L’Università di Roma “Foro Italico” ha firmato un accordo di collaborazione con il Politecnico di Torino, finalizzato a promuovere la formazione e lo sviluppo professionale dei ricercatori e delle ricercatrici.
Una collaborazione, fortemente voluta dai due Direttore Generali, dott.ssa Lucia Colitti e dott. Vincenzo Tedesco, che si basa su una visione condivisa di crescita e innovazione, puntando a rafforzare le carriere accademiche e a creare un ponte tra il mondo della ricerca e quello imprenditoriale per una positiva ricaduta sullo sviluppo della società civile.
È un progetto ambizioso che si propone di creare sinergie tra le due istituzioni, valorizzando le rispettive competenze e risorse per affrontare le sfide della ricerca e dell’innovazione in un momento in cui fare sistema è diventato la parola d’ordine soprattutto per il mondo universitario.
Diverse sono le iniziative congiunte che le due istituzioni intendono realizzare: dalla rilevazione dei bisogni formativi del personale accademico, alla progettazione e realizzazione di percorsi formativi congiunti per lo sviluppo di competenze trasversali sempre più necessarie per essere competitivi, al monitoraggio e alla valutazione delle attività realizzate, alla condivisione di buone pratiche, alla collaborazione per attività e progetti di ricerca da realizzare insieme.
La collaborazione con il Politecnico di Torino permetterà di mettere a fattor comune conoscenze e competenze specifiche, favorendo l’efficienza delle azioni congiunte a beneficio della collettività. Le due istituzioni lavoreranno insieme per sviluppare progetti di ricerca e innovazione, condividere dati ed esperienze, e promuovere la cultura scientifica e tecnologica nelle sue diverse applicazioni. Il Politecnico porta in dote la sua esperienza pluriennale nella progettazione di corsi formativi per ricercatori e nel sostegno alle loro carriere, testimoniata dal prestigioso riconoscimento europeo “HR Excellence in Research”. L’Università di Roma “Foro Italico”, con la sua visione multidisciplinare, arricchirà i percorsi con un approccio integrato e strumenti innovativi per supportare dottorande e dottorandi, ricercatrici e ricercatori. Metterà inoltre in condivisione con il Politecnico la sua esperienza di studio e ricerca quasi centenaria nel settore delle scienze del movimento e dello sport, inteso come attività competitiva e di svago e considerato sempre più parte integrante della cultura, degli stili di vita delle persone.
Il Rettore dell’Università di Roma “Foro Italico”, prof. Attilio Parisi, ha sottolineato come questa collaborazione rappresenti un importante passo avanti per valorizzare i talenti: «L’accordo con il Politecnico di Torino rafforza il nostro impegno per sostenere i ricercatori nella loro crescita, promuovendo una formazione che guarda al futuro e al contesto internazionale. Questo accordo non è solo un progetto, ma una visione condivisa per il futuro dei nostri ricercatori. La sinergia tra le nostre istituzioni farà la differenza, generando opportunità che vanno oltre i confini accademici».
Anche il Politecnico ha ribadito il valore strategico della sinergia, evidenziando come l’unione delle forze tra le due istituzioni generi un impatto positivo non solo sui ricercatori, ma sull’intero sistema della ricerca italiana. “Questo accordo permetterà di rafforzare le competenze dei nostri ricercatori e di migliorare le loro opportunità di carriera, contribuendo allo sviluppo della ricerca scientifica e della formazione specializzata” dichiara il Rettore del Politecnico di Torino, prof. Stefano Paolo Corgnati.
Entrambe le università guardano al futuro con fiducia, convinte che la collaborazione e la condivisione delle risorse siano la chiave per valorizzare il talento e affrontare con successo le sfide globali.
Nella foto (da sinistra): il prof. Gennaro Terracciano e il prof. Fabio Pigozzi, prorettore e prorettore vicario dell’Università di Roma Foro Italico, il direttore generale del Politecnico di Torino, dott. Vincenzo Tedesco, il rettore del Politecnico di Torino prof. Stefano P. Corgnati, il prof. Attilio Parisi, la dott.ssa Lucia Colitti e il prof. Massimo Sacchetti, rispettivamente rettore, direttrice generale e direttore del Dipartimento di Scienze Motorie, Umane e della Salute dell’Università di Roma Foro Italico.
“Parla con me”: sostenibilità e innovazione
MODELLI PER IL FUTURO
Oggi alle ore 18 nuovo appuntamento con “Parla con me”

Tra Asti e Torino il torneo Open di Hit ball
Domenica di grande divertimento e tanto hitball quella vissuta fra la palestra Natta di Asti e quella Frassati di Torino grazie alla seconda edizione del Torneo Open.
In campo sono infatti scese le sei squadre dei gruppi B e C, ognuna delle quali ha affrontato le due avversarie del proprio girone.
Bottino pieno per Asti KT, forti del fattore campo e della maggiore esperienza del suo roster che, con una new entry rispetto alla passata stagione: per Daniele Morano, hitter sin dai primi anni 2000, si tratta di un ritorno dopo qualche anno di pausa.
Le due vittorie, entrambe nette, sia contro Valhalla (83-39) che con Giasthit (89-7), maturano grazie alle ottime partenze.
Nell’altra sfida, tutta torinese, i Valhalla portano a casa i primi 3 punti stagionali, con un 91 – 21 che mette in mostra l’affiatamento maturato nel Torneo Open del 2024, chiuso all’ultimo posto senza alcuna vittoria.
Serviranno le finals per capire se questo team è maturato abbastanza da giocarsi l’accesso al prossimo Torneo Start, come lascia intendere la complessiva buona prestazione contro gli astigiani.
Giasthit prevedibilmente in difficoltà ma in progressivo miglioramento già nell’arco dei primi 90 minuti di questa competizione.
Il giovanissimo team, principalmente composto da under 17, nonostante il gap fisico rispetto agli Alfieri, ha già dimostrato una buona impostazione tattica e sprazzi di talento, in particolare con Paola Verardi.
Nel gruppo B, la situazione appare più equilibrata. I debuttanti Goliath si sono ben difesi, nonostante le due sconfitte con gli Spartak per 68 – 42 e i Driphit per 74-31.
Distacco decisamente inferiore tra le altre due squadre, già presenti nella scorsa esizione
I Driphit arrivano a questo evento come migliore debuttante del Torneo Start del 2024, grazie al secondo posto; anche gli Spartak, nonostante il piazzamento meno prestigioso avevano già ben impressionato nella prima edizione, arrivando a vincere contro i Padawan, oggi in B2, e facendo sudare più del previsto Asti, Villains Chivasso e Atletico Boomers.
Gli “Spartani” arrivano a questo appuntamento senza diverse colonne del 2024. L’eredità raccolta dai superstiti è apparsa però in ottime mani, come dimostra il successo in rimonta per 74 – 72.
Una gara partita male per il team Sinombre che ha dovuto recuperare ben 15 punti.
Nonostante la sconfitta i rivali di scuola Polaris, hanno dimostrato di avere tutte le carte in regola per entrare nel quartetto che animerà subito dopo questa manifestazione il torneo Start Gold.
Sicuramente il ritorno del gruppo B, che si giocherà il 2 di Febbraio, ci regalerà una partita avvincente; nello stesso giorno il gruppo C vedrà debuttare i Kebbabheat contro le due redivive Dunamis, team tutto femminile proveniente dal Liceo Cottini e i Purple Hit di Orbassano, che ospiteranno le avversarie presso l’impianto di casa.

“Per il 2025 sono confermati i 153 milioni di risorse regionali alle politiche sociali e per la famiglia, al pari del 2024, senza il ricorso ai fondi europei”. Lo ha annunciato l’assessore regionale Maurizio Marrone in apertura della seduta della Commissione Sanità, presieduta da Luigi Icardi, in cui ha svolto le relazioni sul Defr e il Bilancio in merito alle materie di sua competenza.
“Siamo riusciti nell’intento di aumentare i capitoli strutturali rivolti ai servizi comunali di socio-assistenza del territorio, con oltre 2 milioni di euro in più su extra Lea e fondo indistinto”, ha spiegato Marrone.
“Confermati poi – ha aggiunto – gli stessi impegni del 2024 anche sulle nostre ‘bandiere’ della scorsa legislatura, a partire da Vita nascente, ma anche le risorse per Vita indipendente, oltre a quelle destinate alle politiche per l’invecchiamento attivo, per il Banco alimentare e il Banco farmaceutico. Novità per il 2025 sarà invece l’aumento che porta a 1 milione di euro le risorse per il fondo destinato agli Oratori del Piemonte”.
“Rivendico con orgoglio – ha concluso – il risultato di aver confermato la spesa storica delle politiche sociali in un momento di particolare difficoltà, riuscendo inoltre ad aumentare sensibilmente il fondo destinato alla rete degli Oratori del Piemonte per valorizzare ancor più il loro insostituibile ruolo di aggregazione sociale, di assistenza ai più deboli e di orientamento per i giovani”.
Numerose sono state le richieste di approfondimenti da parte dei gruppi di opposizione.
Rispondendo a Sarah Disabato (M5s) sui bandi per il servizio civile, Marrone ha affermato che “si intende mettere in atto misure di carattere sociale volte a prevenire e a contrastare il consumo di sostanze stupefacenti e a riqualificare aree urbane o rurali periferiche attraverso la presenza territoriale, il volontariato sociale, l’informazione e la creazione di forme virtuose di aggregazione”.
A Monica Canalis – intervenuta per il Pd con Nadia Conticelli – l’assessore ha risposto che, per quanto riguarda i bandi per l’invecchiamento attivo, “superata la fase di sperimentazione, è importante provare a pensare a interventi più strutturati, magari per il senior housing o per le palestre della salute, cercando di favorire chi lavora in rete”.
Rispondendo ad Alice Ravinale (Avs) sui finanziamenti agli Oratori, Marrone ha affermato che “l’Islam non è previsto in quanto non ha intese con lo Stato centrale e manca quindi una cornice giuridica generalizzata di rapporti tra lo Stato e la confessione religiosa”.
Sugli interventi per i senza fissa dimora, l’assessore ha risposto a Vittoria Nallo (Sue) che “è stato previsto un apposito capitolo per formare e mettere in strada operatori socio sanitari che si prendano cura della persona e mirino a toglierla dalla strada”.
Un dialogo con le periferie di Mario Sironi presso la Tait Gallery, dal 24 gennaio al 27 aprile 2025
Dopo il successo della mostra alla Promotrice delle Belle Arti a giugno, torna a Torino l’artista Ciro Palumbo con la mostra “Nulla è perduto nonostante l’oblio”, un dialogo e un confronto con alcune opere di Mario Sironi e le sue periferie. La mostra è visitabile dal 24 gennaio fino al 27 aprile 2025 presso la Tait Gallery di via San Quintino 1 bis, a Torino, un nuovo spazio espositivo aperto nel maggio 2024 da Lorenzo Palumbo e Simone Lo Iudice.
Il tempo scorre veloce e inesorabile, fugge via come i ricordi senza un testimone. Se non si ha la determinazione e la consapevolezza di fermarlo, l’oblio è inesorabile. L’arte ha quel sacro ruolo di cristallizzare il tempo e renderlo eterno, facendo si che nulla sia perduto. In questa nuova mostra, Ciro Palumbo propone una serie di circa 20 opere dedicate alle città e alle periferie a confronto con due opere di Mario Sironi dal titolo “Figure”, della seconda metà degli anni ’40, e “Composizione”, del 1948. La scelta di queste due opere di Sironi non è casuale poiché Palumbo, ispiratosi alle periferie, grande tema del Novecento, usa, come Sironi, la prospettiva come un artificio che crea l’illusione dello spazio attraverso la combinazione di rapporti di proporzioni, forme geometriche e riferimenti minimali al costruito e alla presenza umana, creando un’impressione di sospensione che interpella il fruitore portandolo a interrogarsi su questioni di natura esistenziale e metafisica. Le città di Palumbo sono città silenti, rigide, spigolose, dove la luce è timida e artificiale. L’artista avverte il bisogno di rifugiarsi nelle inquietudini ombrose, e le sue vedute sono luoghi da dove è possibile spiccare il volo per uno spazio dove fermarsi sospesi.
“Sironi fa parte di quegli artisti del Novecento che studio, approfondisco e con i quali dialogo naturalmente – spiega l’artista Ciro Palumbo – mi hanno da subito colpito la potenza del suo segno, il suo essere figurativo e la sua capacità di giocare con la materia, arrivando a creare opere enormi e visionarie. L’ispirazione al tema delle periferie, tipico del Novecento e estremamente attuale oggi per il periodo storico che stiamo vivendo, fatto di guerre, desolazioni e solitudini, è stata alla base del mio lavoro inerente a questa mostra e del dialogo con lo straordinario artista Mario Sironi. La contemporaneità e gli eventi attuali mi hanno portato anche a rappresentare lo spirito della solitudine attraverso il simbolo della maschera e attraverso gli spazi urbani vuoti, delimitati da edifici, al cui centro compare un albero che simboleggia la vita”.
I paesaggi urbani di Sironi, pur essendo definiti metafisici, hanno già insite le caratteristiche del suo ritorno all’ordine classicista. Le linee rette, case, poligoni perfetti in spazi perfettamente equilibrati, richiamano un classicismo enigmatico, ricco di presentimenti e ripropongono la monumentalità della desolazione delle periferie e il doloroso senso di isolamento.
La poetica di Palumbo inizia con la scuola metafisica di Giorgio De Chirico e Alberto Savinio, per reinventarne i fondamenti secondo un’interpretazione personale e originale, ed è in questo contesto che si inserisce “Nulla è perduto nonostante l’oblio”, le opere di Ciro Palumbo in connessione con un grande maestro del Novecento, Mario Sironi, che al capoluogo piemontese ha dedicato parte del suo percorso creativo. Entrambi rappresentano la sospensione, la tensione emotiva del ritrovare un senso alle azioni e alla vita umana. Catturano tra i segni e i ritratti dell’inafferrabilità del tempo la solitudine individuale di un mondo affollato da dubbi e incertezze. Sironi e Palumbo si cibano degli equilibri inquieti del loro presente che condividono umanamente ma non artisticamente. Il silenzio è ciò che ricerca Palumbo, il terribile e innaturale vuoto dell’afonia umana, dato dalle urla del passato, che è ciò che lo affascina in Sironi. Questo punto d’incontro racconta come un percorso artistico prosegua nel tempo e si modifichi, prenda vie e linee differenti, si contamini con nuovi immaginari e ambienti, ma con la stessa necessità artistica: rappresentare un mondo che, seppur affollato, porta l’essere umano a sentirsi solo e a ricreare spazi altri per poter ritrovare una realtà maggiormente a sua misura. Palumbo è mosso da una riflessione che tenta di coniugare metafore pittoriche, la transitorietà del tempo e la profondità dello spazio, dando vita a rappresentazioni immaginifiche che tentano di articolare insieme memorie e materiale iconografico tratto dalla nostra storia culturale e dal nostro immaginario collettivo. La sua ricerca è caratterizzata da un continuo approfondimento del gesto pittorico e dal dialogo costante con poesia, letteratura, filosofia, mito e storia dell’arte, e prende le forme di un tentativo di rendere ragione dell’umano e della sua forza creativa, indagando le possibilità di dare forma a un’alternativa spirituale alla precarietà e al senso d’angoscia dell’uomo.
Mara Martellotta
Il presidente Cirio al tavolo Food For Gaza a Roma al Ministero degli Esteri: «Ho confermato al ministro Tajani la disponibilità del Piemonte ad accogliere e curare i bambini nell’ospedale pediatrico»
Il presidente della Regione Piemonte Alberto Cirio ha partecipato alla Farnesina al tavolo di coordinamento del progetto Food For Gaza, convocato dal ministro degli Esteri, Antonio Tajani, per intensificare le attività di aiuto alle popolazioni colpite dalla guerra, alla luce del cessate il fuoco.
«Ringrazio il ministro Tajani per aver convocato questo incontro con l’obiettivo di dare risposte pragmatiche e rapide alle necessità delle popolazioni colpite dalla guerra – dichiara il presidente della Regione Piemonte Alberto Cirio – Con la tregua ora è possibile intensificare gli aiuti anche con azioni più stringenti. Il Piemonte è quindi pronto a fare la sua parte e, di concerto con l’assessore alla Sanità Federico Riboldi e al Sociale Maurizio Marrone, ho dato la disponibilità della Regione ad accogliere nei prossimi giorni 11 bambini pazienti oncologici in arrivo dalla Striscia di Gaza, che saranno ricoverati all’ospedale Regina Margherita di Torino. Una disponibilità che conferma la vocazione solidale e accogliente del nostro territorio, che già la scorsa estate ha consentito di portare al Regina Margherita un adolescente e un bimbo di 3 anni provenienti da Gaza e negli scorsi anni un gruppo di piccoli pazienti in fuga dalla guerra in Ucraina».
La disponibilità si inserisce nell’impegno costante del Piemonte sulla cooperazione internazionale, con la partecipazione all’iniziativa di Iveco che ha fornito i Tir per il trasporto degli aiuti nelle zone colpite dalla guerra e all’invio del riso piemontese destinato alle popolazioni della Striscia di Gaza.
Fin dalla scorsa primavera la Regione, insieme al Comune di Torino, si è resa disponibile presso il Ministero degli Esteri a supportare attivamente le iniziative del governo in risposta all’emergenza umanitaria di Gaza, con il coinvolgimento degli ospedali, in particolare il Regina Margherita per i pazienti più piccoli, e la Protezione civile regionale, per fornire competenze e materiali.
Una disponibilità che conferma quanto avvenuto in passato quando il Piemonte, con due diversi voli, nel 2022 ha avviato una missione umanitaria che ha consentito di portare a Torino 22 tra bambini e ragazzi malati di tumore in fuga dall’Ucraina dove non era possibile garantire loro le cure a causa della guerra.
Torino, capitale italiana del Liberty
Oltre Torino: storie miti e leggende del torinese dimenticato
È l’uomo a costruire il tempo e il tempo quando si specchia, si riflette nell’arte.
L’espressione artistica si fa portavoce estetica del sentire e degli ideali dei differenti periodi storici, aiutandoci a comprendere le motivazioni, le cause e gli effetti di determinati accadimenti e, soprattutto, di specifiche reazioni o comportamenti. Già agli albori del tempo l’uomo si mise a creare dei graffiti nelle grotte non solo per indicare come si andava a caccia o si partecipava ad un rituale magico, ma perché sentì forte la necessità di esprimersi e di comunicare. Così in età moderna – se mi è consentito questo salto temporale – anche i grandi artisti rinascimentali si apprestarono a realizzare le loro indimenticabili opere, spinti da quella fiamma interiore che si eternò sulla tela o sul marmo. Non furono da meno gli autori delle Avanguardie del Novecento che, con i propri lavori “disperati”, diedero forma visibile al dissidio interiore che li animava nel periodo tanto travagliato del cosiddetto “Secolo Breve”. Negli anni che precedettero il primo conflitto mondiale nacque un movimento seducente ingenuo e ottimista, che sognava di “ricreare” la natura traendo da essa motivi di ispirazione per modellare il ferro e i metalli, nella piena convinzione di dar vita a fiori in vetro e lapislazzuli che non sarebbero mai appassiti: gli elementi decorativi, i “ghirigori” del Liberty, si diramarono in tutta Europa proprio come fa l’edera nei boschi. Le linee rotonde e i dettagli giocosi ed elaborati incarnarono quella leggerezza che caratterizzò i primissimi anni del Novecento, e ad oggi sono ancora visibili anche nella nostra Torino, a testimonianza di un’arte raffinatissima, che ha reso la città sabauda capitale del Liberty, e a prova che l’arte e gli ideali sopravvivono a qualsiasi avversità e al tempo impietoso. (ac)
Torino Liberty
Articolo 2. Torino, capitale italiana del Liberty
In seguito all’Esposizione Internazionale delle Arti Decorative del 1902 a Torino, gli artisti e i professionisti presenti ebbero l’opportunità di conoscere e visionare i più rappresentativi esempi di Art Nouveau, firmati proprio dai migliori esponenti della corrente artistica di tutto il mondo. Successivamente a tale avvenimento e grazie alla presenza sul territorio di abilissimi architetti e assai preparati ingegneri, che potevano contare su una ricca classe borghese e imprenditoriale, la città sabauda si trasformò in un immenso cantiere di sperimentazione stilistica, che in circa trent’anni portò alla realizzazione di un gran numero di edifici appartenenti alle più svariate tipologie, sia industriale che residenziale, dai palazzi destinati all’istruzione o al culto, fino ad alcuni esempi di arte funeraria. Gli artisti torinesi interpretarono il Liberty con originalità e maestria, rivisitando le scuole dell’Art Nouveau, da quella franco-belga a quella austro-tedesca, con occhio personale e mai scontato. Torino, ancora oggi nota per le grandi architetture barocche dei palazzi nobiliari e delle celebri residenze sabaude, vede affermarsi dunque, tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, una nuova corrente artistica, meglio conosciuta come “Liberty”. Di questo stile, Torino presenta numerose testimonianze di pregio, al punto da essere considerata la capitale del Liberty italiano.
Sul piano prettamente estetico il Liberty affronta l’eterno problema del “bello”, ovvero l’ideale di un “socialismo della bellezza” inteso come diffusione e messa a disposizione di prodotti artistici presso una sempre più vasta porzione di cittadinanza, nelle più disparate applicazioni, verso un’unica adesione ad un’estetica condivisa, che ha nella natura il suo inizio e la sua fine. Grazie allo sviluppo industriale e agli interventi urbanistici in varie zone della città, il Liberty si impose elegantemente nelle linee architettoniche di interi quartieri, dalla Crocetta alla Gran Madre, da Cit Turin a San Donato. In ogni spazio edificato all’inizio del secolo scorso su impulso della nuova borghesia industriale, vi è la chiara impronta dell’originale stile artistico europeo, di cui ancora oggi possiamo ammirare l’elegante armonia architettonica.Passeggiando per Torino, con lo sguardo attento ai palazzi più rappresentativi, che si stagliano netti ed eleganti per le vie della città, non si può fare a meno di rimanere estasiati e ammirati di fronte alla raffinatezza espressiva di alcuni edifici, dalle linee flessuose e curve, dai tratti “morbidi” delle facciate, che ancora ci sorprendono per la loro piacevole bellezza architettonica. Osserviamo tetti insolitamente ricchi, vetrate che catturano la luce riflessa in colori pastello, tettoie con strutture in ferro-vetro, dettagli di balconi dalla ringhiera incurvata, dove l’alternanza vuoto-pieno sottolinea vitalità e dinamismo. E poi portoni, mancorrenti, finestre con finezze di particolari, festoni e fregi che richiamano la grazia della natura mediante la riproduzione di piante, foglie, tralci, fiori, tutta una leggiadria di forme che sembrano quasi nascondere e tacitare il peso del litocemento. E poi ancora la riproduzione di rampicanti che, sviluppandosi in altezza, sanno dare un tocco di levità ai palazzi, arricchiti anche da conchiglie, sirene, animali araldici, curiosi ghirigori. Ogni edificio mantiene una propria impronta particolare, ma, nel richiamarsi alla nuova linea floreale, la sa esaltare in strutture di spettacolare bellezza, come il flessuoso e morbido bovindo, bow-window, che nell’inglese antico significa “finestra ad arco”, ed è, nell’edificio, la parte di un ambiente aggettante verso l’esterno, come un balcone chiuso da vetrate.
L’ingegnere Pietro Fenoglio, il più grande architetto torinese di questo stile, ne ha realizzati numerosissimi in città, e in forme assai diverse, rettangolari, ovali, quadrate, circolari, cilindriche. A mezza altezza tra la strada e il tetto, il bovindo, anche solo di un metro quadrato o poco più, è una magnificenza costruita sulla facciata, dove la fantasia creativa ben si accompagna al tratto fluido e morbido, alla varietà e all’inventiva. E così, nella malinconica Torino gozzaniana che mi piace ricordare (Come una stampa antica bavarese/vedo al tramonto il cielo subalpino…/Da Palazzo Madama al Valentino/ ardono l’Alpi tra le nubi accese…/ E’ questa l’ora antica torinese,/ è questa l’ora vera di Torino…), trovano spazio architetture quasi gioiose, dove il rosso del mattone ben si accorda al grigio chiaro del litocemento. In una perfetta costruzione armonica, ogni più piccolo particolare è studiato con cura, e i ferri battuti delle ringhiere dei balconi a volte differiscono volutamente per qualche minimo dettaglio, che solo una disamina attenta riesce a cogliere, e anche gli androni, le scale, i mancorrenti sono originali e costruiti ad arte. Nello stile floreale gli ornamenti fanno parte della costruzione complessiva, non sono elementi puramente accessori, quasi in aggiunta, al contrario prendono, per così dire, vita dalla bellezza dell’insieme. Improntati allo stile Liberty, Torino presenta non solo un gran numero di case e villini, ma anche stabilimenti industriali, uffici pubblici e scuole, disseminati nei vari quartieri della città, la Crocetta, San Donato, il Centro, San Salvario, la Gran Madre, Cit Turin.
Di certo è stata troppo breve l’ingenua e ottimistica stagione Liberty, ben presto l’abilità tecnica si concretizzò negli orrori della guerra e la realtà drammatica che si andò delineando portò a una diffusa sfiducia nei confronti dell’arte come materia salvifica. La bellezza dunque non è più né ricercata né indagata, la “funzione” prevale sulla “forma” e la violenta modernità si manifesta con canoni antitetici rispetto agli ideali dell’Art Nouveau. Il tempo della natura e dei suoi mirabolanti ghirigori viene schiacciato dal suono devastante delle bombe e delle grida del primo conflitto mondiale.
Alessia Cagnotto