singolo momento del passato abbia plasmato il nostro mondo attuale. “Se quella notte del 18 luglio del 64 d.C. non fosse caduta una lucerna accesa in un magazzino sotto le arcate del Circo Massimo, cosa ci sarebbe scritto oggi sui libri di storia? Senza la conseguente crocifissione di san Pietro, quale sarebbe stato il percorso del cristianesimo? Nella Roma odierna ci sarebbero il Colosseo e tutti i meravigliosi monumenti che ancora oggi possiamo visitare?”. Quella di Angela é un’indagine meticolosa, originale e affascinante che offre una chiave di lettura sostanzialmente nuova su Nerone, sul suo impero e su ciò che ci ha lasciato in eredità.

g.m.

Nelle foto:

–       Alberto Angela, Ph. Credit Barbara Ledda

–       Cover libro

Le Portinerie di comunità raccolgono le letterine di bambini e bambine per Babbo Natale

dall’8 fino al 21 dicembre. Portineria di comunità Porta Palazzo, Giardini sulla Dora, Borgo San Paolo

 

Gli elfi delle Portinerie di Comunità dall’8 dicembre fino al 21 aspetteranno che i bambini e le bambine torinesi portino le letterine con i propri desideri e speranze per questo Natale. Come ogni anno, ormai dal 2020, gli elfi le recapiteranno poi a Babbo Natale e il 22 e il 23 dicembre consegneranno gli oggetti chiesti in dono. Questi saranno acquistati grazie alla generosità della Comunità del dono.  Nel 2020 sono stati consegnati 80 regali ai bambini delle famiglie meno fortunate. Mentre nel 2021 ne sono stati consegnati 100.

Nel 2022 saranno ben tre le Portinerie di comunità che accoglieranno le letterine: Porta Palazzo (Piazza della Repubblica 1/F), Giardini sulla Dora (Lungo Dora Savona 38) e Borgo San Paolo (Via Osasco 19/A).

A fare gli auguri ai piccoli ci saranno i donatori della comunità del dono che aiuteranno gli elfi nella consegna dei regali. Come tutti gli anni in questo periodo si apre il fondo della comunità del dono per fare si che ognuno si possa occupare di esaudire un desiderio di uno dei bambini e delle bambine che hanno scritto.

Si tratta di un progetto di innovazione sociale che consiste nel costruire relazioni tra chi abita e vive una delle tre zona della città, in cui la Rete Italiana di cultura popolare opera da anni. Questo modello ha ricevuto anche un plauso dall’Unione europea che ha inserito la Portineria di comunità tra le realtà considerate buone pratiche.

  

“La Comunità del dono sta crescendo. – racconta il direttore della Rete Antonio Damasco – Noi vogliamo entrare in punta di piedi nelle case delle famiglie più fragili e supportarle con un piccolo gesto. Anche con azioni come queste si rafforza una comunità”

Alla “Palazzina di caccia” di Stupinigi apertura speciale notturna di “Salvador Dalì The Exhibition”

Di notte con Dalì

Sabato, 10 dicembre, dalle 19 fino alle 23

Che Salvador Dalì, all’anagrafe Salvador Domingo Felipe Jacinto Dalì i Domènech (Figueres, Catalogna, 1904 – 1989) abbia in vita peccato di uno smisurato “super-ego” è pur vero. “Ogni mattino che mi sveglio – sue parole – provo un supremo piacere, il piacere di essere Salvador Dalì, e mi chiedo stupito: cosa farà ancora oggi di prodigioso Salvador Dalì?”. Narcisismo e stravaganza senza confini. Ma è pur vero che Salvador padre del Surrealismo e fra i più grandi interpreti del Dada e del Simbolismo poteva ben permetterselo, cavalcando quell’istrionico personaggio, totalmente avulso dalla concretezza del mondo reale, che si era autocostruito dentro e addosso, a suo totale beneficio e a suo personalissimo uso e consumo.


Salvador – pittore, scultore, scrittore, fotografo, cineasta, designer, sceneggiatore e cos’altro ancora –  era perfettamente (e a ragione) cosciente del suo valore artistico e del suo eccezionale virtuosismo grafico che anche oggi non manca di stupire e di attrarre eserciti di visitatori in occasione delle sue retrospettive. Lo dimostra ancora una volta la mostra-evento “Salvador Dalì The Exhibition”, prodotta da “Next Exhibition” in collaborazione con “The Dalì Universe”, allestita alla “Palazzina di Caccia” di Stupinigi e che, a solo due settimane dall’inaugurazione (finissage il 19 febbraio 2023) ha già registrato la bellezza di oltre 6mila visitatori. La collezione che si ammira a Stupinigi è unica nel suo genere ed inedita per la città di Torino, esponendo diversi aspetti della produzione artistica di Dalí: dalle sculture museali in bronzo, a una scultura monumentale fino ai libri illustrati e agli oggetti in pasta di vetro. Opere, prestate a più di cento importanti musei internazionali ed esposte in prestigiose location, che hanno girato il mondo e sono state apprezzate da oltre dodici milioni di persone, come rivelazione di un aspetto del lavoro creativo di Dalí precedentemente sconosciuto. Nasce di qui l’idea di dedicare alla rassegna, sabato 10 dicembre prossimo, in occasione della “Notte Bianca” della “Palazzina” di Stupinigi, un’apertura straordinaria in notturna fino alle 23, con ultimo ingresso per il pubblico alle 21,45. Lungo il percorso della “ARTIST NIGHT”, sono previste, incluse nel costo del biglietto d’ingresso, performance artistiche in collaborazione con il “Circolo degli Artisti” di Torino e “Fuori Servizio Produzioni”, importanti realtà che hanno creato due anni fa la “Compagnia degli Artisti di Torino”, sperimentandosi in diversi progetti dove la recitazione è spesso accompagnata da parti visive ed utilizzo del corpo, quasi a voler ricreare con delle immagini statiche dei “quadri” per ogni scena; ogni suggestione è inoltre accompagnata da musiche originali che possano rendere il tutto ancora più evocativo. Per la “ARTIST NIGHT” l’intervento della Compagnia è stato strutturato in tre parti, ripetibili, da potersi svolgere in contemporanea, dando modo ai visitatori di poter accedere a diversi momenti di spettacolo, senza perdersi nessuna performance.

La prima parte è il “Monologo dell’orologio liquefatto”: un testo surrealista pensato per raccontare l’idea del tempo (“relativo e mai fisso”, secondo la teoria di Einstein) di Dalì. Un attore si posizionerà accanto all’opera in esposizione, pronto a ripetere il suo testo con un tempo cadenzato, proprio come il ticchettio di un orologio.

 

Seconda parte “I Dalì del tempo e nel tempo”: tre attori impersoneranno nel percorso della mostra il “Maestro del Surrealismo” nelle diverse età della sua vita: un Dalí giovanissimo, acerbo e confuso nelle sue visioni, un Dalí adulto accompagnato dalla moglie (e soggetto di molte sue opere) Gala, un Dalí più anziano, che si muoverà quasi a passi di danza tra il pubblico, riproducendo mimicamente i passi della sua danza preferita, la sardana, ballo circolare originario della Catalogna.

Terza e ultima parte “Il Labirinto”: nella sala video in mostra il balletto della “battaglia dei galli”. Alcuni ballerini indosseranno delle maschere a forma di becco e testa di gallo, realizzate su disegno di Dalí e rielaborate dall’artista torinese Filippo Sabarino.

Per ulteriori info: Palazzina di Caccia di Stupinigi, piazza Principe Amedeo 7, Nichelino (Torino); tel. 011/6200634 o www.daliexhibition.it

g.m.

Nelle foto:

–       Particolare allestimento mostra

–       “Artist Night”

–       Salvador Dalì: “Dance of Time”

Al Tff quasi 50 mila presenze

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Si è conclusa la 40° edizione del Torino Film Festival, diretto da Steve Della Casa e inaugurato con un messaggio del Presidente della Repubblica Italiana Sergio Mattarella. L’edizione 2022 si è svolta completamente in presenza nella prospettiva del ritorno in sala del pubblico e coinvolgendo attivamente la città. Sono stati 173 i film presentati nei quattro cinema coinvolti, oltre agli appuntamenti dislocati in numerose location cittadine tra cui Casa Festival in Cavallerizza Reale, cuore pulsante della manifestazione.

I dati dell’edizione 2022 sono i seguenti: 49.622 presenze suddivise in 37.622 spettatori agli eventi a pagamento e 12.000 spettatori agli eventi gratuiti (tra cui masterclass, anticipate stampa, altre proiezioni ed eventi), 2074 accrediti rilasciati (stampa e professionali/industry), 411 abbonamenti e 224 pass giornalieri venduti e un incasso di 151.632 euro a fronte di 64.699 posti a sedere nelle sale cinematografiche contro i 98.963 dell’edizione 2019 (ultima pre pandemia).

Tante le proiezioni sold out tra cui: Dry Ground Burning di Joana Pimenta e Adirley Queirós, Eo di Jerzy Skolimowski, Empire of Light di Sam Mendes, Magical Girl e Mantìcora di Carlos Vermut, Nocebo di Lorcan Finnegan, O Acidente di Bruno Carboni, Pacifiction di Albert Serra, Palm Trees and Power Lines di Jamie Dack, Pinball di Austin e Meredith Bragg, Plan 75 di Chie Hayakawa, Riotsville, Usa di Sierra Pettengill, Runner di Marian Mathias, The Woodcutter Story di Mikko Myllylahti, Un Varón di Fabian Hernández, Urban Myths di Won-Ki Hong.

La copertura social del TFF è stata di circa 600 mila utenti unici, con dati di assoluta eccellenza per le piattaforme Facebook e Instagram con oltre 116 mila interazioni con i canali del festival. Tutti i canali social del TFF – Instagram, Facebook, Twitter e Youtube – hanno prodotto oltre 2.000.000 di impression totali e 330 mila visualizzazioni di video.

Molto significativo anche il dato del canale Instagram con impression organiche durante il festival che si attestano oltre quota 1.335.000 mila, trainate da oltre 145.000 views dei 24 video postati durante eventi, presentazioni e masterclass, e un incremento di oltre il 45% del numero di follower.

Durante il TFF40 sono stati inoltre realizzati diversi TikTok a tema Torino Film Festival sul canale TikTok del Museo Nazionale del Cinema con un totale di oltre 122.000 views.

Alla luce di queste considerazioni, i dati del 40° Torino Film Festival sono testimonianza di un importante segnale di ripresa, a conferma del valore della manifestazione e della sua capacità di coinvolgimento della città.

 

Torna sul podio dell’orchestra Nazionale della RAI James Conlon, direttore principale

mercoledì 7 dicembre con un programma di eccezione tra cui la Sinfonia n. 31 in Re Maggiore detta “Parigi”

 

 

Torna sul podio dell’Orchestra Sinfonica Nazionale della RAI James Conlon, suo direttore principale per quattro anni, dal 2016al 2020. Il concerto è in programma mercoledì 7 dicembre alle 20.30, all’Auditorium RAI Arturo Toscanini di Torino. La trasmissione avverrà in live streaming sul portale di RAI Cultura eil concerto sarà replicato venerdì 9 dicembre alle 20.

Conlon, direttore musicale dell’Opera di Los Angeles e consulente artistico della Baltimore Symphony Orchestra, per il suo ritorno con OSN RAI propone la Sinfonia N. 31 in Re maggiore K 297 detta “Parigi” di Wolfgang Amadeus Mozart, scritta nel 1778 alla fine di un viaggio durato più di un anno, che aveva portato il compositore, allora ventiduenne, da Mannheim alla capitale francese. Commissionata dalla società dei Concert Spirituel è stata concepita per piacere ad un pubblico che ne apprezzava lo stile brioso, pieno di colori e contrasti, tipici del sinfonismo parigino.

La Sinfonia K 297 viene chiamata “Paris” dalla città in cui fu scritta e alla cui prassi musicale è indubbiamente legata. L’insofferenza verso il provincialismo della sua città natale e la ricerca di una affermazione internazionale e di un impiego prestigioso, spinsero Mozart ad abbandonare Salisburgo per compiere un lungo viaggio ad Augsburg, Mannheim e Parigi. Mozart ha voluto comporre una sinfonia per la società del Concert Spirituel, eseguita nel giorno del Corpus Domini, che riscosse un successo straordinario. Abituato al ridotto organico strumentale della Corte di Salisburgo e a uno stile segnato dall’esperienza di Haydn, Mozart si trovò a scrivere per un grande complesso orchestrale, rispettando i canoni riconosciuti dal sincronismo parigino, cercando di emozionare il pubblico con particolari effetti eclatanti. Di questo concerto rimane testimonianza la lettera che fu inviata da Mozart, residente a Parigi, al padre, rimasto a Salisburgo, il 3 luglio 1778. Da questa si evince l’antipatia del compositore nei confronti della prassi musicale parigina.

Il concerto si conclude con la Sinfonia n. 4 in do minore op. 43 di Dmitrij Sostakovic, una delle composizioni più sperimentali del musicista russo. L’autore, fortemente sotto pressione per il clima di censura del regime staliniano, che aveva colpito la sua opera intitolata “Una Lady Macbeth del distretto di Mcensk”, la dovette ritirare per timore di pesanti ritorsioni destinate agli artisti che si opponevano al realismo socialista. La sinfonia vide la luce nel 1961, alcuni anni dopo la morte di Stalin.

I biglietti sono in vendita online sul sito dell’OSN RAI e presso l’Auditorium RAI di Torino.

Informazioni: 0118104653

MARA MARTELLOTTA

biglietteria.osn@rai.it

Una notte in Armeria Reale

Da nord a sud la galleria del Beaumont è un grande spettacolo. Si vede poco ma è tutto studiato, le luci soffuse la rendono ancora più affascinante.

Dodici cavalieri e dodici armature, sei da una parte e sei dall’altra, si guardano, si scrutano attraverso le fessure degli elmi, i cavalli scalpitano, pronti a dare battaglia o a sfidarsi in un torneo, eppure sono così immobili, impietriti.
Solo una notte, tutta particolare, potrebbe svegliarli e animare l’intera Reale Armeria di Torino. Una notte movimentata, frenetica, magica, con duelli tra cavalieri e principi, sovrani e califfi. Possiamo immaginare uno scenario simile al film “Una notte al museo” con Ben Stiller nei panni del guardiano notturno del museo di storia naturale a New York e Robin Williams che interpreta Teddy Roosevelt, solo per citare alcuni personaggi del film. Qualsiasi cosa all’interno del museo prende vita, gli animali impagliati, le statue, i manichini, tutto si rianima e fa festa. Un ambiente simile potrebbe replicarsi qui, sotto la volta affrescata nel Settecento da Claudio Francesco Beaumont, perché no? I personaggi storici ci sono, eccome se ci sono, armi e armature, scudi e spade, elmi, pistole, pugnali e medaglie completano il quadro e arricchiscono una delle collezioni d’armi più importanti al mondo insieme a quelle di Vienna e di Madrid. Pezzi unici che tutti ci invidiano. Anche qui, come a New York, però non tutte le giornate sono uguali. Quando in città scende la notte ecco che d’improvviso l’Armeria si anima con tutti i suoi pezzi più pregiati. Certamente una notte concitata, eccezionale, fino alle prime luci dell’alba.
Qui ci sono Emanuele Filiberto, Eugenio di Savoia, i cavalieri della Mezzaluna, le armi di Carlo V, un fantomatico scudo di Goffredo di Buglione alla Prima crociata, e tanto altro. E se il principe Eugenio inseguisse il cavaliere ottomano che sta immobile davanti a lui su e giù per la galleria o smontasse da cavallo per affrontarlo all’arma bianca? Non sarebbe facile per il custode notturno, magari il sottoscritto, tenerli tutti a bada, sono troppi, guerrieri ben armati, tutti desiderosi di portare a termine il loro lavoro prima di tornare impagliati in galleria. L’Armeria lascia senza fiato chi la visita. Conserva numerosi tipi di armi e armature, come le splendide armi medioevali.
Tra gli oggetti più importanti figurano la spada di San Maurizio, XIII secolo, preziosa reliquia appartenuta ai Savoia, conservata insieme alla sua custodia del Quattrocento, la terzetta lanciadardi di Carlo V, le armature di Emanuele Filiberto, la spada usata da Napoleone nella campagna d’Egitto e nella battaglia di Marengo, le armi dei re dei Sardegna e d’Italia. Tutto è sospeso nel tempo per sempre o così sembra..la festa è finita, domani l’Armeria sarà piena di turisti.

Filippo Re
nelle foto  l’Armeria Reale, statua di Eugenio di Savoia, armatura di Emanuele Filiberto, terzetta lanciadardi di Carlo V

“Minchiassabry”. Quando la Lucianina insegnava alle “Vallette”

“La trappola dei ricordi”

Gianni Milani

L’ho rivista qualche mese fa. Era ospite in Rai della “szia” (per antonomasia) d’Italia, la paciosa simpatica Mara Venier. Due bombe di simpatia! Di chi parlo? Di una donnina, autentica tsunami ( e qui i cambiamenti meteorologici non c’entrano una mazza di niente) di vis comica e bravura scenica. Con lei il tempo se l’è sempre presa proprio comoda. Bé, qualche cambiamento negli anni anche per lei c’è stato, ma quell’aria di eterna ragazzina rompipalle, assolutamente chissenefrega dei tradizionali canoni del politically correct, l’ha mantenuta perfettamente intatta. E guai a mollarla. E guai a chi gliela tocca. E’ la chiave del suo successo. E’ lei! E’ proprio così! Forse dalla nascita. Chi lo sa? Eppure, una bella manciata d’anni fa – primi anni ’80 – lei, di cui sopra, era – pensate un po’- una promettente musicista prestata al palcoscenico della scuola. Sempre palcoscenico per la Luciana. Per la Lucianina, come la chiama il buon Fazio, che a lei dovrebbe fare, un giorno sì e l’altro pure, un bel monumento. E magari anche lei a lui. Ma, insomma, dai. Eddai! Non l’avete ancora capito? L’eterna bambina rompipalle di cui vi parlo è proprio lei. La Lucianina. La Lucianina Littizzetto o minchiassabry, come un po’ d’anni fa amava ripetere. Dunque, la Lucianina prof.? Proprio così. Prof. in carne (poca) e ossa (molte). Quell’ospitata domenicale dalla szia Mara me l’ha proprio riportata, e con infinito piacere, alla mente. Piccola, giovanissima – dimostrava ancora meno dei suoi, credo, 19 anni – visetto sbarazzino, occhi vivacissimi e battuta che già allora non aspettava mezzo secondo per metterti all’angolo, la Lucianina, insegnante di “Educazione Musicale” (diploma al “Conservatorio” e primo anno di iscrizione alla “Facoltà di Lettere”) era un peperino mica da ridere che tutti in via delle Magnolie, alla media “Carlo Levi”, accogliemmo immediatamente con enorme simpatia e anche con un po’ di tenerezza. Nell’“infernal bolgia” delle Vallette. Del resto lei non arrivava da molto lontano. I suoi avevano una latteria – ne esistono ancora oggi? – dalle parti di via San Donato, quartiere in cui vivevano con quell’angelica pargola,  per la quale neanche loro immagino si sarebbero mai aspettati un frizzante futuro nel  mondo tentacolare della tv e del cinema. Diciamo anche che lo stesso quartiere di San Donato non rientrava, già allora, nei classici paradigmi della Torino “da bere”. Non era insomma la Crocetta. Qualche problemino ce l’avevano anche lì. E a Vallette la Luciana arrivò, forse anche per questo, ben corazzata. Da donnina intelligente, capì subito che per integrarsi in un ambiente come quello –  scuola più quartiere – doveva prima ancora di insegnare Musica o a suonare il flauto (com’era di moda a quei tempi) imparare a convivere con i “suoi” ragazzi e con le “sue” ragazze, di cui diventò una sorta di sorella maggiore, cui raccontare i primi filarini, le speranze i sogni le delusioni, ma anche fatti e misfatti del quartiere, miserie, squallori e drammi famigliari. Appena sussurrati o impietosamente urlati fra quelle basse casette e improbabili giardinetti fake english, dove viveva (e vive) un’umanità che tanto aveva da ricevere. Ma anche da dare. E da cui la prof. Littizzetto, per altro, attinse molto in fatto di “storie” e di “gag” comiche utili e ampiamente utilizzate nelle sue prime scorribande televisive. La minchiassabri, su tutte. Nostra alunna, quella Sabbrina, col padretroppopadre con quell’unghia del mignolo lunga un metro e venti che gli serviva da taglierino nel suo lavoro da tappezziere. Personaggio reale, comicamente esaltato in scena dalla Luciana. Che, devo dire, ha poi mantenuto nel tempo un certo piglio “vallettaro”, caratteristica della sua comicità. Trasferitomi, qualche anno dopo, in altra scuola, la persi di vista. Fino al suo exploit sulle scene . Da anonima prof. di “Musica” a famosa star (sono sicuro che il termine la farebbe sobbalzare a molla in altisonanti improperi da betola) dello spettacolo. Di persona ebbi modo di incontrarla ancora nel ’99, in occasione delle celebrazioni del “Centenario Fiat”, organizzate dall’“Ascom”, di cui ero responsabile dell’“Ufficio Stampa”. In quella mitica serata, si esibì sul palco di piazza San Carlo, con una forza tale che, credo, sia riuscita a smuovere e a far sbellicare dalle risa (mancano testimonianze dirette ma non ci sarebbe da stupirsene) perfino il granitico duca Emanuele Filiberto appollaiato arcigno sul suo scalpitante “caval ‘d brons”. Di successo in successo. L’ho rivista ancora, un pomeriggio afoso del luglio di qualche anno fa . Per caso. In via Gioberti girava una scena del fortunato serial tv “Fuori classe 2”. Io passavo di lì per andare in ufficio, lei era in pausa. Ci siamo incrociati. Un flash diventato subito memoria. Il tempo, come un bolide, aveva messo la retromarcia. Forse eravamo nella sala docenti di via delle Magnolie. Chissà? Milani, caz..!Luciana!. Un forte abbraccio. Era ancora e sempre lei! La star non aveva cancellato la nostra Lucianina “formato via delle Magnolie”. E via Gioberti, con le sue belle case d’epoca e le tracce di un’umanità dal volto e dalla vita per bene (pur se a un passo dal tragico quadro di “miseria e nobiltà” di Porta Nuova), si era trasformata all’improvviso in una delle tante vie sbilenche e un po’ scentrate, ma dai poetici nomi floreali, delle nostre “antiche”  indimenticate Vallette.

Gianni Milani

John Constable, la tranquillità protettiva dei grandi paesaggi inglesi

Omaggio all’artista nelle sale della Venaria, sino al 5 febbraio

 

Scrivendo nel 1821 ad uno fra i suoi migliori amici, l’Arcidiacono John Fisher, John Constable ricordava i paesaggi del Suffolk, i sentieri e gli alberi e i cieli, che lo avevano visto bambino e dai quali egli aveva preso le prime mosse della sua arte: “La pittura è solo un altro modo di esprimere un sentimento.

Collego la mia infanzia spensierata a tutto ciò che circonda le rive del fiume Stour. Esse hanno fatto di me un pittore e ne sono grato.” Una regione agricola che in precedenza non aveva incontrato molto i favori dei pittori, forse il solo Gainsborough l’aveva apprezzata, mentre Constable, decisamente stanziale e per tutta la vita non certo appassionato ai viaggi e agli spostamenti, a differenza del suo “avversario” Turner, che lo allontanassero troppo dalle proprie terre, amava i boschi e i piccoli corsi d’acqua, la propria casa di East Bergholt e il panorama che ammirava dalla casa del padre, gli stagni e quei sentieri, uno tra tutti il “Fen Lane”, che lui ragazzino percorreva ogni giorno per andare a scuola a Dedham: immortalato, in una delle molte prove, in quello che è uno dei dipinti più famosi della National Gallery londinese, “The cornfield (Il campo di grano)”. Una natura che protegge e tranquillizza, dolce, calma e sentimentale, ben diversa da quella fosca e tragica e a tratti minacciosa vista da Turner attraverso un mare tempestoso o una tormenta di neve.

 

Quell’”altro modo di esprimere un sentimento” è rappresentato nelle oltre cinquanta opere che si ammireranno sino al 5 febbraio alla Venaria in una mostra che ha per titolo “John Constable. Paesaggi dell’anima”, curata da Anne Lyles, una mostra che amplia in ambito europeo il discorso artistico del paesaggio iniziato alla reggia con “Una infinita bellezza” e proponendo e ordinando in un suggestivo percorso un patrimonio proveniente dalle Tate UK, dagli schizzi ai dipinti di piccole dimensioni realizzati en plein air, precedendo a volte i tratti impressionisti, sino ai vasti e importanti paesaggi romantici. Sei sezioni tematiche a descrivere l’intero percorso, “Suffolk” appunto, e ancora “Dipingere la natura”, “Le prime influenze e i pittori contemporanei”, “Via dalla città: la campagna di Hampstead e la malattia della moglie”, “Il mare di Brighton e la cattedrale di Salisbury” e “Gli ultimi anni di vita”.

Era nato nel 1776 John Constable. Il padre possedeva un mulino e sperava che, dopo la sua morte, il figlio avrebbe continuato la redditizia attività di mugnaio ma John desiderava diventare un artista e poco più che ventenne gli fu concesso di frequentare la Royal Academy of Fine Arts di Londra. Il suo cammino d’artista fu lento, l’epoca – tra la fine del Settecento e l’inizio dell’Ottocento – dettava la rappresentazione del paesaggio “ideale”, sulle orme dei grandi maestri francesi, come Lorrain e Poussin, mentre Constable sceglieva accanitamente quanto lo circondava, in modo diretto e veritiero, rivoluzionaria idea per l’epoca. Scelte che certo anche economicamente non riuscivano a sopperire per intero ai bisogni di una famiglia che, dopo il matrimonio con Mary Bicknell nel 1816, s’era accresciuta di sette bambini. L’artista aveva già esposto nel 1802, per la prima volta, alla Royal Academy i suoi paesaggi, ma soltanto nel 1819 divenne membro “associato” e Accademico a pieno titolo solo dieci anni più tardi. Il soggiorno londinese obbligò Constable a dipingere in studio i suoi paesaggi, affidandosi alla memoria; ma, quando la moglie si ammalò di tubercolosi, nel 1819, si trasferì con la famiglia dapprima a Hampstead, ancora un piccolo villaggio collegato con la capitale con un servizio di carrozze, nella campagna a nord di Londra (un luogo di tranquillità, la raffigurazione della brughiera, con i suoi specchi d’acqua e gli operai intenti a estrarre la ghiaia, la bellezza dei cieli, da studiare e proporre a olio – da ammirare “Hampstead Heath, with the House called The Salt Box (La brughiera di Hampstead con la casa denominata Saltbox)”, 1819-1820, unione perfetta di terra e di cielo, come lo “Studio di nuvole”, del 1822, suggestivo nella accuratezza e nella alta espressività, documentato quasi come memoria scientifica), per trovare un’aria più adatta alla malattia di Mary e negli anni che seguirono davanti al mare di Brighton, con le sue spiagge isolate all’occorrenza o tempestata di bagnanti, colti in abbigliamenti alla moda, e di pescatori, con la speranza di una rapida guarigione. Mary invece morì di lì a poco, a soli quarant’anni, nel 1828: e per il pittore fu un dolore grandissimo. S’immerse nel lavoro, espresso principalmente nella pittura a olio, ritrasse la “Salysbury Cathedral from the Meadows (La cattedrale di Salisbury vista dai campi)”, nel 1831, incoraggiato dagli amici, e portò tra l’altro a termine “The Opening of Waterloo Bridge (L’apertura del ponte di Waterloo)”, un omaggio alle tele dipinte dal Canaletto nel secolo precedente. Morì improvvisamente a Bloomsbury nel marzo del ’37 e fu sepolto accanto alla moglie nel cimitero della chiesa di Saint John a Hampstead. Chi scrisse il suo necrologio commentò: “che immensa perdita per l’Academy e per il pubblico; tutte le sue opere, adesso che se ne è andato, riceveranno una grandissima stima.”

Un percorso, dicevamo, attraverso le sale del primo piano della reggia, espresso con  chiarezza ed efficacia, dove il visitatore è accompagnato negli anni e nella conoscenza, fatta di stupore e di entusiasmo, dell’artista. Uno sguardo alle opere di piccole proporzioni, leggeri quanto intimi capolavori, alle prove con l’acquerello, alla cattura della “sensibilità” del paesaggio e agli studi sulla luce, agli effetti cromatici che arricchiscono, alle grandi opere, i vasti panorami in cui il paesaggio padroneggia in tutta la sua sontuosità, maestoso, vitale nelle figurine che lo abitano, colto nei tanti particolari, nell’affetto, nella sincerità dei sentimenti, nel rispetto di una “divinità” che offre protezione e nella quale è doveroso rimettere una grande fiducia.

 

Elio Rabbione

 

 

Nelle immagini: “Chain Pier, Brighton” 1826-1827, olio su tela; “Le spigolatrici, Brighton”, 1824, olio su carta intelata; “La cattedrale di Salisbury vista dai prati”, 1831, olio su tela; “L’apertura del Ponte di Waterloo (Whitehall Stairs, 18 giugno 1817)”, 1832 ca, olio su tela; “La fattoria nella valle”, 1835, olio su tela.