ilTorinese

Smartphone alla guida: 270 sospensioni della patente

E’ di 452 patenti ritirate su strada il bilancio delle sospensioni brevi nel primo trimestre 2025. Si tratta di una sanzione aggiuntiva oltre a quella economica, introdotta con l’ultima riforma del Codice della Strada. Scatta nel caso l’automobilista abbia meno di 20 punti sulla patente. La durata della sospensione è graduata in base ai punti disponibili: sospensione di sette giorni se si hanno più di dieci punti-patente, di quindici giorni se il conducente ne ha da 9 in giù. I giorni raddoppiano se il conducente provoca un incidente stradale. Quando i conducenti sono fermati da una pattuglia, nel momento in cui gli agenti accertano una violazione del Codice della Strada per alcuni articoli specifici qualora i punti patente a disposizione siano inferiori a 20 devono applicare la sanzione accessoria della sospensione breve.

Nel dettaglio, secondo i dati del Corpo di Polizia Locale di Torino in seguito ai controlli di polizia stradale sono state 270 le sospensioni brevi per l’uso di smartphone durante la guida. 85 sospensioni invece per mancato utilizzo dei sistemi di ritenuta, 42 per il passaggio con il rosso semaforico o degli agenti in strada, 10 per mancata precedenza, 6 per l’esecuzione non corretta di manovre di cambiamento di direzione o di corsia, 5 per mancata precedenza ai pedoni, 2 per sorpasso, 1 rispettivamente per mancato rispetto dei periodi di guida/riposo e circolazione contromano.

“Wildlife Photographer of the Year: quando la Natura dà spettacolo

In mostra al valdostano “Forte di Bard”, cento scatti fotografici in arrivo dalla 60^ edizione 

Fino al 6 luglio

Bard (Aosta)

E’ stata, a ragione, definita “una fotografia mozzafiato”. Firmato dal fotoreporter canadese (specializzato in conservazione marina) Shane Gross, lo scatto ci propone il magico mondo sottomarino dei “girini” di rospo boreale (specie oggi fortemente minacciata a causa della distruzione dell’“habitat” e dei predatori), porta il titolo di “The Swarm of Life” (“Lo sciame della vita”) ed è stata premiata come la “migliore fotografia naturalista del 2024” nell’ambito della 60^ edizione di “Wildlife Photographer of the Year”, il più importante riconoscimento dedicato alla “fotografia naturalistica” promosso dal “Natural History Museum” di Londra. Ben 59.228 gli scatti realizzati, nel corso dell’anno passato, da fotografi di tutte le età e livelli di esperienza, provenienti da 117 Paesi. Di questi, in un nutrito numero di Cento, compresi i premiati e i più significativi, sono oggi esposti, fino a domenica 6 luglio, nel sabaudo complesso fortificato sulla rocca che sovrasta il borgo di Bard, in Valle d’Aosta. “Utilizzando il potere emotivo unico della fotografia per coinvolgere ed emozionare il pubblico – dicono gli organizzatori – le immagini fanno luce su storie e specie di tutto il mondo e incoraggiano un futuro a difesa del Pianeta”. Catturate a volte in rapidissimi “istanti” (ah, non farseli sfuggire!) non privi di più o meno faticosi e lunghi a non finire “appostamenti”. E’ il caso, proprio, della premiata fotografia di Shane Gross, catturata mentre il fotografo canadese faceva snorkeling per diverse ore tra tappeti di ninfee nel lago Cedar, sull’isola di Vancouver, nella Columbia Britannica, e muovendosi con estrema attenzione per non disturbare i sottili strati di limo ed alghe che ricoprono il fondale del lago. Attenzione e fatica premiate dallo stupendo “lavoro” portato a casa.

Da segnalare anche, fra le opere esposte, quella di Alexis Tinker-Tsavalas, fotografo tedesco che si è, invece, aggiudicato il “Young Wildlife Photographer of the Year 2024” per l’immagine ravvicinata “Life Under Dead Wood” (“C’è vita sotto il legno morto”), che raffigura i corpi fruttiferi della muffa melmosa ed un minuscolo “collembolo”, fra gli insetti (“Entognati”) più piccoli – solo in alcuni casi superano i 5 mm di lunghezza – esistenti in quasi ogni angolo del mondo e vitali per migliorare la salute del suolo, nutrendosi di microrganismi come batteri e funghi, aiutando così la materia organica a decomporsi. Per scattare questa foto Tinker-Tsavalis ha rotolato con estrema rapidità un tronco, scattando velocemente (con la tecnica del “focus stacking”, in cui vengono combinate 36 immagini, ciascuna con un’area diversa a fuoco) poiché i “collemboli” possono saltare molte volte la lunghezza del loro corpo in una frazione di secondo. Cogliere in un attimo infinitesimale l’“attimo fuggente”. E questi sono i magnifici risultati.

Due gli italiani premiati. Il calabrese di Vibo Valentia, dal 2007 residente in Scozia, Fortunato Gatto, vincitore della categoria “Piante e funghi” con lo scatto “Old Man of the Glen” (“Il vecchio della valle”) e con “menzione d’onore” nella stessa categoria per “High tide indicator” (“Indicatore di alta marea”) e “A carpet of woods” (“Un tappeto di boschi”) e  Filippo Carugati (origini milanesi, ma residente a Torino, e cognome che ricorda il mitico Gino Bramieri) che ha ricevuto la “menzione d’onore” nella categoria “Subacquee” con lo scatto “Green, thin and rare to see” (“Verde, magro e raro da vedere”).

Per celebrare, inoltre, il sessantennale del “Concorso”, è stato introdotto per questa edizione anche il Premio “Impact Award” teso a riconoscere “una storia di speranza e di cambiamento positivo”. Due i premiati. L’“Adult Impact Award” è stato assegnato al fotoreporter australiano Jannico Kelk per “Hope for the Ninu” (“Speranza per i Ninu”), con l’immagine di un “bilby” maggiore in una riserva recintata, in modo che il piccolo marsupiale possa prosperare dopo essere stato portato quasi all’estinzione da predatori come volpi e gatti; alla polacca Liwia Pawlowska è andato, invece, il “Young Impact Award” per “Recording by Hand” (“Registrazione a mano”), dove un esemplare di “sterpazzola” (uccello migratore che ha il suo “quartier generale” nell’Africa sub-sahariana) appare rilassata durante l’inanellamento degli uccelli, tecnica che aiuta gli sforzi di conservazione registrando la lunghezza, il sesso, le condizioni e l’età di un uccello per aiutare gli scienziati a monitorare le popolazioni e a tracciare i modelli migratori.

Gianni Milani

“Wildlife Photographer of the Year”

Forte di Bard, via Vittorio Emanuele II, Bard (Aosta); tel. 0125/833811 o www.fortedibard.it

Fino al 6 luglio

Orari: mart. – ven. 10/18; sab. dom. e festivi 10/19; lun. chiuso

Nelle foto: Shane Gross “The Swarm of Life”; Alexis Tinker-Tsavalas “Life Under Dead Wood”; Fortunato Gatto “Old Man of the Glen”

Qualità o quantità?

Sarà capitato anche a voi di osservare una mostra fotografica, la produzione editoriale di uno scrittore oppure il semplice scatto postato sui social da un pinco pallino qualsiasi e pensare che a tanta quantità non corrisponde altrettanta qualità.

Prendiamo per esempio le classiche foto di compleanno, delle vacanze estive, di un viaggio o di un evento qualsiasi per mettere in mostra soltanto la voglia da parte del fotografo (o fotografa, non c’è differenza) di mostrare qualcosa di sé, della propria attività, e non anche una qualità, un impegno nel realizzare lo scatto.

Sempre più spesso assistiamo alla presenza maniacale, compulsiva, di alcune persone sui social attraverso i propri lavori, spesso di pessima qualità, eccessivi, insignificanti anziché farsi valere per la qualità dei propri lavori, anche se poco frequenti.

Quando fotografavamo con la pellicola, in un viaggio di 5 giorni mediamente si scattavano circa 150 scatti, pari a 4 rullini da 36, perché ogni scatto era studiato, aveva un significato per il fotografo, e lo dove va avere anche per i futuri osservatori dell’immagine.

Ora, nella maggior parte dei casi, quei 150 scatti vengono effettuati prima di varcare il casello di partenza dell’autostrada perché dobbiamo compulsivamente fotografare i cartelli, i semafori, il giocoliere, le auto, la prostituta che sta per staccare dal lavoro, l’autista del bus su cui viaggiamo, i vicini, quelli meno vicini e, altrettanto compulsivamente, metterli sui social dove resteranno come unica destinazione, perché più nessuno stampa le immagini, né le archivia ordinatamente su un hard disk.

A nessuno veniva in mente di fotografarsi nello specchio del bagno, rigorosamente con la tavoletta del wc alzato, mentre con la bocca a culo di gallina mostra al mondo il meglio di sé.

Forse il bisogno di affermazione spinge, soprattutto i giovani a transitare nella storia (dove resteranno davvero poco) attraverso le proprie esperienze fotografiche o video: tecnica 0, consequenzialità idem, appropriatezza dello scatto neppure.

Ma questa aberrazione è diventata la norma: se non pubblichi decine di scatti ogni giorno del tuo viaggio vieni subito interrogato da amici e conoscenti per conoscere il motivo di tale assenza dai social.

Ai miei allievi insegno che l’immagine deve esprimere qualcosa, anche nel caso di un reportage di cronaca, sportivo, di guerra o altro, che l’immagine nasce prima dello scatto, nella testa del fotografo, componendola e, magari, inserendo una cornice naturale (finestra, ramo fiorito, ringhiera) per renderla meno banale. Uno degli esercizi migliori è immaginare come verrà la foto, comporla, scattarla e guardarla: è come ti aspettavi? Bene. Altrimenti devi cambiare il tuo approccio alle scene.

Ma occorre avere voglia di creare davvero, di sviluppare una creatività che ti renda differente dagli altri, diverso ma non necessariamente più bravo o meno bravo, solo con un tuo stile personale.

Uniformarsi va bene quando si tratta di osservare le leggi, di adeguarsi alle consuetudini di una società, ma è svilente, spersonalizzante quando ripetiamo ciò che fanno gli altri, ci appiattiamo sulle abitudini altrui anziché ritagliarci uno stile nostro, creare una nostra cifra stilistica che ci faccia immediatamente emergere dalla massa.

Se il nostro desiderio è farci notare, non credete che diventando diversi dagli altri saremo più notati, più famosi, più apprezzati?

Via dalla pazza folla.

Sergio Motta

Confagricoltura: “Serve un piano urgente per prevenire il dissesto idrogeologico”

Piemonte, pesanti danni per l’agricoltura e per l’ambiente.

 

Una giornata di tregua, quella di ieri, dalle forti perturbazioni che hanno imperversato sulla nostra Regione, con una violenza inaudita: 500 millimetri di pioggia caduti in poche ore su alcune zone circoscritte.

Ponti crollati, strade chiuse e impraticabili fino a data da destinarsi, paesi isolati e senza corrente elettrica, campi e strade allagati, frane in montagna e in collina.

La Regione ha diffuso un primo elenco delle aree maggiormente colpite: basso Alessandrino, Biellese, Vercellese, Canavese, Valsusa e nelle zone montane del Verbano-Cusio-Ossola. Ieri sera ha inoltrato al Governo la richiesta di stato di emergenza.

 

La massima attenzione è rivolta ai fiumi, ai torrenti e ai rii, che dopo l’eccezionale entità delle precipitazioni cadute in 48 ore, sono esondati in più province creando allagamenti, danni strutturali, isolamenti, disservizi alle reti di pubblica utilità e, purtroppo, dispersi e vittime.

 

“Siamo vicini alle famiglie delle vittime e ci dispiacciamo che ancora una volta, nonostante le previsioni fossero chiare da alcuni giorni, non si sia potuto fare nulla per evitare il problema” dichiara a caldo Enrico Allasia, presidente di Confagricoltura Piemonte ed evidenzia “Questo dimostra in modo inequivocabile che, aldilà del cambiamento climatico in atto, occorre investire in modo deciso sulla prevenzione, più che sull’emergenza”.

 

In tutta la regione – rilevano i tecnici di Confagricoltura Piemonte impegnati in alcune prime ricognizioni – si segnalano prati e campi allagati, smottamenti nelle aree dei frutteti e dei vigneti, detriti di ogni genere, accatastati, che dovranno essere rimossi e smaltiti.

 

Nell’Alessandrino le aree interessate sono quelle lungo il Bormida (Cassine), del Casalese dove a Terranova il Sesia ha inondato i campi già seminati ed alcuni in vegetazione, e dell’Acquese.

 

Il fiume Tanaro è esondato nella prima fascia nei comuni di Asti, Azzano d’Asti, Castello di Annone, Rocca d’Arazzo, Rocchetta Tanaro. La produzione dei campi di grano in questa fascia sarà inevitabilmente compromessa, mentre si auspica che mais e girasole possano essere riseminati.

Preoccupa nell’Astigiano, così come nel Cuneese, l’impossibilità di entrare in sicurezza con i mezzi agricoli nei vigneti impedendo di fatto i trattamenti tempestivi contro la Plasmopara viticola (peronospora) e nei noccioleti per prevenire marciumi e attacchi fungini.

Nella zona delle Langhe e della valle Belbo, numerosi gli smottamenti.

 

Le intense precipitazioni hanno determinato l’innalzamento del Toce e del Sesia. Nel Biellese e Vercellese esondazioni di Elvo e Cervo nelle aree golenali e nelle aree limitrofe.

A Domodossola e Larecchio, nel Verbano, si sono registrati rispettivamente 105 e 96 mm di pioggia: molte case sfollate e diversi Comuni isolati.

 

Il fiume Po è esondato a San Sebastiano, nel torinese. Livello superato anche dai torrenti Malone a Front Canavese e Brandizzo, Orco a Castellamonte e San Benigno Canavese, Soana a Pont Canavese, Cervo a Quinto Vercellese.

Dalle Valli di Lanzo e di Susa, Canavese e Pinerolese i riscontri meno confortanti.

 

“Il bilancio per l’agricoltura è pesante, l’annata agraria potrebbe essere pesantemente compromessa – dichiara Lella Bassignana, direttore di Confagricoltura Piemonte – Il censimento dei danneggiamento dalle produzioni agricole è appena iniziato: i dati relativi alla superficie colpita sono inevitabilmente destinati a salire”.

 

Confagricoltura Piemonte apprende con favore la notizia che il presidente della Regione Piemonte Alberto Cirio ha stanziato 5 milioni di euro, prelevati dal fondo di riserva, come primo intervento di somma urgenza per consentire il ripristino dei danni ma auspica che ulteriori somme vengano destinate, senza troppi intoppi dovuti alla burocrazia, al ripristino delle aree svantaggiate.

 

Come più volte ribadito, la Federazione degli imprenditori agricoli piemontesi torna a sottolineare il fatto che servono programmi cogenti di manutenzione dei corsi d’acqua per mettere in sicurezza intere aree, prevenendo dissesti idrogeologici ed eventi come quelli degli ultimi anni, che ogni anno causano vittime e perdite ingenti alle imprese e all’agricoltura.

Torino, città che vibra al ritmo della vita

SCOPRI – TO ALLA SCOPERTA DI TORINO
Torino è una città che parla a chi sa ascoltare. I suoi portici silenziosi, i tram che scorrono lenti al tramonto, il fiume Po che taglia la città come un respiro lungo e costante: tutto racconta una storia, fatta di cultura, musica e rinascita. Perché Torino non è solo industria e storia, ma anche cuore e battito. È una città che ha dato i natali a persone capaci di lasciare il segno, spesso senza clamore, come fossero in punta di piedi. Ma quando si tratta di musica, il rumore lo hanno fatto eccome.
.
Un suono tutto torinese.
Gabry Ponte è uno di quei nomi che ha fatto ballare un’intera generazione. Con gli Eiffel 65 ha portato il nome di Torino in tutto il mondo. Chi non ha mai canticchiato “Blue (Da Ba Dee)” almeno una volta nella vita? Quella canzone, nata tra i vicoli e gli studi torinesi, è diventata un simbolo degli anni 2000, un’onda di colore in un mondo che cercava nuove vie per sorridere. Ma Gabry non è solo un nome da classifica: è un uomo che ha sempre creduto nella musica come ponte tra mondi diversi, tra emozioni che a volte non si sanno dire ma si possono ballare.
.
La rinascita di Gigi.
E poi c’è Gigi D’Agostino, un altro figlio di questa città. Icona della musica dance, anima introversa ma potente, capace di trasformare ogni beat in emozione. Per anni Gigi ha fatto vibrare le discoteche con i suoi pezzi diventati inni generazionali, da “L’Amour Toujours” a “Bla Bla Bla”. Ma è la sua storia più recente che tocca davvero. Quando ha annunciato di essere gravemente malato, il silenzio è caduto sui social come un peso. Nessuno se lo aspettava. E poi, a distanza di tempo, quel post semplice, diretto, che diceva: “Sto tornando a camminare da solo”. Quelle parole non erano solo sue. Erano di chiunque abbia lottato, di chiunque abbia avuto paura, di chiunque abbia capito quanto la vita sia fragile e potente insieme. Gigi è uscito dal buio e oggi la sua musica suona ancora, più vera, più intensa. Perché adesso ogni nota sa di vita ritrovata.
Musica che nasce tra le ombre e la luce perchè Torino ha un’anima complessa, fatta di luci basse e atmosfere che sanno essere malinconiche. È una città che non ha bisogno di gridare per farsi notare e forse proprio per questo è stata terreno fertile per una musica che arriva dritta al cuore senza fare rumore.
Gigi D’Agostino e Gabry Ponte sono due volti di una stessa corrente: entrambi figli di una città che sembra fatta di contrasti, dove la modernità incontra la storia, dove l’industria convive con la poesia dei caffè storici, dove le notti non sono mai solo notti, ma momenti in cui tutto può succedere.
Gigi ha sempre portato con sé una certa nostalgia, anche nei suoi brani più ritmati. Le sue melodie sono spesso malinconiche, come se raccontassero qualcosa che non vuole essere dimenticato. La sua musica è diventata una colonna sonora per chi aveva bisogno di evadere, di cacciare via i pensieri, ma anche per chi cercava un posto in cui rifugiarsi. Quando ha condiviso la sua battaglia contro la malattia, in tanti hanno capito quanto fragile possa essere anche chi sembra forte e inarrivabile. Ma Gigi non ha mai voluto essere un idolo: è sempre stato solo un ragazzo di Torino che ha messo nei suoni quello che non riusciva a dire a parole. E oggi, con la sua lenta ripresa, continua a essere un simbolo, ma più umano che mai.
Gabry, invece, ha scelto una via più solare, più internazionale. Ma non ha mai dimenticato da dove viene. Anche nei tour mondiali, anche nei festival più lontani, c’era sempre qualcosa di torinese nei suoi set: una certa eleganza nei suoni, una cura nel dettaglio, una sensibilità che non è solo tecnica ma viscerale. Ha sempre parlato della città con affetto, riconoscendole il merito di averlo formato, non solo come artista ma anche come persona. Perché Torino ti insegna a non accontentarti, ti mette alla prova, ti fa fare i conti con la solitudine e poi ti regala momenti in cui tutto sembra possibile. È questa scuola silenziosa che ha formato entrambi.
.
Torino, città delle seconde possibilità.
E poi c’è un altro aspetto, forse il più importante. Torino è una città che sa aspettare. Che non dimentica. Che ti lascia andare e poi ti accoglie di nuovo quando sei pronto a tornare. Lo si vede nei vicoli della Vanchiglia, nei locali nascosti di San Salvario, nei tram che attraversano la città sotto la pioggia. È una città che cambia lentamente, ma con forza. Come chi ha sofferto e non ha perso la speranza. Forse per questo è così vicina alle storie di rinascita, come quella di Gigi, come i percorsi silenziosi ma solidi di artisti come Gabry. Perché qui, tra le Alpi e la nebbia, tra le luci soffuse e i sogni che resistono, c’è spazio per chi vuole riprovarci. Per chi cade e si rialza. Per chi balla anche con le lacrime agli occhi.
Torino non ha bisogno di farsi bella per piacere. È vera. E per chi la conosce davvero, è impossibile dimenticarla.
.
NOEMI GARIANO

Museo Nazionale della Montagna: “Guido Rey. Un amateur tra alpinismo, fotografia e letteratura”

Un’importante mostra dedicata all’eclettica figura del grande alpinista, pronipote di Quintino Sella

Fino al 19 ottobre

“Io credetti, e credo, la lotta coll’Alpe utile come il lavoro, nobile come un’arte, bella come una fede … La Montagna è fatta per tutti, non solo per gli Alpinisti: per coloro che desiderano il riposo nella quiete come per coloro che cercano nella fatica un riposo ancora più forte”. C’è in queste parole tutta l’essenza e la complessità dell’uomo, grande appassionato di montagna e alpinismo, e, al contempo, profondo narratore e, pur anche (quale fu) attento illustratore per parole ed immagini di quell’universo roccioso che seppe tenerlo a sé legato per l’intera vita. Sono parole tratte dall’introduzione di “Alpinismo acrobatico” (1914), fra le varie opere dedicate alla montagna e scritte fra i primi del ‘900 e la metà degli anni ’30, da Guido Rey (Torino, 1861 – 1935) “figura chiave al crocevia tra alpinismo, fotografia e letteratura” della cultura piemontese e del panorama nazionale ed internazionale a cavallo di Otto e Novecento. Pronipote di Quintino Sella, ministro del Regno e fondatore nel 1863 del “Club Alpino Italiano” (in cui anche Guido tenne sempre un ruolo di primissimo piano) a lui il “Museomontagna” di Torino dedica, fino a domenica 19 ottobre, una nuova retrospettiva, dopo la monografica già proposta nel 1986. Il progetto, curato da Veronica Lisino e Mattia Gargano, nasce dal riordino del complesso dei “Fondi Guido Rey”, conservato dal “Centro Documentazione” del “Museo” di Piazzale Monte dei Cappuccini e catalogato nel 2024.

Curioso l’aggettivo amateur parte del titolo. Si tratta di un termine, spiegano i curatori, “che – privo dell’odierna accezione negativa ‒ indicava chi, tra XIX e XX secolo, si dedicava a un’attività per puro passatempo. L’essere ‘dilettante’ consentì a Rey di esprimersi in maniera più libera e disinvolta, tra scrittura, disegno e fotografia. Ciascuno di questi linguaggi diventa un filtro che gli permette di prendere le distanze da una realtà per lui limitata e di proiettarsi così in un ‘mondo altro’”. In un mondo ideale che accanto “all’intimità delle scene famigliari”, fu soprattutto per Guido rifugio inviolabile dove toccare vedere e ascoltare i luoghi amatissimi delle sue “terre alte”, in particolare di “quella montagna” a pronunciata forma piramidale che, per mano allo zio Quintino, Guido imparò a conoscere fin dal 1874, all’età di soli 13 anni. Era un bimbo e quello fu il suo primo grande grandissimo amore: quei 4.478 metri del “Cervino” (settima vetta e terza montagna italiana per altitudine), cui più tardi (1904) dedicò anche un libro “Il Monte Cervino”, con splendide vedute disegnate dall’amico – scultore Edoardo Rubino e l’introduzione di Edmondo De Amicis, al quale insieme al figlio Ugo, lo legò una profonda e sincera amicizia. Sul Cervino, Rey ebbe modo di salire più di cinque volte, attraverso imprese (anche letterarie e fotografiche) che ne fecero l’alpinista italiano più amato e tradotto prima di Walter Bonatti.

Al centro dell’iter espositivo, uno spazio dedicato alle sue vicende biografiche. Attorno si sviluppano quattro sezioni tematiche: Letteratura alpinistica, Fotografia di montagna, Fotografia tra montagna e pittorialismo, Fotografia pittorialista, quella attraverso cui Rey amava ricreare quadri famosi con effetti di “tableaux vivants”. Si tratta di aree da vedersi come ambienti in continua connessione tra loro che consentono al visitatore di muoversi liberamente, senza obblighi di percorso, tra le imprese alpinistiche, la cultura fotografica e gli interessi letterari, accompagnati dagli “occhi pieni di visioni” e dall’“animo ricco di ardimenti” di Guido Rey.

Sottolineano ancora i curatori: “La mostra ha l’obiettivo di riconsiderare la sua figura, confinata in passato entro schemi fin troppo rigidi e che invece merita di essere rivalutata nella molteplicità delle sue manifestazioni. Riprendendo le parole del suo amico e compagno di cordata Ugo De Amicis, è un pregiudizio pensare che l’acuta sensibilità artistica sia incompatibile con quella dell’uomo d’azione, poiché quel dualismo interiore ed esteriore, cioè del sentire e dell’agire, significa integrazione e ricchezza, invece che contraddizione e debolezza. Questa visione si riflette nella varietà dei materiali in mostra, che spaziano dalle fotografie e dagli apparecchi fotografici a schizzi, disegni, volumi, riviste, diari e lettere, fino all’attrezzatura alpinistica, offrendo un ritratto sfaccettato del suo universo creativo ”.

Gianni Milani

“Guido Rey. Un amateur tra alpinismo, fotografia e letteratura”

“Museo Nazionale della Montagna”, Piazzale Monte dei Cappuccini 7, Torino; tel. 011/6604104 o www.museomontagna.org

Fino a domenica 19 ottobre

Orari: mart. – ven. 10,30/18; sab. e dom. 10/18

Nelle foto: Ugo De Amicis “Guido Rey guardando il Cervino”, stampa alla gelatina bromuro d’argento, post 1910 e (tableau vivant) da Caspar David Friedrich “Il viandante sul mare di nebbia”, olio su tela, 1817, “Amburgher Kunsthalle”, credit WikimediaCommons; Guido Rey “Grandes Jorasses”, stampa alla celloidina, 1905 ca.; Guido Rey “L’Hotel del Giomein e il Cervino”, stampa alla gelatina bromuro d’argento, 1899 ca.

L’uovo di Pasqua: tradizione, gusto, design. A Torino e in tutta Italia produttori di eccellenza

Ci siamo la Pasqua sta arrivando, scaffali e vetrine sono pieni di uova colorate, decorati con creativita’ e cura. Sono buone da mangiare, ma ancora piu’ belle da guardare e divertenti da scartare in attesa trepidante di trovare la sorpresa. Con il Cristianesimo, questo simbolo e’ stato adottato per il suo significato: l’uovo diventa il segno della Resurrezione di Cristo, racchiudendo il mistero della vita che nasce dal sepolcro, così come un pulcino rompe il guscio per venire alla luce. Durante la Quaresima, periodo di penitenza e digiuno, era vietato consumare carne e prodotti animali, tra cui anche le uova per non sprecarle, venivano bollite e decorate, per poi essere consumate la domenica di Pasqua come segno di festa e abbondanza.

L’uovo di cioccolato, così come lo conosciamo oggi, è una tradizione abbastanza recente. La sua origine risale al XVIII secolo in Francia e Germania, quando i maestri cioccolatieri iniziarono a sperimentare la creazione di gusci vuoti in cioccolato. Ma fu solo nel XIX secolo, con lo sviluppo dell’industria dolciaria e il perfezionamento delle tecniche di lavorazione del cioccolato, che l’uovo pasquale divenne un prodotto popolare. In Italia, la tradizione ha preso piede soprattutto nel novecento, arricchendosi dell’elemento sorpresa: piccoli regali o messaggi nascosti all’interno dell’uovo, pensati per stupire e divertire bambini e adulti. Le uova artigianali convivono con quelle industriali, e i maestri pasticceri si cimentano ogni anno in creazioni sempre più originali e spettacolari. Ma, al di là della forma e dei gusti, ciò che resta è il significato profondo dell’uovo: un messaggio di speranza, rinascita e condivisione. In molte culture antiche, veniva scambiato come dono propiziatorio durante l’equinozio di primavera per simboleggiare la vita che rinasce dopo l’inverno.

In Italia sono moltissime le pasticcerie artigianali e le aziende che hanno fatto di questa tradizione pasquale una vera e propria arte e la nostra citta’ ospita uno dei produttori e creatori piu’ rinomati Guido Gobino. Le sue uova di Pasqua sono un tributo all’eleganza rivestite da foglie d’oro alimentare, decorate a mano e spesso accompagnate da piccole sculture in cioccolato. Ogni pezzo è unico, un vero gioiello di cacao.

Venchi, e’ azienda di Castelletto Stura in provincia di Cuneo, Le sue uova sono famose per il packaging raffinato, ma anche per le sorprese gourmet: creme spalmabili, dragées e cioccolatini assortiti. Alcune edizioni limitate presentano gusci decorati a mano o con messaggi personalizzati.

Tra i creatori di uova di Pasqua famosi nel nostro Paese troviamo poi il “Re del Cioccolato” di Milano: Ernst Knam che propone ogni anno una collezione di uova pasquali ispirate al design contemporaneo come geometrie audaci, colori vivaci e inserti di frutta secca o spezie rare. Alcune sembrano opere da museo più che dolci da gustare. A Napoli, invece, c’e’ lo storico marchio partenopeo, Gay-Odin che propone uova di Pasqua che raccontano la tradizione della citta’. Alcune sono decorate con motivi floreali o paesaggi del golfo di Napoli, realizzati con intagli e pitture a mano. Il profumo del loro cioccolato artigianale è inconfondibile. In Sicilia, soprattutto a Modica, l’uovo di Pasqua si fa barocco. Il famoso cioccolato modicano, lavorato a freddo e granuloso al palato, viene modellato in forme eleganti e arricchito con ingredienti locali: scorze d’arancia, pistacchi di Bronte, mandorle di Avola. Le pasticcerie modicane propongono uova intarsiate, vere miniature di architettura siciliana. Non si puo’ non citare, infine, la Scuola del Cioccolato Perugina che è da anni un punto di riferimento per chi vuole apprendere l’arte dolciaria. Ogni anno gli allievi realizzano uova artistiche con tematiche diverse: dalla natura alla solidarietà. Alcuni di questi capolavori sono esposti come installazioni temporanee prima di essere gustati.

MARIA LA BARBERA

Le festività nei musei della Fondazione: gli appuntamenti

PASQUA, 25 APRILE E 1° MAGGIO AL MUSEO

 

Apertura straordinaria di GAM e MAO lunedì 21 aprile.

Per il 25 aprile e 1° maggio ingresso a 1€ alle collezioni permanenti

di GAM, MAO e Palazzo Madama.

Tariffa ridotta a 1€ per le mostre temporanee.

 

 

Le feste di aprile e maggio si trascorrono all’insegna dell’arte!

GAM, MAO e Palazzo Madama saranno regolarmente aperti con orario 10-18 domenica 20 aprile (Pasqua), lunedì 21 (lunedì dell’Angelo), venerdì 25 aprile (festa della Liberazione) e giovedì 1° maggio (festa dei lavoratori).

In occasione della Festa della Liberazione, il 25 aprile, e della Festa dei Lavoratori, il 1° maggio, tutti i visitatori potranno approfittare della tariffa a ingresso speciale di 1€ per accedere alle collezioni permanenti, oltre che alle esposizioni temporanee Hanauri al MAO e Bianco al femminile e Peltri a Torino a Palazzo Madama.

Nelle stesse giornate, si potranno inoltre visitare le esposizioni temporanee FAUSTO MELOTTI. Lasciatemi divertire! e le mostre del Contemporaneo: ALICE CATTANEO. Dove lo spazio chiama il segno e Giosetta Fioroni alla GAM, Haori. Gli abiti maschili del primo Novecento narrano il Giappone, recentemente inaugurata al MAO, e Visitate l’Italia! a Palazzo Madama con l’aggiunta di 1€ per ciascuna mostra.

La tariffa a 1€ sarà applicata anche ai titolari di Abbonamento Musei, che non potranno utilizzare le tessere.

Ingresso gratuito per i possessori della Torino Card.

Cosa si può visitare:

  • Alla GAM: oltre alle collezioni permanenti e al Deposito vivente sono visitabili le mostre temporanee FAUSTO MELOTTI. Lasciatemi divertire! (+1€) e le mostre del Contemporaneo: ALICE CATTANEO. Dove lo spazio chiama il segno e Giosetta Fioroni nello spazio della Videoteca (+1€)
  • Al MAO: i visitatori possono visitare le cinque gallerie delle collezioni permanenti e la mostra temporanea Hanauri nella galleria giapponese, che chiuderà il 4 maggio, e Haori (+1€).
  • Palazzo Madama: oltre alle collezioni permanenti, sono visitabili le mostre temporanee Giro di postaBianco al femminile e Peltri a Torino, e Visitate l’Italia! (+1€).

 

Inoltre Cooperativa Mirafiori propone un ricco calendario di visite guidate:

GAM

domenica 20 aprile ore 16:30, venerdì 25 aprile ore 15, giovedì 1 maggio ore 12, giovedì 1 maggio ore 16:30 | Fausto Melotti. Lasciatemi divertire!

domenica 20 aprile ore 15, venerdì 25 aprile ore 16:30, giovedì 1 maggio ore 10:30, giovedì 1 maggio ore 15 | Seconda risonanza. Ritmo, struttura e segno

MAO

lunedì 21 aprile ore 16.30 | Asia Orientale: Cina e Giappone tra sacro e profano

lunedì 21 aprile ore 15, venerdì 25 aprile e giovedì 1 maggio ore 11 e ore 15 | Haori. Gli abiti maschili del primo Novecento narrano il Giappone

venerdì 25 aprile e giovedì 1 maggio ore 16.30 | L’India e il Sud-est asiatico, il tetto del mondo, poi fino al Mediterraneo

PALAZZO MADAMA

domenica 20 aprile ore 15, lunedì 21 aprile ore 11 e ore 15, venerdì 25 aprile ore 10.30, giovedì 1° maggio ore 15 | Da castello a museo

domenica 20 aprile ore 16.30, lunedì 21 aprile ore 16.30, venerdì 25 aprile ore 12, giovedì 1° maggio ore 16.30 | Visitate l’Italia!

 

 

Informazioni e prenotazioni visite guidate:

T 011 5211788 – prenotazioniftm@arteintorino.com

A tutto Barolo, weekend Go Wine dedicato al grande rosso piemontese

MONFORTE D’ALBA – Palazzo Martinengo – Moda Venue, Via Cavour, 10
Sabato 12 e domenica 13 APRILE 2025
Un intero weekend di degustazione firmato
Go Wine dedicato al grande rosso piemontese!
📍 Sala Grifoni, Palazzo Martinengo
(Moda Venue, Monforte d’Alba) sabato 12 e domenica 13 aprile
Banco d’assaggio dalle 11 alle 18
articolato su 2 turni
(dalle 11 alle 14.30 e dalle 14:30 alle 18)
 
Giunto alla XVI edizione, I Grandi Terroir del Barolo è un weekend dedicato all’approfondimento sul campo della nuova annata di uno dei più grandi vini del mondo – il Barolo – mediante banchi d’assaggio d’incontro con le cantine, esclusive masterclass e visite in cantina.
Sabato 12 aprile è in programma anche il Master sul Barolo.
 
🤩 L’ospite speciale dell’evento: Consorzio Tutela Vini Valtellina che sarà presente all’evento per raccontare terroir e vini, con uno speciale focus, nel corso delle Masterclass e nello spazio allestito nel banco d’assaggio di Palazzo Martinengo (nelle ultime tre edizioni abbiamo avuto il piacere di ospitare il Consorzio Chianti Classico, il Consorzio Vini Alto Adige e il Consorzio Vini Etna).
 
👫 Ecco l’elenco delle cantine protagoniste in presenza diretta da diversi comuni del disciplinare con l’elenco dei i loro Barolo in degustazione nelle varie M.G.A.
ABBONA ANNA MARIA – Farigliano
Barolo Bricco San Pietro 2021
Barolo Bricco San Pietro 2020
Barolo Bricco San Pietro 2019
 
BOASSO – Serralunga d’Alba
Barolo del Comune di Serralunga d’Alba 2021
Barolo Lazzarito 2021
 
BOLMIDA SILVANO – Monforte d’Alba
Barolo Bussia 2021
Barolo Bussia Vigna dei Fantini 2021
Barolo Le Coste di Monforte 2021
 
BRICCO MAIOLICA – Diano d’Alba
Barolo del Comune di Diano d’Alba Contadin 2021
Barolo del Comune di Diano d’Alba Riserva 2019
 
CASCINA CHICCO – Canale
Barolo Rocche di Castelletto 2021
Barolo Riserva Ginestra 2018
 
DOSIO VIGNETI – La Morra
Barolo del Comune di La Morra 2021
Barolo Fossati 2020
Barolo Serradenari 2020
 
FORTEMASSO – Monforte d’Alba
Barolo del Comune di Monforte 2021
Barolo Castelletto 2020
 
L’ASTEMIA – Barolo
Barolo Cannubi 2020
Barolo Terlo 2020
 
MANZONE PAOLO – Serralunga d’Alba
Barolo del Comune di Serralunga d’Alba 2021
Barolo Meriame 2021
Barolo Riserva 2019
 
MARCHESI DI BAROLO – Barolo
Barolo del Comune di Barolo 2020
Barolo Cannubi 2020
Barolo Sarmassa 2020
 
MONCHIERO F.LLI – Castiglione Falletto
Barolo del Comune di La Morra 2021
Barolo Rocche di Castiglione 2021
Barolo Riserva Pernanno 2019
 
DIEGO MORRA – Verduno
Barolo del Comune di Verduno 2021
Barolo Monvigliero 2021
Barolo Zinzasco 2020
 
PIAZZO COMM. ARMANDO – Alba
Barolo Valente 2021
Barolo Sottocastello di Novello 2020
Barolo Riserva Sottocastello di Novello 2016
 
PODERI LUIGI EINAUDI – Dogliani
Barolo Ludo 2021
Barolo Monvigliero 2020
Barolo Bussia 2019
 
PORRO GUIDO – Serralunga d’Alba
Barolo Santa Caterina 2021
Barolo Lazzairasco 2021
 
REVA – Monforte d’Alba
Barolo 2021
Barolo Cannubi 2021
Barolo del Comune di Serralunga 2019
 
SAN BIAGIO – La Morra
Barolo Galina 2019
Barolo San Rocco 2019
Barolo Riserva Bricco di San Biagio 2019
 
AGR. SORDO GIOVANNI – Castiglione Falletto
Barolo Ravera 2021
Barolo Parussi 2020
Barolo Perno 2020
 
👨‍🏫 DEGUSTAZIONI GUIDATE
Durante le due giornate sono previste alcune degustazioni guidate condotte il dal giornalista Gianni Fabrizio (curatore della guida ai Vini d’Italia del Gambero Rosso)
 
🚌 MASTER SUL BAROLO
Sabato 12 aprile il Master sul Barolo:
un’intera giornata in cui si è potuto approfondire sul campo la conoscenza di questo vino fra lezioni, percorsi nel territorio di produzione e degustazioni.
 
Il Consorzio di Tutela dei Vini di Valtellina ospite speciale dell’evento
 
Valtellina è stato ospite speciale dell’evento, grazie alla collaborazione con il Consorzio di Tutela dei Vini di Valtellina. Terroir e vini saranno così raccontati, con uno speciale focus sulle sue sottozone che caratterizzano un territorio unico.
Lo amano definire il “Nebbiolo delle Alpi”, rappresenta un territorio di grande cultura del vino, condivide con le Langhe la presenza del nebbiolo.
Il suo paesaggio è unico, con i tanti muretti a secco che si osservano percorrendo le Valle e che ne fanno il territorio viticolo terrazzato più esteso in Italia.
Come ama definire il Consorzio …”il vino in Valtellina è il risultato del dialogo continuo tra le Alpi, l’energia del sole, la brezza del Lago di Como e l’attività agricola tra i terrazzamenti”.
Due masterclass dedicate al confronto fra Barolo e Valtellina, mentre un banco d’assaggio presenterà una selezione di nebbioli dalla Valtellina di differenti cantine del territorio.
 
Presentati in anteprima i vini al banco d’assaggio che sarà allestito a fianco delle cantine del Barolo
Ca’ Bianche – Tirano
Valtellina Superiore La Tèna 2022
Sforzato di Valtellina Fasèt 2022
Casa Vinicola Pietro Nera – Chiuro
Valtellina Superiore Inferno Riserva 2018
Sforzato di Valtellina Il Gheppio 2019
Folini – Chiuro
Valtellina Superiore Valgella Riserva 2020
Vigneto Dos Bel
Involt “Agnelot” – Tresenda di Teglio
Alpi Retiche Igt Carline 2015
La Grazia – Tirano
Valtellina Superiore Goccia 2017
La Perla di Marco Triacca – Tresenda di Teglio
Sforzato di Valtellina Quattro Soli 2017
La Spia – Andevenno
Alpi Retiche Igt Bianco 2023
Le Strie – Ponte in Valtellina
Rosso di Valtellina 2023
Valtellina Superiore 2011
Marcel Zanolari – Bianzone
Rosso di Valtellina L’Essenziale 2022
Valtellina Superiore 2018
Nino Negri – Chiuro
Alpi Retiche Igt Bianco 2023 (da uve Nebbiolo)
Valtellina Superiore Grumello Sassorosso 2020
Valtellina Superiore Riserva Nebbiolo 2018
Sforzato di Valtellina Sfursat Carlo Negri 2021
Rainoldi Aldo – Chiuro
Valtellina Superiore Sassella 2022
Sforzato di Valtellina Sfursat Fruttaio Ca’ Rizzieri 2021
Tenuta Scerscé – Tirano
Rosso di Valtellina Nettare 2023
Valtellina Superiore Sassella Petrato 2021
Sforzato di Valtellina Infinito 2020
Triacca – Villa di Tirano
Valtellina Superiore Prestigio 2020
Il Nebbiolo della Valtellina, localmente noto come Chiavennasca, è un vitigno autoctono coltivato nelle terrazze vitate della provincia di Sondrio, in Lombardia. Questo vitigno si distingue per la sua capacità di adattarsi ai terreni montuosi e al microclima alpino della Valtellina, producendo vini di notevole finezza e longevità.
Caratteristiche del Nebbiolo Valtellinese
• Adattamento al territorio: Il Nebbiolo prospera nei suoli magri e rocciosi delle terrazze valtellinesi, beneficiando di un’esposizione solare ottimale e di un microclima influenzato dalla vicinanza delle Alpi.
• Profilo organolettico: I vini ottenuti da questo vitigno presentano un colore rosso rubino che tende al granato con l’invecchiamento. Al naso emergono profumi di frutti rossi, fiori appassiti e spezie, mentre al palato si distinguono per eleganza, struttura e una piacevole tannicità.
Disciplinare di produzione del Valtellina Superiore DOCG
Il Valtellina Superiore DOCG è una delle denominazioni più prestigiose per i vini prodotti con Nebbiolo in Valtellina. Il disciplinare di produzione stabilisce:
• Composizione ampelografica: Minimo 90% di Nebbiolo (Chiavennasca); possono concorrere altri vitigni a bacca rossa non aromatici idonei alla coltivazione nella Regione Lombardia fino a un massimo del 10%.
• Zona di produzione: Comprende diversi comuni della provincia di Sondrio, tra cui Sondrio, Berbenno, Buglio in Monte, Castione Andevenno, Chiuro, Montagna in Valtellina, Poggiridenti, Ponte in Valtellina, Teglio e Tresivio.
• Resa massima: La produzione massima consentita è di 8 tonnellate per ettaro, con una resa in vino non superiore al 70%.
• Invecchiamento: Il vino deve essere sottoposto a un periodo di invecchiamento minimo di 24 mesi, di cui almeno 12 in botti di legno. Per la menzione “Riserva”, l’invecchiamento minimo è di 36 mesi.
• Caratteristiche organolettiche: Il Valtellina Superiore DOCG presenta un colore rosso rubino tendente al granato con l’invecchiamento, profumo caratteristico ed etereo con sentori di frutti rossi e spezie, sapore asciutto, armonico, vellutato, con fondo gradevolmente amarognolo.
Ecco i vini che mi hanno particolarmente colpito:

VALTELLINA

Nino Negri – Chiuro
Alpi Retiche Igt Bianco 2023 (da uve Nebbiolo)
Valtellina Superiore Riserva Nebbiolo 2018
Sforzato di Valtellina Sfursat Carlo Negri 2021
Le Strie – Ponte in Valtellina
Valtellina Superiore 2011
Ca’ Bianche – Tirano
Sforzato di Valtellina Fasèt 2022
Rainoldi Aldo – Chiuro
Sforzato di Valtellina Sfursat Fruttaio Ca’ Rizzieri 2021
Nera – Chiuro
Valtellina Superiore Inferno Riserva 2018
Marcel Zanolari – Bianzone
Rosso di Valtellina L’Essenziale 2022
Valtellina Superiore 2018
Mamete Prevostini – Mese
Sommarovina Sassella 2022
Vigna Sassina Grumello 2020
Folini – Chiuro
Valtellina Superiore Valgella Riserva 2020
Vigneto Dos Bel

BAROLO

MONCHIERO F.LLI – Castiglione FallettoBarolo Rocche di Castiglione 2021
Barolo Riserva Pernanno 2019
REVA – Monforte d’AlbaBarolo Cannubi 2021
BOLMIDA SILVANO – Monforte d’AlbaBarolo Bussia 2021
Barolo Le Coste di Monforte 2021
PORRO GUIDO – Serralunga d’Alba
Nebbiolo 2024
Barolo Santa Caterina 2021
Barolo Lazzairasco 2021
Barolo vigna Rionda 2021
DOSIO VIGNETI – La MorraBarolo Fossati 2020
Barolo Serradenari 2020
MARCHESI DI BAROLO – BaroloBarolo Cannubi 2020
Barolo Sarmassa 2020
CASCINA CHICCO – CanaleBarolo Riserva Ginestra 2018
ABBONA ANNA MARIA – FariglianoBarolo Bricco San Pietro 2021
Barolo Bricco San Pietro 2020
Barolo Bricco San Pietro 2019
BOASSO – Serralunga d’AlbaBarolo Lazzarito 2021
MANZONE PAOLO – Serralunga d’AlbaBarolo Meriame 2021
DIEGO MORRA – VerdunoBarolo Monvigliero 2021
PODERI LUIGI EINAUDI – DoglianiBarolo Bussia 2019
SAN BIAGIO – La MorraBarolo Riserva Bricco di San Biagio 2019
SORDO GIOVANNI – Castiglione FallettoBarolo Perno 2020
 
Alla prossima !
LUCA GANDIN