ilTorinese

Un coloratissimo van Gogh, tra la sua arte e un improbabile “cafè” parigino

Oggi ultima replica dello spettacolo scritto, diretto e interpretato da Andrea Ortis

È stato forte l’affetto che ha legato Vincent van Gogh a suo fratello Theo, più giovane questo di quattro anni, sopravvissutogli sei mesi soltanto. Una figura di riferimento e d’appoggio, il primo a riconoscerne la grandezza, una figura di pace interiore e
serenità entro cui rifugiarsi in ogni momento, al riparo delle contrarietà e delle tragedie della vita, la mente sconvolta, la quasi totale povertà, lo scarso
riconoscimento della sua epoca verso un’arte che sino alla morte tardò ad affermarsi.
Di quell’affetto raccontano le lettere scambiate tra i due fratelli, gli accadimenti, le psicologie e le confessioni, un mezzo altresì per gli storici per gettare una luce dettagliata e profonda su circa vent’anni di storia – la prima lettera data all’agosto del 1872, le ultime con la morte di Vincent nell’estate del 1890 -, 668 lettere del pittore al
fratello, la maggior parte in olandese, molte in francese, un paio in inglese. Un patrimonio che la vedova di Theo, Johanna Bonger, pensò a pubblicare nel 1914, soltanto poco più di una dozzina di anni fa il Van Gogh Museum di Amsterdam ha dato una veste completa all’importante, unico carteggio.
È stato altrettanto forte l’affetto che un uomo di teatro come Andrea Ortis ha riversato
sull’artista, creando grazie a quelle lettere, in occasione del 170mo anniversario della
nascita, uno spettacolo come “Van Gogh Cafè”, tutto suo nella scrittura, nella regia e nell’interpretazione. Ma non so se gli abbia reso un omaggio del tutto convincente. C’è il segmento “Van Gogh”, i primi disegni, il lavoro all’estero, il maldestro rapporto con il padre e la vocazione religiosa che lo porta ad essere predicatore laico e ad assistere in
una regione carbonifera del Belgio minatori e ammalati, secondo il più puro spirito francescano, condividendo la casa e il cibo e persino gli indumenti; c’è tutta la passione per l’arte e per la vita artistica, ci sono gli innamoramenti tutti naufragati, c’èl’amore caritatevole verso Sien, ex prostituta già con un bambino al collo e in attesa di
un altro, che Vincent ospita e spinge alla redenzione, pur nel mezzo di ogni privazione
quotidiana: la donna, stanca di quella vita di stenti, tornerà al vecchio mestiere. Ci sono i primi capolavori e la scoperta della pittura giapponese, l’incanto di Parigi, tra i tetti di rue Lepic e il Moulin de la Galette, e l’incontro e la frequentazione (con
qualcuno, anche l’amicizia, con Paul Signac e con Gauguin, non sempre al riparo da forti incomprensioni) di altri artisti, c’è la “casa gialla” di Arles e la camera in cui visse, c’è la terrazza del caffè o la notte stellata, ci sono gli autoritratti non ultimo quello dell’orecchio mozzato avvolto in una benda chiara, ci sono i soggiorni negli ospedalipsichiatrici, c’è l’ultimo soggiorno a Auvers-sur-Oise e il colpo di pistola fatale. C’è il mondo onirico della bellezza (“sogno di dipingere, poi dipingo i miei sogni”), e quello della quotidianità ritrovato nelle lettere.
Che dovrebbe essere la spina dorsale dello spettacolo . Che invece si perde spesso in una lettura scolastica, nel frastuono di un passaggio di un treno, nella cattiva chiarezza di chi è incaricato alla lettura. Troppe cose vanno perse e quel che dovrebbe chiarire e approfondire non fa altro che creare
confusione. Altro è al contrario ridondante: per cui, se da un lato è bello vedere un’attrice entrare nelle vesti di Agostina Segatori, con il suo buffo cappellino rosso, o della Mousmé, con la sua camicetta a righe rosse e blu, non credo che abbia pieno merito per entrare in una “commedia” musicale un approfondimento come quello
ascoltato sui “Mangiatori di patate”.
Dall’altro lato, poi, altra area del tutto autonoma, che coltiva una vita tutta sua, c’è il “cafè”. Dove capita un antiquario di fine ottocento che per inspiegato caso tiene tra le
mani, e sfoglia con l’intero personale, un libro che racchiude la lunga corrispondenza
tra i due fratelli; c’è la cantante (Floriana Monici, gran bella voce) che non vuole
essere seconda a nessuno e c’è la ragazza (Chiara Di Loreto, eccellente anche lei)
dell’infaticabile corpo di ballo che senza sgomitare troppo rappresenta la volontà di
emergere e il nuovo futuro, c’è l’orchestra di cinque elementi, bravissimi, capitanati da Antonello Capuano autore degli arrangiamenti e delle composizioni, ci sono le coreografie di Marco Bebbu e i costumi di Marisa Vecchiarelli, ci sono le scene diGabriele Moreschi, vere protagoniste dello spettacolo, dispensatrici d’immagini che
vanno dirette all’occhio dello spettatore e soprattutto a chi sia un patito di tutta l’opera di van Gogh.
Ma questo è tutt’altro, un mondo a sé, la creazione perfetta per un’altra produzione. Ortis è alla ricerca di un’atmosfera? Ma allora a che serve
infarcire di exploit canori fuori epoca l’intera serata? Che senso ha accomunare attraverso  le traversie del pittore le voci di Edith Piaf e di Charles Aznavour e di Yves Montand? Che centra “Milord” se da un momento all’altro ti può venire in mente la
rossa criniera di Milva? Nonostante tutta la personale convinzione dell’onesta drammaturgica di Ortis, siamo obbligati a portarci a casa alcuni brani soltanto dello spettacolo e nell’intenzione di un omaggio è davvero un peccato. Comunque un Alfieri
gremitissimo e plaudente, per l’emozione di tutti gli attori raccolti in proscenio. Ultima replica oggi, domenica 5 febbraio, alle ore 15,30.
Elio Rabbione
Le immagini dello spettacolo sono di Giulia Marangoni

Il Grande Fiume in fotografia

Si è svolta a Casale Monferrato, la mostra fotografica personale di Simonetta Guaschino e Maurizio Lupano, visitabile nei fine settimana dal 14 al 29 gennaio 2023.

La fotografa casalese, titolare tra l’altro di un’edicola al quartiere Priocco, da molti anni pratica la fotografia nel tempo libero, con il marito Maurizio Lupano. L’ esposizione fotografica prende il titolo ”Un Po tutti i giorni” nel Torrione del Castello di Casale Monferrato. Visibilli un centinaio di scatti, della poliedrica paesaggista e ritrattista monferrina. Nei giorni della pandemia, durante il lockdown, appena poteva staccava dal lavoro e con il marito, il mattino presto all’alba e sovente anche nelle ore della sera al tramonto e del pomeriggio, con una macchina fotografica reflex, si recava sulle rive del fiume Po, ai murazzi di Casale Monferrato, a riprendere con sguardo curioso e inusuale la natura circostante, fatta di piante e fitti boschi, radure e scorci mozzafiato.

Fino a farle venire l’idea di una mostra, quando cessato il tempo dell’emergenza e ritornata la normalità del post covid-19, anche la vita sociale ha ripreso vigore. Un giorno mi disse che «un’edicola è uno sguardo sul mondo» un punto di osservazione privilegiato, che aiuta l’occhio fotografico a visualizzare il mondo sociale. Luogo tra gli altri, affacciato sulle persone e le cose del quotidiano. Un diaframma panoptico sulla realtà, dove addestrare l’occhio visuale ad estrarre i soggetti della ripresa e il successivo utilizzo della macchina fotografica. Influenzata dallo stile del veneziano Fulvio Roiter e del francese Henry Cartier Bresson, la fotografa casalese non è nuova a mostre personali, nel monferrato e altrove. Ha praticato l’insegnamento della fotografia e con il consorte scatta, stampa, ingrandicse e cura la realizzazione delle immagini. Ha un profilo Facebook e uno Instagram sempre aggiornati e consultabili. Il soggetto paesaggistico invita il fruitore dell’esposizione, a visitare i luoghi fotografati con le luci fredde delle prime luci del mattino o quelle più sature e cromatiche del crepuscolo.


Il fiume è metafora della vita e della storia, ha animato la riflessione spirituale induista e buddista ( il Gange), la riflessione storico- letteraria  ( Riccardo Bacchelli, il mulino del Po), la cinematografia etnografica con Cesare Zavattini, il pensiero politico in Mao Tze Dong e moltissimi altri ambiti e autori. E chiudo con questo aforisma, da uno scrittore immortale:

« Ad ascoltare mi ha insegnato il fiume, e anche tu imparerai da lui. Lui sa tutto, il fiume, tutto si può imparare da lui. Vedi, anche questo tu l’hai già imparato dall’acqua, che è bene discendere, tendere verso il basso, cercare il profondo».

Hermann Hesse, Siddhartha, 1922.

ALDO COLONNA

Wu Ming presenta “UFO 78” a Nichelino per commemorare il 10 Febbraio

Giorno del Ricordo

Venerdì 10 febbraio alle 9.30 nel giardino di via Stupinigi angolo via XXV Aprile verrà posizionata una targa per “conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale” (legge 30 marzo 2004 n. 92). Saranno presenti le autorità cittadine.

 

Il collettivo Wu Ming presenta “UFO 78”

Venerdì 10 febbraio alle 20.30 alla Biblioteca Civica “G. Arpino”

UFO 78, Einaudi Stile Libero Big, 2022

“1978. Aldo Moro è rapito e ucciso. Sulle città piomba lo stato d’emergenza. «La droga» sfonda ogni argine. Tre papi in Vaticano. Le ultime grandi riforme sociali. Mentre accade tutto questo, di notte e di giorno sempre più italiani vedono dischi volanti. È un fenomeno di massa, la «Grande ondata». Duemila avvistamenti nei cieli del Belpaese, decine di «incontri ravvicinati» con viaggiatori intergalattici. Alieni e velivoli spaziali imperversano nella cultura pop. Milena Cravero, giovane antropologa, studia gli appassionati di Ufo in una Torino cupa e militarizzata. Martin Zanka, scrittore di successo, ha raccontato storie di antichi cosmonauti, ma è stanco del proprio personaggio, ed è stanco di Roma. Suo figlio Vincenzo, ex eroinomane, vive a Thanur, una comune in Lunigiana, alle pendici di un monte misterioso. Il Quarzerone, con le sue tre cime. Luogo di miti e leggende, fenomeni inspiegabili, casi di cronaca mai risolti. L’ultimo, quello di Jacopo e Margherita, due scout svaniti nei boschi e mai ritrovati. Intorno alla loro scomparsa, un vortice di storie e personaggi”.

Presenta la serata Fiodor Verzola, Assessore della Città di Nichelino. Moderano 𝗠𝗶𝗰𝗵𝗲𝗹𝗲 𝗣𝗮𝗻𝘀𝗶𝗻𝗶, scrittore e 𝗟𝘂𝗰𝗮 𝗕𝗮𝘁𝘁𝗮𝗴𝗹𝗶𝗮, cronista. Ingresso libero. Prenotazione al link https://www.eventbrite.com/e/523369390937

 

Mostra “Con gli occhi di Quinto – Pensieri di Quinto Osano” 

Fino a venerdì 10 febbraio, presso la Ludoteca Comunale (via Filippo Turati 4/8), è allestita la mostra “Con gli occhi di Quinto – Pensieri di Quinto Osano” dedicata alla figura di Quinto Osano, ex deportato del campo di concentramento di Mauthausen.

La mostra è visitabile dalle 9.00 alle 12.30 e dalle 15.00 alle 18.00 nei giorni di apertura della Ludoteca Comunale “La bottega dei sogni” (https://comune.nichelino.to.it/ufficio/istruzione-e-asili-nido/ludoteca-comunale/)

 

Ballo in Maschera al Centro sociale “Nicola Grosa”

Venerdì 10 febbraio alle 20.30 al Centro Sociale “Nicola Grosa” (via Galimberti,3). 9° edizione del Ballo in Maschera dedicato agli over 55.

Durante la serata, premiazione delle 3 maschere più simpatiche e bugie per tutte e tutti.

 

Truffe agli anziani. Come difendersi | 13 febbraio 2023 Quartiere Juvarra

Gli incontri dedicati a prevenire le truffe ai danni delle persone anziane proseguono con il “recupero” di lunedì 13 febbraio 2023 alle 17.00 presso il Quartiere Juvarra (via XXV Aprile, 127/129), con la Tenenza dei Carabinieri di Nichelino e l’Amministrazione Comunale, aperto a tutti i cittadini del quartiere.

Intervengono: Giampiero Tolardo, Sindaco di Nichelino; Giorgia Ruggiero, Assessora alla Terza Età e alla Rete dei Quartieri; Maurizio Piccione, Comandante della Tenenza dei Carabinieri di Nichelino. Modera: Michele Pansini

 

Festa di San Valentino per la terza età

Martedì 14 febbraio alle 16.15, pomeriggio danzante al Centro Sociale “Nicola Grosa” (via Galimberti,3) dedicato agli over 55.

 

Città di Nichelino online:

Web www.comune.nichelino.to.it

Facebook https://www.facebook.com/Cittanichelino

Le iniziative a Chieri per il Giorno del Ricordo

Commemorazione al Parco della Rimembranza e

proiezione speciale al Cinema Splendor

Venerdì 10 febbraio, in occasione del Giorno del Ricordo, il Sindaco Alessandro SICCHIERO e il Presidente del Consiglio comunale Federico RONCO presenzieranno, alle ore 10, al Parco della Rimembranza, alla cerimonia commemorativa organizzata in collaborazione con l’Associazione Veneti Chieresi e l’Associazione Nazionale Famiglie dei Caduti e Dispersi in Guerra ANFCDG.

 

A partire dalle 17,30, il Cinema Splendor (via XX Settembre, 6), ospita la proiezione speciale dei film documentari “MAGNA ISTRIA” e “FERTILIA ISTRIANA”.

Saranno presenti la regista Cristina MANTIS, la giornalista e sceneggiatrice Francesca ANGELERI e l’autrice Daniela PIU.

L’evento è organizzato dalla Biblioteca Civica “Nicolò e Paola Francone”.

Ingresso libero.

(Info: 011.9428.400 – biblioteca@comune.chieri.to.itwww.comune.chieri.to.it/biblioteca).

 

MAGNA ISTRIA

Il documentario è il racconto di un viaggio verso l’Istria alla ricerca di un’ antica ricetta istriana.

Francesca, giovane donna torinese, nipote di esuli istriani, ha perso il libro di ricette della nonna nel quale si trova, tra le altre, quella ormai introvabile de “Il Castello di Croccante”. Parte così alla ricerca della ricetta e nel tentativo di ricomporre l’intero libro della nonna, di ricetta in ricetta, si sposta in lungo e in largo per l’Italia, fino a ritrovarsi nella meravigliosa terra d’Istria, a fare  un giro nella sua storia dolorosa e controversa.

Attraversando frontiere fisiche ed emotive Francesca verrà a contatto con l’avvicendarsi delle tragedie dell’esodo e delle foibe e con le persone che ne sono state vittime, siano esse “andate o rimaste”, ed è attraverso il cibo che troverà un terreno di dialogo e comunanza.  Il suo sguardo ci conduce in una terra bellissima dalle tradizioni gelosamente conservate, quanto più le memorie sembrano perdute o disconosciute. Scopriremo i suoi spettacolari paesaggi, le sue cucine tipiche, i suoi mercati e sarà l’essenza vitale intrinseca della materia cibo che restituirà nutrimento alle identità annientate e ai ricordi ossessivi e mai affrancati.

Percorrendo un suo personale cammino, che in qualche modo  la spingerà a confrontarsi anche con la propria identità irrisolta, si troverà alla fine di fronte ad un momento di riconciliazione indefinibile e  inaspettato.

 

FERTILIA ISTRIANA

Alle soglie del 2021, Fertilia è ancora una piccola Istria. Vi troneggiano edifici di stampo fascista costruiti dal regime nel 1936 per accogliere la popolazione in eccesso del ferrarese, destinata poi dal 1947 ai profughi giuliano dalmati. Qui la storia dell’esodo fu, in contro tendenza, storia d’accoglienza. Il palpito degli esuli che giunti a Fertilia in quegli anni ancora la abitano, viene raccolto dalla giornalista Francesca Angeleri, nipote di esuli, che si perde nelle vie intitolate alle città istriane, ritrovando un pezzo della sua stessa storia. Il documentario si addentra nelle vicende che dalla sua nascita l’hanno portata a oggi, anche attraverso il fil rouge del cibo. Come in Magna Istria, la preparazione di ricette istriane qui riviste spesso dalla tradizione sarda, rendono possibile l’esercizio della memoria del doloroso esodo e la non meno faticosa integrazione dei profughi che vi trovarono rifugio, fino a ad arrivare a sentirsi a casa. Perché, a differenza di quello che successe in altri luoghi, in questa parte di mondo germogliò l’albero dell’accoglienza, che favorì l’integrazione e la rinascita, facendo di Fertilia esempio vincente d’incontro di culture che qui si tesero e si tendono la mano: la sarda e la giuliano-dalmata, l’algherese e la ferrarese. Il racconto a Fertilia riannoda fili emotivi a partire dagli oggetti più semplici e cari appartenuti a quei profughi, come quelli trovati in un annuncio che muovono la protagonista verso l’isola o quelli custoditi in un Museo della Memoria dell’esodo, assolutamente vibrante di quel tempo doloroso.

 

«È un impegno di civiltà conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli istriani, dei fiumani, dei dalmati e degli altri italiani che avevano radici in quelle terre, così ricche di cultura e storia e così macchiate di sangue innocente. I sopravvissuti e gli esuli, insieme alle loro famiglie, hanno tardato a veder riconosciuta la verità delle loro sofferenze…L’Europa nata dalla pace e il dialogo ravvivato dall’affermazione delle democrazie hanno aperto e sviluppato una strada nuova. Queste memorie hanno guadagnato rispetto, dignità, ascolto. Sono storia vissuta, monito e responsabilità per il futuro.  Il ricordo, anche il più doloroso, anche quello che trae origine dal male, può diventare seme di pace e di crescita civile» (Sergio Mattarella)

“Aspetti un bambino? Non sei sola” Al via la campagna Vita nascente della Regione

“Aspetti un bambino? Non sei sola”. Prende il via oggi la campagna di comunicazione della Regione Piemonte volta a diffondere le possibilità per le donne in gravidanza offerte dal fondo Vita Nascente, rivolto alle gestanti in situazioni di fragilità sociale

“Aiutare donne sole, magari abbandonate, o coppie in difficoltà a realizzare il diritto a dare alla luce i propri figli è semplicemente doveroso per le politiche sociali delle istituzioni, a maggior ragione in una stagione di inverno demografico che richiede tutti gli sforzi possibili per rilanciare la natalità – dichiara l’assessore alle Politiche sociali della Regione Piemonte Maurizio Marrone -. La sfida ora è portare i progetti di Vita Nascente a conoscenza di chiunque ne abbia bisogno, oggi in Piemonte domani in tutta Italia”.
Con Vita nascente le donne potranno ricevere ascolto, consulenza, supporto, sostegno economico e beni di prima necessità. La donna che ha bisogno di aiuto potrà contattare l’email ufficiale vitanascente@regione.piemonte.it ed essere indirizzata agli enti pubblici e privati che si occupano di tutela della madre e del bambino e hanno sede nel territorio della propria Asl di riferimento. A seconda delle sue esigenze, troverà una risposta qualificata e specifica, come: ascolto e consulenza, attraverso la presenza a sportello programmato presso i presidi sanitari; sostegno economico (compresi contributi per le spese di locazione e per il pagamento utenze) e gli aiuti materiali/fornitura beni di prima necessità (abbigliamento, alimenti, farmaci, pannolini, carrozzine, lettini, ecc.); supporto alle donne in attesa per accompagnarle in una scelta consapevole; sostegno psicologico in forma di percorsi individuali o di gruppo, attraverso figure professionali formate e accompagnamento ai gruppi di auto-mutuo aiuto tra gestanti e neomamme, destinati a rafforzare le risorse individuali, le reti parentali e amicali di supporto.

Uisp: prima partita casalinga della pallacanestro in carrozzina

 

Domenica 5 febbraio alle 14 il PalaMoncrivello di via Moncrivello 8/a ospita la prima partita casalinga della HB Torino Uicep contro il Basket Pegli.

La prossima settimana prenderà avvio anche il campionato dei  ragazzi del minibasket. Sarà un torneo a quattro, le partite interne verranno disputate nel consueto PalaMoncrivello

Credit foto: UISP Pallacanestro in carrozzina

Info → www.uisp.it/pallacanestro2

Valle (Pd): “A rischio la ciclovia Vento”

LA REGIONE BLOCCA IL COMPLETAMENTO DEI LAVORI SUL TRATTO PIEMONTESE

 

L’idea della ciclovia Ven.To, Venezia-Torino, un percorso ciclabile protetto che una volta completato connetterà Torino a Venezia, nasce nel 2010 da un’idea del Politecnico di Milano. Piemonte, Lombardia, Emilia-Romagna e Veneto insieme per costruire uno dei più bei percorsi di cicloturismo d’Europa.

A fine 2019 si è concluso il progetto di fattibilità tecnica ed economica per tutti i 705 km della ciclovia VENTO. Il primo caso in Italia di una progettazione unitaria per una ciclovia turistica di queste dimensioni.

Il Piemonte ha al momento 3 lotti finanziati: il nuovo ponte stradale sulla Dora prima di Crescentino, il tratto Chivasso-Trino coperto da finanziamento statale ed il superamento della centrale di Trino. Quest’ultimo conta su un finanziamento da 460 mila euro derivante dagli oneri di compensazione ambientale per la dismissione della centrale nucleare.

Questa porzione si trova in parte su terreno della Sogei-il gestore dell’impianto di Trino-ed in parte su territorio di competenza regionale. Bene, la Sogei entro marzo completerà il tratto sul suo terreno, mentre la Regione continua a non dare a SOGEI il permesso di costruire sull’area di competenza regionale, perché non vuole accollarsi la successiva gestione.

Davide Galli, responsabile Sogin per lo smantellamento, ha dichiarato al consiglio comunale di Trino: “Se la regione entro marzo non ci darà l’autorizzazione, quei tratti non saranno realizzati. Si tratta di un impiego da 140.000 euro sui 460.000 totali da noi impegnati per la ciclovia. Abbiamo avuto lunghe riunioni inconcludenti coi funzionari regionali ma se la regione non vuole accollarsi la gestione, noi andiamo avanti col tratto sui nostri terreni. Visto che si tratta di compensazioni per il territorio, quei soldi li useremo per fare altro. Non possiamo permetterci di spendere il doppio per le indecisioni regionali”.

Secondo il Vicepresidente del Consiglio regionale Daniele Valle, che nel 2020 aveva percorso in bici l’intera tratta tra Torino e Venezia, sensibilizzando sindaci e amministratori lungo il percorso, l’atteggiamento della Regione è particolarmente miope. “La nostra amministrazione continua a non rendersi conto degli enormi introiti turistici che questi percorsi portano ai territori, un turismo sostenibile e presente 9 mesi l’anno, composto per la maggior parte da stranieri del nord Europa, ma anche da molti italiani”. sostiene Valle, dati alla mano. “Il cicloturismo vale 11 miliardi di euro in Europa, ma senza andare lontano basta vedere cosa ha portato in Liguria la pista ciclabile del Ponente, con l’esplosione delle attività locali e del piccolo commercio. È già avvilente che l’Ente regionale non abbia considerato di portare finanziamenti sui tratti ancora scoperti, ma in questo caso c’è solo da mettere a disposizione una striscia di terreno per un’opera che pagheranno altri”.

Tre battesimi e sostegno alle mamme in Barriera di Milano

Caro direttore, Valerie, che qui riceve il battesimo da Don Stefano Votta, è stata battezzata insieme ad altri due bimbi stamane nella Chiesa al centro della Barriera di Milano.

Nel giorno in cui il Vangelo di Matteo dice che il Cristiano deve essere il sale e la luce nella società in cui vive , il Parroco ha detto che questa Luce i cristiani la debbono portare anche nelle strade della morte di Barriera. Venire a Messa qui ti fa amare di più il messaggio eterno del Vangelo e di Gesù. Al termine della Messa il Centro aiuto alla vita di Via Sesia ha rendicontato l’aiuto e il sostegno date a 70 mamme nel corso del 2022 a portare avanti la gravidanza.

Mino Giachino

Il Pd non è più un “partito plurale”

Come si suol dire in gergo, non tutto vien per nuocere. Il “nuovo Pd”, come lo definiscono i capi e i dirigenti delle infinite correnti di quel partito, finalmente punta a diventare il partito della sinistra italiana.

O meglio, il partito che si candida ad essere l’interprete esclusivo del tradizionale e
storico filone della sinistra italiana, ovvero la filiera del Pci/Pds/Ds. Certo, esiste la concorrenza
della “sinistra per caso”, interpretata egregiamente dalla versione populista e trasformista dei 5
stelle. Una minaccia insidiosa perchè non avendo una cultura politica definita alle spalle e un
progetto politico altrettanto chiaro, possono cavalcare qualunque spinta della società per marcare
la propria natura “progressista” e di “sinistra”. Per cui possono essere contemporaneamente
ecologisti, poi pacifisti, poi assistenzialisti, poi pauperisti e poi di nuovo il contrario di tutto a
seconda di ciò che si decide di cavalcare di volta in volta. Una minaccia, comunque sia,
indubbiamente pericolosa ai fini della rappresentanza di alcuni segmenti della società, come
hanno confermato le elezioni dello scorso 25 settembre e come confermano quotidianamente i
vari sondaggi sul peso dei rispettivi partiti.
Ma, per fermarsi alla storica sinistra italiana, è abbastanza evidente che si è chiusa
definitivamente una fase politica nella esperienza concreta del Partito democratico. Riflessione
che, del resto, viene ripetuta con insistenza da parte della stessa maggioranza dei dirigenti
dell’attuale Pd in questo periodo congressuale. Salvo, comprensibilmente, alcuni storici capi
corrente che hanno giocato tutte le parti in commedia in questi anni e che sono legati solo ed
esclusivamente dal collante del potere. Con la presenza infinita nelle aule parlamentari e nel
Governo.
L’elemento politico che, però, merita di essere richiamato ed approfondito è che il Partito
democratico chiude definitivamente, al di là della propaganda e delle dichiarazioni burocratiche e
di rito, la stagione del “partito plurale” che era stato disegnato e costruito con il “Manifesto dei
valori” stilato nel 2007 con il contributo fondamentale e determinante di autorevoli personalità
della politica e della cultura del nostro paese come Alfredo Reichlin e Pietro Scoppola. È di tutta
evidenza che l’obiettivo politico, condiviso questo sì da tutto il partito, di ricostruire e ridefinire
l’identità, il ruolo, la funzione e la “mission” della sinistra italiana nel nostro paese, fa del Pd un
partito – o il partito – della sinistra italiana al di là e al di fuori di qualsiasi altra finalità politica. E,
questo, è un elemento importante perchè contribuisce a ridare chiarezza alla stessa politica
italiana archiviando definitamente ed irreversibilmente quella “pluralità” che aveva caratterizzato la
concreta esperienza del Pd dalla segreteria di Veltroni in poi. E la ricostruzione della sinistra,
seguendo la filiera della cultura ex e post comunista del nostro paese, può dare un contributo
decisivo anche per la stessa correttezza e trasparenza della dialettica democratica
contemporanea. Certo, poi ci sono – del tutto legittimamente – delle sfumature all’interno del
campo della sinistra italiana. Da una interpretazione di “partito radicale di massa” interpretato con
coerenza e determinazione dalla candidata alla segreteria del partito Elly Schlein, per dira con
Luca Ricolfi, ad una interpretazione altrettanto coerente e trasparente della concezione di partito
post comunista interpretata da Bonaccini. Comunque sia, e al di là delle mille “sfumature di
rosso” presenti all’interno del pianeta della sinistra italiana, è evidente a tutti – tranne a chi
continua a beneficiare di ruoli di potere e di incarichi prestigiosi – che altre culture, come ad
esempio quella popolare e cattolico sociale, sono del tutto fuori luogo e fuori tempo in quel
campo politico. E la conferma arriva proprio dalla volontà di protagonismo che sale dalla base
della tradizione e della cultura del cattolicesimo popolare e sociale del nostro paese in questa
fase storica. Un protagonismo che non può più essere inglobato all’intero di partiti o movimenti
politici che hanno un’altra ragione sociale, che perseguono un altro progetto politico e che,
soprattutto, sono espressione di un’altra cultura politica. Per questi semplici motivi, il ritorno della
sinistra italiana- semprechè si avveri nella coerenza del suo progetto politico e di governo – può
finalmente innescare un meccanismo virtuoso anche per altre culture politiche che, come ovvio,
sono “radicalmente altro” rispetto alla tradizione del post comunismo nella storia politica italiana.
Giorgio Merlo