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Anche gli artisti Studiano: l’equipollenza Albertina

Torino e la Scuola

“Educare”, la lezione che ci siamo dimenticati
Brevissima storia della scuola dal Medioevo ad oggi
Le riforme e la scuola: strade parallele
Il metodo Montessori: la rivoluzione raccontata dalla Rai
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Studenti torinesi: Primo Levi al D’Azeglio
Studenti torinesi: Giovanni Giolitti giobertino
Studenti torinesi: Cesare Pavese al Cavour
UniTo: quando interrogavano Calvino
Anche gli artisti studiano: l’equipollenza Albertina

 

10 Anche gli artisti Studiano: l’equipollenza Albertina

Da bambina volevo fare la paleontologa. Un giorno però mi resi conto che quella passione era sì grande ma non abbastanza stimolante, così mi ritrovai a rimuginare su che cosa mi coinvolgesse veramente. Non ci misi poi molto a capire che ciò che mi rendeva davvero felice era “creare”, “inventare”, utilizzare le mani per rendere visibili i mie pensieri; disegnavo molto, mi piacevano tutti i tipi di colori, dalle matite, ai pennarelli, agli acquerelli, mi divertivo a copiare i personaggi dei cartoni animati ma ricordo anche che mi cimentavo a riprodurre le illustrazioni dei libri sugli animali, soprattutto quelli marini.
Crescendo i miei interessi di bambina maturarono con me. Al disegno si affiancò la curiosità per la storia degli artisti e delle loro opere, al bisogno di manualità si affiancò quello della ricerca intellettuale e al desiderio creativo corrispose un giusto studio degli autori del passato, poiché se prima non ci si confronta con il passato come si può dire la propria sul presente?
Cosa vogliamo fare da grandi in realtà lo decidiamo da piccoli. In quegli anni in cui l’ingenuità la fa da padrone, quando il mondo fuori appare così enorme da pensare che ci sia sicuramente posto anche per la realizzazione del nostro desiderio, in quel lasso di tempo durante il quale convinzioni e obiettivi si fondono, ci mettevamo le mani sui fianchi, a mo’ di Superman, e affermavamo impettiti: “Io da grande sarò…”

Volevo fare l’artista. Ecco, l’ho detto, l’ho confessato. E forse sarebbe stato meglio se fossi rimasta dell’idea di diventare paleontologa. Ma quelli nati sotto il segno dell’ariete, come me appunto, sono noti per la loro testardaggine e una volta che si mettono in testa una cosa, non c’è niente che li faccia desistere. Decisi quindi che avrei frequentato l’Accademia Albertina di Belle Arti di Torino, e questa mia ineluttabile convinzione si alimentava giorno dopo giorno, quando, uscendo dal Gioberti, andavo a prendere il pullman per tornare a casa proprio alla fermata davanti all’ingresso dell’istituzione artistica e vedevo tutti quei ragazzi “strani”, con i capelli colorati e i vestiti alternativi, armati di grosse tele o altrettanto scomode cartelline contenenti chissà quali opere. Non c’erano dubbi: quello doveva essere il mio mondo.
Oggi, quando mi chiedono se consiglierei a qualcuno di iscriversi in Accademia mi viene da storcere un po’ il naso, non di certo per la preparazione che la scuola offre, su cui non ho assolutamente nulla da obiettare, quanto per l’impatto con “il mondo vero” che si deve affrontare al termine degli studi. Al contrario, quando mi viene domandato se, potendo tornare indietro, rifarei la stessa scelta, la risposta è immediata: certo che sì.

L’ “Università dei Pittori, Scultori e Architetti”, è presente a Torino già dalla prima metà del Seicento, nel 1652 prenderà il nome di “Compagnia di San Luca”, la quale, a sua volta, verrà poi nominata “Accademia dei Pittori, Scultori e Architetti” per volere di Maria Giovanna Battista di Savoia-Nemours, vedova di Carlo Emanuele II, che si ispirò volutamente alla Académie Royale de Paris.
Dopo circa un secolo dalla prima fondazione dell’istituzione, iniziano le riforme del regno di Vittorio Amedeo III, il quale porta avanti una politica di promozione e di aggiornamento culturale; tra i primi provvedimenti che inaugurano tale periodo, nel 1778 viene costituita la “Reale Accademia di pittura e scultura”.

Successivamente Carlo Alberto, grande appassionato d’arte e uomo di raffinata cultura, decide, nel 1833, di riformare tale istituzione, denominandola “Regia Accademia Albertina”.
Sempre grazie al sovrano, la sede della scuola per gli artisti trova la sua sistemazione definitiva in un palazzo donato proprio da Carlo Alberto, situato in Via Accademia Albertina 6. Al luogo di formazione si affianca una pinacoteca, con scopi prevalentemente didattici, i cui dipinti sono stati per la maggior parte donati da Monsignor Mossi di Morano, tra questi è il caso di segnalare la preziosa pala d’altare di Filippo Lippi. In pochi anni la pinacoteca si arricchisce di opere, non solo quadri, ma anche varie riproduzioni in gesso di statue in bronzo, marmo o terracotta e diversi volumi preziosi, stampe pregiate, schizzi e fotografie di grande valore, ampliando così la sua originaria funzione e diventando a tutti gli effetti anche gipsoteca e biblioteca.
Tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento l’Accademia è un luogo d’avanguardia per qual che riguarda la particolare transizione artistico-culturale che dal realismo porta alle nuove correnti artistiche, a sostegno di tale affermazione basti pensare alla presenza all’interno della scuola di artisti quali Antonio Fontanesi, Giacomo Grosso, Vincenzo Vela, Odoardo Tabacchi ed Edoardo Rubino.

Successivamente, intorno agli anni Quaranta del Novecento, l’Accademia si trova di nuovo a vivere un periodo di particolare prestigio, grazie al lavoro di altre personalità illustri che sostennero l’importanza della scuola, tra di essi mi piace ricordare Felice Casorati, Enrico Paulucci, Francesco Menzio, Sandro Cherchi, Mario Calandri.
Questi nomi altisonanti dovrebbero bastare per far capire che, quindi, anche gli artisti studiano, e molto.
Negli ultimi anni l’edificio ha subito molti restauri e interventi di modifica soprattutto degli spazi laboratoriali. Anche la Pinacoteca è stata riorganizzata e resa più fruibile al pubblico.
Non solo in passato, ma ancora tutt’oggi gli studenti dell’Accademia hanno la fortuna di studiare a contatto con importanti nomi di artisti o personalità rilevanti nel settore, due esempi per tutti, gli storici dell’arte contemporanea Luca Beatrice e Maria Teresa Roberto.
Prima di proseguire ci terrei a soffermarmi sul motto dell’Accademia, che è “J’attends mon astre”. Carlo Alberto, nel 1843, fece incidere tale frase su una medaglia in cui era riprodotto un sigillo del 1373 appartenuto ad Amedeo VI di Savoia, detto il Conte Verde. La versione originale in francese antico era “Je atans mon austre”.

Sulla medaglia si vede una sfinge con Calea, abbassata sul volto con maschera di Scimmia. La sfinge schiaccia col corpo un serpente (l’Austria) e ha il collare di catene spezzato, attorno il motto “Je atans mo: astre”. Si potrebbe incominciare un interessante quanto complesso discorso a proposito dell’Ordine dei Cavalieri del Leone e della Scimmia, misteriosa associazione costituita in Germania verso il 1780, ramo della massoneria templaria, diretto discendente di un ordine templare dell’ XI secolo, ma le fonti sono assai poche e poi si andrebbe eccessivamente fuori argomento, vi basti sapere che in massoneria il leone rappresenta il potere e la gloria, mentre la sfinge è sinonimo di mistero esoterico.
Ora posso dire che il mio sogno di ragazzina è stato realizzato per ben cinque anni, sia durante il Triennio di Scenografia, e soprattutto durante il Biennio Specialistico di Decorazione.
Per tutta la durata della mia Alta Formazione Artistica (questa la definizione ufficiale del corso accademico) mi sono sentita totalmente coinvolta in quella realtà così peculiare, ho dato tutta me stessa sia nello studio sia nella realizzazione degli elaborati; mi preme tuttavia sottolineare che far parte di quella realtà non si esaurisce nel solo ruolo di studente, frequentare l’Accademia vuol dire rimanere in laboratorio quasi tutti i giorni fino a tardi, finché la scuola chiude, o, talvolta, “tagliare” e andare al bar di fronte, dove però ci si incontra con altri compagni di scuola e con cui si discute di arte, di artisti, di mostre da andare a visitare; e poi ci sono i mesi in cui fa bel tempo e il luogo di ritrovo diventa il cortile, dove si chiacchiera, si studia, si disegna, si fa amicizia con i ragazzi di altri corsi, ed è sempre tutto un continuo “crescere senza accorgersene”.

Sono sempre stata conscia della mia scelta di studi poco ortodossa, ci ho sempre scherzato sopra, sia con gli amici che mi dicevano che frequentavo “la scuola del pongo”, sia con i miei compagni di corso, con i quali ridevamo riguardo al difficile trasporto dei nostri lavori sui pullman (tra cui modellini in scala in compensato o tavole formato minimo 50×70 cm), oppure per quei fogli scritti a penna appiccicati alla porta della classe con scritto che la lezione era stata rinviata, peccato che noi eravamo carichi come muli e la lezione doveva tenersi all’ultimo piano senza ascensore.
Sono molti i ricordi che mi porto appresso, troppi da raccontare. Così come sono numerose le persone che ringrazio di aver incontrato, tra compagni e professori, che più o meno inconsciamente hanno contribuito alla mia formazione e alla mia crescita intellettuale e personale. Con loro ho condiviso non solo le fatiche degli esami e la preparazione delle due tesi, ma anche momenti di vita quotidiana, con loro ho parlato dei miei dubbi e delle mie idee, di cosa mi capitava nel frattempo al di fuori del laboratorio e a mia volta li ho ascoltati, studenti e docenti, cercando di carpire gli insegnamenti che sempre sono presenti quando il dialogo è vero e privo di barriere.

Ma tutto ha un prezzo e quello che sto ancora pagando io per aver perseguito i miei desideri si chiama “equipollenza”.
Non sto nemmeno a spiegarlo, dopo la tesi specialistica (110 su 110 e lode) non ci ho messo tanto a capire che il “momento artista” era terminato e che ora c’era “il mondo vero” da affrontare.
Permettetemi l’espressione colloquiale, ma è stata proprio “una bella botta!”
Reimpostare la bussola significa doversi guardare dentro, questa volta con la maturità intellettuale di un’adulta e non più con la frivolezza dell’adolescenza, accettare i proprio successi così come i propri errori, rimuginare ancora sul dove si vuole andare e soprattutto sul come arrivarci.
Il mio nuovo percorso aveva il sapore amaro dell’accettazione dei miei limiti, ma come sappiamo i fiori non nascono dai diamanti, e da quei pesanti pensieri è sorto il nuovo e attuale obiettivo di diventare insegnante di arte.

Ma torniamo a noi e a quella strana parola: “equipollenza”.
Se vi chiedessi che differenza c’è tra uno studente dell’Accademia di Belle arti e uno dell’Università, cosa rispondereste? Non è una barzelletta, è una semplice riflessione. In entrambi i casi si pagano le tasse universitarie, si viene immatricolati, gli studenti sono tenuti a frequentare le lezioni e a sostenere gli esami a cadenza regolare, i sacrifici delle famiglie per mantenere gli studi dei figli sono gli stessi da una parte e dall’altra eppure la situazione non sembra così semplice. Certo, siamo nella patria della burocrazia e tutto ruota attorno a cavilli e terminologie che hanno tutta l’aria di essere delle vere e proprie prese in giro, ma la questione resta: chi esce dall’Università ha una “Laurea” mentre chi ha frequentato l’ Accademia o il Conservatorio ha un “Diploma di Secondo Livello”. E, cari lettori, non avete idea di quando quel termine “diploma” possa risultare fastidioso dopo cinque anni di studio e fatica.
La lotta dei titoli tra Università e istituzioni AFAM è tutta dibattuta a suon di norme e leggi e va avanti dagli albori del tempo. Ma come in tutte le battaglie a rimetterci sono sempre i poveri fanti appiedati. Nella Legge 509 del ’99, che assegna alle istituzioni dell’Alta Formazione Artistica e Musicale un ruolo centrale nel sistema formativo italiano, si legge che: “L’Accademia con la riorganizzazione dell’assetto didattico, pedagogico, tecnologico ha perseguito l’intento di privilegiare anche il diritto allo studio. I corsi presenti (…) dialogano efficacemente con il variegato e affascinante mondo delle sperimentazioni (…). Appare sempre più evidente che produzione dell’arte ed elaborazione teorica non possono più essere viste come funzioni distaccate, ma devono divenire patrimonio comune di un fare e di un sapere contemporaneo in grado di sostenere il confronto dialettico con la complessità. Oggi, infatti, inevitabilmente i campi si intrecciano, poiché non esiste produzione senza riflessione teorica, né teoria che possa prescindere dalla creatività.“

Il sistema AFAM è costituito dai Conservatori statali, dalle Accademie di Belle Arti (statali e non statali), dagli Istituti musicali ex pareggiati promossi dagli enti locali, dalle Accademie statali di Danza e di Arte Drammatica, dagli Istituti Statali Superiori per le Industrie Artistiche, nonché da ulteriori istituzioni private autorizzate dal Ministero al rilascio di titoli aventi valore legale.
I titoli di Alta Formazione Artistica e Musicale hanno valore legale equiparato ai titoli universitari. Detto così sembra proprio che si possa dire che “siamo pari”, ma a tutti gli effetti non è così, come ben si evince, ad esempio, dal fatto concreto degli sconti sull’acquisto dei libri: gli studenti delle Accademie non ne possono quasi mai beneficiare poiché “quella non è Università”.
In attesa del completamento del processo di riforma del sistema AFAM, la costituzione di nuove istituzioni statali è possibile esclusivamente attraverso specifiche disposizioni di legge.
Il “contentino” ci è stato dato grazie alla Legge 228 del 24/12/2012, Art. 1, Commi da 102 a 107, in cui si attesta che, “al fine esclusivo dell’ammissione ai pubblici concorsi per l’accesso alle qualifiche funzionali del pubblico impiego per le quali ne è prescritto il possesso, è dichiarata l’equipollenza dei titoli di studio rilasciati dalle Accademie di Belle Arti del Decreto del Presidente della Repubblica 8 luglio 2005, n. 212”.
Quanto mi sta facendo faticare il mio sogno di bambina, ma è pur vero che “Solo nei sogni gli uomini sono davvero liberi, è da sempre così e così sarà per sempre.” (John Keating, “L’attimo fuggente”).

Alessia Cagnotto

La Magia è… femminile!

Siamo abituati, nell’accezione più comune, a considerare la figura femminile in un numero di magia, di illusionismo, in veste di valletta, di assistente dal mago. Infatti la storia della magia, della prestigiazione, mette in evidenza il mago, quale stereotipo maschile, che indossa un frac ed un cilindro, almeno nel mondo occidentale. Ma nel tempo, arrivando ai nostri giorni, sempre più la figura femminile si è distinta, lo continua ad essere, per creare meraviglie in prima persona, associando la propria femminilità a quella nobile Arte che è la prestigiazione, la magia.

E chi meglio di una professionista torinese rende questo momento storico importante, nel quale la Magia è, per l’appunto, femminile ? Stiamo parlando di Laura Luchino, in arte Lilyth, una delle poche illusioniste italiane ma soprattutto è una delle pochissime trasformiste. È sicuramente una delle prime nel nostro paese ad essersi cimentata in questa arte così particolare. Il trasformismo, denominato anche come “Quick change”, si tratta, come noto, dell’arte di cambiarsi velocemente abito, dando immagine e corpo a figure diverse. Teniamo sempre presente che questa forma d’arte ha origini italiane, la cui figura artistica rappresentativa è stato Leopoldo Fregoli, che debuttò nel periodo 1890 – 1930. In ogni caso il concetto di base del trasformismo è che non consiste solo in un mero cambiamento veloce di abito (aspetto tecnico), ma si tratta di interpretare, da parte dell’artista, ogni personaggio, associato ad ogni vestito, visibile da parte del pubblico.

Anche se la storia del trasformismo è legata a figure artistiche maschili, la cui massima rappresentazione non solo a livello nazionale ma anche internazionale, è data dal connazionale Arturo Brachetti, negli ultimi anni, si sono approcciate a tale forma artistica alcune figure femminili, a all’interno del panorama artistico nazionale emerge, per l’appunto, la figura femminile di Lilyth.

La possiamo così descrivere “Lilyth è una maga (o forse una fata?) che ha saputo superare il ruolo di mera assistente del mago per conquistare il centro della scena. Con lei femminilità e bellezza non sono più coreografici elementi d’arredo, ma fabbrica di fascino e di magiche emozioni”.

Nasce a Torino, la città magica per eccellenza e il suo percorso artistico la vede nelle prime esperienze nel ruolo di assistente di un prestigiatore, Giovax, per poi intraprendere nel tempo una carriera da solista, che l’ha portata ad esibirsi in molti prestigiosi teatri Italiani, centri di spettacolo come casinò, palazzetti dello sport o locali storici del cabaret come Zelig, il Caffè’ Teatro , CAB 41, etc.

 Finalista per quattro anni consecutivi al Campionato Italiano di Magia Masters of Magic, Lilyth vanta un repertorio che spazia dal trasformismo, alla magia da scena, alla micromagia. I suoi numeri sono particolari, caratterizzati da una grande fantasia e da un modo assolutamente originale di interpretare la magia. La sua originalità le è valsa diversi passaggi televisivi nelle reti nazionali Rai e Mediaset.

 

Cosa significa per te, Lilyth, essere donna e fare Magia?

Essere una donna maga, per me ha un significato profondo, è la facoltà rara e preziosa di regalare sorrisi e spensieratezza. Questo è quanto io cerco di esprimere nei miei numeri. Infatti, mi ispiro alle fate, perché è un qualcosa che sento dentro di me, nei miei show riproduco me stessa!

 

Come è nato l’amore per il Trasformismo, che è una forma d’Arte molto particolare, e come si è evoluto nel corso degli anni?

In generale la passione per la Magia è nata un po’ per caso. Ho iniziato come assistente, come peraltro può essere successo a tante donne, e poi con il tempo, quel ruolo mi è diventato stretto. Così ho cercato di trovare una strada da protagonista e ho incominciato ad esaltare la mia femminilità, la mia fantasia e con il trasformismo ho trovato il modo ideale. Con il trasformismo ho la possibilità di esprimermi in forme differenti, essendo diversi i personaggi. Posso estrarre da me stessa più capacità espressive, e quindi il trasformismo si addice a perfezione. Mi piace vivere le varie emozioni attraverso diversi personaggi e questo lo ritengo molto intrigante. Non sentirmi sempre uguale e scegliere di essere speciale nei momenti in cui mi esibisco, lo considero sicuramente un privilegio.

 

Oltre ad ispirarti alle fate per i tuoi numeri, ci sono altre cose dalle quali trai ispirazione?

Cerco sempre di regalare delle emozioni, poiché per me l’Arte significa questo. Cerco di non smettere mai di sognare in un qualcosa che mi può rappresentare, posso farcela, posso trasmettere qualcosa, usare le “pozioni magiche” e, quindi, realizzare i “sogni nel cassetto”. Per me essere Maga significa questo.

 

Che cosa è l’Arte?

“Arte è regalare emozioni”. C’è tutto in questa frase, penso che chi riesce a regalare emozioni, prenda per mano le persone e le conduca in un mondo differente da quello che conosciamo nella quotidianità. Ritengo che questo sia molto importante, soprattutto al giorno d’oggi, che viviamo di stress continui. Avere l’opportunità di sognare, cambiare dimensione, anche solo per pochi attimi, è magnifico.

 

Quale aspetto della nostra Arte preferisci?

Ho una visione della magia un po’ in controtendenza, nella quale non è solo importante l’effetto magico di per sé, ma è importante la magia dello spettacolo. Per essere “magici” non è necessario essere maghi; la magia è in ogni cosa che facciamo sul palco.

Un esempio del mio modo di interpretare quest’arte è rappresentato forse dal mio numero “la scatola dei sogni”. Il numero si basa su un classico della magia, una scatola apparentemente vuota dalla quale il mago estrae molti oggetti. Io ho pensato a questo effetto in maniera differente, non volevo che uscissero degli oggetti, ho pensato che sarebbe stato più’ magico per una trasformista se fossero usciti dalla scatola dei personaggi.

 

C’è una frase che ti rappresenta, oppure che ti ripeti spesso?

Sicuramente “non abbattersi, andare sempre avanti e con il sorriso”, qualunque cosa accada, e la Magia aiuta anche in questo, a vedere il lato buono della vita. In altri termini, aggiungere sempre un sogno nel famoso cassetto e cercare di realizzarlo, di portare avanti, un progetto, anche se la vita è difficile e ci mette davanti tanti ostacoli. Ma con la volontà di provare a superare le difficoltà, si riesce ad ottenere molto. Personalmente sono davvero felice dei miei risultati, il pubblico che applaude alla fine dei miei shows mi riempie il cuore di pura gioia.

 

Quali sono i tuoi progetti futuri?

Mi piace immaginare il mio futuro a disposizione della fantasia, senza programmi o schemi preordinati. Partecipare a galà e concorsi è qualcosa che mi esalta e mi tiene “magicamente viva”, ed è proprio da questo che traggo motivazioni ed ispirazione per provare a migliorarmi continuamente.

 

Come è possibile contattarti?

Su Facebook e su Instagram ho una pagina intestata a: La Magica Lilyth

 

E con questo possiamo veramente concludere che “la Magia è….femminile ! “.

Quanto è bello vivere in un comune fiorito

Asproflor Comuni fioriti lancia con Uncem e Confcooperative il progetto “Vivere in un Comune Fiorito” che affiancherà il “Marchio di qualità dell’ambiente di vita Comune Fiorito”. L’Associazione dei Produttori florovivaisti ha costruito il nuovo progetto su misura per i piccoli Comuni italiani sotto i 5000 abitanti

Asproflor nel 2020 ha compiuto 40 anni di attività, principalmente volti alla promozione del florovivaismo e al miglioramento della qualità della vita e  dell’accoglienza turistica nei centri urbani. “L’esperienza di Asproflor – evidenzia il Presidente Sergio Ferraro – è stata in fondo l’evoluzione naturale di un’idea, sorta con l’obiettivo di far crescere e diffondere in Italia la cultura del verde e delle fioriture nelle città. Intorno a questa idea negli anni si sono raccolti oltre 2000 Comuni vicini al motto ‘fiorire è accogliere’, pronti a sfidarsi nel nome della bellezza e dei valori dell’ambiente. Da quest’anno Asproflor ha deciso di mettere a disposizione la sua esperienza e i suoi professionisti anche per i piccoli Comuni desiderosi di migliorare il proprio territorio con la bellezza e i colori dei fiori”.
Per i piccoli Comuni è previsto un percorso di crescita triennale che ha come traguardo l’ingresso nel grande circuito dei Comuni fioriti italiani. Avverrà non attraverso il tradizionale concorso – sottolinea Franco Colombano, Vicepresidente Asproflor – ma tramite un approccio identitario e di crescita collettiva che porti ad apprendere e apprezzare i segreti per belle e durature fioriture. A tutti i Comuni iscritti  verrà consegnato “l’albero della qualità della vita”: un Quercus nelle specie Robur, Cerris o Ilex in base alla latitudine del Comune, unitamente a materiale informativo per promuovere e divulgare l’iniziativa presso i propri cittadini. I Sindaci avranno a disposizione un servizio di assistenza tecnica e di consulenza professionale gratuita online. I Comuni potranno avere un kit professionale costituito da fiori e piante di particolare interesse e innovative, individuato specificamente per ogni Comune iscritto (lobularia o nemesia per i Comuni montani e dipladenie o solanum per i Comuni marini) e completato da un substrato professionale per la messa a dimora. Inoltre, tutte le piante saranno consegnate in vasi biodegradabili, in modo da eliminare completamente la plastica da smaltire e dunque promuovere anche il progetto plastic free per amministrazioni pubbliche.

Sono moltissimi i Comuni montani che già fanno parte della rete dei Comuni fioriti. Tra questi Ingria, guidata da Igor De Santis, Vicepresidente Uncem Piemonte, Bellegra, dove è Sindaco il Vicepresidente nazionale Flavio Cera, Pomaretto con Danilo Breusa, membro della Giunta Uncem Piemonte. Asproflor-Comuni Fioriti è l’unica associazione italiana autorizzata dal partner mondiale “Communities in Bloom” a selezionare ogni anno dal circuito dei Comuni fioriti italiani due località che si sfidano in ambito internazionale con comprensibili e positive ricadute d’immagine. Per il 2021 le città candidate sono Ingria (TO) e Alba (CN).

“Da dieci anni Uncem sostiene Asproflor e la rete dei Comuni fioriti. Quest’anno la collaborazione si intensifica e lavoriamo per rendere più belli e accoglienti i nostri Comuni, grazie alla partecipazione delle comunità che è decisiva”, evidenzia Marco Bussone, Presidente Uncem.

Sulla pagina www.comunifioriti.it vi sono tutte le modalità di partecipazione alla rete Comuni fioriti.

Torino: fermato il pusher del centro città

Arrestato dalla Polizia di Stato. Aveva precedenti specifici

Sosta agli angoli delle vie San Quintino e Gioia mentre si intrattiene al telefono, così insospettisce gli agenti del Commissariato Centro. È lunedì sera, alla vista della volante l’uomo si incammina verso via XX Settembre, nel tentativo di eludere il controllo, ma viene fermato in via dell’Arsenale. Qui, il trentaduenne del Senegal, preso dall’agitazione non riesce nemmeno a rifiutare le diverse chiamate ricevute da un numero salvato in rubrica con “machina roso”, cosi i poliziotti lo sottopongono a controllo. All’interno del borsello, nascosto sotto la giacca, gli agenti trovano 70 involucri di sostanza stupefacente. Si tratta di dosi di cocaina, i differenti colori ne caratterizzano la diversa grammatura. Nelle tasche della giacca detiene invece oltre 700 euro in contanti, probabile provento dell’attività di spaccio.

Locatelli, (Prc-Se): “Stellantis, troppa retorica sull’automotive”

“Senza ripresa dell’iniziativa dei lavoratori non c’è futuro garantito”

Quanta retorica insulsa accompagna la nascita di Stellantis, il quarto gruppo a livello mondiale dell’automotiv nato dalla fusione della casa automobilistica francese Groupe Psa e della casa automobilistica americana Fiat Chrysler Automobiles. A Torino, principale polo produttivo di Fca, facendosi vanto di una storia e di un indotto dell’automotive che non è di poco conto, istituzioni, industriali auspicano “che i nuovi progetti del gruppo siano e continuino a essere anche piemontesi e italiani, non solo perché lo vogliamo, ma perché l’eccellenza del nostro territorio ha le caratteristiche per meritarlo”. A seguire alcune organizzazioni sindacali “collaborative” che nel dirsi fiduciose di un aumento delle prospettive di crescita si impegnano a “convincere il nuovo gruppo delle grandi professionalità del nostro territorio”. Ottimismo fuori luogo. Da quando un colosso industriale si fa convincere dai meriti, dalle attese, dagli auspici di chi vorrebbe in qualche modo avere garanzie a livello territoriale e occupazionale? Le imprese globali fanno solo i propri interessi.

Il fatto è che il nuovo gruppo industriale nasce senza che il governo o le istituzioni locali abbiano svolto alcun ruolo riguardo la nascita del nuovo gruppo e le garanzie di tenuta produttiva ed occupazionale del territorio. Sono anni che governo e amministrazioni locali stanno alla finestra, si rimettono alle forze del mercato, agli interessi privati tranne poi fare gli scongiuri o confidare sulle buone intenzioni degli industriali. Basta con questo andazzo. Governo e istituzioni siano costretti, anche grazie e soprattutto sulla base di una ripresa dell’iniziativa delle lavoratrici e dei lavoratori, a battere un colpo, ad affermare il primato dell’interesse pubblico, a imporre garanzie produttive ed occupazionali.

Ezio Locatelli segretario provinciale Prc-Se Torino 

Turismo, la forza della montagna

Nel 2020 la montagna estiva non fa flop. E il turismo non cala come succede invece per altre destinazioni. Lo confermano i dati Istat pubblicati  relativi al “Movimento turistico in Italia” da gennaio a settembre 2020. Non solo la montagna tiene, anche “i borghi vincono”.

Secondo l’Istat, la preferenza dei turisti italiani, infatti, si indirizza, più che in passato, sulle località montane, le quali ad agosto raggiungono gli stessi livelli dello scorso anno (-0,4% di presenze) e soprattutto sui Comuni a vocazione culturale, storico, artistica e paesaggistica, dunque i borghi in particolare, che registrano addirittura un incremento (+6,5%) rispetto al 2019 (unica variazione positiva registrata in tutto il dossier che confronta 2019 con l’anno della pandemia). Incrementi delle presenze dei clienti italiani si verificano solo in Umbria (a vocazione fortissima per un turismo di qualità nei borghi) e nella Provincia autonoma di Bolzano (entrambe con valori intorno al +15% rispetto al 2019). Le presenze turistiche in Italia nei primi mesi del 2020 si sono dimezzate rispetto allo stesso periodo del 2019 (-50,9%). Per i comuni a vocazione culturale, storico, artistica e paesaggistica la diminuzione è del 54,9%, per quelli con vocazione marittima è del 51,8%. I comuni a vocazione montana, invece, registrano un calo inferiore alla media nazionale (-29,3%). I mesi da marzo a maggio 2020 (quelli del lockdown) vedono cali anche vicini a -95% rispetto al 2019. Nel trimestre estivo, la flessione del turismo nelle grandi città è addirittura più grave (-76,3% nei mesi di luglio, agosto e settembre 2020 rispetto allo stesso trimestre dello scorso anno); per i Comuni a vocazione culturale è pari a -41,2%, per quelli a vocazione marittima è -38,7% mentre per i Comuni a vocazione montana è -19,4% (-36,1% la flessione media nazionale). La montagna è il comparto che subisce flessioni minori rispetto al 2019.

Non si spengono ancora le Luci d’artista: proroga al 28 febbraio

La XXIII edizione di Luci d’Artista che avrebbe dovuto concludersi domenica 10 gennaio è stata prolungata fino al 28 febbraio 2021.  

La rassegna – progetto della Città di Torino realizzato da IREN Smart Solutions e Fondazione Teatro Regio Torino, con il sostegno di IREN S.p.A, Fondazione Compagnia di San Paolo, Fondazione CRT – è nata nel 1998 come esposizione di installazioni d’arte contemporanea realizzate con la luce en plein air nello spazio urbano e, dal 2018, si è arricchita di un percorso educativo-culturale che favorisce l’incontro tra il pubblico e le opere.

“Vista l’eccezionalità dell’anno appena concluso contraddistinto da limitazioni, fatiche e sofferenze per tutti – sottolinea Francesca Leon, Assessora alla Cultura della Città di Torino abbiamo creduto opportuno prorogare l’accensione delle opere di luce ancora per un mese e mezzo, fino al 28 febbraio, sia per consentire la fruizione a un numero maggiore di persone, sia per continuare a dare un messaggio di speranza che possa accompagnarci in questo nuovo anno”.

 

RIEPILOGO INFO LUCI D’ARTISTA 2020/21

In questa edizione si possono ammirare 25 opere (tra allestimenti temporanei e permanenti) di cui 14 nel Centro città e 11 nelle altre Circoscrizioni.

La mostra di opere d’arte contemporanea a cielo aperto oltre a proporre uno speciale percorso che permette al pubblico di cogliere le diverse visioni poetiche espresse dai ‘lavori’ realizzati da artisti accomunati dall’attrazione per la luce, quest’anno presenta alcune novità:

Illuminated Benches’ di Jeppe Hein in piazza Risorgimento (Circoscrizione 4), resterà permanente in via sperimentale così come ‘Il  Regno dei fiori: nido cosmico di tutte le anime’ di Nicola De Maria in piazza Carlo Emanuele II (piazza Carlina, Circoscrizione 1) il cui allestimento in questa edizione è stato arricchito dopo l’integrazione dell’illuminazione pubblica della piazza stessa; l’opera ‘Amare le differenze’ di Michelangelo Pistoletto in piazza della Repubblica (Circoscrizione 7) è stata restaurata; ‘My Noon’ di Tobias Rehberger è allestita per la prima volta in Borgata Lesna (Circoscrizione 3) nel cortile dell’Istituto Comprensivo King-Mila (via Germonio 12); l’opera Ancora una volta di Valerio Berruti è installata in via Monferrato (in prossimità della Gran Madre, Circoscrizione 8) con l’obiettivo di sostenere lo sviluppo del Borgo Po contribuendo al rilancio delle attività commerciali della zona; una nuova illuminazione artistica valorizza il Monumento 1706 di Luigi Nervo (Circoscrizione 5).

 

Spaccata a scuola: due arresti

Fermati dagli agenti della Squadra Volante

Nella notte, poco prima dell’una, gli agenti della Squadra Volante sono intervenuti presso la scuola media “Vivaldi e Murialdo” per la segnalazione di un’intrusione in atto. Giunti in via Casteldelfino, i poliziotti hanno visto un uomo gesticolare per avvisare altre persone all’interno della struttura scolastica di darsi alla fuga. Poco dopo, dalla scuola si sono allontanati in tre, in direzione di via Breglio, due uomini e una donna. Quest’ultima, una trentanovenne cittadina italiana, viene arrestata per prima, fermata in un cortile della via. Un secondo componente del gruppo, un trentacinquenne cittadino rumeno viene bloccato poco dopo in via Saorgio: entrambi verranno poi tratti in arrestato per tentato furto.

Gli agenti appurano che i rei si erano introdotti nella scuola utilizzando un badile con il quale avevano forzato e danneggiato una finestra. Entrati nella scuola, si sono dapprima diretti verso i distributori di bevande e alimenti siti al primo piano, prelevando le monetine successivamente ritrovate in loro possesso, quando il tempestivo intervento delle volanti ha interrotto la loro azione criminosa.

Dai successivi accertamenti emergeva che entrambi gli arrestati avevano diversi precedenti di polizia a carico, inoltre il trentacinquenne rumeno era destinatario di un allontanamento dal territorio nazionale emesso a fine dello scorso dicembre.

Boni e De Grazia: “Solo il regime cinese ha paura delle primarie”

Caro direttore,

Esiste un posto dove organizzare le primarie dei partiti democratici in vista delle elezioni è un reato. Si chiama Hong Kong. 52 arresti stamattina delle persone più in vista impegnate sulle primarie democratiche (sia come organizzatori che come partecipanti). Caro PD, le primarie a 10’000 chilometri da qui, sono viste come uno strumento democratico talmente forte, da ostacolarne in tutti i modi l’organizzazione. Ma uno strumento democratico di questo tipo può far paura solo a chi, come il regime cinese, per la democrazia, non ha alcun rispetto. Che dite, noi invece lo vogliamo usare serenamente questo strumento?

Igor Boni, presidente di Radicali Italiani

Patrizia De Grazia, coordinatrice dell’Associazione Radicale Adelaide Aglietta

 

Arriva Seeyousound 7, International Music Film Festival

Can’t Stop Music! 19 – 25 febbraio 2021: 7 giorni per esplorare la musica in ogni fotogramma-  on line sulla piattaforma PLAYSYS | on site al Cinema Massimo MNC di Torino

Non si può fermare la musica; non si ferma Seeyousound. Il primo festival italiano dedicato al cinema a tematica musicale torna dal 19 al 25 febbraio 2021 in doppia versione: digitale sulla nuova piattaforma streaming vod PLAYSYS e fisica grazie alla rinnovata collaborazione con il Cinema Massimo MNC di Torino.

Seeyousound è stato tra i primi eventi a doversi fermare a causa dell’emergenza Covid che, come una saetta, ha colpito il festival tre giorni dopo l’inaugurazione minacciandone le attività future. L’Associazione Seeyousound, che dà vita al festival, ha scelto di non fermarsi e per l’edizione numero 7 il fulmine è diventato un simbolo di rinascita, un’immagine che accompagnerà il festival a febbraio richiamando graficamente questo numero, intriso di valenze simboliche per numerose culture (7 i vizi e le virtù capitali, i Chakra, i sacramenti del cattolicesimo romano, 7 il numero della completezza nel Buddismo, …).

Un leitmotiv per questa nuova edizione lunga 7 giorni che ancora una volta farà incontrare la magia delle sette note con quella della settima arte, rendendo i film disponibili anche alla visione on line per 7 giorni su PLAYSYS (playsys.tv), nuova piattaforma vod nata dall’esperienza di Seeyousound, che proporrà contenuti audiovisivi incentrati sulla musica su tutto il territorio italiano.

In attesa di svelare la line up 2021 completa di film in competizione, lungometraggi fuori concorso e film-evento, i primi 7 titoli che preannunciano Seeyousound 7 racchiudono l’intero spettro dell’universo musicale.

Direttamente dal prestigioso IDFA International Documentary Filmfestival Amsterdam, il concorso LONG PLAY DOC porta a Seeyousound in anteprima italiana il documentario islandese A SONG CALLED HATE di Anna Hildur. L’inaspettata partecipazione degli Hatari, pluripremiata band di techno e BDSM, autodefinitasi anticapitalista, all’Eurovision 2019 di Tel Aviv, si trasforma nell’occasione per scatenare sul palcoscenico internazionale il dibattito intorno al conflitto Israeliano-palestinese.

La sezione non competitiva INTO THE GROOVE proporrà una serie di film inediti in Italia tra cui spicca DON’T GO GENTLE – A FILM ABOUT IDLES, un film che attraversa la determinazione, l’amicizia e le avversità della heavy post-punk band britannica Idles. Davanti alla camera di Mark Archer, il cantante Joe Talbot e il gruppo calcano palchi, abbattono stereotipi e ispirano una comunità internazionale rivendicando la forza della vulnerabilità. Consacrati al grande pubblico con la pubblicazione di Ultra Mono, uscito a settembre di quest’anno, gli Idles sono una delle realtà più interessanti del panorama internazionale odierno.

Dalla battaglia per imporsi in uno scenario socio-politico diviso degli Idles alla lotta per la sopravvivenza di un’impresa famigliare che, oltre 50 anni fa, ha fatto una scelta decisamente audace: ROCKFIELD: The Studio On The Farm di Hannah Berryman, a Seeyousound 7 in anteprima italiana, è l’improbabile storia di due fratelli che hanno trasformato la loro fattoria nella profonda campagna gallese nel primo studio di registrazione residenziale di sempre. A Rockfield Black Sabbath, Queen, Robert Plant, Iggy Pop, Simple Minds, Oasis, The Stone Roses, Coldplay e molti altri hanno rockeggiato per decadi e inciso canzoni come Bohemian RhapsodyYellow e Wonderwall.

Sempre in Into the groove, un trio di film italiani presentati in anteprima a Seeyousound realizzati a cavallo degli ultimi due anni ci raccontano di situazioni fino a poco tempo fa famigliari, per i musicisti e per il pubblico, la vita da palcoscenico e gli eventi dal vivo di cui oggi si sente tanto la mancanza.

NOTHIN’ AT ALL nasce per documentare il ritorno di Pivio all’attività concertistica, a maggio 2019 dopo 35 anni di rarissimi live e una carriera dedicata alla musica da film con il sodale Aldo De Scalzi. Portato alla notorietà internazionale da Hamam – Il bagno turco diretto da Ferzan Ozpetek, Pivio ha composto oltre 150 colonne sonore sia per il cinema che per la televisione, vincendo tra gli altri tre David di Donatello e quattro Nastri d’Argento. Il documentario si evolve in un racconto biografico fatto di digressioni personali e creative tra il regista Matteo Malatesta e il musicista, che esprime anche il ritrovato piacere del palco bruscamente interrotto e la speranza di superare il grande buio in cui si trova ora la musica live.

LA LEGGENDA DEL MOLLEGGIATO del regista torinese Francesco Ferraris, muove i primi passi durante la residenza artistica di Jazz:Re:Found, una settimana a novembre 2018 durante la quale 12 giovani musicisti contemporanei rielaborano il repertorio più black ed esterofilo – nonché meno conosciuto – di Adriano Celentano, sotto la guida di tutor come Nu Guinea, Tommaso Cappellato, Willie Peyote, Gianluca Petrella. Durante la lavorazione l’attualità e il bisogno di riaffermare un modello di socialità e vivacità artistica hanno assunto un ruolo di primo piano nella costruzione del racconto e riportato al centro del documentario le dinamiche sociali che riescono a trasformare un gruppo di persone in una band.

Con il documentario MOONDOG CAN SEE YOU il regista Miha Sagadin immortala il viaggio di ricerca sul visionario cantautore e compositore statunitense Louis Thomas Hardin, dall’ideazione nata in seno al Torino Jazz Festival 2018 al debutto alle OGR nell’edizione 2019. Un ritratto ispirato di questo artista complesso, diviso tra amore per la musica classica, vita beat e jazz, precursore del minimalismo, ad opera dell’ensemble torinese Lapsus Lumine con il violoncellista olandese Ernst Reijseger e il batterista statunitense Jim Black.

 

RISING SOUND – Trans Global Express, è la sezione non competitiva che dall’Europa si affaccia all’Africa per raccontare nuove suggestioni sonore e inedite commistioni tra strumenti musicali e nuove tecnologie. È il caso di CONTRADICT che segue una nuova generazione di musicisti in Ghana che continuano le lotte postcoloniali dei loro genitori e nonni, ma con nuovi mezzi e nuovi alleati. Grazie a strumenti a basso costo e a internet, registrano artigianalmente e diffondono rapidamente la loro musica con cui reclamano un nuovo ruolo per l’Africa nel mondo di oggi e insegnano ai loro coetanei l’accettazione di sé, la fiducia in se stessi e l’autostima. Riflettono su stili di vita alternativi e si contrappongono alle opinioni tradizionali della loro comunità. I registi svizzeri Peter Guyer e Thomas Burkhalter, che per cinque anni hanno documentato questa nuova corrente, ne esplorano le potenzialità future in questa opera presentata in anteprima italiana al festival.

SEEYOUSOUND TORINO International Music Film Festival

Edizione 7 > 19 – 25 febbraio 2021 | playsys.tv – Cinema Massimo MNC, Torino

Ideato e realizzato da Associazione Seeyousound

 

INFO www.seeyousound.org > info@seeyousound.org > facebook.com/SEEYOUSOUND > instagram.com/seeyousoundfestival > twitter.com/seeyousound

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