Si è svolto ieri il viaggio inaugurale del primo treno della linea ferroviaria Cuneo-Saluzzo-Savigliano, che riapre al traffico lunedì dopo 13 anni.
A bordo del convoglio, partito da Cuneo, il presidente della Regione Piemonte Alberto Cirio, l’assessore regionale ai Trasporti Marco Gabusi, l’assessore regionale Marco Gallo, i Consiglieri regionali della zona, il presidente della Provincia Luca Robaldo, tutti i sindaci della tratta e moltissimi amministratori del territorio. Alla cerimonia hanno partecipato, inoltre, i vertici di Arenaways, dell’Agenzia della Mobilità Piemontese e la Direzione regionale di RFI.
La riapertura di questo collegamento ha comportato un impegno economico significativo per la Regione Piemonte, che ha destinato 4,5 milioni all’anno per i prossimi 10 anni.
I treni viaggeranno tutti i giorni, con arrivo e partenza delle stazioni di Cuneo e Savigliano, fermeranno nelle stazioni di Busca, Costigliole Saluzzo, Verzuolo, Manta, Saluzzo.
Per consentire la ripresa del traffico viaggiatori, Rete Ferroviaria Italiana (Gruppo FS) ha investito undici milioni di euro nella sistemazione dell’armamento e delle opere d’arte (ponticelli, sifoni, sottovia), oltre che del risanamento dei cavi di segnalamento. Sono stati aggiornati i sistemi di telecomunicazioni e circolazione con l’upgrading del Sistema di Controllo Marcia Treno (SCMT). Ulteriori interventi di sistemazione sono stati eseguiti per la pavimentazione dei marciapiedi e la messa in sicurezza delle stazioni intermedie di Busca, Manta, Verzuolo, Costigliole e Saluzzo, dove sono partiti i lavori di restyling. Completate anche le attività di messa in sicurezza dei 48 passaggi a livello lungo la linea, sostituendo le casse di manovra e, laddove necessario, eseguendo modifiche sostanziali all’intero sistema ,nel rispetto della normativa vigente.
L’impegno di RFI proseguirà con un ulteriore investimento di 36 milioni di euro destinati a interventi di manutenzione straordinaria sulla tratta Saluzzo-Bivio Madonna dell’Olmo con il rinnovo dell’armamento, risanamento dei cavi di segnalamento e consolidamento di opere d’arte.
La definizione degli orari è stata studiata attentamente per rispondere alle principali esigenze di mobilità del territorio, garantendo collegamenti efficaci verso le destinazioni con flussi di traffico più significativi, offrendo soluzioni integrate per una mobilità completa e funzionale.
La produzione della linea prevede 142 treni alla settimana nel “periodo di alta” ossia da settembre a giugno, e 50 treni alla settimana nel “periodo di bassa” corrispondente alle vacanze scolastiche estive.
In alta stagione, nei giorni feriali dal lunedì al venerdì sono previsti 24 collegamenti al giorno, di cui 14 lungo tutto il percorso Cuneo-Saluzzo-Savigliano e 10 nella tratta Saluzzo-Savigliano. Il sabato sono previsti 14 collegamenti lungo tutto il percorso Cuneo-Saluzzo-Savigliano e 8 la domenica e festivi.
In bassa stagione, nei giorni feriali, dal lunedì al venerdì, sono previsti 10 treni al giorno di cui 6 lungo tutto il percorso Cuneo-Saluzzo-Savigliano e 4 nella tratta Saluzzo-Savigliano.
Questa riapertura rappresenta un’importante opportunità per migliorare la mobilità di un vasto territorio. Si stima infatti che il bacino d’utenza potenziale della linea sia di circa 180.000 persone, comprendendo non solo i residenti delle città di Cuneo, Saluzzo e Savigliano, ma anche quelli dei numerosi comuni limitrofi e delle valli circostanti. Il ripristino del servizio ferroviario offre un’alternativa sostenibile ed efficiente per studenti, lavoratori e turisti, contribuendo alla riduzione del traffico su strada e al miglioramento della qualità della vita nel territorio.

Nell’arcipelago cattolico del nostro paese, storicamente, c’è una pluralità di voci, di tradizioni, di


Lunedì , giorno della memoria, tra le tante manifestazioni programmate a Torino c’è una manifestazione speciale: il ricordo degli Imi, gli 800 mila internati militari italiani in Germania tra il 1943 e il 1945. Ornella Pozzi leggerà al Centro Pannunzio delle pagine di “Diario clandestino “ di Giovannino Guareschi deportato in Germania come ufficiale fedele al giuramento prestato al Re. Guareschi ci ha lasciato una testimonianza unica. Era un umorista, ma sapeva affrontare le situazioni drammatiche come la sua prigionia, scrivendo persino pagine di delicato lirismo. L’inventore di “Don Camillo” era stato prigioniero dei tedeschi , anche se gli internati non godettero delle garanzie sancite dalla convenzione in quanto considerati “badogliani” traditori. Alessandro Natta che fu anche lui internato, ha parlato di un’altra Resistenza, sia pure con molto ritardo, perché i comunisti mai avrebbero equiparato gli internati ai partigiani. Gli internati, oltre che militari, erano dei veri patrioti, orgogliosi delle stellette portate con grande dignità. Il libro dovrebbe essere letto nelle scuole. Anni fa mi invitarono a parlare in prefettura a Savona nel giorno della memoria. Il fatto che io avessi citato Guareschi e la principessa Mafalda di Savoia non venne gradito da alcuni antifascisti intolleranti savonesi e non mi invitarono più in quella città che ha ancora una via intitolata a Stalingrado. Dovetti aspettare il 2024 per tornare a Savona invitato a parlare dal Comando dell’Esercito Liguria. Forse quegli antifascisti erano anche un po’ fascisti, come diceva Flaiano.
diede alla storia il generale che sconfisse i Francesi all’Assietta e uno dei fondatori della Fiat escluso in modo un po’ banditesco da Giovanni Agnelli dalla conduzione dell’azienda a cui aveva dato i suoi capitali all’atto della fondazione. Paolo l’ho ricordato in più occasioni come un grande amico colto e raffinato che si dedicò totalmente agli studi filosofici e storici come un un umanista del Rinascimento. Venerdì mi sono ricordato di un episodio di cui mi ero dimenticato. Nel 1975 tenevo un seminario a Scienze Politiche sui manifesti di Gentile e Croce usciti nel 1925. Lo invitai a parteciparvi, ma quando seppe che il seminario era “fiscalizzato” e dava un 27 garantito senza sostenere l’esame di Storia dei partiti e dei movimenti politici , mi disse che non si iscriveva perché vedeva il seminario “fiscalizzato” come una furbata sessantottina. Era un po’ indietro in qualche esame perché amava lo studio più che laurearsi in fretta , ma rifiutò quella che riteneva come una facilitazione non dignitosa. Una grande lezione anche umana in una università preda dei contestatori che volevano anche lo sconto sugli esami, come una volta disse il mio maestro Franco Venturi che di fronte alla richiesta dei contestatori di ridurre i programmi d’esame rispose beffardamente: sono d’accordo, potete ridurre del 50 per cento i libri, leggendo una pagina si’ e una pagina no. Paolo era un grande uomo di studi severi ed austeri. Ma quando andavamo alla “Posta” di Cavour, non lontana da Bricherasio dove viveva, mangiavamo, bevevamo e ridevamo di gusto, come diceva il Verri del Caffè. Era nipote di Edoardo Calleri di Sala primo presidente della Regione Piemonte e mio collega in Comune. Non mi parlò mai dello zio durante tutto il periodo in cui fu presidente. Anche con Edo nacque un’amicizia rigorosamente fuori dalla politica. Questo era lo stile di una famiglia di grandi piemontesi, anzi di grandi italiani.
senatore Cravero. Oggi tutto è decaduto. Il centro nelle mani di Del Rio, quello che ha abolito le Province, fa sorridere. Non suscita neppure il riso o il pianto. E’ il nulla. Renzi al confronto un piccolo statista.
Mussolini tenne un discorso in cui si assunse le sue responsabilità , sfidando la Camera a porlo in stato d’accusa per il delitto Matteotti ai sensi dell’articolo 47 dello Statuto e quindi processato dall’alta corte di giustizia. La Camera e il Senato non raccolsero la sfida . Rimasero a “cercare farfalle sotto l’arco di Tito” per dirla con Mussolini che cito’ Carducci. L’opposizione antifascista dopo il sacrificio di Matteotti fu vile e velleitaria. Più che resistere fuggi’ sull’Aventino a commemorare Matteotti, ma fu incapace di raccoglierne il testimone. Durante il discorso del 3 gennaio tacquero e dopo incominciarono a pensare di andare all’estero. I combattenti antifascisti militanti furono quasi esclusivamente i comunisti, pochi socialisti pochi cattolici, pochi liberali. Il discorso di Mussolini l’ho riletto storicamente di recente. E’ una sfida a cui gli antifascisti non seppero rispondere in modo adeguato. Questa purtroppo è la verità storica. Filippo Turati disse, quando era già esule in Francia, che erano stati loro a consegnare l’Italia al fascismo. Molti storici alla De Luna e Barbero dovrebbero rifletterci su invece di replicare la solita vulgata, come se non fossero passati cento anni. Un secolo.
del Circolo e del presidente Sinigaglia al Polo. Hanno anche età da pensione, ma saranno forse destinati a restare a vita? Questa lotta per il posto è mortificante. I risparmi del bilancio regionale c’è da sperare che riguardino anche questi due enti. C’è un direttore che scalpita per andare al circolo. Era di estrema sinistra e scriveva di terroristi rossi suoi parenti, adesso è passato all’altra sponda. Voleva anche la direzione del Salone del libro.