23 GIUGNO 2024 – La Regione Piemonte fu ricevuta in delegazione in Vaticano con il direttore della Giunta Paolo Frascisco per un incontro con Papa Francesco al quale fu presentata la partenza in terra piemontese della celebre gara ciclistica. Presenti con il Piemonte, Emilia Romagna e Toscana, protagoniste della Grande partenza dall’italia de Le Tour de France.
Comunicato stampa del Coordinamento Interconfessionale Regionale “Noi Siamo con Voi” :
“La morte fa un po’ paura ma, attraversata la porta, c’è la festa del Regno di Dio!”.
Era il 24 agosto del 2022 e così ragionava Papa Francesco intervenendo nell’aula Paolo VI, al termine di un ciclo di lezioni dedicato alla vita. Raccontava che l’uomo nella morte non perde la memoria, non abbandona la propria storia, non scioglie le relazioni in cui è vissuto sulla terra. Diceva che l’essenziale della vita, in prossimità del nostro congedo, ci appare definitivamente chiaro perché il meglio della vita è ancora tutto da vedere.
In queste parole c’è forse il senso profondo dell’impegno di noi credenti del Coordinamento Interconfessionale del Piemonte. È la grande eredità spirituale che ci lascia Francesco, l’uomo venuto “dalla fine e dalle periferie del mondo” per denunciare la cultura dello scarto, della globalizzazione dell’indifferenza, di non aver più lacrime per gli emarginati, i poveri, gli ultimi.
Noi espressione di numerose Fedi che convivono nell’armonia del dialogo, facciamo tesoro di queste parole, certi che soltanto la “filosofia” degli uomini ha dato mille nomi allo stesso Padre.
Aderiamo quindi alla veglia di preghiera indetta dal Cardinale Roberto Repole per Mercoledì 23 P.V. alle ore 20:30 nel Duomo di Torino.
Il Comitato Interfedi della città di Torino si unisce al dolore di tutti i cattolici per la morte di Papa Francesco.
Un profeta di Pace, un protagonista di autentico dialogo interreligioso, una perdita per tutta l’umanità. La sua attenzione ai più deboli, i suoi insegnamenti sulle grandi sfide della contemporaneità sono stati una testimonianza profonda del Vangelo.
Per le politiche giovanili 4,8 milioni di euro
Per le politiche giovanili uno stanziamento complessivo di 4,8 milioni di euro, di cui 3,7 milioni di fondi statali e 941 mila di fondi regionali, oltre a 244 mila di cofinanziamento mediante valorizzazione di risorse umane, beni e servizi regionali: il Consiglio regionale, presieduto da Davide Nicco, ha approvato a maggioranza il Piano triennale regionale per l’utilizzo del “Fondo nazionale 2024-2026 per le politiche giovanili”, in seguito all’intesa Stato-Regioni del 17 ottobre 2024.
La proposta di deliberazione è stata presentata per la Giunta dall’assessore Marina Chiarelli e licenziata a maggioranza il 9 aprile scorso dalla Commissione Cultura.
La somma a disposizione, ha spiegato Chiarelli, “servirà a finanziare almeno 90 progetti di inclusione sociale presentati da Comuni, singoli o associati, che aderiranno all’avviso pubblico della durata di tre mesi che verrà bandito dalla Regione. I progetti dovranno mirare ad accompagnare i giovani nel tessuto sociale e lavorativo, a svilupparne la partecipazione attiva sul territorio, a coinvolgerli nell’adozione di corretti stili di vita, ad avvicinarli alla pratica sportiva e alla difesa dell’ambiente”.
Per realizzare i progetti, destinati a coinvolgere circa 1.800 giovani e impegnarne almeno 20 a progetto, i Comuni singoli o associati potranno avvalersi della collaborazione di soggetti pubblici e del Terzo settore che si occupano di politiche giovanili.
“Qualora dovessero risultare risorse non assegnate – ha concluso – verranno riaperti i termini del bando”.
Il dibattito generale è stato aperto dalla presidente della sesta Commissione Paola Antonetto (Fdi) che ha dichiarato di “accogliere con favore la delibera, che sancisce l’impegno del Piemonte per incentivare politiche a favore dei giovani e della loro crescita: un passo concreto verso una programmazione sempre più efficace e trasparente della Regione”.
Federica Barbero (Fdi) ha evidenziato “l’importanza di diffondere sul territorio regionale progetti di inclusione sociale per i giovani, coinvolgendoli attivamente nel tessuto lavorativo, culturale e sociale”.
Silvio Magliano (Lista Cirio) ha sottolineato che “soprattutto dove ci sono meno opportunità, le politiche giovanili, grazie anche al coinvolgimento degli enti del Terzo settore, devono mirare a rendere i giovani protagonisti dei propri sogni, del proprio futuro e del futuro del nostro Paese”.
Emanuela Verzella (Pd) ha rilevato “la necessità di tenere in considerazione, nei progetti, due aspetti fondamentali: un adeguato supporto soprattutto alle realtà più isolate e a rischio marginalità e stimolare la presenza delle Consulte giovanili nella coprogettazione degli interventi”.
Prima della votazione del provvedimento il Consiglio ha approvato tre ordini del giorno. All’unanimità i due presentati rispettivamente da Valentina Cera (Avs) per impegnare la Giunta a istituire in tempi rapidi il Registro delle Associazioni giovanili piemontesi e da Giulia Marro (Avs) per impegnare la Giunta a valorizzare la partecipazione delle Consulte provinciali degli studenti, delle Consulte giovanili comunali e dei Consigli comunali dei ragazzi e delle ragazze. A maggioranza quello di Fabrizio Ricca (Lega) per impegnare la Giunta a sostenere la prosecuzione del progetto “Ogni giorno è il Giorno della Memoria” e dei progetti legati al Giorno del Ricordo mediante appositi bandi rivolti a enti locali e soggetti del Terzo settore.



TORINO TRA LE RIGHE

Nino the mischievous elf an incredible Christmas adventure of friendship and magic
linktr.ee
|
IL PUNTASPILLI di Luca Martina
Alcuni storici ritengono che Hitler non avesse alcuna intenzione di scatenare una guerra mondiale (ignorando il rischio di vedere schierato contro di sè tutto il mondo occidentale).
Fu il lassismo e la sottovalutazione dei rischi da parte degli altri paesi europei (sancita dalla Conferenza di Monaco) a consentire alla Germania di occupare impunemente, a partire dal1938, l’Austria (annettendola), la Polonia e, via via, gli altri Paesi che riteneva dovessero appartenere alla Germania rendendo quindi inevitabile l’esplosione di un conflitto su scala globale.
Detto per inciso: gli Stati Uniti erano in quegli anni nel pieno di un’ondata isolazionista, concentrati sulla ripresa del loro Paese, fiaccato dalla Grande Depressione e dalla politica economica protezionista varata sotto la presidenza Hoover (lo Smoot-Hawley Tariff Act impose dazi fino al 59% sulle importazioni Usa) che non aveva fatto altro che prolungarne la durata.
Il New Deal del presidente Roosevelt, varato nel 1934, stava allora faticosamente cercando dispiegare i suoi effetti, anche attraverso la firma di trattati di libero scambio, ma l’opinione pubblica (la Depressione ancora lungi dall’essere dimenticata) era decisamente ostile ad un coinvolgimento in un conflitto così lontano dai confini americani ed estraneo ai suoi interessi.
Venendo ai giorni nostri, non sappiamo se la dichiarazione di guerra (commerciale) pronunciata da Trump derivi da una inconsapevolezza delle sue potenziali conseguenze, se sia una precisa strategia (mal concepita) di “conquista” dei mercati mondiali o semplicemente un passo, più lungo della gamba, della volontà di imporre agli altri Paesi le sue regole di negoziazione.
Quello che è certo è che gli atti di ostilità commerciali (e si spera restino solo tali) si stanno moltiplicando con una violenza impensabile anche solo pochi mesi fa e la possibilità di una decisa contrazione degli scambi internazionali (uno dei maggiori motori della crescita mondiale degli ultimi ottant’anni), dalle conseguenze imprevedibili, è diventata estremamente reale.
Non voglio dilungarmi oltre sull’analisi di quanto sta ponendo in atto l’inquilino della Casa Bianca in quanto diventerebbe obsoleta prima ancora che l’inchiostro abbia il tempo di asciugarsi…o così almeno si sarebbe detto nell’era della carta stampata.
Quello che volevo affrontare è, invece, il comportamento dei mercati finanziari.
È ben noto come gli investitori detestino le situazioni d’incertezza: è impossibile attribuire un valore ad un’azienda (è questo che fanno i mercati azionari attraverso le loro quotazioni) se non si riesce a prevedere quale sarà il loro andamento futuro e con quale livello dei tassi di interesse si attualizzeranno i loro flussi di cassa futuri (il valore di una somma percepita va riportata ad oggi, scontandola per un tasso di interesse).
Quando sta avvenendo costituisce senza dubbio il massimo livello di indeterminatezza alla quale abbiamo mai assistito e fa impallidire le crisi russa e dei paesi asiatici dei primi anni ‘90, la bolla dot-com del 2000 e la grande recessione del 2007-8 nonché l’esplosione della pandemia scatenata dal Covid.
Stiamo parlando di quella che verrà probabilmente ricordata come la prima recessione consapevolmente (?) auto-indotta.
Come reagire di fronte a un simile salto nell’ignoto? L’unica arma in possesso degli investitori è quella di vendere ciò che è in loro possesso, provocando così pesanti ribassi dei listini.
La discesa dei prezzi ha, a sua volta, effetti devastanti sulla psicologia dei risparmiatori (gli studi in materia di Kahmeman e Tversky hanno fruttato loro un Nobel per l’economia nel 2002) e questo scatena nuove ondate di panico e nuove discese dei prezzi.
Il meccanismo è destinato ad esaurirsi quando l’incertezza si riduce o, nel caso peggiore, quando le vendite hanno svuotato completamente i portafogli degli investitori più emotivi.
Va infatti, ricordato, per citare Warren Buffet, che “il mercato azionario è un meccanismo (infernale, n.d.r.) per trasferire la ricchezza dagli impazienti ai pazienti” e che occorre “essere impauriti quando gli altri sono avidi e avidi quando tutto sono impauriti”.
Un altro vecchio e pur sempre valido adagio di Wall Street recita, infatti, che i mercati salgono inerpicandosi sui ripidi muri delle preoccupazioni (“markets climb a wall of worry”).
Ma, si sa, la storia, la logica e il sano buon senso tendono ad essere ignorati quando ci si convince (non sempre a torto) che a governare i mercati (e il mondo) sia l’imponderabile.
Eh sì perché mai avevamo assistito a qualcosa di assimilabile agli eventi delle ultime settimane e assai raramente la reazione dei mercati era stata così scomposta.
Ma allora chi ha ragione? Chi vende per evitare atterraggi ancora più duri, conseguenti ad un salto nel vuoto, o chi si tappa le orecchie, come Ulisse, per evitare di essere ammaliato (terrorizzato) dalle sirene (di allarme)?
Nel breve termine, spesso vendere diventa una via d’uscita non solo ragionevole, serve per alleggerire il pesante fardello psicologico delle notizie che quotidianamente funestano umore e portafogli, ma anche corretta (se non si vende sui minimi assoluti, per qualche tempo si avrà la sensazione di essere usciti “bene”, viste le circostanze).
Nel medio e lungo termine, al contrario, si potrebbe trattare (la storia insegna, anche se sul futuro non possiamo avere certezze) di una scelta inopinata in quanto le fasi negative (correzioni temporanee o più prolungati “bear markets”) sono sempre state brillantemente superate: l’economia prima o poi migliora, e con lei i profitti aziendali, e il progresso (sociale, tecnologico…) riprende il suo cammino senza guardarsi troppo indietro.
In questo momento i mercati stanno indicando chiaramente la via da seguire, “suggerendo” la negoziazione di tariffe ragionevoli (se proprio devono essere imposte) e consentendo coì all’economia di evitare di subire più di una semplice “recessione tecnica” (di breve durata), ritornando velocemente al suo percorso di crescita che potrebbe essere rinforzata presto dal completamento dell’agenda elettorale, composta in larga parte da tagli delle tasse e deregolamentazioni.
Ma cosa succederà allora nella situazione assolutamente unica che stiamo vivendo?
Occorre, innanzitutto, ricordare che tutto passa e che il presidente degli Stati Uniti non è un sovrano assoluto.
Questo significa che buona parte delle decisioni del presidente devono essere approvate o possono essere bloccate dal Congresso.
Purtroppo il “Trade Act of 1974”, una legge approvata dal Congresso durante la presidenza di Gerald Ford, attribuisce al presidente l’autorità di imporre dazi allo scopi di proteggere le industrie domestiche dalle importazioni estere (Safeguard Measures: acciaio e pannelli solari sono stati in passato oggetto di dazi per questo motivo), come risposta a pratiche scorrette (Unfair Trade Practices: una di queste è il caso dei dazi sulle esportazioni USA superiori a quelli imposti dagli Stati Uniti) o per proteggere la sicurezza nazionale (National Security: nei confronti delle importazioni che minaccino l’approvvigionamento da parte delle industrie nazionali di settori chiave, come quello militare o aerospaziale).
Ciononostante, in un Paese democratico è difficile (vorrei dire impossibile) governare a lungo senza il consenso del proprio corpo elettorale (e dei rappresentanti eletti) e da qualche settimana la compattezza della maggioranza repubblicana incomincia pericolosamente a scricchiolare.
Inoltre, a novembre 2026 le Midterm elections rinnoveranno tutta la camera dei rappresentanti ed un terzo dei senatori oltreché una buona parte dei governatori: arrivare a quella data nelle attuali condizioni porterebbe ad una severa sconfitta del partito del presidente (che ha promesso di cancellare l’inflazione e di innescare un boom economico) tramutandolo in una goffa e impotente “anatra zoppa” per il resto del suo mandato.
Questo potrebbe creare una situazione di stallo nell’economia (con un forte rischio di stagflazione, bassa crescita ed inflazione) o, nel caso più favorevole, incoraggiare al ritorno al tavolo negoziale, correggendo e limitando gli errori fatti nei primi mesi del nuovo mandato.
L’azione del presidente è ancora una volta la dimostrazione che cercare di forzare i meccanismi dei liberi mercati genera instabilità, incertezze e un danno economico (lo si vedrà nei prossimi mesi) e finanziario (già “contabilizzato” da azioni e obbligazioni).
Infatti, gli impatti disordinati delle forzature (è bastato l’effetto annuncio dei dazi) si sono già potuti vedere chiaramente non solo sui prezzi delle azioni (come ricordato in precedenza) ma anche sui tassi di interesse, sul tasso di cambio e sui prezzi delle materie prime.
La prospettiva di una guerra commerciale all’ultimo sangue con la Cina pone a rischio la sottoscrizione in massa delle emissioni di bond statunitensi (lo si è ben osservato nel balzo dei tassi delle scadenze più lunghe). Questo, unitamente alla possibilità che i forzieri cinesi decidano di iniziare a vendere parte dei titoli governativi statunitensi detenuti, rende più oneroso il debito e rischia così di avere un effetto recessivo.
Il dollaro, in balia dei timori sulla sua futura centralità negli scambi internazionali, sembra a sua volta avviato ad indebolirsi ulteriormente e ad essere così meno attrattivo per gli investitori.
Le materie prime risentono, infine, del peggioramento delle prospettive economiche e, nel caso del petrolio e del gas naturale, della possibilità di un eccesso di produzione sollecitato dall’agenda di Trump (Drill, baby, drill).
Gli Stati Uniti hanno costruito la propria grandezza sul libero mercato e pensare di renderla “nuovamente grande” riportando in auge pratiche protezioniste sembrava fin dall’inizio una pessima idea.
Farlo con i modi propugnati in questi primi mesi di presidenza rischia davvero di generare delle conseguenze molto severe per l’economia mondiale.
Per fortuna, sembra proprio il caso di dirlo, un presidente non è per sempre (il mandato è quadriennale) e i danni provocati da una mal concepita politica economica sono destinati ad essere limitati: possono essere molto gravi ma contenuti nel tempo e, perciò, non arrivare a cambiare in modo irrimediabile il mondo che ci sembrava di conoscere così bene, a partire almeno dalla fine della Seconda guerra mondiale.
Siamo certamente in viaggio verso una Terra Incognita e chissà dove ci porterà ma la storia insegna che proprio uno di questi viaggi ha consentito, per puro caso, la scoperta del continente nel quale si è sviluppata poi la prima superpotenza del pianeta; proprio quella dalla quale provengono adesso segnali così preoccupanti…
Agli investitori spaventati e disorientati non si può allora altro che ribadire il mantra reso celebre dallo sfortunato film “Il corvo”: non può piovere per sempre…
Pur gocciolanti e infreddoliti non rimane che attendere che in cielo si riaffacci il sole che, anche se accecati dalle gocce d’acqua non lo vediamo, è sempre lassù, sornione e sorridente, dietro le nuvole, pronto a tornare a risplendere.
La versione originale, in lingua inglese, di questo articolo è stata pubblicata al seguente indirizzo: https://en.irefeurope.org/publications/online-articles/article/terra-incognita/ dall’Institute for Research in Economic and Fiscal Issues (IREF)
La Reale Mutua Fenera Chieri ’76 riparte da Ilaria Spirito. È lei la prima conferma per la stagione sportiva 2025/2026, la sua quarta sotto l’Arco e la seconda da capitano.
Il libero classe 1994 di Albisola, la scorsa estate vincitrice con la nazionale seniores di Julio Velasco delle medaglie d’oro nella VNL e nei giochi olimpici di Parigi, continuerà dunque a scrivere altre pagine importanti insieme al club biancoblù di cui con 132 partite è già la sesta giocatrice con più presenze nella storia, preceduta soltanto da Valentina Soriani (218), Chiara Burzio (177), Kaja Grobelna (167), Silvia Bersighelli (157) ed Elena Perinelli (135).
Leggi l’articolo completo:
Torino, 19.04.2025
Il Festival dell’illustrazione Di-Se
Dal 3 maggio all’8 giugno Domodossola ospita la quinta edizione
Torna la quinta edizione del Festival dell’illustrazione Di-Se a Domodossola, in provincia di Verbania, in programma da sabato 3 maggio a domenica 8 giugno. Un appuntamento che, anno dopo anno, sta diventando tra i più originali e vivaci all’interno del panorama nazionale. Un festival giovane che continua a sorprendere e a costruire una frizzante rete di artisti e creativi intorno al tema del disegno e dell’illustrazione, potenti strumenti per riflettere e raccontare il mondo che ci circonda. L’edizione 2025 fa parte del grande Inter Italia Svizzera “Sensibilizz-arte’, dove l’arte è vista come uno strumento di sensibilizzazione, che fa parte di un progetto transfrontaliero triennale che vuole unire arte, cultura, tradizioni, natura per promuovere un turismo sostenibile e consapevole.
Tra laboratori d’arte, workshop, incontri dal vivo,e talk, il progetto e il festival intendono portare nel nord del Piemonte alcuni dei protagonisti più interessanti della scena culturale internazionale. Questo primo appuntamento segna l’inizio di un ricchissimo programma e percorso culturale sempre a ingresso libero pensato per un pubblico di tutte le età e che si protrarrà oltre l’estate. Cuore della manifestazione come sempre le sontuose sale del collegio Mellerio di Domodossola dei padri Rosminiani, che quest’anno si arricchiscono di una novità. Per la prima volta saranno visitabili anche le ex cucine.
Sabato 3 maggio inaugurazione delle quattro mostre principali di questa edizione alle 18.30 e inaugurazione alle ore 10 della grande mostra mercato Plein Air, che ritorna ad animare il centro di Domodossola fino alle 18 come negli anni precedenti.
Nel refettorio e nella sala Liberty si terrà la mostra Continente di carte di Manuele Fior, a cura di Gianluca Folí, capace di unire la precisione architettonica al lirismo oggettivo, creando racconti visivi pregni di complessità e di bellezza.
Al museo di Scienze Naturali la “Montagna in mano” di Andrea Guerzoni, un’esplorazione profonda tra organismi viventi, elementi naturali e cambiamenti climatici. In biblioteca “Suonala ancora bombe. Anatomia di un libro illustrato” di Marta Nijhuis. Nelle ex cucine una foresta di carta bianca, che accoglie il visitatore in un silenzio rarefatto e surreale, un’installazione immersiva che diventa al tempo stesso ambiente e performance, un viaggio attraverso una giungla artificiale fatta di fogli sovrapposti di carta intagliata a mano e veli traslucidi di carta velina. Questa la creazione “Fragilis natura silentium”, installazione site specific di Matteo Capobianco Ufo 5.
L’offerta artistica non si arresta qui ma prosegue nel circuito Off in spazi più intimi nella città di Domodossola.
La nuova edizione del Festival si apre con la grande mostra mercato Plein Air. Dopo il successo dello scorso anno il centro storico di Domodossola, tra la via Motta e le piazze Chiossi e Fontana, si trasforma in una piccola Montmartre con trenta artisti del progetto DiSe che si riuniscono per presentare insieme i loro lavori.
Si tratta di un’occasione imperdibile per poter conoscere dal vivo le tecniche e i lavori degli artisti, sia nel caso dell’illustrazione, sia del disegno contemporaneo. Per il ricco programma di workshop, conferenze, laboratori per bambini e ragazzi, presentazioni, escursioni, si può far riferimento a IG Associazione Musei d’Ossola e FB Associazione Musei d’Ossola Di SE
Il festival è a cura di Paolo Lampugnani.
Quinta edizione Di SE presso Collegio Mellerio Rosmini, via Rosmini 24 Domodossola.
Inaugurazione sabato 3 maggio ore 18.30
Mara Martellotta