ilTorinese

Al Colle del Nivolet a piedi, in bici o in navetta

Tutte le domeniche dal 12 luglio al 30 agosto e a ferragosto torna A piedi tra le nuvole, il progetto di mobilità sostenibile del Parco Nazionale Gran Paradiso che dal 2003 regolamenta d’estate il traffico automobilistico privato lungo la strada che conduce al Colle del Nivolet favorendo gli spostamenti a piedi, in bici e con navetta.

Il servizio di navette sarà gestito da GTT, per le normative Covid l’acquisto dei biglietti non sarà possibile sui mezzi, ma al punto informativo al parcheggio del Serrù e nelle rivendite a Ceresole presso l’Hotel Blanchetti a Borgata Prese 13 e l’edicola di Borgata Capoluogo 12.

Considerato il prevedibile maggiore afflusso e la possibilità che il parcheggio del Serrù si riempa, si invitano i fruitori a utilizzare i parcheggi più a valle in località Villa, Chiapili e Ceresole Reale, in cui sono comunque previste fermate delle navette.

L’iniziativa al Colle del Nivolet è promossa da Parco Nazionale Gran Paradiso, Città Metropolitana di Torino, Regione Autonoma Valle d’Aosta e i comuni di Ceresole Reale e Valsavarenche.

Tutte le info: www.pngp.it/nivolet

Dopo il covid Torino tra i centri più green d’Italia

I risultati della prima indagine periodica di settore sulle fiere B2B di Padova Hall

 

FORESTE URBANE, ORTI E VERDE SOCIALE: COSÌ, DOPO IL COVID, CAMBIA IL VERDE NELLE CITTÀ TUTTI I TREND NEL «FLORMART GREEN CITY REPORT»

 

Un’azienda vivaistica su due denuncia un calo degli ordini dopo il lockdown, ma la maggioranza crede nella ripresa. Milano e Torino tra le città più green d’Italia. Bene Bolzano e Padova. Il direttore generale di Padova Hall Veronesi: «Con questa prima indagine Flormart pioniera di un percorso di accompagnamento di tutto il settore»

 

 

Foreste urbane, orti, giardini comunitari e parchi per svolgere attività fisica. Sono queste le principali tendenze legate al verde urbano che influiranno sullo sviluppo futuro delle nostre città. Ma sottocasa con ogni probabilità non troveremo un numero maggiore di alberi e piante, bensì una riqualificazione attenta dell’esistente, soprattutto per un suo utilizzo sociale. Perché molti centri urbani di verde già ne hanno e alcune città italiane si stanno muovendo meglio di altre in questo ambito: Milano e Torino su tutte, poi Padova e Bolzano.

 

A definire questo quadro gli operatori della filiera green nazionale che, con i loro orientamenti hanno contribuito a realizzare il Flormart Green City Report, la prima delle indagini periodiche sui settori di riferimento delle fiere B2B che Padova Hall, società proprietaria del marchio Fiera di Padova, ha voluto lanciare nell’ambito del progetto “Data Monitor”. Il report, i cui risultati sono stati presentati martedì 30 giugno nel corso del Flormart OnLife Roadshow, appuntamento online dedicato a tutti gli attori della filiera, offre una visione sul verde urbano e sui suoi utilizzi, e raccoglie il punto di vista di un campione di 157 addetti al settore tra produttori, progettisti, agronomi, amministratori e accademici. La rilevazione, basata sull’analisi di dati raccolti a giugno 2020, è a cura di GRS Research & Strategy.

 

«Con Flormart Green City Report inizia un percorso che Fiera di Padova ha intrapreso per rimanere accanto alle imprese e ai protagonisti delle nostre manifestazioni per tutto l’anno», spiega Luca Veronesi, direttore generale di Padova Hall. «Flormart è pioniera di questa iniziativa che coinvolgerà anche TecnoBar&Food e Green Logistics Expo: sul settore del verde svilupperemo una seconda rilevazione a fine estate e una terza prima del Flormart City Forum dell’1 dicembre, quando i dati potranno fornirci indicazioni ancora più precise sull’evoluzione in atto dei trend».

 

I dati dell’indagine

 

Secondo gli operatori le tendenze e gli orientamenti per il prossimo futuro vanno verso un utilizzo sociale del verde: foreste urbane (secondo il 50% del campione), giardini e parchi ricreativi (39%), orti e giardini comunitari (38%). Alla domanda su quali città stanno mettendo in campo le politiche più efficaci in tema di verde urbano le risposte sono Milano (per il 23,1%), Torino (22,8%), Padova (9,2%) e Bolzano (8,8%).

 

L’outlook del settore è per lo più stabile: piante, progettazione e manutenzione del verde sono considerati mercati in crescita. Più in affanno i settori che riguardano macchine e arredo ludico/sportivo. Gli effetti della pandemia causata dal Covid-19 si sono fatti decisamente sentire nel settore: per tre rispondenti su quattro l’emergenza è stata molto o abbastanza impattante. Le aziende della filiera lamentano soprattutto una forte riduzione degli ordini (46%) e mancanza di risorse finanziarie (37%) tra i problemi più urgenti in questa fase. Sono buone però le valutazioni in merito alla reazione del comparto. Metà dei rispondenti ha espresso un giudizio intermedio (49%), ma la maggior parte dei restanti (34%) si è espressa positivamente.
Per quanto riguarda le previsioni sulla ripresa del settore la maggioranza (70% circa) è convinta che avverrà entro la fine del 2021. L’indagine completa è scaricabile sul sito: www.flormart.it.

 

In Veneto l’aiuto della Regione

 

Alla presentazione del primo Flormart Green City Report è intervenuto anche l’assessore all’agricoltura della Regione Veneto Giuseppe Pan, che ha fatto il punto sulle nuove iniziative prese dalla Giunta regionale a sostegno del settore primario. «Gli effetti della pandemia e del lockdown hanno colpito i settori del primario con sensibili cali di fatturato ma ci sono filiere, come l’agriturismo e il florovivaismo, che più di altre hanno subito i contraccolpi economici della crisi. Per questo la Regione ha deciso di mettere a disposizione finanziamenti a costo zero fino a 50 mila euro per le Pmi agricole del Veneto. Ma anche una nuova sovvenzione diretta fino a settemila euro per azienda agricola» aggiunge l’assessore. «L’iniziativa è finanziata grazie ad una modifica del Programma di Sviluppo Rurale con 23 milioni di euro per dare liquidità alle imprese agricole più colpite dall’emergenza Covid-19. Il provvedimento passa ora per l’approvazione al Consiglio regionale, che sono sicuro vorrà rispondere in tempi celeri alle necessità delle nostre imprese».

 

Flormart City Forum e nuova edizione del salone nel 2021

 

Intanto Flormart non si ferma. L’edizione 2021 del salone del florovivaismo sarà infatti anticipata da Flormart City Forum, evento che si terrà il prossimo 1 dicembre alla Fiera di Padova e in cui saranno presentate alcune delle novità del salone. Ma continuano anche i Flormart OnLife Roadshow, appuntamenti online che coinvolgono gli operatori del settore toccando i temi più sensibili di questo anno particolare, confermando il ruolo di Flormart come punto di riferimento per aziende, associazioni, enti pubblici e professionisti. Il percorso culminerà poi con la manifestazione fieristica internazionale che si terrà dal 22 al 24 settembre 2021.

 

Il progetto Data Monitor

 

I «Data Monitor» sono indagini periodiche promosse da Padova Hall e realizzate in partnership con la società specializzata GRS Research and Strategy. Il progetto nasce con l’obiettivo di fotografare l’andamento dei settori di riferimento delle manifestazioni fieristiche B2B per anticipare i trend di sviluppo e fornire elementi di approfondimento utili a tutta la community coinvolta. La collaborazione ha preso avvio con Flormart e proseguirà con TecnoBar&Food e Green Logistics Expo.

 

L’attualità della sinistra Dc

Periodicamente, e quando si vuole parlare della politica con la P maiuscola o della qualità della classe dirigente politica si fa quasi sempre un esplicito riferimento alla esperienza e alla storia della sinistra democristiana.

Una esperienza che ha accompagnato, seppur con diverse forme e con modalità alterne, la storia cinquantennale della Dc e che ancora oggi, attraverso i suoi vari leader cresciuti in quella comunità, condiziona e orienta la politica italiana. Seppur in assenza del partito di riferimento, la Dc appunto.

Ora, almeno su tre fronti persiste la bruciante attualità della sinistra Dc.
Innanzitutto la qualità, lo spessore e la valenza politica e culturale dei suoi leader.

Nazionali e locali. È indubbio che molti leader e statisti della prima repubblica provengono
dalle fila della sinistra democristiana. Leader che, anche con una percentuale minima di
potere all’interno della Dc, erano comunque in grado di condizionare e addirittura di
guidare la strategia e la prospettiva dell’intero partito. Basti pensare alla sinistra sociale di
Carlo Donat-Cattin che, con il 7-8% dei consensi nel partito era in grado di condizionare
l’intera strategia politica della Dc. Per non parlare della sinistra politica di Base i cui
leader, da De Mita a Granelli, da Galloni ad Andreatta, da Tina Anselmi a Mino
Martinazzoli erano considerati punti di riferimento ineludibili per l’intera esperienza Dc
nonchè leader politici capaci di imprimere una impronta determinante e alcune volte anche
decisiva per la stessa qualità della democrazia italiana. Una classe dirigente nazionale
che, però, era accompagnata anche da leadership locali altrettanto importanti e di qualità.

Basti pensare ai sindaci delle medie/grandi città italiane e al loro magistero amministrativo
e politico esercitato con qualità e autorevolezza per molti anni.

In secondo luogo la profondità del pensiero e la ricchezza di cultura politica che
accompagnava quella straordinaria ed irripetibile esperienza. Le riviste, i tradizionali
convegni politici e di approfondimento culturale di Saint Vincent, Chianciano, Belgirate,
Lavarone e molte altre località che ricordano come quei convegni di studio, di analisi
politica e soprattutto di proposta politica riuscivano a dettare l’agenda dell’intera politica
italiana. E non solo della Dc dove la presenza dorotea e moderata era comunque sempre
forte e ragguardevole. Un luogo di elaborazione culturale, di progettualità politica concreta
e di cultura di governo quasi irripetibile nella storia democratica del nostro paese. Non solo
un laboratorio e, soprattutto, non solo un consesso di azione politica o, peggio ancora, di
mera distribuzione di potere. No, un presidio di cultura politica e di azione politica che
obbligava l’intera politica italiana a tenerne conto, a prescindere dalle varie collocazioni
della sinistra Dc nella geografia interna al partito. Maggioranza o minoranza faceva poca
differenza. La sinistra Dc era un punto di riferimento a prescindere dalla conclusione dei
congressi e dai tatticismi di potere e dai vari posizionamenti nel partito. Comportamenti ed
atteggiamenti validi ieri come oggi.

In ultimo la rappresentatività sociale, culturale e politica della sinistra Dc. Nessuno poteva
fare a meno della sinistra sociale di Carlo Donat-Cattin, e prima di Pastore. Lo ha detto più
volte lo statista Aldo Moro, anche quando la maggioranza dorotea del tempo del partito
non lo voleva o dopo la richiesta di esclusione dal Governo avanzata dal Pci durante le
stagioni della solidarietà nazionale. Non si poteva e non si doveva fare perchè DonatCattin

rappresentava, appunto, un pezzo di società che garantiva la conservazione della
natura popolare e sociale della Democrazia Cristiana. Così valeva per la sinistra politica di
Base e per la sinistra dell’area Zac in un secondo momento. Esperienze e realtà che non
solo erano qualificanti sotto il profilo politico e culturale ma anche, e soprattutto, sotto il
profilo della rappresentatività sociale e anche territoriale.

Ecco perchè l’esperienza della sinistra Dc ritorna d’attualità e non è facilmente
archiviabile. Nè può essere banalmente storicizzata. Certo, il “nulla della politica”, per dirla
con una felice espressione di Martinazzoli durante gli anni dello strabordante
berlusconismo, è difficilmente paragonabile con quella esperienza. Per non parlare
dell’attuale fase ancora dominata dai dogmi dei 5 stelle, cioè dal populismo demagogico e
anti politico. Ma se si vuole ridare credibilità, autorevolezza e qualità alla politica e alla sua
classe dirigente, non si può non incrociare l’esperienza vissuta e praticata dalla sinistra
democristiana e dai suoi tanti leader. Per il bene della politica italiana e non per una
banale e sterile riverniciatura nostalgica.

Giorgio Merlo

Bonus Covid, Cirio: “Assurdo non poter premiare il personale sanitario con i soldi della Regione”

«Mi pregio di informare il ministro Boccia che, anche senza l’impugnazione della norma piemontese da parte del Governo, la Ragioneria dello Stato, con la nota del 6 luglio, agli atti, contesta la quantità di risorse stanziate e le modalità di utilizzo. Chiedo una norma di interpretazione autentica o un pronunciamento diverso della stessa Ragioneria dello Stato.

Dispiace che tutto il dialogo condotto con il Ministero della Salute e dalle Regioni con i sindacati venga vanificato in questo modo. Noi siamo tutti dalla parte dei nostri lavoratori».

Così l’assessore regionale alla Sanità del Piemonte, Luigi Genesio Icardi, replica al ministro Francesco Boccia, sulla contestazione della legge regionale del Piemonte che consente di aumentare la premialità per il personale sanitario con le risorse regionali.

«È abbastanza surreale che una Regione con le risorse dei propri cittadini non possa decidere di assegnare un riconoscimento economico a chi per mesi è stato in trincea a salvare la vita di migliaia di persone, mettendo ogni giorno a rischio la propria – dichiara il presidente della Regione Piemonte Alberto Cirio -. Se necessario andremo personalmente a Roma per spiegarlo ai ministri Boccia e Speranza, perché l’autonomia è proprio questo. Poter disporre delle proprie risorse per ciò che una Regione ritiene prioritario. E dire grazie, seppur con un piccolo riconoscimento che non ripaga certamente di tutto quello che è stato fatto, non è solo un nostro diritto ma un dovere nei confronti dei nostri medici, infermieri, Oss e di tutto il personale sanitario del Piemonte. Non può essere Roma a decidere come spendiamo i soldi dei piemontesi. Non lo accetteremo».

Sul piano tecnico, l’assessore Icardi sottolinea che “i rilievi della Ragioneria dello Stato hanno portata nazionale, non solo per i lavoratori piemontesi, andando a dimezzare le disponibilità delle risorse regionali stanziate a favore dei dipendenti dei Servizi sanitari nazionali e incidendo anche sull’utilizzo delle stesse”.

«La beffa per tutti i lavoratori della Sanità italiani e per le regioni – osserva Icardi – è reale. Se non vi sarà l’intervento tecnico politico chiesto  con lettera del presidente Bonaccini, molte Regioni non potranno pagare e qualcuno dovrà chiedere la restituzione ai lavoratori».

Coronavirus, oggi nessuna vittima. Nove nuovi contagi

CORONAVIRUS PIEMONTE: IL BOLLETTINO DELLE ORE 17

25.448 PAZIENTI GUARITI E 866 IN VIA DI GUARIGIONE

Oggi l’Unità di Crisi della Regione Piemonte ha comunicato che i pazienti virologicamente guariti, cioè risultati negativi ai due test di verifica al termine della malattia, sono 25.448 (+69 rispetto a ieri), così suddivisi su base provinciale: 3072 (+3) Alessandria, 1507 (+4) Asti, 825 (+2) Biella, 2347 (+9) Cuneo, 2297 (+21) Novara, 13.217 (+28) Torino, 1073 (+2) Vercelli, 947 (+1) Verbano-Cusio-Ossola, oltre a 163 (+0) provenienti da altre regioni.

Altri 866 sono “in via di guarigione”, ossia negativi al primo tampone di verifica, dopo la malattia e in attesa dell’esito del secondo.

I DECESSI SALGONO A 4111

Un decesso di persone positive al test del Covid-19 comunicato nel pomeriggio dall’Unità di Crisi della Regione Piemonte, di cui 0 nella giornata di oggi (si ricorda che il dato di aggiornamento cumulativo comunicato giornalmente comprende anche decessi avvenuti nei giorni precedenti e solo successivamente accertati come decessi Covid).

Il totale complessivo è ora di 4111 deceduti risultati positivi al virus, così suddivisi su base provinciale: 677 Alessandria, 255 Asti, 208 Biella, 396 Cuneo, 367 Novara, 1815 Torino, 222 Vercelli, 132 Verbano-Cusio-Ossola, oltre a 39 residenti fuori regione ma deceduti in Piemonte.

LA SITUAZIONE DEI CONTAGI

Sono 31.494(+9 rispetto a ieri, di cui 8 asintomatiche; delle 9: 2 Rsa, 3 screening, 3 contatti di caso e 1 con indagine in corso) le persone finora risultate positive al Covid-19 in Piemonte, così suddivisesu base provinciale: 4081 Alessandria, 1880 Asti, 1053 Biella, 2894 Cuneo, 2804 Novara, 15.931 Torino, 1344 Vercelli, 1146 Verbano-Cusio-Ossola, oltre a 265 residenti fuori regione ma in carico alle strutture sanitarie piemontesi. I restanti 96 casi sono in fase di elaborazione e attribuzione territoriale.

I ricoverati in terapia intensiva sono 9 (come ieri).

I ricoverati non in terapia intensiva sono 190(3 rispetto a ieri).

Le persone in isolamento domiciliare sono 870.

I tamponi diagnostici finora processati sono 447.166, di cui 245.401risultati negativi.

Ricordando l’Assietta

La commemorazione dell’importante anniversario, che coincide con la 52esima edizione della Festa del Piemonte, organizzata dall’Associassion Festa dël Piemont al Còl ëd l’Assieta, si è svolta oggi, sabato 11 luglio, con la celebrazione della santa messa e con l’alzabandiera. All’evento erano presenti il presidente del Consiglio regionale Stefano Allasia e il consigliere segretario Gianluca Gavazza.

Noi autri i bogioma nen disse il Conte di San Sebastiano quasi 300 anni fa su questo pianoro, “non ci muoviamo”. In questa frase credo che ci sia tutto lo spirito del nostro essere Piemontesi”, ha dichiarato Allasia. “Quest’anno la Festa del Piemonte avrebbe dovuto avere una particolare importanza per via del fatto che la Regione Piemonte festeggia il 50° anniversario della sua istituzione e il 15° anniversario della promulgazione dello Statuto regionale. Purtroppo, a causa delle misure restrittive legate ala situazione sanitaria, ci troviamo a celebrare la ricorrenza in forma ridotta, senza la tradizionale rievocazione della battaglia. Ma vogliamo riaffermare lo spirito dei Bôgia nen di allora: oggi come ieri abbiamo il dovere noi tutti di difendere la nostra terra, questo Piemonte ricco di storia, tradizioni, con grande capacità innovative, imprenditoriali, perché noi siamo un popolo tenace e laborioso”.

“La storia ricorda i re e i generali, ma non i soldati. Noi oggi siamo qui per rendere onore ai battaglioni piemontesi che erano stati impiegati al fronte per difendere le Alpi e l’identità di un territorio, il nostro Piemonte. Onore a tutti quegli uomini che attraverso il proprio sacrificio hanno testimoniato coraggio e amor di patria”, ha affermato Gavazza.

Oggi su questo colle sventola la bandiera del Piemonte, simbolo ufficiale della nostra regione che vogliamo valorizzare come Consiglio regionale per il suo significato identitario”, ha aggiunto il presidente Allasia. “Per questo motivo rivolgo un invito affinché tutti i piemontesi espongano il “drapò” il 19 luglio, giorno esatto in cui ricorre la festa del Piemonte: è l’emblema del nostro territorio e dobbiamo andarne orgogliosi”.

Michele Coppola Lapalisse

FRECCIATE  Intervistato dal Corriere Torino sulle criticità della cultura, Michele Coppola – già assessore regionale e oggi manager di Intesa Sanpaolo- afferma:  “Il pubblico non può gestire da solo tutto il patrimonio”. Considerazioni chiarissime. Ovvie.

L’arciere

Armato di bastone, danneggia dehors del bar della Basilica di Superga

Ha messo in fuga i clienti, arrestato dai carabinieri

Nel tardo pomeriggio di ieri, tre equipaggi del Nucleo Radiomobile Carabinieri di Torino sono dovuti intervenire nell’area della Basilica di Superga, dove era stato segnalato al 112 un nigeriano 46enne in evidente stato di alterazione psico-fisica earmato di bastone.

Giunti sul posto, i militari dell’Arma l’hanno effettivamente individuato mentre danneggiava il dehors del bar della Basilica. I turisti presenti sono andati via spaventati.

L’uomo ha rotto il vetro del frigorifero delle bevande del locale e sebbene invitato alla calma, l’extracomunitario ha continuato a rompere gli espositori e i cartelli pubblicitari.

Gli operanti a quel punto lo hanno circondato e disarmato e poi immobilizzarlo.

Il bastone è stato sottoposto a sequestro. L’uomo, arrestato, è orapiantonato per accertamenti presso l’ospedale “San Giovanni Bosco di Torino.

Il profondo rosso della cultura dopo il lockdown

Dopo il lockdown il mondo della cultura piemontese ha finalmente l’occasione per incontrarsi con le dovute “distanze” all’interno del Teatro Carignano di Torino per assistere all’evento che l’Osservatorio Culturale del Piemonte ogni anno riserva al racconto dei dati sulla cultura in regione.

 

Tuttavia, il Covid ha sparigliato le carte e il racconto del 2019 rimane solo sullo sfondo, divenendo lo scenario su cui emergono i numeri di un’urgenza: quella indotta dalle perdite del comparto culturale in Regione nei primi sei mesi del 2020. Il racconto degli effetti dell’emergenza Covid-19 diviene ancor più cruciale per un comparto caratterizzato da una cronica debolezza strutturale.

 

Come eravamo: da un 2019 nella norma a un 2020 dove ogni regola fa eccezione

Sulla scia degli anni che lo hanno preceduto, il 2019 in Piemonte non segna variazioni significative: cresce di poco il pubblico dei musei che arriva a sfiorare i 6 milioni e 680 mila ingressi mentre l’Abbonamento Musei, nell’anniversario dei suoi 25 anni, raggiunge quasi 130 mila tessere vendute e poco meno di un milione di visite effettuate; il cinema nel 2019 recupera le perdite in termini di spettatori e incassi dell’anno precedente e aumentano di poco raggiungendo quota 261 milioni le risorse messe a disposizione dall’insieme dei soggetti istituzionali che sostengono la cultura. Seppure il 2019 possa essere visto come un anno “nella norma”, nel contesto attuale, assume un suo ruolo come momento terminale di una serie precedente. Un “prima”, dopo il quale la cultura è obbligata a ripensarsi. Il 23 febbraio 2020 e il Decreto Legge n.6 (il primo di una serie di provvedimenti e misure per far fronte e contenere la pandemia sanitaria dovuta alla diffusione in Italia del Coronavirus) segna una cesura. Mai prima d’allora nella storia recente dalla Seconda guerra mondiale musei, biblioteche, cinema e teatri erano stati chiusi per un periodo così lungo.

 

Il monitoraggio degli effetti del Covid-19 sul comparto culturale piemontese

Sin da subito, all’inizio dell’emergenza Covid, l’Osservatorio Culturale ha predisposto un monitoraggio ad hoc rivolto agli operatori e alle organizzazioni del comparto presenti sul territorio regionale piemontese, con l’obiettivo di fornire un quadro di quali fossero gli effetti diretti e la dimensione complessiva dei danni economici arrecati al sistema culturale dalle misure restrittive adottate dal Governo. Cuore del monitoraggio sono state le 3 fasi di rilevazione dei dati che hanno seguito temporalmente le disposizioni ministeriali che si sono succedute e consentito di osservare passo dopo passo cosa stesse accadendo. Hanno preso parte alle tre fasi di rilevazione 958 soggetti attivi nel settore culturale regionale (operatori dello spettacolo dal vivo, musei e beni culturali, organizzazioni impegnate in eventi, biblioteche e archivi, centri culturali, imprese culturali ed erogatori di servizi al comparto). Un campione confrontabile di 246 soggetti su 958 ha aderito almeno alla seconda e alla terza fase di monitoraggio, consentendo di tracciare l’evoluzione delle difficoltà e di operare un raffronto tra i vari periodi di rilevazione. In base alle risposte fornite esclusivamente dai soggetti rispondenti, le perdite dichiarate ammontano a circa 36 milioni di euro, di questi 23,4 milioni (oltre il 65% del totale) sono riconducibili al campione confrontabile. Pesano sulle casse delle organizzazioni non solo le entrate mancate ma anche i costi sostenuti durante il periodo di chiusura e sospensione delle attività: 16 milioni di euro (11,3 dei quali riferiti al solo campione confrontabile). Le cifre maggiori sono riconducibili al patrimonio, ovvero ai musei e beni culturali (il costo medio sostenuto ammonta a circa 125.000 euro).

 

La stima delle perdite economiche del comparto culturale piemontese nei primi sei mesi del 2020

Oltre alle indicazioni derivate dai questionari, l’Osservatorio Culturale del Piemonte si è avvalso delle serie storiche riguardanti gli ingressi nei musei, gli spettatori e gli incassi relativi allo spettacolo dal vivo e all’esercizio cinematografico di tutta la Regione degli ultimi anni per determinare una stima delle perdite economiche riferita all’intero universo degli operatori e non solo al sottoinsieme dei rispondenti al monitoraggio. Si stimano in circa 50 milioni di euro i mancati incassi di tre comparti dell’offerta culturale regionale:

Musei: perdono tra i 19 e i 20 milioni di euro, ripartiti in una cifra attorno ai 14 Mln € per la sola città di Torino e attorno ai 6 Mln € per tutto il resto della Regione.

Spettacolo dal vivo: la perdita è stimata attorno ai 17,5 Mln di Euro (1,5 Mln da servizi non effettuati come laboratori, didattica, affitti, service a manifestazioni ecc. mentre i restanti 16 Mln € da mancati incassi da biglietteria, da ripartirsi in una quota attorno al 75% per la città di Torino e i rimanenti 4 Mln di Euro per il territorio regionale). Una forte variabilità nella cifra complessiva è relativa, anno per anno, ai grandi concerti pop che rappresentano macchine economiche di forte impatto. Inoltre, la stima sulle perdite del primo semestre non comprende la stagione estiva, ricca di eventi ma soprattutto di festival che intersecano i diversi settori, musica di generi differenti, teatro, danza, cinema.

Cinema: la perdita secca è stimata in circa 13,5 milioni di euro, se si tiene conto della media di incassi negli ultimi 5 anni, suddivisibili in circa 5,5 Mln € per Torino e 8 Mln € per il territorio regionale.

 

In questo conteggio non rientrano i contratti per forniture esterne che musei e organizzazioni di spettacolo dal vivo hanno interrotto verso le cooperative, le imprese di pulizie, i servizi didattici, tutte risorse che vengono a mancare all’insieme del comparto culturale e al suo indotto. Vanno aggiunti al conteggio anche gli operatori e le imprese che si occupano della produzione di attività culturali, dagli eventi all’organizzazione di mostre, alla valorizzazione dei beni culturali e del comparto che viene compreso nel termine imprese culturali e creative (con imprese che vanno dal design all’editoria, al comparto audiovisivo, ai videogames…). Considerando l’intero paesaggio, il computo delle perdite si estende ed emerge con evidenza come nel primo semestre si possa considerare già superata la soglia dei 100 milioni di euro.

 

Il lavoro culturale e l’emergenza degli invisibili

Il comparto culturale vede tra le fila dei propri lavoratori una forte presenza di soggetti non inquadrati nei contratti di dipendenza. Oltre alle partite Iva, i Co.Co.Co., ma anche lavoratori intermittenti (soprattutto dello Spettacolo Dal Vivo) con forme contrattuali che non permettono, nella gran parte dei casi, di essere inclusi nella platea dei destinatari di possibili sussidi. Lavoratori inquadrati, titolari di contratti regolari, che pagano tasse e contributi ma invisibili ai database degli istituti nazionali al momento di erogare forme di sussidio e aiuto, che si stima prossimo alle 300 mila unità  a livello nazionale.

Nei diversi rilevamenti degli effetti del COVID sull’occupazione culturale e con l’ultima rilevazione di maggio effettuata dall’Osservatorio è possibile confrontare come cambia la situazione per coloro che hanno risposto ai successivi questionari: la quota di coloro che hanno avuto accesso a forme di sostegno e di ammortizzatori sociali passa dal 10% della prima rilevazione al 29% della seconda e si attesta sul 44% nel terzo questionario, testimoniando l’allargamento progressivo della platea degli aventi diritto a forme di sostegno e di ammortizzazione delle perdite economiche. Si tratta per la maggior parte dei casi di Cassa integrazione ordinaria e in deroga o di Fondo integrativo salariale (poco più della metà in entrambe le rilevazioni). Seguono il bonus di 600 € (poco più del 20% nella seconda rilevazione, poco più del 30% nella terza), e la sospensione nel pagamento dei contributi, al 10% nella seconda rilevazione, sopra al 35% nella terza.

 

In tempo di distanziamento, la cultura abbraccia il digitale

Malgrado le plurime difficoltà, durante il lockdown le organizzazioni culturali hanno manifestato un comportamento reattivo per riaffermare la propria presenza in modo alternativo attraverso strumenti digitali e canali social. Certamente è aumentata la consapevolezza dell’importanza del digitale anche per quelle realtà culturali che per tanto tempo se ne sono tenute a distanza. Dai questionari compilati nel corso del monitoraggio risulta che il 64% dei rispondenti ha avviato iniziative, progettato o ideato contenuti per compensare la chiusura dei siti con un rapporto almeno virtuale con i propri pubblici. Una quota pari al 20% del totale ha prodotto contenuti nuovi espressamente progettati per il web, mentre per la maggioranza dei soggetti si è trattato di “spostare in rete” materiali già disponibili in formato digitale. Si evidenzia un balzo in avanti nell’uso del digitale e l’85% dei rispondenti ha reso disponibili le offerte digitali in maniera completamente gratuita. 

Vale la pena sottolineare anche l’importante ruolo dell’offerta digitale nel caso delle biblioteche: la stima di 220 mila prestiti mancati viene attenuata dal potenziamento dei servizi digitali presenti già prima del lockdown e offerti attraverso la piattaforma di MLOL: nei sistemi bibliotecari piemontesi in cui è attivo il servizio gli accessi nei mesi da marzo a giugno sono raddoppiati, tanto che nel primo semestre del 2020 sono stati quasi raggiunti gli accessi di tutto il 2019. Simile la crescita dei prestiti di e-book che nel 2019 sono stati circa 62 mila e nei primi 5 mesi del 2020 poco meno di 52 mila. Le consultazioni dei quotidiani e delle riviste in tutto il 2019 sono state di 1,3 milioni mentre alla fine di maggio 2020 erano poco meno di 1,1 milioni.

 

Sfide: fare i conti con pubblici, sostenibilità e missione che la cultura vuole avere

Il COVID si è abbattuto su di un comparto già in condizioni di sostenibilità precaria, indebolito da lunghi anni di crisi economica, caratterizzato da grande frammentazione interna e da un quadro normativo incompleto e contraddittorio. Oggi la cultura si trova a fare i conti con i costi del distanziamento sociale e le limitazioni che abbassano le soglie di pubblico in moltissimi casi ben al di sotto delle soglie di sostenibilità economica. Molte istituzioni e organizzazioni culturali dovranno ripensare da zero le forme di sostenibilità e ri-inventare nuovi business model. Come afferma Luca Dal Pozzolo, Direttore dell’Osservatorio Culturale del Piemonte: «Pensare a un pubblico più che dimezzato, non significa un automatismo nel chiedere più soldi allo Stato per ripianare le perdite, indipendentemente dalla natura dell’organizzazione, ma implica trovare un altro modello di sostenibilità, economica, sociale e culturale e ripensare completamente la propria missione. Il pubblico nelle sale non significa solo euro nelle biglietterie, ma è anche l’indicatore di come le risorse – e specie quelle pubbliche – vengano distribuite nel corpo sociale. La conquista del più vasto pubblico possibile è un compito etico delle istituzioni, oltre a essere l’indicatore dell’efficacia della redistribuzione delle risorse pubbliche nella società. Un’offerta culturale costretta entro dimensioni di pubblico ridotte al limite dell’elitario, deve necessariamente pensare a un diverso modo di diffondere la propria produzione culturale, se vuole mantenere margini di legittimazione sociale per la propria spesa e per la quota di parte pubblica».

Allasia: “L’Assemblea torna a riunirsi in aula”

 “Martedì 14 luglio il Consiglio regionale ritorna in presenza, finalmente un ritorno alla normalità”.

Il Consiglio regionale ritorna a lavorare con la presenza dei consiglieri in Aula a partire da martedì 14 luglio. Così è stato deciso dalla Conferenza dei capigruppo, in base alla proposta dell’Ufficio di presidenza.

“Finalmente un ritorno alla normalità, dopo il Covid-19. Il rientro dei Consiglieri nell’Aula di Palazzo Lascaris – spiega il presidente Stefano Allasia – è anche un segnale importante di ripresa, che oltre a rendere più agevoli i nostri compiti legislativi, spero rappresenti appunto l’inizio del rilancio del Piemonte in generale”.

Sono state adottate particolari  cautele: la capienza massima dell’Aula è ridotta a 60 persone  munite di mascherina (i consiglieri regionali sono 51, compreso il Presidente della Regione ed a questi possono aggiungersi degli assessori esterni).  Ogni fase dei lavori dell’Assemblea è stata studiata, a partire dall’accesso all’emiciclo per evitare assembramenti. La permanenza in Aula non può essere superiore alle tre ore consecutive e solo dopo una pausa di mezz’ora può ripartire la seduta.