ilTorinese

“L’orto fascista” Romanzo / 11

ERNESTO MASINA

L’Orto Fascista

Romanzo

PIETRO MACCHIONE EDITORE

 

In copertina:
Breno, Piazza Generale Ronchi, già Piazza del Mercato, fotografia d’epoca.

 

 

XLIII

Alle undici meno un quarto uno sbraitante Sturmbannführer entrò nella casa – prigione, accolto dalle due SS che erano di guardia. Le sue urla svegliarono anche gli altri quattro militari che stavano dormendo al piano superiore e che, dopo qualche minuto, giunsero, rivestiti in qualche modo, davanti al loro Comandante. Questi continuava, urlando, ad impartire ordini. La porta della cantina fu spalancata e tutte le sei SS si precipitarono, urlando a loro volta, nello scantinato. I poveri prigionieri furono fatti alzare, spintonati su per le scale e, quindi, fuori dalla porta che dava sulla strada: terrorizzati e certi di essere condotti al luogo ove sarebbero stati fucilati.
Ma la porta si chiuse alle loro spalle senza che nessuna delle SS fosse uscita. Dopo qualche momento di intontimento capirono di essere in strada tremanti, al freddo, affamati, assetati, ma liberi. Quando furono sicuri che le SS non avrebbero sparato su di loro, si diressero verso il centro del paese. I più giovani si misero a correre, urlando, lungo il corso principale. Le prime finestre si aprirono, nelle stanze le luci si accesero e, pian piano, tutto il paese si accorse della loro liberazione.
Solo don Pompeo, che si era avviato con gli altri, ritornò sui suoi passi ed andò a battere, con violenza, al portoncino della casa. Gli aprì lo Sturmbannfürher in persona, con occhi spiritati mentre un filo di bava gli scendeva dalle labbra. Il Parroco, in modo concitato ma comprensibile, spiegò che il Fausto, rimasto nella cantina, doveva essere prelevato e portato in ospedale. Quattro SS scesero e ritornarono trasportandolo a braccia. Stavano per adagiarlo sul piano della strada quando il Parroco si avvicinò alla vettura, con la quale era giunto lo Sturmbannfürher, aprì la portiera posteriore ed indicò il sedile sul quale il ferito, che continuava a lamentarsi ed a piagnucolare, venne disteso. Salì anche don Pompeo e, rivoltosi all’ufficiale tedesco, gli urlò: “Ospedale. Subito!”
L’autista si rivolse al suo Comandante e, avuta tacita approvazione, si mise al volante e partì alla volta del- l’ospedale.
Il Silestrini, il sagrestano, stava facendo all’amore con la moglie, come tutti i sabati sera con la data dispari. Un tacito accordo che andava bene a lei perché non la impegnava troppo di frequente, ma che serviva ad alimentar- le ancora la speranza di conoscere cosa potesse essere un orgasmo – “una cosa meravigliosa” le aveva detto la sua migliore amica con la quale era in confidenza – che non aveva mai raggiunto. Bene per lui che, a 62 anni, desiderava, per piacere e per curiosità questa pratica. La curi sità di verificare le sue capacità sessuali bimensilmente: era per lui come timbrare il cartellino.Incuriosito dalle urla che arrivavano dal Crusal sino a casa sua, interruppe il rapporto. Si rivestì velocemente, raggiunse il luogo da dove provenivano gli schiamazzi e, avuta la buona notizia, si precipitò al campanile della chiesa ove iniziò un vero concerto di campane.

 

Intanto quasi tutte le case si erano svuotate; uomini, donne e bambini correvano vociando da una parte all’al- tra attorno ai liberati. Nella piazzetta davanti al municipio fu acceso un grande falò. Il Ducoli aprì il bar, offrendo a chi entrava nel locale bicchierini di grappa, versandone abbondantemente anche per sé. Le sedie del bar furono portate intorno al fuoco ed offerte agli ex detenuti.
Persino il Podestà, dopo aver mandato a verificare che non vi fossero in giro tedeschi e militi della Muti, venne a congratularsi per lo scampato pericolo. Qualcuno portò bottiglie e bicchieri, pane e salame che vennero offerti agli affamati. Ristorati, questi cominciarono a raccontare quanto avevano sopportato in quasi 24 ore di prigionia, soffermandosi, con particolari agghiaccianti, su quanto era toccato al Fausto, solo dopo che i genitori del loro collega di sofferenze avevano lasciato i festeggia- menti per correre in ospedale.
Arrivato al nosocomio il Parroco aveva chiamato due infermieri che erano corsi con una barella dove avevano adagiato il povero Fausto portandolo in infermeria. Il giovane medico di turno, che mai aveva visto nulla di così raccapricciante, non sapeva bene cosa fare. Fausto perdeva ancora sangue dalle ferite al viso ed alle gambe e sembra- va privo di conoscenza. Don Pompeo ordinò che venisse immediatamente chiamato il professor Parola, il primario chirurgo dell’ospedale che abitava in una bella villa vicina. Nel frattempo medico e infermieri avevano denudato il corpo del ferito tagliando a pezzi i vestiti che indossava, onde evitare pericolose torsioni a gambe e braccia. Il Fausto aveva, per fortuna solo nella parte anteriore del corpo, lesioni ed ecchimosi che interessavano praticamente tutta la superficie della pelle. Il volto, alla luce delle lampade, apparve a don Pompeo ancora più deva- stato di quanto sembrasse nella penombra dello scanti- nato ove erano stati tenuti. Le ossa e le cartilagini delle ginocchia sembravano distrutte ed i tendini strappati. Il professore, arrivato in pochi minuti, si chinò sul povero corpo e lo esaminò a lungo e con scrupolo. Non mosse gli arti inferiori in attesa di una radiografia, auscultò cuore e polmoni e si assicurò che non vi fossero fratture al cranio. Con aria grave si avvicinò al prete e ai genitori di Fausto e, con quella sua voce calda e col tono rassicurante che per tanti malati valeva più di una medicina, disse: “Intervenire chirurgicamente ora è impossibile. Secondo me il paziente non potrebbe sopportare un’anestesia. Rischiamo di farcelo morire sotto i ferri. Ha perso molto sangue ed è in un gravissimo stato di shock. Procediamo con delle trasfusioni e rimandiamo l’intervento a doma- ni. Cerchiamo di tenerlo sedato. Ce la farà!” Poi, rivolto ai soli genitori continuò: “Vi sconsiglio di vederlo questa sera. Non è un bello spettacolo: con il viso così gonfio e con le ferite che sanguinano sembra molto più grave di quello che in effetti è. Fatevi coraggio e pazientate sino a domani mattina.”

Si iniziò a disinfettare le ferite ed a lavare il sangue coagulato. La pulizia rivelò altre macchie bluastre dove i violenti colpi non erano riusciti a lacerare la pelle. Sem- brava che nessuna parte del corpo fosse stata risparmiata da un’azione di precisa e sistematica violenza. Chi l’ave- va eseguita era sicuramente un allenato professionista.
In paese erano arrivati anche molti abitanti delle frazioni vicine attirati dal suono festante delle campane e dalla luce del falò che illuminava l’oscurità della notte. Qua cuno, che non era a conoscenza dell’arresto dei 18, pensava che fosse finita la guerra ed i tedeschi se ne fosse- ro andati. Altri che fosse scoppiata la rivoluzione e che la popolazione avesse avuto la meglio sui crucchi. Tutti, comunque, furono felici per lo scampato pericolo ed approfittarono dell’assenza dei tedeschi, che erano rimasti chiusi o nell’albergo Fumo o nella casa del Salvetti, intonarono chi “Bandiera Rossa”, chi il “Va’ pensiero”, chi, chissà perché, il “Garibaldi fu ferito”. La gran festa finì solo all’alba con il Ducoli che contava 18 bottiglie di grappa vuote, decine di bottiglie di vino, altrettanto vuote, agli angoli delle strade e almeno cin- quanta ubriachi che dormivano, russando beatamente, appoggiati ai muri delle case.
Alle sette del mattino successivo il prof. Parola entrando in ospedale fu bloccato dalla Cia “Pastera”.

La Cia era una donna di poco più di quarant’anni, magra scheletrica che viveva con due sorelle minori, una delle quali afflitta da un grosso gozzo – cosa abituale in quei tempi e in quelle zone ove l’alimentazione era priva di sufficienti valori nutrizionali – nella vecchia casa di fami- glia. Il soprannome derivava dal fatto che i suoi genitori, dopo una breve parentesi passata da emigranti in America, ove avevano fatto una discreta fortuna, rientra- ti in paese avevano aperto un piccolo laboratorio ove producevano pasta fresca e, soprattutto, dei “casunsei” che erano conosciuti in tutta la valle per la loro bontà. Una specie di ravioli il cui contenuto è fatto da un elaborato miscuglio di erbe alpine e carne di maiale. Veramente si sussurrava che la carne usata per i ripieni fosse quella dei gatti che loro allevavano in grande quantità o che catturavano, con spiccata abilità, tra quelli dei vicini.
Era una donna dal carattere di ferro. Come si diceva allo- ra: una donna con gli attributi. Dopo aver frequentato le prime tre classi elementari era stata mandata dai genito- ri, che non avevano tempo e voglia di occuparsi di lei, presso le suore del paese ove la bambina era stata avvia- ta, con grandi risultati, all’arte del ricamo. A diciotto anni era riuscita, nonostante la giovane età e la totale inesperienza, a lavorare presso un ospedale da campo nelle retrovie del fronte della Grande Guerra.
Rifiutata dai medici per la giovane età li aveva, dopo lunghe insistenze, convinti dicendo che se al fronte andava- no i “ragazzi del 99”, lei, che aveva la stessa età, poteva essere impiegata ad assisterli. Senza preamboli disse al Parola: “So che il Fausto Domeneghini ha riportato delle brutte ferite che potrebbero lasciargli il viso devastato. La prego, signor professore, lasci che sia io a ricucirlo per tentare di salvare il salvabile.” Il professore rimase basito a tale proposta.
Conosceva la Cia per fama sapendo che la moglie le aveva affidato il restauro di vecchi arazzi che, dopo il suo intervento, erano ritornati come nuovi. Sapeva anche della sua esperienza fatta nell’ospedale militare, ma come pensare che la donna potesse entrare, come un normale medico o un infermiere specializzato, in sala operatoria? D’altra par- te, il suo staff di chirurghi era limato all’osso e l’interven- to al viso, per non prolungare troppo l’anestesia al Do- meneghini, avrebbe dovuto essere compiuto mentre lui operava i ginocchi. Si consigliò con i suoi colleghi, chiese l’autorizzazione ai genitori di Fabio e, dopo lunga medita- zione, diede l’autorizzazione all’intervento di Cia. Quando le ferite furono rimarginate e il gonfiore spari- to, il Parola si compiacque con sé stesso per aver accetta- to la collaborazione della donna. Il risultato era inimmaginabile tanto che il Fausto, quando ritornò guarito a casa, fu battezzato “Il merletto”.

 

XLIV

La giornata successiva fu ricca di avvenimenti significativi. L’operazione alle ginocchia di Fausto, che dopo le nume- rose trasfusioni praticategli aveva dato segni di una notevole ripresa, era stata più semplice del previsto. I lega- menti non erano stati offesi in modo serio. Rimosso un menisco ridotto a pezzettini e ricostruita la parte molle, l’intervento era terminato in modo soddisfacente.
Tutta l’equipe medica aveva avuto agio di seguire il la- voro della Cia. Con una pazienza da certosino e con una perizia incredibile aveva preso con una pinzetta le parti di carne lacerate, le aveva rimesse nella primitiva posizione e quindi le aveva cucite l’una all’altra con microscopica precisione. Mai un tentennamento, mai una necessità di rivedere l’operato. Ma soprattutto mai un momento di nervosismo e di repulsione verso la terribile visione del viso di Fausto.
Don Mandelli era giunto a Breno con il treno delle 8,20. Si era recato direttamente alla casa del Parroco ed aveva trovato don Pompeo che si era alzato da poco, dopo la interminabile nottata, e stava facendo colazione. Il Parroco aveva intenzione di recarsi in ospedale ma l’ar- rivo del Segretario del Vescovo lo bloccò. Incaricò l’Elvira di andare a raccogliere notizie, pregandola di fargliele avere al più presto: “Che siano buone, mi raccomando!”

 

Versò una tazza di quello che ci si ostinava a chiamare caffè al collega di Brescia e, il più sbrigativamente possibile, gli raccontò quanto era avvenuto la sera precedente. Non accennò al suo intervento né a quanto aveva raccontato ai tedeschi: lo avrebbe fatto direttamente al Vescovo. Intanto don Arlocchi aveva organizzato tutto perché la messa delle 10 fosse solenne, con la presenza del coro e delle associazioni cattoliche. Don Pompeo offrì al Mandelli di celebrarla quale rappresentante del Vescovo, ma il sacerdote rifiutò dicendosi comunque felice se avesse potuto concelebrarla. La chiesa era stracolma. In prima fila i 17 prigionieri con le loro famiglie e, circondati affettuosamente da tutti, i genitori del Fausto finalmente sorridenti dopo le buone notizie che il Parola aveva loro comunicato personalmente. Giunti all’omelia, don Pompeo salì sul pulpito e guardò il suo gregge, visibilmente commosso.
“Il nostro primo atto doveroso” iniziò, “è di rivolgere a Dio una preghiera di ringraziamento. Diciotto di noi erano in pericolo di vita e lui li ha salvati. Diciotto innocenti che non avevano commesso alcun atto riprovevole stavano per essere puniti duramente. Dio, che sempre dall’alto sorveglia il suo popolo non lo ha permesso. Sia gloria a Dio! Lui ha guidato la mente di qualcuno che, indegnamente, ha portato la sua parola a chi aveva in mano la sorte dei nostri compaesani e li ha fatti ragiona- re. Solo il nostro caro Fausto ha conosciuto la durezza degli aguzzini. Preghiamo perché possa rimettersi al più presto. Ai suoi genitori, che sono un poco più sereni dopo le buone notizie che giungono dall’ospedale, l’ab- braccio di tutta la comunità ed il mio personale. Voglio pubblicamente ringraziare il nostro caro coadiutore don Arlocchi che, con presenza di spirito e con la grande fede che è in lui, ha immediatamente reagito al mio arresto compiendo l’atto che doveva essere compiuto. Informare immediatamente il nostro amato Vescovo che oggi ha voluto partecipare alla nostra gioia inviandoci il suo Segretario particolare. Ed a lui, perché lo porti a sua Eminenza, il nostro grazie. Grazie don Mandelli!
Abbiamo un grande Vescovo. Un uomo che non ha esitato a mettersi in gioco, con grande coraggio e abnega- zione, per salvare le sue pecorelle. Il coraggio di affronta- re il Comando tedesco esigendo grazia per chi era stato derubato della propria libertà e della propria dignità di uomo. Fra pochi giorni festeggeremo Santa Lucia. Preghiamola perché possa aprire gli occhi a tutti i governanti del mondo, affinché cessino le guerre, le lotte tra un popolo e l’altro, tra un gruppo di uomini e un altro che magari parlano la stessa lingua.
Ed ora lasciatemi ringraziare personalmente Dio. In que- ste ultime terribili ore mi sono accorto di non essere sta- to un buon pastore per voi. Ho trascurato di lenire le vostre sofferenze, le vostre solitudini. Di ascoltare, come dovrebbe fare un padre, le vostre parole, le vostre richie- ste. Rispondere ai vostri dubbi con l’esempio che, sempre, un buon pastore dovrebbe dare. Non ne ero capace. Non ne avevo la forza. Ve ne chiedo perdono. Ma vi assi- curo che quanto ho vissuto mi ha rafforzato. Nonostante quello a cui sono stato costretto ad assistere ho riscoperto, al di là del male, l’umanità degli uomini, la gioia del perdono che è l’unica strada che ci può condurre a Dio. Vi prego di aiutarmi e di sorreggermi nel cammino che sto per intraprendere. Avrò bisogno del vostro aiuto e della vostra comprensione perché anch’io sono solo un pover’uomo. Sia lodato Gesù Cristo”.Vi fu un lungo minuto di silenzio. Poi, forse per la prima volta in una chiesa, scoppiò un lungo e caloroso applauso.

 

 

XLV

L o Sturmbannführer, più imbestialito che mai, era partito, insieme al suo autista, per Brescia. Le sei SS, che
si era portato a Breno, vennero sistemate su uno di quei carrelli usati per le verifiche delle rotaie. Agganciato a un treno merci, che portava materiale delle ferriere Tassara, il carrello con il suo carico erano partiti per Brescia. Giunto nei pressi di Costa Volpino il capotreno, che si era segretamente accordato con un gruppo di partigiani, fermò il convoglio simulando un guasto.
Presi alla sprovvista, i militi vennero disarmati dai parti- giani che li avevano accerchiati. Sei mitra, sei machine- pistole, due mitragliatrici leggere ed una valanga di proiettili cambiarono proprietario. Fu identificata la SS che aveva torturato Fausto e che aveva ancora nella tasca dei pantaloni il tirapugni sporco del suo sangue, che l’uomo conservava quasi come un trofeo. Fu fatto spogliare rimanendo in mutande e maglietta. Gli fu legata una corda in vita e l’altro capo agganciato al carrello. Il treno fu rifatto partire ad andatura lenta e l’SS fu costretta a correre, a piedi scalzi, sulle appuntite pietre della massicciata. Quando i piedi diventarono delle masse informi e sanguinolente e l’uomo stava per svenire, il treno si fermò, permettendo ai suoi compagni di riprenderlo a bordo. Lo Sturmbannführer, giunto a Brescia, si recò direttamente al suo comando ove gli fu comunicata la revoca di tutti gli incarichi che gli erano stati affidati e l’ordine di prepararsi a partire per la sua nuova destinazione: il fronte nord-occidentale.“Uomini indegni come Lei” furono le ultime parole che udì dal suo superiore diretto, “sono il grande problema per l’invincibile Armata tedesca! Spero che al fronte si potrà riscattare con una morte onorevole”. Il superiore non fu buon profeta. Un’ora dopo lo Sturmbannführer fu trovato nella sua stanza impiccato.

 

XLVI

Fausto si svegliò dall’anestesia nel tardo pomeriggio. Aveva una forte nausea e si sentiva a pezzi. Le facce sorridenti dei suoi genitori e di don Pompeo gli portarono un po’ di sollievo. Con la bocca ancora impastata e con la pelle del viso che gli tirava tutta, farfugliò un “Salve” chiedendo poi cosa gli fosse capitato. Evidentemente, e per fortuna, lo shock gli aveva cancellato, almeno momentaneamente, i ricordi. Don Pompeo fu poco preciso per non disturbare il feri- to. Gli parlò dell’arresto, di qualche pugno che gli era stato somministrato e, soprattutto, della liberazione e dello smacco che i tedeschi avevano subito. Gli racco- mandò di stare calmo e di riposare. “Ci sarà tutto il tempo per raccontarci nei particolari quello che è successo” disse – e qualcuno dovrà anche parlarti della tua faccia – pensò.

(continua…)

 

Toro: fermi Ansaldi e Verdi. Juve: Locatelli, ci siamo

Doppio allenamento per i granata di Juric. Brutte notizie dall’infermeria perché si fermano per affaticamento muscolare Ansaldi e Verdi che s’aggiungono al già infortunato Bremer. Tutti e 3 i giocatori sono a rischio per i 32esimi di finale di Coppa Italia contro la Cremonese di domenica sera all’Olimpico Grande Torino(ore 21).Saranno tenuti precauzionalmente a riposo per esser pronti sabato 21 agosto nella prima giornata di campionato, in casa, contro la fortissima Atalanta. Nessuna novità dal mercato con Lyanco che potrebbe andare al Cagliari,richiesto dal tecnico rossoblù Semplici, in cambio del centrale polacco  Walukiewicz.

In casa Juve proseguono gli allenamenti per prepararsi al meglio per la prima giornata di campionato che vedranno i bianconeri di Allegri scendere in campo contro l’Udinese domenica 22 agosto alle ore 18.30 alla Dacia Arena di Udine.
Dal mercato nessuna novità ma continua la trattativa per Locatelli.La Juventus ha offerto oggi al Sassuolo 35 milioni di euro bonus compresi per il forte centrocampista del Sassuolo e della nazionale campione d’Europa. Il prestito sarebbe annuale con obbligo di riscatto in caso di qualificazione alla prossima Champions League. Il Sassuolo vuole un obbligo ancora più sicuro. Nei prossimi giorni sono previsti nuovi contatti fra le parti per chiudere la trattativa con un lieto fine che soddisfi entrambe le società.

Vincenzo Grassano

Rese vendemmiali: favorire l’equilibrio di mercato

Verso il pieno sfruttamento del potenziale produttivo del Moscato d’Asti; anche il Brachetto è in ripresa. Si preannuncia una vendemmia non abbondante e di qualità. L’export traina i consumi: occorre agire con prudenza per assicurare uno sviluppo equilibrato del comparto.

 

Confagricoltura Piemonte esprime parere favorevole all’incremento delle rese vendemmiali delle denominazioni Asti, Moscato d’Asti, Brachetto d’Acqui e Piemonte Brachetto proposte dalle assemblee dei consorzi di tutela.

Il buon andamento della commercializzazione, soprattutto all’estero, e la conseguente riduzione delle giacenze, oggi leggermente al di sotto del livello fisiologico – dichiara Gianluca Demaria, presidente della sezione vino di Confagricoltura Piemonte – ha suggerito agli enti di tutela un coerente incremento del volume di prodotto disponibile per assecondare le esigenze del mercato. Siamo certi che i consorzi, che concorriamo ad amministrare con rappresentanti espressi dalla parte agricola – aggiunge Gianluca Demaria – sapranno agire con prudenza sull’eventuale sblocco della riserva vendemmiale per continuare ad assicurare un corretto equilibrio tra produzione e consumi“.

L’andamento meteorologico finora ha accompagnato in modo favorevole lo sviluppo vegetativo dei vigneti. Le grandinate, seppur infauste per le zone colpite dal maltempo, non hanno compromesso complessivamente la quantità del raccolto. “L’ultima parte del ciclo produttivo – dichiara Ercole Zuccaro, direttore di Confagricoltura Piemonte, organizzazione che con 40 tecnici impegnati sul territorio sta monitorando l’evoluzione della stagione in vigna – come sempre è la più importante per quanto riguarda la qualità del raccolto. Molto dipenderà da come si svilupperanno le prossime settimane: al momento prevediamo una vendemmia non abbondante, ma con una qualità molto interessante”.

Il presidente di Confagricoltura Piemonte Enrico Allasia sottolinea l’importanza del confronto nell’ambito della filiera. “Il Piemonte – spiega Enrico Allasia- ha scelto in modo convinto di puntare sulla qualità, tutelando con le denominazioni d’origine quasi tutta la produzione regionale. Dobbiamo rafforzare la coesione tra produttori, trasformatori industriali: per questo abbiamo chiesto alla Regione di monitorare l’andamento della situazione, promuovendo occasioni di incontro per definire insieme le strategie di sviluppo del comparto”.

 

 

***

 

Le rese vendemmiali proposte dai consorzi di tutela

 

Per le  docg Asti e Moscato d’Asti la proposta del consorzio è di fissare la resa come stabilito dal disciplinare di produzione, pari a  100 quintali di uva per ettaro (l’anno scorso era di 90 quintali): per le restanti tipologie e sottozone le rese proposte sono quelle fissate dal disciplinare di produzione. Per le tipologie Asti e Moscato d’Asti la proposta prevede inoltre una riserva vendemmiale di 15 quintali di uva per ettaro. Gli eventuali “superi”, ovvero le quantità prodotte nel limite del 20% oltre il quantitativo di riferimento fissato dal disciplinare di produzione potranno essere destinati all’ottenimento di mosto parzialmente fermentato da uve aromatiche Moscato (la dicitura non è da intendersi quale destinazione finale delle uve ma esclusivamente come prodotto intermedio nell’elaborazione dei vini spumanti di tipo aromatico con o senza l’utilizzo dell’indicazione della varietà) e a ogni altra destinazione consentita dalla normativa.

Per la docg Brachetto d’Acqui tipologia spumante la resa proposta è di 50 quintali di uva per ettaro (l’anno scorso era di 36 quintali), con una riserva vendemmiale di 10 quintali; per la tipologia tappo raso 50 quintali e 30 di riserva vendemmiale. Gli eventuali superi potranno essere destinati alla produzione di succhi d’uva, mosto o mosto muto o mosto parzialmente fermentato rosso o bianco; mosto o mosto muto o mosto parzialmente fermentato aromatico rosso o bianco, vino e distillati. Per tutelare le produzioni e mantenere un equilibrio di mercato il consorzio ha proposto di non consentire la riclassificazione del mosto atto a produrre Brachetto d’Acqui tipologia tappo raso a mosto atto a produrre Brachetto d’Acqui tipologia spumante.

Per la doc Piemonte Brachetto è stata proposta una resa di 65 quintali di uva per ettaro (43 nel 2020), con una riserva vendemmiale di 25 quintali: gli eventuali superi potranno essere destinati alla produzione di succhi d’uva, mosto o mosto muto o mosto parzialmente fermentato rosso o bianco; mosto o mosto muto o mosto parzialmente fermentato aromatico rosso o bianco, vino e distillati.

Per la democrazia in Ungheria

Sabato 14 agosto 2021 alle 12 di fronte alla Prefettura di Torino, presidio di solidarietà con il popolo ungherese e di indignazione per il loro Governo.
A Torino come a Berlino, Copenhagen, Cracovia, Dublino, Stoccolma, Sofia e altre città in Europa presidio contro l’Ungheria di Orban ed il suo sistema liberticida.

L’8 luglio scorso è entrata in vigore in Ungheria una Legge che vieta la cosiddetta propaganda gay, ovvero la semplice presenza di personaggi gay o contenente un qualsiasi tipo di supporto alla causa LGBT+ che possa essere visto da minori. Qualsiasi contenuto che mostri relazioni LGBT+, una transizione verso un altro genere, o immagini della bandiera arcobaleno sarà ora etichettato come “non raccomandato per i minori di 18 anni” e potrà essere trasmesso in televisione solo tra le 22 e le 5 del mattino.
La legge si estende anche all’educazione sessuale, e solo gli insegnanti e le organizzazioni approvate dal governo potranno insegnare questa materia.
Il governo ungherese sostiene che la legislazione mira a “proteggere i bambini”, ma semmai è vero il contrario. Soffiando sul fuoco dell’omofobia e della transfobia, i bambini e le famiglie LGBT+ sono messi ulteriormente a rischio di discriminazione e violenza.

Questa non è la prima volta che le famiglie arcobaleno e i loro figli sono sotto attacco in Ungheria: nel 2020, il Parlamento ha votato una legge che impedisce, di fatto, alle coppie gay di adottare bambini, limitando la possibilità di adozione alle coppie sposate.
E non è il primo provvedimento che restringe le libertà di espressione in quel Paese: ricordiamo la riforma del sistema di giustizia e l’assoggettamento della magistratura al Governo, la riforma del sistema di informazione e la chiusura di molte voci critiche del Governo stesso, le campagne contro la comunità ebraica, contro Soros, contro i ROM.

La qualità della vita di centinaia di migliaia di persone omosessuali e transgender, di donne, di oppositori del regime di Orban è visibilmente peggiorata in questi ultimi anni nel Paese. Mentre quel Paese ha continuato e continua a beneficiare di tutti i contributi economici (e non solo) che il far parte dell’Europa comporta.

E’ una situazione intollerabile contro la quale si sono espresse le maggiori Istituzioni comunitarie ed il 15 luglio la Presidente della Commissione europea ha annunciato una azione legale contro l’Ungheria di Orban, mentre il 21 Orban stesso ha risposto convocando un referendum popolare (Quando? Come? con quali domande? …  ) per avere una copertura “popolare” della sua Legge contro la Propaganda gay.

Il senso di questo Presidio è semplice e diretto: siamo qui, a controllare quello che fate, a valutare ogni vostra mossa, ad aiutare il popolo ungherese contro soprusi, vessazioni, restringimenti della libertà. A difendere quell’Europa dei Diritti che in Ungheria, ma anche in altri Paesi, è calpestata.

L’iniziativa è stata lanciata a livello internazionale dall’Associazione ALL OUT, in Italia dall’Associazione Radicale Certi Diritti. A Torino è stata organizzata dall’Associazione radicale Adelaide Aglietta e il contributo del Coordinamento Torino Pride e dell’Associazione radicale Marco Pannella.

Il peperone quadrato della Motta nuovo Presidio Slow Food

Piatto iconico di Lidia e Guido Alciati, simbolo dei paradossi dell’agroindustria per Carlo Petrini, è oggi rilanciato da tre giovani orticoltori e dal Comune di Costigliole d’Asti

Le prime fonti scritte sulla sua coltivazione nella piana alluvionale del fiume Tanaro risalgono al 1914, quando un concorso della Società Orticola Astigiana ne evidenzia la produzione da parte di numerosi orticoltori di Costigliole d’Asti e di alcuni comuni vicini. Da lì in avanti è stato un crescendo, fino ad arrivare ai 40-50 mila quintali degli anni ‘60 e ‘70, quando la zona della Motta era orgogliosamente soprannominata “piccola California”. Poi il declino, con gli orti rigogliosi sostituiti da altre culture. Finalmente, oggi, si può parlare di una nuova rinascita del peperone quadrato della Motta di Costigliole d’Asti che diventa Presidio Slow Food.

 

Quella di questo ortaggio, tanto pregiato quanto delicato, è una storia antica che negli anni ha appassionato cuochi, gastronomi, contadini, tecnici e ricercatori e che è stata raccontata oggi, sabato 7 agosto, in una conferenza ospitata a Costigliole. È stato il sindaco Enrico Cavallero ad accogliere, tra gli altri, Stefano Scavino, referente dei produttori del Presidio, Carlo Petrini, presidente di Slow Food e lo chef Ugo Alciati, figlio di Guido e Lidia Alciati, dello storico ristorante Da Guido, di cui quest’anno ricorrono i 60 anni dalla nascita. Ed è proprio dai ricordi di questi ultimi che vogliamo partire oggi con questo racconto che segna un pezzo della storia gastronomica del Piemonte, e non solo.

La sapienza e la tenacia dei cuochi che lo hanno reso famoso

 

Quadrangolare la forma della bacca, gialla o rossa, generose le dimensioni, spessa e carnosa la polpa, e poi quel gusto intenso, ma dolce e delicato, dato dall’elevato contenuto zuccherino, con cui Lidia Alciati, la grande cuoca del ristorante Da Guido, ha incantato avventori provenienti da ogni dove, richiamati dal suo peperone quadrato farcito con tonno, capperi, acciuga, e condito con un po’ di maionese e una goccia di aceto di vino bianco.

 

A scovare i migliori prodotti per lei era il marito Guido: «Fin dai primi anni ‘60, quando il ristorante ha aperto, mio papà andava in giro per le campagne dell’astigiano con l’intento di convincere i piccoli produttori della zona a non abbandonare la coltivazione di varietà locali rare e di qualità. Alcune, dopo gli anni dell’oblio ce l’hanno fatta e hanno segnato una svolta per il loro territorio, come il cardo gobbo di Nizza Monferrato, oggi Presidio Slow Food. Il peperone quadrato si è un po’ perso per strada ma speriamo che oggi con questo riconoscimento riesca a ripercorrere quelle stesse orme» ricorda Ugo Alciati, chef e patron del ristorante Guido da Costigliole.

 

L’intuizione del gastronomo: da qui nasce l’ecogastronomia che ha rivoluzionato l’azione di Slow Food

 

I peperoni quadrati d’Asti, una varietà carnosa, profumata e gustosa, non erano quasi più prodotti nella zona. […] Incontrai un contadino, mi confermò che appunto là, fino a pochi anni prima, si coltivavano quei magnifici ortaggi. Ma ora non più e mi disse in dialetto: «Non conviene, gli olandesi costano meno e nessuno ce li compra più, i nostri! Danno lavoro ed è tutta fatica buttata al vento!». […] Per me quel giorno fu la data d’inizio ufficiale dell’ecogastronomia: la materia prima dev’essere coltivata e prodotta in maniera sostenibile, la biodiversità e le tradizioni alimentari e produttive locali vanno salvaguardate a tutti i costi.

 

È da questo estratto del libro Buono, pulito e giusto (Einaudi, 2005) in cui Carlo Petrini, presidente di Slow Food, parla di una sua esperienza del 1996, che emerge il legame e l’affetto speciale per questa varietà di peperoni. «Oggi, dopo 25 anni, sapere che il peperone quadrato della Motta rientra a pieno titolo tra i Presìdi Slow Food, è per me motivo di grande orgoglio e appagamento. Il fatto che proprio questo ortaggio, che ho portato nel mondo come simbolo dei paradossi dell’agroindustria, torni a rappresentare valori buoni, puliti e giusti e in piena armonia con tradizioni alimentari e produttive, significa che nessuno sforzo è stato vano, e che la strada segnata da Slow Food in questi anni è quella giusta da perseguire, anche per le nuove generazioni di contadini disposti a impegnarsi in un’agricoltura più pulita e sostenibile» dichiara Carlo Petrini.

 

Il messaggio dei giovani: quelli che credono in un futuro più etico e più prospero

 

Ed è proprio un giovane contadino, già protagonista di un altro Presidio Slow Food piemontese, il carciofo astigiano del Sorì, che si è lasciato ispirare da questo brano, battezzando la sua azienda agricola Duipuvrun. «Avevo letto il libro di Carlo e mi aveva colpito questa storia, inoltre avevo un ricordo d’infanzia, di quando andavo con i nonni al mercato a comprare i peperoni». E così, fin dal 2015, Stefano Scavino, oggi trentatreenne, decide di investire una parte del suo ettaro, coltivato con metodo biointensivo, su questa varietà, ma i semi della cultivar tradizionale non sono così facili da identificare. L’unica soluzione diventa rivolgersi alla Banca del Germoplasma dell’Università di Agraria a Grugliasco: «Mi diedero una piccola quantità di semi che cominciai a coltivare. Nel 2017 ho partecipato a un bando dell’Unione europea che sosteneva la valorizzazione degli ecotipi locali, insieme al Cnr, all’Università di Agraria e all’Agrion di Manta, presentando sia il carciofo che il peperone. Per due anni, grazie al loro apporto scientifico e agronomico abbiamo selezionato le piante in campo per migliorare la resa e la resistenza alle malattie» continua Stefano. Oggi i semi di peperone frutto del lavoro di selezione in campo nell’orto dell’azienda Duipuvrun sono stati messi a disposizione del vivaio Casto che ha prodotto i piantini per l’anno in corso e dell’azienda di Giorgio Austa che ha aderito al progetto.

«Se dovessi esprimere un auspicio, vorrei che l’istituzione del Presidio fosse un messaggio diretto ai giovani, affinchè capiscano che si può avere un ruolo in questo mondo anche facendo il contadino e utilizzando metodi agroecologici». Inoltre, ci racconta Stefano, fare squadra consente di investire in ricerca agronomica, di avere quantitativi di prodotto più elevati e di aumentare i margini di profitto: «È importante che il peperone del Presidio ricominci a essere utilizzato dai ristoratori e bottegai della zona, che sono i primi ambasciatori, ma è pur vero che se la produzione aumenta si possono conquistare altri mercati: un mio cliente di Londra che acquista il carciofo del Sorì aspetta già da un po’ il peperone quadrato della Motta, spero quest’anno di riuscire a spedirgli il primo lotto».

 

L’impegno delle istituzioni per la rinascita di un territorio e di una comunità

 

Chi non si è lasciato scappare tutto questo patrimonio storico e culturale, oltre che agricolo, sono il sindaco di Costigliole d’Asti Enrico Cavallero e la sua amministrazione, che si è adoperata per avviare il Presidio Slow Food e rilanciare il peperone quadrato della Motta. «Ho sempre fortemente creduto in questo peperone, l’unico autoctono della sua categoria. Il tutto è iniziato quasi 13 anni fa quando del peperone si era quasi perso il seme e se oggi ne celebriamo la rinascita, lo dobbiamo al lavoro di selezione fatto in questi anni con Stefano e gli altri orticoltori pionieri della produzione, che con grande soddisfazione abbiamo presentato in questa giornata. Quello che abbiamo cercato di fare, insieme all’assessore all’agricoltura Alessandro Borio e agli amici orticoltori della Motta, è sostenere e promuovere un’operazione comunitaria in sintonia con Slow Food e con la filosofia amministrativa, che ci porta a essere attenti, in modo concreto, alla valorizzazione e alla qualità dei nostri prodotti. Sono convinto che questo primo raccolto permetterà di mettere basi solide per un più ampio progetto di rilancio complessivo del comparto orticolo, con interventi mirati ad agevolare lo sviluppo delle imprese presenti, che sicuramente genererà un indotto utile a mantenere vivo il prodotto» sottolinea il sindaco Enrico Cavallero.

 

Il peperone quadrato della Motta di Costigliole d’Asti è il 37esimo Presidio Slow Food piemontese, grazie anche al grande lavoro che il coordinamento regionale di Slow Food Piemonte e Valle d’Aosta sta facendo sui territori per il recupero di produzioni e varietà a rischio estinzione.

 

Area di produzione

Comune di Costigliole D’Asti (frazione Motta e aree limitrofe)

Presidio sostenuto da Comune di Costigliole d’Asti

Gam, Mao, Palazzo Madama: Ferragosto al museo

Domenica 15 agosto biglietto speciale a 1€

per GAM, MAO e Palazzo Madama

  

 

Anche quest’anno per la giornata di Ferragosto Fondazione Torino Musei propone ai suoi visitatori l’ingresso ridotto a 1€ a GAM, MAO e Palazzo Madama: per chi rimane in città, la visita ai Musei Civici sarà un’occasione piacevole per immergersi nella cultura e nella bellezza del nostro patrimonio artistico.

 

ORARI E TARIFFE

I musei saranno aperti dalle 10 alle 18.

Le mostre in corso nei tre musei di FTM saranno comprese nella tariffa speciale, con le sole eccezioni di Viaggio controcorrente alla GAM e World Press Photo a Palazzo Madama, che saranno invece a tariffa ordinaria, secondo regolamento. Durante la giornata sarà inoltre proposto un ricco programma di visite guidate.

La tariffa di 1€ sarà applicata anche ai possessori di Abbonamento Musei.

Le modalità di accesso al museo sono regolamentate secondo le disposizioni normative vigenti. Tutte le info: www.fondazionetorinomusei.it

 

COSA SI POTRÀ VISITARE

Alla GAM | Oltre alle collezioni permanenti del Novecento, saranno accessibili con il biglietto unico a 1€ le mostre Natura e verità. Il paesaggio come scelta 1861-1871 che pone l’accento sulle ricerche più audaci condotte sul fronte del paesaggio tra Piemonte e Liguria, Sul principio di contraddizione, una riflessione sulle opere di Francesco Barocco, Riccardo Baruzzi, Luca Bertolo, Flavio Favelli e Diego Perrone, Ancora Luce. Luigi Nervo, dedicata alla figura e all’opera dell’artista torinese nel suo ultimo giorno di apertura, e Alighiero Boetti in VideotecaGAM.

Biglietto a tariffa ordinaria per la mostra Viaggio controcorrente. Arte italiana 1920-1945 dalle collezioni di Giuseppe Iannaccone, della GAM e dei Musei Reali di Torino.

 

Al MAO | Accesso con biglietto unico a 1€ alle cinque gallerie delle collezioni permanenti e alle esposizioni temporanee Krishna, il divino amante, una raffinata selezione di dipinti religiosi indiani esposti per la prima volta al pubblico, e TOAsean Design, progetto realizzato in collaborazione con IED Torino e CNA. Aggiungendo 1€ si potrà visitare anche la mostra China goes Urban, che racconta il fenomeno dell’urbanizzazione cinese e su scala globale,

 

A PALAZZO MADAMA | Con il biglietto unico a 1€ il pubblico potrà accedere alle collezioni permanenti e alle mostre temporanee inserite nel percorso: Ritratti d’oro e d’argento, che propone una importante selezione di reliquiari medievali proveniente da Piemonte, Valle d’Aosta, Svizzera e Savoia, e La Madonna delle Partorienti dalle Grotte Vaticane, l’affresco di Antoniazzo Romano esposto in anteprima assoluta al pubblico dopo un lungo e complesso restauro.

Biglietto a tariffa ordinaria per la mostra World Press Photo 2021.

 

LE VISITE GUIDATE:

 

GAM | ore 15: visita guidata alle collezioni del Novecento

ore 16.30: Controcorrente. L’arte tra le due Guerre – visita guidata alla mostra Viaggio controcorrente.

 

MAO | ore 15: visita guidata alle gallerie dedicate all’Asia Meridionale e Sud-est asiatico, Regione Himalayana e Paesi Islamici dell’Asia

ore 16.30: Viaggio nelle new town cinesi – visita guidata alla mostra China goes Urban

 

PALAZZO MADAMA | ore 15: L’architettura del tempo – visita guidata al Palazzo

ore 16.30: World Press Photo Exhibition 2021 – visita guidata alla mostra

 

Costo della visita guidata: 6€ a partecipante (10€ collezioni+mostra). Prenotazione obbligatoria.

Informazioni e prenotazioni: 011 5211788 – prenotazioniftm@arteintorino.com

 

E’ morto Gino Strada, generoso e visionario “santo laico”

IL COMMENTO  di Pier Franco Quaglieni

E’ morto Gino Strada, medico fondatore di Emergency,a soli 73 anni. E’ una notizia che colpisce tutti perché Strada è stato un generoso, direi quasi un visionario, potremmo anche definirlo un santo laico che ha gettato la sua vita  al servizio degli altri  con furore (la parola non è fuori posto), come solo i santi, e neppure tutti, sanno fare.

Il prof. Pier Franco Quaglieni

Ha praticato la medicina non per affermarsi professionalmente, ma per dedicarsi a chi si trova in difficoltà. Pochi medici hanno fatto la sua scelta che merita ammirazione e rispetto  non solo perché ogni morto e’  “bello“ come diceva Tolstoj. Strada ha scelto sempre di soccorrere gente disperata , soprattutto vittime di guerra. Il suo era un impegno umanitario e politico che si è realizzato a livello mondiale. Chi scrive è anni luce da molte delle sue idee che non ha mai ritenuto di poter condividere. La stessa idea di Ong  in generale mi suscita riserve e spesso dissento  per ciò che riguarda  in particolare gli sbarchi in Italia. Ma non posso non rispettare un uomo generoso che si è speso con passione per gli altri. Gli sarebbe spettato il Nobel. Se consideriamo che lo ebbe un giullare come Dario Fo che fu anche repubblichino di Salo’ oltre che sostenitore dei terroristi rossi, il Nobel per la pace lo avrebbe meritato a pieno titolo un uomo serio e concreto (la concretezza tipicamente lombarda di chi era nato a Sesto San Giovanni) che non ha fatto ridere il pubblico, ma si è impegnato a salvare  seriamente vite umane. E’ morto proprio quando il suo immenso lavoro in Afghanistan sta per essere distrutto dai talebani . Uno sfregio alla sua memoria. Nessuno – al di là delle divisioni politiche – può non inginocchiarsi di fronte alla sua salma . Mi

irritava  quando lo ascoltavo ospite di Fazio (che non tollero), ma la sua opera umanitaria parla per Lui e dice che è stato un grande. Con linguaggio antico lo definirei un benefattore dell’umanità. Mi infastidiscono gli elogi dei politici nei suoi confronti a partire dal sindaco di Milano. Credo che Strada meriti la sobrietà che ha sempre saputo  dimostrare. La strumentalizzazione politica della sua vita appare fuori posto. Strada ha costruito ospedali, chi parla di lui e si gloria della sua amicizia, sa quasi soltanto fare delle chiacchiere  spesso inutili e quasi sempre inconcludenti.

Addio a Gino Strada

Caro direttore, è morto Gino Strada, l’uomo di Pace, l’uomo che più di tutti meglio incarnava i Diritti Umani.

Gino ha protetto tutti gli uomini che con dolore e sofferenza cercavano di conquistare un posto libero e dignitoso nel mondo.
Ha sostenuto i malati, i poveri, le vittime di guerra, le donne, i bambini, gli ultimi, quegli ultimi a cui pochi sanno veramente guardare negli occhi.
La voce di Gino era davvero la voce dei Diritti Umani.
Grazie al fondatore di Emergency il mondo è diventato tante volte un posto migliore per noi.
Dimenticare Gino Strada e il suo impegno sociale, civile e umano è impossibile.
È molto grande il vuoto che ha lasciato, ma altrettanto grandi e fortemente radicati sono i valori umani e civili che ha saputo seminare un po’ ovunque, non senza fatica e con tutta la forza del suo amore unico e straordinario per il prossimo.
Gino Strada è stato un medico che ha messo le sue competenze straordinarie accumulate nel tempo al servizio dei bisognosi, non dei ricchi magnati che proprio le tribolazioni dei poveri alimentano; con le specializzazioni e le esperienze accumulate avrebbe potuto militare in qualche ospedale per “tycoon”; invece cosa fa il dottor Strada? Inventa Emergency un’organizzazione internazionale che sostiene e supporta i malati dei Paesi in conflitto. Aveva una personalità indomita e combattiva; Non ha mai cessato di essere in prima fila per le questioni umanitarie e di condannare la condotta irresponsabile dei politici che disertassero la causa dei Diritti umani a prescindere dallo schieramento. Gino Strada era un’attivista; era un medico; nessuno saprà mai incarnare più di lui simili ruoli così necessari per l’evoluzione in positivo di una società spesso insensibile rispetto alle urgenze planetarie. Non ebbe il Nobel per la pace, un’imperdonabile distrazione a cui speriamo si possa porre rimedio in seguito con altre forme di riconoscimento per chi ha messo al centro del proprio operato la cura dei dimenticati.
Il Coordinamento Nazionale Docenti della disciplina dei Diritti Umani esprime la propria vicinanza alla famiglia Strada e porge le più sentite condoglianze.
“Se uno di noi, uno qualsiasi di noi esseri umani, sta in questo momento soffrendo come un cane, è malato o ha fame, è cosa che ci riguarda tutti. Ci deve riguardare tutti, perché ignorare la sofferenza di un uomo è sempre un atto di violenza, e tra i più vigliacchi.”

prof. Romano Pesavento
presidente CNDDU
prof.ssa Rosa Manco
CNDDU

Al via il weekend di Ferragosto. Traffico molto intenso, le indicazioni di Anas

Spostamenti in direzione sud, sulle principali direttrici verso le località di villeggiatura e in uscita dai centri urbani e per i numerosi spostamenti locali

Nella giornata di Ferragosto previsto traffico intenso per spostamenti sulle brevi percorrenze per le tradizionali gite fuori porta

In collaborazione con il CCISS, servizio di viabilità h24 in tempo reale al numero verde 800.841.148

Oggi dalle 16.00 alle 22.00, domani sabato 14 agosto dalle 8.00 alle 22.00 e domenica 15 agosto dalle 7.00 alle 22.00 è in vigore il divieto di transito dei mezzi pesanti

Al via il weekend di Ferragosto per le ultime partenze verso le località di villeggiatura. A partire dal pomeriggio di oggi lungo la rete Anas (Gruppo FS Italiane) è previsto traffico molto intenso in direzione sud, sulle principali direttrici, in particolare lungo le dorsali adriatica, tirrenica e jonica e ai valichi di confine in direzione di Francia, Slovenia e Croazia, e in uscita dai centri urbani e per i numerosi spostamenti locali. Domenica invece si prevede traffico intenso per spostamenti sulle brevi percorrenze per le tradizionali gite fuori porta della giornata di Ferragosto, mentre un consistente flusso di traffico, in prossimità dei centri urbani, è previsto soprattutto a partire dal tardo pomeriggio di domenica, in concomitanza con i rientri del fine settimana.

Oggi dalle 16.00 alle 22.00, domani sabato 14 agosto dalle 8.00 alle 22.00 e domenica 15 agosto dalle 7.00 alle 22.00 è in vigore il divieto di transito dei mezzi pesanti.

Il traffico riguarderà in particolare i principali itinerari turistici: la A2 “Autostrada del Mediterraneo” che attraversa Campania, Basilicata e Calabria, in particolare nei pressi di Villa San Giovanni per i possibili tempi di attesa per gli imbarchi verso la Sicilia; le statali 106 Jonica e 18 Tirrena Inferiore in Calabria; le autostrade A19 Palermo-Catania e A29 Palermo-Mazara del Vallo in Sicilia; la strada statale 131 Carlo Felice in Sardegna; la strada statale 148 Pontina nel Lazio, rientrata in gestione ad Anas a gennaio 2019 nell’ambito del piano “Rientro Strade” , arteria particolarmente trafficata  che insieme alla SS7 “Appia” assicura i collegamenti tra Roma e le località turistiche del basso Lazio; l’Itinerario E45 (SS675 e SS3 bis) che interessa Umbria, Toscana, Emilia Romagna e collega il nord est con il centro Italia; le direttrici SS1 Aurelia (Lazio, Toscana e Liguria), SS16 Adriatica (Puglia, Molise, Abruzzo, Emilia-Romagna e Veneto).

Infine al nord i Raccordi Autostradali RA13 ed RA14 in Friuli Venezia Giulia verso i valichi di confine, la SS36 del Lago di Como e dello Spluga in Lombardia, la SS45 di Val Trebbia in Liguria, la SS26 della Valle D’Aosta e la SS309 Romea tra Emilia Romagna e Veneto e la SS 51 di Alemagna in Veneto.

 

 

Un viaggio informato

Per un viaggio informato le notizie sulla viabilità sono disponibili al link www.stradeanas.it/infotraffico e attraverso i canali social corporate (Facebook.com/stradeanas e gli account Twitter @stradeanas, @VAIstradeanas @clientiAnas) seguendo l’hashtag #esodoestivo2021.

Le informazioni sul traffico sono inoltre disponibili sui seguenti canali:

– VAI (Viabilità Anas Integrata) all’indirizzo www.stradeanas.it/info-viabilità/vai;

– APP “VAI” di Anas, scaricabile gratuitamente in “App store” e in “Play store”;

 CCISS Viaggiare Informati del Ministero delle Infrastrutture al quale Anas partecipa attivamente con risorse dedicate e dati sul traffico;

 Numero verde Pronto Anas 800.841.148 del Servizio Clienti Anas per parlare con un operatore h24 e avere informazioni sulla viabilità in tempo reale. Inoltre digitando il tasto 5 si può avere una panoramica sullo stato del traffico sulla rete con la posizione dei cantieri, con il tasto 0 è disponibile la situazione previsionale del fine settimana.

– Live Chat del Servizio Clienti all’indirizzo www.stradeanas.it per parlare con un operatore dalle 8.00 alle 20.00 e avere anche informazioni sulla viabilità in tempo reale e sui cantieri inamovibili.

Bollettini di viabilità sono trasmessi su Tgcom24 e sulle radio partner di Anas: Rai Isoradio, Radio Italia (nazionale).

Campagne sicurezza stradale

Per richiamare l’attenzione sulla sicurezza stradale Anas promuove anche quest’anno, in collaborazione con la Polizia di Stato, la campagna di comunicazione #GUIDAeBASTA per sensibilizzare gli utenti della strada a essere prudenti e concentrati mentre si è al volante. La campagna è dedicata ai rischi che derivano dalla distrazione, dalle cattive abitudini alla guida e dal mancato rispetto delle regole del Codice della Strada.

#AMAMIeBASTA contro l’abbandono degli animali lungo le strade

I cantonieri di Anas salvano ogni giorno moltissimi cani che ancora vengono abbandonati lungo le strade italiane, garantendo la loro sicurezza e quella degli automobilisti. Ecco perché anche quest’anno Anas promuove la campagna #AMAMIeBASTA, ideata insieme a LNDC Lega nazionale per la difesa del cane, e finalizzata alla lotta contro gli incidenti provocati dall’abbandono degli animali domestici in strada con l’obiettivo di garantire maggior sicurezza a chi si mette in viaggio. In Italia, infatti, ogni anno si registrano migliaia di incidenti stradali, anche mortali, causati da animali abbandonati, fenomeno che aumenta durante i periodi estivi.

Il bollettino Covid di venerdì 13 agosto

COVID PIEMONTE: IL BOLLETTINO DELLE ORE 17

LA SITUAZIONE DEI CONTAGI

Oggi l’Unità di Crisi della Regione Piemonte ha comunicato 280nuovi casi di persone risultate positive al Covid-19 (di cui 20dopo test antigenico), pari all’1,4 % di 20.198tamponi eseguiti, di cui 15.753 antigenici. Dei 280 nuovi casi, gli asintomatici sono 103 (36,8 %).

I casi sono così ripartiti: 36 screening, 175 contatti di caso, 69 con indagine in corso; 8 Rsa/Strutture Socio-Assistenziali. Casi importati 3 (1 dall’estero, 2 da altre regioni).

Il totale dei casi positivi diventa quindi 372.591così suddivisi su base provinciale: 30.339 Alessandria, 17.651 Asti, 11.681 Biella, 53.705 Cuneo, 29.019 Novara, 198.850 Torino, 13.942 Vercelli, 13.288 Verbano-Cusio-Ossola, oltre a 1.535 residenti fuori regione, ma in carico alle strutture sanitarie piemontesi. I restanti 2.581 sono in fase di elaborazione e attribuzione territoriale.

I ricoverati in terapia intensiva sono 7 (+ 2 rispetto aieri).

I ricoverati non in terapia intensiva sono 117 (+3 rispetto a ieri).

Le persone in isolamento domiciliare sono 3.159.

I tamponi diagnostici finora processati sono 6.129.205(+20.198rispetto a ieri), di cui 1.943.474risultati negativi.

I DECESSI RESTANO 11.704

Nessun decessodi persona positiva al test del Covid-19 è stato comunicato dall’Unità di Crisi della Regione Piemonte.

Il totale rimane quindi 11.704 deceduti risultati positivi al virus, così suddivisi per provincia: 1.567 Alessandria, 713 Asti, 433 Biella, 1.454 Cuneo, 944 Novara, 5.593 Torino, 526 Vercelli, 374 Verbano-Cusio-Ossola, oltre a 100 residenti fuori regione ma deceduti in Piemonte.

357.604GUARITI

I pazienti guariti sono complessivamente 357.604 (+ 282rispetto a ieri), così suddivisi su base provinciale: 28.333 Alessandria, 16.860 Asti, 11.129 Biella, 51.864 Cuneo, 27.691 Novara, 191.819 Torino, 13.282 Vercelli, 12.756 Verbano-Cusio-Ossola, oltre a 1.449 extraregione e 2.421 in fase di definizione.