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Il Piemonte ispira Enrica Mannari per il Look Book estivo di Amazon

“Amazon Summer Colors”

 

La vetrina Made in Italy di Amazon.it espone prodotti per la cura di sé e dell’ambiente, tra questi anche la Crema Corpo Idratante Naturale al 97,95%, dell’azienda piemontese Dulàc Farmaceutici 1982 e la Capsula Caffè Ricaricabile Dolce Gusto, Riutilizzabile e Compatibile dell’azienda piemontese Madama

 

“Prenditi cura delle piccole cose” scrive Enrica Mannari, designer, artista e divulgatrice emozionale, per accompagnare l’illustrazione che racconta quanto sia importante, giorno dopo giorno, prestare attenzione ai dettagli, curarsi del mondo intorno e camminare sul pianeta Terra a passo leggero. Il Piemonte è al quinto posto tra le Regioni in Italia per la sua attitudine “sostenibile”, grazie ai livelli di eccellenza nei campi dell’innovazione, dell’agricoltura sostenibile e nell’utilizzo dell’acqua per produrre energia[1]. L’illustrazione è inclusa nel Look book Amazon Summer Colors da colorare, immaginato e realizzato insieme ad Amazon.it per l’estate 2021. L’originale catalogo, pensato per accendere la creatività e la voglia di vacanza è disponibile per tutti qui: amazon.it/summer2021.

 

Destinazione Piemonte: un sogno di vacanza, anche ecosostenibile e autentica. I viaggiatori che trascorreranno la villeggiatura qui, potranno scegliere fra oltre 90 strutture sostenibili[2], tra B&B e agriturismi biologici, soggiorni in yurte immerse nella natura. Per chi volesse portare la sostenibilità sempre con sé e non soltanto in vacanza, nella vetrina Made in Italy di Amazon.it sono stati selezionati accessori perfetti per la cura del corpo, della casa e dell’ambiente. Tra questi, anche la Crema Corpo Idratante Naturale al 97,95%, prodotta dall’azienda piemontese Dulàc Farmaceutici 1982, con la sua formula innovativa e totalmente naturale che, grazie ai suoi 3 principi attivi funzionali (Olio di Tsubaki, Passiflora estratto biologico e Vaniglia estratto), già dalle prime applicazioni dona alla pelle idratazione, morbidezza e tonicità. Da non perdere è anche la Capsula Caffè Ricaricabile Dolce Gusto, Riutilizzabile e Compatibile, una capsula ricaricabile in acciaio inox compatibile con il sistema Dolce Gusto. Viene realizzata con materiali di altissima qualità e si utilizza con le miscele presenti sul mercato. In questo modo è possibile non inquinare, risparmiare fino all’80% rispetto alle capsule usa e getta e scegliere il caffè preferito. La capsula è un’idea di Madama, azienda piemontese.

 

 

Tav: Fregolent (Iv), con Draghi sbloccato impasse

“Sulla Tav con il governo Draghi è stato superato l’impasse creato dai precedenti esecutivi, è stata data nuovamente centralità all’Osservatorio smantellato dall’ex Ministro Toninelli e sono stati garantiti tutti i presupposti per portare a termine la Torino – Lione nei tempi previsti”: è quanto dichiara Silvia Fregolent, capogruppo Iv in Commissione Ambiente sul parere della Camera dei Deputati approvato il 15 luglio, e che da sostanzialmente il via libera al Dl Opere.

“Il documento varato dalle Commissioni Trasporti ed Ambiente della Camera rafforza infatti gli strumenti a disposizione del Commissario straordinario per portare a termine il tratto italiano dell’opera, coinvolgendo pienamente i territori interessati e con l’obiettivo di poter beneficiare delle risorse aggiuntive messe a disposizione dall’Unione europea”: conclude Silvia Fregolent.

A Stupinigi il concerto di Gianna Nannini

Cortile d’Onore, Palazzina di Caccia Stupinigi

Martedì 20 luglio, ore 21

GIANNA NANNINI

Piano Forte e Gianna Nannini – La Differenza

STUPINIGI SONIC PARK

 

Piano e forte, dolcezza ed energia: la rocker Gianna Nannini è questo e molto altro in “Piano Forte e Gianna Nannini – La Differenza”, il tour in cui si presenta in un’inedita versione pianoforte e voce a sottolineare le due anime della sua musica, piano e forte.

 

Foto a questo link: https://bit.ly/3yxX7eu

Stupinigi Sonic Park è promosso da Città di Nichelino e Sistema Cultura in collaborazione con Fondazione Ordine Mauriziano e il patrocinio di Regione Piemonte. Una produzione Reverse Agency. HR Partner: Lavoropiù.

Quest’anno, inoltre, la Fondazione Piemontese per la Ricerca sul Cancro taglia il traguardo dei suoi 35 anni di attività e sarà charity partner di Stupinigi Sonic Park. Una significativa collaborazione con una delle realtà più importanti del nostro territorio, la quale da molti anni offre un contributo significativo alla sconfitta del cancro.

 

Martedì 20 luglio, ore 21

Gianna Nannini

Piano Forte e Gianna Nannini La Differenza

Biglietti da 40 a 79 euro

 

I biglietti sono in vendita su Ticketone (www.ticketone.it)

 

Info

Cortile d’Onore, Palazzina di Caccia di Stupinigi, piazza Principe Amedeo 7, Nichelino

stupinigisonicpark.com

info@stupinigisonicpark.com

FB: StupinigiSonicPark

IG: stupinigisonicpark

#SonicPark2021#RitornoAllaMusica

 

I residenti del Quadrilatero e l’annoso problema dei parcheggi

Qualche novità potrebbe arrivare già dopo l’estate, relativamente al problema dei parcheggi per i residenti sollevato da 450 abitanti del “Quadrilatero romano” con una petizione al Consiglio comunale.

Un quartiere affascinante, divenuto uno degli epicentri della vita serale e notturna di un gran numero di torinesi, ma che per la sua struttura urbanistica di impianto difetta di spazi pubblici e quindi anche di posti auto disponibili. Addirittura, quelli censiti dai servizi di viabilità del Comune sono poco più di una cinquantina nell’area di Quadrilatero compresa tra via della Consolata , via Corte d’Appello, via Sant’Agostino e piazza Emanuele Filiberto: quest’ultima poi, come hanno sottolineato i rappresentanti dei firmatari della petizione durante una riunione con la II commissione, presenta particolari criticità dato l’elevato afflusso di auto all’ora dell’aperitivo. Insomma, per i residenti – che lamentano anche i molti posti riservati alle forze dell’ordine e all’ASL – il parcheggio risulta non solo problematico ma pressoché impossibile.
Il codice della strada prevede la possibilità di riservare ai residenti posti auto contrassegnati da strisce gialle e blu, nella misura del 50% e in tempi abbastanza ristretti, anche già in settembre hanno spiegato gli uffici, specificando che si potrebbe verificare, con più tempo, la possibilità di estendere ulteriormente la quota riservata.
Anche i consiglieri Petrarulo e Scanderebech sono intervenuti a sostegno delle richieste dei residenti, mentre il presidente di commissione Malanca ha evidenziato l’opportunità, data l’oggettiva carenza di spazi di sensibilizzare i frequentatori del Quadrilatero all’uso del trasporto pubblico. L’assessora Lapietra, presente alla riunione, ha anche spiegato come i nuovi impianti di sorveglianza ora in via di appalto, controllando il traffico anche in uscita, consentiranno di sanzionare più efficacemente le condotte irregolari.
In sostanza, l’atteggiamento dell’Amministrazione verso le richieste dei firmatari della petizione si è rivelato positivo. I portavoce dei residenti hanno ricordato che il tema viene periodicamente sollevato da una quindicina d’anni e auspicato passi concreti e a breve termine.
Claudio Raffaelli (CittAgorà)

Torna Apolide Festival

Nature, Music & Circus
dal 23 al 25 Luglio 2021
Il festival immerso nei boschi dell’Area Naturalistica Pianezze di Vialfrè (TO)
nel cuore delle Valli del Canavese

Un’area verde, all’aperto, l’Area Naturalistica Pianezze di Vialfrè, incastonata tra Torino e Ivrea, nel cuore del Canavese, è il luogo speciale che accoglie Apolide Festival dal 23 al 25 luglio 2021. Ideato e promosso da sempre da Associazione Culturale To Locals, dal 2019 in collaborazione con Associazione Culturale Hiroshima Mon Amour, questa speciale XVIII edizione, è realizzata grazie al sostegno della Regione Piemonte, in collaborazione con Fondazione Piemonte Dal Vivo, e grazie al contributo del Gal Valli del Canavese nell’ambito del progetto Explor Lab Interreg Alcotra Italia-Francia 2014-2020.

Un’edizione speciale perché, in un anno segnato dalla pandemia, Apolide conferma se stesso, ridimensionato nel format ma non nella sostanza, vera attrattiva per le migliaia di spettatori che negli anni vi hanno preso parte: un esempio di convivenza pacifica tra uomo e natura, un senso di comunità e una line-up che fa dell’eterogeneità e della qualità il proprio spirito guida.

Tre giorni di spettacoli dal vivo, tra concerti, performing arts e incontri, dalle 10 del mattino alle 10 della sera, in un bosco fresco e ombreggiato anche d’estate, in un’area spettacolo all’aperto e accessibile a tutti. Luogo perfetto per passare del tempo insieme nel rispetto dei protocolli anti-covid che garantiscono la sicurezza di pubblico, artisti e lavoratori.

Più di 50 artisti si alternano su 3 palchi.  Il MAIN STAGE, cuore di Apolide, accoglie alcuni fra i nomi più interessanti della scena musicale nazionale che hanno fatto della contaminazione il proprio segno distintivo. Il primo giorno, Venerdì 23 Luglio, accanto alle sonorità jazz-funk fusion del duo partenopeo NU GENEA troviamo quelle degli STUDIO MURENA che si uniscono al flow di CARMA MC; e poi le stelle nascenti MARCO CASTELLO, il polistrumentista già compagno di squadra di Erlend Øye ne La Comitiva, nell’attesodisco d’esordio Contenta Tu (42 Records/Bubbles Records); il tour di debutto della giovane artista italo-palestinese LAILA AL HABASH (Undamento) e con un frullato post-tutto TUTTI FENOMENI, moniker di Giorgio Quarzo Guarascio, che porta il suo mix di canzone d’autore, rap, citazioni alte e voli pindarici nel trash.

 

Trapianti: Torino, avviato un progetto di ricerca per il trasferimento d’organi attraverso i droni

I droni al servizio del trasporto dei trapianti. Più efficienza, rapidità del servizio, sicurezza per la salute degli organi e del paziente 

 

Dalla collaborazione tra Centro Regionale Trapianti, Fondazione D.O.T., Città della Salute, Politecnico di Torino, Università di Torino ed ENAC nasce un progetto di utilizzo di droni per il trasferimento di organi e campioni biologici correlati tra gli ospedali piemontesi. A breve giungeranno a destinazione ‘via area’ 

 

 Si chiama INDOOR, usING Drones fOr Organ tRansplantation: è il nuovo progetto promosso da Fondazione D.O.T (Donazione Organi e Trapianti), con la collaborazione del Politecnico di Torino, che fonde scienza, alta tecnologia e ‘mobilità’, della Città della Salute e dell’Università di Torino. Il suo obiettivo è infatti quello di avviare delle sperimentazioni per l’utilizzo di Aeromobili a Pilotaggio Remoto (questo è il nome tecnico dei droni) nella medicina di trapianti, ovvero per il trasporto di materiale biologico e degli organi, finalizzato a renderne più veloce ed efficace il trasferimento tra strutture ospedaliere piemontesi, preservando l’ottima qualità e conservazione dei materiali, e riducendo tempi e costi di trasporto. Un progetto che risponde in maniera concreta alle normative assunte nel 2015 nell’ambito della Conferenza Stato – Regioni inerenti i trasporti connessi con le attività trapiantologiche, che apre nuovi scenari fino ad ora impensabili. Partner del progetto, che ne hanno condiviso l’alto valore scientifico e migliorativo per la qualità del servizio e della vita del paziente, sono alcuni Enti istituzionali del territorio piemontese e/o di riferimento in materia di trapianti a livello nazionale: il Centro Nazionale Trapianti (CNT), il Centro Regionale Trapianti (CRT), l’AOU Città della Salute, il Politecnico di Torino e l’Università degli Studi della stessa città.  Progetto che non si sarebbe realizzato senza i partner ‘tecnici’: l’ENAC (Ente Nazionale per l’Aviazione Civile), il PIC4SeR (PoliTo Interdepartmental Center for Service Robotics), ProS3 specializzata nella progettazione di sistemi aerei a pilotaggio remoto e Mavtech, società il cui “core” è lo sviluppo di prodotti innovativi per la sorveglianza aerea e per il supporto operativo rivolto ad applicazioni civili. Il progetto ingegneristico sarà sviluppato grazie ad una borsa di studio bandita dalla Fondazione D.O.T (www.fondazionedot.it), a cui si prevede ne possano seguire altre da parte dell’Università di Torino e del Politecnico.

«Nella medicina dei trapianti – dichiara il professor Antonio Amoroso, Coordinatore del Centro Regionale Trapianti della Regione Piemonte – il trasporto di materiale biologico e degli organi del donatore riveste un aspetto importante. Ad ogni donazione, all’incirca 150 ogni anno in Piemonte e 1700 in Italia, occorre che i campioni di sangue del potenziale donatore siano consegnati nel più breve tempo possibile ai laboratori di riferimento regionali. In questo progetto ci si propone anche di mettere a punto il trasporto tramite droni dei reni da trapiantare. Questi organi – solitamente prelevati da équipe locali dei diversi ospedali del Piemonte – devono essere trasferiti direttamente ai centri di trapianto: la movimentazione di provette ed organi avviene abitualmente su gomma, con i limiti di tempo e di imprevisti dovuti al traffico. Per quanto efficienti ed efficaci questi ‘mezzi’ possono presentare delle criticità e la possibilità di sperimentare nuove soluzioni di trasporto non solo apre interessanti scenari, ma rappresenta una sfida che ci sentiamo di intraprendere per aumentare la sicurezza e la qualità dei nostri e di tutti i pazienti in attesa di un trapianto».

«La nostra Azienda – dichiara il Direttore Generale di Città della Salute, dottor Giovanni La Valle – è la prima in Italia per numero di trapianti e varietà di programmi. Ogni settore della Medicina, ed ancor di più quello dei Trapianti, deve continuare a sviluppare ricerca ed innovazione. Ben vengano dunque collaborazioni con partner così accreditati per sperimentare nuove soluzioni di trasporto, oggi applicate per la medicina dei trapianti, ma che potranno avere in futuro ampi sviluppi in altri ambiti sanitari».

«Il Politecnico è tra i soci fondatori della Fondazione D.O.T – sottolinea Guido Saracco, Rettore del Politecnico di Torino – e come tale è sempre in prima linea nel sostenere i suoi progetti e le sue iniziative. Nel progetto INDOOR potremo dare un contributo importante in termini di know-how e di competenze dei nostri ricercatori, oltre a ribadire i valori della solidarietà e dell’importanza delle donazioni che sono alla base dell’impegno in questo campo».

«Il progetto INDOOR –  conclude Stefano Guena, Rettore dell’Università degli Studi di Torino – è un esempio eccellente di come la tecnologia, applicata al campo della medicina, costituisca un settore fondamentale per lo sviluppo. La sperimentazione che sta per partire consentirà, in un prossimo futuro, di trasportare gli organi destinati ai trapianti in modo mai così sicuro e veloce, migliorando significativamente la qualità dell’intervento sanitario e, di conseguenza, l’impatto sulla vita del paziente. Sembra il futuro, invece è il presente: questo progetto, infatti, contribuisce al posizionamento di Torino come complesso di sinergie e reti d’avanguardia, grazie al suo sistema integrato di competenze scientifiche e tecnologie avanzate, unito ad una ormai radicata vocazione all’innovazione sociale e culturale. Questa è la strada che dobbiamo continuare a percorrere, con l’idea di promuovere la pubblica utilità dei saperi scientifici in tutti gli ambiti della ricerca e della formazione».

Lo street artist cuneese Gec Art completa l’opera

“Wine in Progress”: Completata a Monforte d’Alba l’opera di arte pubblica 

Monforte d’Alba (Cuneo)

Se mai, e per buona sorte, vi capitasse di passare per Monforte d’Alba (fra i borghi medievali più suggestivi di Langa e fra gli undici Comuni di produzione del nobil Barolo) o, ancor meglio, di andarci a proposito (ne vale per davvero la pena!), non mancate – nel muovervi fra bellezze naturali e storiche del paesaggio – di fare una sosta in piazza Fratelli Viola, proprio di fronte al locale edificio scolastico, e in via Roddino, la via d’ingresso al paese. Sostate e osservate con attenzione. Sui muri della piazza e della via (di cui sopra) potrete godervi e ammirare due poster di grandi dimensioni, dal titolo complessivo e chiarificatore di “Wine in Progress”, realizzati e di recente completati dallo street artist (torinese d’adozione e cuneese di nascita) Gec Art, al secolo Giacomo Bisotto, selezionato nei mesi scorsi attraverso una call promossa dalla “Fondazione Bottari Lattes” di Monforte nell’ambito del Progetto europeo “Eti”, teso a promuovere il territorio di Langhe e Roero, Patrimonio dell’Umanità Unesco, fra memoria ed innovazione e con la partecipazione attiva dei cittadini, chiamati a raccolta dall’artista, attraverso i social, affinché aprissero gli album fotografici di famiglia alla ricerca delle immagini dei nonni ambientate nelle vigne e nelle cantine di quelle magiche colline. Dal materiale ricevuto Gec Art ha, in un primo momento, selezionato diverse fotografie per poi passare a realizzarne, per l’appunto, due poster di grandi dimensioni, interamente dipinti a mano e applicati con materiali a basso impatto ambientale sui muri di Monforte. Spetterà ora al pubblico continuare l’opera dell’artista e dirottarla sul mondo digitale attraverso Facebook e Instagram, per farla vivere nel tempo e continuare tutti insieme la riflessione sulle nostre radici e sul nostro legame con la terra e le tradizioni. Il tutto per non perdere la memoria collettiva del territorio. Allo stesso tempo “Wine in Progress” intende essere anche documento storico, “per tracciare una linea temporale immaginaria che parte dalla fotografia di fine ‘800 in bianco e nero e arriva al digitale usa e getta postato sui social di oggi”.

Il trascorrere del tempo e gli agenti atmosferici, infatti, interferiranno e agiranno sulle opere, facendole via via deteriorare fino a farle scomparire, “ma non annullando la loro presenza, il loro ricordo e la forza, che invece continuerà online”. Attraverso un nitido e rigoroso tracciato segnico, il poster di piazza Fratelli Viola è stato tratto da una foto di famiglia ambientata a Castagnole delle Lanze, alla fine degli anni Settanta, quando ancora il lavoro in vigna era a conduzione famigliare (nonostante già iniziasse a svilupparsi il florido periodo del boom vitivinicolo) e ritrae due simpatici contadini che, in piedi e in una breve pausa dalle fatiche della vigna, davanti ad un carretto dalle grosse ruote in legno carico di tino si versano l’un l’altro un generoso bicchiere di vino. Frutto del loro sudore. Il poster di via Roddino, invece, è tratto da una immagine proveniente da un collezionista di fotografie antiche del territorio ed è datata tra fine Ottocento e inizi Novecento. Mostra come il lavoro in campagna fosse una questione di famiglie e di comunità. Quattordici lavoratori si aiutano accanto a una grossa trebbia in legno durante il periodo della mietitura.

“Questa immagine non è legata alle fasi del vino – commenta Gec Art – ma l’ho scelta perché, durante il mio percorso di conoscenza del territorio, attraverso le tante foto ricevute, ho scoperto che un secolo fa non si lavorava solo nelle vigne, ma si seminava, si mieteva il grano, si svolgevano diversi lavori agricoli non necessariamente legati al settore vinicolo, sfruttato solo negli ultimi sessant’anni. Mi interessava cioè far emergere il fatto che ciò che oggi vediamo in Langa è legato a un periodo breve e recente e ho sentito la forte necessità di rendere omaggio a tutta l’agricoltura in senso più ampio, vero motore del territorio prima della grande esplosione turistico-vitivinicola degli ultimi anni”. Infine, sul muro della “Biblioteca Pinacoteca Mario Lattes” (in via Garibaldi, 14) è stata realizzata una parete su cui sono presenti tutti gli studi e i bozzetti realizzati da Gec Art per la progettazione delle opere e una serie di fotografie inviate all’artista dagli abitanti del luogo. Un racconto per immagini dove sono svelati aneddoti e curiosità che fanno memoria. E danno senso al vivere d’oggi.

Per info“Fondazione Bottari Lattes”, via Garibaldi 14, Monforte d’Alba (Cuneo): tel. 0173/789282 o www.fondazionebottarilattes.it

Gianni Milani

Poli e Ithaca per la cartografia di Frontex

Frontex, l’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera – dal 2004 impegnata nel controllo della migrazione e la gestione delle frontiere e le cui responsabilità sono state ampliate nel 2016 alla lotta alla criminalità transfrontaliera e ai servizi di ricerca e di salvataggio nel contesto della sorveglianza delle frontiere marittime – ha affidato a un consorzio composto da Associazione Ithaca, DIST – Dipartimento Interateneo di Scienze, Progetto e Politiche del Territorio del Politecnico di Torino e Ithaca Srl un importante contratto per la produzione di cartografia.

 

L’incarico prevede la produzione di cartografia digitale, mappe di infografica e map book utili all’attività dell’Agenzia. Il contratto ha una durata di 24 mesi, rinnovabile sino a un massimo di altri 24 mesi, con un budget totale di 4 milioni di euro.

Il professor Stefano Corgnati, Vice Rettore alla Ricerca e Presidente dell’Associazione Ithaca, mandataria del consorzio, ricorda che “la collaborazione con Frontex rappresenta il primo esempio di come l’ecosistema del Politecnico di Torino, rappresentato dai suoi Dipartimenti e dal sistema delle società partecipate, possa essere funzionale alla piena integrazione tra le attività di ricerca e quelle di trasferimento tecnologico”.

Il professor Piero Boccardo, Presidente di Ithaca Srl, che curerà la produzione cartografica, riferisce che “la fornitura di prodotti cartografici all’Agenzia europea Frontex è una nuova sfida che ci rende orgogliosi di una serie di collaborazioni con le maggiori organizzazioni internazionali. Una nuova opportunità per contribuire operativamente a supportare le attività di monitoraggio del territorio, come già peraltro testimoniato dai nove anni di attività 7/24/365 che Ithaca ha profuso nell’ambito del servizio Copernicus Emergency Management”.

Il professor Andrea Bocco, Direttore del DIST, che ha curato l’organizzazione tecnica del servizio e che valuterà la qualità dei prodotti, ricorda che “questo progetto si inquadra perfettamente nell’obiettivo strategico del Dipartimento, di sviluppare un laboratorio capace di elaborare e gestire dati spaziali anche di grande complessità. Tale obiettivo è un elemento essenziale del progetto di Eccellenza del DIST, finanziato dal Ministero dell’Università e della Ricerca, che rafforza il carattere interdisciplinare della ricerca e la capacità di realizzare prodotti e servizi ad elevato contenuto di innovazione.”

 

Le attività di produzione richieste si riferiranno ad esempi simili a quelli allegati, che sono stati parte di quanto proposto dal consorzio in fase di gara.

Ulteriori informazioni su: ITHACADISTFrontexTED

Igor Boni, ambientalista al fianco di Lo Russo

IGOR BONI: “SCELTA DEI VERDI INCOMPRENSIBILE. DOPO AVER LOTTATO INSIEME PER LE PRIMARIE ORA SE NE VANNO. MIO PROGRAMMA AMBIENTALISTA AL SERVIZIO DI STEFANO LORUSSO”

Commenta Igor Boni (già candidato alle primarie del centrosinistra):
“Con i Verdi più che con altri ci siamo trovati a lottare per mesi per ottenere le primarie. Ce l’abbiamo fatta a convincere molti compagni di viaggio della coalizione che erano a dir poco restii e cercavano improbabili strade alternative. Ora, dopo questi mesi di lotta comune che ha portato alle primarie del centrosinistra, loro scelgono altre strade con motivazioni francamente incomprensibili. Durante un intero anno di campagna ho messo sempre al primo posto il progetto di una nuova Torino sostenibile, una città che sappia riprogettarsi nel nome di una riconversione di stampo ambientale, per ridurre gli effetti dei cambiamenti climatici sui cittadini e per contribuire alla costruzione di un nuovo modello di città, di area metropolitana, che sappia consumare meno energia, che conservi le risorse naturali, che abbia maggiore consapevolezza sui rischi che stiamo correndo. Una Città che attui progetti di miglioramento e trasformazione urbana nel nome della sostenibilità, anche con l’utilizzo delle migliori innovazioni scientifiche e tecnologiche. Questo enorme patrimonio di conoscenza, di progetti, di visioni, è al servizio di Stefano Lorusso con il quale ci siamo confrontati nelle primarie ma che oggi è il mio candidato da far vincere. Senza ambiguità e senza dubbi ma con la volontà di costruire insieme i prossimi 10/20 anni che guardino all’ambiente e all’Europa”

“L’orto fascista” Romanzo / 4

ERNESTO MASINA

L’Orto Fascista

Romanzo

PIETRO MACCHIONE EDITORE

 

In copertina:
Breno, Piazza Generale Ronchi, già Piazza del Mercato, fotografia d’epoca.

 

X

L’Hauptmann Reserve Comandante del presidio te-desco non poteva che chiamarsi Franz: alto, grosso, con un paio di baffi alla Francesco Giuseppe che teneva curatissimi, una voce roboante che incuteva soggezione. Era, in effetti, un buon bottegaio trasformato in Sturm-führer dagli eventi della guerra. Aveva un grande desiderio della sua famiglia che non vedeva da oltre un anno, della grassa moglie con tette che sembravano le colline della Bavaria e un culone burroso ma ancora sodo. La chiamava “la morbidosa” quando facevano all’amore e le affondava il viso in mezzo all’abbondante seno solleticandola con i baffoni. Ricordava, con sempre maggior nostalgia, quando rimaneva- no abbracciati lungamente al caldo sotto i piumoni nel loro grande letto: lui abbondantemente appagato e lei soddisfatta di essere con il suo uomo. Ora avrebbe voluto fare sesso anche per scaricare la tensione nervosa accumulata nel lavoro, che svolgeva con scrupolo tedesco, ma senza condividerne la finalità né i sistemi. Tutto questo lo stressava notevolmente, ma non sapeva come fare. Non poteva mischiarsi ai suoi soldati e agli altri italiani che lo conoscevano ed andare al casino di Lovere. Luogo, tra l’altro, gli avevano detto, squallido più di quanto potesse essere già di per sé un posto dove si fa all’amore a pagamento. Aveva cercato, in ogni occasione che aveva avuto di avvicinare una donna, di capire se una sua eventuale avance potesse essere gradita. Ma era evidente che da tutte era considerato un invasore, un nemico odiato dai più e mal sopportato dai fascisti che pur apparivano subdolamente deferenti. Nelle sue elucubrazioni notturne era arrivato persino ad immaginare di fare sesso con Benedetta, la cameriera dell’albergo addetta alle pulizie delle camere, al bucato per la biancheria intima e per le camicie dei tedeschi. Benedetta, che doveva avere almeno cinque anni più di Franz, gli ricordava in qualche modo sua moglie, con quel grosso seno, i fianchi abbondanti e quel sorriso, assai raro ma così simpatico, che metteva in mostra una dentatura ancora sana e brillante. Cercava di capire se avrebbe provato piacere a baciarla e, possibilmente, a fare qualcosa di più con lei. Una notte decise che era arrivato il momento di tentare.
Non aveva mai tradito la moglie in tanti anni di matrimonio, aveva scarsa dimestichezza con le donne, ma la fame di sesso lo aveva convinto che doveva mettere in piedi, al più presto, un progetto per avvicinare la donna. Aveva cominciato abbandonando i gelidi saluti quando la incontrava, condendoli con ampi sorrisi. Aveva poi trovato il modo, nel suo stentatissimo italiano, di farle capire che era molto soddisfatto di come veniva trattata la biancheria e di come veniva effettuata la pulizia della stanza. Era passato quindi a qualche regalo di tavolette di cioccolata, una delle poche cose che riceveva come extra dal proprio comando. Fu poi la volta di un sacchetto di caffè seguito da qualche lira.

Benedetta, che aveva capito subito tutto, stava al gioco sia perché cioccolata, caffè e qualche lira le facevano comodo, sia perché quel grasso tedesco le ricordava il suo Angelino, che l’aveva lasciata tanti anni prima per andare a cercare fortuna, o, almeno, lavoro, in Belgio. Sparito poi, non si sa se inghiottito in una delle terribili miniere che esistevano in quel paese o in un letto di qualche donna belga sedotta dal fascino latino. Erano tanti anni che non toccava un uomo e, se non ne avesse approfittato subito, avrebbe potuto perdere l’ultima occasione. Così, quando il tedesco fu più esplicito, Benedetta non è che gli si buttò immediatamente tra le braccia, ma gli fece capire che era lusingata dalle sue attenzioni.
Bisognava comunque risolvere un problema logistico. Di incontrarsi a casa sua Benedetta non avrebbe neppur accettato di parlarne. La cosa doveva essere fatta in gran segreto, per non beccarsi, oltre alle critiche e ai pettegolezzi, magari anche della collaboratrice. In albergo, dove tra l’altro lei due volte alla settimana faceva anche da guardiano notturno, i tedeschi dormivano due in ogni camera e lo spostamento dell’attuale compagno di sta za del suo futuro amante era alquanto difficile. Con lui, il compagno di notti infarcite di russate terribili, Franz aveva raggiunto una certa confidenza e, considerata la differenza d’età, lo trattava come un figlio.
Era ovvio che il suo sottoposto, Bernd, assiduo frequentatore del casino di Lovere, riuscisse a capire i problemi che una prolungata astinenza poteva provocare all’Hauptmann Reserve e che il suo desiderio di una donna fosse più che comprensibile. Bernd, tutti lo sapevano e ci scherzavano su, bastava appoggiasse la testa a un sostegno qualsiasi e, a qualsiasi ora del giorno e della notte, nel giro di due minuti, prendeva sonno. Le notti non erano ancora fredde: al riparo di una coperta, il suo aiutante avrebbe potuto passare qualche ora dormendo in qualche locale non frequentato dell’albergo, o, addirittura, in auto. Gli seccava un po’ che qualcuno sapesse esattamente quello che lui stesse facendo e per quanto tempo fosse intento a godere, ma non trovava altra alter- nativa. Gliene avrebbe parlato al più presto.

 

XI

Arrivarono al ristorante dell’albergo Fumo quasi con- temporaneamente e si diressero a un tavolino d’an- golo che permetteva ad entrambi di vedere bene tutta la
sala e chi andava o veniva. “Polenta e coniglio per tutti e due, e un litro di rosso” disse il Temperini al cameriere che si era avvicinato al loro tavolo. Lo disse con voce imperiosa a sottolineare l’importanza della scelta fatta anche a nome del suo compagno, quasi a far dimenticare che quel giorno all’albergo Fumo si servivano solo polenta e coniglio, come scritto in un cartello apposto all’ingresso del locale. Era fatto così il farmacista, si sentiva sempre un personaggio importante in paese e aveva costante il desiderio di mettersi in mostra.
D’altra parte di farmacista a Breno ce ne era uno solo: un po’ come il Padreterno, gli veniva da pensare qualche volta… o, più modestamente, una primadonna.
In attesa della polenta, il Russì raccontò dell’incontro con Martin Bascià spiegando che, data la rabbia che Martin aveva nei riguardi dei tedeschi, se ne avessero avuto bisogno avrebbero potuto contare su di lui. “Ma cosa hai in mente?” chiese il Temperini alla fine del racconto e dopo un minuto di silenzio. Il farmacista era al tempo stesso timoroso di essere coinvolto in qualcosa di troppo grosso per lui, ma anche esaltato dall’avventura che avrebbe vissuto da protagonista. – Storie a non finire! Ci sarà da raccontarne al bar per mesi, forse per anni – aveva pensato vedendosi già al Bar Monte Grappa a raccontare nell’attento silenzio dei soli- ti avventori. “Hai già pensato a tutto? Perché tutto vuol dire: come preparare il… diciamo… il colpo; quali risultati, o meglio quali danni si vogliono arrecare; poi, dopo il casino, cosa ci dobbiamo aspettare dai fascisti, dai tedeschi… da tutti quelli, insomma, che non la pensano come noi e che saranno incazzatissimi”.
Il Russì non si decideva a parlare. Ogni poco si portava il bicchiere alla bocca trangugiando piccoli sorsi di vino come se avesse bisogno di tener bagnata la lingua. In effetti anche lui si era posto le stesse domande e si era dato un sacco di risposte diverse. Avrebbe voluto dimostrare ai tedeschi che loro non erano degli intoccabili e, soprattutto, farli apparire vulnerabili perché smettessero di comportarsi con la prosopopea dei conquistatori di un popolo vile e sottomesso anche, e soprattutto, psicologicamente. Avrebbe potuto essere poco più di una burla, un scherzo un po’ pesante con la mira di ledere la dignità teutonica. E non sarebbe stato poco: l’Italia s’è desta – pensava in grande.
“Dottore, ascolti” disse infine il Russì. “Mica li voglio ammazzare, ’sti tedeschi. Gli facciamo uno scherzo: un po’ di dinamite sotto la macchinetta e bum, gliela facciamo a pezzi. Vedrà che calano le arie e per un po’ non rompono”. “La dinamite so dove trovarla, la portiamo in paese, la mettiamo nel gabbiotto degli attrezzi che hanno costruito in quello che chiamano l’Orto, aspettiamo una notte che ci si veda poco, portiamo il pacchetto di dinamite sotto la macchinetta, un pezzo di miccia e via. Tutto finito. Io, prima che arrivi qualcuno, sono già nel vicolo delle suore verso il Cerreto del matt Ruscu e lì vado a passare la notte”.

“E io, io cosa faccio, come posso partecipare?” chiese subito il farmacista che si sentiva, improvvisamente, escluso dalla gloria che sarebbe piovuta su chi avesse partecipato all’attentato. Cosa avrebbe mai potuto racconta- re al bar? Che sapeva e non aveva fatto nulla? Che era un pauroso e un coglione? In quel momento giunse, dall’ingresso, un forte vociare e rumore di suole dure sull’impiantito di legno. Subito dopo, dalla porta entrò lo Sturmfürher, seguito da tre dei suoi uomini. L’ufficiale tedesco fece due o tre passi verso il centro della sala, quindi, distendendo il braccio, urlò “Heil Hitler!”Attese, invano, che qualcuno degli avventori facesse anche solo un cenno di partecipazione. Tutti continuarono a mangiare o a parlare a bassa voce dei fatti loro come se nulla fosse accaduto. L’ufficiale rimase imbambolato in mezzo alla sala, si sentiva sempre triste e solo in un paese che lo detestava. Ciò nonostante, ripeteva questo gesto spontaneamente quando entrava in qualche locale pubblico, pur sapendo che il comportamento degli italiani sarebbe sempre stato lo stesso.
– E allora perché lo faccio? – si domandava ogni volta sempre più avvilito. Probabilmente questione di carattere, ma che carattere del cavolo aveva!
A toglierlo dall’imbarazzo fu il cameriere che, prendendolo quasi per un braccio e dicendogli:
“Venga, Comandante”, lo guidò verso un tavolino un po’ defilato. Ai tedeschi non veniva mai fornita la Lista del giorno, in quanto loro consumavano le razioni che ogni tre giorni arrivavano dal Comando di Brescia, razioni che venivano preparate con puntigliosa precisione: ognuna aveva persino il suo stuzzicadenti. Nonostante abituati alla loro cucina, che mischiava ingredienti salati e dolci ma senza alcun profumo, quando si sedevano a tavola al Fumo erano costretti a comparare le loro por- zioni anonime con gli appetitosi profumi che giungeva- no dai piatti degli altri commensali che guardavano con invidia. L’albergo aveva avuto sempre la tradizione di un’ottima cucina ed anche in tempo di autarchia il cuoco cercava di sopperire alla mancanza di ingredienti con l’amore verso il proprio lavoro. Quel giorno, poi, quella polenta con il coniglio arrosto, la specialità di Vittorio il cuoco, li fece impazzire di desiderio.
In mancanza di olio e con poco burro a disposizione, il Vittorio aveva imparato a far imbrunire salvia e rosmarino nello strutto e ad insaporire il sugo con le interiora del coniglio lasciate a macerare per una notte nel vino rosso e poi tritate fini fini, sino a ridurle in poltiglia. Ma il segre- to, che avrebbe fatto inorridire i buongustai e che non avrebbe mai rivelato neppure sotto tortura, era quel cuc- chiaino di miele di castagno che andava sempre ad aggiun- gere di nascosto per mitigare l’amarognolo del rognone. “Bravo dottore, qui la volevo! Avevo paura che mi lasciasse solo a fare tutto, come fate abitualmente voi ric- chi che ve lo menate tutto il giorno e intervenite solo quando c’è da incassare!” Alzò il bicchiere, ormai quasi vuoto, in un gesto di complicità condito con un sorriso d’amicizia. “Il lavoro c’è, è molto delicato e anche pericoloso, se lo volete fare”.

“Certo che lo voglio fare” rispose il farmacista con il tono di voce un po’ meno entusiasta dopo quei “delica- to” e “pericoloso” usati dal Russì.
“Vede, bisogna trovare il modo di portare l’esplosivo in paese; mica lo posso mettere nello zaino io, che se mi fermano i fascisti o i tedeschi mi ritrovo sparato come un coniglio. Ormai se vedono uno entrare in paese quasi sempre lo fermano e lo perquisiscono.” Questa asserzione fece scorrere un brivido di gelo lungo la schiena del farmacista. Organizzare un attentato era una cosa, parteciparvi attivamente era ben diverso. Ma ormai c’era dentro e non poteva ritirarsi senza perdere la faccia. “Cosa hai in mente?” chiese mentre lo sconforto lo pren- deva sempre più.
“Ci ho pensato molto, ma non trovavo la soluzione. Poi mi è venuta in mente una cosa che, però, un po’ mi ripu- gna.” Si fermò per un po’ quasi fosse restio a continuare, come se avesse veramente vergogna a proporla. Tra i due uomini corsero molte occhiate che esplicitavano tutto il disagio che avevano dentro di loro. Alla fine il montana- ro, dopo essersi schiarita la voce ed essersi guardato in- torno per sincerarsi che nessuno degli occupanti dei tavoli vicini fosse a portata di voce, riprese a parlare: “Dottore, io glielo dico, però lei non mi dà una risposta senza prima averci pensato bene. In un primo momento la mia proposta le darà fastidio e la troverà inaccettabile; quindi non dica nulla sino a quando non avrà valutato i pro e i contro. Per fare il trasporto ci vorrebbe un bam- bino. Nessuno controlla i loro giochi e il loro andare e venire per i boschi. Ormai è tempo di funghi e, per esempio, il figlio del dentista con il suo amico, mi pare si chiami Ernesto, due o tre volte la settimana vanno, appunto, per funghi. Lei li conosce bene: qualche volta vi ho visti parlare insieme e mi sembrava che la stessero ad ascoltare con grande ammirazione e interesse. Probabilmente lei stava raccontando qualcuna delle storielle che si inventa per i grandi ma che, adattate all’età, piacciono anche ai bambini. Lei dovrebbe raccontare loro che, insieme a me, ha preparato un concime miracoloso. Un concime che, se usato nell’orto che stanno lavorando con i loro compagni di scuola, darebbe un raccolto da farli diventare famosi. Lei potrebbe offrire loro un po’ di questo concime, a patto di mantenere il segreto. Guai se parlassero: prima di tutto perché il meri- to non sarebbe più stato loro, poi perché avrebbero potuto sgridarli, avendo compiuto una cosa di nascosto dalla maestra… quella poco di buono che hanno nomi- nato, cose da pazzi, Custode dell’Orto Fascista. Li potrebbe mandare da me a ritirare un pacco di questo… concime, da nascondere nel gabbiotto dell’orto, in atte- sa di usarlo al momento giusto. Il momento glielo dirà lei, studiando le fasi della luna. Ci pensi su. E adesso andiamo che a me questa presenza dei tedeschi mi fa girare le palle”.

 

XII

Lasciato il farmacista, il Russì era andato verso il Punt della Madonna a cercare 3B, ovvero Bettino Bum Bum, così chiamato perché aveva fatto, prima di prendersi la silicosi, il minatore in Francia, dove si era specializzato come preparatore di candelotti di dinamite e nel farli brillare nel modo giusto. Al rientro al paese aveva continuato a tenersi in esercizio, dando, a volte una mano all’Azienda Autonoma Statale della Strada nell’anticipare la caduta di una frana che minacciava di invadere qualche via di comunicazione, soprattutto in montagna; altre volte lavorando per i Tassara, che stava- no preparando nuovi piccoli invasi per ottenere energia elettrica per il funzionamento dei macchinari della fonderia. Tutte le volte che gli affidavano la dinamite per qualche lavoro, il Bettino, attentissimo a non essere scoperto, ne sottraeva un piccolo quantitativo nascondendolo in luoghi sicuri. Avere della dinamite a portata di
mano, come lui diceva, “serve sempre”. Il Russì andò da lui a colpo sicuro, ma fu costretto a spie- gare sin nei minimi dettagli il piano che aveva in mente, per creare un certo interesse nel Bettino che, da uomo dai nervi d’acciaio – freddezza, precisione ed un certo grado di incoscienza avevano permesso al “brillatore” di portare a casa, dalla Francia, la “ghirba” – non aveva inizialmente mosso ciglio alle sue parole. “Ci vediamo domani alle 10 al crusal, che ci devo pensa- re!” fu l’unico commento del Bettino. “Attento: se ho il cappello in testa ci parliamo, se ce l’ho in mano fa’ finta di niente e non avvicinarmi. Guarda, comunque, che io non ho sentito niente di quello che mi hai detto. Se ci starò ti dirò dove e quando andare a prendere la “merce” già pronta. Ma noi oggi non ci siamo incontrati. Cazzi tuoi! Io non posso rischiare la galera o una bevuta di olio di rici- no. Tre giorni in gattabuia senza cure o una dissenteria e io sono bell’e che morto. E per adesso non ho nessuna voglia di lasciare la mia Ninetta dopo tanti anni che le sono stato lontano”. Detto questo si girò e rientrò in casa. Non si aspettava un atteggiamento diverso da quello e quindi, tirate le somme il Russì si ritenne soddisfatto dell’incontro. Era sicuro che Bettino gli avrebbe fornito l’occorrente per l’attentato e che, da antifascista qual era, fosse in fondo in fondo lieto di partecipare.
– Le sue paure sono scusabili – si disse conoscendo le pre- carie condizioni di salute di 3B. La mattina seguente prima delle 10 era al luogo dell’ap- puntamento, in attesa. Finalmente vide, in lontananza, la figura mingherlina del Bettino. Avanzava lentamente e un po’ ingobbito per la strada in leggera salita, probabilmente a causa della difficoltosa respirazione. Gli sembrò stesse parlando da solo, mentre continuava a mettersi e togliersi il cappello.
Improvvisamente, con un gesto melodrammatico, si ficcò il copricapo in testa, raddrizzò il corpo e si mise a camminare più speditamente: sembrava trasformato. Al Russì venne da sorridere: l’amico aveva deciso di aiutarlo e se ne sentiva fiero. Infatti dopo poco gli si avvicinò e gli disse: “Stammi bene a sentire perché non ripeterò. Vai alla chiesa di S. Maurizio. Sotto il portico alla destra c’è una lastra più grande delle altre che non è ben francata: la alzi e sotto trovi otto candelotti di dinamite. Ne prendi due di quelli che hanno la miccia più lunga. Poi rimetti a posto la lastra e dimentichi tutto. Tutto: quello che hai visto e gli incontri che abbiamo avuto. TUTTO. Ciao” e se ne andò.
Ora bastava solo andare a prendere l’esplosivo e portarlo in paese: poi sarebbe stato tutto pronto! Bisognava solo aspettare il momento giusto per far saltare in aria quella maledetta auto tedesca.

 

XIII

La signora maestra Lucia aveva ottenuto dal signor Direttore della scuola di poter acquistare qualche attrezzo per la lavorazione della terra da dare ai ragazzi per- ché iniziassero, dopo averlo pulito dai sassi, dai calcinacci e dai pezzi di legno, a smuovere la terra in attesa di una prossima semina. Inoltre, poiché l’Orto Fascista era al- quanto distante dalla sede della scuola, bisognava provvedere alla realizzazione di un riparo, anche se piccolo, per gli attrezzi. Come al solito si pensò di affidare l’incarico alla locale Associazione Alpini, che era sempre disponibile a dare una mano a chi avesse bisogno. Così in breve fu costruito un piccolo deposito in muratura di un metro per un metro, con la sua bella porta in legno mu-
nita di un robusto chiavistello con lucchetto. Rimuovere un terreno così duro, abbandonato da anni, risultò subito impresa difficile per dei ragazzini che, oltre tutto, dovevano lavorare con attrezzi pesanti e non adatti alla loro altezza. D’altra parte l’inverno era alle porte e il momento della semina vicino. O abbandonare l’impresa o far intervenire, sperando nell’indifferenza delle autorità verso una soluzione non desiderata dal Regime, i soliti alpini volontari. E così fu fatto. Nessuno pensò di avanzare critiche o suscitare polemiche, anche perché la situazione in valle continuava a complicarsi per la sempre maggior presenza di partigiani e per i rapporti con i tedeschi che, dopo una iniziale esultante accoglienza da parte dei fascisti locali, si erano alquanto raffreddati sia per la intransigente durezza che i tedeschi ponevano nel- l’affrontare qualsiasi situazione, sia perché, in fondo alla mente di ognuno, rodeva un piccolo tarlo che diceva, sottovoce, “attento che la guerra finisce male per voi, non vi esponete troppo”. Le teste calde, naturalmente, c’erano ancora, ma tendevano a diminuire di numero con una certa celerità.
Gli alpini furono come al solito molto sbrigativi ed organizzati. Nel giro di una settimana il terreno era pronto alla semina del grano: bastava tracciare i solchi, lavoro che non fu compiuto da loro per dare la soddisfazione ai bambini di effettuarlo. Quando tutto fu a posto venne organizzata la cerimonia della semina. Non una cerimonia importante come quella per la nascita dell’Orto, ma comunque furono invitati ed intervennero, il Podestà, il Parroco, il Segretario del partito, il Direttore delle Scuole di Breno, il Maresciallo dei Reali Carabinieri, il responsabile dell’Associazione Alpini della Valle Camonica, il Generale Ronchi – nonno di Ernesto, il Direttore dell’o- spedale e le rappresentanze delle altre scuole del paese. Quattro bambini, portando a tracolla un sacchetto che conteneva le sementi, tenendosi a distanza di un paio di metri l’uno dall’altro, iniziarono a percorrere a passi lenti il campo, lanciando, con ampi gesti del braccio, i chic- chi di grano sul terreno lavorato. I poveretti avevano dovuto rinunciare per due settimane a tutte le ricreazioni per imparare a camminare tenendo tra loro la stessa distanza, alla stessa velocità e a compiere con sincronismo il gesto del braccio impegnato nella semina. Dopo tanta fatica erano riusciti a raggiungere un buon risulta- to, tanto che il Podestà dichiarò in una intervista rilasci ta al “Giornale della Valle” che “l’incedere dei piccoli seminatori, incedere altero nella loro consapevolezza di e sere parte di un grande progetto che solo il Duce aveva potuto partorire nella sua illuminata lungimiranza, ricordava quello dei pazienti buoi (???) che trascinano l’aratro con serietà e fermezza. Un gran bel vedere: con il gesto della semina che ricordava il colpo d’ala dell’aquila fascista”. Non era riuscito ad inserirci anche i fasci littori ma in compenso non ci si capiva nulla.

 

(continua…)