ilTorinese

Di tutti i colori

La Rubrica dei Colori
a cura di Chiara Prele

Da relativamente pochi anni si parla diffusamente di colori. Piuttosto di recente si è diffusa ampiamente la consapevolezza della rilevanza dei colori, nelle loro manifestazioni più diverse: dai colori che ci circondano, esistenti in natura, a quelli creati dall’uomo con l’architettura, agli interni delle nostre case, a quelli del nostro fisico, a quelli che scegliamo di indossare. Tante sono le presenze del colore, così come tante sono le sue applicazioni: dalle preferenze di ognuno ai suggerimenti delle mode, dal significato nella comunicazione ai sentimenti di ognuno di noi.

Tuttavia, se il termine “armocromia” è entrato nell’uso comune di recente, tutt’altro che nuove sono tutte le implicazioni del colore sopra descritte e, forse, tutt’altro che nuova è parte della nostra conoscenza, magari inconsapevole. Chi di noi non ha sentito parlare di Pantone? E della sua infinita palette di colori? Nessuno, credo.

Oltre vent’anni fa rimasi affascinata dal sistema dei colori inventato dal direttore creativo del Pantone Institute, che anni dopo ebbi poi la fortuna di incontrare e ospitare a Torino. Un sistema assolutamente innovativo per individuare i colori più adatti a ogni persona, che va ben oltre il tradizionale metodo di classificazione delle persone in base alle stagioni, a seconda dei colori di pelle, capelli, occhi. A ogni stagione venivano abbinati colori freddi (inverno e estate) o caldi (autunno e primavera) in conformità al tono già proprio di ciascuno. Questo sistema incontra, tuttavia, due grandi limiti. Il primo: si basa esclusivamente sulle caratteristiche fisiche e non tiene conto delle preferenze individuali, portando così, eventualmente, a escludere un colore che una persona ama ma non rientra tra i colori individuati secondo le proprie caratteristiche. Il secondo: con colori soltanto caldi, o soltanto freddi, in linea con le caratteristiche della persona, si può finire per avere un effetto “un po’ spento”, o “con poco movimento”, che non valorizza la persona nel suo insieme.

Il metodo delle stagioni è ancora largamente applicato, poiché pochi conoscono l’innovativo metodo Pantone. Questo è affascinante poiché presenta una gamma infinita di colori e soprattutto consente di trovare un equilibrio rispettoso ed esaltante le caratteristiche e le preferenze di ognuno.

Un esempio ci aiuta a capire questo concetto. Prendiamo Anna G. (personaggio inventato): ha capelli castano dorati, con qualche riflesso ramato, occhi marrone non scuro, pelle chiara con qualche lentiggine; ama il blu. Per il metodo delle stagioni, Anna G. è un autunno e non può indossare il blu (e nemmeno il nero!). L’altro metodo, invece, individua alcune tonalità di blu che ad Anna G. stanno bene. Punta, dunque, non sul colore, ma sulla tonalità: di blu ce ne sono infinite e questo metodo insegna ad Anna proprio a individuare quella  a lei adatta. Non solo: Anna G. si sentirà sicura di sé indossando un colore che mette in risalto le sue caratteristiche e di suo gradimento e ciò avrà un impatto positivo sulla sua vita di relazione.

Dunque, nessun colore (o quasi) è escluso. E’ questione di tonalità. La professoressa Eisemann, nell’ideare questo metodo, osserva che è la luce alle diverse ore del giorno a mostrarci sfumature e tonalità diverse. La luce dolce e l’aria fresca, con la rugiada dell’alba, fa apparire i colori brillanti e decisi, mentre il sole forte ed accecante del mezzogiorno li spegne, e il tramonto li ricopre di un tono caldo e rosso dorato. Ecco, dunque, una classificazione dei colori secondo l’ “Orologio dei colori”, corrispondente ai vari momenti del giorno: alba, mezzogiorno, tramonto. Ogni ora del giorno ha la propria palette di colori: in tutte si ritrovano tutti i colori, che però variano di tonalità. Pensiamo all’esempio di Anna G.: al blu. Avete mai notato quanti blu esistono? E quanto è difficile abbinare due capi blu? Quasi sicuramente saranno di blu diversi! Andiamo dal blu-quasi-viola al blu-tendente-al-verde, dal blu scurissimo della notte all’azzurro del cielo.

Proprio grazie alle tonalità infinite di ogni singolo colore, Pantone dispone di palette con una moltitudine di nuances. E proprio grazie a questo, ogni anno Pantone introduce il “colore dell’anno” che, per il 2025, è il Mocha Mousse. Ma sta bene a tutti? Come capire quali colori sono adatti a ciascuno di noi? Leggetemi nel prossimo articolo..

Il marmo di Candoglia e il sigaro del signor Brusa

STORIE PIEMONTESI  a cura di https://crpiemonte.medium.com/

A monte della frazione di Candoglia nel comune di Mergozzo, sulla sinistra del fiume Toce, proprio all’imbocco della Val d’Ossola, si trovano le cave dalle quali proviene il marmo del Duomo di Milano

di Marco Travaglini

L’idea di usare quella pietra bianca, screziata di rosa, al posto del mattone per la costruzione della cattedrale fu di Gian Galeazzo Visconti che, per rifornirsi della materia prima, fondò la “Veneranda Fabbrica del Duomo”.

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Accendersi un sigaro

Il Signore di Milano, affascinato dalla bellezza cristallina del marmo, cedette in uso alla Fabbrica le cave di Candoglia, concedendo altresì il trasporto gratuito dei marmi fino al capoluogo lombardo, attraverso le strade d’acqua. Era il 24 ottobre 1387. E, da allora, per secoli, da quelle cave si è estratto il marmo che è servito a costruire il monumento simbolo del capoluogo lombardo, dedicato a Santa Maria Nascente, sormontato dalla madonnina che venne innalzata sulla guglia maggiore del Duomo negli ultimi giorni di dicembre del 1774.

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Il Duomo di Milano

Si trattava di un lavoro faticoso, ritmato da picconi, mazze, punte, cunei e palanchini. Così, partendo dall’impressionante caverna della cava Madre, la montagna è stata risalita, scavandola nel ventre, tagliando i blocchi di pietra con il filo in metallo. Il trasporto via acqua del materiale avveniva dal Toce al Lago Maggiore, lungo il Ticino e il Naviglio Grande per finire nel cuore della città fino alla darsena di S. Eustorgio, a Porta Ticinese. Così, grazie ad un ingegnoso sistema di chiuse, realizzato dalla “Veneranda Fabbrica”, il prezioso carico arrivava fino a poche centinaia di metri dal cantiere della Cattedrale. I barcaioli, per entrare in città senza pagare il dazio, utilizzavano una parola d’ordine — “Auf” — che in realtà era l’abbreviazione di Ad usum fabricae, cioè ad uso della Fabbrica, con la quale potevano passare senza versare il tributo imposto.

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Il naviglio grande di milano negli anni 50

In Lombardia, e non solo, è rimasta traccia di quell’usanza nell’espressione “A ufo” , intesa come “gratuitamente”. Chissà, poi, perché, a differenza del “gratis”, si è sempre più connotata con un profilo negativo, ma questa è un’altra storia… Il Cavalier Agenore Brusa, grossista di legname, proveniva da una delle famiglie che avevano, per generazioni, fornito il materiale alla Veneranda, un fatto che lo rendeva oltremodo orgoglioso. “Bei tempi quelli, caro Giovanni. Mio nonno, prima, e mio padre poi hanno lavorato per la Fabbrica di Candoglia tutta la vita. E ora, dopo che anch’io ho fatto la mia parte, tocca al mio Giulio tenere alto il buon nome dei Brusa” era solito ripetere all’amico Ambrogini.

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I sigari

Il ragionier Giovanni Ambrogini era il braccio destro del signor Brusa. Da oltre trent’anni, senza mancare un giorno dall’ufficio, teneva con scrupolo la contabilità della “Brusa & Figli”. Era diventato, per Agenore, quasi un fratello. E come tale lo trattava, chiedendo consigli e ascoltandone i punti di vista che, immancabilmente, teneva in gran considerazione. Per il resto, grazie all’impegno di tutti, la “Brusa & Figli” era un’azienda più che solida e al fidatissimo contabile l’anziano titolare garantiva un adeguato stipendio, commisurato ai suoi servigi. Da troppo tempo, per mille ragioni, il signor Agenore non si recava a Milano, in visita al Duomo. L’ultima volta, con uno sforzo di memoria, immaginò fosse stata quand’era nato il piccolo Giulio. Ma da allora, di anni n’erano passati ben trentadue. “Occorre andarci, a Milano”, comunicò al ragioniere. “E ci andremo insieme, caro Giovanni. Così vedrai anche tu come sono conosciuto in quella città. Devi sapere che è proprio grazie alla mia attività al servizio della Fabbrica del Duomo che mi hanno insignito del titolo di Cavaliere del Lavoro”.

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La cava madre del Duomo a Candoglia

Agenore teneva moltissimo a quel titolo e amava, come lui stesso affermava, “vestirsi con l’abito giusto”, quello “da Cavaliere”, una divisa che, per l’imprenditore, equivaleva a pantaloni e giacca di fustagno scuro, camicia bianca e corto cravattino nero, scarpe comode e, in testa, un vecchio “Panizza” di feltro al quale teneva molto, regalatogli dal padre Igino. I due partirono dalla stazione di Verbania-Fondotoce con il treno delle 6,29. Era un sabato e non faticarono a trovare posto a sedere sul treno mezzo vuoto, dato che gran parte dei pendolari che si recavano ogni giorno a Milano per lavoro avevano terminato la loro settimana. A Porta Garibaldi presero la linea verde della metropolitana fino a Cadorna e da lì, con la linea rossa, giunsero a destinazione alla fermata “Duomo”. Uscendo dalla metropolitana, in cime alle scale, si trovarono davanti l’imponente e gotica sagoma del Duomo. “Ah, che meraviglia”, esclamò estasiato il Cavalier Brusa, agitando la mano destra dove, tra indice e medio, teneva l’immancabile sigaro toscano. Il ragionier Ambrogini, estrasse dalla tasca un piccolo bloc-notes , leggendo i suoi appunti. “La quarta chiesa in Europa per superficie, dopo San Pietro in Vaticano, l’anglicana Saint Paul di Londra e la cattedrale di Siviglia ;la più importante dell’arcidiocesi milanese, sede della parrocchia di Santa Tecla..”. Il buon Giovanni, preciso come un ferroviere svizzero, si era documentato ben bene. Al Cavaliere quell’accuratezza, diligente e meticolosa, piaceva molto. In molti consideravano l’Ambrogini un pignolo, persino un po’ pedante, ma ciò che i più consideravano un difetto, per Agenore Brusa rappresentava una qualità. E che qualità: cura, scrupolo e rigore! Il massimo che potesse desiderare dal suo più stretto e fidato collaboratore.

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La Veneranda Fabbrica alle cave di Candoglia

Lo ascoltava, ammaliato, senza dimenticarsi di ricambiare — con un cenno di capo — al saluto che gli era stato rivolto da alcuni passanti. “Ci sono voluti cinque secoli per costruirlo, durante i quali si sono avvicendati nella Fabbrica del Duomo architetti, scultori, artisti e maestranze, provenienti da tutta Europa. Il risultato è un’architettura unica, una felice fusione tra lo stile gotico d’oltralpe e la tradizione lombarda. Con una decorazione impressionante di guglie, pinnacoli, cornici e un patrimonio immenso di oltre tremila statue. E sulla più alta delle 145 guglie, la celeberrima Madonnina che non è d’oro, ma ricoperta di fogli d’oro”. Il ragioniere era, come sempre, sintetico ed esauriente. A quel punto il Cavalier Brusa lo esortò a varcare il doppio portale in bronzo.

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La Veneranda Fabbrica del Duomo

Forza, Giovanni. Andiamo a vedere anche all’interno com’è stato magistralmente lavorato il nostro marmo! A proposito, hai visto che persone ben educate? Salutano, cortesemente. Si vede che anche qui conoscono i Brusa, con tutto quello che abbiamo fatto per Milano, eh?”. Spento il toscano sotto la suola della scarpa e riposto in tasca il resto del sigaro ( Brusa era un parsimonioso e il suo motto era “non si butta via niente”), entrarono in Duomo, rimanendo a bocca aperta davanti alle cinque navate. Quella centrale, poi, era davvero ampia e alta e ai lati si potevano ammirare magnifiche vetrate istoriate che raffiguravano scene religiose. Una di esse, superba, rappresentava il Giudizio Universale. Il Cavalier Brusa, informato dal fedele Giovanni, di ciò che conteneva la teca sopra il coro, voleva a tutti i costi ammirare quel chiodo che si riteneva provenisse della croce di Gesù e si avviò in quella direzione con ampie falcate. Mentre camminava, s’accorse degli insistenti sguardi da parte delle persone che incontrava.

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Una targa commemorativa della visita di Paolo VI alla cava

Alcuni sgranavano gli occhi, altri si davano di gomito. Mentre avanzava impettito, gli venne incontro un sacerdote in chiaro stato d’ansia, visibilmente affannato. Il prelato , rivolto al Cavaliere, ripeteva concitato la stessa breve frase, in milanese: “ Sciur, al Brüsa”, “Sciur, al Brüsa”, “Sciur, al Brüsa”. Agenore Brusa, voltandosi verso il ragionier Ambrogini, disse soddisfatto: “Vedi, Giovanni. Qui mi conoscono tutti”. Solo in quel momento il povero ragioniere s’accorse che la marsina del suo principale stava andando in fiamme. Evidentemente il toscano non era stato spento bene e si era ravvivato nella tasca. Il prete, sicuramente lombardo e certamente alterato, aveva lanciato l’allarme rivolgendosi al Cavaliere in dialetto meneghino e quel “Sciur, al Brüsa”, più che ad una individuazione dell’identità del signor Agenore equivaleva all’allarmante fumo che proveniva dal vestito del medesimo, ignaro, visitatore del Duomo. Così, spento l’incendio, i due lasciarono la cattedrale e Milano, frastornato e ammutolito, Giovanni Ambrogini, contrariato e scuro in volto, il Cavaliere che, una volta tanto e suo malgrado, era stato costretto a venir meno al suo principio del “non buttar via niente”, lasciando in un bidone della spazzatura la giacca bruciacchiata e quel resto di sigaro che aveva tenuto per il viaggio di ritorno.

Prevenzione di piazza, visite ed esami gratuiti al Villaggio della Salute di Borgaro 

Il 18 maggio, a partire dalle 9.30, Bergamo Torinese ospiterà la terza edizione della Giornata della Prevenzione per la tutela della Salute, dove sarà possibile effettuare visite ed esami medici per l’intera giornata. L’evento è promosso dalla pubblica assistenza ANPAS Croce Verde di Torino sezione di Borgaro- Caselle, dal Comune di Borgaro Torinese da medici e infermieri dell’azienda Sanitaria locale di Cirié, Chivasso e Ivrea, con l’obiettivo di sensibilizzare la popolazione sull’importanza dei controlli periodici e della diagnosi precoce per la prevenzione di malattie e tumori. A riguardo, nella giornata della prevenzione 2023, sono stati eseguite 384 esami, saliti a 501 nell’edizione del 2024. Complessivamente, nelle due edizioni precedenti, sono stati riscontrati 75 casi da sottoporre ad approfondimenti diagnostici. Per le visite gratuite dermatologiche, urologiche, spirometriche e senologiche è necessario prenotarsi via mail all’indirizzo giornatadellaprevenzione@croceverde.org. L’accesso sarà libero per le visite cardiologiche con elettrocardiogramma per lo screening ematico cardiovascolare e per il controllo della prevenzione del glaucoma.

“Molte persone convivono con patologie croniche senza saperlo – spiega Stefano Dinatale, medico di medicina generale di ASL To 4 , che valuta l’iniziativa della Giornata della Prevenzione come rivolta a persone che si considerano in buona salute – il diabete, ad esempio, può restare silente a lungo, così come l’ipertensione. Ecco perché è fondamentale sottoporsi a controlli periodici, anche quando ci si sente bene. Eventi come il Villaggio della Salute offrono esami gratuiti per diffondere la cultura della prevenzione. Occorre imparare a prendersi cura di sé anche attraverso corretti stili di vita, alimentazione sana, attività fisica e stop alle cattive abitudini. Durante le scorse edizioni della Giornata della Prevenzione sono stati scoperti casi di persone ignare del loro problema di salute che, grazie alla diagnosi precoce, hanno potuto intervenire subito migliorando la loro qualità di vita. Non sottovalutiamo i piccoli segnali quali difficoltà a salire le scale, risvegli notturni e affaticamento. Possono essere campanelli d’allarme. Partecipare a queste iniziative è un gesto di responsabilità e un’occasione per conoscere da vicino il mondo del volontariato sanitario come quello della Croce Verde, fatto da persone che donano il proprio tempo per il bene della comunità”.

Mara Martellotta

25 Aprile, Nicco accoglie i cittadini a Palazzo Lascaris

In occasione della Festa della Liberazione, dopo aver fatto tappa prima Trana, poi a Pancalieri fino a Vigone, il Presidente del Consiglio regionale del Piemonte Davide Nicco ha accolto i cittadini che hanno scelto di visitare gratuitamente Palazzo Lascaris, sede del Consiglio regionale.

Due i turni di visita previsti, alle 14 e alle 15,30, che hanno permesso al pubblico di conoscere da vicino gli spazi aulici ed istituzionali di questo luogo.

In Sala Viglione il Presidente Nicco ha incontrato i partecipanti, più di 50 persone, di cui molti giovani: “In questa sala si riunisce il Consiglio regionale e lo fa anche grazie alle regole democratiche che sono scaturite dalla Liberazione. Siamo qui a festeggiare il 25 aprile che è una festa per tutti, di cui nessuno si deve appropriare”, ha affermato.

Durante l’incontro, il Presidente ha illustrato il funzionamento dell’assemblea legislativa, il ruolo della maggioranza e della minoranza e la distinzione tra Consiglio e Giunta, sottolineando come “se il dibattito democratico può svolgersi in quest’aula è proprio perché c’è stato il 25 aprile, data fondamentale della nostra storia del Novecento”.

“Una giornata di festa e di partecipazione, che rafforza il legame tra le istituzioni e i cittadini”, conclude Nicco.

25 Aprile a Torino, se l’intolleranza soffoca la libertà

IL COMMENTO  di Pier Franco Quaglieni
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La festa del 25 aprile non si è aperta bene a Torino perché i tafferugli hanno creato problemi alla manifestazione del 24 in piazza Castello. I centri sociali e i loro supporter hanno assalito il palco dal quale con i megafoni hanno fatto a modo loro una contro-manifestazione. E’ la prima volta che accadeva. Anche la presenza provocatoria di un consigliere comunale che si autodefinisce radicale,  non ha giovato a calmare le acque agitate. Ma ciò che appare assolutamente fuori discussione è che la festa della Liberazione è stata connotata dalla intolleranza che tende a soffocare proprio la libertà conquistata 80 anni fa. Certo, i climi di guerra tendono a inasprire degli animi e fanno emergere un antisemitismo antico, mai rinnegato, anzi  oggi più che mai orgogliosamente ostentato. Stamattina all’incontro sulla passeggiata Pannella si è vissuto  invece ciò che dovrebbe accadere di norma  alla festa del 25 aprile: un pluralismo di bandiere e di interventi anche di opposto significato in nome del libero pensiero. Questo è il vero modo di rivivere la Resistenza senza intenti egemonici superati dai tempi. Possibile che agli organizzatori dell’incontro in piazza Castello non sia mai venuto  in mente di evitare sempre gli stessi oratori ufficiali ,reclutati sistematicamente da un’unica esclusiva area ideologica e politica?  La ripetitività ha stancato e può anche far capire che ci sia qualcuno che non voglia solo ascoltare delle prediche, ma voglia anche far sentire la propria voce. Non giustifico certo la violenza dei centri sociali, ma diventa un fatto sempre più intollerabile, proprio nello spirito pluralistico del 25 aprile, che a celebrare la Messa cantata in piazza siano sempre gli stessi officianti. Io ho chiuso il mio intervento alla passeggiata Pannella con un “Viva l’Italia!” che certamente sarebbe stato improponibile in piazza Castello e che forse pochi hanno apprezzato alla passeggiata Pannella. Ma è il grido con cui sono morti sotto il fuoco fascista il Generale Perotti e gli eroi del Martinetto.
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(Foto Cosap)

Nallo (Iv): “No al fascismo degli antifascisti”

IERI ALLA FIACCOLATA DELLA VIGILIA DEL 25 APRILE LA CONSIGLIERA, CHE ASPETTA UN BIMBO, SI È DOVUTA ALLONTANARE PER TIMORE DEI VIOLENTI

“Sono una cittadina antifascista, una consigliera regionale, ma sono anche una mamma. E ieri non ho potuto partecipare al corteo del 25 aprile come avrei voluto per colpa di un gruppo di violenti – spiega la consigliera regionale di Italia Viva Vittoria Nallo in un video su Instagram – Ho dovuto allontanarmi per proteggere me stessa e il mio bambino. Un gruppo del cordone di sicurezza ha impedito la partecipazione alla nostra delegazione. Sapete per quale colpa? Per quella di aver portato le bandiere dell’Europa e dell’Ucraina. Un popolo in lotta per la libertà.Il 25 aprile dovrebbe essere la festa di tutti. Donne, uomini, bambini, giovani di chi ama la libertà. Eppure a Torino questo ieri non è stato possibile.Per quanto ancora si continuerà a tollerare e giustificare la violenza di pochi che sporcano la festa di tutti, questo, come diceva Pasolini, è il fascismo degli antifascisti”.

25 Aprile, Fdi: “Assedio alla nostra sede”

IN BARRIERA. MONTARULI (FDI): GRAVISSIMO ASSALTO PER INTIMORIRE LE PERSONE PRESENTI ALL’INTERNO.

“Gravissimo quanto sta accadendo alla sede di Fratelli d’Italia a Torino, sita a Barriera, assediata all’esterno da estremisti di sinistra con cartelli inneggianti “ai fascisti fuori dai quartieri” e che ha costretto chi era all’interno a barricarsi per evitare di essere travolto dalle violenze – a dichiararlo è la vicecapogruppo di Fdi alla Camera Augusta Montaruli, che prosegue -. E’ l’ennesima dimostrazione che aveva ragione il Governo ad invitare alla sobrietà in questa giornata, ben consapevole che ormai le manifestazioni organizzate dalla sinistra si accompagnano ad eccessi e provocazioni. In particolare, preoccupa Torino dove siamo in presenza di una deriva che non conosce sosta e che non risparmia nessuno, nemmeno le Forze dell’Ordine come confermano le violenze di stanotte. E’ già grave l’assalto ad una sede di partito ma è inqualificabile che ciò avvenga nella consapevolezza di persone all’interno con l’unico intento di intimorirle. Mi auguro che arrivi una pronta e decisa censura da parte di tutte le forze politiche, in particolare dalla sinistra che troppo spesso si è caratterizzata per i propri ambigui silenzi anche a fronte della rivendicazione dei facinorosi che si sono permessi di esaltare il gesto affermando esplicitamente come questo episodio sia una “sanzione” verso Fdi. Ciò aggiunge alla gravità inquietudine ma chi si è reso responsabile non sa che quel luogo non solo rimarrà aperto e vivo ogni giorno ma ci motiva ulteriormente a non lasciare la città in mano a simili soggetti che troppo spesso attirano la simpatia della sinistra che amministra, per ora, Torino.

GRUPPO FDI CIRCOSCRIZIONE 7: SCONTRI DEL 24/04 e 25/04 SIANO MONITO PER L’AMMINISTRAZIONE COMUNALE
Ci troviamo come consiglieri di Fratelli d’Italia  Circoscrizione 7 a dover ribadire per l’ennesima volta la nostra solidarietà alle forze dell’ordine per i fatti accaduti durante la manifestazione del 24/04 e a condannare l’aggressione alla nostra sede di Barriera di Milano del 25/04. La presenza sempre costante dei collettivi si è scagliata, utilizzando come palco la manifestazione del 25 aprile, per colpire il Sindaco della Città di Torino e una sede del primo partito al Governo della Nazione in un momento in cui si richiedeva sobrietà per il lutto nazionale al seguito della improvvisa scomparsa del Santo Padre. La presenza dei collettivi di sinistra non si è sconfessata, noi lo diciamo sempre, e ieri il loro atteggiamento prepotente e facinoroso si è scagliato contro le forze progressiste e democratiche che spesso durante le discussioni e le votazioni istituzionali sembrano tendere la mano a questi soggetti. Oggi invece si sono scagliati contro la sede di Fratelli d’Italia di Barriera di Milano, sede sempre aperta che rappresenta il primo partito nazionale, democraticamente eletto dal popolo italiano. Questa è la dimostrazione che non c’è mediazione possibile con chi non accetta il diritto di tribuna, queste manifestazioni devono essere un monito di ciò che si rischia continuando per esempio la strada del patto di collaborazione con Askatasuna.
Oltre ad esprimere la solidarietà a chi si è dovuto rifugiare nella nostra sede di Barriera di Milano, esprimiamo solidarietà anche per i gruppi a cui è stato impedito di partecipare e di poter esprimere i propri concetti sul palco, chiediamo all’amministrazione comunale ed in particolare al Sindaco Lo Russo di fermare ogni dialogo con questi soggetti ed impedirne la partecipazione alle future manifestazioni a chi anziché manifestare con le parole agisce con atti violenti. La manifestazione annuale del 25 aprile rischia di radicalizzarsi e di perdere così ogni significato di commemorativo e storico. Così commentano i fatti di ieri sera e di oggi i consiglieri della Circoscrizione 7 Alessi, Giovannini e Caria.

 

Esodo al mare faticoso sulla A6, 8 km di coda a Millesimo

Caro direttore,

malgrado le promesse esodo faticoso stamane sulla A6 per la Liguria ben 8 km di coda.  Da 6 anni autostrade per la Liguria un calvario per i camionisti, per le aziende che debbono trasportare i loro prodotti e per i turisti. La incompetenza nei trasporti la pagano ogni giorno cittadini e sistema economico.

Mino GIACHINO

Foto di un torinese che sperava di arrivare a pranzare al mare

Herbaria: Laboratorio didattico nel Parco del Castello di Miradolo

Sabato 26 aprile, ore 15

 

Un tempo l’erbario indicava una lista di piante con proprietà curative e da usare in cucina: ogni pianta presente nella lista era spesso accompagnata da una breve descrizione e a volte da un disegno che aiutava a riconoscerla. Il laboratorio didattico “Herbaria” di sabato 26 aprile, intende spiegare la storia dell’erbario per insegnare ai partecipanti a raccogliere, pressare, seccare, creare e conservare.

Il laboratorio prende spunto dalla mostra, esposta nelle sale del Castello fino al 22 giugno, Di erbe e di fiori. Erbari d’autore. Da Besler a Penone, da De Pisis a Cage, curata dalla Fondazione Cosso e da Roberto Galimberti, con la consulenza iconografica di Enrica Melossi. La mostra intende costruire un confronto tra alcune pagine di erbari storici con la visione di alcuni artisti che attorno alla riflessione sulla materia e sugli elementi della natura hanno costruito opere che sono specchio del proprio tempo e del presente.

INFO

Castello di Miradolo, via Cardonata 2, San Secondo di Pinerolo (TO)

Sabato 26 aprile, ore 15

Herbaria

Età: 6-10 anni

In collaborazione con l’Università degli Studi di Torino

Costo FamilyLab: 5 euro bambini + 10 euro accompagnatori, comprensivo di ingresso e attività didattica

Il biglietto di ingresso è comprensivo di:

Accesso al Castello, al parco storico e alla mostra

Accesso alle audioguide disponibili e a tutti i percorsi di visita e di visita accessibile attivi

Accesso a tutte le visite guidate “Chiedimi”, quando programmate

Orari: sabato, domenica e lunedì, dalle 10 alle 18.30. Ultimo ingresso alle ore 17.30

Informazioni

0121 502761 prenotazioni@fondazionecosso.it

www.fondazionecosso.com

Gli anni formidabili della Valanga Azzurra

IL LIBRO DI AUGUSTO GRANDI

Pare incredibile in un’epoca di turismo dello sci per altospendenti e bassopensanti, ma ci sono stati anni in cui l’Italia intera (o quasi) si fermava per ascoltare i risultati degli slalom e delle discese libere. Erano gli anni della Valanga Azzurra.  Teoricamente dal 1974 al ’76, ma in realtà i trionfi dello sci azzurro erano iniziati prima, con Gustavo Thoeni che aveva già vinto le Coppe del mondo generali nel 70/71/72 oltre ai successi alle Olimpiadi e ai Mondiali.
Dunque perché la Valanga nasce nel ’74?
Lo racconta il nuovo libro del giornalista Augusto Grandi,  “Giuliano Besson: il ragazzo terribile della Valanga Azzurra”, pubblicato dalla casa editrice Cicles. Un racconto che parte dai ricordi del grande discesista di Sauze d’Oulx – uno degli esponenti più pazzi di quella squadra irripetibile – per andare a svelare i retroscena non sempre edificanti di un’avventura che non fu solo sportiva.
La Valanga Azzurra nasce, formalmente, il 7 gennaio 1974 grazie alla definizione creata dal giornalista Massimo di Marco di fronte al successo nel Gigante di Berchtesgaden di 5 slalomisti italiana nei primi 5 posti: Gros, Thoeni, Stricker, Helmuth Schmalzl e Pietrogiovanna. Uno sport tipicamente individuale si trasformava in uno sport di squadra.
Ma Grandi e Besson non si accontentano delle rievocazione di facciata. E spiegano le ragioni che hanno portato al successo di una squadra che, nel momento di massimo fulgore, evidenziava già le crepe che ne avrebbero sancito la fine.
Dalla squalifica della squadra francese alla grande opera realizzata dall’allenatore transalpino degli Azzurri, Bernard Favre. Dagli scontri con Vuarnet all’arrivo di Cotelli, più attento ai giornalisti che agli atleti. E, infine, alla radiazione di Besson e Stefano Anzi, nel 1975, per aver osato mettere in dubbio l’operato della Federazione in ambito economico ed in quello della sicurezza soprattutto per le squadre giovanili.
Besson e Anzi, i gemelli della velocità, erano stati scelti dai compagni di squadra per rappresentarli nelle trattative con la federazione. Ma di fronte alla radiazione nessuno osò protestare.
I due non si persero d’animo e l’anno successivo diedero vita ad un’azienda di abbigliamento per lo sci, la AnziBesson, che alle Olimpiadi di Torino conquistò ben 11 medaglie con le  nazionali di Francia e Austria.
Ma il libro affronta anche i temi legati al turismo alpino. Che non si è sviluppato grazie alla Valanga Azzurra poiché già negli Anni 30 erano state costruite le colonie montane per i figli dei lavoratori (la Torre di Sauze era nata proprio per questo) e dopo la guerra era iniziata la trasformazione (non proprio entusiasmante) di Cervinia. Negli Anni 60 la Francia lancia il Plain Neige e lo stesso succede ad esempio a Viola St.Gréé nel cuneese.
Mentre i campioni della Valanga hanno il merito di essere stati i protagonisti del cambiamento dell’abbigliamento dello sci.
Non potevano mancare gli aneddoti sulle goliardate e sulle avventure erotiche di ragazzi che avevano 20 anni e volevano divertirsi, non solo sugli sci. Qualcuno preferiva andare a dormire presto, altri preferivano vivere. Dalle follie alla cerimonia di chiusura delle Olimpiadi in Giappone alla fuga in Brasile dopo un trionfo in Cile. Ragazzi terribili, non solo Besson…