ilTorinese

Le autentiche radici dei “Sei Personaggi” pirandelliani (forse)

È uscito sugli schermi “La stranezza” di Roberto Andò

PIANETA CINEMA a cura di Elio Rabbione

“È mia vecchia abitudine dare udienza, ogni domenica mattina, ai personaggi delle mie future novelle. Cinque ore, dalle otto alle tredici.” Ovvero “la tragedia di un personaggio”, un mondo di persone e di ombre che si raccoglie nella mente di Luigi Pirandello.

 

Ovvero uno dei ritorni che abitano i momenti di solitudine di Servillo/Pirandello nella “Stranezza” che Roberto Andò ha dedicato per lo schermo alla figura del drammaturgo siciliano, alla nascita dei “Sei personaggi”, uno dei migliori film che si siano costruiti attorno al mondo del teatro, un’opera d’arte che sa unire in se stessa intelligenza e divulgazione, comicità e la grande responsabilità di un autore. Un film, uscito giovedì scorso nelle sale, che scaccia gli ultimi demoni della pandemia, che va incontro ad un pubblico che ha perso il piacere della frequentazione, che preferisce le serate tra divano e tivù, un film che riconcilia con il cinema italiano, in un lungo periodo di povertà, di piattaforme che derubano i poveri esercenti come di soggetti irrisolti e di scritture buttate via, di personaggi messi a fuoco malamente e con trasandatezza e di trascrizioni che ci portano a nuovi sguardi che poco hanno a che fare con la limpidezza della pagina. Quasi due milioni di euro superati al botteghino sino a questo momento vorranno pure dire qualcosa – “Triangle of Sadness”, Palmarès a Cannes raggranella poco più di 62mila euro -, la coppia Ficarra&Picone a trainare il loro pubblico, il secondo un piccolo gioiello di rara “semplicità” e stupore, sfavillanti, pirotecnici, felicissimi nel divertimento della loro messinscena e nel “travesti”, un Toni Servillo ancora una volta in stato di grazia (è sufficiente vederlo qui, contenuto e signorile, e confrontarlo con lo Scarpetta di “Qui rido io, gigionescamente sopra le righe), un soggetto impensato e “favoloso” (da “fabula”) e una sceneggiatura (con il regista, Ugo Chiti e Massimo Gaudioso: forse, a cercare il difetto con la lente, una macchina che si mette in moto con qualche lentezza nella parte iniziale) che più gradevole non si potrebbe, scolpita di azioni e di impagabili statuine del presepe, il servizio pieno di rispetto ad un’opera che davvero ha mutato la storia della drammaturgia.


È il 1920, quando Pirandello deve raggiungere la Sicilia in occasione del compleanno dell’amico Giovanni Verga. S’imbatte in Sebastiano Vella e Onofrio Principato, responsabili (!) di un’agenzia di pompe funebri ma anche “dilettanti professionisti” di una affollata compagnia amatoriale con cui stanno allestendo uno spettacolo. La crisi creativa dell’autore – causa non ultima, la moglie Antonietta Portulano, vive dentro tutta la sua pazzia – s’incrocia con la farsa vivacissima del duo, con le loro piccole tragedie familiari, con l’arte d’arrangiarsi di qualche impiegato comunale ad ogni richiesta d’aiuto, con la messinscena ed il debutto che finiscono con l’abbandonare la finzione scenica per addentrarsi nella realtà dei tradimenti, del malaffare, delle bugie della realtà del quotidiano. Con il piacere e il divertimento forsennato di un pubblico che fa sempre più suo quell’insperato passaggio dalle tavole del palcoscenico alla vita che lo circonda nel piccolo centro di Girgenti. Al teatro Valle, pochi mesi dopo, dietro amichevole invito dell’autore, Sebastiano e Onofrio saranno i testimoni di una nuova finzione e di una nuova realtà, che ogni sera si consuma in palcoscenico, la verità della tragedia di un padre e di una figliastra, del dolore di una madre, di una bambIna che affoga in una fontana, di un ragazzo che si spara un colpo di rivoltella. Era la rivoluzione del teatro, di cui certo, per come l’ha inventata Andò, non c’è parola nei manuali di regia: o forse è andata per certi versi proprio così. La fotografia è di Maurizio Calvesi, Fausto Russo Alesi e Galatea Ranzi vivono la disperazione del padre e della madre, un’intensa Giordana Faggiano è la figliastra, Luigi Lo Cascio il capocomico, Donatella Finocchiaro in una pennellata per la moglie pazza. Assolutamente da vedere (in attesa che Binasco ci regali, a fine stagione, la sua versione).

Calcio balilla, campionato Regioni: bene il Piemonte

 VINCE LA CAMPANIA

Sul podio anche Toscana e Abruzzo. Nella classifica finale molto bene Piemonte, Lazio, Liguria, Sardegna ed Emilia Romagna. Più di 250 gli iscritti all’evento ospitato a Livorno
Doppio l’appuntamento perchè si è giocata anche la Coppa Italia “Rollerball”

La Campania davanti alla Toscana e poi l’Abruzzo sui tre gradini del podio. Subito dietro il Piemonte, il Lazio, la Liguria, la Sardegna e l’Emilia Romagna, che deve accontentarsi di un ottavo posto.

Questa la classifica definitiva del Campionato delle Regioni, importante manifestazione di livello nazionale andata in scena negli Hangar Creativi della Città di Livorno che ha patrocinato l’evento sportivo insieme alla Regione Toscana. L’appuntamento è stato promosso dalla Licb, la Lega Italiana Calcio Balilla, e dalla FIGeST, la Federazione Italiana Giochi e Sport Tradizionali  che la scorsa estate è riuscita ad inserire questo sport praticato da sempre, e a tutte le età, tra le discipline riconosciute dal Coni, il Comitato Olimpico Nazionale Italiano.

Ma a Livorno c’erano grandi campioni. In tutto sono stati ben 250 i giocatori iscritti alla sfida tra le regioni cui sono stati affiancati anche la Coppa Italia “Rollerball” insieme ad altri tornei a partecipazione libera.

Nell’ex deposito Atl di via Carlo Meyer per quest’ultima sfida a trionfare sono stati Angelo Renna e Massimo Pergola nella categoria Veterani, Roberto Giovannini e Sabrina Luciano nella categoria Misto e Gabriele Rossoni e Lorenzo Carlini in quella Exclusive. Sempre nella Coppa Italia trionfo della coppia Boris Giuntoli e Christian Pasquini nella categoria Agonisti, Roberto Cornacchione e Federico Valsoni in quella degli Amatori e Claudia Ortu e Giorgia Ghirardelli in quella delle Femmine.

Trenta i tavoli da gioco allestiti nei ristrutturati Hangar con una mattinata, quella di venerdì 28 ottobre, che ha coinvolto anche le scuole come vuole ormai la missione di FIGeST che è sempre più quella di portare i giochi e gli sport tradizionali tra i giovani perchè degli stessi non si perda memoria.

Applauditissime la cerimonia di apertura, con la sfilata e la presentazione di tutte le regioni,  e quella delle premiazioni finali cui ha preso parte il presidente di specialità calcio balilla di FIGeST, Nicola Colacicco con il direttivo.

A fare gli onori di casa il Sindaco di Livorno, Luca Salvetti, con l’assessore Giovanna Cepparello che hanno sin da subito mostrato entusiasmo per la manifestazione.

Fondazione Gilardi: formazione gratuita con tirocinio retribuito

MASTER MËSTÉ 2022: UN’OPPORTUNITÀ PER GIOVANI FINO A 35 ANNI IN AZIENDE ARTIGIANE D’ECCELLENZA DI TORINO E DEL PIEMONTE

Dal 27 ottobre al 7 gennaio è aperto il bando per la selezione di 15 giovani che desiderano acquisire competenze e professionalità nel mondo dell’artigianato in chiave moderna, grazie al progetto ideato dalla Fondazione nata nel 2010 per volontà delle famiglie Gilardi e Mirogliocon il patrocinio della Camera di commercio di Torino, il sostegno di Fondazione Magnetto, Fondazione Creonti e Fondazione Accorsi-Ometto, e la collaborazione di Politecnico di Torino, Fondazione CRT, CNA Torino, PerMicro e Società Piemontese di Archeologia e Belle Arti.

Il rapporto sulle disuguaglianze nel mercato del lavoro in Italia (Oxfam, “Disuguitalia”, maggio 2022) evidenzia come stia crescendo la quota dei cosiddetti “NEET”, ragazze e ragazzi fra i 20 e i 34 anni che non lavorano, non studiano e non sono coinvolti in alcun tipo di percorso formativo o di avviamento al lavoro, con una percentuale allarmante di 29,4, oltre 12 punti sopra la media UE.

Anche a Torino e Provincia la fotografia della disoccupazione giovanile non si discosta molto dal trend nazionale e si incastra per contro con un fenomeno che contribuisce a peggiorare la situazione: la scarsa propensione delle aziende a investimenti in capitale umano di nuove generazioni, dovuta alle carenze della formazione professionale dei giovani, alle inefficienze di molte politiche attive del lavoro e infine al calo delle stesse imprese artigiane, con quasi 7.300 chiusure negli ultimi dieci anni. Nel primo semestre 2022 (ultimo dato disponibile, fonte: Camera di commercio di Torino) sono 59.826 quelle registrate, il 26,8% dell’intero tessuto imprenditoriale provinciale (erano il 29% nel 2011). Guardando alla ripartizione delle imprese artigiane per macrosettore di attività, il 42,6% è specializzata nelle costruzioni, unico comparto in crescita rispetto al 1° semestre del 2021 (+3,1%); seguono le imprese artigiane dell’industria manifatturiera, che – con il 18,8% del totale – registrano un calo tendenziale del -1,2%; i servizi prevalentemente orientati alle imprese (il 15,1%) e alle persone (il 13,8%), entrambi settori stabili rispetto al periodo gennaiogiugno 2021.

È in questo contesto di criticità per i giovani e per le imprese che si inserisce Master Mëstè: un’opportunità di formazione gratuita contirocinio retribuito che parte da Torino per rivolgersi ai giovani under 35 di tutta Italia che desiderano acquisire competenze e professionalità nel mondo dell’artigianato in chiave moderna e fare un’esperienza concreta che li agevoli nella ricerca di un posto di lavoro. Il progetto è ideato e promosso da Fondazione Cecilia Gilardi con il patrocinio della Camera di commercio di Torino, il sostegno di Fondazione Magnetto, Fondazione Creonti e Fondazione Accorsi-Ometto, e la collaborazione di Politecnico di Torino, Fondazione CRT, CNA Torino, PerMicro e Società Piemontese di Archeologia e Belle Arti.

Le iscrizioni al bando per la selezione di 15 borsisti sono aperte dal 27 ottobre 2022 al 7 gennaio 2023. La selezione sarà svolta da una commissione composta dai membri del Comitato Scientifico competenti per materia, dal Direttore e dall’Officer della Fondazione Cecilia Gilardi e dai referenti degli enti ospitanti. Da febbraio 2023 inizieranno le 65 ore di lezione in aula, dove verranno approfondite tematiche in ambito economico, giuridico, di comunicazione e marketing relative al mondo dell’imprenditoria artigianale. Successivamente, a partire dal mese di maggio, i borsisti svolgeranno un tirocinio pratico di sei mesi retribuito per mettere a frutto quanto appreso durante il corso in una tra le realtà artigiane d’eccellenza di Torino e del Piemonte che hanno aderito al progetto. Durante tutto il percorso i borsisti saranno affiancati da un tutor (psicologo del lavoro) che sarà anche valutatore esterno e avrà il compito di verificarne l’andamento e suggerire soluzioni a eventuali criticità.

Più nel dettaglio i corsi di formazione in aula saranno tenuti da docenti universitari, professionisti ed esperti in materia di lavoro e artigianato (Dott. Vitaliano Alessio Stefanoni, Responsabile Comunicazione C.N.A. Torino), di cultura del mestiere artigianale (acura di Fondazione Accorsi – Ometto, Museo di Arti Decorative), di buona gestione amministrativa e normativa di settore (Luigi Borgarello,Dottore commercialista e revisore dei conti), di comunicazione d’impresa (Prof. Paolo Tamborrini, docente del Politecnico di Torino), di come accedere a strumenti per il finanziamento e predisporre un business plan (a cura di PerMicro S.p.A.), di come fare scelte sul proprio futuro, pianificarlo e realizzarlo (a cura di IF Life Design).

Le realtà imprenditoriali artigiane d’eccellenza di Torino e del Piemonte coinvolte

L’elenco delle aziende piemontesi in cui si svolgeranno i tirocini conta 14 realtà d’eccellenza: Mattioli Gioielli (società orafa artigiana con sede a Torino e una tradizione di 150 anni di storia), Oscalito (azienda torinese ormai simbolo del Made in Italy per la produzione di capi d’abbigliamento da materiali riciclabili, naturali e biodegradabili e materie prime certificate), Alberto Marchetti (laboratorio del gelato artigianale fondato a Torino dal maestro Alberto Marchetti), Panacea Social Farm (Cooperativa sociale torinese che recupera l’antica filosofia di produzione del pane utilizzando in forma integrale ed esclusiva il processo di lievitazione naturale 100% con l’utilizzo dimaterie prime tracciabili ed elevati standard qualitativi per riscoprire gli antichi disciplinari di lavoro della tradizione popolare), Ziccat(cioccolateria e fabbrica di cioccolato artigianale di Torino fondata nel1958), Centro di Conservazione e Restauro La Venaria Reale(Fondazione nata nel 2005 nell’ambito dei grandi interventi di riqualificazione del complesso monumentale della Reggia di Venaria esituato negli spazi delle ex Scuderie e Maneggio settecenteschi, oggi Centro per l’alta formazione e la ricerca nel settore della conservazione del patrimonio culturale), Miserere Srl (da oltre 40 anni l’azienda èspecializzata nella progettazione e produzione di arredi in legno su misura, in grado di coniugare l’unicità dell’approccio artigianale con il design contemporaneo), Poderi Luigi Einaudi (azienda vitivinicola di Dogliani con 125 anni di storia), Teppa Mario & C. Snc (azienda per le lavorazioni artistiche artigianali realizzate con i metalli nobili con sede a Ceres), Print Club Torino (laboratorio creativo di stampa e arti grafiche dove sperimentare e condividere idee, tecniche e processi), Salumificio Ferrero (negozio storico a Cocconato d’Asti che grazie alla lavorazione artigianale, alla materia prima da filiera controllata e al clima della zona lavora carni e insaccati in modo naturale conservandoli soltanto con sale e spezie), Artegiardini (azienda agricola villarbassese nata nel 1991 molto affermata nel settore della coltivazione delle piante ornamentali, finalizzata alla realizzazione di spazi verdi), Francesco Boerio(scenografie cinematografiche), Graf Art (storica azienda tipografica fondata nel 1966 a Venaria Reale).

Il progetto Master Mëstè per giovani dai 18 ai 35 anni di tutte le regioni d’Italia è alla sua seconda edizione grazie all’iniziativa della Fondazione Cecilia Gilardi, nata nel 2010 per volontà delle famiglie Gilardi e Miroglio con l’obiettivo di sostenere i giovani più meritevoli nel loro percorso di formazione e di agevolare il loro ingresso nel mondo del lavoro attraverso borse di studio e di tirocinio in ambito universitario, sportivo, artistico e nei mestieri dell’artigianato. Nei suoi primi dodici anni di attività̀ la Fondazione ha erogato 280 borse di studio e sostenuto oltre 45 progetti speciali per un importo complessivo di circa 800.000 euro.

Con questa seconda edizione di Master Mësté ci proponiamo direplicare e migliorare ulteriormente il successo della prima, quella del 2021-’22, che ha visto ben 119 candidature per 13 borse di tirocinio e ha coinvolto 13 realtà artigiane del territorio di Torino e provincia. Nonostante il progetto fosse rivolto allo svolgimento di tirocini in ambiti di lavoro artigiano, il 40% delle candidature è arrivato da studenti con almeno un titolo di studio di laurea triennale, confermando così che l’interesse dei giovani nei confronti dei mestieri artigianali è molto forte anche tra le fasce con un livello di istruzione più elevato. L’edizione 2022 può contare invece su due borse aggiuntive, per un totale di 15 borsisti, e il coinvolgimento di 15 nuove botteghe e aziende. Perché niente ci può dare più soddisfazione di vedere un giovane che realizza il suo desiderio di trovare un posto di lavoro come sbocco naturale del percorso formativo che ha seguito.

Alessandro Gilardi, Presidente Fondazione Cecilia Gilardi

Trasformare il saper fare artigiano in un’esperienza di impresa solida e longeva è un processo complesso e difficile, senza un’adeguata formazione specialistica e un continuo aggiornamento: per questo come Camera di commercio di Torino apprezziamo particolarmente l’iniziativa Master Mëstè che propone seri percorsi di tirocinio e formazione per giovani artigiani, nella prospettiva di avvio di un’attività autonoma – commenta.Dopo molti anni di contrazione, nel torinese stiamo finalmente assistendo a un lieve recupero del numero delle imprese artigiane, soprattutto nell’ambito del settore delle costruzioni, del commercio e del turismo, un andamento che speriamo di confermare nei prossimi mesi e che rappresenterebbe una nota positiva anche in termini di autoimprenditorialità e nuovi posti di lavoro”.

Dario Gallina, Presidente Camera di commercio di Torino

Per informazioni su Master Mëstè e invio candidature: fondazionececiliagilardi.org/.

Arriva il freddo, termosifoni accesi

Da oggi, 3 novembre a Torino si può accendere il riscaldamento. Lo ha deciso il sindaco Stefano Lo Russo, visto il calo delle temperature. Ci sarà qualche limitazione: fino  al 30 novembre gli impianti potranno essere accesi al massimo per 10 ore al giorno.

Il mondo pittorico di Dora Maar, che Picasso tentò di cancellare

Alla Galleria Pirra, unartista da riscoprire

Cammino sola dentro un paesaggio. È bel tempo. Ma il sole non c’è. Non c’è lo scandire delle ore. Da molto non c’è più un amico, qualcuno che passi. Io cammino sola. Io parlo da sola.Il suo nome era Henriette Theodora Markovitch, era nata a Parigi nel 1907 da un architetto croato e da madre francese. Dal mondo verrà ricordata come Dora Maar, la musa e lamante di Picasso, per lui sarà sempre La donna che piange, lei darà il suo volto nella figura che sorregge la lanterna al centro di Guernica.

Si incontrarono per la prima volta a Parigi nel 1935, sul set di un film di Jean Renoir, lei aveva 28 anni e lartista 54, lei se ne stava seduta ad un tavolino, sulla terrazza dei Deux Magots, a Saint-Germain-des-Près, giocando con un coltellino a colpire lo spazio tra un dito e laltro delle mani, non fermandosi nemmeno davanti a qualche piccola ferita e a qualche goccia di sangue. Davanti agli occhi incuriositi di Paul Éluard che li stava presentando, Picasso le richiese i guanti insanguinati: li esporrà su una mensola del proprio appartamento. E poi iniziò una relazione, che durerà nove anni, fatta di venerazione per la bellezza di Dora ma soprattutto di umiliazioni, di gelosie, di sopraffazioni, di uno sguardo pronto a considerarla sempre lincarnazione stessa del dolore. Dietro la spinta, lobbligo, di Picasso, Dora abbandonò la fotografia in cui eccelleva – tra i Venti e i Trenta si era affermata con ritratti e pubblicità, ammirava le avanguardie, aveva incontrato Henri Cartier-Bresson, aveva frequentato i surrealisti, Bataille, Breton, Man Ray, aveva dato un nuovo corso alle sue immagini, tra collage, sovrapposizioni, solarizzazioni, fotomontaggi – per entrare nel mondo della pittura, dove certo non era in grado di competere con il genio.


Nella Parigi occupata dai tedeschi Picasso si congeda (aveva da qualche mese incontrato la giovane Fran
çoise Gilot: Tutti pensarono che mi sarei suicidata dopo che Picasso mi aveva lasciata, ma non lo feci per non dargli questa soddisfazione.), in maniera definitiva, le lascia come regalo daddio un disegno di trentanni prima, con alcune nature morte e una casa in Provenza: per Dora significa entrare in una profonda depressione, il ricovero in una clinica psichiatrica, il calvario dei numerosi elettroshock, le cure di Jacques Lacan, lisolamento e la rinuncia a esporre, lontana da tutti e da tutto, dividendosi tra Parigi e la campagna provenzale, dove alterna pittura e spiritualità, una reclusione volontaria sino a spegnersi novantenne in una casa di riposo. Era solita ripetere: Io non sono stata lamante di Picasso. Lui era soltanto il mio padrone.

Interessante la mostra che, con il titolo Dora Maar. Oltre Picasso, sta proponendo la Galleria Pirra (corso Vittorio Emanuele 82), dove le opere rappresentate mettono in luce quella natura che fu la sua fonte dispirazione principale, paesaggi che, dopo una ricercata illustrazione, virano completamente verso lastrazione, verso un mondo rarefatto in cui la donna che piange cerca un rifugio di serenità. Le opere si fanno essenza poetica, il tutto si riveste di quella poesia che Dora ha sempre frequentato e che intimamente fa parte del suo percorso artistico. Gli ultimi quarantanni di vita sono il tempo in cui indagare, sperimentare, esplorare, formulando studi preparatori e schizzi, nellimmediatezza dello svolgimento. Ogni cosa è costruita sulla scia di una passione che non è mai venuta meno, una passione e una personalità che un uomo aveva cercato di cancellare in ogni sua forma.

Elio Rabbione

Nelle immagini: Dora Maar fotografata da Man Ray, ancora Dora e Pablo Picasso colti dallobiettivo di Man Ray; opere di Dora Maar.

Apart Fair 2022, mostra d’arte ed antiquariato

Dal 2 al 6 Novembre alla Palazzina Promotrice delle Belle Arti di Torino

APART FAIR 2022,  mostra d’arte ed antiquariato, è giunta quest’anno alla sua sesta edizione e, come d’abitudine, apre la settimana dedicata alle arti nel capoluogo piemontese con quello che è divenuto un appuntamento di grande rilevanza e tra i più attesi per quanto riguarda il mondo dell’ antiquariato in Italia ed all’estero. Dal 2, giorno dell’inaugurazione, al 6 Novembre la mostra è ospitata, come per le altre edizioni, presso la Palazzina Promotrice delle Belle Arti di Torino.

E’ una sede prestigiosa quanto storica che trovò spazio nel 1914,  anno della sua costruzione, in uno dei luoghi più affascinanti ed unici della città sabauda, il parco del Valentino, a pochi metri dall’omonimo castello, oggi sede della facoltà di Architettura e luogo tanto amato da Cristina di Francia, prima Madama Reale di Casa Savoia.

 

 Sono presenti in mostra quaranta espositori provenienti da tutte le regioni italiane e dall’estero, con un ventaglio di opere che spaziano dall’archeologia al design contemporaneo negli stand che arricchiscono i due piani della mostra, in un percorso quanto mai vario e di grande fascino. Il visitatore può muoversi tra proposte, epoche, stili differenti anche per la  provenienza. Non a caso è stato scelto un tema che ne è anche il sottotitolo “ l’arte come viaggio tra i continenti nei secoli “, dove alle differenti epoche si associano le varie aree d’origine, Europa, Asia, Africa.  L’offerta si sviluppa tra quadri importanti come “ Il porto di Genova “ di Delleani ed il ritratto inedito di Emanuele Filiberto di Savoia attribuito al pittore fiammingo Adriaen Thomasz Key a tappeti e kilim orientali, da tavolini e lampade di epoca liberty a cofanetti, crocifissi ed arredi seicenteschi, sino alle moderne mappe in pelle delle metropoli più note partendo da immagini satellitari dove emergono le città nelle loro linearità spaziali.

Grande l’impegno degli organizzatori dell’evento aderenti all’A.P.A, Associazione Piemontese Antiquari di cui è presidente Aldo Ajassa, in collaborazione con ASCOM Confcommercio Torino e Provincia, con il patrocinio della Città di Torino, della Regione Piemonte e con il contributo della Camera di Commercio. Per offrire ai visitatori ed ai collezionisti una garanzia che sia sinonimo di certezza e correttezza di attribuzioni, la presenza ed il lavoro del Comitato scientifico della F.I.M.A, Federazione Italiana Mercanti d’Arte, ha evidenziato la grande attenzione ed il costante impegno dell’organizzazione. Nel salone centrale, sapientemente illuminato, campeggia un olio su tela settecentesca attribuita al veneto Simone Brentana, dal titolo  “ Cena in Emmaus “  ai cui piedi è presente un’opera contemporanea , quasi un dialogo tra secoli. E’ previsto un calendario di incontri con storici d’arte e studiosi in cui a farla da padrona sarà ovviamente l’arte nei suoi tanti aspetti, dall’antico Egitto al Novecento, da personaggi come Pietro Piffetti a riflessioni sul mondo del collezionismo.

La Presidente Ascom Confcommercio Torino e Provincia, Maria Luisa Coppa, ha sottolineato come la mostra nel suo complesso sia il risultato dell’impegno e del lavoro costante che gli antiquari svolgono durante tutto l’anno per giungere in questa sede a questi risultati perché dietro a questa mostra vi è una grande capacità di ricerca.

Patrizia Foresto                                                               

Sì al Centro, no ai partiti personali

L’eclissi progressiva del Partito democratico – un partito sempre più correntizzato e sempre più lontano dall’avere una bussola politica chiara e definita – da un lato e la sostanziale assenza di un luogo consolidato e riconoscibile dove si può e si deve praticare una autentica e credibile “politica di centro” dall’altro, sta creando le condizioni per un’area culturale come quella Popolare e cattolico sociale di organizzarsi a livello locale e, soprattutto, a livello nazionale. Come si suol dire, sono radicalmente cambiate le condizioni politiche generali e il nuovo assetto, scaturito dal voto del 25 settembre, non può non dare vita ad un processo di scomposizione e di ricomposizione del quadro politico nazionale.
Ora, è un fatto abbastanza scontato rilevare che il mondo e l’area Popolare e cattolico sociale nel nostro paese è sempre coincisa con la proposta e il progetto politico “centrista”. A lungo con l’esperienza politica della Democrazia Cristiana e poi, in forma dispersa e frantumata, con le varie formazioni centriste presenti nei due schieramenti maggioritari dopo la fine e il tramonto della Dc. Ma sempre di presenza centrista si trattava. Per tornare all’oggi, però, non possiamo non rilevare che il luogo per eccellenza del Centro dovrebbe essere il cosiddetto “terzo polo” di Renzi e di Calenda. A tre condizioni, almeno a parere di molti.
Innanzitutto che il Centro e la politica di centro siano realmente il “core business” di questa formazione politica. Del resto, di fronte ad una situazione che rischia, per la precisa responsabilità della sinistra massimalista, populista e demagogica, di radicalizzare il conflitto politico riproponendo in forma aggiornata e rivista la sub cultura degli “opposti estremismi”, declinare una politica di centro diventa un asset centrale e qualificante per l’intera politica italiana, e non solo per il partito che se ne fa carico.
In secondo luogo il partito di centro non può che essere “plurale”, pena la perdita di credibilità progressiva dello stesso soggetto politico. Per essere ancora più preciso, un partito di centro è plurale se riesce ad essere la sintesi, efficace e feconda, di più culture politiche. Sarebbe quantomai curioso se, come pare intende fare Calenda, il cosiddetto “terzo polo” si riduce ad essere una versione aggiornata e contemporanea della vecchia esperienza del PRI e del PLI. Si tratta indubbiamente di rispettabilissime culture politiche ma il Centro nel nostro paese non può diventare, almeno a parere di molti, una sorta di “Partito repubblicano e post azionista di massa”. Sarebbe una operazione, questa, destinata a giocare un ruolo del tutto marginale e forse anche periferico nello scacchiere politico italiano. Sotto questo versante, e per fare un solo esempio concreto, l’apporto della componente cattolico popolare e sociale non potrà che essere decisivo e determinante per costruire il progetto politico dell’intero partito.
In ultimo, ma non per ordine di importanza, il Centro non può convivere con i “partiti personali”. E questo per una ragione persin troppo semplice da spiegare. Perchè la cultura politica che caratterizza e anima un partito di centro non può coincidere con il “partito del capo”. Quello è un modello dove la politica cede il passo ai voleri, agli umori e ai desideri del capo indiscutibile e sovrano. È, cioè, un modello incompatibile con chi punta a rialzare il prestigio e l’autorevolezza della politica, dei partiti e, soprattutto, delle culture politiche. E se dovesse prevalere un modello politico ed organizzativo di “partito personale” – cosa che, del resto, non è affatto nuova – sarebbe lo stesso progetto politico ad uscirne indebolito e, forse, definitivamente sconfitto. Perchè quando si parla di politica, di progetto politico e di cultura democratica si pensa, innanzitutto, a come declinare nel partito di riferimento il pluralismo culturale e la collegialità democratica.
Ecco perchè, per far decollare realmente, e stabilmente, un partito di centro con una credibile politica di centro, serve un partito vero. Democratico, plurale e caratterizzato da un forte e qualificato dibattito interno.
Giorgio Merlo

Carceri, Grimaldi (Verdi Sinistra): Troppi suicidi di giovanissimi

Perché alla detenzione non si preferiscono le misure alternative?

“Continuiamo ad assistere a suicidi (72 negli ultimi 10 mesi) di giovanissimi detenuti per reati di piccola entità. Per questi ragazzi, spesso incensurati, fragili, c’è bisogno di cura, di percorsi dedicati; la carcerazione dovrebbe essere una extrema ratio, perché una vita appena cominciata non può finire tra quelle mura per un passo falso” – dichiara il Deputato di Alleanza Verdi Sinistra, Marco Grimaldi, che insieme al collega Devis Dori ha depositato un’interrogazione sul caso del giovane gambiano, arrestato con l’accusa di furto e in attesa di convalida della carcerazione presso la Casa circondariale di Torino Lorusso Cutugno, che la mattina del 28 ottobre si è tolto la vita impiccandosi nella cella.

“Ci sono tanti perché: perché a Torino negli ultimi anni sono aumentati sensibilmente gli arresti? Perché non si preferiscono le misure alternative alla detenzione, meno costose e più sicure rispetto al rischio della recidiva? Perché in Italia si ricorre a un uso della custodia cautelare che produce circa un terzo della popolazione detenuta? E perché un datore di lavoro che ha causato la morte di un dipendente con una scelta consapevole a scapito della sua sicurezza è condannato a 2 anni con la condizionale e mai trattenuto in carcere, mentre un ragazzo africano accusato del furto di una cuffietta bluetooth viene detenuto in attesa di giudizio?” – prosegue Grimaldi. – “Il Governo dovrebbe ritenere prioritario e urgente approvare il d.lgs. 150/2022 e promuovere pene sostitutive al regime carcerario; riformare e aggiornare il Regolamento penitenziario nel senso di una maggiore tutela dei diritti dei detenuti e delle detenute; investire in percorsi dedicati per le persone di giovane età che si trovano private della libertà”.

Quelli che inventarono la tv privata. L’avventura leggendaria di Antennatre

45 ANNI: 3/11/1977 – 3/11/2022

La storia della mitica emittente lombarda fondata da Renzo Villa ed Enzo Tortora si intreccia con  il Piemonte: dalle origini di Tele Biella a Grp che ripeteva a Torino il segnale di Antennatre, agli spot del mobilificio Aiazzone che cambiarono il mondo della pubblicità. E il conduttore della “Bustarella”, Ettore Andenna, è ormai da tempo cittadino piemontese

di Cristiano Bussola

Era il 1977, nella prospera Lombardia, terra di fabbriche e mobilifici. L’uomo che fece l’impresa si chiamava Renzo Villa. Da sempre appassionato di recitazione e cabaret, impegnato nell’Acli e nelle compagnie teatrali della sua Varese si licenziò da dipendente comunale per dare vita al proprio sogno. Un visionario tanto “folle” quanto lucido.

Villa, che in cuor suo coltivava il desiderio di fare teatro e presentare spettacoli  in pubblico fu affascinato dagli albori dell’emittenza privata. Nel 1974,  dopo aver letto delle peripezie di Peppo Sacchi, altro  “visionario”, lui biellese, che sfidò il monopolio Rai creando la tv libera via cavo Tele Biella (prima tv privata italiana in assoluto) venne qui in Piemonte a conoscere quel temerario che osava mettersi contro la tv di Stato.
E fu così che incontrò Enzo Tortora, già celebre presentatore, allora in rotta con la Rai, che  si fece paladino della libertà d’antenna. Villa a quel tempo non era nessuno, ma la sua personalità e il  suo entusiasmo convinsero Tortora a sostenerlo nel progetto che nacque di lì a poco: una nuova stazione televisiva via etere, Tam – Tele Alto Milanese, di Busto Arsizio, nel 1975, una delle prime TV con trasmissioni a colori.
Quando Tam venne chiusa dopo pochi mesi, perché ritenuta illegittima (le trasmissioni erano concesse esclusivamente via cavo per le TV libere), il combattivo duo “Enzo & Renzo”, sconfisse il monopolio nel 1976 grazie a una sentenza storica che diede il via libera all’apertura di nuove televisioni seppure solo a livello locale.
Una tappa epocale che aprì la strada alle emittenti private, che meriterebbe di essere sempre ricordata attribuendone a Villa e Tortora l’indiscutibile  paternità.
Renzo Villa con la figlia Roberta sulla copertina del disco “Caro papà”

È a questo punto che nel 1977,  Renzo Villa ed Enzo Tortora, ancora una volta insieme (il loro rapporto di amicizia fu intenso e Villa sostenne pubblicamente l’innocenza del presentatore fin dal giorno dell’arresto di Tortora per il noto e vergognoso errore giudiziario) dopo l’esperienza di TeleAltoMilanese pensarono in grande e fondarono Antennatre Lombardia. A loro supporto una grande iniziativa di azionariato popolare che raccolse 50 mila quote da diecimila lire ciascuna.

La nuova televisione trovò sede a Legnano, con  studi e attrezzature all’avanguardia per l’epoca. Le avveniristiche telecamere Ampex costavano cento milioni di lire e fecero la prima apparizione i radiomicrofoni, quelli senza filo.
Lo studio Uno di Antennatre: ospitava 1200 spettatori

 

Il glorioso  studio 1, noi ci siamo entrati, oggi purtroppo in stato di abbandono,  suscita ancora emozione pensando a quando – allora il più grande d’Europa – era gremito da 1200 persone che, tutte le sere, acclamavano i loro artisti e conduttori preferiti. Sembra ancora di vederli tutti lì, dove ora ci sono solo sedie vuote.
Stiamo parlando  di  Ric e Gian, Lucio Flauto, Walter Chiari, I Gufi, Gerry Bruno, Teo Teocoli, Massimo Boldi, Rettore, Giorgio Faletti, Maurizio Costanzo, Zuzzurro e Gaspare, I Gatti di Vicolo Miracoli, Roberto Vecchioni, il regista Beppe Recchia.
E naturalmente il conduttore della Bustarella (in Rai presentava Giochi senza frontiere) Ettore Andenna, da anni piemontese acquisito, residente in Monferrato.
Senza scordarci dello stesso Renzo Villa che, coronando finalmente il suo sogno, oltre ad essere amministratore e direttore dell’emittente, si trasformava in conduttore ed interprete delle proprie canzoni (il brano “Caro papà”, autoprodotto, vendette oltre un milione di copie!) ogni martedì quando presentava  il “Bingooo”, tombolone a premi entrato nella storia della televisione.
Enzo Tortora, Lucio Flauto e Renzo Villa
Antennatre non era puro  intrattenimento. E’ rimasta negli annali televisivi la famosa asta in diretta dallo Studio Uno nel 1980, dopo il terremoto in Irpinia. La gente portava oggetti, quadri, abiti da mettere all’incanto. Villa e Tortora che condussero quella antesignana maratona televisiva raccolsero ben due miliardi di lire che permisero di costruire il “Villaggio Antennatre” per i terremotati di Sant’Angelo dei Lombardi.
Gerry Bruno
Con un accordo innovativo per quei tempi, l’emittente strinse un’intesa con il quotidiano “Il Giorno”, la cui redazione realizzava le edizioni del telegiornale.
La Bustarella con Ettore Andenna
Da citare anche le interviste di Enzo Tortora ai grandi della politica di allora, mentre un barbiere faceva loro pelo e contropelo in diretta, con tanto di schiuma e pennello.
Molti ricorderanno, inoltre, che a  metà anni 80 la tv privata piemontese Grp replicava a Torino e sul territorio “sabaudo” i programmi dell’antenna legnanese, compresi gli spot del mobilificio Aiazzone di Biella, che grazie ad Antennatre divenne un caso di marketing nazionale.

 

 

 

Per mantenere viva quella irripetibile avventura che fu fenomeno culturale, imprenditoriale e di costume, oggi è preziosissimo il lavoro di Wally Giambelli Villa, la moglie del fondatore,  che ha dato vita all’Associazione Amici di Renzo Villa. Siamo andati a trovarla a Legnano, in via per Busto 15, nella sede storica di Antennatre.

Da sinistra: Angelo Costanza, Wally Villa e Alessandro Di Milia
“Tra le nostre iniziative merita particolare attenzione il sito  https://viaperbusto15.it/Oltre all’interessantissimo docufilm di Marco Pugno “Via per Busto 15. La tv commerciale è nata qui” https://viaperbusto15.it/film/  il sito propone un’ampia selezione della immensa produzione di Antennatre: le sigle delle trasmissioni storiche, gli spot pubblicitari di allora, interviste, fotografie”, ci spiega Wally Villa. “Vogliamo poi mantenere viva quell’esperienza – conclude – promuovendo iniziative a favore dei giovani che vogliono cimentarsi nel mondo della tv e della comunicazione”.
Renzo Villa e Walter Chiari

 

Inoltre, una decina di anni fa, prima della sua scomparsa, Renzo Villa scrisse a quattro mani con la figlia Roberta il libro “Ti ricordi quella sera?”, ricco di aneddoti e splendide fotografie che testimoniano quell’appassionante stagione. L’associazione promuove anche una mostra itinerante dedicata alle origini e al percorso di Antennatre, ospitata già da diversi comuni e presso il Pirellone di Milano, sede del Consiglio regionale.

Se tutto fu straordinario, ancor più lo fu il ruolo della pubblicità. “Inventammo un nuovo modo di fare televisione commerciale – ci spiega il responsabile del marketing di allora, Angelo Costanza – Ric e Gian piuttosto che Andenna e tutti gli altri personaggi, improvvisavano battute, canzoni e sketch durante le trasmissioni citando lo sponsor che diventava così protagonista. Il boom fu immediato. Gli inserzionisti il giorno dopo la pubblicità vendevano immediatamente i loro prodotti. La “Bustarella” o il “Bingooo” fatturavano, e stiamo parlando della fine degli anni 70, 100 milioni di lire a puntata.”

Uno scaffale della nastroteca

Prosegue Costanza: “proponevamo spazi accessibili a tutte quelle piccole e medie aziende che non potevano permettersi la TV di Stato, e poi arrivarono anche aziende nazionali. Sono tanti gli aneddoti che potrei raccontare. Ad esempio i responsabili dell’azienda tedesca di elettrodomestici Braun, in visita agli studi di Antennatre mi dissero che avrebbero potuto tracciarmi una mappa precisa del territorio raggiunto dal segnale dell’emittente. Dissi: ma come è possibile? Semplice, mi risposero. Dove vendiamo il Minipimer (un frullatore, ndr) significa che Antennatre lì si vede, dove non lo vendiamo allora vuol dire che là, invece, il segnale non si riceve”.

Nella palazzina di via per Busto 15, che originariamente era una fabbrica metalmeccanica, incontriamo anche  l’unica persona che ancora vi lavora. E’ Alessandro Di Milia, amministratore del televideo della nuova Antennatre (che da anni si è trasferita a Milano ma nell’antica sede conserva ancora questa parte di attività). Di Milia è anche il “custode” del patrimonio di migliaia di videocassette conservate nella nastroteca dell’emittente, che poco per volta sta riversando in formato digitale. “Questa nastroteca – ci racconta- è probabilmente seconda solo a quella della Rai. Qui troviamo tutte le stagioni delle più note trasmissioni. Ci sono delle chicche come le parodie storiche del Quartetto Cetra. Una curiosità: le possiede anche la Rai, ma in bianco e nero. Le nostre sono a colori! Era un altro modo di fare televisione.

Ric & Gian

Poteva capitare che il conduttore facesse una introduzione di 20 minuti, impensabile per i tempi televisivi attuali.  Mentre duplico i video mi capita ancora di sorridere di gusto alle battute dei grandi protagonisti di quei programmi, segno che la comicità di allora era già molto moderna. Questa è storia. E per chi volesse ripercorrere le tappe dell’emittente, sul nostro televideo troverà una precisa cronologia dei personaggi e delle trasmissioni che hanno fatto epoca”.

Antennatre ebbe un successo strepitoso per un decennio. Rappresentò, senza dubbio, un fenomeno unico in Italia e non solo, come pure testimoniano le diverse tesi di laurea dedicate alla tv

Renzo Villa con il “Ciuffo”, mascotte del Bingooo creata da Maria Perego, l’ideatrice di Topo Gigio

 

 

 

lombarda. Poi, con l’avvento dei grandi network nazionali e con l’evoluzione dei gusti del pubblico, iniziò una lenta decadenza dell’emittente. Fino al fallimento del 1987, quando Villa si prodigò fino all’ultimo con fondi personali per ripianare il rosso e pagare i dipendenti.

La storia di Antennatre è  “solo”  la storia  della TV commerciale? No, è molto di più. E’ stata una avventura magnifica e leggendaria che va oltre il mezzo televisivo. Anche chi scrive appartiene a quella “generazione Antennatre”, cresciuta guardando trasmissioni e conduttori che parlavano linguaggi nuovi.  Le decine di migliaia di spettatori, molti dei quali piemontesi, ospitati negli anni sugli spalti dello Studio uno – così come i milioni e milioni succedutisi davanti al televisore – ricordano ancora con un sorriso e molta nostalgia quei giorni  belli e spensierati.

La potenza di una leggenda sta nella sua capacità di tramandarsi e di non morire mai. In particolare quando essa  solo leggenda non è ma trae origine da una storia realmente vissuta, anche se ormai conclusa e irripetibile. Una storia fatta di persone e di momenti che hanno lasciato traccia nella società e nel costume.

 

 

Derubato del cellulare e ferito con forbici. Preso il rapinatore

 

La Polizia di Stato, a seguito dell’intensificazione dei controlli effettuati dall’Ufficio Prevenzione Generale e Soccorso Pubblico nelle aree interessate dalla “movida” e volti anche alla prevenzione e al contrasto dei reati predatori commessi, approfittando della confusione e della calca del week end, da bande giovanili nei confronti di coetanei, ha intercettato, alcune sere fa, la richiesta di aiuto di un giovane cittadino italiano. Lo stesso, ferito, stava inseguendo lungo corso San Maurizio un maghrebino urlandogli di fermarsi. Grazie all’immediato intervento degli agenti delle Volanti, che espletavano il servizio di controllo del territorio alla guida di motociclette, il fuggitivo, un ventiseienne di nazionalità marocchina, è stato bloccato. Gli operatori hanno prestato i primi soccorsi alla vittima, constatando che il giovane aveva la manica della felpa strappata all’altezza del tricipite sinistro ed una ferita superficiale da taglio lunga circa 5 cm: lo stesso dichiarava di aver appena subito, nella zona pedonale di via Guastalla angolo via Balbo, la rapina del proprio smartphone e di esser stato ferito al braccio sinistro con una forbicina nel tentativo di recuperarlo, ad opera di due soggetti, uno dei quali era riuscito a dileguarsi.

In considerazione dei gravi indizi di colpevolezza per rapina aggravata in concorso con persona rimasta ignota, i poliziotti hanno tratto in arresto il cittadino marocchino fermato.