E’ stato fermato dalla polizia locale di Moncalieri mentre procedeva zigzagando in corso Roma. Il controllo del tasso alcolemico dell’uomo, un 48enne, era di oltre cinque volte il massimo consentito. La vettura non era assicurata e senza revisione. Il conducente aveva precedenti per evasione dagli arresti domiciliari, e gli è stata fatta una contravvenzione di oltre tre mila euro
La Torino civile di Dedi Casalegno
Di Pier Franco Quaglieni
Dedi Casalegno ha concluso la sua vita terrena a pochi giorni dalla Giornata nazionale che dovrebbe onorare le vittime del terrorismo.
La scomparsa, ultranovantenne, di Dedi priva la città di una grande figura morale, una testimone coraggiosa che fu vittima di una immensa tragedia : la barbara uccisione del marito, Carlo Casalegno, vittima del fanatismo assassino delle Br, mentre stava entrando a casa. Dedi è sempre stata in prima fila sul terreno del ricordo del terrorismo, senza gli studiati oblii di certe altre vittime che si sono spostate dalla linea di Maurizio Puddu e di Dante Notaristefano. Sposava la senza incertezze la linea della fermezza di Massimo Coco, il grande musicista che aveva avuto il padre, Procuratore generale di Genova , trucidato dai brigatisti. Non amava i cedimenti di Mario Calabresi, il figlio del commissario ucciso 40 anni fa dai sicari di “Lotta continua” istigati da Sofri. In tutte le manifestazioni promosse in ricordo di Carlo fu sempre presente e si associo’ al Centro Pannunzio di cui divenne socia sostenitrice, condividendone le idee con profonda convinzione. Non era una donna di sinistra e tenne sempre a farlo sapere. Mi consenti’ per prepare la bozza di una ricerca – faziosamente bocciata dalla Compagnia di San Paolo – di accedere all’archivio Casalegno e alla biblioteca di Carlo. Era una donna dolce ed affettuosa, molto ferma nelle sue idee. Mi impose al direttore Anselmi come relatore ufficiale nel ricordo di Carlo alla redazione della “Stampa” di via Marenco. Il mio discorso non piacque ad Anselmi, uomo molto fazioso che poco prima aveva definito Casalegno “uomo di destra” e infatti nel pezzo di cronaca dell’evento a firma di Marina Cassi, fece saltare il mio discorso, suscitando l’indignazione ironica di Dedi. Era una donna che aveva molto sofferto, ma era anche una donna che era riuscita a tornare a vivere. Quante cene con Lei e con Arrigo Levi, forse l’unico vero amico di Carlo insieme ad Alberto Ronchey e quante telefonate cordiali, parlando di un giornale in sfacelo, dei sedicenti amici di Carlo, che approfittavano in modo sfrontato di una conoscenza di lavoro per vantare un’amicizia che non c’era mai stata, anche perché Carlo li disprezzava, come mi disse più volte Dedi. E’ stata una donna con una forte dignità personale, a volte anche ironica verso le miserie della vita e del mondo del giornalismo. Si indigno’ molto quando l’ordine dei giornalisti accomuno‘ faziosamente in una stessa manifestazione di ricordo Mauro Rostagno, tra i fondatori di “Lotta Continua” ed amico di Curcio e Carlo Casalegno ,ucciso dai brigatisti rossi. Dedi mi telefono’ non appena lesse un mio indignato articolo sul “Torinese”su questa pasticciata iniziativa, patrocinata soprattutto dal sindacato dei giornalisti, da sempre su posizioni di estrema sinistra a cui l’Ordine non seppe opporsi o almeno prendere le distanze. Dedi lascia un vuoto nel mio cuore come lo ha lasciato Emilio Papa ,una generazione di novantenni esemplari. Mi impegnerò a ricordare Dedi e Carlo due figure esemplari della Torino civile .continuerò a farlo finché avrò forza e vita .
Accadde oggi
È come se fosse oggi anche se sono passati 73 anni da una delle pagine più tragiche e buie che hanno segnato lo sport italiano: l’incidente che costò la vita all’intera squadra del “Grande Torino”, nota ai più come “Tragedia di Superga”.
L’aereo su cui viaggiava la squadra, vincitrice di 5 scudetti consecutivi edi i cui calciatorirappresentavano quasi la totalità della Nazionale di calcio italiana dell’epoca, di ritorno da una trasferta a Lisbona (Portogallo), si schiantò contro il muraglione del terrapieno posteriore della basilica di Superga.Morirono tutti gli occupanti dell’aereo.I
funerali si svolsero pochi giorni dopo la tragedia, nel Duomo di Torino, e videro la partecipazione commovente ed incredula di oltre 600mila persone. La storia, in brevisimo tempo, è diventata mito e il “Grande Torino” protagonista di una leggenda tramandata ancora oggi.
La formazione poesia degli Angeli di Superga è ricordata da quasi tutti i tifosi granata,giovani e maturi.
Bacigalupo
Ballarin
Maroso
Grezar
Rigamonti
Castigliano
Menti
Loik
Gabetto
Mazzola
Ossola
Enzo Grassano
Fra le idee emerse, la creazione di un “food hub”, l’implementazione del “coworking rurale” e la creazione di una filiera di prossimità della carne di cinghiale
La Corona verde, ovvero la periferia e la cintura dell’area metropolitana di Torino, con il suo circuito di piste ciclabili, i siti di interesse artistico-culturale come le residenze sabaude, i campi coltivati all’interno dei parchi naturali periurbani, è una fonte di opportunità per il rilancio di un turismo lento e a chilometro zero, che si è riscoperto durante il lockdown, nonché di sviluppo di idee imprenditoriali legate all’agricoltura e al comparto eno-gastronomico. È quanto emerso nel corso della giornata di presentazione del Piano di marketing realizzato nel contesto della governance territoriale di Corona verde e delle attività realizzate con il progetto ToP Metro Riqualificazione Periferie della Città Metropolitana Torino, grazie ai fondi resi disponibili dal Bando per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie.
Nella sala Agorà di I3P, l’Incubatore del Politecnico di Torino sono intervenuti per la Regione Piemonte il responsabile del settore Sviluppo sostenibile, biodiversità e aree naturali, per la Città Metropolitana di Torino il responsabile della struttura Integrazione processi finanziari e contabili, oltre a rappresentanti della società cooperativa Corintea e dell’Incubatore.
Il Piano di marketing, realizzato all’interno di un più ampio Piano di comunicazione e di animazione territoriale, si pone come strumento di rilancio e sviluppo del territorio di Corona verde: 93 Comuni che si dipanano dalla centrale Torino.
Fra le idee scaturite nel corso dei numerosissimi incontri propedeutici alla realizzazione del piano, sono state individuate 3 aree di macroprogettualità: i Distretti del cibo, ovvero sistemi produttivi locali che integrano attività agricole e imprenditoriali (sul modello del Distretto reale di Stupinigi); le Green communities, ossia comunità locali coordinate tra loro all’insegna dello sviluppo sostenibile dal punto di vista energetico, ambientale, economico e sociale; e le Comunità energetiche rinnovabili, associazioni fra enti e anche singoli cittadini che si dotano di infrastrutture per produrre energia da fonti rinnovabili destinata all’autoconsumo e alla condivisione. Sono poi state individuate delle opportunità di sviluppo imprenditoriale nel territorio di Corona verde. Alcuni esempi: l’organizzazione di rassegne e di eventi culturali e ricreativi nelle aziende agricole; lo sviluppo di una filiera di prossimità della carne di cinghiale, come nel caso del Parco naturale La Mandria, che ha individuato in questo ungulato il suo prodotto tipico ed ha avviato un piano di contenimento programmato per ridurre i danni agricoli e prevenire incidenti stradali; il lancio di un “Corona verde food hub”, ovvero un servizio di vendita aggregata di prodotti agroalimentari delle aziende agricole del territorio; la realizzazione di spazi di “coworking rurale”; l’allestimento di punti di ristoro, fissi o mobili, sugli itinerari ciclabili, nei parchi e nelle aree pubbliche; la creazione delle ciclostazioni intermodali; la definizione di proposte turistiche esperienziali sul territorio.
E proprio una idea imprenditoriale su questo ultimo argomento, “Alternatò”, è stata premiata come vincitrice della Business Model Canvas competition, parte del Piano di marketing, con l’intervento di Hangar Piemonte, degli incubatori universitari I3P, 2i3T. Un’idea che propone di creare dei pacchetti turistici ad hoc per il territorio di Corona verde lanciando un turismo soprattutto, ma non solo, di visitatori di prossimità: quei cittadini che hanno riscoperto le bellezze naturali delle periferie verdi durante il lockdown. Un turismo lento e green con spostamenti a impatto zero, in bici o a piedi, e visite guidate in luoghi caratteristici della cintura torinese come il villaggio Leumann di Collegno e il giardino botanico Colla di Rivoli.
“Mind the Gap. Storie Sovrapposte”
Da venerdì 6 a domenica 8 maggio

La bellezza assoluta. Immaginate la “Venere di Milo” (130 a. C.) di Alessandro di Antiochia (o Prassitele?) oggi custodita al “Louvre”, trovata (come avvenne nel 1820 sull’isola greca di Milo) ancor di più fatta a pezzi. Priva non solo delle braccia e del basamento originale, ma proprio – si fa per dire – in mille pezzi. E poi magicamente rinsaldata e fiera della sua totale bellezza. Con questa significativa “immagine – guida”, che bene rende l’idea (“La donna è a pezzi o così la percepisce la società?”) è stata presentata nei giorni scorsi la seconda edizione di “Mind the Gap. Storie Sovrapposte”, il “Festival del Femminismo Intersezionale” che torna sotto la Mole, da venerdì 6 a domenica 8 maggio, con un’agenda piena zeppa di eventi e di incontri con personaggi, fra i più vari, invitati a talk, tavole rotonde, party e concerti.
Decisamente provocatoria la scelta dell’immagine- guida, non meno provocatoria e sopra le righe della stessa conferenza stampa, organizzata (immagino come non sia mai successo) non in algidi siti istituzionali, ma nei vivaci colorati locali di “Vinci’s Concept Salon” di via Cavour, fra i più blasonati parrucchieri della città, “per dire – sottolineano gli organizzatori – che una donna che si prende cura di se stessa non è né frivola, né inferiore a un uomo, ma libera”. Semplicemente e felicemente libera. E allora avanti tutta. Con ancora un’altra, importante novità. Dopo la prima edizione negli spazi di “OFF TOPIC” di via Pallavicino, il Festival – organizzato da “The Goodness Factory”– quest’anno diventa “diffuso” per abbracciare la città coinvolgendo “Il Circolo dei Lettori” e il “Campus Luigi Einaudi” nell’ambizione di “continuare per le prossime edizioni a crescere in questa dimensione condivisa, perché la complessità ha bisogno di luoghi diversi per attivare tutte le sue sfumature”. L’ambizione è quella di approntare e offrire al pubblico torinese una tre giorni intensiva “per analizzare, discutere, e guardare dritto negli occhi quel ‘gap’ che ancora persiste nella società, dall’ambito politico a quello istituzionale ed economico, passando da quello scientifico e linguistico, senza dimenticare temi come sessualità, corpi non conformi, medicina di genere e diritti civili”. Assolutamente ricca l’agenda. Fra i primi ospiti Levante (cantautrice e scrittrice) e Mauro Berruto (già CT Nazionale Maschile di Pallavolo e responsabile “politiche sportive” del PD) che, venerdì 6 maggio, dalle 19 alle 20,30, al “Circolo dei Lettori” di via Bogino, parleranno rispettivamente del brano “Gesù Cristo sono io” e dell’arrivo in Italia delle atlete afgane. Altri nomi in calendario, da Chiara Foglietta (attivista Lgbtqia+ e assessora della città di Torino) a Ethan Bonali (attivista trans, blogger e saggista), per non dimenticare i grandi temi del “gender equality” grazie agli incontri con Vera Gheno (sociolinguista), Federico Faloppa (docente di “Italian Studies” presso l’Università di Reading), l’economista Azzura Rinaldi e lo psicologo Michele Spaccarotella.

Non mancheranno i temi che animano il dibattito politico con il parallelo tra la guerra dei Balcani e la situazione ucraina – attraverso gli incontri organizzati da “Europa Aperta”- e il confronto sulla rappresentazione dei corpi con la psicoterapeuta Ilaria Consolo, Marina Cuollo (scrittrice ed editorialista, fortemente attiva sui social rispetto alle discriminazioni legate alla disabilità fisica) e Eugenio Cesaro (degli “Eugenio In Via Di Gioia”). Il Festival prevede anche un focus sul tema dell’aborto, oltre a raccontare le storie di scienziate che hanno rivoluzionato il mondo con le loro invenzioni. Di forte richiamo saranno anche i concerti di Allysha Joy (una delle voci più interessanti del panorama jazz-Nu Soul di Melbourne) e del collettivo di cantautrici “Canta Fino a Dieci”. Nei giorni del festival, ad “OFF TOPIC”, in via Pallavicino 35, lo “sportello antiviolenza” a cura del “Centro Clinico Psicologia Torino (CCPT)” sarà a disposizione come punto d’ascolto del pubblico. Non mancherà inoltre un corner di letture, a cura di “Nora Book & Coffee”, libreria specializzata in tematiche di genere e il banchetto per la raccolta delle firme di “Torino Città Per Le Donne” per la proposta di legge elettorale regionale che promuove l’equilibrio della rappresentanza e le condizioni di parità di accesso alle cariche elettive delle Regione Piemonte.
Per info su calendario completo, date degli eventi ed iscrizioni: www.mindthegaptorino.it
g. m.
Nelle foto:
– Immagine-guida Festival
– Allysha Joy
– Mauro Berruto
– Marina Cuollo
Mercoledì 4 maggio ore 16 Sala Viglione di Palazzo Lascaris – via Alfieri 15, Torino
È “Un posto nella storia” il titolo del primo episodio della docuserie su Giorgio Amendola realizzato dalla Fondazione Giorgio Amendola e Arret Film.
La docuserie, che intende rivolgersi principalmente a un pubblico di giovani e che utilizza tecniche innovative, si inserisce all’interno del progetto “Sulle vie del Pensiero”, che nasce nel 2020 tramite la partecipazione al bando Educare promosso dal Dipartimento per le Politiche della famiglia. È un progetto pensato per offrire ai bambini e ai ragazzi delle scuole primarie e secondarie e alle famiglie del quartiere torinese di Barriera di Milano attività di tipo artistico e culturale, percorsi laboratoriali sull’empatia, sul riconoscimento e sul rispetto delle proprie e altrui differenze, proposte innovative di didattica civica sui temi dei diritti umani e civili, sulla democrazia, sulla pace e sulla pacifica convivenza come beni comuni da preservare.
La conferenza stampa di presentazione si terrà mercoledì 4 maggio 2022 alle ore 16.00 presso la Sala Viglione del Consiglio regionale del Piemonte a Palazzo Lascaris, in via Alfieri 15 a Torino, con il patrocinio del Comitato Resistenza e Costituzione del Consiglio regionale.
Interverranno:
Il vicepresidente del Consiglio regionale del Piemonte, delegato al Comitato Resistenza e Costituzione
Nino Boeti, Presidente dell’Anpi Provinciale di Torino
Cecilia Bergaglio, Dottore di ricerca in studi storici, componente del comitato scientifico QSC Isral
Domenico Cerabona, Direttore della Fondazione Giorgio Amendola
L’obiettivo del progetto è contribuire alla crescita intellettuale e morale delle nuove generazioni sviluppando il pensiero critico, la capacità di analisi e la consapevolezza sull’importanza dei propri e altrui diritti, concorrendo alla crescita armoniosa e responsabile dei cittadini di domani
A Torino dal 5 al 7 maggio al Centro Culturale Protestante di Torino
“Sappiamo ancora riconoscere il male?” in un mondo che in questi tempi caratterizzati da grandi prove dalla pandemia alla guerra l’interrogativo è d’obbligo e non può essere eluso o affrontato con superficialità o rassegnata consapevolezza della sua ineludibilità.
Nel mezzo di una tempesta come quella attuale, il tema del male si manifesta ancora una volta con forza devastante, ponendo questioni – sul piano teologico, ma anche su quello etico, filosofico e scientifico – per discutere delle quali il Centro Culturale Protestante di Torino propone un incontro a più voci che, senza la presunzione di affrontare il tema in tutta la sua complessità, privilegerà alcune linee-guida le quali, per altro, si intersecano fra loro.
Il convegno si svolge a Torino dal 5 al 7 maggio presso la casa Valdese di Corso Vittorio Emanuele II 23 e si articolerà in quattro sessioni con l’intenzione di sottoporre alla riflessione collettiva alcuni aspetti delle manifestazioni del male ben presenti nell’esperienza individuale e della società nel suo complesso.
Tra i partecipanti interverranno illustri ospiti italiani e stranieri tra i quali i teologi Enzo Bianchi e Maria Bonafede, i filosofi Federico Vercellone e Simona Forti, il semiologo Peppino Ortoleva e l’epidemiologo Paolo Vineis.
- La prima sessione sarà dedicata a Il dolore. È il male che si manifesta come potenza estranea e nemica, oscura e poco intellegibile, che, come stiamo sperimentando – con la pandemia, con la guerra – ci aggredisce, ci invade, di fronte alla quale siamo spesso disarmati.
- La seconda sessione sarà dedicata a Il male e le religioni. Rappresentanti di alcune del le grandi religioni e specialisti nelle materie bibliche aiuteranno a chiarire la visione delle religioni su questo tema.
- La terza sessione sarà dedicata a La violenza. In questa sessione si intende esaminare il male di cui l’essere umano è direttamente responsabile, esaminando gli aspetti giuridici, politici ed economici delle disuguaglianze e delle ingiustizie, l’incombere della crisi ambientale, la violenza che, in modi sempre più pervasivi, viene esercitata tramite i media.
- La quarta sessione dal titolo Un male, molti mali, infiniti mali? tirerà le fila della discussione sintetizzando e organizzando le prospettive emerse.
A cura di Electomagazine.it
Il sindaco di Torino, Stefano Lo Russo, comincia a fare i conti con una città che – giorno dopo giorno – lo considera un estraneo. Non che lui faccia qualcosa per smentire la sensazione. Il problema è che ha ragione lui, anche se pare brutto ammetterlo.
Continua a leggere:
Quando è il sindaco (di Torino) a gridare che “il re è nudo” osservando la classe dirigente
Steve Della Casa racconta Dario Argento
È un percorso individuale e soggettivo la visione di un film e parallelamente lo è ancor di più la visita a una mostra, che penso presto diverrà anche parte integrante, con alcune sue componenti, del più vasto Museo che attualmente la ospita. Una mostra sull’opera di Dario Argento, nella sua amata Torino, al Museo Nazionale del Cinema.
Posticipata per la pandemia. Durata quattro anni per allestirla. Un unicum per un regista italiano. Per di più nella cornice dei luoghi delle riprese, che da torinese ho scoperto visivamente interessanti nella loro ordinarietà, ma che conoscevo solo superficialmente e non apprezzavo sufficientemente, nel loro valore fotografico e di scena prima di apprezzare il suo cinema.
Che poi si dica, che proprio i torinesi conoscono poco la loro città lo si pensi, va tutto bene. Nella esposizione temporanea, che mi ha visto girare tra stand, memorabilia, manifesti, video e reminiscenze d’umori adolescenziali, tutto sortisce un effetto alla ” mi ritorni in mente”. Il critico Steve Della Casa con ” Dario Argento, due o tre cose che sappiamo di lui” ( Electa Cinecittà , pag. 159, 2021, €. 26,60) ce lo restituisce in un ritratto a tutto tondo. Opera di lettura e consultazione, con il raro dono della sintesi. Per chi è digiuno di tutto e vuole solo sapere qualcosa dell’ autore o è agito dalla passione smisurata per l’argentologia. Per chi ha già visitato la mostra, la deve ancora visitare o non la vedrà mai.
Per noi tifosi granata che come Steve, nel 1976 fummo Campioni d’Italia e si era a un anno dall’uscita nelle sale italiane de ”La tigre dai denti a sciabola” (cambiato nel definitivo Profondo Rosso) è associare poeticamente il calcio alla cinefilia.
Si dice (o almeno si mormora) che il titolo divenne tale dal nome del gruppo rock inglese dei Deep Purple, all’ epoca in trattativa con la produzione per la composizione della colonna sonora del capolavoro argentiano, ma a giochi quasi fatti sul filo di lana, la spuntò la band italiana prog dei Goblin, più adatti con le loro sonorità, alle necessità dell’autore. Un libro tutto di aneddoti, interviste, contributi critici e rarità di foto di scena. Tutto da scoprire. Come Argento che più racconta di se, più ha da raccontare. Il genere giallo dei primordi muta in seguito più marcatamente nel gore e nell’ horror con il thrilling come costante, come vuole sottolineare la traccia semantica del percorso espositivo della Mole Antonelliana. Dario ha sdoganato in Italia concetti psicoanalitici e culturali come rimozione del trauma, complesso d’Edipo e d’Elettra o inconscio filmico. In un Paese di impronta idealistico crociana e gentiliana, dove ancora oggi Sigmund Freud e le sue teorie sono viste come il fumo negli occhi, con le dovute eccezioni, anche dalla critica più engagé Argento ha dimostrato grande coerenza e originalità intellettuale.
Si narra che ha sublimato i bollori giovanili della lotta di classe, nella violenza delle scene delle sue opere. Che fu accusato per contro di fascismo, misoginia e pornografia emotiva. Ma lui resta in piedi piaccia o no tra i grandi del cinema italiano e mondiale nel suo genere, come i suoi amici e omologhi d’oltreoceano, John Carpenter, Wes Craven, David Cronenberg o Sam Raimi, alla faccia di tutti i censori morali e reali. A più di ottant’anni finito il lockdown pandemico, ha partecipato da attore per l’argentino naturalizzato francese Gaspar Noé in ” Vortex” e girato un film subito dopo, ”Occhiali neri ”. Progetto da tempo abbandonato nel cassetto. Spronato dalla figlia Asia, in un ritorno alle riprese nella capitale. Le location dei film argentiani europee o americane che siano (tra gli altri Suspiria, Opera, Phenomena ) divengono un non luogo cognitivo per lo spettatore. E lui nel 1999 si fa intervistare con John Carpenter al cinema Reposi per il Film Festival. La Rosa Purpurea di Torino. Tutto riportato dal testimone oculare Stefano Della Casa.
Aldo Colonna
I cattolici e la pace
La guerra russo/ucraina ha sconvolto il mondo. Certo, molti sanno che ci sono molti conflitti in
altri paesi che vengono sistematicamente censurati dai grandi organi di informazione. E, sotto
questo versante, è inutile fingere che non esistono e concentrare l’attenzione solo e soltanto su
alcune guerre. Ovvero, quelle che riscuotono maggior scandalo mediatico e su cui si vuole
richiamare maggiormente l’attenzione. Una contraddizione che non può non farci riflettere…
Ora, però, al di là delle motivazioni – misteriose sino ad un certo punto, come tutti sappiamo… –
sulle guerre che vengono descritte ed analizzate a fondo e in tutti i dettagli e quelle che vengono
sistematicamente taciute, è indubbio che uno dei temi che merita di essere approfondito lungo
questo versante è il rapporto che intercorre tra la guerra e i cattolici. O meglio, come i cattolici,
seppur nella loro multiforme e pluralistica espressione e composizione, pensano, vivono e
affrontano il capitolo drammatico e complesso dello scontro bellico. Un rapporto difficile perchè,
purtroppo, continuiamo ad assistere ad una radicale dissociazione tra ciò che predicano il Papa, i
vescovi, i sacerdoti, la stampa cattolica, i movimenti ecclesiali e religiosi e ciò che, invece,
concretamente pensano e decidono i cattolici impegnati nelle istituzioni. Locali come nazionali.
Certo, nella politica come nelle istituzioni democratiche esiste l’assunzione di responsabilità
personale dei cattolici impegnati nel pubblico. Frutto di una concezione che affonda le sue radici
nella laicità dell’azione politica, nel rispetto delle istituzioni democratiche e nelle decisioni
autonome che prescindono dal condizionamento – diretto o indiretto – delle autorità
ecclesiastiche. E questo perchè il clericalismo e il confessionalismo sono due derive che restano
estranee ed esterne alla lezione conciliare e allo stesso insegnamento della Chiesa Cattolica.
Detto questo, comunque sia, non possiamo non rilevare che esiste ormai una divaricazione
politica crescente e profonda tra ciò che sta predicando oggi la Chiesa – in particolare gli
interventi ripetuti di Francesco e di molti alti prelati – e ciò che decidono concretamente i cattolici
impegnati in politica. Sia quelli che sono impegnati nei partiti governisti e di potere come il Partito
democratico e sia quelli che, storicamente, si collocano all’opposizione e si riconoscono più in
una prospettiva politica populista o sovranista. Una dissociazione, però, che non può non fare
riflettere. Anche perchè se questa divaricazione tra ciò che si professa e poi come si agisce
concretamente e laicamente cresce progressivamente e addirittura si consolida attorno ad un
tema peraltro decisivo per la comune convivenza e per lo stesso ordine nazionale, europeo ed
internazionale come la guerra o i rapporti tra i popoli, è di tutta evidenza che si corre il rischio che
una politica di ispirazione cristiana si inaridisca sempre di più e forse anche definitivamente. Un
rischio, cioè, che mette in discussione la stessa specificità della presenza politica e culturale dei
cattolici. In questo caso dei cattolici italiani. Certo, anche nel passato non mancavano questa
dicotomia e questa difficoltà di relazione. Se non addirittura di sostanziale incomunicabilità. Ma il
contesto storico era molto diverso e meno conflittuale. Oggi, invece, si è preso tranquillamente
atto che tutto ciò che arriva dal magistero della Chiesa si rispetta ma, al contempo, si può farne
tranquillamente a meno. Ovvero, una sorta di grande rispetto per un insegnamento che, però, non
può che essere un mero richiamo testimoniale. E poco più.
Per questi motivi, proprio partendo dalla guerra russo/ucraina e tutto ciò che comporta e
determina questo conflitto nell’economia regionale ed internazionale e anche e soprattutto nel
futuro assetto politico mondiale, è indubbio che il rapporto tra i cattolici e l’impegno politico si fa
sempre più difficile e complesso. Nello specifico, cresce la sensazione che ormai i cattolici
impegnati in politica vanno in una direzione e il magistero della Chiesa in un’altra. Una
dissociazione che non può non preoccupare chi crede ancora nella tradizione del cattolicesimo
politico, democratico e sociale e che ha contribuito in modo decisivo a fare crescere e
consolidare la democrazia nel nostro paese. E che non può, al contempo, non suggerire una
domanda profonda e di merito. Sul versante della coerenza, dei contenuti e della lettura della
società.
Giorgio Merlo