ilTorinese

Vaccini, il governatore Cirio: “quando arriveranno le forniture in aprile correremo più veloci”

Il presidente della Regione Piemonte Alberto Cirio scrive su Facebook:

“Siamo pronti a correre  più veloci, ma per farlo abbiamo bisogno dei vaccini. Dopo i ritardi nelle consegne dei giorni scorsi ci auguriamo che alle forniture di aprile sia garantita regolarità”.

Cirio ieri  ha visitato il Centro vaccinale di Bene Vagienna (Cuneo). “Uno dei nostri 140 punti per la vaccinazione -a cui presto se ne aggiungeranno altri 50 con il sostegno del sistema privato”

Storia di un cocktail: il Vermouth, dal bicchiere alla pubblicità

Oltre Torino: storie miti e leggende del torinese dimenticato

È l’uomo a costruire il tempo e il tempo quando si specchia, si riflette nell’arte
L’espressione artistica si fa portavoce estetica del sentire e degli ideali dei differenti periodi storici, aiutandoci a comprendere le motivazioni, le cause e gli effetti di determinati accadimenti e, soprattutto, di specifiche reazioni o comportamenti. Già agli albori del tempo l’uomo si mise a creare dei graffiti nelle grotte non solo per indicare come si andava a caccia o si partecipava ad un rituale magico, ma perché sentì forte la necessità di esprimersi e di comunicare. Così in età moderna – se mi è consentito questo salto temporale – anche i grandi artisti rinascimentali si apprestarono a realizzare le loro indimenticabili opere, spinti da quella fiamma interiore che si eternò sulla tela o sul marmo. Non furono da meno gli autori delle Avanguardie del Novecento che, con i propri lavori “disperati”, diedero forma visibile al dissidio interiore che li animava nel periodo tanto travagliato del cosiddetto “Secolo Breve”. Negli anni che precedettero il primo conflitto mondiale nacque un movimento seducente ingenuo e ottimista, che sognava di “ricreare” la natura traendo da essa motivi di ispirazione per modellare il ferro e i metalli, nella piena convinzione di dar vita a fiori in vetro e lapislazzuli che non sarebbero mai appassiti: gli elementi decorativi, i “ghirigori” del Liberty, si diramarono in tutta Europa proprio come fa l’edera nei boschi. Le linee rotonde e i dettagli giocosi ed elaborati incarnarono quella leggerezza che caratterizzò i primissimi anni del Novecento, e ad oggi sono ancora visibili anche nella nostra Torino, a testimonianza di un’arte raffinatissima, che ha reso la città sabauda capitale del Liberty, e a prova che l’arte e gli ideali sopravvivono a qualsiasi avversità e al tempo impietoso.

 

Torino Liberty

Il Liberty: la linea che invase l’Europa
Torino, capitale italiana del Liberty
Il cuore del Liberty nel cuore di Torino: Casa Fenoglio
Liberty misterioso: Villa Scott
Inseguendo il Liberty: consigli “di viaggio” per torinesi amanti del Liberty e curiosi turisti
Inseguendo il Liberty: altri consigli per chi va a spasso per la città
Storia di un cocktail: il Vermouth, dal bicchiere alla pubblicità
La Venaria Reale ospita il Liberty: Mucha e Grasset
La linea che veglia su chi è stato: Il Liberty al Cimitero Monumentale
Quando il Liberty va in vacanza: Villa Grock

 

Articolo 7. Storia di un cocktail: il Vermouth, dal bicchiere alla pubblicità

Dopo tutto questo camminare e guardare e ammirare i luoghi splendidi della nostra città, sarà sicuramente venuta un po’ di sete. In questo articolo vi propongo una meritata sosta, magari in uno dei bar storici nel centro di Torino, e una volta scelto il luogo, vi offro un altro consiglio: perché non ordinare un Vermouth? Per i forestieri che non lo sapessero, il Vermouth è un vino aromatizzato ed è uno degli alcolici italiani più conosciuti e ricchi di storia. I puristi lo ordinano liscio, a 12 gradi, con due cubetti di ghiaccio, una fetta d’arancia e la buccia di limone “strizzata” sopra il bicchiere. I sospettosi nei confronti dei gusti nuovi, potrebbero ordinare un Negroni, (vermouth rosso, bitter e gin), o un Manattan, (vermouth dolce, bourbon e angostura) oppure un Martini dry (vermut dry e gin). La bevanda in questione nasce nel 1796, quando Antonio Benedetto Carpano, nella sua bottega di Torino, prova a miscelare un’infusione di erbe e radici con il vino. Il successo, come qualsiasi cosa che affondi le proprie origini nella città sabauda, è legato al favore della famiglia reale, entusiasta consumatrice di questo “vin Amaricà”, ( di qui l’Americano), e in particolar modo alla figura di Vittorio Amedeo III.


L’origine è antichissima, già in alcuni testi palestinesi si dice di un vino reso più gradevole dall’aggiunta di assenzio. Secondo altri il Vermouth viene inventato da Ippocrate, che aromatizza il suo vino con erbe, spezie e miele. Anche in Grecia e a Roma c’è l’usanza di aggiungere al vino infusi di erbe, abitudine che si protrae per tutto il Medioevo e diviene usanza tipica quando i numerosi arrivi di spezie dall’Oriente giungono alla portata della maggioranza della popolazione. Dal mondo antico Antonio Benedetto Carpano prende spunto e nella sua bottega di piazza Castello addiziona il Moscato di Canelli con alcune erbe: il suo esperimento assume il nome di Vermouth, dal tedesco Wermut, che significa assenzio, o artemisia maggiore, che è l’ingrediente caratteristico della nuova bevanda. In pochissimo tempo la sua bottega diviene il locale più frequentato di tutto il capoluogo piemontese. È dunque dal 1700 che il Vermouth è una eccellenza italiana, torinese nello specifico, e inizia ad essere prodotto nelle aziende più note, dalla stessa Carpano, fino alla Cinzano e alla Martini&Rossi, senza che vengano apportate mai grandi modifiche rispetto al procedimento artigianale e originale.

E se una canzone di De Andrè recita: “Ma una notizia un po’ originale non ha bisogno di alcun giornale”, alla nuova bevanda un po’ di pubblicità non può che far comodo. La comunicazione pubblicitaria si sviluppa parallelamente alle esigenze economiche, sociali, politiche e culturali di un paese. Al termine del XIX secolo l’Italia è ancora un paese prevalentemente agricolo, con una situazione di povertà diffusa, dilaniato da differenze socio-economiche tra il Nord e il Sud e un’alta percentuale di analfabetismo. Le prime comunicazioni pubblicitarie (réclame) si diffondono con la nascita dei giornali, tra la metà dell’Ottocento e gli inizi del Novecento, di cui occupano le ultime pagine. Si tratta inizialmente di disegni e scritte, i testi sono semplici e posti al modo imperativo: “Bevete”, “ Al vostro farmacista chiedete”. Per la diffusione del nuovo stile si dimostra basilare il progresso delle tecniche fotografiche, litografiche e tipografiche. La grafica pubblicitaria ricreata in Francia da Toulous Lautrec e Jules Cheret a “nuova arte” è per l’Italia spunto di rinnovamento: Carpanetto, Villa, Metlicovitz, Beltrame, Umberto Brunelleschi, Dudovich e tanti altri cartellonisti aiutano la diffusione dei marchi (brand) dell’emergente produzione industriale e artistica, portando alla conseguente ascesa di nuovi status symbol: l’automobile, l’abbigliamento, la villeggiatura, i generi alimentari come l’olio Sasso illustrato da Plinio Novellini. Altri artisti hanno invece l’intuizione di dedicarsi all’elaborazione di immagini di prodotti, quali la serie della Fiat, del Campari o dei grandi magazzini. Le immagini pubblicitarie diventano una sorta di antologia dello stile di vita identificato con l’espressione Belle Époque.

La dinamicità del settore dell’illustrazione e delle arti applicate richiesti dalla “democratizzazione” dei beni di consumo, mette in secondo piano le arti libere, schiave dell’imperante cultura accademica, borghese e conservatrice. Ciò ha concesso più libertà di espressione e innovazione anche per le caratteristiche insite nella tecnica grafica stessa, incline alla sintesi della forma e alla fluida linearità del segno, tratti peculiari del Liberty. Non va dimenticato l’influsso del “giapponismo”, che irrompe in Europa attraverso le stampe giapponesi importate dalla Compagnia delle Indie dal 1854 alla riapertura dei mercati in Oriente. Enorme è il peso delle riviste, Emporium, Scena Illustrata, Hermes, L’Italia ride ecc., per la diffusione di quello stile, di quel gusto, chiamato in molti modi: Liberty, Belle Époque, Floreale, ma con un’unica attitudine posta fra decadentismo estetico, avanguardia futurista, rilettura di epoche passate e frenesie tecnologiche, fra mistica simbolista e poetica del quotidiano.  Avremo ormai finito di sorseggiare il nostro cocktail ed è tempo, dunque, di andare.

 

Alessia Cagnotto

Covid, il bollettino di domenica 4 aprile

COVID PIEMONTE: IL BOLLETTINO DELLE ORE 15.30

LA SITUAZIONE DEI CONTAGI

Oggi l’Unità di Crisi della Regione Piemonte ha comunicato 1.425 nuovi casi di persone risultate positive al Covid-19 (di cui 74 dopo test antigenico), pari al 10% dei 13.545 tamponi eseguiti, di cui 7.713 antigenici. Dei 1.425 nuovi casi, gli asintomatici sono 550 (38,6%).

I casi sono così ripartiti: 199 screening, 813 contatti di caso, 413 con indagine in corso; per ambito: 18 RSA/Strutture Socio-Assistenziali, 79 scolastico, 1.328 popolazione generale.

Il totale dei casi positivi diventa quindi 321.386 così suddivisi su base provinciale: 26.058 Alessandria, 15.445 Asti, 9.938 Biella, 45.577 Cuneo, 24.923 Novara, 171.821 Torino, 12.160 Vercelli, 11.669 Verbano-Cusio-Ossola, oltre a 1.390 residenti fuori regione, ma in carico alle strutture sanitarie piemontesi. I restanti 2.405 sono in fase di elaborazione e attribuzione territoriale.

I ricoverati in terapia intensiva sono 370 (+1 rispetto a ieri).

I ricoverati non in terapia intensiva sono 3.837 (+18 rispetto a ieri).

Le persone in isolamento domiciliare sono 29.748

I tamponi diagnostici finora processati sono 3.850.320 (+13.545 rispetto a ieri), di cui 1.378.446 risultati negativi.

I DECESSI DIVENTANO 10.450

Sono 28 i decessi di persone positive al test del Covid-19 comunicati dall’Unità di Crisi della Regione Piemonte, di cui 6 verificatisi oggi (si ricorda che il dato di aggiornamento cumulativo comunicato giornalmente comprende anche decessi avvenuti nei giorni precedenti e solo successivamente accertati come decessi Covid).

Il totale è ora di 10.450 deceduti risultati positivi al virus, così suddivisi per provincia: 1.480 Alessandria, 645 Asti, 398 Biella, 1.259 Cuneo, 856 Novara, 4.907 Torino, 475 Vercelli, 341 Verbano-Cusio-Ossola, oltre a 89 residenti fuori regione ma deceduti in Piemonte.

276.981 GUARITI

I pazienti guariti sono complessivamente 276.981 (+1.478 rispetto a ieri) così suddivisi su base provinciale: 22.884 Alessandria, 13.526 Asti,8.805Biella, 38.277 Cuneo, 21.580 Novara, 147.654 Torino, 10.444 Vercelli, 10.489 Verbano-Cusio-Ossola, oltre a 1.246 extraregione e 2.076 in fase di definizione.

Addio a Paolo Filippi, fu presidente della Provincia di Alessandria

LO HA PORTATO VIA UN INFARTO. AVEVA 58 ANNI

E’ morto Paolo Filippi. Lo ha stroncato la mattina di Pasqua un infarto. Aveva cinquantotto anni e, sin da giovane, era stato impegnato in politica(senza dimenticare il sociale, oratoriano della parrocchia dell’Addolorata), nella Democrazia Cristiana. Nei primi anni Ottanta fu collaboratore de La Vita Casalese, dove divenne giornalista pubblicista e curò le relazioni stampa per il senatore Riccardo Triglia. Venne eletto nel 1984 per la prima volta consigliere comunale a Casale Monferrato e nel corso degli anni su assessore al bilancio ed alle manifestazioni sempre a Casale per poi diventare consigliere ed assessore provinciale ad Alessandria (nel periodo in cui era a Palazzo Ghilini Fabrizio Palenzona), poi dal 2004 ancora presidente della Provincia di Alessandria, a capo di una coalizione di centro-sinistra. Terminata l’esperienza dello scudo crociato seguì la trafila degli ex Dc di sinistra sino al Pd, partito lasciato nel 2019 quando è passato ad Italia Viva, come segretario e coordinatore. Nella sua vita lavorativa, dopo esperienze come assicuratore ed insegnante è poi entrato a fare parte dell’organico della Casa di Riposo di Casale in piazza Cesare Battisti.

Chi scrive lo conosceva da moltissimi anni. Uscivamo spesso in compagnia insieme – erano i primi anni Ottanta – in compagnia al Bar Vichingo, dove abbiamo trascorso tante serate a ridere e scherzare sino a tarda ora, per riprendere il giorno dopo il nostro ‘lavoro’ di studenti. Paolo, infatti, faceva il pendolare con Milano, dove studiava giurisprudenza in Cattolica e dove si è poi laureato. Rispetto a me, che avevo due anni in più, era molto più avanti nell’impegno politico

E anche se non siamo mai stati politicamente in sintonia Paolo ha segnato, due momenti che hanno poi influenzato due passioni della mia vita, il giornalismo e la politica. Fu lui a dirmi che il nuovo direttore de La Vita Casalese, don Paolo Busto, stava cercando qualcuno che seguisse le cronache giudiziarie del Tribunale di Casale, e fu lui a fare il mio nome al direttore. Fu durante una vacanza in Sardegna, dopo lunghi confronti e vedendo la sua preparazione politica del tempo, che decisi di approfondire anch’io la mia militanza nel Psdi nel quale ero iscritto da un anno e di cui sono diventato segretario regionale giovanile. Siamo nel 1982 – 1983 in un mondo che ormai è scomparso ma i cui ricordi sono ancora nitidissimi.

Di Paolo c’è poi il ricordo goliardico e sportivo, del giocatore di pallacanestro e di alcune partite giocate in Prima Divisione, del tifoso del Milan, del grande mangiatore di cibo,. Poi gli anni ci hanno allontanati come spesso succede. Raramente l’avevo sentito per dichiarazioni sui giornali, lo seguivo da lontano su Facebook. Sino alla terribile notizia che chiude la troppo breve storia di una vita intensa.

Ma il mio ricordo indelebile sarà sempre quello dei primi anni Ottanta che ho voluto fissare in queste poche righe.

Ciao Paolo.

Massimo Iaretti

Panza (Lega): “Criteri oggettivi e condivisi per le risorse per la montagna”

Stiamo per entrare nel vivo della ripartizione dei 700 milioni destinati alla montagna:

mentre il Governo è al lavoro per cercare di aumentare la dotazione già messa in campo, adesso tocca alla Conferenza Stato-Regioni stabilire come distribuire i fondi – commenta l’europarlamentare Alessandro Panza, responsabile del Dipartimento Montagna della Lega -.
La posizione della Lega è quella di trovare una soluzione concreta e partecipata che non crei disparità e che dia una risposta adeguata a tutti i territori montani così duramente colpiti dalla mancata stagione invernale.
Auspico che ci sia un lavoro di squadra che trovi soluzioni reali e condivise per poter dare risposte adeguate a tutto il comparto della montagna italiana – conclude Panza.

Così in una nota l’europarlamentare Alessandro Panza, responsabile del Dipartimento Montagna della Lega

“Corso Giulio Cesare non è forse in zona rossa?”

“I cittadini continuano a segnalare assembramenti e spaccio a tutte le ore in Corso Giulio Cesare, in particolare all’altezza del civico 111.

Dopo qualche giorno di pace, dovuto ai controlli delle forze dell’ordine, la situazione è tornata peggio dei mesi scorsi. Gruppi di persone bivaccano bevendo birra e consumando cibo, parlando a voce alta anche dopo le 22, forse in questo angolo di Barriera di Milano non esiste il coprifuoco? Altra piaga che persiste è lo spaccio di stupefacenti, che ad ogni ora avviene senza sosta, è facile vedere spacciatori cedere le dosi ai clienti che le consumano senza paura seduti sulle panchine o in strada, a testimonianza del consumo di crack abbiamo rinvenuto diversi involucri vuoti. Siamo a conoscenza dei maggior controlli effettuati nel quartiere Barriera di Milano, ma purtroppo non bastano. Abbiamo scritto per la terza volta alle istituzioni, pensiamo che una soluzione vada trovata al più presto. I cittadini sono stanchi ed esasperati dopo anni di bivacchi e spaccio sotto le proprie finestre. Chiediamo ancora una volta presidi fissi delle forze dell’ordine o comunque un deterrente che faccia finire questa vergogna che dura da troppo tempo”. Lo dichiara Paolo Biccari, ex presidente dell’associazione Giustizia & Sicurezza.

Ventilatore polmonare da Poli e Apr


A MINIMO CONSUMO DI OSSIGENO

Sviluppato un dispositivo per la ventilazione non invasiva a pressione positiva continua per applicazioni ospedaliere

 

Durante la prima fase della pandemia da Covid-19, gli ospedali hanno vissuto gravi carenze nei mezzi di supporto per contrastare l’insufficienza respiratoria acuta causata dall’infezione. La scarsa disponibilità di dispositivi meccanici ha spinto gli operatori sanitari ad adottare differenti strategie per la gestione dei pazienti prima dell’ammissione alla terapia intensiva e conseguentemente per ridurre l’utilizzo di ventilatori invasivi. In questo scenario, molti ospedali si sono indirizzati verso la ventilazione non-invasiva a pressione continua positiva (quelli che abbiamo imparato a conoscere come “CPAP”), che si è rivelata estremamente efficace nel supportare il ciclo di respirazione spontanea del paziente forzando in continuazione una miscela aria-ossigeno, mantenendo così una pressione positiva sufficiente a tenere aperte le vie aeree e gli alveoli polmonari.

Nonostante la CPAP si sia dimostrata essere la terapia ventilatoria precoce più efficiente, anche questi dispositivi hanno presentato criticità, in primis legata all’elevato consumo di aria compressa ed ossigeno che hanno ripetutamente messo in crisi gli impianti di distribuzione di gas medicali. Per fornire soluzione a questa problematica, fin dai primi mesi dell’emergenza, il Politecnico di Torino e l’azienda APR hanno lavorato insieme per proporre una tecnologia sostenibile, sicura ed efficace: DIVOC (Device for non-Invasive Ventilation with low Oxygen consumption in absence of environmental Contamination), un device per l’assistenza al respiro che sfrutta la tecnologia di ventilazione non invasiva a pressione continua positiva.

DIVOC è stato sviluppato grazie alla collaborazione tra PolitoBIOMed Lab – PAsTISs (PArco delle Tecnologie Innovative per la Salute, Infrastruttura di Ricerca cofinanziata dalla Regione Piemonte) e l’azienda APR di Pinerolo, che ha condiviso la sua esperienza nella progettazione e costruzione di equipaggiamenti fluidodinamici per il settore aerospaziale. Il dispositivo è stato proposto in tempi brevi per la registrazione di un brevetto, in co-titolarità tra l’Ateneo, APR e i dottori anestesisti Marco Cavaglià e Carlo Olivieri, direttore del reparto di Anestesia e Rianimazione presso l’A.S.L. di Vercelli.

Questa nuova tecnologia CPAP sarebbe particolarmente vantaggiosa se subito impiegata negli ospedali COVID, dal momento che è indipendente dalle centrali di distribuzione dei gas medicali; centrali che sono state messe in crisi dalle tecnologie tradizionali. DIVOC è in grado di risolvere anche le altre problematiche riscontrate nella CPAP tradizionale; favorirà inoltre la diffusione di questa efficace tecnica di ventilazione non invasiva per i pazienti. Ad oggi i dispositivi CPAP ospedalieri, oltre a richiedere elevate portate di aria e ossigeno compressi, disperdono nell’ambiente circostante aerosol ricco di agenti patogeni e hanno un alto livello di rumorosità per pazienti ed operatori. DIVOC, grazie alla chiusura del circuito di ventilazione pressurizzato da un piccolo ventilatore elettrico, lavora con consumi irrisori di ossigeno e aria compressa, elimina nel contempo la pericolosa contaminazione ambientale (garantendo la sicurezza del personale medico) ed è molto confortevole per il paziente sia in termini di rumorosità sia in termini di temperatura ed umidità dell’aria inspirata.

“Lo stimolo per lo sviluppo di DIVOC nasce durante il lockdown, proprio dai momenti drammatici vissuti nelle terapie intensive prese d’assalto dal coronavirus. – afferma il professor Alberto Audenino, coordinatore di PAsTISs – In quel periodo soltanto due laboratori del Politecnico erano rimasti aperti, nel primo si valutavano le mascherine di nuova produzione, nel secondo iniziavamo lo studio di questo nuovo sistema di ventilazione meccanica non invasiva a circuito chiuso. È con rammarico che apprendiamo che in proprio in questi giorni le terapie intensive dei nostri ospedali sono entrate di nuovo in crisi per carenza di gas medicali. DIVOC risolve completamente questo problema: vorremmo che fosse già disponibile sul mercato. In ogni caso saremmo in grado di allestire immediatamente alcune decine di unità prototipali; in questo senso ci dichiariamo sin d’ora a disposizione delle istituzioni regionali e sanitarie.”

Un anno fa ci siamo chiesti come avremmo potuto essere d’aiuto – commenta Andrea Romiti, ceo di APR – in una situazione drammatica come quella che apprendevamo da Tv e giornali. APR, guidata dal suo spirito di innovazione, ha promosso un tavolo tecnico con le imprese, tra cui il leader aerospaziale Collins Microtecnica, che ci condotti fino a sviluppare un sistema che garantisce una maggiore efficacia delle terapie riducendo l’invasività e proteggendo il personale sanitario. Ritengo che questo sia un gran esempio di collaborazione tra il mondo universitario e quello delle PMI e possiamo affermare che si tratta un prodotto non solo made in Italy ma orgogliosamente made in Piemonte”.

DIVOC è ora in fase di prototipazione nei laboratori del Politecnico; sono già state effettuate alcune sessioni prolungate di sperimentazione preclinica su volontari sani. Sono in corso collaborazioni con aziende ospedaliere del territorio con la prospettiva di portare presto questa tecnologia innovativa nei reparti degli ospedali. I ricercatori sono entusiasti dei risultati ottenuti e sono alla ricerca dei finanziamenti necessari per proseguire con la fase di industrializzazione e certificazione del prodotto.

Fondi agricoltura, Protopapa: “Bene la ripartizione”

La Regione Piemonte condivide pienamente la proposta dal ministro delle politiche agricole Stefano Patuanelli sui criteri di ripartizione tra le Regioni dei fondi Feasr 2021 -2022 per l’attuazione del Programma di sviluppo rurale. Ha dichiarato l’assessore Marco Protopapa:

 “Il Piemonte, insieme ad altre 14 Regioni, plaude al piano di ripartizione dei fondi Feasr presentato dal Ministro: una proposta equilibrata che supera, finalmente, i vecchi criteri, cosiddetti “storici”, che sono ormai completamente avulsi dalla realtà agricola italiana. Si, invece, all’adozione di criteri oggettivi che, peraltro, entreranno a regime con gradualità, proprio per venire incontro anche alla esigenze delle 6 Regioni che ancora si oppongono a questo nuovo approccio. Peraltro ricordiamo che in base all’accordo sancito all’unanimità nel 2014 tra tutte le Regioni e le Province Autonome, questi criteri dovevano essere completamente abbandonati con l’attuale periodo di programmazione. Con questa modalità di assegnazione, nel biennio 2021-2022, il Psr del Piemonte potrà contare su un aumento della spesa pubblica di oltre il 10% a cui si aggiungeranno circa 50 milioni di € dei fondi “Next Generation”. In questo modo sarà anche possibile dare risposte concrete alle nostre aziende in un periodo di eccezionale difficoltà”.

 

A Pasqua uova made in Torino

Da TUOvo di Davide Appendino alle uova Faberge’ prodotte da Pfatish le varie proposte torinesi per la Pasqua 2021

 

TUOvo è la novità dell’uovo di Pasqua 2021 creata dell’artigiano del cioccolato torinese Davide Appendino. Si tratta di un kit personalizzato cui viene inserita al proprio interno la sorpresa preferita o, in alternativa,  un sacchetto di dragees compreso nel kit. L’azienda si trova nel cuore del Piemonte a Cervere, in un territorio molto ricco e fertile, anche noto per la sua tradizione dolciaria e la produzione di cioccolato di alta qualità.

L’uovo di Pasqua viene realizzato da Davide Appendino per la Pasqua 2021 in tre diverse proposte: l’Uovo alla canapa piemontese, prodotto con l’olio di canapa del Piemonte; Cuba 69+, realizzato con il 69% del cacao monorigine cubano di canna grezza biologica, e il cosiddetto Uovo di Colombo. Un viaggio mentale e anche aromatico verso Paesi lontani viene suggerito da Davide Appendino attraverso la proposta dell’uovo realizzato con cacao monorigine Venezuela Sur del Lago superior e zucchero grezzo di canna, decorato con cannella di nocciola Piemonte IGP.Anche la proposta pasquale di Pfatish, nota cioccolateria e pasticceria storica torinese in via Sacchi, vede le uova quali protagoniste assolute, in particolar modo le uova Faberge’, nella versione classica, al cioccolato fondente o al latte, oppure croccanti e rivestite di granella di nocciole, tutte confezionate in passamaneria sospese in stile macrame’ e ispirate ai disegni più antichi, costellati da gemme.

L’Uovo al Latte Granellato è una delle diverse proposte pasquali di Guido Gobino, altro celebre nome tra i produttori di cioccolato torinese, che si affianca al “N Uovo”, uovo Pasquale dalla forma inimitabile. Un’altra sua proposta è quella dell’Uovo fondente a base, appunto, di cioccolato fondente con il 63% di cacao aromatico, impreziosito da rilievi in oro, realizzati completamente a mano.

Le origini dell’uovo di cioccolato sono da ricondurre al re Sole che, per primo, nella Francia di inizio Settecento, fece realizzare un uovo di crema di cacao al suo chocolatier di corte, anche se l’usanza di regalare uovo pasquali risale già al Medio Evo. Fin dall’antichità  questo alimento aveva ricoperto un ruolo simbolico enorme, tanto che alcune culture ritenevano che cielo e Terra, unendosi, formassero proprio un uovo, simbolo di vita. Gli antichi Egizi consideravano l’uovo origine di tutto e fulcro dei quattro elementi del creato (aria, acqua, terra e fuoco). Anche gli stessi Persiani, al rinascere della primavera, amavano scambiarsi, come dono, delle uova, simbolo di nuova vita. Il Cristianesimo avrebbe affiancato queste tradizioni e le avrebbe reinterpretate alla luce della Nuova Scrittura, considerando l’uovo il simbolo capace, meglio di ogni altro, di cogliere il significato del miracolo della Resurrezione di Cristo.

La tradizione delle uova, che già risale in Germania al Medio Evo, approdo’ in seguito anche nella Russia degli Zar, nell’Ottocento, con lo sviluppo di un’inimitabile arte, merito dell’orafo di corte Peter Carl Faberge’, incaricato dallo Zar Alessandro III di preparare per la zarina delle meravigliose uova decorate. Il primo suo uovo fu realizzato in platino smaltato di bianco. La collezione imperiale ne vanta 52 esemplari.

Mara Martellotta 

Pd: “La Regione Piemonte snobba i turisti svizzeri?”

La consigliera regionale Monica Canalis e il deputato Davide Gariglio: “Cosa aspetta la Regione Piemonte ad avviare un’interlocuzione con le ferrovie Federali Elvetiche e con Trenitalia?”

«Con il completamento della nuova galleria ferroviaria del Monte Ceneri e del tunnel del Gottardo le città svizzere sono ora iperconnesse con l’Italia, grazie al progetto Alptransit, progetto finanziato dai contribuenti elvetici.  Mentre la Lombardia e la Liguria sono pronte a sfruttare questa grande opportunità con collegamenti diretti e veloci verso le città di Milano e Genova, la Regione Piemonte appare totalmente assente. Non si sono attivate azioni per portare direttamente a Torino i treni che partono da Zurigo, sostenendo così il settore turistico»: lo affermano Monica CANALIS, Vicesegretaria PD Piemonte e Consigliera Regionale, e l’on. Davide GARIGLIO,
Capogruppo PD Commissione Trasporti alla Camera dei deputati.

«In risposta ad una mia Interrogazione sul tema-afferma la consigliera Monica CANALIS-gli assessori regionali Marco Gabusi e Vittoria Poggio hanno risposto che la ricerca di un accordo non compete alla Regione. Un segno di disinteresse, perché dopo il treno Zurigo-Genova vorremmo che si lavorasse anche su quello Zurigo-Torino. Cosa aspetta la Regione Piemonte ad avviare un’interlocuzione con le ferrovie Federali Elvetiche e con Trenitalia?».