ilTorinese

Gran Premio Costa Azzurra con 12 stelle a Vinovo

Una festa per tutti, con il, regalo da scartare attorno alle 17. Perché all’Ippodromo di Vinovo è arrivata la giornata più attesa dell’anno, quella con l’edizione numero 59 del ‘Gran Premio Costa Azzurra’, prima tappa del circuito ‘Trot Grande Vitesse 2022’ (corsa di Gruppo 1 con una dotazione di 154.000 €). Lei al centro, intorno tutto il resto perché quella del 10 aprile sarà davvero una giornata davvero speciale, tutta da vivere.

 

Il Costa Azzurra è da sempre una delle corse più ambite non solo del panorama nazionale, perché da qui sono passatoi solo campioni. Sarà così anche quest’anno, con favori del pronostico divisi tra tra Vernissage Grif, allenato e guidato da Alessandro Gocciadoro, allevato dall’allevamento Il Grifone della famiglia Brischetto, e Cokstile, il norvegese del signor Renato Santese, già vincitore due anni fa, allenato da Erik Bondo e guidato dal torinese di Francia Gabriele Gelormini, già vittorioso anche l’anno scorso con Billie De Montfort.

A far saltare il banco proveranno tutti gli altri a partire dalla femmina di Fausto Barelli e Santo Mollo, Blackflash Bar, portacolori della scuderia “4 amici al Bar” di Roberto Bruera e Luigi Truccone, che al momento è imbattuta sulla pista di Vinovo dopo le vittorie nel Marangoni e del Città di Torino dello scorso anno. Dodici al via per una corsa bellissima sulla distanza del miglio. In tutto sono otto le corse in un programma che sarà vera celebrazione del cavallo e del suo mondo a 360°, con un’attenzione particolare per le famiglie come dimostrano tutti gli eventi collaterali.

Ad accogliere il pubblico ci sarà una mamma con il suo puledrino di una decina di giorni e gli amici del Circowow, con la caccia al tesoro in tema ippico e altri goichi. Ma ci saranno anche gli animali della fattoria dell’agriturismo “Il giardino dei sapori” di Nichelino e tutti potranno assistere dal vivo alla nascita creazione di un vero ferro di cavallo grazie alle sapienti mani di Emilio Gelormini, il più giovane dei maniscalchi dell’ippodromo.

E ancora i pony dell’Horse House di Candiolo per il battesimo della sella in una piccola passeggiata in tutta sicurezza nell’area attrezzata del parco giochi. In seguito due giovani Amazzoni della Horse House saranno le passeggere della carrozza allestita da “Servizi in Carrozza” di Adamo Martin trainata che aprirà la sfilata dei cavalli partecipanti al Gran Premio. Carrozza, cavalli e cocchieri faranno bella mostra sul parterre per tutto il pomeriggio. Dopo la settima corsa, sulla pista si esibiranno i cavalli della “Caccia alla volpe” (e tra loro due ex trottatori, Bernadette Dvs e Zideale Fas, nella loro nuova vita) portati dalla Società Cacce a Cavallo del Monferrato.

Non mancherà lo stand dell’UGI, Unione Genitori Italiani contro i tumori infantili: in cambio di una piccola donazione sarà possibile acquistare le colombe pasquali della Bonifanti. E sarà presente anche l’Associazione “Stupinigi è” con stand di prodotti a km 0. Non ci rimane che aspettarvi, ricordandovi la possibilità di pranzare presso l’Hippo-Trattoria panoramica sulla pista, dove per l’occasione è obbligatoria la prenotazione.

Per chi fosse impossibilitato a raggiungere l’ippodromo, diretta integrale televisiva proposta sia sul canale 151 del digitale terrestre che sul 220 di Sky, con il supporto di dieci telecamere in HD che condurranno gli appassionati dentro la pista a vivere le emozioni del Gran Premio Costa Azzurra. I giornalisti di EquTv saranno in trasferta a Torino coadiuvata dal punto di vista tecnico e giornalistico dagli operatori dell’Ippodromo di Vinovo.

Corse che prenderanno il via attorno alle 14,30, ingresso gratuito per tutti, così come le attrazioni e i giochi.

Montaruli: “coppie omogenitoriali, a Nichelino atto illegittimo”

“Il sindaco di Nichelino sta commettendo consapevolmente un atto illegittimo tanto più dopo la sospensione da parte di Torino.

Si e’ innescata una brutta gara di provocazioni ideologiche a danno della delicatezza del tema che vede protagonisti i bambini. Il ministro anche tramite il prefetto intervenga perché non si assista ad ulteriori anni di farsa nei confronti di tutti ” commenta in una nota il deputato torinese di Fratelli d’Italia Augusta Montaruli.

L’ultimo appuntamento di Lirica a Corte a Stupinigi: “Pagliacci”

Domenica 10 aprile, ore 19 / Spesso rappresentata insieme a Cavalleria rusticana, l’opera di Ruggero Leoncavallo Pagliacci (Milano, Teatro Dal Verme, 1892) rappresenta l’ideale completamento dell’esperienza verista nella musica italiana di fine Ottocento. Ambientata nel mondo del teatro di strada, la drammatica vicenda racconta di sospetti, tradimenti e rivelazioni che sfociano in un delitto d’onore, consumato tra finzioni di commedia e cruda realtà dei fatti. Una finestra spalancata sul tormento dell’animo umano che conduce all’omicidio e all’annientamento di sé.

La rappresentazione inizia a sipario chiuso, con un baritono che si presenta al proscenio come personificazione del Prologo, il portavoce dell’autore che ci informa sulle intenzioni e sulla poetica dell’opera. L’azione vera e propria ha come protagonista una piccola compagnia teatrale itinerante, composta dal capocomico Canio, dalla moglie Nedda e dai commedianti Tonio e Beppe, che giunge in un piccolo borgo dell’Italia meridionale per mettere in scena una commedia. Canio ignora che la moglie, assai più giovane di lui, lo tradisce con un contadino del borgo, Silvio; anche Tonio, fisicamente deforme, è innamorato di Nedda, ma ne è respinto: per vendetta, Tonio avvisa Canio del tradimento della moglie. Il capocomico scopre i due amanti che si promettono amore, ma Silvio fugge senza che Canio riesca a vederlo in viso. L’uomo vorrebbe scagliarsi contro la moglie, ma arriva Beppe a sollecitare l’inizio della commedia, perché il pubblico aspetta. Canio non può fare altro che truccarsi e prepararsi per lo spettacolo, rimuginando sul tradimento e meditando vendetta. Sulla scena della commedia, Canio interpreta Pagliaccio, un marito tradito: ma ben presto la realtà prende il sopravvento sulla finzione e Canio riprende il discorso interrotto poco prima, rinfacciando a Nedda, nei panni di Colombina, la sua ingratitudine e dicendole che il suo amore è ormai mutato in odio per la gelosia. La donna, intimorita, cerca di mantenere un tono da commedia, ma poi, minacciata, reagisce con asprezza. Beppe vorrebbe intervenire, ma Tonio, eccitato dalla situazione che ha causato con le sue rivelazioni, glielo impedisce, mentre gli spettatori, dapprima attratti dalla trasformazione della farsa in dramma, comprendono troppo tardi che ciò che stanno vedendo non è più la farsa, ma la vita reale. Davanti al rifiuto di Nedda di rivelare il nome dell’amante, Canio la accoltella, avventandosi poi su Silvio, presente tra il pubblico, che nel frattempo è corso sul palco per soccorrerla. Compiuto l’omicidio, Canio si rivolge freddamente al pubblico, dichiarando finita la commedia. Una commedia che svela il suo dramma nel sogghigno beffardo e compiaciuto dell’assassino.

Interpreti e ruoli

Dario Prola, Canio

Eugenia Braynova, Nedda

Massimiliano Fichera, Tonio/Silvio

Paolo Grosa, maestro accompagnatore

Roberto Tagliani, guida al concerto

Programma

Si può? Si può? (Prologo)

Un grande spettacolo a ventitré ore (Canio, Nedda)

Un tal gioco, credetemi, è meglio non giocarlo (Canio)

Qual fiamma avea nel guardo (Nedda)

Nedda!… Silvio! A quest’ora…! Che imprudenza! (Nedda, Silvio)

Recitar… Vesti la giubba (Canio)

Nome di Dio… quelle stesse parole… No! Pagliaccio non son (Nedda, Canio, Tonio)

Sperai, tanto il delirio (Tonio, Nedda)

 

Lirica a Corte è organizzata dal Teatro Superga in collaborazione con STM – Scuola del Teatro Musicale e Fondazione Ordine Mauriziano.

 

INFO E BIGLIETTI

Palazzina di Caccia di Stupinigi

Piazza principe Amedeo 7, Stupinigi – Nichelino

Biglietti: 30 euro

Info e prenotazioni: 011.6279789 biglietteria@teatrosuperga.it

www.teatrosuperga.it

Pallanuoto femminile, il futuro a casa Aquatica

 DAL 13 AL 16 APRILE, COLLEGIALE DELLA NAZIONALE U19 ALLA PISCINA DI CORSO GALILEO FERRARIS

Grande orgoglio per l’Aquatica Torino, che per la prima volta dopo 16 anni tornerà ad ospitare un raduno della nazionale di pallanuoto. L’Italia Under 19 femminile, formata da atlete nate nel 2003, svolgerà un collegiale alla piscina di Corso Galileo Ferraris dal 13 al 16 aprile. Si tratta della prima volta di una nazionale in Aquatica dal 2006, quando il setterosa si allenò nell’impianto torinese.

Per il primo raduno del 2002, in preparazione degli Europei Under 19 che si terranno in estate in Israele, sono diciannove le pallanotiste convocate, che si alleneranno agli ordini dell’allenatore Giacomo Grassi. Tra esse è presente anche Emma De March, oggi al Bogliasco, ma fino alla passata stagione grande protagonista proprio con la calotta dell’Aquatica Torino in Serie A2 femminile, e lo scorso agosto presente nella squadra azzurra che aveva preso parte agli Europei Juniores Under 17, a Sibenik, in Croazia.

Felice Giulio Katsiberis, che oltre ad allenare la squadra maschile è anche responsabile del settore pallanuoto dell’Aquatica Torino: «Per noi è un grande orgoglio, perché ospiteremo le atlete che nel breve periodo andranno a formare la nazionale maggiore femminile, il famoso Setterosa. È anche un orgoglio vedere Emma De March presente a questo collegiale, in quanto fino all’anno scorso si allenava e giocava con noi. Ciò è testimonianza dell’ottimo lavoro che stiamo svolgendo nel settore della pallanuoto. Non a caso la nostra squadra femminile è ormai in pianta stabile in Serie A2 e la maschile quest’anno affronta il campionato di B per la prima volta nella sua storia. Finalmente ospitiamo un collegiale dopo 16 anni, sicuramente abbiamo aspettato tanto ma va anche detto che la società in questo periodo sta investendo tanto nella pallanuoto, al punto che nonostante l’emergenza covid siamo riusciti a organizzarci bene, arrivando addirittura a ospitare la nostra nazionale, qualcosa che deve inorgoglirci. Speriamo che sia solo il primo di molti altri».

Le convocate: Giorgia Gabusi (CSS Verona), Miriam Marchetti (CSS Verona), Paola Di Maria (CSS Verona), Rebecca Bianchi (Como Nuoto), Greta Dametto (Plebiscito Padova), Yara Al Masri (Plebiscito Padova), Lavinia Papi (SIS Roma), Andrea Carola Aprea (SIS Roma), Livia Boldrini (Vis Nova Pallanuoto), Chiara Bartocci (Vela Nuoto Ancona), Sofia Mancinelli (Vela Nuoto Ancona), Julia Usanza (AN Brescia), Corinne Bovo (AN Brescia), Emma De March (Bogliasco 1951), Vittoria Ravenna (US Locatelli), Benedetta Cabona (Rapallo Pallanuoto), Serena Caso (Rapallo Pallanuoto), Ludovica Celona (Ekipe Orizzonte), Guya Zizza (Napoli Nuoto).

“World Press Photo Contest 2022” Vincitrice della 66^ edizione, la canadese Amber Bracken

Alla GAM di Torino l’anteprima italiana

Abiti rossi dismessi e appesi a croci di legno, lungo una strada senza confini ingoiata da lugubri sterpaglie, appiattita sotto un cielo plumbeo terrifico e inorridito che recupera un briciolo di umanità nell’appena accennata parvenza di un timido arcobaleno: è questo lo scatto realizzato dalla fotografa canadese Amber Bracken per il “New York Times” vincitore assoluto (i nomi dei premiati sono stati annunciati nei giorni scorsi ad Amsterdam) della 66^ edizione della “World Press Photo Contest 2022”, il più importante concorso di fotogiornalismo a livello internazionale. Foto dell’anno, l’opera vuole ricordare i bambini morti alla “Kamloops Indian Residential School” nella Columbia Britannica, chiusa nel 1978 e facente parte della rete di collegi per aborigeni in Canada, dove nel maggio del 2021 scavi effettuati con radar portarono alla luce i resti di 215 bambini, piccoli indigeni sottratti alle loro comunità, torturati fino alla morte, spesso violentati e ignobilmente sepolti in tombe anonime.

Sorte comune per migliaia e  migliaia di bimbi, vittime innocenti (fra gli anni ’60 e ’80) del capitolo oscuro e vergognoso della storia e della politica coloniale del Canada. La foto scattata dalla Bracken è “un tipo di immagine che si insinua nella memoria, ispira una sorta di reazione sensoriale. Potevo quasi sentire la quiete in questa fotografia, un momento tranquillo di resa dei conti globale per la storia della colonizzazione, non solo in Canada ma in tutto il mondo”. Queste le parole, a commento dello scatto “of the year” da parte della presidente della Giuria del Premio, l’azerbaijana Rena Effendi, la fotografa che “dà voce alle zone del silenzio”. Compito arduo quello dei giurati se si considera l’elevato numero di lavori, foto e open format, loro pervenuti: 64.823 i candidati, le opere da premiare sono state scelte fra 4.066 fotografi provenienti da 130 Paesi. Le foto vincitrici saranno raccolte in mostra, in anteprima italiana, alla “GAM-Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea” di via Magenta 31 a Torino, dal prossimo 29 aprile fino al 18 settembre.

Per il sesto anno consecutivo sotto la Mole, l’evento si deve all’impegno della start up pugliese “Cime”, partner della “World Press Photo Foundation” di Amsterdam e della “Fondazione Torino Musei”. Fra le foto che andranno in mostra alla “GAM”, anche le altre quattro vincitrici. Il Premio “World Press Photo Story of the Year” è andato a “Salvare le foreste con il fuoco” di Matthew Abbott, Australia, un lavoro realizzato per “National Geographic/Panos Pictures”. Al centro del racconto, un rito degli indigeni australiani che bruciano strategicamente la terra in una pratica nota come “combustione a freddo”: i fuochi si muovono lentamente, bruciano solo il sottobosco e rimuovono l’accumulo di residui vegetali che possono alimentare incendi più grandi. Vincitore del premio “World Press Photo long-term project award”, invece, “Distopia amazzonica” di Lalo de Almeida, Brasile, per “Folha de São Paulo/Panos Pictures”. Mostra come la foresta pluviale amazzonica sia gravemente minacciata dalla deforestazione, dall’estrazione mineraria, dallo sviluppo infrastrutturale e dallo sfruttamento di altre risorse naturali. “Il sangue è un seme” di Isadora Romero, Ecuador, ha vinto la sezione video, “World Press Photo open format award”.

Attraverso storie personali, questo lavoro mette in discussione la scomparsa dei semi, la migrazione forzata, la colonizzazione e la conseguente perdita di conoscenze ancestrali. Il video è composto da fotografie digitali e cinematografiche, alcune delle quali sono state scattate su pellicola 35mm scaduta e successivamente disegnate dal padre della Romero. In un viaggio nel loro villaggio ancestrale di Une, Cundinamarca, in Colombia, Romero esplora ricordi dimenticati della terra e dei raccolti e viene a conoscenza del fatto che suo nonno e la sua bisnonna fossero custodi dei semi e che coltivavano diverse varietà di patate, di cui solo due si possono ancora trovare.

La “World Press Photo Exhibition 2022” sarà presentata, in anteprima internazionale al “De Nieuwe Kerk” di Amsterdam, il 15 aprile, prima di iniziare il suo tour mondiale. Poi la mostra toccherà 66 sedi in 29 paesi, tra cui, in anteprima nazionale, la “GAM” di Torino.

Gianni Milani

Nelle foto:

–       Amber Bracken: “Kamplos Indian Residential School”

–       Matthew Abbott: “Salvare le foreste con il fuoco”

–       Lalo de Almeida: “Distopia amazzonica”

–       Isadora Romero: “Il sangue è un seme”

Il dramma dei profughi ucraini, parla l’arcivescovo di Kosice

IN FUGA DALL’INFERNO

Nell’attuale drammatico momento che sta attraversando l’Europa Orientale
con la guerra in corso, i riflettori sono stati puntati frequentemente sulla
fiumana di profughi in fuga dall’Ucraina, soprattutto donne e bambini, che
hanno come prima meta la Polonia e la Romania. Quasi mai si parla della
Slovacchia, che confina con l’Ucraina nella sua parte orientale, sia pure per
un tratto non lungo. Quella Slovacchia che Avvenire titolò come
‘Sentinella d’Europa’ nel 2003 in un’intervista all’allora presidente della
repubblica Rudolf Schuster. Nei giorni scorsi l’arcivescovo ed eparca di
Kosice, Cyril Vasil, già segretario della Congregazione delle Chiese
Orientali era in Monferrato. Nel giugno del 2021, infatti a Crea, è strato
siglato il gemellaggio tra il Santuario di Crea e quello di Klokociov,
appartenente alla Diocesi di Kosice, di rito greco – cattolico . Inoltre
Casale Monferrato è gemellata da anni con Trnava a dimostrazione del
legame che c’è con la Slovacchia e una delegazione guidata dal rettore di
Crea, monsignor Francesco Mancinelli e dal sindaco di Casale Monferrato
ha portato recentemente aiuti per i profughi ucraini che arrivano da quel
tratto di confine dell’Unione Europea. Abbiamo incontrato l’arcivescovo di
Kosice a Crea, per un colloquio proprio nella sala che vide lo storico
incontro dopo la fine della seconda guerra mondiale tra Alcide De Gasperi
ed il ministro francese Bidault.
Monsignor Vasil, in questo momento la Slovacchia è ancora sentinella
d’Europa ?
Non voglio né idealizzare, né minimizzare il mio Paese. Siamo stati
criticati per l’ostilità nell’accogliere chi arrivava dal Terzo Mondo. Adesso
stiamo affrontando la crisi umanitaria della ‘porta accanto’. Ero già stato in
altri Paesi teatro di guerra, in Siria, in Iraq, in Libano, in Eritrea, ma una
fiumana del genere di persone in fuga dalla guerra non l’avevo e non
l’avevamo mai vista di queste dimensioni. Per la gente, visti i rapporti di
vicinanza è stato più naturale essere aperti, essere generosi con chi fuggiva.
Certo c’è stato l’impegno notevole nei primi giorni nel dare loro aiuto ma
dobbiamo pensare anche al prossimo futuro, a quelli che potranno essere i
problemi del caro-vita, degli alloggi, ad una convivenza e fare attenzione
ad una propaganda strisciante russa che lavora da decenni. C’è una corrente
di pensiero che guarda in quella direzione non tanto perché filo russa
quanto di sfiducia verso l’Occidente. Nell’insieme, però, possiamo
registrare un grande senso di solidarietà verso chi arriva.
Come mai i riflettori di media in questo frangente sono poco puntati sulla a
Slovacchia ?
La Polonia ha avuto oltre due milioni e mezzo di profughi, la Romania
quasi 50’mila, da noi ne sono passati 300mila circa e 60mila si sono
fermati. E’ anche questione di numeri. Con l’Italia, poi, il rapporto è
soprattutto attraverso la Chiesa. Gli slovacchi quando si recano all’estero
vanno in Germania, Gran Bretagna. In Italia vengono soprattutto per
vacanza. Come dicevo i nostri rapporti con l’Italia hanno un veicolo nella
Chiesa. Parecchi nostri sacerdoti hanno studiato a Roma. A tal proposito
vorrei ringraziare la Diocesi di Casale Monferrato, il Comune di Casale
Monferrato, il vostro volontariato, i cittadini per la mole di aiuti concreti
che ci hanno fatto pervenire.
Come si è mosso lo Stato in questa emergenza ?
Lo Stato si è mosso dopo la Chiesa che ha subito il primo impatto, ma sta
reagendo bene. Forze politiche, imprenditori, volontariato, sono ‘sul
pezzo’, il parlamento ha approvato una legge per l’emergenza dei profughi
con cui offre garanzie sociali, posti di lavoro. Gli ucraini sono gente
laboriosa per cui occorre trovare loro occasioni di lavoro, perché lavorare
contrasta la depressione, aiuta a non pensare all’inferno che si è lasciato
alle spalle. E comunque sono persone attive: una signora ucraina, una
manager, è venuta da noi è insieme ad alcuni ragazzi ucraini, anche
russofoni, appena arrivati ha messo in piedi un servizio di volontariato per i
nuovi arrivati.
Per molti di loro è un addio definitivo alla loro Patria ?
La prima ondata ha visto molte donne e bambini che avevano i mariti che
lavoravano già nella Repubblica Ceca o in Slovacchia. Già prima della
guerra da noi c’erano diversi infermieri, almeno 500 medici. Ed è pensabile
che, si fermeranno ricongiunta la famiglia. Altri adesso arrivano da località
che sono state completamente distrutte dalla guerra, con storie terribili alle
spalle.
Prima ha citato il volontariato; quale la dimensione dell’impegno dei
volontari ?
Grande, posso dirle che abbiamo circa 1000 volontari coordinati dal
sacerdote che si occupa della Pastorale Giovanile. E vorrei anche citare il
fatto di un mio sacerdote che dopo essere stato sul pezzo giorno e notte,
senza soste, ha perso i sensi mentre era all’opera. Gli ho imposto di stare a
riposo per qualche giorno prima di riprendere l’attività. E come lui sono in
tanti.
Il vostro rapporto con l’Unione Europea ?
“Ci sentiamo parte di essa, la percepiamo, siamo un Paese al Centro
dell’Europa”.
Massimo Iaretti

Pivetti&Co, un gran bel trio nell’era del proibizionismo

Sino a domenica 10 al Gioiello “Stanno sparando sulla nostra canzone”

Innanzitutto, davvero un gran bel trio. In questa black story con musiche e canzoni,
dove riempiono la scena le nebbie notturne della Manhattan anni Venti e dove si sente
un forte profumo di whiskey e di proibizionismo, le luci delle macchine della polizia e le
sventagliate dei mitra, i gangster ricattatori e i giocatori di poker dal cuore d’oro e dai
sentimenti ad alta gradazione, ideata da Giovanna Gra – che è anche regista in coppia
con Walter Mramor – c’è una ironica e sensuale e sfacciatamente talentuosa Pivetti, la
Veronica dico, qui Jenny Talento, semplice fioraia per tutti ma in realtà venditrice
d’oppio, misteriosa nei suoi négligé e nelle sue calze a rete, caschetto di capelli neri,
bella voce, eccellente ballerina e gran portamento. Il cattivo di turno, Micky
Malandrino, nomen omen, ha la faccia e il fisico scattante di Cristian Ruiz, un
personaggio e un commentatore come poteva essere il Joel Grey di “Cabaret”, un
invidiabile curriculum che arriva dalla scuola di John Strasberg, il figlio di Lee fondatore
dell’Actors’ Studio di NY, pronto ad attraversare l’Accademia dei Filodrammatici e
“Quelli di Grock” milanesi, a sfoderare un canto ad alti livelli, danza moderna con
Debbie Allen, la coreografa di “Fame”. Last but not least di certo, Brian Boccuni con il
suo innamorato Nino Miseria, uscito da prove impegnative come “Il bacio della donna
ragno”, il musical che ci accompagnava attraverso la “Divina Commedia” o “Jersey
Boys”, che dimostra grinta e grande padronanza della scena, tra il ruvido e il
sentimentale e il combattivo ben tratteggiati. I due signori uomini metteteli poi uno di
fronte all’altro, come nella scena del duello, e sarà un gran bel pezzo di teatro.
Chi vorrà (repliche sino a domenica 10 aprile nella sala del Gioiello) divertirsi con
“Stanno sparando sulla nostra canzone”, saprà delle avances di Nino e
dell’arrendevolezza di Jenny, dei bisticci e dei sentimenti, delle carognate di Micky che
reclama dalla donna la restituzione di un debito che il ragazzo ha nei suoi confronti.
Facile immaginare le strade poco ortodosse. Jenny non ha il cuore poi tanto tenero e
soprattutto è una donna che pretende di farsi strada in una vita che non deve sempre
essere legata a quei suoi pochi fiori in vendita. Questa la vicenda, questa
l’ambientazione di un secolo fa, inaspettatamente confortata da una colonna sonora
che la riporta all’oggi, con forza e convinzione: da Gianna Nannini a Gloria Gaynor, dal
Ligabue di “Certe notti” alla Marilyn di “A qualcuno piace caldo” con il suo ukulele tra
le mani, da Sinatra alla Hepburn di “Colazione da Tiffany”, a Renato Zero. Forse gli
angoli più belli e incisivi della serata (soprattutto grazie agli arrangiamenti di
Alessandro Nidi e Elio Baldi Cantù), laddove al contrario hai la sensazione che il
tessuto narrativo verso l’epilogo batta un po’ in ritirata, esprima con troppa fretta la
giravolta di un destino e sembri sgonfiare l’eccellente costruzione che è stato sino a
quel momento. Questo certo non smorza l’entusiasmo di una platea colma al massimo
come raramente si vede di questi tempi, con i tre attori/cantanti/ballerini richiamati
più e più volte. Lo spettacolo è loro, alla loro bravura, all’entusiasmo alle stelle, al loro
saper fare ogni cosa senza ombra di difetti o smagliature. Anche per i bis, che non
lesinano, al di là della fatica: quando si arriva a Morandi e all’eterna “C’era un
ragazzo”, mai così attuale come in questi temi di guerra più o meno lontana, se
possibile la partecipazione del pubblico si fa più forte e incisiva. Grande serata.
Elio Rabbione