ilTorinese

I vincitori della prima edizione del progetto InvesTO

Per sostenere e finanziare nuovi progetti di imprenditoria sociale

 

LabAut, SolCare, BoosTER e Green Hub-Serra Sociale Integrata sono le quattro idee vincitrici della prima edizione di InvestTO sul territorio, un’iniziativa nata dall’unione tra finanza e filantropia per sostenere e finanziare nuovi progetti sul territorio di imprenditoria sociale, capaci di generare un impatto positivo dal punto di vista economico, sociale e ambientale nel territorio della Città Metropolitana di Torino.

I progetti proposti hanno presentato caratteristiche multisettoriali che spaziano dell’inclusione sociale allo sviluppo territoriale, dal contrasto allo spopolamento a quello dell’impoverimento del territorio, intersecando diversi attori, realtà geografiche e settori di intervento. La sostenibilità economica, la rigenerazione dei territori generata dalle attività sociali e ambientali e le realtà dove gli spazi diventano luoghi sono al centro dei progetti proposti.

I vincitori del bando sono

Dalla stessa parte Scs con il progetto LabAut, creazione di un laboratorio dedicato a processi produttivi, rivolto a persone con autismo e al loro inserimento socio lavorativo nelle valli di Lanzo

Gruppo Arco Scs, con il processo SolCare per la prevenzione e l’accesso allo screening dei tumori della pelle rivolto a tutti i torinesi, con particolare attenzione rivolta alle categorie fragili.

Liberi tutti Factory Srl Impresa Sociale con il progetto BoosTER ‘agenzia di sviluppo territoriale’, creazione di un ecosistema territoriale e digitale nelle valli di Lanzo per contrastare lo spopolamento e incrementare le attività economiche, con un focus rivolto alle donne e ai giovani.

Limen Società agricola sociale, con il progetto Green Hub Serra Sociale Integrata, realizzazione di una serra aeroponica, all’interno di Cascina Falchera a Torino, per la produzione di prodotti ortofrutticoli di prossimità, oltre che il rafforzamento di percorsi lavorativi e di inclusione, in un contesto di sostenibilità ambientale.

Ciascun vincitore si è aggiudicato un premio in denaro stanziato dalla Fondazione Sviluppo e Crescita CRT, nonché la possibilità di accedere a un Impact Financing di Unicredit a tasso zero, fino a110 mila euro. Inoltre verrà riconosciuta una premialità fino a 5 mila euro al raggiungimento degli obiettivi sociali dei singoli progetti premiati, secondo lo schema del pay for success.

Liberi tutti Factory srl Impresa Sociale con il progetto BoosTER si è aggiudicato il premio speciale, messo in palio dalla Fondazione Italiana Accenture ETS. Il premio speciale come progetto più innovativo, in grado di garantire la scalabilità e replicabilità al progetto stesso in termini di qualità e quantità di beneficiari raggiunti, consiste in un contributo di 5 mila euro erogato dalla Fondazione Italiana Accenture ETS.

Ai vincitori è garantita la possibilità di usufruire di un supporto formativo e tecnico per una rendicontazione dell’impatto sociale delle attività avviate a cura di Human Foundation, con il contributo di Fondazione Sviluppo e Crescita CRT.

 

Mara Martellotta

(Credits Michele D’Ottavio)

“Rocky”, storia d’amore e di rivincita, uno spettacolo pensato in grande

Sul palcoscenico dell’Alfieri, sino al 27 ottobre

A poco più di trent’anni dalla sua comparsa sugli schermi, nel 2008 l’American Film Institute lo inserì al 57mo posto della classifica dei migliori cento film statunitensi di tutti i tempi e due anni prima era stato scelto per la preservazione nel National Film Registry della Biblioteca del Congresso. Un gran bel risultato d’eccellenza per un film che, economicamente, con una lavorazione conclusa in meno di un mese, aveva stanziato un budget di poco più di un milione di dollari e se ne era visti tornare a casa intorno ai 225. Come non credere che Sylvester Stallone, l’ormai mitico Sly, gran macinatore di sequel e di spin-off, attore pressoché sconosciuto sino al successo del primo capitolo, a cui nelle audizioni erano stati preferiti nomi già collaudati, Redford e Ryan O’Neal in primo luogo, non agguantasse l’occasione per portare sui palcoscenici, in compagnia di Thomas Meehan, il suo “Rocky”? Il boccone era ghiotto, la storia e le musiche anche lì potevano funzionare benissimo, la storia d’amore e di rivincita da un passato di povertà e di rinunce e di difficoltà anche al di là di un proscenio avevano i numeri giusti per portarsi appresso una gran bella quantità di pubblico. I sei mesi di repliche a Broadway e le candidature ai Tony Award furono il primo passo di un lungo successo.

Rocky the musical”, nella produzione di Fabrizio Di Fiore Entertainment, pensata lodevolmente in grande – una ventina di persone in scena e l’intero apparato tecnico, l’orchestra dal vivo in una di quelle buche che davvero a teatro non vedi più, la direzione musicale e gli arrangiamenti di Ivan Lazzara e Angelo Nigro, l’eccellente disegno luci di Valerio Tiberi, la struttura drammaturgica e l’esatto adattamento, la resa dei testi delle canzoni mai banali – e con la regia di Luciano Cannito, ha aperto nei giorni scorsi la stagione del torinese teatro Alfieri, affollatissimo in ogni ordini di posti, pubblico festoso e ricchissimo d’applausi, teso a sottolineare i momenti più forti o piacevoli della storia, un finale d’eccezione su tanto di ring a decretare fin d’adesso un successo che percorrerà sino ad aprile le tante tappe attraverso lo stivale. Perché il pubblico, giovane e meno giovane, pur preso dalla faccia televisiva io credo riesca a dimenticarla per circa le tre ore di spettacolo e non faccia troppa fatica a immedesimarsi, col sentirli davvero vicino a sé, in quei personaggi che cercano una rivalsa grazie sì con l’accarezzamento di un sogno ma attraverso la fatica, la dedizione, l’inseguire continuo un ideale che non è soltanto disciplina e punto d’arrivo ma altresì filosofia di vita. E lo spettacolo fa veramente la sua parte. “Musical mozzafiato” è stato detto ed è vero. Ci sono le musiche di Bill Conti e di Stephen Flaherty, c’è l’irruenza di alcune canzoni che hanno attraversato la vita di ognuno di noi, c’è l’iconico pugno alzato del campione, c’è una storia di fatica ma pure di poesia, disposta a contraltare che s’amplia in certi personaggi e in alcuni momenti valorizzati da una regia fatta certo di ampi lunghi poderosi movimenti, di una macchina teatrale che aziona con grande precisione e già funziona a meraviglia, e diverte, una regia che accomuna splendide e acrobatiche coreografie che non puoi non applaudire, ma anche capace di stringere perfettamente il campo, con mezzi tutti cinematografici, sui piccoli sentimenti, sulla agguerrita discesa ancora una volta sul ring del vecchio allenatore, sull’amore che nasce in una piccola stanza, in un angolo di palcoscenico ed è l’immagine della forza e del cercato rifugio mentre tutt’intorno le belle scenografie di Italo Grassi scorrono e sovrastano e costruiscono di volta in volta i vicoli e lo skyline di una Philadelphia piena di luci e di brume.

Lo spettacolo è l’affermazione di una autentica attrice dalla stupenda voce, che usa questa e le doti recitative che tocchi con mano a ogni intervento per entrare attraverso piccoli segnali e prepotentemente allo stesso tempo nella sua Adriana, per ispessire la debole commessa di un negozio d’animali stanca dei soprusi del fratelli e alla ricerca giorno dopo giorno della sua libertà e di un sentimento vero. Si chiama Giulia Ottonello, la si guarda, la si ascolta, con ammirazione, ti rendi conto a ogni passo di quanto riempia il palcoscenico. Rocky ha il fisico e il gancio, che dovrà battere Apollo Creed, di Pierpaolo Pretelli, il peccato di qualche incertezza, i mezzi espressivi pronti ad affinarsi e le repliche che gli consentiranno di buttar fuori – come personaggio e come interprete – tutta quella grinta e quella sfacciata padronanza che alla prima, certamente con i brutti scherzi che l’ansia da prestazione può fare, non ha mostrato appieno. Pietra d’inciampo vera e propria quello schermo messo sulla sua testa nell’incontro finale a testimoniarne espressioni e movimenti. La Gloria di Laura Di Mauro, la proprietaria del negozio, voce e divertimento a vendere, e il Mickey di Giancarlo Teodori, il vecchio allenatore, sono due belle presenze, con ogni carta in regola. Da vedere.

Elio Rabbione

Nelle immagini alcuni momenti dello spettacolo.

L’alta cucina è arte?

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Tra il 24 ottobre e il 3 novembre il bookshop Paint It Black ospita cene con piatti pensati da artisti e creativi. Anche mise en place e sedute sono d’artista, in una sala piena di opere ,tra performance, letture e concerti si svelerà il dilemma

L’alta cucina è arte? Una cosa è certa: agli artisti il cibo e’ sempre interessato la storia dell’arte, lo replica in ogni  epoche è piena e lo dimostrano gli autori contemporanei, coinvolti in un progetto pop up in partenza a Torino. La casa editrice indipendente Paint It Black trasforma infatti la sede del suo bookshop vicino Porta Nuova in un ristorante temporaneo, con non solo mise en place e arredi progettati ad hoc, ma anche piatti immaginati dai creativi. Soltanto dal 24 ottobre al 3 novembre 2024, in occasione della Fiera Internazionale d’Arte Contemporanea Artissima.
Paint It Black: casa editrice fondata nel 2022, da quest’ anno ha aggiunto anche un bar, per avvalorare la libreria come luogo di incontro e scambio.

GABRIELLA DAGHERO

Torino, problemi radar. Assoutenti: le compagnie garantiscano assistenza e rimborsi

 

 

Il guasto informatico al sistema operativo della sala radar Enav di Nord Ovest ha causato pesanti disagi negli aeroporti di Torino Caselle, Linate e Malpensa, Orio al Serio e Genova, un disservizio che non cancella tuttavia i diritti dei viaggiatori previsti dalla normativa comunitaria. Lo afferma Assoutenti, commentando la giornata di passione vissuta sul fronte del trasporto aereo.

“Anche in presenza di cause di forza maggiore come può essere un guasto alla sala radar i viaggiatori hanno diritto ad una corretta informazione e alla piena assistenza da parte delle compagnie aeree come previsto dal Regolamento CE n. 261/2004 – spiega il presidente Gabriele Melluso – in particolare in caso di cancellazione o forte ritardo del volo i vettori devono garantire ai passeggeri in aeroporto pasti e bevande, almeno due chiamate telefoniche e sistemazione in hotel se l’orario di partenza previsto è almeno un giorno dopo l’orario di partenza fissato, o quando il soggiorno diventa necessario, e il trasporto verso gli alberghi”

“Ai passeggeri che hanno subito la cancellazione del volo deve essere inoltre garantito il rimborso del prezzo del biglietto o un volo alternativo appena possibile o in una data concordata reciprocamente. È esclusa la compensazione pecuniaria trattandosi di cause di forza maggiore non prevedibili – ricorda Melluso – per tali motivi offriamo assistenza legale a tutti i viaggiatori coinvolti nel caos ai fini delle dovute azioni nei confronti delle compagnie aeree che non garantiranno i diritti dei passeggeri”.

 

Mara Martellotta

Il biglietto

IL BIGLIETTO

di GIANLUIGI DE MARCHI

 

15 OTTOBRE 2024

“Uno, ventitre, quarantaquattro, quarantacinque, quarantasette, sessanta…”

Carlo ripeté i numeri e gli sembrò che il cuore gli si fosse fermato.

Erano i “suoi” numeri, quelli che giocava da oltre tre mesi, da quando il jackpot del Superenalotto era diventato altissimo ed aveva scatenato il gioco a livelli mai visti prima.

Li sapeva a memoria, ogni settimana li giocava paziente e cocciuto; ogni martedì, giovedì e sabato, sempre nella stessa ricevitoria del paese. Ed ogni volta scherzava con il gestore, Alberto, suo compagno di scuola fin dalle elementari a Riva del Garda: “Non accettare altre giocate, sono inutili, quella vincente è la mia…”.

E Alberto, paziente, accettava la battuta, passava alla macchinetta la schedina, incassava i due euro della giocata e lo assicurava: “Tranquillo, ci vediamo domani, ho già i soldi in cassa per te…”

Giorno dopo giorno, settimana dopo settimana, mese dopo mese la stessa scenetta; e mai una volta che uscissero almeno tre numeri, il minimo per portarsi a casa 20-30 euro.

“Meglio così, pensava Carlo “ vincessi un premio di consolazione non potrei certo sperare nel colpo grosso, i numeri o escono tutti insieme o non escono”.

Filosofia spicciola di chi tanti soldi non li ha mai visti, e preferisce “tutto o niente” piuttosto che “poco”; il niente lascia la vita come prima, il poco lascia la vita come prima con in più tanti rimpianti per l’occasione persa, solo il “tutto” cambia totalmente la vita, ti consente di girare pagina per sempre, realizzare mille sogni impossibili, levarti tutti gli sfizi, non avere più problemi con la rata del mutuo, le bollette, il datore di lavoro prepotente, la moglie sempre più scialba…

Già, Luisa, sua moglie…

Non sapeva nulla della sua giocata, non le aveva mai confidato che stava rincorrendo il sogno; solo Alberto ne era al corrente per motivi professionali. Carlo era superstizioso, come tutti i giocatori, non diceva nulla per non attirarsi la iella addosso, aspettava fiducioso, poi dopo gliel’avrebbe fatta vedere a tutti chi era…

Guardò Luisa: era davanti alla televisione con la maglietta di Camaiore, pallido ricordo di una vacanza in una pensioncina a due stelle dove anni prima erano stati a passare una vacanza di una settimana pagata facendo qualche sacrificio.

Stava guardando uno dei tanti programmi d’intrattenimento, fatuo e senza senso: una squallida sequela di personaggi che esibivano le loro “capacità” scimmiottando cantanti celebri (meglio se stranieri, storpiando le parole in maniera indecorosa), arrabattandosi in giochi di magia, facendo esercizi ginnici a sbarre o travi. Una esibizione per un’impresa che gratificava solo chi la realizzava, anche se il pubblico sembrava interessarsi moltissimo, applaudendo le performance di chi riusciva a far meno peggio degli altri…

Era bella Luisa, quando l’aveva conosciuta; la più bella della classe, alla quale tutti facevano il filo anche se non era la più intelligente.

La vita è così, purtroppo…Sei carina? hai uno stuolo di corteggiatori. Sei solo intelligente? Fatichi a trovare qualcuno che ti inviti a ballare in discoteca…

Ora, passati i cinquanta, era spenta, sempre stanca per pulire casa, star dietro ai tre figli che non ne volevano sapere di sposarsi o di andarsene e continuavano a pesare sulle sue spalle.

Carlo uscì sul balcone.

La serata era splendida, il cielo pieno di stelle, l’aria gelida ma frizzante riempiva i polmoni finalmente pulita e senza smog.

Aveva in mente quella cifra mostruosa: ottantanove milioni e qualcosa (il “qualcosa” equivaleva in realtà a 10 anni di lavoro…). centoottanta miliardi di lire suppergiù (dopo tanti anni di euro, per capire bene certe cifre, Carlo se le trasformava ancora in lire).

Una mostruosità, roba da emiro arabo, di quelli che arrivano nel più costoso albergo di Londra con 10 Rolls Royce, uno stuolo di ragazze una più bella dell’altra, cento valigie firmate con tutti gli accessori di superlusso per far capire a tutti che si è “miliardari”.

“Non incasso subito il biglietto, rifletté Carlo” altrimenti mi saltano tutti addosso a chiedermi soldi. Aspetterò magari un mese, lo farò incassare da un notaio o da una banca di un’altra città, qui in paese mi conoscono tutti, mi nasconderò per un po’, poi mi godrò la vita”.

Godersi la vita…

Una villa a due piani, un grande parco intorno, altro che villetta plurifamiliare con un fazzoletto di prato e due rose; una casa al mare, a Viareggio (altro che Camaiore, lì sì che c’è gente all’altezza del “nuovo Carlo”, quello ricco grazie al Superenalotto), una casa in montagna, a Cortina, naturalmente dove soggiornano tutti i VIP che contano.

Un paio di auto di superlusso (“Tanto, con tutti quei soldi, potrò non solo comprarmele, ma anche mantenermele, bollo e assicurazione comprese” sorrise compiaciuto Carlo). Magari una limousine della Buick ed una Ferrari d’epoca, di quelle che aveva visto una volta in un telegiornale, battuta all’asta per una cifra da capogiro che neanche si ricordava.

Ma subito un bel viaggio intorno al mondo per almeno sei mesi, a vedere tutti quei posti da favola che aveva conosciuto guardando programmi di viaggi: non Sharm el Sheikh ma le Galapagos, la Nuova Caledonia, le Seychelles, Bali…

Da solo, tanto la compagnia l’avrebbe trovata ad ogni tappa; sarebbe bastato far vedere la carta di credito “Platinum”, dare una mancia da 100 dollari al facchino, ordinare aragosta per due sere di fila e la sua camera non sarebbe rimasta vuota…

Novantatre milioni e qualcosa sono proprio tanti, ti puoi veramente levare ogni sfizio, fare tutto, bruciare i ponti, cancellare il passato, goderti la vita.

Goderti la vita…

Si voltò e vide Luisa che lo guardava.

Sentì un tuffo al cuore.

Luisa, sua moglie.

Nell’euforia del momento l’aveva cancellata dalla sua vita, l’aveva condannata ad una vita di stenti, a tirare la carretta giorno dopo giorno, a tirar su i figli, a combattere con le rate del mutuo, le bollette, il datore di lavoro prepotente; e con il marito assente perché sparito all’improvviso…

Rientrò in casa, si sedette vicino a lei, la baciò dolcemente, la strinse a sé.

Fecero l’amore lì, sul divano, e fu come se fosse la prima volta.

Andò in cucina, aprì un vecchio barattolo, il suo “salvadanaio” segreto, nel quale, settimanalmente, da mesi nascondeva il biglietto della giocata; lo rilesse con il cuore a mille.

“Uno, ventitre, quarantaquattro, quarantacinque, quarantasette, sessanta…”

Respirò a fondo, attese ancora un attimo, poi con calma lo stracciò in tanti pezzi e lo gettò nella spazzatura.

Tornò in salotto e disse a Luisa “Sai, ho pensato che in fondo ci potremmo regalare una settimana a Camaiore, è da un po’ che non ci andiamo, che ne dici?”.

Luisa lo guardò stupita, non sapeva cosa dire, riuscì solo a sussurrare un banalissimo: “Perché?”

Carlo la guardò sorridendo: “Perché te lo meriti e perché sono felice”.

 

La vita operaia di Giuseppe Granelli

Una vita operaia, libro scritto da Giorgio Manzini e pubblicato da Einaudi nella collana degli Struzzi Società nel 1976, non è evidentemente un libro nuovo e nemmeno si può dire sia stato all’epoca un bestseller anche se vendette parecchie copie. E’ comunque un libro importante e molto attuale. Giuseppe Granelli, classe 1923 (morto a novant’anni nel dicembre di dieci anni fa), colto operaio dell’acciaieria Falck di Sesto San Giovanni, era il protagonista di questo libro-inchiesta di Giorgio Manzini, giornalista mantovano prematuramente scomparso che fu per oltre trent’anni responsabile della redazione milanese di Paese Sera, storico quotidiano progressista romano. Granelli, cresciuto nel villaggio Falck divenne, grazie a Una vita operaia, l’emblema della condizione dei lavoratori metalmeccanici nell’Italia del secondo dopoguerra. Manzini lo interrogò a lungo dopo averlo scelto tra decine di migliaia di operai di Sesto San Giovanni perché era conosciuto come uno stimato sindacalista di fabbrica e una persona libera e intelligente. La sua era una vita come tante, chiusa in un giro ristretto ma anche investita “dai bagliori dei grandi avvenimenti politici”: la Resistenza, le illusioni dopo il 25 aprile del 1945, le difficoltà economiche del dopoguerra, la rottura del fronte operaio, la restaurazione, la caduta del mito di Stalin, la lenta riscossa sindacale che portò all’autunno caldo. Questo libro di Giorgio Manzini che potremmo definire allo stesso tempo un saggio, un’inchiesta o un romanzo verità – ripubblicato nel 2014 da Unicopli – assume oggi un significato ancora più profondo perché racconta di un uomo, quel Giuseppe Granelli, che per quarant’anni lavorò alla Falck di Sesto San Giovanni, acciaieria simbolo di una fase dell’industria italiana. La sua esistenza fu indissolubilmente legata a quella della città dove visse, ribattezzata la “Stalingrado d’Italia”, tra gli stabilimenti dell’acciaieria e il villaggio operaio al Rondò da dove partivano le grandi marce solidali. Vicende che sono diventate una parte della nostra storia nazionale: un simbolo altalenante di conquiste, di sconfitte, di risalite e di cadute, un microcosmo che può rispecchiare la vita dell’intero Paese. La fabbrica amata e odiata – il pane, la fatica, il conflitto – non c’è più. I resti dei vecchi capannoni (Concordia, Unione, Vittoria: si chiamavano così i vecchi stabilimenti della Falck), le fonderie, i laboratori, l’altoforno sono come ombre e fantasmi di un passato. Resta però la memoria di quella “vita operaia”, di Giuseppe Granelli che, una volta andato in pensione, diventò la “voce degli operai” e raccolse le biografie di quasi 490 sindacalisti della Fiom, militanti e semplici operai che avevano speso la vita in fabbriche come l’Alfa Romeo, la Falck, l’Innocenti, la Breda, la Pirelli, la Richard Ginori, la Magneti Marelli e tante altre di cui non ci si ricorda nemmeno più il nome. Un lavoro prezioso, svolto con una pazienza certosina, con la lucida coscienza che quelle vite raccolte a una a una, catalogate nell’Archivio del lavoro di Sesto San Giovanni, erano la sua eredità, la medaglie al valore che nessuno gli ha mai messo sul petto. Il padre di Granelli, Tone, aveva lavorato anche lui alla Falck Concordia per quarant’anni, manutentore al laminatoio. Lui, Giuseppe (detto Giuse, Tumìn, Granel) cominciò a faticare da ragazzo di fabbrica a 14 anni, per 84 centesimi l’ora a portar l’olio, scopare i trucioli di ferro, allungare gli stracci ai compagni alla macchina. Manzini con quel libro seppe fare di Granelli il simbolo di milioni di uomini di un passato ormai morto e sepolto. Questo libro appartiene, come scrisse Corrado Stajano, “alla letteratura industriale”, quella dei Carlo Bernari, Ottiero Ottieri, Paolo Volponi, Primo Levi, Vittorio Sereni. Granelli conservò nel portafoglio per anni una fotografia di Stalin, per lui l’uomo della guerra patriottica, il vincitore delle armate naziste. Il ventesimo Congresso del Pcus lo visse come un trauma, la rivolta di Budapest del 1956 come un colpo al cuore. Ma Granelli non indulgeva in nostalgie e tenne sempre fede ai suoi principi di giustizia sociale: tolse dal portafoglio la foto di Stalin e non ne rimise altre. Amava il dubbio e il confronto. Aveva un grande rispetto per il sapere ed era curioso, frequentò a Milano la Casa della Cultura diretta da Rossana Rossanda, fu attratto dal fascino di Cesare Musatti e lesse i grandi libri della storia e della letteratura. Il libro di Manzini lo rese felice. Gli fece capire che una vita come la sua, simile a quella di tanti altri, poteva e doveva essere ricordata. Le ultime tre righe del libro raccontano la sua pazienza, la tenacia e la saggezza di quest’operaio che sapeva fare “i baffi alle mosche”: “L’importante è continuare il rammendo, sostiene Granel, e avere fiducia. Se non si avesse fiducia si starebbe qui a diventar matti tutti i giorni?”. Manzini è morto giovane nel 1991. Granelli da due lustri non c’è più : è sepolto nel silenzio del cimitero del paese dei suoi genitori, a  Moio De’ Calvi in alta val Brembana, nella bergamasca. Rimane questo libro, Una vita operaia, troppo bello e troppo importante per non essere ripreso in mano, leggerlo e riflettere su cos’è stata e cos’è tuttora la “condizione operaia”.

Marco Travaglini

CrP, prorogati termini concorsi scuole

C’è tempo fino al 4 novembre per iscriversi ai concorsi per le scuole banditi dal Consiglio regionale in collaborazione con l’Ufficio scolastico regionale. Il termine è infatti stato prorogato di una settimana per agevolare un’ampia partecipazione di istituti. Dalla scorsa edizione i concorsi sono gestiti tramite procedura informatica MOOn, soluzione open source che costruisce moduli on line, che si farà carico della raccolta dei dati inseriti durante la fase di presentazione delle domande.

In palio per i vincitori ci sono viaggi premio di istruzione nelle città sedi delle istituzioni italiane ed europee e in alcuni dei luoghi legati alle persecuzioni contro gli ebrei durante la Seconda Guerra Mondiale e ai massacri delle foibe.

I temi proposti potranno essere affrontati secondo varie modalità: elaborati scritti, ma anche video, podcast, cortometraggi, fotografie oppure gli studenti potranno partecipare a una gara di dibattito.

Il “Progetto di storia contemporanea”, alla 44° edizione, promosso dal Comitato Resistenza e Costituzione, propone una riflessione sulla storia del Novecento. Due i viaggi premio: Trieste e Caporetto, con visita alla Risiera di San Sabba e alla Foiba di Basovizza; Berlino, con visita anche al campo di concentramento di Ravensbrück.

Diventiamo cittadini europei”, alla 41° edizione, promosso dalla Consulta regionale europea, intende ampliare la conoscenza dei diritti connessi alla cittadinanza europea. I vincitori visiteranno la sede del Parlamento europeo a Bruxelles e la città di Maastricht, dove fu firmato il trattato che diede il via al processo di unificazione politica europea.

Infine il concorso “Ambasciatori del Consiglio regionale”, alla sua 8° edizione, mira a formare gli studenti sui temi promossi dal Consiglio – legalità e uso responsabile del denaro, salute e prevenzione, ambiente e transizione digitale, diritti umani e lotta alle discriminazioni, bullismo e cyberbullismo – affinché trasmettano ad altri giovani le conoscenze acquisite. Il viaggio premio sarà a Roma, con visita a Senato, Quirinale e alla sede dell’Ambasciata italiana presso la Santa Sede.

Le iniziative sono consultabili nel dettaglio all’indirizzo https://lc.cx/zcMuIE

 

Nitto ATP Finals, Torino Outlet Village ospita il trofeo

Per il quarto anno consecutivo Torino Outlet Village si conferma sponsor delle Nitto ATP Finals, in programma a Torino dal 10 al 17 novembre.

 

I festeggiamenti per le Nitto ATP Finals prendono ufficialmente il via in questi giorni con la partenza del concorso a premi “VINCI LE NITTO ATP FINALS” valido fino al 06/11/2024. Partecipare è semplice: gli utenti, iscritti ad un profilo Instagram pubblico, dovranno seguire la pagina Instagram di Torino Outlet Village (@torinooutletvillage), mettere like al post dedicato al concorso e commentarlo taggando due amici. Tra tutti coloro che avranno partecipato correttamente verrà estratto un vincitore che riceverà due biglietti per una delle attesissime partite del torneo.

In qualità di partner delle Nitto ATP Finals, Torino Outlet Village avrà l’occasione di ospitare il trofeo, simbolo del più prestigioso torneo indoor del mondo e che ha toccato le più importanti città d’Italia, varcando anche i confini nazionali, come il Belgio con Bruxelles. Dal 27 al 29 ottobre il trofeo sarà in esposizione a Torino Outlet Village, dove tifosi e appassionati potranno ammirarlo e, naturalmente, fotografarlo.

“È per noi un onore – dichiara Luca Frigeri, direttore di Torino Outlet Village – ospitare per la seconda volta il Trofeo delle Nitto ATP Finals, che abbiamo già avuto al Village ad agosto. È una bella sorpresa per tutti coloro che vorranno venire qui per trascorrere qualche ora di svago, all’insegna dello shopping e del grande tennis. E per permettere a tutti, torinesi e turisti, di vivere i giorni della festa delle Nitto ATP Finals con noi, abbiamo deciso di rendere gratuita per tutti la navetta che ci collega al centro”.

Attivo tutti i venerdì, sabato, domenica e festivi, il servizio navetta di Torino Outlet Village offre quattro corse giornaliere (due al mattino e due nel pomeriggio), collegando con 10 fermate le principali zone della città al Village. Maggiori dettagli: https://www.torinooutletvillage.com/it/servizio-navetta/

Al Castello di Marchierù la mostra di preziose tazze e stoviglie

Apertura al pubblico domenica 27 ottobre, l’ultima della stagione 2024, al Castello di Marchierù con visite arricchite dalla mostra di preziose tazze e stoviglie utilizzate un tempo solo dai più fortunati, con degustazione di una “merenda reale” con cioccolata calda preparata dagli esperti Allievi dell’ Istituto Alberghiero Prever ed arricchita dalle GALUPerie conosciute ormai in ambito internazionale pur senza mai tralasciare la vicinanza al territorio pinerolese.

 CASTELLO DI MARCHIERU’ ( Villafranca Piemonte * via S.Giovanni 77)

Visite guidate dai proprietari delle sale del castello, del parco, della cappella gentilizia e delle scuderie settecentesche ( ore 10/11/12*15/16/17 )

Alle ore 16 e 17 in collaborazione con la GALUP, divenuta riferimento nel mondo delle galuperie e del celebre panettone, gli Allievi dell’ Istituto alberghiero Prever di Pinerolo serviranno agli ospiti prenotati la MERENDA REALE, una “ cioccolata calda all’uso antico”

Prenotazione obbligatoria al 3394105153 * segreteria@castellodimarchieru.it (visita e cioccolata)

Contributo visita € 8 / bimbi fino a 10 anni gratis * visita + cioccolata € 15 / bimbi € 5

Torino ed il Piemonte tuttora costituiscono punto di riferimento per gli amanti del cioccolato in tutto il mondo. Qui all’inizio dell’ ottocento si dette vita ai cioccolatini di ogni tipo, e nel 1865, unendo al cacao la nocciola delle Langhe, nacque il “gianduiotto”, così chiamato dal nome della maschera torinese Gianduja, perché messo sul mercato in occasione del Carnevale.

Numerose sono le grandi aziende produttrici nate in questo territorio, ed accanto ad esse esistono in città ottimi artigiani, facendo sì che la provincia di Torino si configuri come il maggior centro italiano di lavorazione del cioccolato.

Fra questi grandi marchi industriali e artigianali spicca la pluripremiata società dolciaria con sede a Pinerolo, conosciuta ormai in ambito internazionale, che ora ha aggiunto alla lavorazione dei celebri panettoni anche quella dei “gianduiotti” assieme alle tradizionali “galuperie”

Ad essa ed agli esperti Allievi dell’ Istituto Alberghiero Prever dobbiamo la possibilità di offrire ai visitatori del castello una tazza di cioccolata calda, un tempo riservata esclusivamente ai più fortunati, che a tal fine utilizzavano preziose tazze e stoviglie come quelle che si potranno ammirare in esposizione.

Rete ospedaliera, Pd: “Studio interessante ma responsabilità è politica”

PENTENERO – VALLE – CONTICELLI (PD): “UNA BASE DA APPROFONDIRE”

 In Commissione Sanità del Consiglio regionale è stato presentato uno studio clinico gestionale di AGM Project Consulting e Ires Piemonte relativo al dimensionamento della rete ospedaliera e territoriale del Piemonte, nonché della rete di emergenza-urgenza, che, secondo il Presidente della Commissione Icardi, dovrebbe rappresentare la base del nuovo piano socio-sanitario.

“Si tratta di un interessante strumento di conoscenza e di progettazione, utile a imbastire la discussione sul nuovo piano sociosanitario su basi scientifiche e oggettive. Sarà interessante, quindi, approfondire come questo modello ha valutato i nuovi ospedali e, soprattutto, i servizi dei vari ambiti territoriali e dei presidi già presenti, caso per caso. Certo la responsabilità delle scelte alla fine ricade sulla politica: prendo ad esempio la vicenda del Martini, condannato alla chiusura dal piano di rientro, salvato da Saitta e, nel corso dell’ultima consiliatura, interessato da imponenti lavori fino a diventare l’ospedale più moderno della città” dichiara il Vicepresidente della Commissione Sanità Daniele Valle (Pd).

“L’analisi tiene conto dell’esistente, ma rispetto alle possibili evoluzioni la politica deve dire in che direzione intende andare. Ad esempio i quasi seimila parti annui del Sant’Anna sono un numero abnorme, che va redistribuito sul territorio, con particolare attenzione alla zona nord. E, ancora, se si pensa ad un polo materno infantile, dove si colloca la ginecologia non legata al parto? Si intende tenere la salute delle donne fuori dal polo di eccellenza e di ricerca del Parco della Salute? Queste sono domande a cui non può rispondere un’indagine tecnica, ma dipendono dalla programmazione e dalle scelte dei decisori politici” spiega la Consigliera regionale Pd Nadia Conticelli.

“Quello che è stato reso evidente oggi è che non esiste alcuna strategia nella gestione della nostra sanità da parte della Giunta Cirio – conclude la Presidente del Gruppo Pd Gianna Pentenero – E ancora una volta appare assurda l’idea di scorporare Regina Margherita e Sant’Anna dalla Città della Salute. Vorremmo, poi, a fronte anche di studi così importanti, avere finalmente una pianificazione dettagliata delle risorse destinate all’edilizia sanitaria. Tanti interrogativi restano aperti e credo che siamo veramente lontani dalla creazione di un piano sociosanitario, mentre ci si limita a procedere con decisioni a spot e molto confuse”.