Una nuova rapina da parte di una baby gang a Torino. Questa volta è avvenuta in via Nigra, nel a Borgo Vittoria, dove un ragazzo di 20 anni è stato aggredito con violenza. Alcuni giovani lo hanno circondato e preso a pugni sul volto, fino a farlo svenire. Gli hanno rubato 170 euro e sono fuggiti. Quando si è ripreso, il malcapitato ha chiamato i carabinieri. Poi è stato trasportato all’ospedale San Giovanni Bosco. I carabinieri della stazione Barriera Milano sono riusciti a identificate due degli aggressori, un 19enne e un 17enne senza fissa dimora.
È stata denunciata dai carabinieri una donna di 48 anni residente nel Vercellese. Dopo accertamenti e indagini a seguito della querela presentata da una pensionata di 86 anni residente a Candelo i militari hanno denunciato la badante italiana, ritenuta responsabile di furto aggravato in abitazione ed indebito utilizzo di carta di credito, con la quale sono stati prelevati 1000 euro dal conto dell’anziana.
NOTIZIE DAL PIEMONTE
Forte vento a Torino Chiamate ai Vigili del fuoco
Sono già pervenute diverse segnalazioni ai vigili del fuoco da parte di cittadini per il forte vento che dalla tarda mattinata di oggi soffia su Torino. Chiusi tutti gli ombrelloni dei dehors in centro città, mentre pezzi di cartone, bottiglie di plastica e anche le sedie più leggere dei bar “svolazzavano” per strade e piazze. Particolare attenzione deve essere prestata per eventuali rami pericolanti. C’è da sperare che le folate di vento ripuliscano l’aria dallo smog.
In questa foto un alberello sradicato in via Nizza
Al teatro Gioiello, sino a domenica prossima
Con “Liolà” del 1916 Luigi Pirandello abbandonò quel gruppo di commedie che sino ad allora aveva scritto in dialetto siciliano, per aprirsi al panorama nazionale prima ed europeo poi con una produzione che avrebbe dato vita ai capolavori che conosciamo. E sempre per molte occasioni affidandosi al mare magnum delle sue “novelle per un anno”, un bagaglio narrativo, grottesco, spirituale, filosofico in cui già avevano trovato posto e continuavano a trovare i tanti personaggi (“È mia vecchia abitudine dare udienza, ogni domenica mattina, ai personaggi delle mie future novelle”) che dalla pagina scritta sarebbero stati per così dire “sceneggiati”, saggiando con successo la strada del palcoscenico. Il primo quanto innovativo caposaldo di questa seconda fase – che trova altresì all’inizio fervido terreno nelle condizioni mentali della moglie Antonietta Portulano e nel disastro economico che la portò al centro della pazzia – è “Così è (se vi pare)” del giugno dell’anno successivo, che l’autore trasse con qualche cambiamento e con felici aggiunte da “La signora Frola e il signor Ponza suo genero”, ritratto di una provincia squallida e gretta alla ricerca, come in un giallo che si rispetti e che abbia tutte le carte in regola, di una verità che ognuno dei personaggi costruisce in autonomia, nella ricerca affannosa della autentica identità della moglie del nuovo segretario di Prefettura.
Quante signore Frola ha visto nei vari decenni l’appassionato di teatro, quanti signori Ponza, quanto s’è divertito davanti al caustico filosofeggiare dei diversi Lamberto Laudisi che si sono avvicendati in palcoscenico. Sempre tutti davanti alla ricerca di una verità, della Verità onnicomprensiva, e allo smacco finale, alle tre sonore risate che ad opera del “raisonneur” Laudisi chiudono gli altrettanti atti della commedia, al cicaleccio ossessivo e al pettegolezzo e quasi alla ferocia con cui nel paese dove sono riparate le tre anime tormentate – s’aggiunge ai due di quel titolo la donna del mistero -, dopo che un terremoto ha distrutto il loro piccolo paese del centritalia, e con esso i documenti e le testimonianze e le notizie tutte che potrebbero far completa luce, si spera di chiarire lo scandalo che attanaglia i cuori e le menti; far luce sullo strano comportamento del Ponza che tiene segregata la moglie impedendole di vedere, se non da lontano, uno sguardo e qualche letterina posata in un panierino che viene sceso e rialzato dal balcone di casa, la vecchia madre, con l’affermazione che la donna rinchiusa è la sua seconda moglie e la signora Frola è una povera pazza che la crede sua figlia, mentre le parole dolorose della vecchia Frola stanno a sostenere che non è vero che sua figlia sia morta e che il pazzo è lui che la credette morta al tempo di un ricovero in una casa di cura, dovendosi all’occasione dar vita ad un secondo matrimonio per fargli accettare la moglie al suo ritorno dalla clinica.
È chiaro che ogni regista – Ferrero, De Lullo, Sepe, Ferro, Castri, De Fusco, Dini e quanti altri – ha voluto imporre la propria cifra. Geppy Gleijeses porta al Gioiello sino a domenica la propria edizione, edificata scenicamente (da Roberto Crea) in un compatto gioco di specchi, perfetto e pirandelliano sino al midollo, entro cui ognuno scorge il suo doppio, uno spazio buio all’interno del quale i personaggi maggiori s’annullano, entro cui la maschera finale appare e scompare, in una bella idea di triplice rifrazione, un rifrangersi a cui Laudisi indirizza il proprio celebre monologo in un impatto di confronto e di sfida. Ma ad inizio, dopo aver preso a prestito alcune frasi dalla novella “Tragedia di un personaggio” – che avrebbe incanalato nel ’21 la tragedia dei sei personaggi -, rifacendosi al Fileno pirandelliano con la sua “Filosofia del lontano” e all’intuizione di Giovanni Macchia che parlava di “cannocchiale rovesciato” circa la visione dell’Uomo e del mondo da parte del drammaturgo, affida al videoartist Michelangelo Bastiani la creazione di una mezza dozzina di ologrammi “assolutamente tridimensionali” a raffigurare in una grandezza di una sessantina di centimetri quell’assaggio di popolino che vibra a tratti all’unisono nella continua ricerca. Racchiude in quell’espediente, per una buona ventina di minuti le prime tre scene del primo atto: e a chi scrive è sembrato davvero troppo, ridondante, negativo. E un’idea di troppo. Con l’arrivo della signora Frola tutto torna agli abituali binari e, togliendo ancora qualche trovatina registica che vorrebbe spingere il pubblico ad un facile sorriso (il versante “comico” di Pirandello sta ben altrove, sta nello spirito di Laudisi, nella sua filosofia e nel suo sberleffo, sta nel suo infiocchettato sarcasmo e nel suo tenersi fuori, come all’interno di una torre d’argento, dal contesto generale, sta in quel suo decretare la scoperta e il raggiungimento della parola che mette fine a ogni dubbio, sta in quel ”Siete contenti?” che rivolge ancora allo spettatore di oggi, un ritratto che la grandiosa interpretazione – di quelle interpretazioni fatta a volte di piccoli tratti, basta un sospiro, un impercettibile movimento, un occhiata tra il serio e il sornione: godetevi quel piccolo capolavoro di intarsio che è la chiacchierata con le pettegole Cini e Nenni – di Pino Micol rende in tutta la sua perfezione), la serata si fa corposa e lo spettacolo si pone a fianco dei tanti di cui in passato si è definito il successo.
Accanto al Laudisi di Micol, la Frola di Milena Vukotic, remissiva e affabile, la tristezza negli occhi ma anche la ricchezza dei sorrisi, ma anche scatti di risentimento rappreso e rabbia verso chi perseguita il loro segreto, soprattutto capace di lasciar trasparire il desiderio di protezione che nutre nei confronti del genero: anch’essa applauditissima dalla sala strapiena di pubblico. Non ultimo certo per merito Gianluca Ferrato, un signor Ponza che forse ha abbandonato un certo selvaticume immesso nel personaggio dai tanti che l’hanno preceduto, ma reso più umano, pieno di commiserazione, teatrante perfetto nella recita di follia che ha a sostenere davanti all’uditorio convocato, forte e appassionato. Come gli esserini iniziali, fuori misura le musiche di Teho Teardo, mentre efficiente è il coro radunato a “violentare” le tre povere vittime (d’altronde con quanta forza Macchia ha parlato per il teatro pirandelliano di “stanza della tortura”: un compito qui afferrato appieno dall’intera compagine).
Elio Rabbione
Nel corso delle attività investigative condotte dalla Polizia di Stato, volte al contrasto del traffico internazionale di stupefacenti, nella mattinata del 21 febbraio , a Torino, veniva arrestato un uomo di origine maghrebina, regolare sul territorio nazionale, ritenuto responsabile dell’illecita detenzione di circa 190 chilogrammi di hashish.
In particolare, gli investigatori della Sezione Antidroga della Squadra Mobile acquisivano notizia del probabile arrivo, presso l’interporto “Sito” di Orbassano, di un ingente quantitativo di hashish, proveniente dalla Spagna, destinato anche al mercato di Torino.
Sin dalle prime ore del giorno, gli investigatori approntavano un servizio di osservazione, di soggetti e mezzi potenzialmente riconducibili al traffico. L’attività veniva premiata quando il personale di polizia, nel piazzale antistante al distributore di carburanti , riconosceva un maghrebino, già noto agli inquirenti per una precedente condanna passata in giudicato in materia di stupefacenti, che si aggirava con fare sospetto all’interno del parcheggio.
Da quel momento l’attività si focalizzava sui movimenti dello straniero, che subito dopo veniva visto salire a bordo di un furgone a noleggio ed allontanarsi dal luogo.
Gli investigatori davano quindi corso ad un servizio di pedinamento lungo la tangenziale nord e successivamente in c.so Regina Margherita, dove il furgone attenzionato, all’intersezione con c.so Tassoni, veniva bloccato e sottoposto a controllo.
La perquisizione del veicolo consentiva di rinvenire una pedana contenente numerosi sacchi di pellet provenienti da Malaga (Spagna), al cui interno erano stati occultati 190 chilogrammi di hashish, suddivisi in panetti da 50 e 100 grammi cadauno. L’autista del mezzo veniva quindi tratto in arresto.
I successivi accurati ed approfonditi accertamenti eseguiti sul mittente e sul destinatario della pedana rinvenuta all’interno del predetto furgone, segnalati sulla bolla di accompagnamento della merce, consentivano di appurare che analoghi colli erano stati recentemente stoccati presso alcuni magazzini e di procedere conseguentemente all’ulteriore sequestro di oltre 1.500 chilogrammi della stessa sostanza stupefacente.
L’intero quantitativo, ammontante quindi a 1.700 chilogrammi di hashish, rappresenta uno dei più rilevanti sequestri di narcotico di questo tipo, operato dalla locale Sezione Antidroga; il valore della sostanza sequestrata, al dettaglio, secondo gli attuali costi di mercato, avrebbe fruttato all’organizzazione criminale oltre 6 milioni di euro.
Quanto è importante la leadership in politica? E come utilizzarla per promuovere il cambiamento? Volt, il partito paneuropeo, propone un workshop al CAP10100 dove si parlerà di leadership adattiva, community organizing e di tanti altri temi con informazioni pratiche e momenti interattivi per conoscere la leadership e sapere come renderla motore di cambiamento.
A condurre l’evento ci saranno i co-presidenti di Volt Italia Eliana Canavesio e Gianluca Guerra che parleranno anche della loro esperienza e dei metodi adottati da Volt in tutta Europa per una partecipazione politica attiva e ampia.
L’appuntamento è per sabato 11 marzo alle ore 16:00 al CAP10100, corso Moncalieri 18.
Non solo 8 Marzo: i “diritti” della donna
Le giornate “a tema”: giuste? Non giuste? Esagerate? Noiose?
Forse la risposta corretta è la stessa che mi dà tuttora mio padre quando gli pongo un interrogativo: “dipende”.
Fino ad oggi non ero sicura di voler trattare dell’8 marzo, la “Giornata internazionale dei diritti della donna”, poiché so già essere tantissime le notizie riguardanti tale ricorrenza, tante quasi quante sono le mimose che verranno regalate da amici, parenti e fidanzati. Non ero certa di volermi tuffare in questo flusso di articoli, letture e opinioni che ogni anno divampano in rete in tale peculiare giornata marzolina.
Alla fine tuttavia mi sono decisa: sì, forse è il caso di parlarne.
A farmi cambiare idea è stata una mia classe, perché alla fine parte sempre tutto da loro, dai ragazzi, da queste persone in miniatura – è un eufemismo, molti sono già più alti di me – che con focosa ingenuità e bonaria bramosia si accingono ad entrare a far parte del mondo degli adulti.
Si parlava a scuola “del giorno della donna”, del perché si festeggia, se fosse cosa opportuna, se e perché si continui a discorrere di questa fantomatica lotta per la parità dei diritti.
In particolare mi ha colpito una classe, i cui studenti hanno voluto partecipare attivamente al dibattito, mettendosi in gioco senza filtri e gridando – nel vero senso del termine- le proprie opinioni; sono sempre molto felice quando si instaurano tali momenti di confronto, eppure alcune asserzioni mi hanno lasciata perplessa: secondo alcuni allievi “non tutti i mestieri sono adatti alle femmine”, secondo altri “la donna è più importante nella famiglia perché è quella che vuole più bene ai figli”, oppure “il papà deve lavorare, la mamma tiene in pancia il bambino”; dall’altra parte le femminucce non sono state tacite ad ascoltare: “le donne sono migliori degli uomini!”, “noi sappiamo fare più cose, molte anche insieme!”.
Insomma, un’arena degna dei bei tempi andati del Colosseo.
Di certo nessuna convinzione nasce dal niente, queste certezze lapidarie da qualche parte dovranno pur derivare, ma non sono qui per dare giudizi, al contrario per discutere, porre domande, riflettere.
E la mia conclusione è stata appunto che forse due parole a proposito di questa faccenda è bene farle, perché, per quanto non lo vogliamo accettare, questi “ragazzini” sono e saranno i cittadini di domani, ed è quindi ora che inizino a ragionare con la propria testa e non per sentito dire.
Certo è difficile parlare di femminismo oggi, in una società che apparentemente aborra le distinzioni di genere, deturpa la scrittura con asterischi e schwa, declama la non sottomissione ad alcuna categoria, agogna l’uguaglianza e intanto si soffoca tra il pullulare di nuove definizioni, termini e subdole etichette che a mio parere di inclusivo non hanno granché.
Forse è vero che è tutto più complesso rispetto ad una decina di anni fa: l’informazione incessante, l’inclusione forzata, la censura mascherata da “politically correct”, il ritmo della vita sempre più frenetico, le fake news, l’esperienza virtuale, “i likes”. La perdita della manualità, del concreto, del rapporto diretto.
Si generalizza, ovviamente, eppure in questo marasma informe, sta di fatto che, a proposito di diritti femminili, dalla Pankhurst siamo passati alle influenser che non si fanno la ceretta.
Senza nulla togliere agli idoli giovanili, mi sento in dovere di citare qualche “vecchia gloria”, perché forse un po’ la bussola la stiamo perdendo.
Ognuno ha il proprio linguaggio prediletto, il mio rimane quello dell’arte, ed è dalle artiste del Secondo Novecento che voglio far partire la mia riflessione.
Sono gli anni Sessanta, divampano i movimenti civili, accresce il desiderio di cambiare la società, dal punto di vista artistico si gettano le basi per il movimento artistico-attivista femminista che avrà il suo apice negli anni Ottanta. Spiccano alcune voci femminili che vogliono, attraverso il proprio lavoro, influenzare la cultura, deturpare gli stereotipi e creare nuovi spazi comunicativi.
Il linguaggio dell’arte diviene mezzo espressivo di un punto di vista nuovo sulla società contemporanea, nonché occasione per discutere e denunciare ingiustizie e disuguaglianze.
Tale movimento femminista si caratterizza – così come in genereale l’arte di quell’epoca- per la ricerca sperimentale di nuovi e numerosi medium, primo fra tutti l’uso del corpo: nascono la Performance, gli Happenings e la Body Art.
Accomunano Performance e Body Art una evidente forza comunicativa, attraverso la quale il messaggio arriva in modo violentemente diretto allo spettatore, sfruttando una sorta di rapporto “faccia-a-faccia” con il pubblico, che è colpito visceralmente, grazie ad un contatto impattante e privo di alcuna censura.
Numerose artiste utilizzano poi la Videoarte, nel tentativo di innescare una vera e propria rivoluzione mediatica.
Il corpo, nello specifico il corpo femminile, diviene principale campo di battaglia, attraverso la tensione della carne si mette in scena l’imperfezione, il dolore, la discriminazione sociale e politica, grazie alla sconcertante e fastidiosa nudità si è forzatamente costretti a prendere in esame la problematica della sessualità, della ricerca d’identità, del consumismo, della moda che diventa dogma morale e imposizione stereotipata.
I nomi che si fanno portavoce di tali esperienze sono assai numerosi, così come lo sono quelli delle artiste che ancora oggi perseguono i medesimi obiettivi e continuano a indagare l’infinita complessità della discriminazione – solo per citarne alcune, Kara Walker, Jennifer Linton e Mary Schepisi.-
Ritengo davvero interessente notare come tuttora il medesimo corpo femminile sia ancora protagonista indiscusso della scena: senza eccessivi voli pindarici basti pensare agli outfit di Chiara Ferragni al Festival di San Remo, oppure a quanta attenzione è stata data alla ricerca estetica di numerosi cantanti, il cui aspetto ha destato sicuramente più attenzione della performance canora – e cito Rosa Chemical solo per esemplificare al massimo.-
Quanto scalpore dunque per questi corpi modificati da piercing e tatuaggi, quanto clamore per un vestito sul quale troneggiava una nudità intelligentemente portata sul palco.
Forse non siamo ancora pronti per la “modernità”, o forse tale “modernità” non è poi così qualificata come la percepiamo, perchè il mio timore è sempre lo stesso, ossia che rimaniamo in superficie, sfioriamo le problematiche senza scandagliarle nel profondo, non abbiamo abbastanza tempo per indagare, così esplicitiamo giudizi banali e proponiamo soluzioni già viste. Sembra proprio che la vacuità estetica rispecchi una sorta di frivolezza sociale, che, permettetemi, stride non poco con le ricerche artistiche e sociali dei periodi addietro.
Impossibile a questo punto non citare Carolee Schneemann, classe 1939, statunitense, protagonista di celebri performance, tra le quali “Up to and including her limits”, in cui Carolee è nuda e appesa ad un gancio, ondeggia nell’intento di resistere il più possibile, mentre traccia sul pavimento con un pennello i segni della propria oscillazione. È sempre lei la provocante autrice di “Interior scroll”, una lettura ad alta voce del suo stesso componimento “Cezanne, She Was A Great Painter”, scritto su una pergamena arrotolata che l’artista estrae poco alla volta dal suo sesso. Questo il suo modo di “combattere il patriarcato.”
Provocante ai limiti del visivamente sostenibile è il lavoro di Gina Pane. Le sue performance si basano sull’utilizzo di lamette e spine che vengono conficcate nella carne sanguinante; per Gina il corpo femminile è una cassa di risonanza sociale, in bilico tra maternità e interiorità, costantemente sottoposto al dolore che caratterizza l’esperienza umana. La sua poetica ben si evince in “Azione sentimentale”, in cui Gina stacca le spine di un bouquet di rose e se le inserisce lentamente lungo le braccia, oppure in “Le lait chaud”, quando l’artista si taglia la schiena con un rasoio ed è addirittura fermata dal pubblico che le impedisce di ferirsi il volto.
Una delle opere che prediligo è “My Bed” di Tracey Emin, un’installazione realizzata per la prima volta nel 1998, un lavoro nato a causa della fine di una relazione amorosa e testimone di un frammento di vita dell’artista stessa. L’opera è costituita dall’accumulo di diversi oggetti posti sopra e attorno ad un letto, biancheria intima, vestiti, bottiglie di alcolici, anticoncezionali, vecchie polaroid e mozziconi di sigarette; la versione originale prevedeva anche una bara su cui era posizionato il letto medesimo e un cappio che pendeva dal soffitto. La stessa Trecy così esplicita il significato del suo operato: “Nel 1998 mi lasciai con il mio compagno e trascorsi quattro giorni a letto, a dormire, in uno stato di semi-incoscienza. Quando mi svegliai, mi alzai e vissi tutto il caos che si era ammassato dentro e fuori dalle lenzuola.” Un amore finito, un’esperienza così personale eppure comune a tutte, che prende forma senza timore di rappresentare lo sconquasso del sentimento.
E infine c’è “Lei”, la regina della performance, Marina Abramovic, madre indiscussa della Body Art, una delle donne più conosciute della scena contemporanea, una vera e propria rock star dell’arte.
Marina da sempre indaga la dinamica dei rapporti e del sentire umano, lo fa offrendo completamente il corpo agli spettatori, come in “Rhytm 0”, esibizione svoltasi a Napoli nel 1974: Marina si espone e si dona al pubblico, è inerme e circondata da oggetti di varia natura che le persone sono invitate ad utilizzare su di lei; la performance termina in maniera agghiacciante, alcuni le tagliano via i vestiti, altri la graffiano, la tagliano e c’è addirittura chi le mette in mano una pistola carica. Il tutto dura sei ore, alla fine l’artista fuoriesce dal ruolo di vittima sacrificabile, di persona-oggetto e aspetta il confronto con gli astanti che però si dileguano velocemente, incapaci di spiegare logicamente la brutalità insita nell’essere umano.
Si potrebbe continuare a lungo, citando la ricerca di queste artiste e moltre altre, ma qui si tenta solo di filosofeggiare, non di impartire lezioni approfondite.
Così mentre il corpo e l’estetica rimangono gli strumenti prediletti per continuare a combattere le ingiustizie, le discriminazioni e le disparità, forse è cambiata la forza con cui sferziamo i colpi per i nostri diritti.
Alessia Cagnotto
Ieri due senza fissa dimora sono rimasti intossicati dopo essersi entrati nelle cantine di un edificio e aver cucinato accendendo un fuoco con i pochi mezzi a disposizione, in corso Molise a Torino.I condomini si sono accorti del fumo che aveva invaso le scale. I due sono stati soccorsi e trasportati al Maria Vittoria con un’intossicazione causata dall’inalazione del fumo.
Juve d’Europa! Juventus-Friburgo 1-0
Andata Ottavi di finale
Europa League
Di Maria
Un gran gol di Di Maria su un perfetto cross di Kostic decide la gara di andata degli ottavi di finale di Europa League.La squadra bianconera ha provato in più occasioni a trovare il raddoppio, senza però riuscire a sfondare il muro perfetto della squadra tedesca. Ospiti quasi mai pericolosi,riescono comunque a trovare il gol del pareggio con Holer, poi annullato dal VAR per un tocco di mano.
La gara di ritorno sarà tra una settimana in Germania. Si prevede una sfida non facile, visto il clima dello stadio tedesco ma la Juve parte con il vantaggio di 1 gol che dovrà esser capitalizzato al massimo. Servirà concentrazione e la squadra di Max Allegri dovrà giocare a viso aperto perché i quarti di finale sono un obiettivo raggiungibile.
Enzo Grassano
10 E 17 MARZO – SALONE DELLA BIBLIOTECA DELLA CORTE AL PARCO DELLA TESORIERA – INGRESSO LIBERO
Rassegna organizzata dal Centro di Formazione Musicale della Città di Torino in collaborazione con la Biblioteca Civica Musicale ‘Andrea Della Corte’
La sesta tessera del Puzzle Musicale, ciclo di conversazioni, ascolti e musica dal vivo, organizzato dalla Città di Torino in collaborazione con la Biblioteca Civica Musicale ‘Andrea Della Corte ‘, ha in programma nei giorni 10 e 17 marzo (dalle 17 alle 18.30) l’appuntamento con Lamberto Curtoni. Compositore e docente di violoncello e di musica da camera al Centro di Formazione Musicale condurrà il pubblico in un percorso sulla storia del suo strumento.
I due incontri da 90 minuti dal titolo ‘Il violoncello da Bach ai Beatles e oltre’ saranno a ingresso libero. Una passeggiata musicale attorno a uno strumento in grado di evolvere nelle varie epoche e che ha trovato nei secoli sempre nuove definizioni.
Curtoni accompagnerà gli ascoltatori in un viaggio che partirà dall’origine dello strumento e arriverà alle partiture di recente composizione. Due lezioni-concerto dedicate al violoncello, alla storia del repertorio e alla sua vocalità in grado di appassionare e affascinare.
LAMBERTO CURTONI
Violoncellista e compositore, laureato al Conservatorio ‘Giuseppe Verdi’ di Torino.
Si esibisce nelle più grandi istituzioni concertistiche italiane e collabora con alcuni tra i più grandi artisti del nostro tempo: musicisti, scrittori, coreografi e registi di fama internazionale. Ha inciso per Universal, Stradivarius, Egea e Warner e le sue composizioni sono edite dalla Casa Musicale Sonzogno di Milano. www.lambertocurtoni.com
Per maggiori informazioni sugli incontri del Puzzle Musicale: http://www.comune.torino.it/corsimusica/news/dal-13-gennaio-ripartono-gli-incontri-aperti-a-tutti-del-puzzle-musicale/