Celebrare Messa non è un mestiere qualsiasi
IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni
Oggi ho partecipato su Facebook ad una Messa celebrata nella Basilica di Sant’ Antonio di Padova . Già altre volte mi era capitato di essere deluso , ma oggi la delusione è stata molto più forte
L’insistere costantemente sulla morte in agguato certo non aiuta chi è già ossessionato dalla pandemia. E’ un modo sbagliato di affrontare il tema. Dalla Chiesa ci si attende altro, una comprensione umana sulla fragilità della vita che, in momenti tragici come questi, cerchi di dare un po’ di fiducia e di serenità. Non si chiede del facile ottimismo,che sarebbe impossibile oltre che falso, ma almeno qualche parola in più sarebbe doverosa. Mi capitò anni fa di partecipare a due funerali lo stesso giorno in uno stesso ospedale e ascoltai la medesima omelia con la sola sostituzione del nome del defunto. Una routine da impiegato di banca, non da sacerdote che celebra in un momento importante della vita di altri uomini. Ho avuto modo di ascoltare di recente il
Cardinal Ravasi sulla pandemia e ho tratto dalle sue parole conforto illuminante. Il padre Antonio che celebra Messa nella Chiesa camilliana di “San Giuseppe “ di Torino, ha degli spunti sempre degni di riflessione , a volte persino ai limiti di un’ “eresia“ intimamente sofferta. In momenti come questi non occorrono dei don Abbondio, ma dei Padri Cristoforo che muoiono, assistendo gli apprestati nel lazzaretto.
Noi abbiamo vescovi che chiudono le chiese o parroci che sono costretti ad annullare le Messe perché colpiti dal virus. Non mi illudo, in una società appiattita all’insegna della mediocrità più banale, di trovare grandi sacerdoti. Io ad Alassio, a Pasqua, ne ho incontrato uno di grande umanità e di autentica e robusta religiosità. Lo conoscevo e lo
apprezzavo da tempo, ma non mi ero mai rivolto a lui per motivi religiosi.
Questi non sono tempi normali e anche i preti mediocri non debbono permettersi di ripetere banalità e superficialità che creano ulteriore sconforto. Devono essere più responsabili: sono i medici dell’anima. La morte è un tema tremendo, un tema molto individuale, molto drammaticamente privato, di fronte a cui ci sentiamo soli . Preti che ripetono le prediche degli anni precedenti e non si immergono nelle fragilità e nelle angosce umane di questi tempi, non sono adeguati ai momenti di ferro che viviamo. Non si tratta di chiudere preventivamente le chiese, si tratta di aprire i cuori, di essere vicini effettivamente a chi soffre e teme la morte. Cristo in croce ha dato conforto al buon ladrone che era al suo fianco. Io ho ritrovato le ragioni della fede rileggendo Manzoni. Che tristezza ascoltare preti che celebrano Messa come svolgessero un mestiere qualsiasi. Non pretendo Don Primo Mazzolari che parlava del suo fratello Giuda. Non pretendo il
Cardinal Martini, che pure mi sembro’ sempre abbastanza algido nella sua lucida cultura, mi accontenterei di un buon parroco di campagna abituato a convivere con le miserie e con il dolore umano . Non c’è bisogno di chiacchiere sociologiche e di predicozzi politici e pauperistici che lasciano il
tempo che trovano, ma c’è’ bisogno di humanitas cristiana, di un Agostino inquieto e peccatore e di non della fredda ragione tomistica che non non coglie il male di vivere di Montale e le inquietudini che rendono difficile il sonno ed increspano la squallida quotidianità,rubandoci la speranza e cancellando anche quella poca gioia di vivere che dava un senso alla vita. Forse mi manca il confronto con uno dei più grandi amici della mia vita Giovanni Ramella ,uomo di grande fede cristiana, che mi parlava dei suoi amori, delle sue speranze, delle sue donne con quell’umanità che solum era sua.
Era un uomo intero in cui la cultura si coniugava con la fede e tutte e due si fondevano con l’essere uomini. A volte parlavamo del grande latinista marxista Concetto Marchesi e della sua umanità, a volte lui mi parlava del suo maestro, il Cardinale Michele Pellegrino, che io, forse sbagliando, consideravo un intellettuale algido più che un pastore di anime. Giovanni Ramella in questi tempi bui sarebbe stato non solo un amico, ma una guida spirituale ineguagliabile.
(Nella foto in bianco e nero Quaglieni e Ramella)
La Prefettura e le banche
I carabinieri arrestano 4 persone
All’alba di oggi, in Moncalieri, 30 Carabinieri del Comando Provinciale di Torino, con il supporto dei colleghi del Nucleo Cinofili di Volpiano (TO) e del Nucleo Elicotteri di Volpiano (TO), hanno notificato un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Torino, su richiesta della locale Procura, nei confronti di 4 italiani ritenuti responsabili, a vario titolo, di sequestro di persona, rapina, estorsione, minaccia e lesioni aggravate e spaccio di sostanze stupefacenti.
L’indagine, condotta dai Carabinieri della Compagnia di Moncalieri, trae origine da una denuncia presentata, nel dicembre 2019, da un italiano di 32 anni, che era stato sequestrato e caricato su una macchina fuori da una discoteca dai suoi aguzzini, con la finalità di obbligarlo a lavorare per loro. Il giovane nell’occasione, riuscì a liberarsi e a scappare, gettandosi dall’auto in corsa.
Le successive indagini condotte dai Carabinieri hanno consentito di acclarare come i quattro appartenenti al gruppo criminale, che gestivano una florida attività di spaccio di sostanze stupefacenti presso alcuni locali pubblici della provincia di Torino, costringessero i loro clienti morosi in quanto in “ritardo” con i pagamenti della droga, a spacciare per loro al fine di ripianare i debiti contratti. In caso contrario la banda non esitava porre in essere raid punitivi con percosse e sequestri, impossessandosi talvolta anche dei loro beni personali, come auto e telefoni cellulari.
L’isola del libro
Rubrica settimanale a cura di Laura Goria
Valeria Parrella “Quel tipo di donna” – HarperCollins – euro 16,00
Questo è un breve romanzo on the road che, in poco più di 100 scorrevolissime pagine, racconta le avventure di 4 amiche che decidono di fare un viaggio in Turchia durante il Ramadan. Quattro giovani donne che non incarnano il tipo di persona che si trincera dietro una rassicurante serie di schemi prestabiliti: non temono la solitudine, non hanno bisogno di un compagno e affrontano la vita senza mai smettere di sperimentare e imparare.
Carola e Dolores, entrambe dei gemelli, sono spavalde, solari e allegre al limite dell’irresponsabilità; Camilla e la voce narrante sono invece due capricorni precise, quasi maniacali, organizzatissime e prudenti.
A legarle è una profonda amicizia e il mutuo soccorso quando la vita si fa più pesante. Sono insieme per metabolizzare una perdita tra le più dolorose, difficile da affrontare in solitaria. Lasciano in attesa a Napoli lavoro, figli o amori, e si ritagliano uno spazio tutto per loro.
Non sono donne tradizionali, amano sentirsi libere, escono da sentieri stereotipati, più che sulla programmazione del futuro si concentrano sul vortice del presente, sono profondamente autentiche, anche se piene di contraddizioni.
Soprattutto sono complici, sanno convivere con le loro fragilità e questo tour ha un alto valore liberatorio «Si stava così bene che ci fermammo molti giorni: la bellezza di questi viaggi è che hai un volo di partenza e uno di ritorno, e poi ci puoi costruire dentro il tempo come meglio viene…».
Viaggiano a bordo di una Mercedes bianca da camorrista, dormono in ostelli e improvvisano con modalità fricchettone; passano da una metropoli fascinosa e moderna come Istanbul ai cunicoli sotterranei dei Camini delle fate in Cappadocia, per arrivare alle coste dell’Antalia e nuotare insieme alle tartarughe.
Sono forti, indipendenti, un po’ incasinate, e vi entreranno nel cuore.
John Niven “La lista degli stronzi” – Einaudi- euro 17,50
Ha qualche appiglio nell’attualità l’ultimo romanzo dello scrittore scozzese 52enne John Niven, che imbastisce una trama fantapolitica, dissacrante, satirica e a tratti spietata, ambientata in un futuribile 2026 a stelle e strisce.
C’è molto Trump (e sue derive) in queste pagine in cui Ivanka è la prima Presidente donna degli Stati Unti d’America, dopo due mandati del padre (all’ennesimo matrimonio con una bellona, mentre Melania è morta in un incidente di elicottero).
Il paese è controllato dalla famiglia del tycoon e sprofonda nel conservatorismo più bieco; tra xenofobia ai massimi livelli, uso e possesso delle armi come norma, mentre conquiste come l’aborto sono state spazzate via.
Frank Brill è un ex reporter di 60 anni che la vita ha massacrato con immani tragedie, ed ora gli lascia pochi mesi da passare con un cancro che lo divora.
Vive da solo a Schilling nell’Indiana e non ha dubbi su cosa fare nel poco tempo che gli resta. E’ solo, non ha più niente da perdere, stila una lista di bersagli – tra il personale e il politico- e parte deciso per ammazzarli.
Man mano che procede nei nuovi panni di spietato serial killer scopriamo le ferite della sua tragica esistenza.
Tre mogli, 2 figli e la morte sempre pronta ad aggredire i suoi affetti più cari.
Nella scuola dove insegnava la moglie Pippa e studiava il loro figlio di 5 anni Adam, un pazzo si è messo a sparare all’impazzata, facendo una carneficina che ha falciato anche loro.
Quando Frank li seppellisce, si rifà viva la figlia 15enne del secondo matrimonio, Olivia, con la quale non parlava da tempo. Riallacciano i rapporti, ma la ragazza muore 7 anni dopo, dissanguata in seguito a un aborto clandestino e illegale.
Brill di conti da saldare ne ha almeno 5: dal professore di educazione fisica che aveva violentato il suo carissimo amico poi morto suicida, al secondo marito della ex moglie, un bieco dentista che l’aveva derubata e fatta finire distrutta dall’alcol.
Fin qui le questioni strettamente private…poi ci sono anche i responsabili politici di nefandezze e decisioni che sono all’origine dei suoi lutti; come l’uso indiscriminato delle armi o la pratica dell’aborto fuorilegge …fino a d arrivare ancora più in alto.
Un romanzo ad alto tasso di adrenalina che è anche una feroce critica della politica americana.
John Banville “Le ospiti segrete” -Guanda- euro 19,00
Questa volta il pluripremiato scrittore irlandese indaga sul privato della famiglia reale inglese sullo sfondo di una pagina storica drammatica.
Siamo nel 1940 e Londra si disfa sotto i pesanti bombardamenti tedeschi; la famiglia reale vuole stare accanto al popolo dilaniato, ma si pone il problema di mettere in salvo le due principesse Elizabeth e Margareth che all’epoca avevano 14 e 10 anni.
Il luogo più idoneo sembra l’Irlanda, rimasta paese neutrale in una guerra che metterà in ginocchio mezza Europa.
E’ così che le loro maestà vengono spedite, in gran segreto e sotto nomi fittizi, nella maestosa dimora di Clonmillis Hall, del Duca di Edenmore, che è un parente alla lontana della famiglia reale.
Il romanzo è il racconto del periodo in cui “Ellen” e “Mary” si trovano per la prima volta lontane dai genitori, affidate all’agente dell’MI5, Celia Nashe (che finge di essere la loro governante) e al detective angloirlandese Strafford.
La Repubblica d’Irlanda è si neutrale al conflitto mondiale, ma per nulla ben disposta verso la Gran Bretagna… e l’identità delle due fanciulle non può essere nascosta a lungo.
Mentre loro vanno alla scoperta dell’augusta dimora che le ospita, manifestano già le diverse inclinazioni dei loro caratteri e si scontrano in svariati litigi. Elizabeth è abilissima a cavalcare e dimostra una sorprendente forza d’animo; mentre Margareth è più capricciosa e indolente.
Poi le cose si movimentano perché iniziano a circolare voci sulla loro presenza. Se la notizia dovesse arrivare all’IRA, la loro incolumità sarebbe a rischio e con essa la Corona stessa.
A infittire la trama aggiungete poi imboscate e incendi, la presenza di un’arcigna governante, del diplomatico britannico Richard Lascelles, e di un fattore enigmatico che piace ad entrambe le fanciulle ma che non se le fila per nulla…..
Suad Amiry “Storia di un abito inglese e di una mucca ebrea” -Mondadori- euro 18,00
La scrittrice e architetto palestinese Suad Amiry affida alle pagine di questo romanzo la storia delle vite dell’ 84enne Shams e dell’86enne Subhi, che le hanno aperto i loro cuori e affidato le loro memorie. Due personaggi che sono l’emblema della tragica storia di un intero popolo e della catastrofe che segnò l’esproprio violento delle terre e delle proprietà dei palestinesi da parte dello stato di Israele. L’autrice dedica il libro a suo padre e a tutti quelli che sono morti nella diaspora palestinese degli anni 40.
L’avvio del romanzo risale al 1947 quando la Palestina era amministrata dagli inglesi e Giaffa era una città fiorente e carica di promesse, che viveva di coltivazione di arance e commerci vari. Allora era possibile imbastire i sogni di una vita su misura, come faceva il geniale ragazzino Subhi che smontava e riassemblava qualunque oggetto puntando a diventare il meccanico più abile di Giaffa. Quando risolve un problema di irrigazione per un ricco uomo d’affari, questo lo ricompensa regalandogli un abito su misura di pregiata stoffa inglese, ed è intorno a questo grande tesoro che si sviluppa la storia di Subhi. Sogna di indossarlo al suo matrimonio con la ragazzina che gli ha preso il cuore, Shams.
Ma la Storia si mette di mezzo: nel 1948 il governo britannico pone ufficialmente fine al mandato sulla Palestina ed esplodono le tensioni tra arabi ed ebrei.
La superiorità militare degli ebrei è evidente e la vita di milioni di persone viene stravolta. Attentati, espropri, stupri e violenze inaudite mettono in fuga gli abitanti di Giaffa: in molti muoiono, le famiglie vengono smembrate e chi sopravvive si vede portare via tutto e relegare in ghetti in cui gli arabi vengono confinati.
La vita di Subhi viene stravolta e a lui rimane l’abito inglese e il sogno d’amore per Shams.
Alla ragazzina il destino riserva la separazione dai genitori, l’apparizione di una mucca “ebrea” la cui macellazione sarà fonte di guai e due sorelline terrorizzate.
Le loro tragedie private si innestano sulle pagine di storia che vedono arabi da una parte, ebrei e nascita dello Stato di Israele dall’altra: pagine intrise di sangue, sofferenza e perdite devastanti.
Ragazze e ragazzi di Respira Torino mettono in scena spettacoli aperti ad artisti di ogni tipo. Il palco? Una finestra in Borgo Rossini. E il virus non li ha fermati
Affacciati alla finestra e dimmi chi sei. «Molte cose nascono per caso, ma quella casualità, talvolta, è sospinta da una propulsione, dall’energia che orbita attorno ai corpi che la innescano. Respira Torino nasce così», scrive in uno dei suoi componimenti Moise, studente e poeta che dell’iniziativa è stato tra i fondatori. Respira Torino è un progetto culturale il cui embrione va ricercato sui prati del parco del Valentino. Lì un gruppo di ragazze e ragazzi si radunava – era l’estate 2019 – per ascoltare proprio i versi di Moise. Ispirava, quell’atmosfera decameronesca. Così nacque l’idea: “Creiamo un palco”. La scelta, inconsueta, ricadde su una finestra al 48 di via Modena, nel cuore di Borgo Rossini. Uno spazio aperto su un pubblico composto primariamente dai passanti, che per caso si sarebbero imbattuti nelle esibizioni degli artisti. «Il primo spettacolo, a ottobre di un anno fa, è stato preparato in pochissimi giorni. Ma dopo averlo finito ci siamo detti: si è creato qualcosa per cui varrà la pena spendere del tempo», ci dice Roberto Luis, che del progetto è stato fin da subito l’anima organizzativa.
Respira Torino è uno spettacolo composto da molte arti: musica, poesia, danza, teatro, letteratura si mettono in scena attraverso i corpi, le voci e i movimenti di ragazze e ragazzi che alla finestra si alternano. Tutti accomunati da un tema. così l’esperienza poliartistica si mostra coerente nel suo svolgimento. «Ognuno dà un’impronta unica e privata dell’arte che offre, dimodoché dalla nostra finestra si possano udire molteplici ed eterogenee passioni», raccontano gli organizzatori, al momento undici universitari, artisti che danno voce ad altri artisti.
Unica e privata, l’arte così intesa è una finestra: tutti da essa si possono affacciare per dare al mondo un assaggio di sé. E’ questa l’idea che si cela dietro agli eventi, che nei piani di chi li mette in scena dovrebbero tenersi una volta al mese. Così è stato da ottobre a dicembre 2019. Poi la pandemia ha sconvolto i piani, e il ritorno alla cornice di via Modena – già fissato per marzo – è stato rimandato a data tutt’ora da destinarsi.
Nel frattempo il gruppo non è rimasto immobile. Con #RespirodaCasa, Respira Torino si è messo in scena attraverso i social: gli artisti si ritraevano in video e poi venivano trasmessi su Instagram durante le loro performance. L’iniziativa ha avuto un discreto successo: l’account del progetto gode infatti di buona notorietà tra gli universitari torinesi. Da giugno in poi, si è tornati dal vivo. Con le dovute precauzioni – muniti di mascherina, all’aperto e a distanza -, ragazze e ragazzi hanno animato l’Associazione Culturale Qubì (anch’essa con sede in Borgo Rossini) e poi l’Associazione Culturale Comala, in corso Ferrucci, quartiere Cit Turin. D’altronde il radicamento territoriale nell’area del Campus Einaudi non vuole essere un limite alle possibilità di espansione del progetto. Che addirittura punta a riprodursi in altre città.
Così ci racconta Roberto Luis: «Per noi il futuro è già qui, siamo sopravvissuti con entusiasmo al primo anno e ora ci stiamo rilanciando, nonostante la pandemia ci abbia tolto una vera interazione con il pubblico. Vogliamo partecipare ai bandi che il Comune ci offrirà e aumentare e consolidare le collaborazioni esterne. Ma anche trovare nuovi palchi in cui esibirci, in attesa di tornare in via Modena».
L’altro grande obiettivo di Respira Torino – che sta portando avanti anche un progetto fotografico con Vincenzo Solano, collaboratore de Il Torinese – è diventare un’associazione: «Era uno dei pilastri che ci eravamo dati: ora vogliamo portarlo a compimento». Il passaggio, assicurano gli organizzatori, non farà perdere a Respira l’animo del laboratorio. Alla finestra continueranno a incontrarsi arti della più diversa specie e artisti con qualcosa da raccontare. In uno spirito di ragionata collaborazione. In un incontro che è soprattutto condivisione di molteplici sguardi sul mondo.
“No alla repressione e alle reclusioni ingiuste dei NoTav”
Da oggi la compagna Nicoletta Dosio è tornata in libertà dopo aver scontato la condanna a un anno di reclusione per aver partecipato, nel lontano 2012, a una pacifica protesta No Tav. “Una condanna ingiusta, assurda così come ingiuste e assurde sono le innumerevoli misure restrittive emanate nei confronti di attivisti Notav rei di aver difeso la Valsusa da un’opera distruttiva e inutile” sostiene Ezio Locatelli, segretario provinciale Prc-Se di Torino. “Un’opera – continua Locatelli – che si vuol portare avanti, costi quel che costi, ricorrendo non solo a operazioni truffaldine ma fomentando la repressione di chiunque faccia opposizione. L’AV Torino Lione, come ogni altra grande opera, fa parte dell’espansionismo del capitale. Contro questo espansionismo che non si fa scrupolo di distruggere un intero territorio è giusto condurre una ferma opposizione. Oggi è un giorno di gioia per la fine di una reclusione ingiusta, una reclusione che Nicoletta ha affrontato con grande dignità e a testa alta, nella consapevolezza delle insopprimibili ragioni del movimento NoTav. In ogni caso il suo ritorno in libertà non cancella l’ingiustizia nei confronti suoi e di tanti altri attivisti perseguiti o messi in carcere per la loro disobbedienza attiva a un’opera speculativa. Non c’è repressione che possa fermare una lotta giusta. Libertà per tutti i NoTav. Avanti con lotta
Il Piemonte e la sua nazionale di calcio
Le soste della Nazionale non servono solo per stilare i primi bilanci della stagione e per il calciomercato: aiutano la nostra memoria a non dimenticare il glorioso passato ed i record calcistici stabiliti dai 2 club torinesi Juve e Toro.
Oggi però mi piace stilare l’11 calcistico ideale dell’altrettanto ideale squadra del “Piemonte calcio” composta da 11 giocatori in attività nati rigorosamente in Piemonte. Nessuna secessione per carità!! Solo un gioco per una squadra davvero competitiva.
Allenatore il grugliaschese Gianpiero Gasperini col modulo 4-4-2
La nazionale piemontese avrebbe nell’attacco il suo punto di forza: Lapadula (padre pugliese, madre peruviana ma nato a Torino) e Giovinco per l’usato sicuro, Kean e Parigini per un futuro roseo. A centrocampo il faro sarebbe senz’altro il torinese Jacopo Segre.In porta l’emergente Portiere del Benevento Montipò nato a Novara.
Montipò; Cacciatore, Cassani, Ariaudo, Barreca;Segre, Marrone; Parigini, Lapadula, Kean, Giovinco
Vincenzo Grassano
Si amplia così la possibilità per i cittadini che potranno effettuare il test antigenico con prenotazione del medico di base. Cirio e Marnati: “Continuiamo a potenziare la macchina dei laboratori e degli hotspot per velocizzare le diagnosi e la certificazione delle guarigioni”
Puntare sui test rapidi per aumentare la potenzialità di screening e diagnosi: da lunedì grazie al lavoro della Regione Piemonte e delle Asl si amplia la platea di cittadini che potranno effettuare, solo ed esclusivamente su prenotazione dei medici di medicina generale, i tamponi rapidi naso-faringei in uno degli hotspot dedicati predisposti sul territorio regionale.
In aggiunta al “drive” ad accesso in auto attivo da sabato 14 novembre all’Allianz Stadium di Torino, sarà possibile effettuare il test antigenico rapido in altri 11 punti (accessibili a bordo dell’auto o a piedi): Novara (in viale Roma 7) – Vercelli (presso la piastra ambulatoriale, largo Giusti 13) – Orbassano (Torino) presso il Polo didattico universitario regione Gonzole 10 – Avigliana (Torino), Via Sant’Agostino 5 – Carmagnola (Torino) piazza Manzoni 10 – Cavagnolo (Torino) presso il Palazzetto dello sport, via XXIV Maggio 35 – Moncalieri (Torino), Via Vittime di Bologna 20 – Nizza Monferrato (Asti), piazza Garibaldi 14 – Omegna (Vco),via 4 Novembre 294 – Pinerolo (Torino), Viale grande Torino 7 e Venaria Reale (Torino) via Don Sapino 152.
Intanto per i primi due giorni di attività le prenotazioni all’hotspot allestito nel parcheggio dell’Allianz Stadium riguardano cittadini provenienti non solo dalle Asl di Torino (Asl Città di Torino, Asl Torino 3, Asl Torino 4 e Asl Torino 5), ma anche dalle Asl di Alessandria, Asti e Vercelli.
I risultati dei test rapidi naso-faringei sono disponibili circa 15 minuti dopo l’esecuzione. In caso di positività vengono attivate immediatamente le misure di isolamento previste dal protocollo sanitario e, subito presso l’hotspot, viene eseguito il tampone molecolare per la conferma della positività (ad eccezione dei contatti stretti di casi Covid già accertati per i quali, secondo quanto previsto dalla circolare del Ministero della Salute, in caso di tampone rapido positivo la validità del test è immediata e caricata direttamente sulla piattaforma Covid regionale).
“Ad agosto – spiega il presidente della Regione Piemonte Alberto Cirio – con una gara fatta insieme al Veneto abbiamo acquistato quasi due milioni e mezzo di tamponi rapidi per il nostro sistema sanitario pubblico. Li stiamo usando soprattutto per mantener sicure le nostre RSA e residenze anziani, monitorando ogni due settimane tutti i loro ospiti e dipendenti, ma anche per velocizzare le diagnosi e la certificazione delle guarigioni, in modo da supportare e alleggerire il sistema dei laboratori e dei Sisp e dare una risposta più immediata a tutti i cittadini che necessitano del tampone”.
“In questi giorni si aggiungono a tutti gli hotspot per i tamponi molecolari del Piemonte nuovi punti dedicati per i test rapidi – afferma Matteo Marnati, assessore regionale alla Ricerca Covid –. Continuiamo a potenziare la macchina dei laboratori e degli hotspot per testare il maggior numero possibile di persone, con il grande impegno dei medici e degli infermieri che lavorano nelle nostre Asl”.
Intanto in questi giorni altri 4 laboratori per processare i tamponi molecolari sono stati aggiunti ai 28 già esistenti in Piemonte, per un totale di 32 (21 pubblici e 11 privati).
AGGIORNAMENTO
Ai 12 hotspot per i tamponi rapidi naso-faringei che saranno operativi da lunedì 16 novembre – già comunicati nelle scorse ore – se n’è aggiunto un tredicesimo, che da lunedì sarà operativo a Borgosesia (Vc), presso l’ospedale in via Ilorini Mo 19.
Da martedì 17 novembre saranno operativi altri 4 punti: Valenza (Al) Viale Santuario 76 – Tortona (Al), via Milazzo 1 – Acqui Terme (Al) via Alessandria 1 e Borgomanero (No), via Volontari del sangue fronte parcheggio.
Nei prossimi giorni verranno poi attivati altri 5 punti: a Cuneo, Bra(Cn) Mondovì (Cn), Savigliano (Cn) e Biella.
Ho conosciuto Maura Maffei a Casale Monferrato in libreria, casualmente, la fine dello scorso anno e ho appreso da lei in persona della storia misconosciuta riferita alla decisione di Winston Churchill chiamata Collar the Lot ( metteteli al guinzaglio ) che il 2 luglio 1940 portò alla tragedia dell’ affondamento dell’ Arandora Star con a bordo 805 italiani e non solo, deportati in seguito alla decisione presa da Benito Mussolini di dichiarare guerra alla Gran Bretagna.
Tutto questo e di più è raccontato nel suo bellissimo romanzo storico ”Quel che abisso tace” (edizioni parallelo 45, 2019 pagg.341 €.13) che ho finito di leggere in questi giorni. In questo periodo di quarantena forzata e claustrale a causa del Covid-19 e dell’ ”affondamento sociale economicoe civile” che ne è seguito, le storie di vita dei naufraghi narrate nel romanzo in prima persona, mi hanno costretto a una forma particolare di identificazioncognitiva.
Considerarmi mio malgrado naufrago tra i naufraghi, a riflettere sull’ineluttabilità dell’infausto destino collettivo e soprattutto sulle conseguenze sociali e individuali della discrezionalità del potere, sul rapporto tra quest’ultimo e la sua influenza sulle ragioni etiche del bene e la persistenza del male con la sua anessa banalità morale ( Hannah Arendt ”La banalità del male. Il processo a Adolf Eichmann a Gerusalemme”) e l’etica della scelta sociopolitica di governo di ieri e di sempre. ”La convinzione che il comune egoismo normalmente induca gli uomini dall’indulgere agli impulsi aggressivi del tutto indipendentemente dagli interessi degli altri ”(Christopher Lasch, ”L’ Io minimo. La mentalità della sopravvivenza in un epoca di turbamento” Universale Economica Feltrinelli, Milano 1996 pag.156 ) non è garanzia di libertà anche nel senso cristiano evidenziatoda Franz Rosenzweig nella ”Stella della Redenzione”. Così è per il giornalista piemontese emigrato nella perfida Albione Cesare Vairo di fedeltà al regime parente della scrittrice e per l’apolitico personaggio di ‘fantasia’ Oscar Dell’Ongaro entrambi compressi nel conflitto lacerante di diverse identità e comuni sofferenze. Se la Shoah ha giustamente il marchio terribile dell’unicità del Male Assoluto nulla ci esenta anzi a maggior ragione tutto ci obbliga a ricordare i tanti dimenticati Olocausti che gli si affiancano nel passato più o meno recente e nel presente. A monito per il futuro. E chiudo con una citazione di William James a commento finale dell’ importante opera letteraria di Maura Maffei: ” La moderna deificazione della mera sopravvivenza, una sopravvivenza che rinvia a se stessa, nuda e astratta, con la negazione di una qualsiasi sostanziale eccellenza in ciò che sopravvive, tranne la capacità di una misura ancora maggiore di sopravvivenza, é senz’altro la tappa intellettuale più strana mai proposta da un uomo a un altro uomo”.
Aldo Colonna