ilTorinese

Eternit, Schmydheiny a giudizio per 392 omicidi

Processo “Eternit Bis” Casale Monferrato a novembre 2020 : l’ex A.D. a processo per le persone decedute per mesotelioma da esposizione ad amianto

 

Il presidente ONA, Ezio Bonanni: “Rimaniamo in prima linea a chiedere la condanna dell’imputato, ma, grazie all’intervento del Ministro Bonafede sulla prescrizione, sarà più difficile per il magnate svizzero

– “Finalmente il magnate svizzero potrà essere inchiodato alle sue responsabilità per i decessi per mesotelioma e altre malattie asbesto correlate che ha provocato violando tutte le misure di sicurezza in danno dei lavoratori ma anche dei cittadini. Rimaniamo in prima linea a chiedere la condanna dell’imputato, ma, grazie all’intervento del Ministro Bonafede sulla prescrizione, sarà più difficile per il magnate svizzero farla franca. Questa volta abbiamo più fiducia nella giustizia italiana“, commenta soddisfatto il Presidente dell’Osservatorio Nazionale Amianto, Avv. Ezio Bonanni, dopo la lettura del dispositivo del Giudice dell’Udienza Preliminare, Fabrizio Filice che ha rinviato a giudizio Stephan Schmydheiny, per omicidio volontario (art. 575 c.p.), per la morte di 392 persone, di cui 62 dipendenti dell’Eternit Casale Monferrato e 330 residenti delle zone limitrofe, tutti deceduti per mesotelioma per l’esposizione ad inquinamento ambientale da amianto.

Accolte quindi le tesi dei Pubblici Ministeri Francesco Alvino, Roberta Brera e Gianfranco Colace, i quali, durante le tre udienze nelle quali sono state esposte le argomentazioni e le conclusioni delle parti, avevano rilevato la volontarietà e la finalità di lucro che ha animato la condotta dell’imputato che, lungi dall’essere contraddistinta da imprudenza, negligenza e imperizia, è per lo più caratterizzata da quella consapevolezza, coscienza e volontà proprie di un comportamento doloso.

Bonanni, affiancato da una squadra di legali, tra cui l’Avv. Alberto Costanzo è da anni in prima linea nella battaglia contro la fibra killer in tutta Italia e nella zona di Casale Monferrato, ricorda che è attivo lo sportello di consulenza ed assistenza gratuita dell’associazione, https://www.osservatorioamianto.com/assistenza-legale-amianto/“.

Il processo, dinanzi la Corte di Assise di Novara, inizierà il prossimo novembre.

La protesta dei pesci di fiume

100 sit-in e flash mob su fiumi e torrenti. La mobilitazione indetta da 18 associazioni ambientaliste per chiedere al ministro Costa lo stop ai progetti idroelettrici che mettono a rischio i corsi d’acqua naturali

“Inaccettabile che le Regioni aggirino la procedura di infrazione sulla Direttiva acque: dobbiamo evitare un ulteriore danno ai nostri fiumi, già provati dagli effetti della crisi climatica”

100 sit-in e flash mob in tutta Italia per salvaguardare gli ecosistemi di fiumi e torrenti contro i rischi legati ai troppi progetti idroelettrici incompatibili con la tutela dei corsi d’acqua e della loro biodiversità. Prelievi eccessivi e nuovi cantieri ad alta quota, in luoghi per lo più incontaminati, minacciano la vita di centinaia di corsi d’acqua naturali.

La mobilitazione, denominata “La protesta dei pesci di fiume”, si svolgerà oggi, 25 gennaio, in tutta Italia dalle 14 alle 17: un appuntamento convocato da 18 associazioni ambientaliste per chiedere al Ministro dell’Ambiente Sergio Costa il rispetto della Direttiva Quadro Acque, anche quando si tratta di energia idroelettrica. L’obiettivo è bloccare progetti nei corsi d’acqua naturali che accedono agli incentivi previsti dal nuovo Decreto Rinnovabili FER 1 che provocherebbero un ulteriore danno ai nostri fiumi, già provati dagli effetti della crisi climatica, a fronte di un irrisorio contributo di energia rinnovabile.

A promuovere gli eventi sul territorio italiano sono: Free Rivers Italia, Legambiente, Alpi Kayak, Arci Pesca Fisa, CIPRA Italia, CIRF, Federazione Italiana Canoa Turistica, Federazione Nazionale Pro Natura, Federrafting, Forum Italiano Movimenti per l’Acqua, Italia Nostra, Lipu, Mountain Wilderness, Salviamo il Paesaggio, Spinning Club Italia, Unione Nazionale Pesca a Mosca UNPeM, Tavolo Nazionale Contratti di fiume, WWF Italia.

Nel mirino delle associazioni è finito il decreto Rinnovabili FER 1 che non ha eliminato gli incentivi agli impianti idroelettrici nei corsi d’acqua naturali, come previsto nella bozza originale, ma ha fissato dei criteri da rispettare previsti dalle Direttive europee, che ora si vuole aggirare nella loro applicazione. Nello specifico, il Decreto stabilisce che per poter accedere all’incentivo il sistema ARPA/SNPA (Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente) deve verificare e certificare che la concessione di derivazione sia conforme alle Linee Guida del Ministero Ambiente per le valutazioni ambientali ex ante delle derivazioni idriche (approvate con D.D. n. 29/STA del 13.02.2017, in particolare alle tabelle 11 e 13 dell’allegato 1 del decreto). Le Agenzie Regionali per la Protezione dell’Ambiente (ARPA) sono però orientate ad applicare, al posto di queste tabelle, quelle meno tutelanti delle Direttive Derivazioni Distrettuali, emanate dagli otto Distretti Idrografici italiani. Un’applicazione che costituirebbe un grosso passo indietro rispetto agli obiettivi di tutela delle acque e vanificherebbe il lavoro svolto finora allo scopo di evitare gli incentivi a centinaia di nuovi impianti che non rispettano la Direttiva Quadro Acque.

«Questa situazione potrebbe portare nuovamente ad approvare progetti devastanti sui corsi d’acqua naturali come già capitato negli anni passati – denunciano le associazioni –. Ci appelliamo al ministro dell’Ambiente Sergio Costa affinché venga scongiurato il pericolo di ripetere gli errori del passato che hanno permesso negli ultimi dieci anni autorizzazioni e incentivi a oltre 2000 impianti che non rispettano la Direttiva Quadro Acque, oggetto anche di una procedura di infrazione da parte dell’Unione Europea. La biodiversità acquatica, già oggi fortemente a rischio per i cambiamenti climatici in atto, potrebbe subire un ulteriore e pericoloso contraccolpo. Occorre rivedere le regole per l’idroelettrico – proseguono le associazioni – prevedendo regole chiare nella tutela dei corsi d’acqua, che spingano al recupero energetico da acquedotti e a un utilizzo più efficiente degli impianti esistenti, per mantenere la produzione idroelettrica di cui abbiamo bisogno nella transizione energetica. Un revamping degli impianti esistenti non solo consentirebbe di produrre più energia, ma consentirebbe anche di valorizzare gli invasi esistenti con contemporanei interventi di naturalizzazione e riqualificazione».

L’Italia è tra i maggiori produttori di energia idroelettrica in Europa e la fonte idraulica, in base ai dati dell’ultimo rapporto del GSE, si conferma quella che garantisce il principale contributo alla produzione di energia elettrica nazionale da FER (43% della produzione complessiva nel 2018, in aumento rispetto al 35% del 2017) nel nostro paese. I piccoli impianti sono, però, molte volte realizzati in contesti montani che conservano un’elevata qualità ambientale. Le autorizzazioni a costruire sono spesso state date in violazione della Direttiva Acque, come dimostrano le due procedure di accertamento aperte dall’Unione europea nei confronti dell’Italia.

Per le associazioni i cambiamenti climatici in atto obbligano sempre più ad un’attenta valutazione del contesto ambientale in cui si opera e per quanto concerne le risorse idriche e i corsi d’acqua il tema si fa ancora più delicato, specialmente nell’arco alpino. È invece urgente avviare interventi di rinaturazione fluviale diffusi per recuperare le aree di esondazione naturale e restituire naturalità ai fiumi per aumentare la sicurezza, tutelarne la biodiversità e avviare una seria politica di adattamento ai cambiamenti climatici.  Negli ultimi 150 anni le Alpi hanno, infatti, registrato un aumento delle temperature di quasi due gradi centigradi: più del doppio della media globale dell’intero pianeta. E gli eccessivi prelievi a scopo idroelettrico di questi ultimi anni hanno comportato pesanti ripercussioni sui corsi d’acqua che dovrebbero indurre a un ripensamento della gestione complessiva della risorsa.

In Piemonte e Valle d’Aosta sono 25 i sit-in, 13 quelli organizzati da 9 Circoli di Legambiente:

  • Circolo Legambiente Val Lemme (AL):
    • Dighe dell’Orba alla confluenza del Lemme, in comune di Fresonara
    • Rio Ghiaion, in Val Borbera
  • Circolo Legambiente Vercellese (VC):
    • Fiume Sorba, località Rassa
  • Circolo Legambiente Ovadese (AL):
    • Torrente Piota, Silvano d’Orba sul tratto sotteso dall’impianto idroelettrico “La Pieve”
  • Circolo Legambiente e Biellese (BI):
    • Torrente Concabbia, frazione Valmosca Campiglia Cervo
  • Circolo Legambiente Cuneo (CN):
    • Canali irrigui Vignolo
  • Circolo Legambiente Barge (CN):
    • Fiume Po, Sanfront
    • Fiume Po, Crissolo, presso captazione Centrale Calcinere
    • Fiume Po, Oncino località Bigorie
  • Circolo Legambiente Dora Baltea (TO):
    • Dora Baltea, Parco Dora Ivrea
  • Circolo Legambiente val Pellice (TO)
    • Torrente Pellice, Ponte blu di Villar Pellice
  • Circolo Legambiente della Valle d’Aosta (AO):
    • Torrente Buthier, Aosta al ponte di via Clavalité sul torrente Buthier
    • Torrente Saint Barthelemy, Gressoney la Trinitè – Staffal

I Circoli Legambiente hanno organizzato i sit-in in collaborazione con i volontari del progetto VisPO, presenti alle iniziative.

Capodanno cinese: Torino festeggia l’ “anno del topo”

Dal 24 al 26 gennaio Torino saluta l’anno del Topo e Via Lagrange e la Rinascente saranno il centro del Capodanno Cinese 2020. Le associazioni che riuniscono la comunità cinese in Piemonte daranno vita a un ricco calendario di appuntamenti per celebrare la più importante ricorrenza del Paese del Dragone

Un evento che coinvolge tutta la cittadinanza realizzato grazie all’impegno dei presidenti storici della comunità cinese a Torino, che conta quasi 11mila residenti.  

“Il Capodanno per la comunità cinese di tutto il mondo è un importante momento di incontro, di cultura, di tradizione. La comunità cinese in questa occasione vive non solo un momento di condivisione, ma sottolinea l’importanza del riconoscimento della propria Storia. Il 2020, l’anno del Topo, abbiamo la consapevolezza che sarà un anno di crescita, di sviluppo, di cooperazione sociale con le istituzioni del territorio e al livello nazionale”, sottolinea Paolo Hu Shaogang, Presidente della Federazione Nazionale Italia – Cina (Fenaic). Un grazie particolare va alla Città di Torino per la collaborazione Istituzionale e alla Rinascente che ha con convinzione collaborato per la realizzazione di questo grande evento”, aggiunge Giovanni Firera, Direttore del Capodanno Cinese di Torino e vice presidente Fenaic.

La Rinascente, sponsor dell’avvenimento, ha inserito l’evento nel programma culturale della catena. Lo store si fa teatro di eventi imperdibili che raccontano le diverse sfumature di una cultura millenaria. Cominciando dalle vetrine che rappresentano un vero e proprio omaggio ai simboli del Capodanno Cinese: in una scenografia dove domina il rosso, circondato da lanterne beneauguranti, il Topo fa il suo ingresso sulla scena. Vestito di grafiche dallo stile ricercato e contemporaneo, il negozio rappresenta un trait d’union tra passato e futuro. Perché quella che si celebra è una tradizione che non smette mai d’incantare, capace di coinvolgere il pubblico attraverso una grande varietà di temi. Anche l’esterno di Rinascente sarà allestito con lanterne e simboli rossi. Si parte venerdì 24 alle 16 con una parata delle associazioni cinesi e la danza benaugurale del Drago e del Leone. L’inaugurazione ufficiale sarà a Palazzo Cisterna (dalle 17.30 su invito) con la consegna del Premio Internazionale Italia-Cina al console generale della Repubblica Popolare Cinese a Milano Song Xuefeng, alla sindaca Chiara Appendino e al rettore del Politecnico Guido Saracco.

Tutti i giorni delle celebrazioni sono previsti percorsi gastronomici, show musicali legati alla tradizione, danze, cerimonia del tè e laboratori di calligrafia. Tra i principali appuntamenti, la sfilata della stilista Luna Chen che presenterà abiti della tradizione cinese. Gli spettacoli, tra cui quelli del fuoco, saranno in via Lagrange. Una profonda relazione, quella che lega la comunità cinese a quella piemontese, sia per gli scambi culturali sia per le connessioni economiche. Le esportazioni piemontesi, infatti, rappresentano il 13% delle vendite italiane in Cina, mentre in Piemonte converge il 7,6% dell’import cinese in Italia. Con una quota pari al 3,6% delle esportazioni regionali complessive la Cina è in 8° posizione e il secondo partner extra europeo dopo gli Stati Uniti. Inoltre la provincia di Torino vende alla Cina oltre il 56% delle merci esportate dalla regione Piemonte.  Il Capodanno Cinese 2020 di Torino è curato da “aiquattroeventi” e “Stabilimento delle arti” sotto la direzione artistica di Michela Maggiolo, con il patrocinio di Città di Torino e Camera di Commercio Italo – Cinese.

QUALCHE CURIOSITA’

Moda: L’antica raffinatezza degli abiti tradizionali cinesi incontra i colori e la sensualità della nuova moda a cavallo tra oriente e occidente. Luna Chen è nata a Zhejang, provincia orientale sulla costa del Pacifico, ma è ormai torinese d’adozione e ha creato un suo marchio di moda cinese Made in Italy. Reinterpreta il Qipao, un antico abito che risale alla dinastia Qing ed era indossato dalle donne mancesi costrette in questa sorta di tunica larga e dritta che ne copriva le forme. Negli anni venti a Shangai i Qipao sono stati ridisegnati e hanno affascinato tutto il mondo grazie alla protagonista del film “L’Amore è una cosa meravigliosa” del 1955, che li indossa con eleganza. Luna Chen, che prima di riuscire a diventare stilista lavorava come commessa in un negozio torinese, nei modelli che realizza gioca liberamente con lunghezze e aderenze per renderli contemporanei.

Musica: Erhu, hulusi, guzheng. Per i neofiti della musica tradizionale orientale possono sembrare solo parole complicate e incomprensibili. Invece nascondono un universo di suoni armoniosi tutto da scoprire. Sono gli strumenti che saranno presentati durante gli appuntamenti musicali del Capodanno cinese. Guzheng è la cedra cinese e ha più di 2500 anni di storia, l’hulusi è il flauto a forma di zucca. Il nome deriva dall’unione delle parole cinese HULU (zucca) e SI (seta, in riferimento alla morbidezza del suo suono). Hulusi è originario della provincia dello Yunnan e appartiene alla tradizione del popolo Dai. E’ stato inventato nel 221 a.C. e ha più di due mila anni di storia. Si tiene verticalmente ed è composto da tre canne di bambu inserite in una zucca che ha l’uso di contenere l’aria. L’erhu – detto anche Hu qin (cordofono barbaro) – è una tipologia locale di fidula munita di due corde e composta da una piccola cassa armonica di forma esagonale su cui è tesa una pelle di serpente.

Gastronomia: Se si pensa ai piatti tipici della cucina cinese, ricchissima di sapori diversi, c’è una pietanza che più di tutte racconta la storia della Nazione. E’ l’anatra laccata alla pechinese, un complesso piatto che fu per secoli consumato all’interno della corte imperiale. La ricetta iniziò poi a diffondersi anche tra le classi agiate della capitale cinese grazie a cuochi che avevano prestato servizio a corte e che dopo aver lasciato il palazzo imperiale aprirono ristoranti in città. Proprio questa ricetta si potrà assaggiare tra i banchi del percorso gastronomico organizzato tra via Lagrange e via Teofilo Rossi. E poi ravioli con vari ripieni e involtini di riso. Il tutto accompagnato dalla degustazione di pregiate varietà di tè.

 

Maria La Barbera

Sospesa la sperimentazione sui macachi

Il Consiglio di Stato sospende l’esperimento.Il Tavolo chiederà alla Regione Piemonte di promuovere con l’Università di Torino borse di studio sui metodi alternativi

Riceviamo e pubblichiamo

Il Tavolo Animali & Ambiente, costituito dalle associazioni ENPA, LAC, LAV, LEGAMBIENTE L’Aquilone, LIDA, OIPA, PRO NATURA e SOS Gaia, apprende con estrema soddisfazione la decisione del Consiglio di Stato di accogliere il ricorso della LAV, decisione che ha ribaltato la sentenza del TAR del Lazio del dicembre scorso.

Il Grado Supremo della Giustizia Amministrativa ha ordinato la sospensione dell’esperimento sui macachi dell’Università di Torino presso l’Università di Parma per l’impossibilità di trovare alternative a una sperimentazione considerata invasiva sugli animali. Secondo i giudici è chi sperimenta su animali che deve provare che non esistono alternative, così come lo deve fare il Ministero della Salute che poi autorizza secondo Legge la procedura sperimentale.

Nel comunicato LAV si legge: “Nella comparazione degli interessi, scrive la Corte, prevale l’interesse della LAV alla tutela degli animali. E ha condannato il Ministero e le Università a rifondere 3000 euro di spese legali all’Associazione.”E’ una grande soddisfazione e un incoraggiamento per tutte le associazioni e tutti i volontari che si sono battuti in questi anni per fermare un progetto che prevedeva la sperimentazione su sei macachi che per cinque anni sarebbero stati sottoposti ad interventi chirurgici di cui non si conoscono gli effetti, immobilizzati in gabbie e poi soppressi.

Un progetto finanziato con 2 milioni di euro dei contribuenti, che avrebbe implicato, secondo gli stessi ricercatori, “grave sofferenza”. Un esperimento doloroso, inutile e senza ritorno, compiuto ai danni di creature senzienti. E’ ormai nota l’elevata percentuale di fallimento dei test sugli animali. Sono trascorsi cinquant’anni da quando la sperimentazione sugli animali è stata giudicata non attendibile per l’innegabile diversità genetica fra uomo ed altri animali. Infatti la ricerca su nuove cure per persone ipovedenti ha compiuto ad oggi passi importanti grazie alle sperimentazioni su malati umani consapevoli.

La decisione del Consiglio di Stato premia la battaglia della LAV e di tutte le associazioni e i singoli volontari che si sono uniti in questa campagna, promuovendo manifestazioni in tutta Italia e tavoli di raccolte firme sia cartacee che online.Questa vittoria segna un importante precedente per chi si oppone agli esperimenti sulle centinaia di migliaia di animali che vengono ogni anno torturati per una pratica medievale, eticamente inaccettabile, e inutile ai fini scientifici. Ora il Tavolo Animali & Ambiente ha intenzione di chiedere alla Regione Piemonte di promuovere con l’Università di Torino borse di studio sui metodi alternativi. I macachi di Torino costituiscono un caso emblematico per protestare contro gli esperimenti su tutti gli animali. Non si può moralmente accettare che degli esseri senzienti vengano torturati senza motivo.  L’attuale conquista è solo un primo passo poiché si attende la pronuncia definitiva del TAR del Lazio. Il Tavolo continuerà a vigilare fino a quando i macachi non saranno liberi e al sicuro.

 

Per il Tavolo Animali & Ambiente
Rosalba Nattero
Presidente SOS Gaia

“Su tutte le porte: qui abita un ebreo, qui abita un antifascista”

Scritte antisemite a Mondovì, LUV e PD lanciano mobilitazione

“Quello che è accaduto a Mondovì ha lo scopo, come altri gesti a cui assistiamo ormai troppo spesso, di spostare il limite, di forzare la mano, di provare a mettere in discussione anche ciò che invece è a fondamento della nostra Repubblica” – afferma Marco Grimaldi, capogruppo di LUV in Regione. – “Lo diciamo apertamente, questi gesti sono vigliacchi e disgustosi. Noi siamo qui, oggi come ogni giorno, a ribadire che il Piemonte è antifascista e che i revisionisti, i fascisti, i nostalgici, non passeranno. Mai”.

“Dobbiamo reagire!” – affermano Marco Grimaldi e il consigliere del PD Daniele Valle, dopo la scritta ‘Jude hier’ (qui abita un ebreo) comparsa sulla porta di casa della famiglia di una staffetta partigiana e prigioniera politica a Ravensbruck. – “La misura è colma e la legittimazione di razzismo e violenza verbale ha riportato a galla anche l’antisemitismo. D’altra parte spadroneggia una destra vile, che un giorno vota il sigillo civico per Liliana Segre, e due giorni dopo propone leggi razziali contro i rom”.

“Il problema è serio e il caso Mondovì è l’ultimo in ordine di tempo; oggi” – ricordano Grimaldi e Valle – “una senatrice di 90 anni sopravvissuta ad Auschwitz necessita della scorta. Per questo motivo abbiamo chiesto a tutti coloro che che non accettano questa barbarie di affiggere davanti alle propria porta di casa l’adesivo ‘qui abita un’ebreo, qui abita un’antifascista’. Non ci intimidiranno”.

Tentano di vendere furgone rubato ma i carabinieri si fingono acquirenti

Hanno cercato di vendere un furgone rubato su una piattaforma specializzata sul web. Il proprietario del mezzo ha visto  l’’inserzione e ha avvisato i carabinieri della compagnia di Venaria.  I militari quindi hanno iniziato una trattativa con i venditori e dopo aver concordato il prezzo  di vendita in 3500 euro hanno fissato un appuntamento a Torino in via Bormida.  I carabinieri si sono presentati all’incontro e dopo aver visto il furgone si sono qualificati. Un nomade di 23 anni residente a Torino in via Germagnano presso il campo nomadi e  un italiano di 44 anni sono stati denunciati per ricettazione.

 

Risplende di armi orientali l’Armeria Reale di Torino

Ventisette pezzi originali tra spade, sciabole, coltelli, pugnali, lance e moschetti provenienti da un’area geografica molto ampia compresa tra il Medio Oriente e il sud-est asiatico si aggiungono alla già vastissima collezione dell’Armeria Reale che conserva una delle più ricche collezioni di armi e armature antiche del mondo

Sono pezzi eccezionali, mai esposti prima, custoditi da decenni nei depositi dell’Armeria e finalmente ora venuti alla luce e presentati al pubblico in un allestimento permanente in una delle storiche vetrine della Rotonda di fianco alla Galleria del Beaumont.

Gli oggetti, di grande qualità e bellezza, appartengono a un nucleo di 500 esemplari e le origini della raccolta risalgono al 1839, anno in cui l’Accademia delle Scienze di Torino donò una quarantina di oggetti che l’esploratore piemontese Carlo Vidua aveva raccolto nei Paesi dell’estremo oriente. A questi si aggiunsero in seguito i doni diplomatici offerti a re Carlo Alberto e ai suoi successori. La collezione esposta nella nuova vetrina della Rotonda comprende armi di vario tipo. Troviamo una spada da cerimonia del Cinquecento donata a re Vittorio Emanuele III da una missione diplomatica dello Yemen, la sciabola regalata dal sovrano del Siam a re Umberto I, la cui impugnatura termina con un Naga a tre teste, il mitico serpente che custodiva i tesori del regno e poi c’è la splendida “kilic”, la sciabola che riporta sulla lama iscrizioni in caratteri arabi che esaltano la figura del profeta Maometto e sul fodero il nome di Solimano il Magnifico, sultano dell’Impero ottomano dal 1520 al 1566.

Lance giavanesi decorate con il caratteristico disegno del “pamor” che appare in seguito al trattamento della superficie dell’acciaio, altre sciabole e pugnali di manifattura ottomana e persiana, moschetti e archibugi di acciaio rivestiti in argento parzialmente dorato, di lavorazione arabo-indiana, completano l’esposizione. In molti casi le lame sono in damasco wootz, un acciaio particolare prodotto dal IV secolo nell’India del nord e in Persia mentre le decorazioni sono spesso realizzate a “koftgari”, un tipo di damaschinatura di origine indiana con cui si applicavano all’acciaio metalli preziosi come l’oro e l’argento. L’Armeria Reale di Torino, fondata da Carlo Alberto nel 1837, conserva numerosi tipi di armature, armi bianche e da fuoco, dalle armi archeologiche a quelle medievali e cinquecentesche, una raccolta di armature e armi dei Savoia, cimeli napoleonici, armi orientali e una collezione di bandiere.

Suggestivo e piacevole il percorso per raggiungere l’Armeria reale: si entra a Palazzo Reale, si sale al primo piano e si attraversano gli appartamenti reali fino a raggiungere la Galleria del Beaumont con cavalieri armati e vetrine stipate di armi. L’orario di visita dell’Armeria Reale: da martedì a domenica ore 9-19, lunedì ore 10-19, la biglietteria è all’ingresso di Palazzo Reale.

Filippo Re

“Stop 5G”, rispetto per la salute di tutti

Manifestazione sabato 25 gennaio a Torino

ATTENIAMOCI AL PRINCIPIO DI PRECAUZIONE DEL DECRETO RONCHI DEL 381/98.
Negli ultimi mesi, si discute sui possibili rischi della nuova ‘tecnologia 5G’ che in alcune città italiane, tra cui Torino, è in fase di sperimentazione.

“Come Verdi – Europa Verde Piemonte vogliamo precisare che NON SIAMO CONTRO lo sviluppo e l’attuazione delle nuove tecnologie, ma vogliamo mettere al centro una questione:
I nuovi strumenti tecnologici sono certamente fondamentali per lo sviluppo della nostra società, ma proprio per questa ragione noi dobbiamo capire quale impatto hanno sulla salute dei cittadini e sull’ambiente.

Quindi, come partito ecologista, staremo attenti su come si svilupperanno e chiediamo:

1. Che non siano IN NESSUN CASO  MODIFICATI GLI ATTUALI LIMITI DI ESPOSIZIONE GARANTITI DALLA LEGGE N.36 DEL 2001 E DAL SUCCESSIVO DCPM 8 LUGLIO 2003;

2. Che sia rispettato ed eventualmente rafforzato a livello europeo il “principio di precauzione” inserito nel decreto ministeriale 381/98 voluto dall’ex nostro ministro verde, Edo Ronchi;

3. Come Verdi – Europa Verde Piemonte chiediamo che siano definite, sia in fase preventiva che in fase di controllo, della sperimentazione del 5G, tutte le attività di monitoraggio e le metodologie di misurazioni per la valutazione delle esposizioni al campo elettromagnetico;

4. Invitiamo la Regione Piemonte e soprattutto le amministrazioni Comunali a promuovere iniziative di informazione e di confronto con i cittadini che veda la partecipazione dell’ARPA, dei centri di ricerca del Politecnico di Torino e delle aziende interessate, prima di concedere autorizzazioni per l’istallazione di INFRASTRUTTURE DI RETE PER LE NUOVE TECNOLOGIE 5G.

Come Verdi – Europa Verde Piemonte vigileremo che l’attività di vigilanza e controllo sia sempre svolta senza condizionamenti o vanificata da interessi economici, e ci impegniamo a realizzare e promuovere campagne di sensibilizzazione volte a tutelare la salute pubblica”.

I portavoce dei Verdi – Europa Verde Piemonte, Tiziana Mossa e Alessandro Pizzi

Emergenza smog cronica, Torino la più inquinata. L’allarme di Legambiente

La foto scattata dal report Mal’aria sul nuovo anno e sull’ultimo decennio: Torino è la città più inquinata del decennio, Alessandria la terza. Gennaio 2020: Frosinone, Milano, Padova, Torino e Treviso le città che hanno già registrato 18 sforamenti per il di PM10 

 

Nel 2019 sono stati  26 i centri urbani fuorilegge sia per polveri sottili (PM10) sia per l’ozono (O3). Prima Torino con 147 giornate fuorilegge (86 per il PM10 e 61 per l’ozono), seguita da Lodi e Pavia

Dal 2010 al 2019 il 28% delle città monitorate da Legambiente ha superato ogni anno i limiti giornalieri di PM10. Torino prima in classifica 7 volte su 10 con un totale di 1086 giorni di inquinamento in città

Legambiente: “Servono interventi su tutte le fonti di inquinamento a partire dal traffico in città puntando su una nuova mobilità urbana”

In Italia l’emergenza smog è sempre più cronica e si ripresenta puntale ogni anno. A dimostrarlo i nuovi dati di Mal’aria, il report annuale di Legambiente sull’inquinamento atmosferico in città, che quest’anno scatta una triplice foto sul nuovo anno che si è aperto con città in codice rosso, sul 2019 e sul decennio che ci siamo lasciati alle spalle. Nelle prime tre settimane del 2020 Frosinone e Milano (19), Padova, Torino e Treviso sono i centri urbani che hanno superato per 18 giorni i limiti di PM10. Male anche Napoli (16) e Roma (15).

Un’emergenza smog che ha segnato anche il 2019, un anno critico sul fronte Mal’aria, con 54 capoluoghi di provincia hanno superato il limite previsto per le polveri sottili (PM10) o per l’ozono (O3), stabiliti rispettivamente in 35 e 25 giorni nell’anno solare. In 26 dei 54 capoluoghi, il limite è stato superato per entrambi i parametri. Torino con 147 giorni (86 per il 10 e 61 per l’ozono) è la città che lo scorso anno ha superato il maggior numero di giornate fuorilegge, seguita da Lodi con 135 (55 per PM10 e 80 per ozono) e Pavia con 130 (65 superamenti per entrambi gli inquinanti). E anche il decennio 2010-2019 ci lascia in eredità un bilancio negativo con il 28% delle città monitorate da Legambiente che hanno superato i limiti giornalieri di PM10 tutti gli anni, 10 volte su 10. Maglia nera a Torino, prima in classifica 7 volte su 10, con un totale di 1086 giorni di inquinamento in città.

Un inquinamento che minaccia la salute dei cittadini e l’ambiente circostante che trova nel trasporto stradale una delle principali fonti di emissioni di inquinanti atmosferici nelle aree urbane, senza dimenticare le altre sorgenti come il riscaldamento domestico, l’industria e l’agricoltura. Settori sui quali occorre intervenire in maniera sinergica. Per questo oggi l’associazione ambientalista ha lanciato anche le sue proposte: tra le azioni principali il potenziamento del trasporto pubblico locale rendendolo efficiente, capillare, a zero emissioni e riducendo così il numero di mezzi circolanti in Italia, ripensare le città in una chiave sostenibile, rendere consapevoli le persone, attraverso campagne di informazione e sensibilizzazione sulle pubblicità spesso ingannevoli legate al mercato delle auto, eliminare i sussidi alle fonti fossili – nel 2018 parliamo di 18,8 miliardi di euro – destinando quando previsto all’efficientamento energetico del patrimonio immobiliare del Paese, promuovere pratiche sostenibili in agricoltura.

“L’ormai cronica emergenza smog – dichiara Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente – va affrontata in maniera efficace. Le deboli e sporadiche misure anti-smog, come il blocco del traffico adottato nei giorni scorsi a Roma e in diverse città della Penisola, sono solo interventi palliativi che permettono di contenere temporaneamente i danni sanitari, ma non producono effetti duraturi se non all’interno di interventi strutturali. È urgente mettere in campo politiche e azioni efficaci ed integrate a livello nazionale che riguardino tutte le fonti inquinanti, programmando interventi sia sulla mobilità urbana sempre più pubblica, condivisa, a zero emissioni e multi-modale, che sul riscaldamento domestico, la produzione di elettricità e quella industriale e l’agricoltura. Solo così si potrà aggredire davvero l’inquinamento atmosferico e affrontare in maniera concreta il tema della sfida climatica”.

“Ad oggi – aggiunge Andrea Minutolo, coordinatore dell’ufficio scientifico – l’Accordo bacino padano, con i suoi difetti e limiti, e gli Accordi per il Miglioramento dell’Aria sottoscritti da diverse regioni, rappresentano  un primo passo verso una uniformità di azioni e misure su tutto il territorio nazionale, ma bisogna fare molto di più migliorando al tempo stesso gli accordi che ad esempio non prevedono misure rispetto a settori inquinanti come il comportato industriale e quello energetico, le aree portuali e l’agricoltura. Aree spesso attigue e integrate ai centri urbani e che richiedono misure specifiche per ridurne le emissioni. Per quanto riguarda, invece, il tanto discusso blocco del traffico, tale misura per essere veramente efficace e incidere sulla riduzione delle emissioni in città, dovrebbe essere strutturata ed ampliata progressivamente nei prossimi anni affinché diventi permanente”.

Legambiente ricorda che l’inquinamento atmosferico è al momento la più grande minaccia ambientale per la salute umana ed è percepita come la seconda più grande minaccia ambientale dopo il cambiamento climatico. A pagarne le conseguenze sono i cittadini. Ogni anno sono oltre 60mila le morti premature in Italia dovute all’inquinamento atmosferico che determinano un danno economico, stimato sulla base dei costi sanitari comprendenti le malattie, le cure, le visite, i giorni di lavoro persi, che solo in Italia oscilla tra 47 e 142 miliardi di euro all’anno (330 – 940 miliardi a livello europeo).  La Commissione europea ha messo in atto molte procedure di infrazione contro gli Stati membri – tra cui l’Italia – per il mancato rispetto dei limiti comunitari in tema di qualità dell’aria. Stati membri già alle prese con azioni legali intraprese da associazioni e gruppi di cittadini che chiedono di poter respirare aria pulita.

Bilancio 2019 PM10 e Ozono

 Tornando ai dati di Mal’aria, entrando nello specifico degli inquinati monitorati nel 2019 dalle campagne di Legambiente PM10 ti tengo d’occhio e Ozono ti tengo d’occhio, emerge come lo scorso anno per il PM10 siano state 26 le città capoluogo di provincia che hanno superato il limite giornaliero (35 giorni con una media giornaliera superiore a 50 microgrammi metro cubo). A guidare la classifica per le polveri sottili anche per il 2019 c’è Torino (centralina Grassi) con 86 giorni di superamento, seguita da Milano (Marche) con 72 giornate e Rovigo (centro) con 69. Seguono con 68 giorni Frosinone (scalo) e Venezia (Beccaria e Tagliamento), Alessandria (D’Annunzio) con 66 mentre Padova (Arcella) e Pavia (P.zza Minerva) si sono fermate a 65 giorni; Cremona (P.zza Cadorna) 64 e Treviso (S. Agnese) 62 chiudono la top ten del 2019. Per l’ozono troposferico, un inquinante tipicamente estivo il cui limite previsto dalla legge è di 25 giorni all’anno con una concentrazione superiore a 120 microgrammi/metro cubo (calcolato sulla media mobile delle 8 ore), nel 2019 sono state ben 52 le città italiane che hanno superato il limite dei 25 giorni: Lodi e Piacenza sono in cima a questa classifica con 80 giorni di sforamento ciascuno, seguite da Lecco (73), Bergamo (72), Monza e Pavia con 65

2010/2019: Nei 10 anni di campagna di Legambiente PM10 ti tengo d’occhio su 67 città che almeno una volta sono entrate nella speciale classifica, il 28% di queste (19 città) hanno superato i limiti giornalieri di PM10 tutti gli anni, 10 volte su 10. Torino in questi 10 anni è stata prima 7 volte su 10 nella “speciale” classifica, collezionando in totale 1086 giorni di inquinamento in città mentre Frosinone, che nei dieci anni appena trascorsi è stata sul podio ben 7 volte, è la sola altra città ad aver sfondato il muro dei 1.000 giorni di inquinamento. Alessandria con i suoi 896 giorni di sforamenti nel decennio si colloca al terzo posto seguita da Milano (890), Vicenza (846 giorni) e Asti (836) che superano abbondantemente gli ottocento giorni oltre i limiti. Altre otto città (Cremona, Padova, Pavia, Brescia, Monza, Venezia, Treviso e Lodi) hanno collezionato più di due anni di “giornate fuorilegge” (oltre i 730 giorni totali). Unica nota positiva il fatto che negli ultimi 10 anni (dal 2010 al 2019) si nota come nel corso degli anni ci sia stato un netto miglioramento del numero delle città oltre i limiti del PM10. Si è infatti passati dalle 62 città fuorilegge del 2010 alle 26 del 2019 con un trend più o meno costantemente in calo negli anni, ad eccezione di qualche annata particolarmente critica.

“È avvilente – commenta Giorgio Prino, presidente di Legambiente Piemonte e valle d’Aosta – vedere sul podio dell’inquinamento nazionale due città piemontesi.  Così come è avvilente continuare a parlare di un’emergenza che ormai da lustri si è cronicizzata e non ha più alcun carattere emergenziale. Lo smog nel bacino padano, ed in particolare in Piemonte e a Torino, è un problema strutturale, che sappiano affrontare il tema con la giusta programmazione e convinzione. Ed in quanto tale necessita di soluzioni strutturali. Ci vogliono visione ed investimenti: è necessario implementare una mobilità diversa, nuove abitudini per l’approvvigionamento energetico, un sistema di riscaldamento meno emissivo, un’agricoltura in grado di limitare il suo impatto. Che il Green New Deal promosso dall’UE non rappresenti l’ennesima occasione persa!”

Il report Mal’aria su: https://www.legambiente.it/malaria-di-citta/

Dalla Francia con 70 ovuli di droga: arrestato sul bus

Proveniva dalla Francia ed era diretto a Venezia il giovane fermato dalla Guardia di Finanza di Torino perché trovato in possesso di una settantina di ovuli di cocaina

È il primo arresto dell’anno effettuato dai Finanzieri al Terminal degli autobus di Corso Vittorio Emanuele II.

Le squadre cinofile del Gruppo Pronto Impiego Torino hanno controllato i passeggeri di una linea di autobus low cost proveniente da Parigi. Nel corso dello sbarco dei viaggiatori, l’atteggiamento di I.M., ventenne nigerianoha attirato le attenzioni dei Finanzieri che hanno così approfondito il controllo, accompagnando il ragazzo presso l’ospedale “Molinette” di Torino.

Gli esami diagnostici hanno confermato i sospetti degli inquirenti; da lì a poco, infatti, il giovane ha evacuato circa 70 ovuli di cocaina purissima.

Arrestato per traffico di sostanze stupefacenti, è stato condotto presso il carcere Lorusso Cutugno di Torino a disposizione dell’Autorità Giudiziaria.

Circa 1 chilogrammo la cocaina complessivamente sequestrata.

Quello degli “ovulatori” è un fenomeno diffuso da anni. Gli ovuli, generalmente, sono fatti di plastica e cera e vengono “ingoiati” dai corrieri di droga nel tentativo di evitare i controlli ed entrare in quei paesi dove la vendita della sostanza stupefacente rende di più. Una volta superati i controlli i corrieri, con l’aiuto di lassativi, provvedono al recupero della preziosa “merce”.

In questo modo, grosse quantità di droga possono viaggiare liberamente.

I controlli delle Guardia di Finanza di Torino, nelle aree cosiddette sensibili, quali Terminal degli autobus, stazioni ferroviarie e della metropolitana, scaturiti anche a seguito delle numerose segnalazioni giunte al numero di pubblica utilità “117”, si inseriscono nel quadro della costante azione di controllo del territorio, svolta nei principali punti di aggregazione della città, finalizzata a tenere alto il livello di attenzione sulla diffusione e sul consumo di droghe.