ilTorinese

 I concerti del Teatro Regio inaugurano con “Abissi”

La nuova stagione de I concerti 2025-2026 del teatro Regio di Torino si aprirà sabato 18 ottobre 2025, alle ore 20, con “Abissi”, un percorso ideale dantesco dall’Inferno al Paradiso, che attraversa le profondità dell’animo umano tra destino, amore e spiritualità.
Protagonisti della serata saranno il direttore musicale del Regio Andrea Battistoni, alla guida di Orchestra, Coro e Coro di Voci Bianche del Teatro. Maestri dei cori Ulisse Trabacchin e Claudio Fenoglio. In programma la fantasia Sinfonica Francesca da Rimini  di Cajkovskij, Il canto del destino  di Brahms, su versi di Hölderlin, e il Prologo in Cielo dall’opera Mefistofele di Boito, ispirato al Faust di Goethe. Quest’ultimo brano vedrà come solista un ospite d’eccezione, il celebre basso baritono Erwin Schrott, la cui voce magnetica dialogherà con la forza corale e orchestrale del Regio.

“La nuova stagione de I Concerti dimostra ancora una volta la capacità del teatro Regio di offrire un programma musicale di altissima qualità e di respiro sempre più internazionale – commenta il sindaco della Città di Torino Stefano Lo Russo, presidente della Fondazione Teatro Regio –  a partire dal concerto di apertura che porterà in scena la suggestione di un viaggio dantesco con le sinfonie di Cajkovskij, Brahms e Boito. Ancora una volta il Regio saprà offrire al pubblico un programma davvero da non perdere e vedrà il talento dell’Orchestra e del Coro, diretti dal maestro Andrea Battistoni, protagonisti anche fuori dai confini cittadini, ospiti all’Auditorium della città di Lione, con cui Torino intrattiene una lunga tradizione di scambi e relazioni, soprattutto in campo artistico e culturale”.

“La stagione Sinfonica nasce in dialogo profondo con quella d’Opera e di Balletto, di cui rilancia le suggestioni tematiche e le risonanze interiori – spiega Mathieu Jouvin, sovrintendente del teatro Regio. Attraverso un percorso che predilige i repertori dell’Ottocento e del Novecento, affiancando riscoperte italiane e nuove creazioni, essa si pone come naturale prosecuzione del cammino intrapreso con la Francesca da Rimini, un itinerario di pensiero e di emozione che interroga l’animo umano e ne esplora gli abissi e le ascensioni, in un continuo rimando tra arte, poesia e vita”.

“Desidero esprimere un sincero ringraziamento ai maestro Battistoni per la dedizione e l’energia con cui ha accolto il nuovo incarico, rendendosi fin da subito presenza costante e generosa nella vita del nostro teatro. Dopo aver inaugurato la Stagione d’Opera e di Balletti con Francesca da Rimini,  che sta riscuotendo un grande successo di pubblico e di critica, apre ora la stagione sinfonica con Abissi,  concerto che coinvolge tutte le masse artistiche del teatro, Orchestra, Coro e Coro di Voci Bianche e che ne mette in luce la compattezza espressiva. La partecipazione di Erwin Schrott aggiunge un ulteriore segno di prestigio a un programma di grande fascino e profondità musicale”.
La fantasia Sinfonica Francesca da Rimini di Cajkovskij restituisce con orchestrazione turbinosa i tormenti dell’Inferno dantesco . Nel canto del destino di Brahms, su versi di Hölderlin, la beatitudine dei Campi Elisi si contrappone alla vita raminga dei mortali.
Infine il Prologo in Cielo del Mefistofele di Arrigo Boito, ispirato al Faust di Goethe, incornicia tra canti celestiali la sfida a Dio lanciata dal demonio e qui affidata al carisma di Erwin Scrott.
“Ho voluto che il concerto inaugurale mettesse in relazione musica e letteratura – ha spiegato Andrea Battistoni – il viaggio sonoro di Abissi si muove  tra le cupezze infernali di Caikovskij  e l’anelito al destino e alla speranza di Brahms e l’epifania paradisiaca evocata da Boito, tre visioni che parlano all’uomo contemporaneo con la forza universale della musica”.

Mara Martellotta

Dantès a Torino

Dantès, lo yorkshire terrier dal pelo setoso e lo sguardo da filosofo, viveva tranquillo in una casa in mezzo a un bosco alla periferia di Ivrea. Era conosciuto e benvoluto da tutti, fatto salvo alcuni suoi simili (seppure d’altra razza) con i quali il tempo non aveva cancellato una certa diffidenza. Lunghe passeggiate a Bellavista, qualche gioco in casa e poi pappa e dormite scandivano le sue giornate. Un giorno ricevette un invito speciale: i suoi zii lo aspettavano a Torino per qualche giorno di vacanza.

Con la sua valigetta (piena delle sue crocchette anallergiche e il suo peluche preferito), Dantès partì all’avventura sull’auto rossa guidata dallo zio. Arrivato a destinazione, Dantès fu accolto con abbracci e carezze dalla zia che lo accompagnò subito in casa, dove lo aspettava un cuscino personalizzato con il suo nome e tante zampette stampate. “Finalmente!”, pensò Dantès, accoccolandosi con eleganza. Viaggiare in auto era un sacrificio per nulla piacevole. Il giorno dopo, Dantès mise il suo cappottino chic e partì alla scoperta della città. Torino era ben diversa dai luoghi che conosceva e dove abitualmente viveva. In piazza San Carlo gironzolò sentendosi come un piccolo Napoleone, sfilando tra i caffè storici sotto i portici del salotto buono della capitale subalpina. Prima era stato con lo zio in via Biancamano, dove c’era la storica sede dell’Einaudi, punto di riferimento della cultura italiana del dopoguerra. La casa editrice era stata fondata nel 1933 dal ventunenne Giulio, figlio di Luigi Einaudi, futuro primo presidente della repubblica.

 

In quei locali lavorarono collaboratori storici dell’editore come Cesare Pavese, Elio Vittorini, Italo Calvino e Leone Ginzburg. Verso il centro sostarono ai giardini Lamarmora, un oasi verde tra via Cernaia e via Bertola, dedicati al famoso generale del Regno di Sardegna, figura importante del Risorgimento che figurava tra i fondatori del corpo dei Bersaglieri. Al parco del Valentino, nel pomeriggio, rincorse le foglie, annusò ogni angolo e fece amicizia con un bassotto torinese di nome Cesare. Tornando verso casa incontrò un gruppo di amici a quattro zampe che riposavano nel giardino Alfredo Frassati, sostando sotto il monumento del fondatore de La Stampa. Fece conoscenza con un simpaticissimo bulldog inglese e tanti altri amici pelosi con i quali si annusò a lungo. Il giorno dopo giunse davanti al museo Egizio: non poté entrare, ma si fermò davanti alla statua di Anubi, convinto fosse un suo antenato canino. E, non certo per dileggio ma per segnare il territorio, lasciò un piccolo ricordo liquido. Lungo via Po camminò fiero tra studenti e passanti, ricevendo complimenti da tutti. “Che portamento!” dicevano. E qualcuno allungò una carezza, solleticandone l’amor proprio e la vanità. Lo intrigò molto quella costruzione altissima, simbolo architettonico della città. Bella, imponente, la Mole era stata progettata dall’architetto Alessandro Antonelli. Con un’altezza di 167,5 metri, fu per tanti anni l’edificio in muratura più alto del mondo ed oggi ospita al suo interno il museo del cinema. Salutati i dioscuri, Castore e Polluce, sulla cancellata del palazzo reale in piazza Castello, fece una sosta per la pappa.

Nel pomeriggio gli zii gli offrirono un cucchiaino di gelato alla vaniglia da Pepino, in piazza Carignano (approvato dal veterinario, ovviamente). Sul calar della sera, seduto su una panchina lungo il Po, Dantès osservò il tramonto tingere la Mole di arancio, pensando che, in fondo, quella città, pur essendo molto più caotica del posto dove era abituato vivere, era bella. Così passarono altri giorni di passeggiate, scoperte e coccole fino a che Dantès tornò a casa con il cuore pieno di gioia e ricordi, compreso quello del vento torinese che gli aveva spettinato leggermente il pelo. Viaggiare in auto era una vera tortura, non essendosi mai abituato, ma ogni volta che sentiva la parola “Torino”, scodinzolava felice e correva allegro verso la porta, pronto per una nuova avventura. E pazienza se doveva sorbirsi il tragitto allacciato sul sedile posteriore di quel trabiccolo.

 

“Intracore”, ideata da Ghëddo, presenta diciotto artisti italiani emergenti

Aprirà il 23 ottobre prossimo, dalle 18 alle 22, presso la Cripta di San Michele, in piazza Cavour 12, a Torino, la mostra “Intracore”, promossa e curata dall’Associazione Ghëddo

Nella Cripta di San Michele, di piazza Cavour 12, a Torino, si inaugura giovedì 23 ottobre, alle ore 18, la mostra “Intracore”, ideata da Ghëddo, che presenta le opere di diciotto artisti italiani emergenti. La mostra è la prima tappa del programma annuale ideato da Ghëddo, che ogni anno porta artisti da tutta Italia a Torino con mostre negli spazi indipendenti, quali gallerie, musei e fondazioni della città.
La quarta edizione del programma TOBE è sostenuto da Fondazione Compagnia di Sanpaolo e Fondazione Venesio, patrocinato dalla Città di Torino e dall’Accademia Albertina. La mostra unisce i lavori di Anouk Chambaz, Francesco Bendini, Benedetta Ferrari, Giulia Gaffo, Alessandra La Marca, Luce Lee, Sara Lepore, Giacomo Mallardo, Ginevra Mazzoni, Matteo Melotto, Filippo Minoglio, Eleonora Maria Navone, Giulia Querin, Nicola Ranzato, Snem Snem, Miho Tanaka, Pietro Vedovato e Federico Zeltman.

Intracore nasce dall’unione tra “intra”(nel mezzo) e “core” (cuore). Al centro di questa edizione vi è il processo creativo inteso come nucleo complesso e ambivalente, dove convivono slancio e stallo, fiducia e dubbio, vulnerabilità e resistenza. Si tratta di un’indagine sul cuore vivo dell’arte emergente italiana che non teme l’inquietudine, ma l’assume come forma salvifica; l’ansia, l’angoscia e la rabbia, considerati sentimenti marginali e privi di slancio, vengono proposte come energie trasformative, capaci di aprire varchi verso nuove visioni e significati divergenti. Le opere site specific concepite per questa occasione dialogano con l’architettura, la storia e le simbologie della Cripta di San Michele Arcangelo a Torino, lo spazio circolare ipogeo situato nel cuore della città. La Cripta, ubicata nei sotterranei della chiesa, è stata costruita verso la fine del Settecento come edificio cattolico, oggi sede di culto bizantino. Questo luogo custodisce al proprio interno una stratificazione di storie e simbologie: la sua natura sotterranea e la forma circolare ne fanno una soglia ambivalente tra discesa e ascesa, tra dimensione sacra e terrena, tra linearità dell’esistenza e le temporalità circolari.

La mostra è frutto di una attività di ricognizione e mappatura delle pratiche artistiche emergenti avvenuta nei mesi di giugno e luglio 2025, e inaugura la quarta edizione del programma TOBE. Si tratta di un percorso promosso e curato da Ghëddo, volto a stimolare l’incontro e lo scambio tra artisti emergenti e professionisti del settore, che prevede diverse occasioni di confronto, review e studio visit realizzati insieme all’artista. I risultati di questo processo confluiranno in una serie di mostre tra gennaio e giugno 2026, ideate in dialogo con I partner del progetto. Il focus tematico delle edizioni di quest’anno è dedicato all’intreccio tra estrattivismo, razializzazione, sfruttamento umano e naturale che colpiscono l’equilibrio ecologico e sociale nel suo insieme. Questo tema è un invito a riconoscere i confini non come barriere, ma come membrane permeabili, zone dove coesistere è un atto politico e poetico.

Mara Martellotta

Alba (sempre) tragica, una sceneggiatura e una regia che girano a vuoto (per Roma)

Sugli schermi “Tre ciotole” dal romanzo di Michela Murgia

PIANETA CINEMA a cura di Elio Rabbione

Di una sceneggiatura che a quattro mani è stata tratta dal romanzo che Michela Murgia consegnò all’editore a pochi mesi dalla morte (agosto 2023), vedere l’idolo musicale coreano, sino al giorno prima semplice cartonato, catturato all’ultimo dal ritiro del camion della spazzatura, a cui la protagonista ha consegnato le sue pene d’amore e d’esistenza, uscire dall’armadio di casa, scendere in strada e fare un ciao ciao con la manina verso la finestra della suddetta, beh, quello è il momento più disarmante di uno script che ha già fatto acqua da tutte le parti. La colpa non è soltanto della regista catalana Isabel Coixet, dalle ideuzze striminzite, e del suo collaboratore Enrico Audenino: credo che la colpevolezza risalga a monte, al cattivo lavoro di una coproduzione italiana-iberica, che ha messo in cantiere l’accoppiata Alba Rohrwacher/Elio Germano, entrambi fuori ruolo, scompaginati d’aspetto e di movimenti, di intenti e di piagnistei e di discussioni, lei, su cui maggiormente poggia e pesa l’impianto narrativo – mentre di lui ci si dimentica abbastanza presto, accantonato com’è, risarcito più o meno con un fervorino nel finale – come poche altre volte monocorde, con le stesse facce e intonazioni, quelle che le abbiamo visto in un curriculum troppo fitto, un’attrice osannata (e impegnata cinematograficamente) più del dovuto, di cui già sei preparato a ogni singolo atteggiamento e sguardo.

Marta, insegnante di educazione fisica in un liceo romano, bisticcia per un niente che le stravolge la vita con Antonio, chef in un ristorantino che vuole emergere a tutti i costi, e lui la lascia. Chiaro che Marta se la passi male e, siccome se Atene piange Sparta non ride, anche lui non gode di ottimo umore, fornelli a parte e una stagista che se lo fila quel poco. Marta si chiude sempre più in se stessa è lì ad affrontare un dolore sconosciuto, gira per la casa vuota, guarda (e noi con lei) le tracce dove prima era appeso un quadro e cincischia perennemente con quelle “tre ciotole” del titolo che, il giorno che fu ovvero la strada che fu un dì dell’allegria, il supermercato aveva omaggiato a entrambi. Oppure, nelle idee della Coixet, la vita s’anima di filmini in super8, quando l’unione era felice e i nostri correvano sotto la pioggia ridendo e gocciolanti, quando il collega di filosofia (Francesco Carril, che ci pare il più sincero), che scomoda pure Ludwig Feuerbach e il “noi siamo quello che mangiamo” pur di metterle un po’ di pepe addosso, le fa gli occhioni dolci dolci e recupera una cena a casa di lei – con l’ormai frusto uso delle famose tre ciotole a reggere ricette e cibi inventati dall’altro, il convitato di pietra, l’indaffarato Antonio che accontenta il turista americano rifilandogli un hamburger al posto di una tartare – con prolungati baci al posto del dessert, o l’invito per una pizza dell’affettuosa sorella o l’ultimo abbraccio con Antonio, sulla sponda dell’isola Tiberina, dove nemmeno quello è capace d’esprimersi appieno, con un vistoso scivolone di Germano; o ancora con la macchina da presa che ci dà dentro a inseguire le forsennate biciclettate dell’eroina, che ha tutta l’aria di una Duplessis del nuovo millennio. Laddove quelle corse in bicicletta e altro ancora fanno sì che la regista impieghi, invece di concentrarsi maggiormente sul dramma che avrebbe tutto l’obbligo d’essere il corpus della narrazione, troppo del suo tempo – complessivi 122’ – a girovagare per la città eterna, per carità bella bellissima, dove ognuno s’attarda a lasciarci il cuore, ma non qui, a cominciare da certi “stormi di uccelli neri nel vespero migrar” che aprono e chiudono, e poi il cupolone e Trastevere, il Gasometro all’Ostiense e i ruderi, e le fontane e le piccole piazze, le stradine verso casa e i portoni che vorrebbero proteggere.

Poi tutto esplode, al di là della tristezza e della sperata rigenerazione tutto esplode, un tumore al quarto stadio – con tutto il panorama autobiografico che ne consegue, le pagine e gli ultimi incontri della Murgia hanno insegnato -, le terapie che hanno la faccia d’aiutare ma che non faranno nulla, per cui sarà inevitabile andare verso una morte, lasciando agli altri, agli amici agli ex a chi forse poteva costruire una nuova storia, una casa ormai vuota. Nel tentativo di renderci complici della storia, ma non arriviamo mai a esserlo – e non per cuore indurito – e di costruire la vita (e le vite) che scorrono attorno alla protagonista, nel proprio grande arrembaggio alle storie che compongono l’omonimo romanzo della scrittrice scomparsa, Coixet ha pasticciato e truccato malamente il mondo scolastico e giovanile, la solitudine, la ragazzina che non è ancora pronta a sapere cosa esattamente vuole negli affetti e nella vita, la rabbia e le piccole tappe che maldestramente sono mantenute qui come riempitivi, a cominciare da quella che è vista come l’intrusione più vistosa, i sospetti e la scoperta, guardandole dall’alto, in un cesso scolastico, di due ragazze con l’abitudine di tagliarsi le braccia. Un’occasione imposta, alla spicciolata, gettata lì alla rinfusa, che non ha affatto il tempo per essere sviluppata. Imbarazzante, inconcludente, spropositata. D’intralcio. Troppe cose si rivelano scontate o estremamente deboli e se di una cosa siamo sicuri è che la regista (con gli attori) non ha reso un buon servizio alla scrittrice e alla sua dolorosa pagina scritta.

Al Congresso Forense omaggio ai carabinieri caduti

Si è aperto oggi al Teatro Regio il XXXVI Congresso Nazionale Forense (i lavori proseguiranno dalle 14.30 al Lingotto di Torino e fino al 18 ottobre) indetto dal CNF – Consiglio Nazionale Forense – dal titolo LAvvocato nel futuro. Pensare da Legale, agire in Digitale“.

Francesco Greco, presidente del CNF, ha preso la parola e ha chiesto alla platea un minuto di silenzio per ricordare i carabinieri caduti a Castel D’Azzano e ribadito la vicinanza dell’Avvocatura all’Arma dei Carabinieri e a tutte le forze di polizia che ogni giorno, mettendo anche a repentaglio la loro vita, proteggono i cittadini. Dopo l’Inno nazionale e l’Inno europeo, ha quindi letto il messaggio del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella.

 

“Gli avvocati svolgono un ruolo di grande importanza nella promozione dei valori costituzionali, oltre che nello sviluppo del pensiero giuridico. Il tema scelto per il XXXVI Congresso Nazionale Forense testimonia l’ambizione e la consapevolezza del ruolo dell’Avvocatura nel promuovere la tutela dei diritti in una delicata fase di transizione, che include la sfida delle tecnoscienze. Per continuare a concorrere a garantire il rispetto dei diritti fondamentali e la corretta applicazione della legge, al servizio dei cittadini, la professione forense esige piena autonomia e responsabilità, con il rispetto da parte delle istituzioni e con l’osservanza di rigorose regole deontologiche. Il Congresso rappresenta un significativo appuntamento di confronto e di dibattito sulla funzione dell’Avvocatura in una realtà inedita in cui le innovazioni tecnologiche rischiano di porre in discussione la stessa centralità della decisione umana, anche nelle professioni intellettuali e nel sistema giustizia. Con l’auspicio che dal dibattito e dal confronto emergano riflessioni e proposte utili e stimolanti per l’intero Paese, formulo a tutti i presenti auguri di buon lavoro”.

Giulio Biino presidente della Fondazione Circolo dei Lettori

La giunta regionale nella riunione odierna, su proposta dell’assessore alla Cultura, Marina Chiarelli, ha designato Giulio Biino presidente della Fondazione Circolo dei Lettori. Come previsto dal bando, l’incarico avrà la durata di un anno con l’obiettivo di conseguire più strutturati rapporti con il Ministero della Cultura e dare così al Circolo dei lettori un maggiore rilievo a livello nazionale, di cui possa anche beneficiare il prossimo Salone internazionale del libro, con le conseguenti modifiche statutarie. 
La scelta di Biino avviene in continuità con il mandato precedente, per l’approfondita conoscenza tecnica e giuridica in materia di fondazioni e associazioni e una proficua pregressa esperienza acquisita sugli enti di diritto privato, in particolare nell’ambito delle fondazioni, quale è appunto il Circolo.

The HALLOWEEN Experience

Dal 17 ottobre al 2 novembre
Palais des Artists
Corso Primo Levi/Viale Colli 107/A – Rivoli
(presso parcheggio AcquaJoy)
Foto e video:
https://bit.ly/TheHALLOWEENExperience
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“Ombre di migliaia di anni salgono invisibili,
voci sussurrano tra gli alberi:
stasera è Halloween!”
(Kozen Dexter)

Arriva alle porte di Torino la più coinvolgente esperienza di Halloween, con uno spettacolo
musicale mozzafiato, scenografie entusiasmanti e un’atmosfera immersiva da brividi.
Un evento speciale per tutta la famiglia che durerà da venerdì 17 ottobre a domenica 2
novembre e farà entrare nel cuore della festa più magica e spaventosa dell’anno.
Una produzione Dimensione Eventi e Palco 5, con la collaborazione di professionisti eccelsi
nel settore dell’entertainment. Alla regia Melina Pellicano e alla direzione artistica Marco
Caselle, reduci dai sold out in tutta Italia con le produzioni della Compagnia BIT “Christmas
Carol Musical” e “Il Principe Ranocchio”; alla conduzione dello spettacolo lo storico
personaggio di Pistillo, dal format Mediaset Colorado, Andrea Viganò; alla direzione musicale
Alex Negro, patron del pluripremiato Sunshine Gospel Choir; alle scenografie Stefano
Fassone, protagonista da anni degli allestimenti teatrali più spettacolari.
The Halloween Experience sarà strutturato in un vero e proprio piccolo villaggio allestito
nella piazza antistante al parco AcquaJoy di Rivoli.
All’ingresso una lounge accoglienza con la biglietteria, il merchandising per acquistare i gadget
“antipaura” e la zona “Scary Food Bar” dove il pubblico potrà deliziarsi con cocktail e snack a
tema. Non mancheranno ovviamente i classici dolcetti di Halloween perché che festa sarebbe
senza la celebre filastrocca “trick or treat” (dolcetto o scherzetto).
A seguire la “Pumpkin Land” allestita all’interno di uno chapiteau del diametro di quindici metri
che circonderà in uno “spaventoso” abbraccio il visitatore intrattenendolo con diverse
animazioni. Dalle selfie areas dove scattarsi delle fotografie divertenti in compagnia, ai
laboratori di pittura delle zucche, fino alle animazioni per grandi e piccini: baby dance,
corografia del ballo di Mercoledì Addams, gag, piccole magie e giochi teatrali, interpretati da
attori scenicamente vestiti e truccati da streghe e zombie.
In sostanza la Pumpink Land sarà la zona di attesa prima di entrare nel main chapiteau, il
Palais des Artists, dove verrà rappresentato lo spettacolo “Horror Musical Celebration”.
Un’area con la capienza di sole duecento persone, allestita a tema, con un palco pedana
centrale senza barriere di separazione col pubblico, che diventa quindi parte integrante dello
show, in un’esperienza da ricordare.
Un curioso maggiordomo interpretato da Pistillo, storico personaggio della tv per famiglie,
accoglierà gli spettatori con gag e scherzi introducendo un viaggio emozionante tra i grandi
successi di musical e film iconici come “Nightmare Before Christmas”, “The Addams
Family”, “Thriller”, “Hocus Pocus”, “The Rocky Horror Show”, “Beetlejuice”, “La piccola bottega
degli orrori”, “Ghostbusters” e molti altri…
In scena, cantanti, attori, performer, ballerini e musicisti professionisti, accompagnati
da un coro di voci, creato appositamente per l’evento e ribattezzato quindi “The Horror Choir”.
Lo spettacolo, della durata di circa settanta minuti, verrà realizzato una sola o più volte al
giorno a seconda del calendario (inserito di seguito).
Marco Caselle, direttore creativo di Palco 5, dichiara: “Quello che abbiamo voluto creare come
team Dimensione Eventi e Palco 5 è una prima assoluta per la città di Torino, che abbiamo
intenzione di far crescere come format e di far diventare un appuntamento di riferimento per
gli anni a venire. La scelta per il 2025 di una location contenuta come spazi è stata ponderata
e voluta per poter coinvolgere in maniera più attiva il pubblico, con un’emozione che mi sento
di definire one to one. In un periodo storico in cui le notizie reali sono ben più spaventose di
un possibile copione scritto per Halloween, vogliamo che chi verrà a The Halloween
Experience esca soddisfatto e col sorriso.”
Media partner dell’evento: Radio Grp.

GIORNI ED ORARI SPETTACOLO
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– venerdì 17 ottobre: ore 21.00
– sabato 18 ottobre: ore 15.30 – 18.00 – 21.00
– domenica 19 ottobre: ore 11.30 – 15.30 – 18.00
– giovedì 23 ottobre: ore 21.00
– venerdì 24 ottobre: ore 19.00 – ore 21.00
– sabato 25 ottobre: ore 15.30 – 18.00 – 21.00
– domenica 26 ottobre: ore 11.30 – 15.30 – 18.00
– giovedì 30 ottobre: ore 21.00
– venerdì 31 ottobre: ore 19.00 – ore 21.00 – ore 23.00
– sabato 1 novembre: ore 11.30 – 15.30 – 18.00 – 21.00
– domenica 2 novembre: ore 11.30 – 15.30 – 18.00
NOTA BENE:
– ogni replica dello spettacolo ha la durata di settanta minuti
– la capienza di ogni spettacolo è di duecento persone
– il posto è unico, non numerato, nella dinamica del chi prima arriva e meglio alloggia
– è possibile scegliere due categorie di biglietto: platea gold (formata da dieci aree
composte da cinque posti ciascuna accanto alla pedana centrale su cui avviene lo
spettacolo) al costo di 35 euro + prevendita per persona; platea silver (disponibilità di
centocinquanta posti) al costo di 25 euro + prevendita per persona
– si richiede di presentarsi all’accesso dello chapiteau spettacoli con trenta minuti di
anticipo rispetto all’orario di inizio dello spettacolo
– il pubblico potrà arrivare però un’ora e mezza prima rispetto all’orario di inizio dello
spettacolo per avere tempo di visitare lo chapiteau immersivo “Pumpkin Land” in cui
partecipare alle attività proposte e scattarsi selfie “mostruosi” oppure per godersi una
bibita o uno snack speciale allo “Scary Food Bar”.
INFO BIGLIETTI
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I biglietti sono in vendita con il circuito Ticket
One:
– on-line su www.ticketone.it
– presso tutti i punti vendita affiliati
Per maggiori informazioni consultare
il sito ufficiale www.halloweenexperience.it

Marco Politi, il pontificato di Papa Francesco

Questa domenica, presso la Casa della Madia, Marco Politi ha condotto un’attenta e approfondita riflessione sul pontificato di Papa Francesco, sullo stato della Chiesa cattolica dopo la sua morte e sull’avvio del nuovo corso sotto Papa Leone XIV.
L’incontro si apre con un’introduzione di Padre Bianchi, che presenta Marco Politi come una delle voci più autorevoli dell’analisi ecclesiale italiana, in quanto capace di leggere le dinamiche profonde della Chiesa cattolica e della società.
L’arrivo di Papa Francesco aveva, infatti, rappresentato un momento di spartiacque tra quella Chiesa che era stata definita dal Cardinale Martini come un’istituzione “rimasta indietro di cento anni” e quella “Chiesa in uscita”, missionaria e meno referenziale, cui auspicava Papa Bergoglio.
Nonostante i numerosi scontri, Papa Francesco è riuscito a concedere la comunione alle persone divorziate risposate e ad avviare un processo di inclusione a favore delle persone omosessuali: “Chi sono io per giudicare?” sono le parole del Papa che, secondo Politi, hanno cambiato radicalmente la percezione morale della Chiesa.
Altre innovazioni da parte del Pontefice sono state l’introduzione delle donne nei ruoli di vertice della Curia, il concedere loro il diritto di voto nei sinodi e l’apertura verso la possibilità di un diaconato femminile. Tutto questo ha rappresentato, secondo Politi, un passo irreversibile verso una Chiesa più partecipativa, sebbene il percorso rimanga ancora incompiuto.
Inoltre, un’azione importante da parte del Pontefice, è stata quella di osservare la Chiesa dall’interno, iniziando a correggere situazioni corrotte, quali la mancanza di ripercussioni nei confronti degli ecclesiastici accusati di pedofilia.
Tuttavia, resta sempre evidente come gli slanci innovativi di Bergoglio trovassero limitazioni da parte della struttura rigida della Chiesa. Per questo, l’augurio che ci si pone è quello di vedere nel nuovo Pontefice colui che potrà concretizzare le innovazioni iniziate da Papa Francesco.
Al suo arrivo, Papa Leone XIV, ha trovato una Chiesa che è in trasformazione ma che è anche profondamente lacerata: “Non si può essere perfetti, ma si deve essere credibili” sono state le parole del nuovo Pontefice, che Politi interpreta come un’accogliere, da parte del nuovo Papa, quanto ereditato da Bergoglio, senza indietreggiare.
La Chiesa che ha ereditato si muove in direzione di una vita più comunitaria, dove il popolo di Dio è chiamato ad essere protagonista del proprio destino: è una Chiesa che ha imparato a camminare, ma che non sa ancora dove la condurrà il cammino.
Sebbene il percorso verso una Chiesa davvero comunitaria resta lungo e fragile, in un mondo in continua trasformazione, e la rivoluzione di Papa Francesco sia rimasta incompiuta, resta comunque certo che le riforme che il Pontefice ha introdotto non sarà possibile dimenticarle.

IRENE CANE

Bartoli: “Agrivoltaico e fotovoltaico, una norma che tuteli territorio e agricoltori”

Torino, 16 ottobre 2025 – “La V Commissione consiliare – Ambiente, di cui sono onorato di essere il Presidente, ha preso oggi l’impegno di lavorare con celerità e determinazione, anche a seguito di un’eventuale approvazione del Decreto Legge Energia, di cui oggi il Ministro Gilberto Pichetto Fratin ha annunciato a breve l’esame in Consiglio dei Ministri, per armonizzare la necessità di produrre più energia da fonti rinnovabili, in particolare per quanto concerne il fotovoltaico, e le esigenze del territorio e dell’ambiente”, lo dichiara il Consigliere regionale Sergio Bartoli (Lista Civica Cirio Presidente PML), a margine della sessione congiunta della V Commissione e della III Commissione per l’audizione dell’Assessore Marco Marnati sul tema dell’agrivoltaico, richiesta dal Vice Presidente del Consiglio regionale, Domenico Ravetti.
 
“I 5GW di produzione di energia da fonti rinnovabili per il Piemonte – prosegue Bartoli -, rappresentano un obiettivo complesso da raggiungere, anche a dispetto del numero sempre crescente di richieste di installazione di impianti fotovoltaici e agrivoltaici: il tema è quello di trovare una quadratura fra l’esigenza di produrre più energia solare, per l’ambiente e per l’economia del Paese, con la tutela del comparto agricolo e del paesaggio. Le criticità in questo senso esistono, è inutile negarlo, e spesso sono acuite da una normativa comunitaria, recepita da quella nazionale, che frena qualsiasi norma regionale o locale volta a porre delle limitazioni e regolamentazioni, per esempio per i terreni a uso agricolo, piuttosto che in prossimità di centri abitati o per definire delle priorità tra possibili luoghi per l’installazione di nuovi impianti. Su questo tema lavoreremo, come Commissione e in accordo con l’Assessore Marnati, una volta che sarà approvato il Decreto Energia annunciato oggi dal Ministro dell’Ambiente, Pichetto Fratin, che tra l’altro conosce molto bene le peculiarità piemontesi: la quantità di territorio montano, per esempio, riduce le possibili aree da destinare agli impianti fotovoltaici”.
 
“Il Piemonte ha una grande tradizione agricola e tutt’ora l’agricoltura è una risorsa fondamentale per intere comunità – conclude Bartoli -, non è pensabile che questa tradizione debba essere sacrificata anche a fronte di esigenze condivisibili e significative, quali la produzione di energia da fonti rinnovabili, senza tener conto delle esigenze proposte dagli Enti Locali e dal territorio, come anche giustamente sottolineato da quasi tutti i Commissari che sono intervenuti”.

«Fine della vita oggi», convegno al Cottolengo

Venerdì 17 ottobre convegno alla Piccola Casa di Torino

 

Dalle ore 8.30 alle 17 nella Sala Convegni (via Cottolengo 12) in occasione della Giornata Mondiale della Bioetica

 

In occasione della Giornata Mondiale della Bioetica (Unesco), venerdì 17 ottobre 2025 dalle ore 8.30 alle 17 nella Sala Convegni della Piccola Casa di Torino (via Cottolengo 12), si tiene il convegno «’Non c’è diritto senza limiti’ (Valerio Onida). Una prospettiva medica e giuridica sulla fine della vita oggi».

 

Il seminario formativo, voluto dal Padre generale della Piccola Casa Padre Carmine Arice e dalla Direzione generale dell’Ospedale Cottolengo, vede la partecipazione di medici e infermieri palliativisti, bioeticisti, giuristi e pastoralisti che a vario titolo sono impegnati in prima persona nell’assistenza ai malati in fase avanzata e nel dibattito legislativo e bioetico. I lavori in particolare intendono offrire uno spazio di riflessione poliedrica sul tema del fine vita. La giornata si propone di fornire ai partecipanti mattoni fondamentali per una personale riflessione in materia che permetta di comprendere meglio i nodi di una tematica complessa e spesso fraintesa.

 

Intervengono:

 

  • Padre Carmine Arice, Padre generale della Piccola Casa;
  • Gian Paolo Zanetta, Direttore generale dell’Ospedale Cottolengo;
  • Antonio Spagnolo, Coordinatore della Sezione di Bioetica e Medical Humanities del Dipartimento di Scienza e Bioetica;
  • Claire Fourcade, medico in Cure palliative, già Presidente della Société Francaise de Soins Palliatifs;
  • Stefano Canestrari, Professore ordinario di Diritto penale all’Università di Bologna e membro del Comitato Nazionale per la Bioetica (CNB);
  • Mauro Ronco, Professore emerito di Diritto penale all’Università di Padova, Vicepresidente del CNB, Presidente del Centro Studi Rosario Livatino;
  • Ferdinando Garetto, medico in Cure palliative, responsabile medico del Cottolengo Hospice di Chieri (TO)

 

Moderano:

 

  • Ferdinando Cancelli, medico palliativista, membro della Pontificia Accademia per la Vita e collaboratore del quotidiano “Il Foglio”;
  • Lucetta Scaraffia, storica e giornalista, membro del Comitato Nazionale per la Bioetica, organismo del Governo italiano

«Le tematiche sulla fine della vita», spiegano i promotori del convegno, «occupano una parte sempre più rilevante del dibattito pubblico, non solo in Italia. A fronte però della rilevanza di un argomento che tocca tutti sia dal punto di vista medico e umano che etico e giuridico, le argomentazioni portate a sostegno di diritti reali o presunti non sono sempre chiare e giustificate da una riflessione pacata. Il rischio, in un momento in cui anche la politica deve prendere decisioni delicate, è quello di cadere nell’ideologia piuttosto che ragionare su dati ed evidenze».

 

 

 

Iscrizioni

 

 

 

L’evento è accreditato per tutte le professioni sanitarie.

 

Per iscriversi: https://forms.office.com/e/B2WSwx7aRT

 

 

 

La Segreteria Organizzativa è a cura del Centro di Formazione dell’Ospedale Cottolengo.