ilTorinese

Sanità privata: confermato Perla alla presidenza regionale

 

Per il triennio 2023-2025 l’assemblea elettiva dell’AIOP ha visto numerose conferme e alcuni nuovi ingressi alla guida dell’associazione degli ospedali di diritto privato.

L’incontro è stato l’occasione per ricordare come pubblico e privato siano due ingranaggi di uno stesso meccanismo in grado di garantire un sistema sanitario nazionale efficiente.

Presente anche il Vice Presidente nazionale AIOP, che ha illustrato la bozza del nuovo statuto.

 

Per il prossimo triennio Giancarlo Perla è confermato alla guida di AIOP Piemonte (Associazione Italiana Ospedalità Privata), l’organizzazione datoriale aderente a Confindustria che nella regione conta 34 realtà, comprese strutture assistenziali e ambulatoriali, per circa 3.500 letti.

Si è infatti svolta oggi l’assemblea che ha visto la rielezione all’unanimità di Perla (al suo ottavo mandato) e quella di Fabio Marchi (Gruppo Humanitas) nel ruolo di Vice Presidente con delega al Consiglio Nazionale e quindi componente dell’esecutivo nazionale col ruolo di tesoriere e degli altri vice Paola Colloraffi (Gruppo Sansavini) e Giacomo Brizio (Città di Bra, Sant’Anna). Nella squadra dei vice nuova nomina per Roberto Rusconi (Gruppo Habilita).

Nel direttivo restano Marco Gilardone (Papa Giovanni, Villa Iris, Villa Adriana), Sergio Bariani (Gruppo Gheron), Piero Aceto (Gruppo Sansavini), Donato Corrado (San Giorgio) e al loro fianco entranoPaolo Berno (Koelliker) ed Elena Zara (Gruppo Orpea). Tra i presidenti provinciali, eletti la scorsa settimana, entra, per Novara, Emilio Iodice (San Gaudenzio). Sono confermati a Torino Emilio Giusta (Sedes Sapientiae), a Vercelli Alessandro Cagliani (Santa Rita), ad Alessandria Paola De Salvo (Città di Alessandria), a Cuneo Giacomo Brizio (Città di Bra) a Biella Clemente Ponzetti (Clinica La Vialarda).

 

L’assemblea è stata l’occasione per rinnovare l’impegno di AIOP a seguire le indicazioni della giunta regionale verso una crescente integrazione tra pubblico e privato. «Questa doppia anima del nostro sistema ospedaliero, infatti, ha già dato prova di essere vincente e, come ha recentemente dichiarato il ministro della Salute Orazio Schillaci, può rappresentare davvero la chiave per risolvere alcune criticità: lavorando sinergicamente si può rispondere con efficacia alle esigenze di prevenzione, cura e assistenza di tutti i cittadini» ha commentato Giancarlo Perla durante l’assemblea, in una giornata profondamente rattristata per la prematura scomparsa, ieri, di Josè Parrella presidente ARIS Piemonte (Associazione Religiosa Istituti Socio sanitari). «Con lui – ha dichiarato unanimemente il nuovo direttivo – abbiamo perso un amico e un grande conoscitore della sanità, insieme al quale ci siamo confrontati per 30 anni con la politica sanitaria regionale».

 

La sanità di diritto privato è un modello organizzativo che funziona. In Piemonte incide per l’8% sul bilancio della Regione ed eroga prestazioni all’incirca del 20%, costituendo modello virtuoso che si esprime anche attraverso investimenti in tecnologia, in formazione, in qualità dei servizi. Nel 2022 l’attività privata in Piemonte è cresciuta di circa il 10% rispetto al 2021, tornando al suo limite massimo di produzione, superato solo nell’emergenza pandemica, pari a 713 milioni, stanziati in base al D.L. 95/2012. Questo, di fatto, ha stabilito i tetti di spesa che oggi impediscono alle Regioni di utilizzare pienamente le potenzialità di intervento delle strutture di diritto privato accreditate, rendendo difficile il riassorbimento delle liste d’attesa e una piena risposta ai bisogni di salute espressi dal territorio. AIOP quindi auspica che si riesca a replicare l’alleanza di scopo tra strutture ospedaliere di diritto pubblico e di diritto privato accreditate, efficacemente sperimentata nella fase più critica dell’emergenza pandemica, quando queste ultime in Italia hanno messo a disposizione più di 10.000 posti letto per i pazienti Covid e 25.000 per i non-Covid, creando un valore aggiunto sostanziale.

 

«Le strutture di diritto privato sono, di fatto, una componente proattiva del Sistema Sanitario Nazionale, sempre pronta a portare in dote le sue peculiarità a vantaggio di tutti, in primis dei pazienti» ha ricordato Perla. Restano aperte sfide che vedono tutte le strutture AIOP in prima linea. Gli obiettivi primari riguardano la contrazione delle liste di attesala riduzione della mobilità passiva, ovvero il flusso di cittadini piemontesi costretti a curarsi in altre regioni, e la promozione dell’eccellenza piemontese su scala nazionale, favorendo una crescente mobilità attiva, ovvero pazienti di altre regioni che scelgono il Piemonte.

 

L’incontro ha visto anche la presenza di Gabriele Pelissero, Vice Presidente AIOP nazionale che la illustrato la bozza del nuovo statuto di AIOP, ripensato per rendere l’Associazione più attenta alle attuali esigenze della sanità, integrando attività ospedaliere e socio sanitarie, e rivisto per aggiornare le logiche associative di una rappresentanza iscritta a Confindustria. La versione finale sarà presentata all’assemblea nazionale prevista a Lecce per metà maggio.

Morta 19enne nell’incidente La conducente rischia omicidio stradale

Una giovane di 19 anni  di Lombriasco, trasportata in gravissime condizioni ieri notte al Cto di Torino, a seguito di un incidente in cui sono rimaste coinvolte altre due ragazze, è deceduta in ospedale per le gravi ferite. Non era alla guida della Peugeot 208, uscita fuori strada abbattendo due pali della linea telefonica sull’ex statale 663 a Ceretto di Lombriasco. La conducente è una 23enne di Lombriasco, rimasta ferita lievemente con una 18enne di Polonghera. Ora rischia l’accusa di omicidio stradale. Le indagini dei Carabinieri della Compagnia di Moncalieri  riguardano le condizioni psicofisiche della giovane alla guida.

Come in un film, auto si ribalta sulla tangenziale

Questo  pomeriggio due veicoli si sono scontrati sulla tangenziale di Torino, nei pressi dello svincolo di Borgaro Torinese e del raccordo autostradale. A causa dello schianto  una vettura si è ribaltata sulla corsia. Si sono verificate  code e rallentamenti alla circolazione ed è stata bloccata la tangenziale nord in direzione nord Milano-Aosta.

 

Il 14 marzo del 2004 la rete n. 200 di Baggio

Accadde oggi

Il 14 marzo del 2004,Roberto Baggio, uno dei più forti calciatori italiani di tutti i tempi, stabiliva un record personale di grande livello: nella partita di Serie A tra Parma e Brescia siglò la rete numero 200 della sua carriera.
L’ex viola segnò la rete del definitivo 2-2 allo stadio “Tardini”. I padroni di casa passarono quasi subito in vantaggio con Carbone, Di Biagio siglò la rete del pareggio 1-1. Nella ripresa il Parma ripassò in vantaggio con Marchionni ma ad un quarto d’ora dalla fine pareggiarono le rondinelle bresciane grazie al grande Baggio che segnò con un sinistro perfetto ed imprendibile per il portiere Frey.

Enzo Grassano

Rinasce lo stabilimento Fiorentini a Torino

Riconversione e novità nel vecchio sito produttivo, che l’azienda delle gallette e snack non abbandona, anzi rilancia con un prodotto fortemente strategico:
Peanut butter, la crema di noccioline fatta in Italia da Fiorentini, a partire dalla tostatura

Fiorentini Alimentari annuncia ufficialmente la riapertura del suo vecchio stabilimento di Torino, da cui l’azienda si era trasferita nel 2019 per insediarsi nella nuova sede d’avanguardia a Trofarello, nella prima cintura di Torino. Con un investimento di 5milioni di Euro per la riconversione del sito produttivo originario, l’azienda specializzata nella produzione di gallette e snack sani, leggeri, gustosi e pensati per soddisfare diverse esigenze di benessere, diversifica e amplia la produzione con una linea interamente dedicata al Peanut Butter, la crema di arachidi.

Un ritorno alle origini nel segno della continua innovazione per Fiorentini Alimentari, che ha scelto di riaprire i battenti dello stabilimento dove dal 2002 ha iniziato la produzione di sostitutivi del pane e snack salutistici, grazie all’intuizione di Adriana Gasco e Roberto Fiorentini, AD e Presidente dell’azienda. Furono loro ad avere l’idea di puntare su questa nicchia di mercato, scelta che in meno di vent’anni ha portato l’azienda ai vertici nazionali del settore. L’azienda fa rivivere oggi la sede di Torino con una nuova linea produttiva interamente dedicata al Peanut Butter, la crema di arachidi in tre versioni (100% arachidi, Creamy e Crunchy), strategica per una crescita ulteriore dell’azienda, che nel 2022 ha superato il traguardo importante dei 100 milioni di fatturato.

Sono trascorsi appena quattro anni dal trasferimento dell’intera produzione nell’attuale stabilimento di Trofarello – commenta il Presidente Roberto Fiorentini – che abbiamo progettato in gran parte con nostre idee interne, incluse le linee, realizzando opere di forte innovazione tecnologica che ci consentono di raggiungere alti livelli di efficienza e grandi risparmi e riutilizzo di energia e risorse. Lo abbiamo fatto in uno dei momenti più difficili della nostra storia: lo scoppio della pandemia e il primo lockdown. Siamo quindi molto soddisfatti ed emozionati di poter annunciare la realizzazione di questo nuovo progetto e di riportare a nuova vita il vecchio sito di Torino, che dedichiamo interamente alla preparazione, dalla tostatura dell’arachide al barattolo finito, della nostra crema di noccioline, che rappresenta in chiave attuale la nostra filosofia di sempre e il nostro approccio alle novità alimentari.” 

 

Altamente automatizzato, l’impianto Fiorentini di Torino ha una capacità produttiva fino a 1500 kg/ora. In questa prima fase, l’impianto soddisfa l’intera produzione a marchio Fiorentini, a cui potrà aggiungersi la produzione per le marche private della grande distribuzione.

Il rilancio del vecchio stabilimento conferma la volontà dell’azienda di restare e continuare ad investire nel suo territorio di origine. Nella riattivazione del sito produttivo, l’azienda ha privilegiato il coinvolgimento dei dipendenti residenti in zona.

Da sempre pioniera dei prodotti ad alta valenza salutistica e all’adattamento di gusti “esotici” alle abitudini italiane, Fiorentini è stata la prima azienda ad importare in Italia oltre vent’anni fa, quando ancora era considerato un prodotto di nicchia, il burro di arachidi protagonista di numerose pellicole cinematografiche americane. L’importazione si è poi trasformata nel 2018 in produzione a marchio proprio in chiave salutistica affidata ad un produttore esterno. Anche in questo caso Fiorentini non si è limitata ad imitare una ricetta, ma ha scelto di rivisitare la formula sviluppando una propria ricetta più “healthy”, con un alto contenuto di arachidi (oltre il 90%), senza zuccheri aggiunti, né olio di palma e glutine.

Partendo dalla tostatura delle arachidi senza guscio provenienti dall’Argentina – le migliori per proprietà alto-oleiche e l’ottimo sapore naturalmente dolce e tostato – il processo produttivo continua con la macinatura che trasforma le noccioline direttamente in crema, la quale viene confezionata tal quale per la versione 100% arachidi oppure arricchita di pochi semplici ingredienti per creare le versioni Creamy e Crunchy. Pochi semplici passaggi per un prodotto che sta entrando sempre più nelle abitudini di consumo degli Italiani.

Come anche le gallette di mais, diventate ormai un sostitutivo del pane, ma che nei primi anni Duemila, quando dopo averle scoperte in un viaggio in Australia la famiglia Fiorentini ha iniziato a produrle per prima in Europa, erano una novità assoluta, diventata in pochi anni il primo vero grande successo dell’azienda piemontese. Mais e riso sono a tutt’oggi le materie prime principali utilizzate in produzione, da sempre a prevalente origine locale (Piemonte e regioni limitrofe).

La crema di arachidi è naturalmente fonte di proteinespiega la Sales & Marketing Manager Simona Fiorentini, che con la sorella Fabrizia rappresenta la quarta generazionee soddisfa la tendenza dei prodotti rich-in. La ricerca di prodotti altamente proteici sta crescendo a ritmi davvero importanti. Una tendenza che in qualche modo avevamo previsto, onorando il dnainnovatore dei nostri fondatori, che ci ha permesso di essere pronti oggi con uno stabilimento interamente dedicato a questa tipologia di prodotto.

Inoltre – continua ancora Fiorentini – l’aspetto più significativo dal punto di vista salutistico è che si tratta di una crema ricca di grassi insaturi. I grassi in essa contenuti contengono un’elevata quantità di acido oleico, grasso monoinsaturo tipicamente contenuto nell’olio extravergine di oliva, ma che nella crema di arachidi alto oleica è contenuto in percentuale addirittura maggiore.

Con il 39% delle quote a valore e il 43% a volume, oggi Fiorentini Alimentari è leader del mercato della categoria Peanut Butter, comparto che sta continuando a crescere e solo nel 2022 ha registrato un +40% rispetto all’anno precedente. 

Il “Premio Gianmaria Testa 2023” al cantautore pescarese Domenico Imperato

 

Moncalieri (Torino)

Cantautore e produttore musicale pescarese (già “Premio Fabrizio De André nel 2014”, due dischi pubblicati, “Postura Libera” nel 2014 e “Bellavista” nel 2018) è il giovane Domenico Imperato il vincitore del moncalierese “Premio Gianmaria Testa 2023”. Dopo aver superato la selezione di oltre 170 brani provenienti da tutt’Italia, Imperato si è imposto sugli altri cinque finalisti, con il brano inedito “Sorridi”, nella cerimonia di premiazione tenutasi al “Teatro Superga” di Nichelino, grazie al giudizio della giuria presieduta da Eugenio Bennato e ottenendo una targa e un premio di 1.500 euro oltre a un’esibizione che si terrà a settembre durante il Festival “Ritmika 2023” al “Pala Expo” di Moncalieri. Al duo folk – rock di origini siciliane “Corimè” ( i fratelli Roberto e Maurizio Giannone) è andato invece il “Premio speciale per la migliore esibizione dal vivo”, per la loro interpretazione di “Extra Muros” di Gianmaria Testa.

Non credo assolutamente che uno faccia musica – ha dichiarato Imperato – con la missione di vincere gare e concorsi, ma questo riconoscimento, in questo momento, fa tanto bene. Ringrazio tutte le persone che mi seguono ai concerti e che hanno speso delle buone parole per me e la mia musica. Ringrazio, nonostante tutto, anche chi non mi ha capito e chi non mi ha voluto: piano piano riusciremo a capirci“.

Durante l’evento, inserito all’interno della 43esima edizione del Premio Letterario“Città di Moncalieri”, organizzato dall’Associazione Culturale “Saturnio”, ha avuto luogo anche la premiazione dei poeti vincitori della “Sezione Silloge Edita”, ovvero della friulana (oggi residente fra Torino e Milano) Mary Barbara Tolusso con “Apolide” (Mondadori) e il milanese Marco Balzano con “Nature Umane” (Einaudi).

Sono contrario alle giurie – ha sottolineato Bennato prima di chiudere la serata con la sua esibizione dal vivo – e questa sera a maggior ragione, perché ci sono cinque finalisti che hanno fatto cinque esecuzioni splendide sia nell’inedito che nel brano di Gianmaria Testa. Ho sentito tanta arte, tanta musicalità, tanta bravura per cui vorrei in questo momento vigliaccamente tirarmi fuori e dire: hanno vinto tutti”.

L’evento più intenso e suggestivo della serata, nata per ricordare il cantautore-ferroviere, “il più francese dei cantautori italiani” (nativo di Cavallermaggiore e scomparso ad Alba proprio sette anni fa), è stato l’esibizione dal vivo di Neri Marcorè che, attraverso le sue canzoni ha reso omaggio alla poetica di Gianmaria Testa, accompagnato da Domenico Mariorenzi(pianoforte e chitarra) e Stefano Chiabrera(violoncello). Infine, nella stessa serata, è stato annunciato che grazie a “Egea Music” e “Produzioni Fuorivia” si realizzerà un cd con le canzoni inedite dei cinque finalisti e la loro interpretazione del brano di Gianmaria Testa, scelto da ognuno di loro per l’interpretazione live, che sarà distribuito in tutta Italia e diventerà una sorta di importante biglietto da visita del “Premio”.

g. m.

 

Nelle foto:

–       Gianmaria Testa

–       Domenico Imperato

–       Mary Barbara Tolusso

La Fontana Nereide e l’antichità ritrovata

Oltre Torino. Storie, miti, leggende del torinese dimenticato.

Torino e l’acqua

Le storie spesso iniziano là dove la Storia finisce.

Il fil rouge di questa serie di articoli su Torino vuole essere l’acqua. L’acqua in tutte le sue accezioni e con i suoi significati altri, l’acqua come elemento essenziale per la sopravvivenza del pianeta e di tutto l’ecosistema ma anche come simbolo di purificazione e come immagine magico-esoterica.

1. Torino e i suoi fiumi
2. La Fontana dei Dodici Mesi tra mito e storia
3. La Fontana Angelica tra bellezza e magia
4. La Fontana dell’Aiuola Balbo e il Risorgimento
5. La Fontana Nereide e l’antichità ritrovata
6. La Fontana del Monumento al Traforo del Frejus: angeli o diavoli?
7. La Fontana Luminosa di Italia ’61 in ricordo dell’Unità d’Italia
8. La Fontana del Parco della Tesoriera e il suo fantasma
9. La Fontana Igloo: Mario Merz interpreta l’acqua
10. Il Toret piccolo, verde simbolo di Torino

5. La Fontana Nereide e l’antichità ritrovata
Ancora una volta alla scoperta di una Torino magica e misteriosa. Ci troviamo all’interno dei Giardini Reali, ormai molto curati e ristrutturati; siamo appena poco lontani da Piazza Castello, una delle storiche piazze torinesi, e intanto il sontuoso Palazzo Reale ci protegge dall’andirivieni turistico e ci immerge in un’atmosfera ovattata, silenziosa e del tutto piacevole. Eccoci in un altro luogo poco conosciuto ma meritevole di essere visitato, purtroppo richiesto da pochi, in genere dagli appassionati di esoterismo che vanno in cerca dell’ingresso delle celebri grotte alchemiche.
Torino è colma di dettagli curiosi, mostruosi volti in pietra che si affacciano da sotto i cornicioni, diavoli in bronzo che proteggono portoni massicci, vi sono persino piccoli occhi a fessura che da terra spiano cosa accade in superficie. Numerosi sono i crocevia in cui si dice che si siano svolte vicende strane e bizzarre, e altrettanti sono i luoghi misteriosi in cui si tenta di individuare un ingresso o un passaggio. La fontana Nereide o dei Tritoni è appunto una delle tappe del tour del mistero.

Proprio al centro della parte recintata dei Giardini Reali si scorge una vasca in marmo bianco con la Fontana di Nereide e dei Tritoni. La composizione vede la ninfa, seduta con il busto in lieve torsione e un braccio volto quasi a indicare Palazzo Reale, come figura perno attorno alla quale si ergono i tritoni, creature marine che hanno la parte alta del corpo simile a quella di un uomo, quella bassa a forma di pesce. La collocazione della fontana risale al 1758.

È una creazione scultorea gioiosa, che esalta la giovinezza e la vita, in cui uno degli elementi principali è proprio l’acqua, componente che rimanda al mito greco delle Nereidi, figlie di Nereo, divinità marina, e dell’oceanina Doride. Le Nereidi e Doride sono, nella tradizione classica, amiche e confortatrici dei naviganti, identificate anche con le lente e lievi onde del mare in bonaccia.
Si tratta di un’opera realizzata secondo il gusto barocco, vengono messi in risalto i corpi muscolosi e torti dei tritoni, e le forme morbide e aggraziate della ninfa. La scena realizzata da Simone Martinez, nipote di Filippo Juvarra, esprime appieno la sensazione di tumulto e movimento, come se i protagonisti dell’opera stessero emergendo da un mare in tempesta, con i muscoli tesi, i capelli mossi dal vento e il viso proteso per guardare oltre l’acqua salmastra.

Quanto oggi posiamo ammirare è in gran parte opera dell’architetto André Le Nôtre, già attivo alla corte di Versailles per committenza dei Borbone e rispecchia quella che era una caratteristica dei giardini nobiliari europei: i giochi d’acqua e le prospettive floreali. Già al tempo di Carlo Emanuele I e Vittorio Amedeo I di Savoia il giardino aveva subito notevoli ampliamenti, ma è dal tardo Seicento che si avranno, con il lavoro del De Marne, i veri e propri splendori.

L’opera è certamente meravigliosa e già questo basterebbe a soddisfare l’ipotetico visitatore, in cerca delle bellezze torinesi, eppure c’è altro che tale fontana può raccontarci.
Dicono le leggende popolari, che camminare tre volte intorno alla vasca della fontana porti fortuna, ma dicono anche che proprio nelle vicinanze della stessa fontana si trovi la scala di accesso alle grotte alchemiche. Tale passaggio sarebbe sorvegliato costantemente da una creatura marina benevola, uno di quegli esseri elementali che prendono forma solo dopo essere stati “pensati”, si dice che ancora oggi il guardiano invisibile sia lì a portare avanti il suo compito di osservatore e custode.

Tra gli appassionati di esoterismo molti sono quelli che giocano a cercare le grotte alchemiche, luoghi considerati come porte tridimensionali, all’interno delle quali sarebbe possibile passare da una dimensione materiale a una immateriale e, sempre all’interno di esse, si troverebbe la celebre pietra filosofale.Quindi, se non siete di fretta, rimanete ancora un pochino all’interno dei giardini, aspettate che la maggior parte della gente si allontani e infine aggiratevi per tre volte intorno alla fontana e provate a scorgere qualche angusto ingresso segreto. Se non lo trovate, vorrà dire che il piccolo guardiano marino non si è fidato di voi e allora potrete consolarvi con un fresco aperitivo, in una delle più belle piazze di Torino.

 

Alessia Cagnotto

Il Bastone e la Carota

IL PUNTASPILLI di Luca Martina 

La sequela dei buoni dati economici pubblicati negli ultimi mesi hanno convinto, gli investitori che la recessione non è poi così probabile, specie negli USA, favorendo un inizio d’anno molto positivo per i mercati finanziari. 

Quelle che potrebbero sembrare ottime notizie hanno però avuto l’effetto (scontato) di rinfocolare l’attenzione, e la conseguente preoccupazione, della banca centrale americana. 

La prima funzione degli istituti nazionali è quella di proteggere il valore (il potere d’acquisto) della moneta, messo seriamente a rischio dall’ancora elevata inflazione. 

L’aumento dei prezzi, infatti, riduce la capacità di spesa dei redditi: quello che riusciamo ad acquistare oggi è inferiore a quanto potevamo fare un anno fa. 

Per calmierare la dinamica inflazionistica le principali banche centrali hanno da tempo ricominciato ad alzare i tassi d’interesse, rendendo così più costosi i prestiti (per famiglie ed aziende) con lo scopo di ridurre la domanda di beni e servizi e, in questo modo, calmierare i loro prezzi. 

La Federal Reserve statunitense, in particolare, ha aumentato in meno di dodici mesi i tassi ufficiali dallo zero (dove erano rimasti inchiodati per due anni) al 4,5% ma l’economia statunitense ne ha sinora risentito assai poco. 

Possiamo quindi facilmente comprendere la frustrazione dei signori della moneta di fronte all’ apparente inefficacia della stretta posta in essere.

Questo stato d’animo è stato chiaramente espresso dal capo della Fed, Jerome Powell, che una settimana fa ha rovesciato acqua gelata sugli investitori mettendo in chiaro che la sua missione non si potrà ritenere compiuta sino a quando l’inflazione non scenderà al livello desiderato (fissato, convenzionalmente, nel 2%). 

Il messaggio è stato che la carota/taglio dei tassi d’interesse sventolata per anni davanti al cavallo/economia è stata ormai sostituita dal bastone/aumento dei tassi e gli investitori non possono fare altro che prenderne atto con dispiacere. 

Le borse, meccanismi che riflettono il valore delle società quotate sulla base dei loro utili futuri attualizzandoli con tassi di sconto più elevati, hanno quindi lasciato sul terreno in pochi giorni buona parte dei risultati accumulati nei primi due mesi dell’anno. 

Lo stesso è avvenuto per i mercati obbligazionari, vittime della ben nota relazione inversa tra i tassi d’interesse (in risalita) ed i loro prezzi (in discesa). 

La nostra Europa aveva per la verità risentito sino ad agli ultimi giorni molto poco di questi scossoni “americani”. 

Nel nostro continente prevale ancora, a differenza degli Stati Uniti, una grande prudenza: l’inflazione è anche qua elevata ma il suo calo è supportato da un quadro economico ancora estremamente incerto e quindi sembra essere assai meno giustificato un “animus pugnandi”, a voler mulinare il bastone, da parte delle BCE.  

In questo contesto si è appena profilata all’orizzonte la sagoma inconfondibile di quello che Nassim Nicholas Taleb avrebbe definito un “cigno nero”; un evento non previsto, poco probabile ma dalle conseguenze potenzialmente disastrose. 

Nella ricchissima California la banca delle start up e di molte delle aziende più dinamiche ed innovative, la Silicon Valley Bank, si candida ad essere la prima vittima illustre del repentino aumento dei tassi d’interesse. 

Occorre ricordare che durante la pandemia, tra il 2020 e il 2021, la liquidità affluita alle banche statunitensi è stata enorme e solo in minima pare è stata utilizzata per concedere prestiti: il grosso è stata “parcheggiata” in emissioni obbligazionarie.  

Le regole contabili prevedono due possibili metodi di valorizzazione di questi titoli nei bilanci bancari: al loro prezzo di acquisto (“held-to-maturity”, HTM, detenute cioè fino alla loro naturale scadenza) o a quello di mercato (“available-for-sale”, AFS, attività che possono essere rivendute prima del loro rimborso). 

A fine 2021 molte banche americane hanno in buona parte scelto di valutare le obbligazioni a più lunga scadenza (più rischiose perché più sensibili alla variazione dei tassi) come HTM (evitando così di dovere mettere a bilancio le possibili perdite di valore dovute al rialzo dei tassi), riducendo la componente AFS dal 75% al 50%. 

Come spiegato precedentemente, la risalita dei tassi d’interesse ha prodotto il peggior calo delle obbligazioni degli ultimi quarant’anni e, con esso, l’erosione degli attivi investiti in essi delle banche, il cui valore è in buona parte “mascherato” dalla loro valutazione a prezzi di acquisto (ben inferiori a quelli reali).

Il caro denaro ha creato inoltre seri problemi proprio alle aziende più innovative e alle startups che nella loro fase di lancio non dispongono di mezzi finanziari e non sono in grado di produrre utili (gli investimenti iniziali sono ingenti e richiedono spesso molti anni prima di essere ripagati dai risultati) 

Il prezzo dato al tempo e alla pazienza dei finanziatori (l’interesse da pagare alle banche), che era nullo solo un anno fa, è tornato ad essere un onere insostenibile per tante società della “valle del silicio” ponendole a serio rischio di fallimento e riducendo la liquidità presso le loro banche. 

A farne le spese è stata la SVB che, dopo avere subito per quattro trimestri consecutivi un calo dei depositi dei propri clienti, è stata costretta a fare liquidità e a vendere (in perdita) parte dei titoli (quelli trattati come AFS) in portafoglio. 

Questo non è stato però sufficiente e la SVB si è ritrovata priva di capitali e con l’impossibilità di vendere altri titoli (gli HTM vanno conservati sino a scadenza) o di ottenere la fiducia dei mercati finanziari (per niente intenzionati a finanziare un aumento di capitale) e, quindi, costretta a chiudere.

Ora i mercati temono che la banca californiana possa non essere stata la sola a patire di questa venefica accoppiata di tassi in rialzo e massicce perdite degli investimenti obbligazionari e certamente non ha aiutato il fatto che altre due banche, la Silvergate, specializzata in criptovalute, e Signature Bank, che investiva nelle valute virtuali, abbiano dichiarato bancarotta negli stessi giorni. 

E’ stato subito chiaro a tutti che il rischio “sistemico”, di un allargamento a macchia d’olio dei fallimenti, andava evitato a qualunque costo e lo schieramento compatto di governo americano, Federal Reserve e Fdic (la Federal Deposit Insurance Corporation, che assicura il rimborso dei clienti sino ai 250.000 dollari) ha garantito immediatamente che i clienti coinvolti non perderanno nessuno dei circa 300 miliardi di dollari depositati. 

Com’è noto, infatti, il maggior rischio per gli istituti finanziari è la fuga dei propri clienti che si affollano agli sportelli per richiedere la restituzione del loro denaro che le banche non hanno materialmente a disposizione (detenendone solo una piccola parte, in contanti, per i prelievi).

Nel caso della SVB durante la sola giornata del 9 marzo un quarto del totale dei depositi, pari a 43 miliardi di dollari su 173 totali, erano stati prelevati dai correntisti presi dal panico ed il rischio era quello di vedere ripetersi la scena per molte altre banche per il semplice (ingiustificato) timore di non essere in grado di tornare in possesso del proprio denaro. 

Vedremo nei prossimi giorni se le misure annunciate saranno sufficienti a fare tornare la calma.  

Per ora a prevalere è il nervosismo e a trascinare al ribasso i listini sono proprio le azioni delle banche e le scosse di questo terremoto si sentono con forza anche nelle piazze europee. 

E’ presto per dire se davvero si tratta di un cigno nero, segnale di allarme sugli effetti di un (troppo) repentino aumento dei tassi dopo molti anni di (troppo) bassi tassi d’interesse, o solo di episodi isolati di cattiva gestione (provocati da operazioni speculative e mancanza di adeguati controlli). 

ln quest’ultimo caso l’esito finale sarebbe quello di avere “ripulito” i mercati dall’eccesso di ottimismo con il quale avevano iniziato l’anno per poi tornare a brillare una volta chiaro che il rallentamento economico (già in atto, seppure ancora sottotraccia) ha definitivamente invertito la corsa dei prezzi. 

Per qualche tempo il bastone sarà probabilmente messo a riposo, così da consentire alla situazione di stabilizzarsi e di porre le basi per una ripartenza del ciclo economico nella seconda metà dell’anno. 

Nel frattempo, gli effetti della stretta creditizia sull’economia reale e sull’inflazione (ci vogliono normalmente almeno 18-24 mesi dall’inizio del ciclo di rialzo dei tassi) potrebbero dispiegarsi rimettendo così le cose a posto. 

Nella speranza che le bastonate ricevute possano diventare un utile insegnamento per il futuro, in grado di farci apprezzare meglio le gustosissime e salutari carote. 

Dal Comune di Torino un aiuto all’Ucraina

Nel seduta di ieri  del Consiglio Comunale di Torino, è stato approvata all’unanimità (29 voti favorevoli su 29 consigliere e consiglieri presenti) una mozione (primo firmatario: PietroAbbruzzeseTorino Bellissima) che impegna il Sindaco e la Giunta Comunale a incoraggiare l’invio in Ucraina di abiti pesanti, coperte e altri indumenti attraverso gli enti del Terzo settore e a ricercare e inviare generatori e altre fonti di energia autonoma con l’aiuto delle società partecipate comunali.

Il documento invita anche a pubblicizzare attraverso i sistemi mediatici del Comune di Torino e quelli esterni queste iniziative, coinvolgendo volontariamente consigliere, consiglieri e dipendenti comunali.

Non bisogna ridurre l’attenzione sul conflitto in Ucraina – ha affermato Pietro Abbruzzese – e occorre dare un aiuto concreto per affrontare le temperature ancora rigide.

Il caffè sospeso, tradizione e solidarietà

Non si hanno notizie certe di come sia nata questa azione gentile e solidale, questo semplice gesto di amicizia e calore nei confronti dell’umanità, quel che è certo invece è che il suo valore attualissimo è riconosciuto e adottato in diverse parti del mondo

Lo scrittore Riccardo Pazzaglia scriveva di una tradizione che nasceva a Napoli tra amici generosi che al momento del conto pagavano un doppio caffè, pur avendone consumato uno solo,  dicendo al barista di tenere il secondo in sospeso, magari per chi non poteva permetterselo.

Luciano De Crescenzo gli ha dedicato persino  un libro dove racconta di questa usanza partenopea, che è anche una filosofia di vita. “Quando un napoletano è felice per qualche ragione, invece di pagare un solo caffè ne paga due, uno per sé e uno per il cliente che viene dopo”. “E’ come offrire un caffè al resto del mondo” scriveva.

In ogni caso, trascurando i particolari sulla sua origine, il caffè sospeso  è sicuramente una bella manifestazione di solidarietà, con paternità tutta italiana, che, benché abbia il vestito di una piccola azione, è un forte simbolo di altruismo, di speranza e di sostegnosociale. Come abbiamo visto in precedenza, parlando per esempio di problematiche significative come il degrado urbano, affrontare tematiche importanti partendo da ciò che ci appartiene o aiutando chi vediamo in difficoltà proprio con i nostri occhi è una maniera concreta ed efficace per combattere quei problemi che spesso ci sembrano troppo grandi e lontani per essere trattati.

Passeggiando per le vie della nostra bella città, come in giro per tutta la nostra penisola, è consueto, entrando nei locali o passandoci semplicemente davanti, vedere contenitori dedicati a questo caffè solidale ed essere complici di questa azione benevola è facilissimo, basta lasciare qualche moneta e andare via, anonimamente responsabili di una bella opera.

Il 10 dicembre , grazie alla Rete del Caffè Sospeso che la promuove , è la giornata del  ‘O cafè suspiso, che nasce con l’obiettivo di estendere il più possibile questa bella consuetudine che è felicemente in uso anche in altri paesi come la Spagna, il Canada, la Francia, la Bulgaria, la Finlandia, la Russia, il Belgio e l’Argentina.

A noi che conduciamo una vita normale, dove il significato di normalità assume sempre più quello di straordinarietà, compiere una azione così piccola non costa nulla, per coloro che la ricevono invece, soprattutto se le loro possibilità sono scarse e la loro vita difficile, diventa un dono importante che può cambiare una giornata buia in una con po’ di fiducia in più nel genere umano.

 

Maria La Barbera