ilTorinese

Scuola in piazza: “Servono nuove risorse e personale”

Hanno allestito un grande recinto per simulare l’ingresso a scuola di 50 ragazzi in base alle regole sul distanziamento sociale.

Ed è emerso che solo per due classi non è sufficiente  mezza piazza Castello”. La manifestazione è stata inscenata dai  sindacati della scuola Flc Cgil, Cisl Scuola, Uil Scuola, Snals e Gilda, con gli insegnanti a fare la parte degli studenti. Ognuno di loro aveva  un cartello al collo con le ragioni della protesta. Ma in  piazza sono scesi anche anche bambini e genitori, una rappresentanza del coordinamento dei genitori e dei precari. La richiesta è che il  governo investa risorse per creare spazi e assumere personale, altrimenti si teme  un taglio del 50% del diritto all’istruzione garantito dalla Costituzione.

Biraghi riapre in piazza San Carlo: ecco le novità

Biraghi riapre il negozio in piazza San Carlo con una nuova formula che va incontro ai clienti e garantisce il distanziamento sociale

 

In controtendenza rispetto alle numerose chiusure registrate nelle ultime settimane, dall’azienda cuneese arriva un segnale positivo che dà nuova linfa e nuova speranza al centro di Torino

 

Torino, 8 giugno 2020 – Un nuovo allestimento all’esterno che garantisce al contempo vicinanza ai clienti e distanziamento sociale, evitando il rischio di assembramenti e di contatto con i prodotti: è così che si presenta il negozio Biraghi di piazza San Carlo alla sua riapertura dopo il lockdown.

 

Per ovviare in termini di sicurezza all’ingresso contingentato in negozio, è stato scelto un approccio non convenzionale che richiama i mercati rioniali e le vecchie drogherie di quartiere: fuori dai locali dell’ex F.lli Paissa, infatti, sono stati allestiti alcuni banchi dai quali il personale del negozio riceve le ordinazioni dei clienti, prepara la spesa e consegna i prodotti. In questo modo, quindi, si garantisce un acquisto fluido e in totale sicurezza, diminuendo le code e accelerando il processo di acquisto.

 

Nelle settimane di lockdown, inoltre, l’azienda non si è mai fermata e ha messo a disposizione un servizio di consegna a domicilio su Torino che, attraverso il sito www.biraghiacasa.it, consente di ricevere a casa prodotti alimentari e beni di prima necessità entro 24 ore dall’ordine con consegna dal lunedì al venerdì. Il servizio ha visto nell’ultimo mese la consegna di più di 5.000 prodotti, con un picco nell’acquisto del latte UHT, e ha registrato oltre 13mila visite al sito.

 

«Abbiamo scelto di riaprire il negozio con una formula diversa dal solito, che consenta ai nostri clienti di acquistare i prodotti in tutta sicurezza, senza il rischio di assembramenti o code – spiega Claudio Testa, Direttore Marketing e Strategie Commerciali –. In questo modo desideriamo rispondere a un’esigenza concreta, mostrando vicinanza e sostegno. Per questo motivo abbiamo deciso di trasformare la spesa a domicilio in un servizio continuativo per tutti i nostri clienti torinesi che, oltre a poter fare i propri acquisti comodamente da casa, possono anche scegliere il giorno e l’orario in cui riceverli. Inoltre, per andare incontro ai consumatori abbiamo applicato speciali sconti su alcuni prodotti selezionati»

Cibo e solidarietà. Un binomio indissolubile anche in tempi di Covid

Ora ancora più vivo nel volume scritto da Sarah Scaparone ‘Un storia di cibo al giorno. Diario di una quarantena solidale”

 

Cibo e solidarietà possono costituire un binomio assolutamente indissolubile, tanto più  attuale nel periodo che ci siamo appena lasciati alle spalle, quello dell’emergenza da Covid 19. E possono diventare anche un momento di condivisione e riflessione letteraria, attraverso un libro  come quello intitolato “Una storia di cibo al giorno. Diario di una quarantena solidale”.

Si tratta di un instant book di cui è autrice la giornalista torinese e critica gastronomica Sarah Scaparone (nella foto piccola), un volume che è frutto della raccolta di una serie di dirette Instagram avvenute sull’account @scaparonesarah (avvenute tra il 20 marzo ed il 20 aprile scorso). Attraverso queste dirette è stato possibile dar voce a coloro che, nel campo del cibo, si sono fatti promotori di iniziative di solidarietà in tempi di pandemia da Coronavirus.

Il volume è stato pubblicato autonomamente su Amazon ed il ricavato delle vendite (al netto dei costi di distribuzione e stampa trattenuti da Amazon) verrà devoluto alla Mensa dei Poveri che ogni giorno viene promossa dall’Associazione Frati Minori Piemonte Onlus, che opera, a sua volta, nell’ambito del Convento della Chiesa di Sant’Antonio da Padova a Torino. Questa mensa si è trovata a dover far fronte, nel giro di poche settimane, all’indomani della comparsa della pandemia da Covid 19, ad una crescente richiesta di pasti giornalieri, passati da 100 a 400. Sono così scese in campo in aiuto di questa Associazione diverse forze attive a livello locale nel campo della ristorazione e del settore agroalimentare torinese, fornendo piatti caldi e materie prime per i più bisognosi, tra cui anche prodotti ortofrutticoli freschi, messi a disposizione dal CAAT, Centro Agroalimentare di Torino (grazie alla disponibilità generosa dei suoi operatori).

Tante sono state le iniziative promosse a favore del personale medico e paramedico impegnato nei nosocomi cittadini sul fronte dell’emergenza Covid 19. Il CAAT ha, per esempio, promosso la distribuzione gratuita di prodotti ortofrutticoli freschi a medici e paramedici di ospedali piemontesi tra cui l’Amedeo di Savoia, le Molinette, l’ospedale di Rivoli. Ha inoltre promosso, all’interno delle iniziative raggruppate sotto l’incipit “IL CAAT HA UN CUORE GRANDE”, la donazione di oltre tre quintali di prodotti ortofrutticoli freschi  a favore dei Frati Minori Piemonte Onlus,  che offrono ogni giorno centinaia di pasti ai senza fissa dimora e poveri presenti sul territorio urbano torinese. Ed ha partecipato all’iniziativa Torino Solidale, che rappresenta la rete di solidarietà messa in atto dal Comune di Torino per le fasce più in difficoltà dal punto di vista economico in epoca di emergenza sanitaria da Covid 19.

A Torino è anche stata presente l’iniziativa#pizzasospesa offerta a medici ed infermieri dei presidi sanitari piemontesi, accanto a quella intitolata #aiutiamochiaiuta, che ha coinvolto una sessantina di pasticceri, che hanno preparato le colazioni per gli operatori sanitari torinesi, ma anche per quelli delle città di Aosta e Cuneo.

La copertina ed impaginazione del volume Una storia di cibo al giorno. Diario di una quarantena solidale” sono state realizzate da Chiara Borda, Davide Dutto e Marianna Mordenti.

Mara Martellotta

 

4,99 euro in formato Kindle

12,50 euro in formato cartaceo

L’isola del libro

Rubrica settimanale a cura di Laura Goria

Elizabeth Strout  “Olive, ancora lei”    – Einaudi-   euro  19,50

Brusca, senza peli sulla lingua, critica, ma anche profondamente buona: è Olive Kitteridge che ritorna, dopo aver fruttato alla sua ideatrice il Premio Pulitzer nel 2009. Se avete amato la prima tranche della sua storia, non potete perdervi questa in cui Olive, professoressa di matematica in pensione, continua ad osservare con acume gli abitanti dell’ immaginaria cittadina costiera del Maine, Crosby. Provincia americana con i suoi trantran quotidiani che è la grande protagonista del romanzo che, come il precedente, è articolato in una serie di racconti, ciascuno compiuto, tutti strettamente collegati.

12 anni dopo Olive è più vecchia, burbera, alta e grossa. Dopo aver seppellito il primo marito (uno sbiadito farmacista che rimpiange) incontra nuovamente l’amore e inanella un secondo matrimonio. E’ con Jack, professore di Harvard, anche lui pensionato, alle prese con acciacchi e decadenza dell’età. Sono entrambi imbolsiti e rallentati dagli anni, ma ancora capaci di tenerezza e complicità.

Poi c’è il rapporto di Olive con  il figlio Cristopher che vive a New York con la moglie, due figli di primo letto di lei e due  piccoli avuti insieme.  Bellissime le pagine che descrivono le difficoltà  di Olive nell’incarnare l’ideale di nonna e i problemi durante visite difficili e stizzose, abitudini dure a morire e pazienza quasi nulla.

Poi c’è tutto l’affascinante corollario degli abitanti di Crosby con i loro segreti e destini. Un affresco corale suddiviso in 13 storie private che danno pennellate di colore ad un unico grande quadro. Un libro che parla di vita, vecchiaia e prospettiva sempre  più vicina della morte.

Olive dai 70 anni arriva quasi ai 90 e si ritrova vedova per la seconda volta, ghermita da solitudine, rimpianti, ricordi e prospettive prossime allo zero. Una longevità non sempre piacevole, che fa i conti con incontinenza, fragilità, umiliazioni, debolezze, sentimenti grandi e piccoli, meschinità del tutto umane, ma anche sentimenti nobilissimi. Una Olive brontolona che la salute cagionevole riavvicina al figlio e la spinge a scrivere le sue memorie. Un libro delicato e magnifico.

 

Dina Nayeri   “L’ingrata”   – Feltrinelli –   euro 19,00

E’ sospeso tra gli orrori dell’Iran e le difficoltà d’integrazione in Occidente questo libro altamente autobiografico della scrittrice Dina Nayeri, nata a Isfahan nel 1979 e fuggita dal paese nel 1988. L’Iran della rivoluzione Khomeinista è peggiorato e non è certo un paese per donne, che sono considerate meno di niente.

La madre della scrittrice decide di convertirsi al Cristianesimo (nonostante  il parere contrario del marito dentista) inerpicandosi così su una strada difficilissima, irta di ostracismo. Sofferta ma inevitabile la decisione di prendere i figli e andarsene: all’epoca Dina aveva 9 anni ed inizia così la sua odissea di rifugiata.

Un iter lungo e doloroso, fatto di campi profughi a Dubai, accoglienza a Londra, il passaggio per l’Italia in un hotel trasformato in oasi che accoglie masse di richiedenti asilo. Un limbo che sarà l’anticamera per l’approdo finale in America.

Quando arriva in Oklahoma, Dina -che ha già visto di tutto e incontrato la disperazione di chi ha avuto la sfortuna di nascere alla latitudine sbagliata- è determinata a diventare qualcuno. Ma lo status di rifugiato è una forma mentis che non molla: tutto è più faticoso e difficile per chi cerca il suo spazio in terra straniera.

In queste pagine c’è il racconto lucido e in prima persona della complessa quotidianità dei richiedenti asilo, ai quali si impone di rimanere al proprio posto e farsi notare il meno possibile. Ed ecco l’ingratitudine del titolo: la scrittrice sviscera fino in fondo l’insoddisfazione che alberga nel cuore di chi viene accolto. E sottolinea che i migranti non hanno solo bisogno di cibo e documenti, ma soprattutto di sentirsi parte di una comunità….la difficile e impervia via dell’assimilazione.

 

Danilo Soscia  “Gli dei notturni”   -Minimum Fax-  euro 18,00

Questo è un libro di racconti decisamente particolare, in cui l’autore – che nel 2018 aveva pubblicato “ Atlante delle  meraviglie”-  si muove con abilità nelle biografie di 40 personaggi e su queste innesta una dimensione onirica. Prende alcuni famosi personaggi del 900 e immagina i sogni che potrebbero aver abitato le loro menti.

Una sorta di biografie notturne in cui tutto è vero e tutto è falso, ma che ci portano più a fondo nelle loro personalità. Attraverso un itinerario, a volte anche molto complesso e forse con un eccessivo accumulo visionario, rintraccia l’identità dei protagonisti e delinea tratti onirico-biografici.

Ci sono uomini politici come Ronald Reagan e Saddam Hussein, attrici come Marlene Dietrich e Anna Magnani, pittori, musicisti, scrittori, scienziati, sportivi, anime nere come Charles Manson e tanti altri.

Solo alcuni spunti, giusto per darvi l’idea.

Soscia immagina i pensieri di Eva Braun che consulta sibille berlinesi; quelli di Aldo Moro recluso nella stanza in cui è tenuto prigioniero dai suoi aguzzini; quelli di Marylin Monroe quando è ancora sconosciuta. Modigliani che trascorre le notti dialogando con i volti dei suoi quadri; Giulio Andreotti che sogna un’epidemia e lo scrittore Charles Bukowsky che, in un cimitero hollywoodiano, brinda alla morte.

Trait d’union di queste 248 pagine è una scrittura analitica con la quale Soscia entra ed esce da mondi inconsci diversissimi. Come qualcuno ha detto, delle “ipnografie” che travalicano la storiografia.

Per non perdere Evelina

IL COMMENTO  di Pier Franco Quaglieni / Non entro nel merito della conduzione del Museo Egizio che l’allora neo Presidente Evelina Christillin non volle chiamare di Torino, con scelta che ha offeso la città e la sua storia perché quel museo e’ sabaudo e torinese  al cento per cento

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Certamente  il Museo che è sempre stato un’eccellenza italiana e che fu anche presieduto da Alain Elkann, ha rappresentato un successo che è aumentato negli anni forse più per merito del suo direttore Christian  Greco  che della sua presidente. Greco ha saputo valorizzare, direi plasmare il museo con criteri innovativi. La  presidente ha più curato l’immagine “politica” del Museo con dichiarazioni che, a volte, si sono rivelate un po’ demagogiche o con operazioni assai discutibili come il prestito permanente di pezzi del Museo a Catania.
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La dottoressa Christillin è da tanti anni sulla scena pubblica non solo torinese, da quando venne scelta dall’avvocato Agnelli a capo del comitato per le Olimpiadi invernali, per poi passare alla presidenza del Teatro Stabile che durante il suo mandato è  diventato teatro nazionale. Fu lei che volle eliminare lo storico ingresso del teatro Carignano  che venne sostituito da una  orribile struttura in acciaio che dopo alcune proteste venne modificato. Una donna come lei ha tutte le strade e le porte aperte e può disporre come vuole con facilita’. Ha anche la disponibilità economica per agire, mentre altre istituzioni devono lesinare le spese perché i finanziamenti pubblici sono esigui e spesso in ritardo. Stando ai risultati non si può negare che ha ben lavorato, anche se può infastidire il ruolo politico che ha voluto esercitare sempre in sintonia con il Pd. La ricordiamo tutti al Lingotto con Veltroni e poi con Renzi, per non citare il suo speciale rapporto con il sindaco Chiamparino. Qualche volta viene invitata in televisione dalla Gruber come opinionista politica, anche se l’invito è giustificato dalla presidenza del Museo Egizio. La Signora e’ un pezzo di pregio di quello che si chiamava e ancora si chiama “sistema Torino” e che i grillini si ripromettevano di abbattere, mentre si sono lasciati risucchiare dal medesimo. Dopo due mandati la Christillin non poteva, a termini di statuto, essere riconfermata alla presidenza del Museo. Ma sinistra e destra, piuttosto di perderla, hanno deciso di cambiare lo statuto. Si tratta di una decisione clamorosa del tutto “ad personam”, si potrebbe dire con un linguaggio del recente passato. Di norma gli statuti si rispettano o si cambiano perché si rivelano inadeguati al di là delle persone. Può essere discutibile che uno statuto preveda dei limiti di mandato, ma chi lo scrisse e lo approvò avrà avuto qualche valido motivo per stabilire i due mandati. Chi ha fatto bene, di norma, va confermato, anche se lo statuto del Museo si rivelava oggi  inconsapevolmente del tutto in linea con i due mandati tanto cari ai grillini. Ma a ribadirlo e’ rimasta solo la capo gruppo dei 5 Stelle  in Comune. Si pone una domanda d’obbligo: se invece della Christillin  ci fosse stato un altro  presidente, cosa sarebbe accaduto? Una mia cara amica che ricopre ruoli di vertice nell’ambito della cultura italiana mi ha scritto di dubitare che se non ci fosse stato “uno di famiglia”, il trattamento di favore sarebbe stato concesso così facilmente.  Sembra che circoli anche la notizia che la signora Christillin possa essere una candidata sindaco di Torino per il 2021. Vedremo nei prossimi mesi cosa succederà, ma sicuramente è un’ipotesi che non si può escludere. Lei dichiarò  una volta ai giornali che avrebbe aiutato ad attaccare i francobolli per la campagna elettorale del Sindaco Chiamparino. Di strada da allora ne ha fatta tanta e potrebbe adesso ambire a sedersi lei stessa  sulla poltrona più alta di Palazzo civico e,  magari, tra dieci anni ottenere la deroga al limite di mandato per ricandidarsi una terza volta a furor di popolo come sindaca.
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Scrivere a quaglieni@gmail.com

La sorella “garante” di un debito a sua insaputa

I fatti accaduti in zona Madonna di Campagna

Martedì mattina gli agenti della Squadra Volante hanno arrestato due cittadini
italiani, un uomo ed una donna di 35 e 27 anni, per tentata estorsione.
All’arrivo dei poliziotti, la coppia, dalla strada, stava minacciando una donna
affacciata dal balcone dello stabile. Accanto a loro un cassonetto della spazzatura
ribaltato, frutto di uno scatto d’ira del trentacinquenne.
“Quella mi deve 800 euro e li voglio” continua a gridare la ventisettenne. Nemmeno
l’intervento degli agenti riesce a mitigare l’atteggiamento violento dei due. Gli
operatori a questo punto raccolgono la testimonianza della condomina che dichiara
di aver già ricevuto la visita della coppia in mattinata. Dopo aver suonato
incessantemente Il campanello, erano passati a colpire con decisione la porta più
volte. La donna, non conoscendoli, decideva di non aprire e li avvertiva che se non
avessero smesso, avrebbe chiamato la Polizia. La coppia allora si era allontanata dal
pianerottolo, continuando a gridare che se non avessero avuto indietro i loro soldi,
sarebbero andati a cercarla anche sul luogo di lavoro. Il denaro di cui parlavano er un
debito contratto dal fratello della donna, che aveva nominato come “garante” per la
restituzione la propria famiglia.
Fermata, la coppia viene perquisita. All’interno della borsa della ventisettenne, gli
agenti trovano un coltellino a serramanico di 13 cm.
Da ulteriori accertamenti emerge che l’uomo ha precedenti di Polizia, così come la
donna.

Un treno di dieci camion per ricordare le promesse fatte agli infermieri

Dieci camion, lunghi dieci metri, formeranno un treno lungo cento metri che percorrerà per tutto il giorno le vie del centro della città e i corsi piu’ importanti nella giornata di lunedì  8 giugno e davanti a tutti gli ospedali nella giornata di martedi 9

I dieci camion mostreranno su ambo i lati manifesti a vela 6 x 3 che ricorderanno allo Stato di  “mantenere le promesse fatte, di onorare un impegno preso con i cittadini italiani ai quali anche ci rivolgiamo, scendendo direttamente nelle strade”.

Così dicono i rappresentanti del sindacato infermieri ricordando anche il primo flash Mob organizzato dal Nursind proprio a Torino in data 20 maggio che tutti ricordano, ha innescato una serie di proteste della categoria infermieristica in tutte le piazze Italiane segno che la misura è colma. Il Nursind , la piu’ grande rappresentanza sindacale infermieristica italiana sta portando avanti manifestazioni in tutte le piazze Italiane, da Torino, Ancona, Firenze, Genova, a quelle in programma a Milano, Bologna, Perugia, Pescara, fino a Bari e Palermo.
“Non ci interessano bonus e premialità che pure sarebbero dovuti arrivare, – aggiungono – chiediamo di poter rivedere la nostra struttura contrattuale, le nostre condizioni di lavoro per riconoscere e valorizzare la professione, garantire la tutela dei diritti che devono essere esigibili anche per noi, esigere una assistenza al cittadino sicura e dignitosa. In termini pratici, rivedere i nostri stipendi e le nostre indennità, rivedere le norme che regolano il nostro rapporto di lavoro attraverso una contrattazione separata dal comparto sanità, vista la peculiarità e la specificità della nostra professione, rivedere le dotazioni organiche e le modalità organizzative”.
I camion partiranno da Torino porta nuova alle ore 10 per giungere in piazza Vittorio Emanuele alle 10.15 da dove partiranno alle ore 10.30  per Via Po e tutte le piu’ importanti vie e piazze di Torino. “Non ci fermeremo qua, daremo degna rappresentanza agli infermieri italiani il cui valore non è mai stato riconosciuto nonostante quello che hanno fatto oggi, facevano ieri e faranno domani”.

 

Il rispetto per gli altri, la propria cultura e la natura. La base per la ripresa post Covid 19

Ho letto, pochi giorni fa, nel regolamento relativo al funzionamento di una piscina di un circolo privato, che riaprirà i battenti il 6 giugno prossimo, l’elenco delle nuove normative da rispettare che ne regoleranno l’uso e, sinceramente, mi è venuto un poco da sorridere.

Frequentare una piscina in tempi di post Covid mi pare un’impresa abbastanza simile ad un percorso di guerra,  non tanto per l’uso responsabile che si deve fare del termoscanner all’ingresso, di gel disinfettante e mascherine, all’interno, quanto per la preannunciata presenza di assistenti bagnanti “autorizzati a far rispettare le regole” e, chissà, magari a fare qualche multa ai frequentatori indisciplinati.

L’ombrellone ed i lettini messi a disposizione, viene preannunciato,  saranno posizionati con un distanziamento pari a 3 metri e mezzo l’uno dall’altro. Pur essendo abbastanza digiuna di matematica, deduco, però, che tra i singoli lettini sotto lo stesso ombrellone non sarà presente una grande distanza. In ognuno di questi ultimi potrà essere alloggiato un unico nucleo familiare o una persona singola.

E qui mi nascono i primi dubbi…Chiederanno forse all’ingresso i documenti delle tre persone al massimo che potranno occupare l’ombrellone per verificarne l’appartenenza al nucleo familiare, visto che, a naso, il custode all’entrata non conosce proprio tutti i soci del circolo ( e magari è ignaro dell’ingresso di due ex fidanzati da poco freschi di nozze)….?

E qui colgo, personalmente, tutta la miopia di un simile provvedimento. In tempi di lockdown chi ha subito il maggior peso psicologico di un momento prolungato di isolamento è stato proprio colui che il circolo definisce ‘persona singola’, un peso sia dal punto di vista emotivo sia sotto il profilo economico. Alla categoria dei single aggiungerei, forse ancor più, quellae degli anziani che vivono da soli e dei genitori separati che, in settimane scandite a colpi di decreti governativi ( i temibili DPCM), incontravano spesso difficoltà a vedere i propri figli.

Mi domando allora se suddetto circolo, come probabilmente anche altri a Torino ed in altre città, considerino due persone che convivono sotto lo stesso tetto, ma non legate da un vincolo giuridico, quali appartenenti ad un medesimo nucleo familiare? Credo di sì, anche se la loro unione affettiva non è sancita da un patto davanti al sindaco o alla Chiesa ( probabilmente li considerano tali in virtù della comunione di domicilio). Ma due fidanzati, che si amino e si rispettino, magari in teoria pure di più, di una ipotetica coppia di conviventi, ma che sono, per esempio, domiciliati uno a Torino ed uno a Milano, per ragioni pregresse ed anche lavorative, non potranno prendere il sole sotto lo stesso ombrellone?

Questi provvedimenti così formulati individuano una miopia che, a tratti, mi spaventa, perché mi fa percepire l’incapacità di avere una visione globale d’insieme che, già nei mesi antecedenti di  emergenza da Covid 19, purtroppo non era certo relegata ai soli regolamenti di un circolo privato, ma ha che ha tristemente coinvolto chi ci governa e ci avrebbe dovuto traghettare con timone fermo attraverso la tempesta.

Pensando ad un circolo affollato, mi sarebbero venuti in mente ingressi in un certo modo scaglionati per ridurre l’afflusso dei soci e distribuirlo sui diversi giorni della settimana.  E la miopia proswgue pensando che possano bastare i cosiddetti assistenti bagnanti per tenere a bada nugoli di ragazzini che, già in tempi passati, come è tipico e naturale dell’età che stanno vivendo, si possono muovere, correre e tuffarsi in piscina, incuranti delle distanze interpersonali di sicurezza.

Proprio ieri ho visto in tv un servizio che ho ritenuto emblematico, che ritraeva una classe di bambini cinesi al loro rientro a scuola, dopo il prolungato lockdown di mesi dovuto alla pandemia. Qui insegnanti e dirigenti scolastici non hanno avuto bisogno di applicare nessuna regola o accorgimento al limite del surrealismo, quali i vetri di plexiglas (che dovrebbero entrare a far parte integrante delle aule scolastiche italiane dal prossimo settembre), perché i bambini,  con indosso tutti  la visiera (quando seduti nei banchi) e con mascherina durante le attività di gruppo (come la lettura), sono loro, per educazione e disciplina, abituati a seguire le indicazioni impartite dagli adulti. Hanno imparato molto bene a rispettare il distanziamento e si sono facilmente abituati a seguire percorsi differenziati per circolare all’interno dell’istituto scolastico. Gli insegnanti intervistati apparivano sereni e soddisfatti, e spiegavano che l’unica disciplina scolastica che era stata eliminata dopo il rientro post lockdown era stato il canto, perché poteva essere possibile fonte di contagio per le goccioline.

Oggi nella fase di ripresa post lockdown, secondo me, in Italia stiamo pagando la mancanza di disciplina e di rispetto delle regole, che faciliterebbe certo l’ottimizzazione nell’uso degli strumenti a favore della riorganizzazione e ripresa della normalità, da quella circoscritta ad un circolo sportivo cittadino a quella dei centri turistici montani o balneari, che si stanno attrezzando ad accogliere quei turisti che, quest’estate, rimarranno in Italia, fino alla macroripresa, che dovrebbe coinvolgere le diverse categorie e tipologie di imprese economiche, a livello nazionale.

Le regole devono rimanere l’architrave di una società, pur nel rispetto del dialogo e della libera espressione delle proprie idee perché, senza quest’ultima, non può esistere alcuna vera democrazia. Le regole, in fondo, altro non sono che le “radici dell’albero” della nostra convivenza,  e le istituzioni rappresentano gli strumenti indispensabili che utilizziamo per coordinare ed organizzare i comportamenti sociali e per rendere più efficace il loro concorrere al benessere collettivo.

In una società come quella contemporanea, sempre più individualista e meno solidale, pare ormai sempre più diffuso il costume di ricercare il proprio benessere a scapito di quello del prossimo; dovremmo allora, proprio noi adulti, trarre esempio, dai piccini che sono ritornati a scuola in quei Paesi orientali. Nel loro bagaglio di educazione scolastica sono capisaldi il rispetto per la propria cultura, per gli anziani e la ricerca di una condotta buona ed equilibrata; i genitori costituiscono un modello insostituibile per i bambini. E soprattutto risulta fondamentale il rispetto per gli altri, inteso nella vasta accezione di persone, animali e natura. Sarebbe veramente giunto il momento  che anche nelle nostre società occidentali si anteponesse questo valore ad ogni particolarismo, individualismo ed egoismo, per poter ripartire insieme nell’era post Covid.

Mara Martellotta

Riparte il campionato dei soldi. Poco calcio, tanto business

E così, dopo mille discussioni e altrettante polemiche, il campionato di calcio di serie A ripartirà sabato 20 giugno alle 18,30 con Torino-Parma, primo di quattro recuperi, ai quali seguiranno, il 22, 23 e 24 giugno le altre gare dell’ottava giornata di ritorno.

È pur vero che gli appassionati hanno dovuto rinunciare, in questo periodo di lockdown, a seguire le partite delle loro squadre del cuore. Un sacrificio minore se confrontato con le innumerevoli limitazioni alla libertà individuale alle quali siamo stati tutti sottoposti. Ma è altrettanto vero che molti non ne hanno fatto una tragedia, avendo ben altri problemi da affrontare e da cercare di risolvere…

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