ilTorinese

Torino tra architettura e pittura. Giuseppe Penone

Torino tra architettura e pittura

1 Guarino Guarini (1624-1683)
2 Filippo Juvarra (1678-1736)
3 Alessandro Antonelli (1798-1888)
4 Pietro Fenoglio (1865-1927)
5 Giacomo Balla (1871-1958)
6 Felice Casorati (1883-1963)
7 I Sei di Torino
8 Alighiero Boetti (1940-1994)
9 Giuseppe Penone (1947-)
10 Mario Merz (1925-2003)

9) Giuseppe Penone (1947-)

La verità è che con l’inizio della bella stagione in classe non ci resisterebbe nessuno, né gli allievi, né tanto meno gli insegnanti. La primavera è tutta una poesia, il sole tiepido penetra attraverso le finestre e invade le aule, il venticello che al mattino è ancora freddo si fa piacevole brezza dalla tarda mattinata in poi, i colori della natura si accendono e tutto diventa un irresistibile richiamo per uscire all’aria aperta. Inutile dirlo, il ritorno di Persefone scuote gli animi degli studenti esattamente come il gasatore infervora le molecole dell’acqua e la rende frizzante; gli scolari diventano sensibilissime palline da ping-pong, guizzano tra i banchi appena trovano una scusa sostenibile e ormai il cambio d’ora non ha nulla da invidiare all’intervallo. È come se il mondo fuori emettesse dei richiami a ultrasuoni, che entrano nelle nostre menti impercettibilmente: uscire, uscire, uscire…
Ma è proprio nelle situazioni d’emergenza che vengono “le idee luminose”. Così ho pensato di trasformare questo irrefrenabile sentire primaverile in una riflessione costruttiva riguardo al rapporto “uomo-natura”. Certo tale titolazione è a dir poco vasta e si presta a diramarsi in diversi ambiti, dalla letteratura all’arte all’educazione civica, si può riflettere altresì sull’importanza dell’ecologia o su quanto l’ambiente che ci circonda influisca sul nostro stato mentale.
Le considerazioni sono tantissime e i ragazzi, quando si tratta di argomenti che li interessano sul serio, si dimostrano motivati oratori.
Da un punto di vista artistico-letterario si può affermare che l’argomento “uomo-natura” è antico come il mondo. Agli albori del tempo, in epoca preistorica, la condizione naturale e ambientale è aspetto costitutivo delle primissime pratiche artistiche, le pitture rupestri, ad esempio, dimostrano come l’uomo delle caverne sia riuscito a tramutare la mera materialità in manifestazione creativa, con lo scopo di sondare ciò che lo circondava.

Non solo, si pensi ai miti classici e a quanto la natura sia stata fonte d’ispirazione per aedi e filosofi; la civiltà greca “in primis”, attraverso la “cosmogonia”, tramuta gli Dei in elementi della natura, così la Terra diventa Gea, il mare Poseidone, il vento Eolo e via discorrendo.
Già solo con questa più che semplificata premessa si comprende che l’argomento è sconfinato e fitto di diramazioni e incisi.
Proviamo ora a restringere leggermente il campo e focalizziamo l’attenzione sull’ambito iconografico. Con l’epoca rinascimentale il paesaggio – e dunque la natura- acquista una sua propria importanza, lo sfondo diventa ambientazione scenografica, gli elementi raffigurati si fanno sempre più realistici e dettagliati e si caricano di significati simbolici che concorrono alla narrazione del soggetto scelto. Giusto per proporre un esempio concreto, per Leonardo da Vinci (1452-1519), uomo rinascimentale per eccellenza -su cui non provo nemmeno a dilungarmi in questo contesto perché ne verrebbe fuori un inciso chilometrico- la natura è un costante oggetto d’indagine; per l’artista lombardo l’ambiente va studiato e raffigurato con attenzione, esso ha la stessa importanza delle figure che ricoprono il ruolo di protagoniste, così come si evince dalla “Vergine delle Rocce” (1483–1485), opera nella quale la vegetazione è raffigurata con precisione scientifica, i fiori e le piante paiono illustrazioni botaniche e la resa dell’atmosfera confluisce nel risultato ultimo dell’aspetto delle figure, non più nette e contornate da una linea scura, ma sfumate, attraverso un sapiente uso della colorazione e della luce.

Con il trascorrere dei secoli la rappresentazione dell’ambiente acquista sempre più importanza, nel Seicento nasce il genere del paesaggio, nel Settecento invece si diffondono nuove correnti pittoriche quali il “vedutismo” e il “paesaggismo”. È però con il Romanticismo che il contesto naturale si afferma definitivamente come soggetto autonomo delle opere d’arte. A caratterizzare la poetica romantica vi sono due concetti principali: il “sublime” e il “pittoresco”. Entrambe le tematiche trovano la loro espressione nella natura e nel suo duplice aspetto, da un lato “locus amoenus” virgiliano, dall’altro manifestazione spettacolare ma spaventosa, “l’orrido che affascina” di Foscolo e Leopardi. I massimi esponenti del Romanticismo sono gli inglesi Turner e Constable e il tedesco Caspar David Friedrich. Questi pittori indagano in maniera simbolica il rapporto “uomo-natura”, arrivando però a conclusioni molto differenti, per Constable l’ambiente naturale è rassicurante, fonte di religiosità e tranquillità, al contrario per Friedrich e Turner la natura è qualcosa di irrefrenabile, devastante, stupefacente, che pone l’essere umano di fronte ai propri limiti. Una delle tele che meglio esprime il sentire dell’artista tedesco è “Il mare di ghiaccio” (1823–1824), in cui è raffigurata una nave che soccombe sotto la pressante e inesorabile forza delle calotte polari che dominano la scena e si ergono a protagoniste del dipinto.
Il Novecento si pone sempre come discorso a parte, le due guerre fanno sì che gli artisti sviluppino un’ottica pessimistica e disillusa, anche nei confronti della natura, non più confortevole ma maligna. Questo sentimento di totale scoramento sarà alla base dei filoni letterari della distopia e della fantascienza, particolarmente apprezzati negli anni Settanta. Nessuna corrente artistica però si è incentrata sul rapporto “uomo-natura” quanto la “Land Art”. Siamo negli anni Sessanta e in ambito artistico nasce un modo nuovo di affrontare l’argomento: gli artisti non si limitano ad illustrare o dipingere l’ambiente, essi agiscono direttamente sulla natura e sul territorio, creando opere altamente impattanti, caratterizzate dalla precarietà dell’essere e continuativamente soggette alle variazioni climatiche. Altra peculiarità di queste creazioni è quella di non poter essere viste nella loro interezza con un semplice sguardo, è necessaria infatti una prospettiva aerea o un elevato luogo d’osservazione per osservarle completamente, poiché si tratta in genere di opere enormi, che si estendono per lunghissimi tratti di territorio.
Ha eseguito anche lavori inscrivibili al settore della “Land Art” l’artista di cui vorrei parlarvi oggi nello specifico, personaggio parimenti conosciuto come “artista degli alberi”, la cui ricerca è tutta sviluppata intorno alla tematica “uomo-natura”.

Si tratta di Giuseppe Penone (1947-), originario di Garessio, un non troppo grande comune piemontese, in provincia di Cuneo. Penone si forma a Torino presso l’Accademia Albertina di Belle Arti, dove conosce Giovanni Anselmo (934)-) e Michelangelo Pistoletto (1933-), con i quali, a partire dal 1967, entra a far parte del movimento dell’ “Arte povera”.
L’anno successivo, nel 1968, espone con successo alcune sue sculture al “Deposito d’Arte Presente”; i suoi lavori sono realizzati con materiali poco convenzionali quali piombo, rame, cera, pece, legno, in essi è implicata l’azione naturale degli elementi, come esemplifica “Scala d’acqua: corda, pioggia, sole”.
L’artista è da sempre interessato a sondare le possibilità che ha l’uomo di interagire con la natura circostante, in tal senso sono celebri gli interventi che porta avanti nei boschi di Garessio, con il preciso scopo di intervenire nel processo di crescita degli alberi (“Alpi marittime”, 1968). In questa situazione l’artista decide di “lasciare un segno” del suo passaggio ed esegue dei calchi realistici delle proprie mani e braccia, dopodiché li installa su alcuni piccoli tronchi. Con il passare del tempo gli alberi crescono, ma tale crescita è sensibilmente e inevitabilmente modificata dalla presenza degli arti bronzei di Penone, che stringono e affondano nella corteccia come corpi estranei artificiali di cui la pianta non può liberarsi.
L’arte di Penone non è univoca, egli ricorre anche alla “performance”, alla “body art” e all’ “arte ambientale”, ma se possono cambiare le modalità d’azione, rimane invariata la sua prerogativa di studiare e approfondire il rapporto “uomo-natura”, sotto forma di un costante dialogo complesso tra “io e mondo”. Alla tematica ambientale fanno riferimento alcune sue opere che si avvicinano alla poetica della “Land Art”, come i lavori che egli esegue per le personali al Kunstmuseum di Lucerna (1977), al Museum of Modern Art di New York (1981) o al Musée d’art moderne de la Ville di Parigi (1984) o ancora ai grandi alberi in bronzo destinati ad alcuni spazi pubblici come il “Pozzo di Münster” del 1987, il “Faggio di Otterloo” (1988), l’“Albero delle vocali” inaugurato nel 2000 alle Tuileries di Parigi o l’“Elevazione” a Rotterdam del 2000.

Alla base delle creazioni di Penone vi è l’idea che la scultura non sia un’operazione legata alla vista, bensì al tatto; l’artista stesso, infatti, mentre scolpisce, aderisce e si immerge nel materiale dell’oggetto che sta lavorando e tale aderenza comporta dei cambiamenti nell’oggetto stesso. A sostegno di tale tesi, Penone riporta questo esempio: “Se noi prendiamo in mano una tazzina, è questa tazzina ad essere una scultura. Tuttavia nel momento stesso in cui la nostra mano afferra la tazzina, essa prende la forma di quest’ultima. Quindi possiamo affermare che solamente in quel momento la mano può essere considerata una scultura”.
Da qui nasce la riflessione che con l’impronta di una mano si possa intervenire sulla crescita di un albero: l’idea si concretizza e nascono i vari calchi in bronzo e acciaio che entrano in contatto diretto con i tronchi e diventano specchio della relazione “uomo-natura”, “io-mondo” che caratterizza tutta la ricerca artistica di Penone. Da questa particolare visione e da questa peculiare tipologia di intervento artistico si sviluppa il processo che lo porta a studiare le prerogative proprie della materia e insite all’interno di un albero.
Tra i lavori più conosciuti vi sono le numerose versioni di “Alberi”. Si tratta di travi di legno di diverse lunghezze che l’artista ha pazientemente intagliato e scavato con lo scopo di mettere in evidenza, all’interno della trave stessa, la forma naturale dell’albero. Lo scavo deve avere una precisa profondità, in relazione ad uno degli anelli che corrisponde all’età della pianta, la quale riemerge dal legno, più giovane e con i rami, individuabili grazie a nodi. L’altra parte della trave però viene lasciata intatta, sia per mostrare l’intervento dell’artista, sia lo sviluppo naturale della crescita dell’albero.
Dagli anni Ottanta in poi Penone si dedica a elaborare sculture in bronzo, che sono in realtà calchi di parti di alberi, nelle quali spesso inserisce elementi vegetali viventi. A questa categoria appartiene lo spettacolare “Giardino delle sculture fluide” (2003-2007) realizzato al parco della Venaria Reale.

Un’altra opera decisamente interessante si trova a Rivoli, presso il Museo di Arte Contemporanea. Si tratta dell’installazione “Soffi”, in cui l’artista indaga il momento dell’inspirazione. L’osservatore si trova di fronte a un ambiente completamente rivestito di foglie di alloro profumate, al centro di tale ambientazione, posizionato sulla parete centrale, è visibile un polmone in bronzo dorato. La scultura quindi entra nel corpo di noi visitatori, nel momento stesso in cui respiriamo e inaliamo gli odori: attraverso l’azione del respirare l’artista pone delle riflessioni sui confini dello spazio e della forma e si conferma interessato non solo alla rappresentazione dell’oggetto quanto più all’evocazione di una suggestiva immagine poetica.
Non posso avviarmi a concludere senza citare un’altra scultura, presente proprio a Torino, precisamente di fronte all’ingresso della GAM (Galleria d’Arte Moderna). Si tratta di “In limine”, opera ideata con lo scopo di creare un segno che indichi il passaggio dalla spazialità della Città a quella sacrale del Museo. È un blocco di marmo, materia che proviene dal sottosuolo, che sostiene un albero, cresciuto a contatto con la pietra, sradicato e fuso in bronzo, posizionato di traverso, apparentemente instabile. Le parti più volatili dell’albero, le sue foglie, si protendono a cercare la luce e attraverso il processo della fotosintesi si oppongono alla forza di gravità. Lo stesso Penone così commenta l’installazione: “La vita segreta della materia risiede nel movimento dei fluidi. Le vene sono la traccia di un’esistenza che si sviluppa nel corpo delle cose, appare nel marmo, nelle radici, nella scorza, nei rami, nelle foglie e nell’uomo”.
Cari lettori, sinceramente non so quanto mi abbiate prestato attenzione, ma non vi rimprovererò, capisco che la bella stagione porti via la concentrazione e induca a pensare alle tanto agognate vacanze. Soltanto, fingendo che il bianco del foglio che segna la fine del pezzo possa metaforicamente essere paragonato al suono della campanella, e possa dunque destarvi dai vostri pensieri leggeri, mi permetto un ultimo commento: guardatevi sempre intorno con stupore, la vera arte sta nell’imparare a meravigliarsi sempre.

 

Alessia Cagnotto

 

 

Furti e truffe, i carabinieri arrestano cinque persone

 Nell’ambito dei servizi di controllo del territorio disposti dal Comando Provinciale per contrastare i reati contro il patrimonio i carabinieri hanno arrestato 5persone.

In particolare a Torino, nel Quartiere San Salvario, i militari della locale Stazione hanno bloccato due cittadini domenicani subito dopo che si erano introdotti durante la notte all’interno di un bar ed avevano rubato il registratore di cassa ed un telefono cellulare. Un terzo complice minorenne è stato denunciato in stato di libertà.

Ad Alpignano, nell’hinterland Torinese, i carabinieri della Compagnia di Rivoli hanno arrestato un uomo di 48 annifermato mentre tentava di forzare la portiera di un’autovettura parcheggiata in quella via Cavour. L’uomo è stato trovato in possesso di oggetti idonei allo scasso.

Infine ad Orbassano sono finiti in manette due cittadini italiani di 35 e 46 anni che hanno tentato di truffare una signora 82enne. I due con dei raggiri hanno convinto la donna ad andare a prelevare ad uno sportello bancomat facendosi poi consegnare la somma di 500 euro. Il pronto intervento dei militari della locale Stazione ha consentito di bloccarli nella flagranza del reato e di recuperare il denaro che è stato restituito all’anziana vittima.

Forte Bramafam, il baluardo delle Alpi Cozie

Non solo il forte di Exilles: poco più su, in alta Val Susa, svetta il Bramafam, la fortezza delle Alpi Cozie. Dallo sperone roccioso del monte Bramafam si controllavano Bardonecchia e le valli della Rho e del Fréjus.

Sul costone, a 1450 metri di altezza, cannoni e mitragliatrici tenevano sotto tiro il traforo ferroviario da eventuali assalti francesi mentre altre bocche da fuoco puntavano il Melezet e la Valle Stretta. Costruito per difendere il tunnel del Fréjus e la ferrovia Torino-Modane, il forte Bramafam era, alla fine dell’Ottocento, la più importante fortificazione delle Alpi Cozie. Al termine della II guerra mondiale le bombe e i saccheggi lo devastarono in gran parte lasciandolo in uno stato di totale abbandono. Verso la fine dell’Ottocento venne dotato di diversi tipi di artiglieria e durante la Prima guerra mondiale fu utilizzato come campo di prigionia per gli austriaci. Nel giugno del 1940 sette aerei francesi sganciarono decine di bombe ma i danni furono limitati. Nel settembre del 1943 venne occupato dai tedeschi che, in ritirata, lo abbandonarono nell’aprile 1945. Finita la guerra il forte fu dismesso dall’esercito e abbandonato al suo destino. Oggi il Forte Bramafam è un museo diretto dall’Associazione per gli Studi di storia e architettura militare di Torino ed è sede di mostre e rievocazioni storiche.

Il gruppo di volontari che lo gestisce dal 1995, guidato da Pier Giorgio Corino e Giorgio Ponzio, ha raccolto negli anni materiale storico di ogni genere tra cui uniformi, fotografie, lettere, dispacci, diari, oggetti e materiale logistico per mettere in salvo le memorie storiche tra 800 e 900 relative alle fortificazioni, alle artiglierie e agli oggetti militari usati ogni giorno. Ciò che vediamo è un museo sulla storia del Regio Esercito nel quale, oltre ad armi e cannoni, si trovano più di settanta pezzi di artiglieria di diverse epoche, decine di manichini che indossano uniformi originali dal 1885 al 1943, il restauro di una ventina di ambienti di fine Ottocento e degli anni Quaranta del Novecento e di una trincea della Grande Guerra oltre a 2000 reperti storici che illustrano la storia militare dell’Italia dal 1890 al 1945. Collocati sui due piani del forte vi erano gli alloggi per la guarnigione oltre a cucine, magazzini e riservette. “Molto materiale, spiegano i gestori della struttura militare, è giunto al forte Bramafam in donazione da amici, soci e sostenitori che hanno voluto che conservassimo le memorie militari di famiglia. Qualora foste in possesso di materiale storico che non volete vada disperso, anche piccoli ricordi del passato, contattateci..”. Arrivare alla fortezza delle Alpi Cozie è facile. Per visitare il forte dell’alta Valle di Susa bisogna percorrere la strada provinciale Oulx-Bardonecchia e poco prima di entrare a Bardo, un’indicazione con la scritta “Museo-Forte Bramafam” segnala una svolta a sinistra dove si transita sotto il sottopasso ferroviario e si imbocca il ponte sulla destra. A questo punto bisogna risalire la strada sterrata per due chilometri fino al bivio della cappella di Sant’Anna. Qui si lascia l’auto e si prosegue a piedi per 500 metri fino al forte, visitabile ad agosto tutti i giorni dalle 10.00 alle 18,30 (ultimo ingresso ore 17.00)

Filippo Re

Juve: preso Kajo Jorge. Toro su Pezzella

Allenamento al gran completo per la Juve di Allegri.Tutti presenti,rientrati i nazionali e sabato prossimo amichevole di lusso allo Stadium di Torino contro l’Atalanta alle ore 20.30.

Nel frattempo i bianconeri hanno chiuso la prima operazione di mercato in entrata.La società juventina ha piazzato il colpo Kaio Jorge dal Santos vincendo la concorrenza di Milan e Napoli per l’attaccante classe 2002.Un grande acquisto per il presente ma soprattutto per il futuro.
Proseguono gli allenamenti in casa granata agli ordini di Juric.Sabato prossimo allo stadio Filadelfia,ore 17.30 si disputerà l’amichevole Torino-Pro Vercelli.Nel mercato in entrata si segue il difensore della Fiorentina,il nazionale argentino,Pezzella mentre Messias rimane in attesa d’esser acquistato come secondo trequartista richiesto da Juric.Rimane in stallo la situazione di Belotti che sarà coinvolto nel gran giro di vendite che riguarderanno gli attaccanti di serie A: sarà la cessione dell’interista Lukaku al Chelsea per ben 130 milioni a scatenare il valzer delle punte in cui sarà coinvolto il capitano granata,la cui probabile destinazione sarà l’Inter che darà al Toro 25 milioni di euro + 5 di bonus.

Vincenzo Grassano

“Diventiamo cittadini europei”, i vincitori

Sono 154 gli studenti degli istituti superiori piemontesi vincitori della 37esima edizione del concorso “Diventiamo cittadini europei” bandito dal Consiglio regionale tramite la Consulta europea, in collaborazione con l’Ufficio scolastico regionale e l’Ufficio del Parlamento europeo a Milano.

“L’emergenza sanitaria – sottolinea il vicepresidente Francesco Graglia, delegato alla Consulta – non ha fermato un’iniziativa tra le più longeve nella storia del Consiglio, un concorso sempre attuale e ancorato a temi sociali e politici sentiti e dibattuti come quelli scelti per questa edizione, l’intervento dell’Unione ai tempi della pandemia e la Brexit”.

“Dopo un anno e mezzo molto difficile anche per il mondo della scuola – ha aggiunto Michele Mosca, l’altro consigliere delegato alla Consulta – dobbiamo guardare con ottimismo al futuro, confidando in una ripresa della normalità. L’auspicio è di poter presto riproporre i viaggi studio legati al concorso nelle città europee sede delle istituzioni europee e di coinvolgere sempre più giovani in un’iniziativa formativa importante per la costruzione di una cittadinanza attiva”.

I vincitori del concorso, che ha appunto l’obiettivo di formare i giovani sui temi della cittadinanza europea e migliorare le condizioni per la partecipazione civica democratica all’Unione, provengono da 21 istituti superiori piemontesi: 10 di Torino e provincia, 4 di Alessandria, 3 di Cuneo 1 rispettivamente per le province di Asti, Novara, Vercelli e Vco.

Gli studenti saranno omaggiati dell’abbonamento Musei Young, mentre a ciascun istituto andrà un contributo economico utilizzabile per l’acquisto di materiale didattico.

(Alcuni tra) i bar più belli da non perdere a Torino

Muoversi tra i tanti locali di Torino spesso non è una passeggiata. Data la vasta scelta che potete trovare, è doveroso avere prima di tutto una guida dei bar più belli da non perdere a Torino.

Alcuni vantano una vasta scelta per la colazione, altri offrono innovativi snack per un break di mezza giornata, altri ancora suggestivi cocktail da godersi in compagnia.

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I bar più belli da non perdere a Torino

Endometriosi, è il momento di interventi concreti

Mancano ginecologi e centri specializzati, non ci sono tutele sul lavoro e i costi per le cure sono troppo elevati. A.P.E. Associazione Progetto Endometriosi, formata da pazienti volontarie di tutta Italia, chiede ascolto alle istituzioni.

C’è ancora tanto da fare per le cure mediche, la ricerca, i diritti delle donne che soffrono di endometriosi, malattia cronica e invalidante che ne colpisce circa 3 milioni solo in Italia e che lo Stato riconosce come tale solo negli stadi avanzati. I provvedimenti messi in campo dal Governo non sono sufficienti a sostenere le donne. Come evidenziato da A.P.E. Associazione Progetto Endometriosi, formata da pazienti volontarie che da oltre 15 anni lavorano per creare consapevolezza sulla patologia, le donne non hanno diritto ad esenzioni che possano permettere loro di affrontare tempestivamente e con efficacia la malattia, per la quale la diagnosi precoce è fondamentale; spesso non trovano centri medici e specialisti che sappiano riconoscere ed intervenire su tale patologia, dovendo rivolgersi a studi ed ambulatori privati a volte molto distanti a livello geografico; perdono il lavoro perché l’endometriosi non è riconosciuta come malattia grave e dunque non viene concesso loro di assentarsi quando stanno male. Una situazione peggiorata con il Covid, che ha incentivato la chiusura di ambulatori specializzati, ha aumentato le liste di attesa per visite ed interventi, ha reso le cure più costose, anche a causa della mancata esenzione dai medicinali, terapie e altre prestazioni multidisciplinari non garantite dal sistema sanitario nazionale.

Tale situazione è stata oggetto di un’interrogazione parlamentare in Senato, pubblicata il 18 novembre 2020, promossa dalla senatrice Paola Boldrini, alla quale nei giorni scorsi ha risposto il sottosegretario per la salute Pierpaolo Sileri. Nell’interrogazione, la senatrice chiedeva lumi sulla diagnosi e cura dell’endometriosi, per conoscere i criteri e le modalità individuate per la ripartizione delle risorse, per l’attività di monitoraggio delle attività messe in atto dai centri di riferimento e per svolgere attività di prevenzione, diagnosi precoce e cura della malattia. Sileri ha evidenziato di aver autorizzato una spesa di 2 milioni di euro per il 2020 e altri 2 milioni per il 2021 del Ministero della Salute per gli istituti di ricerca e per percorsi formativi e informativi per la diagnosi e il trattamento dell’endometriosi dell’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali, di aver previsto altri 3 milioni di euro per un bando di ricerca nazionale. Il sottosegretario alla salute ha ricordato le campagne di sensibilizzazione messe in campo nel 2012 e “Per gli aspetti riferiti all’assistenza sanitaria” ha precisato che “allo stato attuale le pazienti affette da endometriosi possono usufruire di tutte le prestazioni di cura ricomprese nei livelli essenziali di assistenza”. Tali provvedimenti – ne sono convinte le donne di A.P.E. che convivono tutti i giorni con la malattia e ne conoscono tutti gli aspetti – non bastano.
«Solo alcune prestazioni per l’endometriosi al terzo e quarto stadio della malattia (i casi più gravi) sono state inserita nei LEA (Livelli Essenziali di Assistenza) – precisa Jessica Fiorini, vicepresidente di A.P.E. -, i ginecologi specializzati sono pochi, per gran parte dei farmaci non ci sono esenzioni. Come Associazione che si occupa da molti anni di endometriosi e che è formata da tante donne in tutta Italia con un grande bagaglio di esperienze in materia, abbiamo chiesto di essere coinvolte nella ricerca di provvedimenti adeguati ad affrontare tale patologia. Dopo più di 15 anni siamo sempre allo stesso punto. Continuiamo come Associazione a svolgere campagne di sensibilizzazione e di informazione, importantissime per far conoscere l’endometriosi e per ottenere una diagnosi il prima possibile. Continuiamo a fare attività nelle scuole, per rendere consapevoli le adolescenti. Viviamo esperienze sulla nostra pelle. Siamo a contatto con specialisti e centri specializzati, per dare consigli ed aiuti concreti alle donne, anche se molti stanno chiudendo». La richiesta di A.P.E. è di ottenere un maggiore coinvolgimento nei luoghi istituzionali per rendere note le problematiche vissute dalle donne. «Manca la formazione e l’informazione – aggiunge Jessica Fiorini – e sono pochi i centri di riferimento per l’endometriosi, le esenzioni per i farmaci sono minime, le donne hanno bisogno e il diritto di essere tutelate, a livello sanitario e nei luoghi di lavoro: non si può richiedere l’invalidità, non c’è una tabella dell’INPS che consideri tale patologia. C’è bisogno di occuparsi di queste donne in modo serio e concreto. Come A.P.E. nel nostro piccolo vogliamo fare tutto il possibile per le donne affette da endometriosi, ma vogliamo anche fare in modo che le istituzioni si impegnino di più a diffondere informazione e anche ad agire tutelando tutte le donne che ne soffrono».
Sul sito dell’APEwww.apendometriosi.it – ci sono tutte le informazioni utili e i progetti, per aiutare concretamente le donne affette da endometriosi e per entrare a far parte della rete nazionale.

Rossi (Pd): “Castello di Miasino: al via il bando regionale”

 Per la ristrutturazione del bene confiscato

“Finalmente la notizia che aspettavamo da tempo è arrivata!” commenta così il Consigliere regionale dem Domenico Rossi la pubblicazione del bando regionale per la ristrutturazione del Castello di Miasino, che mette a disposizione, entro il 27 settembre,  circa 1.400.000 euro  per la riqualificazione architettonica e impiantistica dell’immobile, uno dei beni confiscati alle mafie più significativi in Italia.

“Sono contento che, sebbene i tempi di attesa siano stati eccessivamente lunghi, siamo finalmente arrivati ai lavori di ristrutturazione e messa in sicurezza, senza i quali il bene non potrebbe essere affidato socialmente”.

L’iter è partito diversi anni fa, prima con la mozione a prima firma del consigliere Rossi che, nell’ottobre del 2014, chiedeva alla Regione di farsi carico del Castello, e poi con gli atti della Giunta che il 23 marzo 2015 formalizzò all’Agenzia Nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati confiscati alla criminalità organizzata (ANBSC) la volontà di acquisire al patrimonio regionale il Castello di Miasino che, un anno più tardi, consegnato ufficialmente alla Regione.

“In questi anni non mi sono mai arreso: in entrambe le legislature ho messo tra le priorità della mia azione il riutilizzo sociale dei beni confiscati alle mafie tra cui il Castello di Miasino, l’unico gestito direttamente dalla Regione Piemonte. Si tratta di un percorso che ha coinvolto prima la Giunta Chiamparino e oggi quella guidata dal Presidente Cirio. Ma potremo dirci davvero soddisfatti solo quando il castello tornerà alla collettività e genererà economia pulita e cultura per la nostra comunità” aggiunge Rossi.

“Non possiamo perdere altro tempo” conclude il Consigliere “per questo ho già chiesto al Presidente Cirio che, durante l’anno stimato per i lavori di ristrutturazione, si predisponga contemporaneamente il bando per l’assegnazione sociale del bene, in modo che i tempi non si allunghino ulteriormente. Che bello sarebbe riuscire ad affidarlo entro la fine del 2022. Continuerò certamente il mio impegno per monitorare il percorso”.

Si segnala di seguito il link per consultare il bando: https://bit.ly/3AnnmFB .

Ambrogio (Fdi): “Aree gratis per progetto Intel”

“Il progetto Intel, che prevede l’insediamento di una nuova fabbrica europea a Mirafiori, deve registrare uno sforzo comune per garantire le condizioni migliori di fattibilità, logistica e operatività: mi aspetto che TNE, trainata dai soci pubblici nel capitale, metta a disposizione gratis le aree attualmente in gestione e non ancora riconvertite o riqualificate”.

A sostenerlo Paola Ambrogio, candidata per FDI alle prossime elezioni comunali, che aggiunge: “Torino Nuova Economia è una società di intervento, a capitale prevalente pubblico, costituita nel 2005 da Regione Piemonte, Provincia di Torino, Città di Torino e Fiat SpA, finalizzata al mantenimento nell’area di Mirafiori di un polo di attività produttive. Gestisce circa 300 mila metri quadrati di aree da restituire al tessuto urbano mediante interventi di riqualificazione urbanistico edilizi e di valorizzazione socio-economica. Quale miglior occasione? Si concedano questi spazi, gratuitamente, al progetto Intel!”

“Tutti hanno il dovere – conclude la Ambrogio – di favorire il rilancio economico, produttivo e sociale della Città: ciascuno faccia la sua parte e non si sprechi l’ennesima opportunità di crescita. E’ indispensabile preparare Torino al post-Stellantis e il dossier Intel deve essere in cima ai pensieri di tutte le parti in causa”.